L`incarico La missione che la kripteia voleva

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L`incarico La missione che la kripteia voleva
L’incarico
La missione che la kripteia voleva affidargli non
lo convinceva perché non si sentiva idoneo.
Era portato all’azione, non alla formulazione di
ipotesi avulse dalla realtà.
Aveva ucciso per Sparta, inseguito vecchi iloti,
affondandovi la spada nelle legnose e magre carni
e, in più occasioni, aveva eseguito operazioni di spionaggio.
A Tebe, ad Argo e persino a Corinto.
Tuttavia recarsi ad Atene nella lontana Attica,
per ricostruire la vita e le ultime ore di un filosofo,
rappresentava, per come pensava, un incarico al di
fuori della portata delle sue possibilità.
Ma davanti a Lisandro non espresse alcuna perplessità.
Chi poteva dissentire da quanto diceva Lisandro?
Lo osservava soffermandosi su quello sguardo
penetrante e sugli occhi grigi e freddi come lame di
un coltello, tali da renderlo famoso e i mille dubbi
che lo assalivano, scomparvero.
Potente era quella personalità e troppe storie di
terrore accompagnavano la figura del generale.
“Andrai ad Atene,” prese a dirgli quell’uomo di
ghiaccio, “gli Ateniesi hanno decretato la fine di un
anziano filosofo, condannandolo a bere un intruglio velenoso.
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GIORGIO ALBONICO
Noi desideriamo che tu ricostruisca le ultime ore
di vita e la personalità di quell’uomo.
La kripteia vuole conoscere ogni suo pensiero, i
particolari della sua esistenza e della sua morte.
Ogni sua azione dovrà essere da te annotata e riferita in seguito.
Dovrai informarmi su cosa pensavano di lui gli
amici, i discepoli e i nemici ed inoltre sarà tua cura
anche comprendere i reali motivi che hanno portato i concittadini a condannarlo.
Le ragioni che spingono gli Anziani di Sparta ad
occuparsi della morte di un filosofo, a te non dovranno essere chiarite.
Ti confido però che sono importanti e che rivestono grande rilevanza per la sicurezza della nostra
città.
Altro non voglio aggiungere.
Ora va incontro al tuo incarico. Preparati.
Su queste tavolette troverai alcune note biografiche.
Quando le avrai lette, vai a cercare Ermione, che
ti dirà dove dovrai stabilirti una volta che sarai ad
Atene e ti rivelerà i nomi di coloro che laggiù ti saranno d’aiuto, in caso di necessità.
Ci rivedremo a munichione prossimo.
Fai un buon lavoro e renderai un grande servigio
alla tua città.”
Solo a questo punto, vincendo l’iniziale ritrosia
e il timore reverenziale che Lisandro incuteva, Teodoro esclamò: “Ma io non mi sento preparato per
questo compito. Perché non inviate Leonida il Giovane, che è acuto, più dotato di cultura ed adatto perciò a questo tipo di indagini?
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IL SEGRETO DI SOCRATE
Si tratta di parlare e di scrivere.
Non è il mio mestiere.
Che interesse possa avere la filosofia e la sorte di
quell’uomo poi per la nostra città, non riesco a capirlo.
Non credo riuscirò a fare quanto mi viene richiesto.”
Pronunciò queste parole d’un fiato, tanto era spaventato.
E mentre le esprimeva, si pentiva di averle dette.
Ora attendeva la violenta reazione di Lisandro.
Ma così non fu.
Infatti, nonostante le sue aspettative, il generale
non andò in collera.
Lo osservava divertito e con un malizioso sorriso rispose: “Se ti abbiamo scelto è perché ti riteniamo in grado di svolgere questo incarico; molto
meglio di quanto potrebbe Leonida.
Non devi dubitare delle tue qualità.
Andrai ad Atene e riuscirai bene.
Ora comunque non abusare della mia pazienza.”
Sapeva che con queste parole il generale lo congedava in modo definitivo e che fino a munichione
non avrebbe più potuto parlare con lui.
Andandosene prese le tavolette.
– Socrate, figlio di Sofronisco scultore e di Fenarete, allevatrice del demo di Alopece.
Filosofo itinerante per le vie di Atene, sposato
con Santippe, ha due figli. Convive con Mirto.
Ha avuto parecchi discepoli, fra i quali Alcibiade, Senofonte, Platone e Crizia.
Accusato di essere empio e di corrompere i giovani, processato per asébeia, venne condannato a
morte.
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GIORGIO ALBONICO
Sentenza eseguita nel mese di thargelione.
Sepolto nel cimitero del Ceramico.
Non lasciò nulla di scritto e si ritiene che non
scrisse mai nulla.
Fu amico e frequentò le persone più potenti di Atene, città che non abbandonò quasi mai.
Brevi note, tanto per fargli comprendere di chi
doveva interessarsi nei prossimi mesi.
Un vecchio ateniese chiamato Socrate, verso il
quale da subito non avvertiva alcuna simpatia.
Gli Ateniesi avevano fatto bene a condannarlo a
morte, pensava.
Cosa potesse trovare la kripteia di così importante nella vita di quell’uomo, tanto da mandare laggiù un guerriero a scoprire le cause della sua condanna e notizie attorno alla sua persona, rimaneva
per lui un imperscrutabile mistero.
Trovò Ermione in sede di Assemblea.
Gli Spartiati erano tutti convocati perché i cinque efori si accingevano, come ogni anno, a ripetere la cerimonia di dichiarazione di guerra contro gli
iloti.
Sapeva che nei giorni a seguire molti iloti sarebbero morti, trucidati dai giovani guerrieri.
Non appena lo scorse, Ermione, fece un cenno
con il capo, facendogli capire che, dopo la cerimonia, avrebbe dovuto parlargli.
Intanto i due re assisi sui grandi troni di pietra,
gettavano sguardi fulminei verso i guerrieri e gli
Anziani, mentre uno dei cinque sommi magistrati
leggeva la dichiarazione di guerra agli iloti.
“Schiavi iloti, voi che vi siete macchiati dei peggiori crimini avendo oltraggiato gli Spartani vostri
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IL SEGRETO DI SOCRATE
vincitori e dileggiato le leggi promulgate dal grande
Licurgo e la sua Grande Rhetra, sarete presto puniti.
Ogni guerriero di Sparta, da oggi fino al prossimo plenilunio, quando vi incontrerà lungo la strada
che porta alla città o in aperta campagna, avrà il diritto di uccidervi all’istante, anche se sarete disarmati ed invocherete pietà.
Per ogni spartano che perderà la vita nell’azione
di guerra, venti fra di voi senza distinzioni fra uomini, donne o bambini verranno giustiziati.”
I suonatori di flauto intonarono la loro nenia, che,
come un sinuoso serpente carico di malia e di morte, si snodava nell’aria immota della sera di primavera.
Ogni anno si ripeteva la stessa cerimonia e per
l’occasione quaranta o cinquanta iloti venivano selvaggiamente trucidati.
All’ilota, infatti, non era permesso di possedere
alcuna arma, pertanto era facile per l’addestrato guerriero spartano averne ragione.
Si voleva così limitarne il numero e non fare
mai dimenticare che facevano parte di una popolazione sconfitta ed umiliata, che doveva sempre vivere in preda ad un continuo terrore, soggiogata ad
un potere prepotente e brutale.
Lo sguardo di Teodoro si soffermò a lungo sul
volto di re Pausania.
Il profilo a becco di uccello del re assiso sul trono di pietra risaltava nitido contro l’indaco del cielo di Sparta.
Sembrava pronto a spiccare il volo per unirsi ai
gipeti e alle aquile del monte Taigeto, suoi probabili consimili.
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GIORGIO ALBONICO
Pausania incuteva timore per la sua innata crudeltà di carattere, mentre l’altro re, Agesilao, che
costituiva la diarchia per parte degli Europontiadi,
era rispettato per la purezza del suo carattere e per
il coraggio del suo comportamento.
Pausania era incapace di nobili azioni che pure
dovevano contraddistinguere l’operato di un re di
Sparta, ma si serviva di sotterfugi e bassezze varie
per alimentare la smodata bramosia di ricchezze.
I re, a differenza di tutti gli altri Spartiati, potevano accumulare rendite, anche perché la maggior
parte del bottino di guerra spettava loro.
Erano i più ricchi cittadini di Sparta e potevano
anche disporre di beni mobili.
Tutti sapevano che Pausania ne aveva approfittato nel modo più completo e rapace.
Intanto Ermione gli andava incontro, con il suo
incedere a scatti che pareva carico di aspettative represse a stento.
Sapeva che nutriva una forte attrazione fisica
per lui e quindi faceva di tutto per scoraggiarne
possibili iniziative.
Ma questa volta Ermione si mantenne distante,
senza lasciarsi andare alle solite allusioni sul suo
aspetto esteriore e su ogni altra cosa andava dicendo nel vano tentativo di solleticare la vanità di Teodoro, nella speranza di ottenere qualcosa in cambio.
“Lisandro ti ha già informato e conosci quale
sarà il tuo prossimo compito” iniziò a dire.
“Ma non ho comunque compreso,” lo interruppe Teodoro, “cosa dovrò fare, poiché di questo filosofo ateniese si saprà già tutto. Che altro potrò
aggiungere?”
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IL SEGRETO DI SOCRATE
“Non so nulla della tua missione, caro Teodoro.
Nemmeno i motivi che hanno determinato la tua
scelta.
Mi è stato consegnato questo skytale che dovrai
portare con te e mi è stato indicato il nome del discepolo di Socrate al quale dovrai rivolgerti una
volta che sarai ad Atene. Si chiama Fedone.
Ti aiuterà nella tua ricerca e ti consiglierà per il
giusto.
Ora preparati a congedarti da Sparta, perché a
breve dovrai essere sulla strada che ti porterà verso
l’Attica.”
“Chi ha l’altra parte dello skytale?” chiese ad
Ermione.
“Non mi è stato detto. Credo che ad Atene sarai
avvicinato dal possessore del bastone solo quando
verrà il momento opportuno.
So che una certa Mirto, compagna di Socrate, ti
ospiterà nel tempo del tuo soggiorno ateniese.
Una volta in città vai a cercarla nel quartiere del
Ceramico.
È già informata del tuo arrivo e ti aspetta; la
kripteia ha pagato bene.”
Mirto, Fedone e un altro misterioso personaggio
che aveva la restante parte del messaggio scritto sul
bastone: la sua prossima stagione si preannunciava
carica di novità.
Teodoro si congedò da Ermione e si avviò verso
l’abitazione che condivideva con altri coetanei,
cupo e pervaso da tristi pensieri ed oscuri presentimenti.
Era addolorato anche perché avrebbe dovuto
partire proprio ora che si era aperta la rituale caccia
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GIORGIO ALBONICO
all’ilota. Inoltre non amava lasciare Sparta. Si sentiva perduto lontano dalla sua città.
Sparta, formata da quattro agglomerati uniti e
sullo sfondo le nevi del Taigeto ad occidente e del
Parnone ad oriente, gli dava un senso di sicurezza e
di appartenenza a qualcosa di grande.
Sparta era la sua famiglia.
Poco infatti sapeva di quella vera.
All’età di sette anni, come tutti i fanciulli spartiati, lo Stato lo aveva affidato alle cure dell’istruttore dei ragazzi.
Della madre non conservava particolari ricordi e
nemmeno di suo padre che però, di tanto in tanto,
vedeva alle periodiche riunioni, quando anche i ragazzi erano chiamati a parteciparvi.
Era guerriero potente e cittadino stimato. Fu rattristato quando venne a conoscere che era caduto in
una spedizione contro la città di Argo.
Da allora odiò gli Argivi.
La madre si era poi risposata.
Sapeva di avere una sorella avvenente come
quasi tutte le ragazze di Sparta che fin dalla più tenera età praticavano varie forme di attività ginniche
all’aperto e per tonificarsi, facevano lunghe nuotate nell’Eurota, d’estate e qualche volta anche d’inverno.
La sua vera famiglia era costituita dai ragazzi
cresciuti ed addestrati insieme a lui e che nei sissizi, così chiamavano i pasti comuni, rappresentavano la sola sua compagnia. Nello svago e nel riposo
insieme parlavano di tutto.
Avrebbe voluto salutare i compagni, ma sapeva
che era impossibile, perché doveva andarsene
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IL SEGRETO DI SOCRATE
senza dire niente a nessuno per la segretezza della
delicata missione.
Quella sera preparò, di nascosto agli altri, le
poche cose che gli sarebbero occorse per il viaggio
e partecipò alla cena comune.
Si parlava dei soliti argomenti e lui stava ben attento a non fare intendere a nessuno lo stato d’animo, triste per la prossima partenza.
Il clima era disteso e cordiale come sempre.
Finché Lucrate disse che aveva di recente saputo che ad Atene un processo aveva visto condannare a morte un vecchio filosofo, molto stimato dai
suoi concittadini.
Aggiunse che qualcuno gli aveva riferito che
Sparta in particolare aveva avuto un ruolo di primo
piano nella condanna dell’anziano ateniese.
Non se ne conoscevano i motivi, ma, chi si era
con lui confidato, immaginava fossero legati al governo dei Trenta imposto da Sparta agli Ateniesi,
dopo la sconfitta subita nella grande guerra che aveva infiammato l’Egeo e il Peloponneso.
Conoscendo bene Ermione sapeva che questa
confidenza di Lucrate, alla vigilia della sua partenza, non poteva essere casuale.
Ermione aveva scelto un modo per dirgli in
parte qualcosa e non potendo esporsi in prima persona, ne aveva parlato con Lucrate.
Chiunque frequentasse Lucrate sapeva che, pur
essendo un coraggioso guerriero, aveva la debolezza di voler sempre apparire informato su ogni avvenimento della vita politica e sociale di Sparta e
persino dell’Ellade intera.
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GIORGIO ALBONICO
Teodoro, non disse nulla e quando i compagni,
vedendolo così taciturno, si furono addormentati,
scivolò silenzioso fuori dalla stanza comune.
Lo aspettava un lungo viaggio.
A piedi per tre giorni fino a Ghition, dove era ormeggiata una nave che lo avrebbe portato, in una
settimana di navigazione, al Pireo.
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