L`ISTITUTO DEL SUBAPPALTO E LA “INNOVATIVA VISIONE

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L`ISTITUTO DEL SUBAPPALTO E LA “INNOVATIVA VISIONE
L’ISTITUTO DEL SUBAPPALTO E LA “INNOVATIVA VISIONE DELLA GIUSTIZIA
AMMINISTRATIVA”
(avv. Alfredo Cincotti)
Una recente pronuncia del Consiglio di Stato ha affermato: “nelle ipotesi in cui il
subappalto consente di supplire alla mancanza di un requisito di partecipazione, il
nominativo del subappaltatore doveva essere indicato già al momento della
presentazione della domanda di partecipazione” (Consiglio di Stato, Sez. V, 21 novembre
2012, n. 5900).
Dall’enunciazione di tale principio deriva la necessità di un maggiore approfondimento in
ragione dell’introduzione nel settore degli appalti pubblici di un elemento notevolmente
innovativo.
1. La norma di riferimento
L’analisi dell’istituto del subappalto e delle novità che lo hanno interessato non può
prescindere da una preliminare lettura della disposizione che in primis lo disciplina.
L’art. 118 del d.lgs. n. 163 del 12 aprile 2006 (“il Codice appalti”), al comma 1, recita: “I
soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice sono tenuti ad eseguire in proprio
le opere o i lavori, i servizi, le forniture compresi nel contratto”.
Al secondo comma, quale eccezione alla regola appena enunciata, si afferma: “Tutte le
prestazioni nonché lavorazioni, a qualsiasi categoria appartengano, sono subappaltabili e
affidabili in cottimo”.
L’applicazione dell’istituto è soggetta alla sussistenza di determinate condizioni,
esaustivamente enunciate nell’ultimo periodo del medesimo secondo comma, nel quale si
legge: “L’affidamento in subappalto è sottoposto alle seguenti condizioni: 1) che i
concorrenti all'atto dell'offerta o l'affidatario, nel caso di varianti in corso di esecuzione,
all'atto dell'affidamento, abbiano indicato i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le
forniture o parti di servizi e forniture che intendono subappaltare … ; 2) che l'affidatario
provveda al deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante almeno
venti giorni prima della data di effettivo inizio dell'esecuzione delle relative prestazioni; 3)
che al momento del deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante
l'affidatario trasmetta altresì la certificazione attestante il possesso da parte del
subappaltatore dei requisiti di qualificazione prescritti dal presente codice in relazione alla
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prestazione subappaltata e la dichiarazione del subappaltatore attestante il possesso dei
requisiti generali di cui all’articolo 38; 4) che non sussista, nei confronti dell'affidatario del
subappalto … alcuno dei divieti previsti dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n.
575, e successive modificazioni (divieti derivanti dall’applicazione delle misure di
prevenzione disciplinate dalla stessa legge 575/1965)”.
Ad un prima lettura la norma sembrerebbe non presentare particolari difficoltà di natura
interpretativa; essa si rivolge con indicazioni chiare ai suoi destinatari ed individua precisi
adempimenti da compiere per la sua corretta applicazione. Nonostante ciò, l’istituto del
subappalto ha recentemente suscitato un peculiare interesse.
In particolare, si è assistito alla proliferazione di pronunce del massimo organo della
Giustizia amministrativa volte ad offrire maggiore chiarezza in merito all’ipotesi in cui
l’appaltatore intenda affidare in subappalto prestazioni per la cui esecuzione risulti
sprovvisto dei necessari requisiti. Le decisioni cui si è appena fatto cenno, in forza
dell’opera esegetica in esse intrapresa dai Giudici del Consiglio di Stato, hanno condotto
alla creazione dell’istituto del “subappalto necessario”.
2. La dimostrazione dei requisiti di ordine speciale nei contratti pubblici
Prima di passare all’analisi della vicenda del subappalto necessario, sarà certamente utile
una rapida panoramica dei principi che regolano le peculiari capacità che il singolo
concorrente deve dimostrare di possedere per poter accedere ad una procedura pubblica
di selezione volta all’affidamento di un contratto d’appalto pubblico. Infatti, è nell’ambito
di tale disciplina che il Legislatore affronta il problema delle prestazioni subappaltabili, con
le opportune differenze a seconda che si tratti del settore dei lavori piuttosto che di quello
dei servizi e delle forniture.
2.1. Come noto, tutti gli esecutori di lavori pubblici di importo superiore a 150.000,00
Euro devono possedere un’attestazione di qualificazione, ossia un documento che
certifichi la loro capacità ad eseguire lavori pubblici sia sotto il profilo economicofinanziario che sotto quello tecnico-organizzativo (art. 40 del Codice appalti).
Le prestazioni da eseguire, pertanto, sono state divise in base alla tipologia ed all’importo
con una elencazione contenuta in allegato al Regolamento appalti (Allegato A). In
particolare, alla distinzione tra categorie di opere generali e di opere specializzate nonché
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tra prestazioni di sola costruzione e di progettazione e costruzione segue, nell'ambito
delle singole categorie, la classificazione per importo (art. 61 del d. P.R. n. 207 del 2010).
Il rilascio delle attestazioni di qualificazione per una determinata categoria e classifica è
oggetto di specifica attenzione all’interno del d.P.R. n. 207 del 2010 (il “Regolamento
appalti”), il quale si occupa di definire le modalità attraverso le quali è possibile ottenere
tale attestazione. Il possesso dell’attestazione di qualificazione in una categoria e con una
certa classifica abilita l'impresa a partecipare alle gare d’appalto e ad eseguire i lavori
appartenenti alla tipologia e nei limiti della classifica indicate nell’attestazione medesima.
Nel bando di gara è indicato l'importo complessivo dell'opera o del lavoro oggetto
dell'appalto, la relativa categoria, generale o specializzata, considerata prevalente nonché
le “ulteriori categorie generali e specializzate di cui si compone l'opera o il lavoro” (art.
108, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010). La categoria prevalente è quella di importo più
elevato tra tutte quelle di cui si compone lo specifico intervento (art. 108, comma 1, del
d.P.R. n. 207 del 2010). Diversamente, le “ulteriori categorie generali e specializzate di cui
si compone l'opera o il lavoro” sono quelle di importo singolarmente superiore al dieci per
cento di quello complessivo dell'opera o lavoro, ovvero di importo superiore a 150.000
euro (art. 108, comma 3, del d.P.R. n. 207 del 2010).
L’art. 92 del d.P.R. n. 207 del 2010 impone al concorrente, al fine di consentirgli la
partecipazione ad una qualsiasi procedura di gara, di possedere i requisiti economicofinanziari e tecnico-organizzativi relativi alla categoria prevalente ed alle categorie
scorporabili per i singoli importi. Laddove il concorrente non possegga i requisiti relativi
alle categorie scorporabili, la norma ordina di possederli per l’importo corrispondente con
riferimento alla sola categoria prevalente. Il concorrente in possesso dei requisiti richiesti
dalla norma appena citata, come anticipato, potrà in ogni caso, a sua scelta, subappaltare
o affidare in cottimo tutte le lavorazioni nel rispetto dei limiti che vedremo nel seguito.
In particolare, bisogna ricordare che: da un lato non sussiste alcun limite al subappalto
delle opere generali o specializzate scorporate (subappaltabili al 100%); dall’altro il
subappalto di quelle rientranti nella categoria prevalente o nelle categorie delle strutture,
impianti e opere speciali (“SIOS” - si veda l’art. 107, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010)
deve rispettare il limite del 30% dell’importo della categoria (170, comma 1, del d.P.R. n.
207 del 2010).
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A ciò bisogna aggiungere che il subappalto diviene un passaggio necessario nell’ipotesi in
cui il concorrente sia qualificato esclusivamente per la categoria prevalente ai sensi del
richiamato art. 92 del Regolamento appalti, risultando sprovvisto dell’attestazione di
qualificazione per le lavorazioni, di importo superiore al dieci per cento di quello
complessivo dell'opera o lavoro, ovvero di importo superiore a 150.000 euro (artt. 108,
comma 3, e 109, comma 2, Regolamento appalti), che rientrino in una delle categorie di
opere individuate nell'allegato A come categorie “a qualificazione obbligatoria” (tutte le
categorie sono a qualificazione obbligatoria, ad esclusione della OS6, OS7, OS 23, OS 26 ed
OS 32). Tali lavorazioni sono ovviamente subappaltabili ad imprese in possesso delle
relative attestazioni di qualificazione.
2.2. Per ciò che concerne i servizi e le forniture, invece, le disposizioni di riferimento sono
gli articoli 41 e 42 del Codice appalti e l’art. 275 del Regolamento. Tali norme sanciscono
l’obbligo in capo ai singoli concorrenti di dimostrare il possesso dei requisiti di natura
economico - finanziaria e tecnico - organizzativa in base alle prescrizioni contenute nei
singoli bandi di gara.
La dimostrazione dei requisiti economico - finanziari può essere attuata tramite:
a) dichiarazione di almeno due istituti bancari o intermediari autorizzati;
b) bilanci o estratti dei bilanci dell'impresa, ovvero dichiarazione sostitutiva che definisca il
contenuto;
c) dichiarazione sostitutiva concernente il fatturato globale d'impresa e l'importo relativo
ai servizi o forniture nel settore oggetto della gara, realizzati negli ultimi tre esercizi.
La dimostrazione delle capacità tecniche può essere conseguita tramite una delle seguenti
attività:
a) presentazione dell'elenco dei principali servizi o delle principali forniture prestati negli
ultimi tre anni con l'indicazione degli importi, delle date e dei destinatari, pubblici o
privati, dei servizi o forniture stessi; se trattasi di servizi e forniture prestati a favore di
amministrazioni o enti pubblici, esse sono provate da certificati rilasciati e vistati dalle
amministrazioni o dagli enti medesimi; se trattasi di servizi e forniture prestati a privati,
l'effettuazione effettiva della prestazione è dichiarata da questi o, in mancanza, dallo
stesso concorrente;
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b) indicazione dei tecnici e degli organi tecnici, facenti direttamente capo, o meno, al
concorrente e, in particolare, di quelli incaricati dei controlli di qualità;
c) descrizione delle attrezzature tecniche tale da consentire una loro precisa
individuazione e rintracciabilità, delle misure adottate dal fornitore o dal prestatore del
servizio per garantire la qualità, nonché degli strumenti di studio o di ricerca di cui
dispone;
d) controllo, effettuato dalla stazione appaltante o, nel caso di concorrente non stabilito in
Italia, per incarico della stazione appaltante, da un organismo ufficiale competente del
Paese in cui è stabilito il concorrente, purché tale organismo acconsenta, allorché i
prodotti da fornire o il servizio da prestare siano complessi o debbano rispondere,
eccezionalmente, a uno scopo determinato; il controllo verte sulla capacità di produzione
e, se necessario, di studio e di ricerca del concorrente e sulle misure utilizzate da
quest'ultimo per il controllo della qualità;
e) indicazione dei titoli di studio e professionali dei prestatori di servizi o dei dirigenti
dell'impresa concorrente e, in particolare, dei soggetti concretamente responsabili della
prestazione di servizi;
f) indicazione, per gli appalti di servizi e unicamente nei casi appropriati, stabiliti dal
regolamento, delle misure di gestione ambientale che l'operatore potrà applicare durante
la realizzazione dell'appalto;
g) per gli appalti di servizi, indicazione del numero medio annuo di dipendenti del
concorrente e il numero di dirigenti impiegati negli ultimi tre anni;
h) per gli appalti di servizi, dichiarazione indicante l'attrezzatura, il materiale e
l'equipaggiamento tecnico di cui il prestatore di servizi disporrà per eseguire l'appalto;
i) indicazione della quota di appalto che il concorrente intenda, eventualmente,
subappaltare;
l) nel caso di forniture, produzione di campioni, descrizioni o fotografie dei beni da fornire,
la cui autenticità sia certificata a richiesta della stazione appaltante;
m) nel caso di forniture, produzione di certificato rilasciato dagli istituti o servizi ufficiali
incaricati del controllo qualità, di riconosciuta competenza, i quali attestino la conformità
dei beni con riferimento a determinati requisiti o norme.
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Il concorrente deve dimostrare il possesso di tutti i requisiti economico-finanziari e
tecnico-organizzativi indicati nel bando relativi alla prestazione indicata come principale e
alle eventuali prestazioni secondarie per i singoli importi (art. 275, comma 1, del d.P.R. n.
207 del 2010).
Anche per i servizi e le forniture (art. 298, comma 4 del d.P.R. n. 207 del 2010) trovano
applicazione sia le regole di cui all’art. 170, commi 3 e 4 del d.P.R. n. 207 del 2010, relative
all’istanza di autorizzazione al subappalto, sia i limiti di valore fissati dall’art. 118, comma
2, del d.lgs. n. 163 del 2006 (con la differenza che il limite del 30% deve essere riferito
all’intero valore del contratto poiché il concetto di categoria prevalente non si attaglia alla
materia dei servizi e delle forniture).
Ciò che distingue il settore dei servizi e delle forniture rispetto a quello dei lavori è il
necessario possesso in capo al concorrente di tutti i requisiti economico-finanziari e
tecnico-organizzativi relativi a tutte le prestazioni a base di gara (art. 275, comma 1, del
d.P.R. n. 207 del 2010).
3. Le questioni affrontate dal Consiglio di Stato
Il percorso “creativo” attraverso il quale si è pervenuti al “subappalto necessario” ha preso
le mosse dall’esigenza di chiarire la disciplina applicabile all’ipotesi in cui un operatore
economico dichiari di voler subappaltare, in assenza del diritto ad eseguirle in proprio,
parte delle prestazioni senza però indicare espressamente il soggetto con cui stipulare il
contratto di subappalto.
In tale ipotesi, secondo la tesi di recente seguita, sorge il concreto problema della
impossibilità di verificare, prima dell’aggiudicazione e della stipula del contratto (il
contratto di subappalto va depositato almeno venti giorni prima della data di effettivo
inizio dell'esecuzione – art. 118, comma 2,numero 2, del Codice appalti), la sussistenza, in
capo all’operatore partecipante, di tutti i requisiti necessari per prendere parte alla
procedura di selezione. Infatti, omettere l’indicazione di uno specifico soggetto a cui
subappaltare e prestazioni per cui non si possiede la necessaria capacità imprenditoriale
significa omettere anche il deposito di tutti quei documenti (ad es. attestazione SOA del
subappaltatore) capaci di certificare, già in fase di gara, il possesso del requisito richiesto
per una specifica tipologia di prestazioni.
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Il corretto inquadramento del problema appena descritto passa dalla lettura congiunta dei
già citati artt. 92, 108, comma 3 e 109, comma 2, del Regolamento appalti (il richiamo di
tre disposizioni che si riferiscono esclusivamente al settore dei lavori si giustifica, come
vedremo meglio nel seguito, con le più “morbide” conseguenze che derivano da una
erronea utilizzazione de subappalto in quelli dei servizi e delle forniture).
Riassumendo il contenuto delle norme richiamate, si può affermare che un contratto
d’appalto d’opera pubblica può essere affidato esclusivamente a soggetti che dimostrino il
possesso dei requisiti di ordine generale e dei requisiti di ordine speciale relativi sia alla
categoria prevalente che a quelle scorporabili per i singoli importi. In alternativa, al difetto
dei requisiti di ordine speciale relativi alle categorie scorporabili si può sopperire
dimostrandone il possesso nella sola categoria prevalente per l’importo totale dei lavori
(art. 92 del Regolamento appalti).
Ebbene, il problema in origine affrontato dai Giudici del Consiglio di Stato riguarda il caso
in cui un concorrente partecipi ad una selezione pubblica in possesso dei requisiti relativi
alla sola categoria prevalente per l’intero importo dell’opera appaltata. In tali casi
l’appaltatore potrà decidere se eseguire in proprio le residue prestazioni oppure se
affidarle a sua volta. Nel caso in cui tali prestazioni siano di importo superiore a 150.000
euro ovvero al dieci per cento di quello complessivo dell'opera o lavoro (108, comma 3 del
Regolamento appalti) e rientrino nelle categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria
(art. 109, comma 2, del Regolamento appalti) l’appaltatore sarà sostanzialmente vincolato
nella scelta di subappaltarle. In tale ultima ipotesi, seguire pedissequamente le indicazioni
dell’art. 118 potrebbe determinare, secondo l’innovativa impostazione ermeneutica
assunta dal Consiglio di Stato, un utilizzo improprio della dichiarazione di subappalto; la
stessa diverrebbe uno strumento per colmare l’assenza di un requisito necessario per la
realizzazione dell’opera appaltata e come tale dovrebbe consentire la valutazione, già
nella fase di gara, delle capacità di tutti i soggetti convolti, non del solo operatore
economico partecipante ma anche del subappaltatore di cui lo stesso intende servirsi.
È chiaro che una dichiarazione di subappalto priva del nominativo del subappaltatore non
possa che considerarsi del tutto insufficiente per il raggiungimento dello scopo illustrato.
La conseguenza di una dichiarazione siffatta potrebbe essere quella di esporre
l’Amministrazione al rischio di vedere rimandato per un tempo non determinabile
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l’effettivo inizio dei lavori subappaltati, con evidente lesione dell’interesse sotteso alla
realizzazione di un’opera pubblica.
Semplificando l’assunto: l’aggiudicazione del contratto ad un soggetto che, sprovvisto dei
requisiti necessari per eseguire in proprio i lavori rientranti in una delle categorie che il
Regolamento appalti definisce “a qualificazione obbligatoria”, dimostri difficoltà nel
reperire sul mercato un subappaltatore qualificato determinerebbe uno stallo nella fase
di esecuzione dell’opera in ragione della impossibilità di proseguirla in assenza del
subappaltatore stesso.
Partendo da questa impostazione il Consiglio di Sato si è in seguito spinto oltre,
immaginando addirittura che la dichiarazione di subappalto potesse essere utilizzata come
una opportunità di integrazione dei requisiti di partecipazione ulteriore rispetto a quelle
espressamente disciplinate nel Codice appalti.
4. La recentissima Giurisprudenza ed il “subappalto necessario”
Bisogna innanzitutto ripercorrere brevemente le ultime pronunce sul punto per giungere
più agevolmente ad una precisa ricostruzione del concetto di “subappalto necessario”.
Con una pronuncia della sesta Sezione, il Consiglio di Stato è intervenuto analizzando nel
dettaglio la questione ed offrendo una prima, ampia, ricostruzione del “subappalto
necessario”. Tale pronuncia rappresenta l’incipit delle considerazioni che seguiranno. Il
Collegio afferma quanto segue: “La previsione di cui al comma 2 dell'articolo 118 (in tema
di dichiarazione di subappalto) del codice di contratti deve essere intesa nel senso che:
- la dichiarazione in questione possa essere limitata alla mera indicazione della volontà di
concludere un subappalto nelle sole ipotesi in cui il concorrente sia a propria volta in
possesso delle qualificazioni necessarie per l'esecuzione in via autonoma delle lavorazioni
oggetto del subappalto (ossia, nelle sole ipotesi in cui il ricorso al subappalto rappresenti
per lui una facoltà, ma non anche una via necessitata per la partecipazione alla gara);
- al contrario, la dichiarazione in questione deve contenere anche l'indicazione
dell'impresa subappaltatrice (nonché la dimostrazione del possesso in capo a quest'ultima
dei requisiti di qualificazione) nelle ipotesi in cui il ricorso al subappalto si renda necessario
a cagione del mancato, autonomo possesso, da parte del singolo concorrente, dei
necessari requisiti di qualificazione” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 maggio 2012, n. 2508).
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La pronuncia appena riportata pare chiaramente riferita al sopra illustrato caso in cui
l’appaltatore sia sprovvisto delle capacità necessarie per eseguire i lavori rientranti in una
delle categorie “a qualificazione obbligatoria” e sia, di conseguenza, vincolato ad affidarli
ad un terzo subappaltatore.
Si è così aperta la strada ad una soluzione del tutto innovativa e, come vedremo nel
seguito, a soluzioni completamente slegate dal dato normativo.
Nell’anno appena trascorso l’ipotesi del “subappalto necessario” ha infatti trovato
esplicito riconoscimento per il tramite altre due pronunce, seppure nel diverso settore dei
servizi pubblici in cui gli effetti della dichiarazione di subappalto sono ben diversi rispetto
ai lavori.
Difatti, in un primo momento, la quinta sezione del Consiglio di Stato, a breve distanza di
tempo rispetto alla sentenza appena riportata e senza addentrarsi eccessivamente nel
quesito ad essa posto, affermava che: “la dichiarazione di subappalto non è preordinata al
fine di integrare i requisiti di capacità tecnico - organizzativa prescritti a pena di
esclusione, sicché viene in ogni caso meno la necessità che la dichiarazione di subappalto
contenga i dati identificativi del subappaltatore". L’appaltatore, nel caso di specie, così
come richiesto dalla specifica disciplina in materia, aveva “dimostrato la propria capacità
tecnico - organizzativa per l'importo totale e la globalità dei servizi da appaltare“
(Consiglio di Stato, Sez. V, 19 giugno 2012, n. 3563; nel medesimo senso: Cons. Stato Sez.
V, 20 giugno 2011, n. 3698; Cons. Stato, Sez. VI, 08 aprile 2000, n. 2057). È chiaro che,
come accennato, nel settore dei servizi il contenuto della dichiarazione di subappalto
assume un rilievo marginale. Il concorrente deve dimostrare la capacità tecnico
organizzativa ed economico finanziaria per poter eseguire la totalità delle prestazioni ad
egli affidate. Da ciò deriva che, nel caso in cui abbia dimostrato il possesso di tutti i
requisiti indicati nel bando, l’erroneità della dichiarazione non comporta alcuna
conseguenza rilevante in termini di tutela dell’interesse pubblico alla corretta prestazione
del servizio poiché il futuro contraente potrà in ogni caso eseguire in proprio la
prestazione richiesta.
Ha assunto particolare rilievo, pertanto, la successiva statuizione della quinta sezione del
massimo organo della Giustizia amministrativa, con cui la stessa ha sposato la tesi del
subappalto necessario. In particolare, come accennato nel precedente paragrafo, il
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Collegio è andato oltre i limiti indicati nella decisione n. 2508 della sesta Sezione
affermando che: “nelle ipotesi in cui il subappalto consente di supplire alla mancanza di un
requisito di partecipazione, il nominativo del subappaltatore doveva essere indicato già al
momento della presentazione della domanda di partecipazione” (Consiglio di Stato, Sez. V,
21 novembre 2012, n. 5900; affermazione recentemente ribadita, con il medesimo
contenuto, anche dal TAR Campania - Napoli nella sentenza dell’1 febbraio 2013 n. 696).
L’importanza che tale ultima pronuncia riveste deriva dal fatto che, nell’ipotesi sottoposta
all’attenzione dell’organo giudicante, l’aggiudicatario risultava sprovvisto di uno specifico
requisito di partecipazione: l’iscrizione all’albo delle imprese di pulizia di cui alla Legge 25
gennaio 1994 n. 82.
Il principio, è bene ripeterlo, sembrerebbe essere stato accolto dalla quinta Sezione
travalicando in maniera lampante i limiti entro i quali la sesta Sezione del medesimo
organo si era mossa con la prima delle statuizioni che rappresentano il principale oggetto
del presente scritto. Infatti, l’affermazione pare completamente svincolata dalle
peculiarità delle previsioni relative alle categorie “a qualificazione obbligatoria”,
giungendo alla conclusione per cui la posizione di un concorrente sprovvisto di un
requisito di partecipazione sarebbe illegittima non tanto per l’assenza del requisito
medesimo ma, bensì, per la presentazione di una dichiarazione di subappalto priva del
nominativo di un subappaltatore in grado di integrarlo.
5. Valutazione del “subappalto necessario”
A parere di chi scrive entrambe le soluzione prospettate dai Giudici di palazzo Spada nelle
sentenze nn. 2508 e 5900 del 2012 non possono esser condivise.
5.1. Partendo dall’analisi della prima delle sentenze appena citate, bisogna innanzitutto
definire con precisione i contorni della tesi espressa. Questa è sintetizzata con precisione
dalla Corte stessa laddove afferma: “ … a conclusioni diverse deve giungersi nelle ipotesi in
cui il concorrente non sia autonomamente in possesso della qualificazione per svolgere le
lavorazioni oggetto del subappalto. In tali ipotesi, non sarà consentito all'impresa di
effettuare le dichiarazioni relative al subappalto nella fase esecutiva, dovendosi piuttosto
ritenere che il subappalto si configuri come una sorta di 'avvalimento sostanziale'.
Conseguentemente, il momento in cui devono necessariamente essere rese le dichiarazioni
(ivi comprese quelle del soggetto indicato come esecutore delle lavorazioni subappaltabili
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o scorporabili) deve necessariamente essere anticipato a quello della presentazione
dell'offerta, conformemente alla previsione di cui all'art. 49 del medesimo codice … ”.
Parafrasando il concetto così diffusamente riportato, la Corte, operando con implicito ma
chiaro riferimento all’ipotesi in cui la categoria di lavori scorporata sia una categoria “a
qualificazione obbligatoria”, ha ritenuto di dover assimilare la dichiarazione di subappalto
ad una sorta di accordo di “avvalimento sostanziale”, con conseguente applicazione della
disciplina contenuta nell’art. 49 del Codice appalti. Ciò in ragione del fatto che: “non è
sistematicamente ammissibile che l'amministrazione ammetta - per così dire - 'al buio' un
soggetto pacificamente carente di un requisito di partecipazione e che non si sia curato di
dimostrare ab initio la possibilità di avvalersi dei requisiti di terzi soggetti”.
Una critica adeguatamente argomentata non può che essere costruita sui risultati pratici a
cui il “subappalto necessario” potrebbe condurre. Una serie di interrogativi sorgono al
riguardo, soprattutto laddove si consideri che la Giurisprudenza non ha affrontato il
problema dei risvolti derivanti da una situazione in cui l’appaltatore, sufficientemente
qualificato ai sensi dell’art. 92 del Regolamento appalti, resti sprovvisto di un
subappaltatore qualificato ad eseguire i lavori scorporati. Neppure si è chiarito il quadro
complessivo dei rapporti che intercorrerebbero tra il subappaltatore indicato in sede di
offerta, il concorrente e la Stazione appaltate. Pertanto, è possibile individuare diversi
scenari, i quali fanno emergere tutti, con estrema chiarezza, l’inutilità pratica del
“subappalto necessario”:
-
quanto al rapporto tra subappaltatore e concorrente, non esiste una
regolamentazione specifica per l’ipotesi in cui lo stesso, quand’anche indicato in sede di
offerta, non intenda, post aggiudicazione, stipulare con l’aggiudicatario il contratto di
subappalto. A ciò bisogna aggiungere che il Consiglio di stato non ha precisato se in ipotesi
di “subappalto necessario” la dichiarazione di subappalto, completa anche del nome del
subappaltatore, abbia per lo stesso valenza obbligatoria o meno.
Ebbene, nel primo caso l’aggiudicazione comporterebbe per il subappaltatore un obbligo a
contrarre che, qualora disatteso, esporrebbe il medesimo esclusivamente a responsabilità
risarcitoria verso l’appaltatore, il quale si troverebbe comunque nella condizione di dover
reperire, con probabile danno in termini di ritardo nel completamento dell’opera, un
subappaltatore in sostituzione del precedente.
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Nel caso in cui l’indicazione non avesse valenza obbligatoria, invece, il concorrente
sarebbe sempre esposto al rischio appena illustrato, senza poter neppure invocare un
eventuale risarcimento del danno da inadempimento del subappaltatore.
In entrambi i casi sarebbe percorribile, come per qualsiasi altra ipotesi di ritardo nel
compimento delle prestazioni appaltate, la strada della risoluzione del contratto ai sensi
degli artt. 136 del Codice appalti, 145, comma 3 e 146 del Regolamento, ovvero quella
dell’applicazione della penale da ritardo inserita nel testo contrattuale;
-
dal punto di vista della stazione appaltante, la previsione costituisce un inutile
aggravio procedimentale anche in considerazione del fatto che nessuna norma prevede la
risoluzione del contratto in danno dell’appaltatore per il solo fatto che il subappaltatore
indicato non stipuli il contratto di subappalto. Infatti, se la ratio della disposizione è quella
di una maggiore tutela delle Stazioni appaltanti, cui si consentirebbe l’immediata
valutazione dell’affidabilità del subappaltatore, il vantaggio sarebbe soltanto apparente.
Le diverse modalità di partecipazione implicano l’assunzione di puntuali obblighi nei
confronti della Stazione Appaltante, a differenza di ciò che accade con riferimento alla
posizione del subappaltatore, il quale rimane di fatto estraneo al rapporto che si instaura
tra committente ed esecutore. Infatti, il subappaltare di norma è libero di decidere se
obbligarsi o meno dopo l’avvenuta aggiudicazione.
Assumendo, invece, l’esistenza di un vincolo tra concorrente e subappaltatore, per la
Stazione appaltante le conseguenze del “subappalto necessario” sarebbero le medesime
di un qualsiasi contratto di avvalimento o della partecipazione di più imprese in
associazione temporanea o come consorzio stabile, nel senso che avrebbe, sin dal
momento della presentazione della domanda di partecipazione, un quadro chiaro dei
soggetti con sui dialogare. Resta ferma per il subappaltatore la possibilità di disattendere
l’obbligo assunto esponendosi a responsabilità risarcitoria e lasciando l’esecutore con il
problema di reperire, entro termini ristretti, un altro subappaltatore.
Anche in questo caso, in entrambe le ipotesi, la Stazione appaltante dovrebbe decidere se
attendere che l’aggiudicatario individui un diverso subappaltatore (ammettendo l’inutilità
del “subappalto necessario”) oppure se applicare, trascorso senza risultati un lasso di
tempo adeguatamente ampio, gli artt. 136 del Codice appalti e 145, comma 3, del
Regolamento, ovvero la penale da ritardo inserita nel testo contrattuale.
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In ogni caso, è da rimarcare una sostanziale differenza rispetto agli ordinari mezzi di
integrazione dei requisiti di partecipazione sopra richiamati: la Stazione appaltante non
potrebbe mai godere della garanzia della responsabilità solidale del concorrente e delle
imprese ad esso collegate in relazione alle prestazioni oggetto del contratto.
È pertanto evidente che il “subappalto necessario” disegnato nella sentenza n. 2508 del
2012 pare vuoto di qualsiasi significato pratico apprezzabile e che, anzi, laddove ricevesse
l’ulteriore avallo della Giurisprudenza, rischierebbe di compromettere il regolare
svolgimento delle gare ad evidenza pubblica vanificando l’esigenza di defaticare l’azione
del G.A. e rendendo più complessa la concreta realizzazione dell’interesse pubblico a
contrarre con il soggetto che possa garantire, sotto tutti i profili, le migliori condizioni.
5.2. Passando alla seconda delle sentenze oggetto della presente analisi, la n. 5900 del
2012, la sintesi del pensiero della quinta Sezione del Consiglio di Stato è contenuta nelle
parole che seguono: “qualora la prestazione, oggetto dell’appalto, presupponga il
possesso di una determinata qualificazione, imposta dalla legge, la relativa dimostrazione
(deve) essere fornita dai partecipanti anche se non richiesta dal bando di gara, (deve)
essere acquisita entro il termine per partecipare al procedimento e la sua mancanza può
essere superata avvalendosi del subappalto ma, in tal caso, la domanda di partecipazione
deve indicare espressamente il subappaltatore”.
A differenza di quanto visto con riferimento alla sentenza n 2508 del 2012, la tesi riportata
sembra essere del tutto priva di fondamento giuridico sotto diversi profili: innanzitutto per
la chiarezza con cui l’art. 118 disciplina il contenuto della dichiarazione di subappalto, in
secondo luogo per la diversa funzione a cui l’istituto del subappalto dovrebbe essere
preordinato ed infine in ragione della possibile sovrapposizione che verrebbe a generarsi
con quella serie di strumenti che nell’ordinamento pubblicistico sono appositamente
destinati a garantire agli operatori economici il raggiungimento del medesimo risultato
che il “subappalto necessario” dovrebbe assicurare.
La novità introdotta per via pretoria potrebbe, infatti, snaturare il subappalto, il quale
diverrebbe possibile modalità di integrazione dei requisiti di partecipazione quando, al
contrario, il compito ad esso affidato è quello di prevedere una modalità di esecuzione
delle prestazioni affidate diversa rispetto alla realizzazione della totalità delle opere da
parte dell’appaltatore. Il subappalto “sconfinerebbe” così nell’ambito di applicazione di
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istituti a ciò specificamente preordinati, quali l’avvalimento (art. 49 del Codice appalti),
l’associazione temporanea d’imprese (art. 37 del Codice appalti) o il consorzio stabile tra
imprese (art. 36 del Codice appalti).
Una così distorta applicazione della norma renderebbe il subappalto sostanzialmente
assimilabile al diverso istituto dell’avvalimento. Solo per quest’ultimo, infatti, il Codice
richiede l’allegazione di una serie di dichiarazioni volte a fornire tutte le informazioni utili
alla Stazione appaltante per valutare l’idoneità dell’impresa ausiliaria sin dalla fase della
partecipazione al confronto concorrenziale (art. 49 del Codice).
Nonostante l’innovativa visione giurisprudenziale, restano “le differenze strutturali che
intercorrono tra l'avvalimento, istituto elaborato dalla giurisprudenza comunitaria e volto
a consentire ad un imprenditore il possesso mediato ed indiretto dei requisiti di
partecipazione ad una gara, ed il subappalto, contratto secondario o derivato, posto "a
valle" del contratto di appalto ed attinente alla sua esecuzione” (Cons. Stato Sez. V, 26
marzo 2012, n. 1726).
La sostanziale difformità dei due istituti è palese, e su di essa si possono svolgere alcune
considerazioni:
-
l’avvalimento offre al concorrente la possibilità di integrare le proprie risorse con
quelle di un altro operatore economico al fine di realizzare la qualificazione necessaria per
l’esecuzione dell’opera;
-
nell’avvalimento la titolarità delle risorse messe a disposizione dell’impresa
ausiliata spetta al quest’ultima. È per tale ragione che il Codice richiede una dichiarazione
sottoscritta dall’impresa ausiliaria con cui quest’ultima si obbliga a mettere a disposizione
per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente;
-
nell’avvalimento l’impresa ausiliaria è estranea alla gara e al rapporto contrattuale
tra appaltatore e Stazione appaltante, ferma restando la responsabilità solidale del
concorrente e dell’impresa ausiliaria nei confronti della Stazione appaltante in relazione
alle prestazioni oggetto del contratto;
-
nel subappalto, invece, non si realizza mai un’integrazione delle capacità del
subappaltatore con quelle dell’aggiudicatario, ma una vera e propria sostituzione. Il
subappaltatore esegue in proprio la parte di commessa a lui affidata in piena autonomia
(Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 febbario 2006 n. 518);
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-
il subappaltatore è responsabile nei confronti del solo appaltatore e solo per la
parte di lavori a lui affidata, pertanto, la responsabilità dell’esecuzione dei lavori dedotti in
contratto non è mai solidale ma grava esclusivamente sull’appaltatore stesso (Cass. civ.
Sez. II, 02 agosto 2011, n. 16917). Il subappaltatore non si inserisce in alcun modo nel
rapporto originario tra Amministrazione ed appaltatore (Cass. civ. Sez. I, 11 maggio 2006,
n. 10885; Cass. civ. Sez. I, 09 settembre 2004, n. 18196; Trib. Roma Sez. II, 11 aprile 2011)
In maniera ancor più netta: “Non può la dichiarazione resa circa la possibilità di ricorrere
al sub-appalto essere considerata equipollente alla dichiarazione con la quale un
concorrente può, al fine di ovviare alla carenza di un requisito di partecipazione, fare
ricorso al diverso istituto dell’avvalimento” (TAR Veneto, Sez. I, 13 settembre 2011, n.
1390).
Inoltre, l’esclusione da una procedura di gara fondata su di una omissione (la mancata
indicazione del futuro subappaltatore) che, invece, l’art. 118 del Codice appalti non
considera idonea a determinare, appare una semplice forzatura del dato normativo.
Altrettanto forzata appare la “creazione” di uno strumento, quale il “subappalto
necessario”, del tutto sovrabbondante rispetto alla già adeguata disciplina relativa
all’integrazione dei requisiti delle imprese partecipanti alle procedura di scelta dei
contraenti pubblici. Parafrasando il concetto: se da una parte è ovviamente corretta
l’esclusione di un concorrente che non abbia dimostrato il possesso dei titoli di
legittimazione indispensabili per lo svolgimento delle prestazioni poste a base di gara,
dall’altra pare azzardato affermare che tale esclusione possa trovare giustificazione in
ragioni diverse dalla mancanza di tali titoli, per il cui possesso il concorrente avrebbe
potuto percorrere una delle strade alternativamente indicate nel Codice appalti (si ripete:
avvalimento; associazione temporanea d’imprese; consorzio stabile tra imprese).
Con maggiore dettaglio, siccome l’art. 118, comma 2, del Codice stabilisce per il
concorrente, in sede di presentazione dell’offerta, esclusivamente l’obbligo di indicare i
lavori o le parti di opere che egli intende subappaltare, senza dover compiere ulteriori
adempimenti volti ad ottenere la relativa autorizzazione del Committente, non è possibile
rinvenire alcuna disposizione normativa che radichi la facoltà per i concorrenti privi dei
requisiti di partecipazione di utilizzare, ai fini della partecipazione a gare d’appalto ed a
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pena di esclusione, la dichiarazione di voler usufruire di uno o più subappaltatori,
integrata con i nominativi di tali soggetti.
L’ampliamento ingiustificato della portata del precetto normativo violerebbe così l’art. 46,
comma 1 bis, del Codice appalti, con cui è stato codificato il principio di tassatività delle
cause di esclusione, in base al quale le uniche cause di esclusione concretamente
applicabili in materia di contratti pubblici sono quelle imposte dal d.lgs. n. 163 del 2006.
Infatti, il “subappalto necessario”, con le regole fissate dal Giudici del Consiglio di Stato,
potrebbe comportare l’esclusione di un concorrente da una procedura selettiva per una
ragione diversa rispetto a quella che, in via principale, il Codice appalti considera
presupposto per l’esclusione stessa. Sintetizzando, nel caso esaminato nella sentenza n.
5900 del 2012, l’esclusione sarebbe dovuta derivare, seguendo alla lettera la disciplina
dettata in materia di dimostrazione dei requisiti di partecipazione, dal difetto di tali
requisiti, non di certo dalla inesatta applicazione di un istituto (il “subappalto necessario”)
che alcuna norma contempla espressamente.
5.3.
L’evoluzione del subappalto e la sua funzione
Anche il dato storico-evolutivo conforta le tesi esposte e non fa che affermarne una
maggiore coerenza rispetto alla volontà del Legislatore.
L’obbligo di indicare già in sede di offerta i nominativi dei subappaltatori era contenuto
nella precedente versione della disposizione che disciplinava il subappalto (vedi art. 18
della legge n. 55 del 1990). Tale obbligo aveva resistito fino alla successiva soppressione
ad opera dell’art. 34 della legge 11 febbraio 1994 n. 109 (“la legge Merloni”) così come
modificato dall’art. 9, commi 65 e 66 della legge 18 novembre 1998 n. 415 (“la legge
Merloni ter”). L’obbligo è stato eliminato sostanzialmente al fine di evitare all’offerente
una preventiva organizzazione di mezzi propri e di quelli del subappaltatore per un
appalto ancora incerto.
Sul punto anche l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici, con deliberazione del 9
agosto 2000, aveva chiarito che: “risulta abolito l’onere di preventiva indicazione dei
nominativi dei subappaltatori potenziali, mentre permane solo l’onere di indicazione,
all’atto dell’offerta, dei lavori o delle parti di opere che si intendono subappaltare o
concedere in cottimo: si è passati, dunque, da un sistema che postulava la conoscenza
preventiva del nominativo del potenziale subaffidatario già al momento della
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presentazione dell’offerta … ad un sistema che reputa sufficiente la conoscenza dei profili
quantitativi del subappalto”.
A medesime conclusioni è giunta la giurisprudenza affermando: “l'art. 18 Legge n. 55 del
1990 non contempla più l'obbligo di indicare i nominativi dei subappaltatori in sede di
gara, Si coglie così l'attenzione del Legislatore allo snellimento delle procedure di gara,
alla maggiore possibile partecipazione al fine di ampliare il confronto concorrenziale, alla
eliminazione di possibili intralci e sbarramenti a discapito di certe tipologie di imprese,
come le aziende di dimensioni medio-piccole” (T.A.R. Sicilia Catania, Sez. I, 16 febbraio
2005, n. 241). Il cambio di orientamento del legislatore è stato fedelmente recepito
nell’art. 118 del Codice, il quale ha abrogato la legge Merloni ma non ha in alcun modo
mutato la regolamentazione relativa al subappalto allora vigente.
Veniamo, pertanto, all’attuale formulazione della norma che disciplina il subappalto, la
quale, come anticipato, esprime con estrema precisione e chiarezza ciò che l’appaltatore
ha l’obbligo di fare per subappaltare, in caso di aggiudicazione, parte dei lavori affidati.
Come detto, l’art. 118, comma 2, del Codice si limita a richiedere al concorrente soltanto
l’indicazione della volontà di subappaltare, lasciando ad una successiva fase, quella di
esecuzione del contratto, l’indicazione dei nominativi dei subappaltatori al fine di
verificare la sussistenza dei requisiti di qualificazione e di quelli generali di cui all’art. 38
del Codice stesso.
In coerenza con tale principio, tutte le norme che si occupano di disciplinare il subappalto
nei contratti pubblici non richiedono l’indicazione del nominativo del subappaltatore
all’atto della presentazione dell’offerta, occupandosi esclusivamente delle modalità
attraverso le quali il subappalto può essere utilizzato nella fase di esecuzione dell’opera
(vedi artt. 92 e 109 del D.P.R. n. 207 del 5 ottobre 2012).
Avendo chiaro il quadro storico - evolutivo dell’istituto, si può, quindi, affermare che il
subappalto ha ricevuto dal Legislatore una funzione peculiare, quella di introdurre
nell’appalto un particolare modus operandi dell’appaltatore, differente rispetto a quella di
integrazione dei requisiti di partecipazione degli operatori economici, la quale appartiene
ad istituti diversi e dettagliatamente disciplinati nel Codice appalti, rendendosi così
quantomeno ridondante l’interpretazione della norma fornita dai Giudici di palazzo Spada.
6. Conclusioni.
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A parere di chi scrive l’istituto del “subappalto necessario”, non essendo ancorato ad un
supporto normativo sufficientemente stabile per poterlo sorreggere, seppur diretto al
superamento di una criticità non espressamente vagliata dal Legislatore, espone il settore
degli appalti ad evidenti rischi di ingiustificata compromissione delle posizioni giuridiche
soggettive dei singoli concorrenti nonché dell’interesse pubblico ad ottenere, nella
spendita delle risorse economiche della collettività, il miglio risultato sia in termini di
efficacia che di efficienza, risultato che non potrebbe certo essere costruito su di una
possibile violazione del principio giurisprudenziale della massima partecipazione (ex
multis: Cons. Stato Sez. V, 10 gennaio 2013, n. 89).
L’insegnamento della Corte di Cassazione sul punto è chiaro: “E' noto che l'eccesso di
potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore è
configurabile solo qualora si possa affermare che il giudice abbia applicato non la norma
esistente, ma una norma da lui creata, ponendo in essere un'attività di produzione
normativa che non gli compete. Nulla di tutto ciò sussiste, invece, quando il medesimo
giudice si sia attenuto al compito d'interpretazione che gli è proprio, ricercando
nell'ordinamento gli elementi da cui desumere la volontà della legge applicabile nel caso
concreto (cfr., in argomento, Sez. un 21 novembre 2011, n. 24411; Sez. un., 28 gennaio
2011, n. 2068; Sez. un., 30 dicembre 2004, n. 24175; e Sez. un., 15 luglio 2003, n. 11091)”
(Cass. civ., Sez. Unite, Sent., 12 dicembre 2012, n. 22784).
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