Una vita ritrovata Il mio nome è Cacilda, sono mozambicana e ho 28

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Una vita ritrovata Il mio nome è Cacilda, sono mozambicana e ho 28
ANCHE NOI VOGLIAMO VIVERE!
LA CURA DEI BAMBINI HIV+ IN AFRICA
CACILDA ISABEL MASSANGO
“MULHERES PARA O DREAM”
CONFERENZA INTERNAZIONALE –ROMA, 19 MAGGIO 2006
Una vita ritrovata
Il mio nome è Cacilda, sono mozambicana e ho 28 anni. A partire dal 1996, con
la morte di mio padre, ho avuto una vita davvero non facile: quando mio padre
morì quando frequentavo ancora la scuola media come anche i miei fratelli più
giovani. A quel tempo ho avuto poca scelta e la mia vita divenne una vita molto
dura. Nel 2000, è nato un bimbo che è sopravvissuto solo un anno. Nel 2001,
ho avuto un’altra gravidanza, ma al quarto mese ho contratto l’HERPES
ZOSTER, che si estese dal mio seno destro fino alla schiena. Mi sono subito
recata nell’ospedale, ma non mi fu diagnosticato niente. Poiché nel mio Paese,
il Mozambico, l’Herpes è considerata una sorta di fattura, la mia famiglia mi
costrinse a ricoverarmi nella casa di un medico di “medicina tradizionale” per
cercare di scoprire la causa dell’Herpes. In seguito, il medico mi disse che ero
stata “stregata” dalla famiglia di mio marito! Nel luglio del 2002, ho partorito una
bimba; subito dopo, ho avuto febbri altissime che non passavano mai e
cominciai a perdere peso. Mi sono sottoposta ad innumerevoli esami contro la
malaria ed a molte altre analisi: ma risultava solo una forte anemia. E, dal
momento che non si riusciva a trovare nessuna soluzione per il mio problema di
salute, nell’ottobre dello stesso anno decisi di fare il test dell’HIV. Purtroppo, il
test risultò positivo! Parlando con il medico che mi aveva in cura, ho avuto la
possibilità di conoscere il Programma DREAM della Comunità di Sant’Egidio,
che si trovava presso l’Ospedale Generale di Machava. Mi sono recata presso il
Centro DREAM di Machava per avere maggiori informazioni e, prima di
intraprendere la terapia medica, ho incominciato a fare una terapia a base di
amicizia! Questo fu il mio primo passo per ritrovare la speranza persa. Subito
dopo, ho cominciato la terapia Antiretrovirale. Purtroppo, con mio immenso
dolore, scoprii che pure mia figlia (di appena un anno e mezzo) era
sieropositiva. Fu per me un grande shock! Ma, nonostante ciò, ho capito che
aveva la possibilità di essere curata. Era un’altra speranza.
Nell’ amicizia e nella fiducia, il programma DREAM è diventato per me come
una madre, come una famiglia, la certezza del trattamento non solo per me e
per mia figlia, ma al tempo stesso un’opportunità per curare molti altri bambini
del mio Paese. Per questo ho deciso di impegnarmi in questa grande sfida di
assistere un grande numero di bambini, soprattutto orfani e in uno stato di
salute fragile, e ho capito che avevano bisogno di molto sostegno.
Mi sono detta, a partire dalla mia esperienza personale: per un adulto è più
semplice, solo una compressa la mattina e una la sera, ma come sarà
possibile, per i bambini, seguire un trattamento così complicato? Come faranno
le famiglie a riuscire a somministrarlo con regolarità ?
Allora, a partire da questa consapevolezza, ho cominciato con molte altre
donne ad aiutare il Programma DREAM. Abbiamo fondato un’ associazione
“Mulheres para DREAM” un’associazione di sieropositivi e non, che aiutano chi
si rivolge ai centri DREAM per la cura. Con le altre attiviste dell’ Associazione
abbiamo creato una rete che sta coinvolgendo molte persone attraverso
l’assistenza domiciliare, riuscendo ad aiutare anche molti bambini.
Il nostro impegno è soprattutto far rispettare gli orari e le dosi di
somministrazione degli sciroppi. In questo modo, è stato possibile seguire
questi bambini che, pian piano, hanno iniziato a considerare le attiviste come se
fossero le loro madri!
Ogni attivista si occupa di un piccolo gruppo di bambini in trattamento che
abitano vicino a casa sua. Al mattino, le attiviste vanno a casa dei bambini per
controllare che abbiamo preso gli sciroppi nella dose corretta. Molti bambini
sono orfani e vivono con i nonni che spesso sono analfabeti. Per questo viene
data loro una siringa graduata, su cui con un pennarello facciamo un segno per
indicare la quantità di sciroppo da somministrare, e a mezzogiorno e alla sera
torniamo a controllare che la quantità di sciroppo che sta nel flacone sia
diminuita, segno che è stato realmente somministrato.
Aiutiamo anche nell’educazione nutrizionale, come preparare i pasti per i
bambini, per esempio come preparare i fagioli o il pesce per un bambino di un
anno.E poi c’è un altro problema: quando un bambino aumenta di peso,
bisogna anche aumentare la dose di sciroppo. Per questo, alla visita medica,
quando si vede che il bambino è aumentato di peso, alla famiglia viene data
una nuova siringa e tutte le indicazioni per la nuova strumentazione, e
chiediamo loro di fare una prova lì con noi, così possiamo verificare che
realmente abbiamo compreso come si fa la nuova somministrazione.
Continuiamo le visite finchè la famiglia è in grado di somministrare gli sciroppi
autonomamente, successivamente il nostro intervento consiste in una visita
settimanale per verificare l’andamento del bambino.
Cerchiamo di capire anche le altre componenti che accompagnano la crescita e
lo sviluppo dei bambini. Se mangiano regolarmente, se giocano con gli altri, per
valutare in generale il loro comportamento. Abbiamo registrato molti bambini all’
anagrafe e iscritto molti anche alla scuola.
Per aiutare molti bambini, la Comunità di Sant’ Egidio ha organizzato un
programma di Adozione a Distanza. Vorrei raccontarvi la storia di Jaime, un
bambino sieropositivo, che abbiamo conosciuto al Centro Nutrizionale della
Comunità di Sant’ Egidio, dove mangiano 600 bambini, in maggioranza poveri e
sieropositivi. Jaime era un bambino molto triste e molto aggressivo con gli altri.
Era coperto di ferite e molto scontento. Ho deciso di parlare con lui, di
conoscere sua madre, sono andata a trovarla e mi ha raccontato una storia
molto triste e cioè che il padre li picchiava spesso perchè era ubriaco.
Con il passare del tempo siamo diventate amiche di Jaime e di sua madre,
tanto amiche che Jaime e la sua famiglia ora stanno tutti nel programma
DREAM e seguono molto bene la terapia con l’aiuto delle attiviste. E’ stato
possibile anche che Jaime beneficiasse del programma di Adozione a Distanza,
è stato iscritto all’ anagrafe e frequenta la prima elementare.
Tutto questo però può non essere sufficiente, perchè il problema non e’ solo
dare cibo e medicine, come possiamo comprendere bene da questa storia e da
molte da altre storie, come quella di Josefa.
Josefa è un bambino in trattamento antiretrovirale orfano di padre e di madre.
Quando è arrivato al Centro Nutrizionale, il nonno si lamentava tutti i giorni di
lui. Diceva che Jossef era un bambino ribelle. Trascorreva le notti fuori casa e
rischiava di diventare un bambino di strada. Ho sostenuto Jossef perché ho
capito che aveva bisogno di affetto, amore e comprensione. Il bambino era
confuso perché il nonno era poligamo e la nonna contadina (trascorre la
maggior parte del tempo nella machamba) e scappava spesso da scuola. Da
qualche tempo, questo bambino è cambiato. Mi ha riconosciuto come madre e
sa salutare e dimostrare ciò che ha imparato a scuola. Che cosa ha bisogno un
bambino, se non di sostegno, educazione e amore? Ecco ciò che ha
trasformato questo bambino di appena 10 anni e tutto questo non mi è costato
niente. È stato soltanto un lavoro di cuore e di attenzione.
Il nostro lavoro diventa il sogno anche di tanti bambini: per esempio, Albertina è
una bambina sieropositiva e in trattamento che è stata ricoverata in ospedale
per 6 mesi, stava morendo, e oggi, a 14 anni, e una bella ragazza, che va a
scuola e ha tante amiche. Oggi Albertina è in grado di prendere le medicine da
sola, ed è così brava che è lei stessa a ricordarle alla mamma anche lei
sieropositiva.
Ora, Il sogno di Albertina è quello di diventare una pediatra e poter curare i
bambini in un futuro non lontano.
Cosa significa essere una madre sieropositiva con una figlia sieropositiva? E
per di più sola?
Ed io, che vita posso condurre in queste condizioni?
Anch’io ho le stesse speranze di un bambino e per questo ora mi impegno per
prevenire la malnutrizione di oltre 600 bambini e nell’assistenza domiciliare.
Non mi considero più una persona di scarso valore e con poche speranze! Mi
sono lasciata alle spalle atteggiamenti di sfiducia ed ora ho un’altra visione
perché mi rendo conto che con il mio lavoro per DREAM posso essere d’aiuto
al mio Paese e contribuire a notevoli cambiamenti. Adesso, sono una donna
che crede nel futuro e nella grande causa di poter aiutare i bambini. Sento che
Dio ha molto amato la mia vita, e per questo oggi sono una donna rinata. Ho
capito che non basta solo sposarsi per sistemarsi, ma è necessario soprattutto
collaborare con gli altri e, attraverso nuove idee, poter costruire un mondo
migliore.
Per finire, oggi vorrei essere la voce, non solo mia, ma di tutte le madri, le
nonne, i bambini che non hanno nessuno. Voglio rivolgervi un appello perchè ci
aiutiate, perchè aiutiate i nostri figli a trovare un risposta per il loro futuro.
Ogni giorno vedo molti bambini rinascere ad una vita nuova e penso sempre ai
tanti che non hanno incontrato ancora il Programma DREAM. So che fare
qualcosa per loro è possibile, con l’aiuto di molti. So che è una grande sfida e
un grande lavoro, ma so anche che salvare la vita di un bambino è soprattutto
un diritto e un bene prezioso, ma che salvare una generazione sarà il futuro per
l’ Africa.