Piacere e gioia dottoressa Kiley-Worthington in merito a problemi

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Piacere e gioia dottoressa Kiley-Worthington in merito a problemi
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Piacere e gioia
Come capire se è felice
un animale può essere infelice può anche essere felice. Tuttavia,
scientificamente, la gioia di vivere è ancor più difficile da definire
della sofferenza.
La maggrorarrza dei proprietari, anche quelli che consultano la
dottoressa Kiley-Worthington in merito a problemi comportamentali dei propri cavalli, dichiarano con convinzione: "II mio cavallo è
felice ! ".
Ma su che cosa si basano per giudicare 1o stato emo zionale del proprio animale? Bisogna ammettere che non sempre siamo molto obbiettivi. Generalmente ognuno pensa, in totale buona fede, di fare il
necessario per il proprio cavallo: e quindi lui non può che essere felice.
Allora, come riconoscere la felicità in un cavallo? Per affermare
che un cavallo gode di un benessere totale, l'asserza di segni di sofferenza non è sufficiente. L'-animale deve anche manifestare gioia
di vivere. Condizrorrc sine qua non è che non deve presentare alcun
segno di squilibrio comportamentale.
Inoltre, si può farc appelLo all'antropomorfismo condizionato. Questo
criterio consiste nello stabilire un paragone con se stessi, tenendo
conto delle differenze con l'animale in questione.
È aet tutto possibile fare un raffronto tra la nostra specie e gli equidi. Quando siamo contenti, per esempio, noi giochiamo, scherziamo, ridiamo, sorridiamo... Ciò accade, generalmente, quando facciamo ciò che ci piace.
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Purtroppo i cavalli non ridono, o per lo meno non in modo visibile, però giocano. I1 gioco è considerato dagli psicologi come un'attività (fisica o mentale) fine a se stessa. Cioc\ il gioco non ha altro scopo che quello di dare piacere a chi lo pratica, inducendolo a staccarsi
dai problemi seri.
Ebbene, il gioco degli animali non è mai stato considerato come
una manifestazione di stato d'animo. Si e\ semprc pensato che si
trattasse di una forma di apprendimento finalir,r,ato ad acquisire le
capacità necessarie alla sopravvivenza. L'esempio classico è il gatto
che corre dietro al topo per imparare a cacciare.
I cavalli giocano a scontrarsi, ad accoppiarsi, a inseguirsi, a fuggire,
a trotterellare ecc. (da non confondere con la sovreccitazione legata a
una situazione stressante). Il galoppo sembra appartenere al repertorio dei giochi equini, un'azione compiuta per il piacere di muoversi.
Questo s'inscrive perfettamente nell'etogramma degli equidi, che si
sono specializzattnel movimento e nella velocità.
Certo, si può sempre essere scettici quanto a questa ipotesi ma, se
in un animale si mette in dubbio il piacere, si dovrebbe fare altrettanto con la paLtra,la noia, il dolore, tutte emozioni che, unanimemente, sono loro attribuite.
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certa popolarità presso tutti i propri congeneri, mentre altri sono
tenuti o si tengono a distanza.
I cavalli, proprio come gli umani, sono inoltre molto sensibili
all'approvazione altrui (dei congeneri o di altre specie).
Amano lavorare?
La frequeîza delle interazioni affettive tra congeneri può essere
un buon indice di gioia di vivere. Su questo punto i cavalli ci assomigliano.
Quando due individui si piacciono, si toelettano a vicenda, si leccano/ restano molto vicini l'uno all'altro, si chiamano ecc. Le ricerche di Marthe Kiley-Worthington e di altri scienziati (Fraser, 1968)
hanno dimostrato che gli equidi hanno tra loro predilezioni o avversioni molto marcate. Vi sono anche individui che godono di una
Non è escluso che i cavalli, messi in condizronL favorevoli, provino piacere nel lavorare con l'uomo. Numerosi professionisti affermano che i cavalli abituati alla folla sono sensibili agli applausi e
aumentano i prop n sforziper riuscire meglio. È probabile che, proprio come noi, si sentano gratificati dal successo. Questo fenomeno
non è sorprendente, in quanto questi animali, in presenza di un
gruppo di individui, di qualsiasi specie siano, captano facilmente
l'incoraggiamento o la disapprovazione. I cavalli che sono spesso
a contatto con il pubblico non sono i soli a compiacersi dell'approvazione di coloro che li guardano, quelli giovani e/ o i principianti
fanno altrettanto. Gli applausi e lo strepito non sono indispensabili, sono sufficienti un atteggiamento incoraggiante come i sorrisi,
le risate o i mormorii di compiacimento. Di regola, di fronte a tali
atteggiamenti i novellini, anche in situazioni che potrebbero intimorirli, si rilassano molto più in fretta e addirittura accentuano
i propri sforzi per attirare maggiormente l'attenzione. Questa risposta positiva può essere interpretata come un segno di gioia e
di piacere?
Le ricerche della dottoressa Kiley-Worthington hanno dimostrato
che i complimenti hanno effetti benefici non soltanto sui cani e sui
cavalli, ma anche sulle mucche e i lama. Questa ricompensa accelera considerevolmente l'apprendimento, beninteso a condizione
che gli animali abbiano già appreso certe espressioni del linguaggio umano.
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Le manifestazioni affettive
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Come si potrebbe spiegare questo comportamento nell'animale,
se non con il fatto che prova un certo piacere nel sentir dire che si è
contenti di lui?t
Hanno voglia di affezionarsi a noi?
Un altro segno rivelatore dello stato emozionale di un cavalto è il
suo atteggiamento nella relazione con l'umano.
Un cavallo che quando gli viene fatta una richiesta si difende immobil izzand.osi, mostrando segni di frustrazione, di aggressività
o di paura - esprime chiaramente la propria totale mancanza di piacere. Al contrario, quando gradisce il contatto con l'uomo, il cavallo
lo manifesta awicinandosi se lo si chiama, cercando la compagnia
dell'umano a cui si affeziona, anche quando si trova con altri congeneri. Allo stesso modo, mostra la propria amicizia avvicinandosi per
toccare la persona con il naso, chiamandola, andandogli incontro
ecc. e non soltanto al momento del pasto.
È stupefacente constatare fino a che punto sia raro questo tipo di
relazione tra un equide e un umano, soprattutto se si fa un paragone
con
il
cane.
Questo è dovuto in parte al fatto che i cavalli generalmente vivono
lontano dall'abitazione dell'uomo, e in parte alla cultura equestre,
che è sempre stata restia a questo genere di approccio. Comunque
sia, sarebbe interessante dimostrare che l'amicizia tra l'uomo e il ca-
vallo è possibile, e che quest'ultimo può anche abbandonare i propri
congeneri preferiti per restare un momento con il suo amico uomo.
Quelli di noi che hanno effettuato lunghi viaggi a cavallo, hanno
vissuto tali esperienze.
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Questo ipotesi, concernente le eventuoli monifeslozioni di piocere negli equidi, è stoto
formuloto grozie oll'osservozione del loro comportomento e olle coÀ-siderozioni derivonti doll'ontropomorfismo condizionoro (Kiley-Worrhington, I 990).
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Certo, gli equidi sono molto meno espansivi dei cani, ma questa
mancanza di espansività che noi notiamo potrebbe anche essere dovuta alla nostra incapacità di comprendere i segnali sottili propri del
linguaggio equino. È anche possibile che i cavalli "trÍlirro" per farsi
ascoltare, ser:rza che noi li sentiamo o li intendiamo!
Nel centro di ricerca di Marthe Kiley-Worthington vengono condotti studi sulla relazione uomo/cavallo. Nell'ambito di questi studi si è voluto scoprire se un cavallo messo in libertà in un luogo
sconosciuto potrebbe decidere di rimanere presso gli umani che gli
sono familiari. Infatti, tutti reputano che un cavallo pensi solo a fuggire e che questa sia una buona ragione per tenerlo sempre legato.
La dottoressa racconta una delle proprie esperienze: "Cieravamo
avviati per una passeggiata, con una delle nostre femmine, Shemal,
in totale libertà. Lei ci seguiva mantenendo una certa distanza, ma
di tanto in tanto si avvicinava per vederci. La ragione di questa
distanza potrebbe essere una nozione differente dello spazio: per
noi o per i lama, per esempio, questa distanza equivarrebbe a un
allontanamento poiché, quando siamo in gruppo, restiamo molto
vicini gli uni agli altri, ma non è lo stesso per gli equidi.
Un'altra volta, sempre con Shemal, abbiamo provato a giocare a nascondino in un bosco. Quando la cavalla si è allontanata,
ci siamo nascosti dietro dei cespugli. Non appena siamo scomparsi dalla sua vista, ha smesso immediatamente di mangíare,
s'è guardata attorno ed è ritornata al galoppo nel punto in cui ci
aveva visti per l'ultima volta. Non vedendoci, ha nitrito e, quando
ci ha scoperti, si è rilassata ed è venuta verso di noi come un puledro
che ritorna vicino alla propria madre".
La maggior parte delle persone pensa che sia impossibile avere
con i cavalli 1o stesso legame affettivo che si può avere con un cane.
Tuttavia i cavalli sono noti per i loro legami di amicizia intra e interspecie. Se dimostrano tanta indifferenza verso l'uomo deve esserci
una ragione, e la causa potrebbe essere il modo in cui li trattiamo.
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Vita da caaalli
In conclusione...
i comportamenti gioiosi non procurassero un certo piacere, non
avrebbero alcuna ragione di esistere. Infatti, l'ipotesi che ogni comportamento non abbia altro scopo che la sopravvivettzadella specie,
Se
riduttiva.
È indubbio che i legami affettivi consolidano la coesione del branco, dunque offrono maggiori possibilità di sopravvivenza a lungo
termine, poiché gli individui che vivono in gruppo si scambiano informazioni e anche favori. Per esempio, se ci sono più individui a
sorvegliare la zorra, ognuno è meno inquieto e mangia più volentieri. Ma un comportamento, per poter durare nel tempo (e dunque essere selezionato per la specie), deve anche presentare un vantaggio
immediato. Se un cavallo libero di scegliere tra diverse attività, decide di mordicchiare affettuosamente un congenere, è senza dubbio
perché ne trae un piacere immediato. Deve per forza essere mosso
da una pulsione emozionale.
In altri termini,la sensazione e le manifestazioni di "piacere" sono
state selezionate nel corso dell'evoluzione della specie non soltanto
per favorire l'unità del gruppo, ma anche nell'interesse immediato
delf individuo e del suo potenziale riproduttivo.
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