nei confronti dell`opinione pubblica
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nei confronti dell`opinione pubblica
John Stuart Mill La funzione omologatrice svolta dall’opinione pubblica e il ruolo dell’individuo La tendenza generale del mondo è quella di fare della mediocrità la potenza dominante. Nella storia antica, nel Medioevo e in misura minore nel periodo di transizione dal feudalesimo alla nostra epoca, l’individuo costituiva un potere a sé; se aveva grandi talenti o una posizione sociale elevata, era un potere considerevole. Oggi gli individui si perdono nella folla. In politica è quasi una banalità dire che la pubblica opinione governa oggi il mondo. L’unico potere degno del nome è quello delle masse e di quei governi che si fanno organi delle tendenze e degli istinti delle masse. Ciò vale sia nelle relazioni morali e sociali della vita privata che nelle transazioni pubbliche. Quella che viene chiamata l’opinione pubblica non è sempre l’opinione del medesimo tipo di pubblico. In America il pubblico è l’intera popolazione bianca, in Inghilterra è semplicemente la classe media; ma si tratta pur sempre di una massa, ovvero della mediocrità collettiva. La cosa più nuova, tuttavia, è che le masse oggi non ricevono più le loro opinioni dalle gerarchie ecclesiastiche e statali, da capi visibili o dai libri; le loro opinioni sono trasmesse da uomini molto simili a loro, i quali si rivolgono alle masse attraverso i giornali e parlano a loro nome sull’onda del momento. Non mi lamento di tutto questo. Non affermo che il basso livello intellettuale dell’umanità consentirebbe, in generale, qualcosa di meglio; ma ciò non toglie che il governo della mediocrità sia un governo mediocre. Mai il governo di una democrazia o di un’aristocrazia numerosa è giunto a elevarsi al di sopra della mediocrità – né poteva farlo – attraverso i suoi atti politici, le sue opinioni, le sue qualità e lo stile intellettuale che favoriva, salvo là dove la folla sovrana si è lasciata guidare (come ha sempre fatto nei suoi tempi migliori) dai consigli e dall’influenza di una minoranza o di un uomo, più altamente dotati e più istruiti, l’iniziazione a tutte le cose sagge e nobili viene, e non può che venire, dagli individui e in primo luogo generalmente da qualche individuo isolato. L’onore e la gloria dell’uomo medio stanno nel fatto che egli è capace di seguire questa iniziativa, di avere il senso di ciò che è saggio e nobile e di esservi guidato tenendo gli occhi aperti. Non sto facendo l’elogio di quel tipo di culto dell’eroe che approva l’uomo forte e di genio che si impadronisce con la forza del governo del mondo e costringe quest’ultimo a obbedirgli suo malgrado. Un uomo del genere può solo chiedere la libertà di indicare la via: il potere di costringere gli altri a seguirla non solo è incompatibile con la libertà e lo sviluppo di tutto il resto, ma corrompe lo stesso uomo forte. Tuttavia, a quanto pare, ora che le opinioni di masse di semplici uomini medi sono diventate e stanno diventando il potere predominante, il contravveleno e il correttivo a questa tendenza sarebbe l’individualità sempre più pronunciata di chi riesce a raggiungere le più alte vette del pensiero. È soprattutto in queste circostanze che gli individui eccezionali dovrebbero essere incoraggiati ad agire diversamente dalle masse, anziché esserne dissuasi. In altre epoche non avevano alcun vantaggio in questo, a meno che agissero in modo non solo diverso, ma migliore. Nella nostra epoca, il semplice esempio di anticonformismo, il mero rifiuto di piegarsi alla consuetudine è di per se stesso un servigio all’umanità. Proprio perché la tirannia dell’opinione è tale da rendere riprovevole l’eccentricità, per infrangere l’oppressione è auspicabile che gli uomini siano eccentrici. Nei periodi in cui la forza di carattere era frequente, lo era sempre anche l’eccentricità; la sua presenza in una società è stata generalmente proporzionale a quella del genio, del vigore intellettuale e del coraggio morale. Il fatto che oggi così pochi osino essere eccentrici indica il principale pericolo del nostro tempo. (John Stuart Mill, Saggio sulla libertà, Il Saggiatore, Milano 1981)