AmericanIncentive - Marketing that Works

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5-03-2009
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AmericanIncentive
RUBRICHE
DESTINAZIONI
a cura di
NEWS
ANTONIO ACUNZO*
L’Italia della dolce vita e del made in Italy non cresce, anzi. Continua
a perdere posti in classifica in fatto di Pil dell’industria
del turismo, di spesa generata dai visitatori stranieri e di valore degli
investimenti attuati e previsti. Piazzandosi sempre dietro i suoi diretti
concorrenti Francia e Spagna e ben lontana da Stati Uniti e Cina
Non siamo
competitivi
ella rubrica di gennaio 2009
abbiamo evidenziato come ben 42
alberghi e resort tra “the top 100
hotels in Europe” (sulla base dei 2008
Readers’ Choice Awards della rivista
americana Condé Nast Traveler) sono
in Italia, segnale questo dell’eccellenza
delle singole strutture classificate e del
significativo posizionamento primario
dell’Italia che da sola copre il 42 per cento.
Ma se diamo una lettura ai dati sul sistema
turismo Italia elaborati dall’Organizzazione
mondiale del turismo (United Nations world
tourism organization) per l’anno 2008
e per la proiezione al 2018 nelle tre macro
aree del valore del Pil dell’industria del
turismo, della spesa generata dai visitatori
stranieri e del valore degli investimenti
attuati e previsti, vediamo come
la situazione di eccellenza scompare
totalmente. Nella categoria del Pil per
il 2008, l’Italia si posiziona infatti all’ottavo
posto, ben dietro i diretti concorrenti
Francia e Spagna, rispettivamente al
quinto e sesto posto, con Stati Uniti, Cina
e Giappone nelle tre top position,
la Germania al quarto e la Gran Bretagna
al settimo, e davanti a Canada e Messico
rispettivamente al nono e decimo posto.
N
*Antonio Acunzo
C.E.O.
Marketing that Works!
[email protected]
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Se guardiamo la
proiezione per il 2018,
l’Italia slitta di una
posizione passando al
nono posto, con Stati
Uniti, Cina, Giappone,
Spagna e Francia
saldamente nei primi
cinque posti, superati
dalla Russia che si
colloca in ottava
posizione e davanti al
Messico in decima linea.
Nella categoria della
spesa generata dai
visitatori stranieri, l’Italia
figura all’ottavo posto,
con sempre Stati Uniti,
Cina e Giappone nei top three, seguiti a
ruota da Germania, Francia, Gran Bretagna
e Spagna, e davanti soltanto a Canada e
Messico, in nona e decima posizione.
Passando alla proiezione al 2018, l’Italia è
prevista sempre all’ottavo posto, con un
incremento del 30 per cento circa rispetto ai
valori del 2008 (passando così dai 302,9
miliardi di dollari del 2008 ai 405,7 miliardi
del 2018) ma comunque ben inferiori ai
Paesi primi classificati dove gli incrementi
sono previsti in maniera molto più
sostanziale, vedi gli Stati Uniti che quasi
raddoppiano (da 1.747 a 3.078 miliardi di
dollari), la Cina che addirittura quadruplica
(da 592 a 2.466 miliardi di dollari), il
Giappone con un +50 per cento, e
Germania, Gran Bretagna, Francia e
Spagna con incrementi tra il +40 per cento
e il +50 per cento.
Discesa libera
Infine nella terza macro area relativa
al valore degli investimenti effettuati
nel 2008 e previsti per il 2018,
mentre l’Italia si collocava nel 2008
sempre all’ottava posizione e per un valore
di 32,9 miliardi di dollari, sempre
ben dopo Stati Uniti, Cina, Spagna,
Giappone, Francia, Gran Bretagna
e Germania, e solo davanti a Russia
e Australia, nella proiezione al 2018,
l’Italia non compare nemmeno nelle prime
dieci posizioni.
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Come interpretare questi dati?
È molto semplice: di fatto il sistema
turismo in Italia sta decisamente
scivolando lungo la strada del declino,
e questo soprattutto per il ridotto indice
di competitività e per il fatto di non
riuscire a creare valore evidenziando
il vantaggio competitivo. E il vantaggio
competitivo è la chiave per il successo
se si punta ad una leadership di settore.
E giusto per aggiungere un’altra
problematica, guardando ai nostri diretti
competitore, Francia e Spagna,
il rapporto qualità/prezzo della
destinazione Italia è purtroppo di gran
lunga inferiore. Ma non sono soltanto
le previsioni dell’organizzazione mondiale
del turismo a segnalare una difficoltà del
sistema Italia perché se guardiamo i dati
presentati al World economic forum
del 2008 relativi all’indice di competitività
dei vari Paesi nell’ambito del turismo
(Ttci, Travel & tourism competitiveness
index), il Bel Paese delle vacanze
si posiziona al ventottesimo posto tra 130
Paesi, mentre la Spagna è al quinto
posto, la Francia al decimo, gli Stati Uniti
al settimo, e destinazioni come Australia,
Hong Kong e Nuova Zelanda sono ben
davanti all’Italia, rispettivamente al
quarto, quattordicesimo e diciassettesimo
posto. A titolo di cronaca al primo posto si
classifica la Svizzera, seguita da Austria e
Germania. E non basta!
L’Italia della dolce vita e del made in Italy
si posiziona nelle retrovie in molte
e differenti categorie, per esempio: ben
al 97imo posto (sempre su 130) nella
sequenza dei Paesi dove per il governo
viene considerato prioritario investire
nel turismo e svilupparne l’industria (al
primo posto figura Mauritius e al 130imo
il Paraguay, ma sempre per compararci
con i nostri diretti competitors, la Spagna
è al 25imo posto e la Francia è al 43imo
posto). Sempre nelle retrovie, al 103imo
posto per quanto riguarda la velocità nel
formulare efficaci politiche di promotion,
al quarantesimo posto per la lentezza nel
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modernizzare le infrastrutture di trasporto
terrestre (leggi stazioni ferroviarie, reti
ferroviarie, autostrade), al 102imo posto
per le eccessive restrizioni in tema
di investimenti stranieri.
Ma non basta, perché la cara bella Italia,
oggetto di tanti seminari, conferenze,
tavole rotonde, consulenze, buone
intenzioni per progettualità mirate
al riposizionamento e riqualificazione
della destinazione, del prodotto e dei
servizi, che mai si qualificano
e tantomeno decollano, mentre perde
tempo del dissertare su cosa sarebbe
meglio fare, e come (tanto il cosa
e come sembra non si riescano mai
a focalizzare), vede erodersi la propria
quota di mercato, già scesa al 4,9 per
cento nel 2008, e prevista al ribasso
al 3,1 per cento nel 2020.
L’Asia cresce noi no
Si riconferma la solida crescita di
destinazioni come Cina, India, i paesi
del Sud-Est Asiatico come Cambogia
e Vietnam, ed emergono nuove
destinazioni, come l’Arabia Saudita che fino
a poco tempo fa era completamente
assente dallo scenario turistico.
La destinazione Italia non può continuare
a vivere sugli albori di luoghi comuni come
la culla della civiltà e la depositaria di gran
parte del patrimonio artistico al mondo
(patrimonio che per altro non sa gestire),
bensì dovrà pensare a promuoversi in quei
mercati dove per effetto del tasso di
crescita del Pil in alcuni Paesi come l’area
Bric (cioè Brasile, Russia, India, Cina)
e i Paesi del Golfo Persico come gli Emirati
Arabi, che hanno sperimentato maggiori
incrementi rispetto alle tradizionali
economie occidentali, è logico aspettarsi
una maggiore domanda per i servizi turistici
inclusi i viaggi all’estero (Italia compresa).
Nella realtà si è lontanissimi dal pensare
di promuovere la destinazione Italia
pensandola come un brand, e pur godendo
il Bel Paese di un appeal ancora molto forte
(nella classifica del Country Best Index
2008 l’Italia si è posizionata ben al quarto
posto, subito dopo Australia, Canada
e Stati Uniti, e quindi prima delle
destinazioni europee, con Svizzera al
quinto posto, Francia al sesto e poi a
seguire Nuova Zelanda, Gran Bretagna,
Giappone e Svezia), complice le icone
classiche dell’enogastronomia, della moda,
del made in Italy, dell’arte e della cultura,
il rischio è quello di non sapere fare tesoro
di questo appeal con una prima colpa da
imputare alla assenza di una cultura verso
l’ospite, del non sapere anticipare i suoi
bisogni e le sue aspettative, e di non saper
applicare le regole base di un efficiente
customer service. E sì che basterebbe
mettere a frutto le molteplici ricchezze del
territorio trasformandole in esperienze
di viaggio per invogliare il turista straniero
a considerare ambiti diversi dal solito
circuito Roma, Firenze e Venezia;
basterebbe comunicare i punti di forza del
brand Italia, utilizzando appieno le
potenzialità offerte dal marketing, e saper
fare ed applicare il marketing serio però,
evitando tutti i luoghi comuni e
“customizzando” l’offerta in funzione dei
vari mercati di riferimento. Se volessimo
sintetizzare in tre macro aree le
potenzialità del brand Italia, potenzialità
principalmente legate alla percezione
dello stile di vita italiano, abbiamo:
la qualità, intesa come la cura del
dettaglio, la cultura del prodotto,
l’eccellenza delle materie prime,
l’artigianalità; la percezione estetica, che
racchiude il gusto, lo stile, l’eleganza,
il design; e la capacità di far sognare,
grazie alle bellezze del territorio.
Combinare questi elementi, che sono alla
base del made in Italy e saperli
sapientemente miscelare per creare un
cocktail inebriante di esperienze di viaggio
può evidenziare quel vantaggio
competitivo che la destinazione Italia
necessita per poter ritornare in una
posizione di leadership. Come nel 1970
quando l’Italia era la prima destinazione
indiscussa nel panorama mondiale!
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