Pdf Opera - Penne Matte
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Pdf Opera - Penne Matte
Franco si accese una sigaretta e guardò il maschio davanti a sé. Era un robot. Si chiamava Vichingo. Era biondo e muscoloso. Un tipo di robot dedicato al piacere erotico. Franco sorrise. - Allora Vic, sei pronto? Il robot annuì. - Sì, signore. - Ti divertirai questa sera, ci puoi scommettere. - Bene, signore. - Spero solo che la vedova non ti scassi. Franco Lowell era direttore della Cupido Srl, un'agenzia specializzata nell'intrattenimento erotico. Quella sera era stato raggiunto dalla videochiamata di Marcia Glenn. Una ricchissima vedova di 60 anni, passata attraverso un numero impressionante di ricicli del sangue e interventi chirurgici. La Glenn aveva detto che voleva divertirsi. - Ha qualche idea per farmi passare un sabato notte memorabile, Lowell? Franco aveva sorriso. - Una sola parola: Vichingo. - Vichingo? Franco aveva annuito. - Si tratta del nostro nuovo droide di piacere. Un robot di aspetto nordico e atletico, capelli biondi, muscoli scolpiti e software aggiornato con tutte le posizioni del kamasutra. Vedrà che le piacerà, signora Glenn. La vedova aveva detto che ok, avrebbe provato questo nuovo robot di piacere. L'appuntamento era stato fissato per le 19.00 a casa sua. Ora erano le 18. Vic passò nella sala manutenzione per farsi dare un'ultima revisione, poi si vestì e partì a bordo di un autovolante guidata da uno degli chauffeur della Cupido. Lo chauffeur si chiamava Giovanni e un po' invidiava i droidi. Erano eternamente giovani, non si ammalavano mai e scopavano sempre. Certo, a volte dovevano scoparsi delle cozze. - Chi è la tua compagna stanotte, Vic? -, domandò Giovanni mentre decollava dalla piattaforma della sede della Cupido, un grattacialo a forma di freccia. - Una certa Marcia Glenn -, rispose Vichingo, accomodamdosi suo sedili posteriori. Giovanni rise. - Chi, la vedova? - La conosci? - So chi è. Una delle clienti più assidue di Cupido. Una vera maiala. Sta' attento a non farti ammaccare. - Che aspetto ha? - Non l'ho mai vista, penso sia una vecchia tirata e siliconata, ma tanto a te che ti frega, Vic, sei o non sei una macchina? - Lo sono. - Dunque, per te potrebbe essere un ippopotamo che non farebbe differenza, dico bene? - In un certo senso. L'auto volante attraversò la città gremita di insegne sospese e luci ammiccanti. A quell'ora il traffico aereo era al suo apice. Era sabato notte, del resto. Non solo le vedove avevano voglia di divertirsi. Vic guardò fuori dal fienstrino. Milano era sommersa dai grattacieli. Alcuni erano così alti che sembravano puntare direttamente la luna. Ben presto cominciò a piovere. Pioveva spesso a Milano. La città era una delle più tossiche del pianeta. Una nuvola venefica l'avvolgeva nottetempo provocando continui rovesci di pioggia acida e calda come piscio. Giovanni azionò il tergicristalli e inserì il pilota automatico. Sospirò. La cosa fu notata da Vic. - Qualcosa non va, Giovanni? L'umano rispose: - Sono solo. - In che senso? Giovanni si accese una sigaretta. - Nel senso che non ho una donna, Vic. Sono così disperato che potrei accontentarmi anche di una vedova. Silenzio per alcuni secondi, poi Giovanni ebbe un'idea. Una folgorazione che accese il suo cervello stanco e assuefatto alla routine quotidiana. Si voltò verso Vic e disse: - Prova a descrivermi. Il robot corrugò la fronte. - Come? - Ho detto descrivimi, Vic. Dimmi come sono fatto. Diventa il mio specchio parlante. Vic si prese qualche secondo per osservare ed elaborare, poi disse. - Se proprio vuoi... Sei un maschio caucasico, di razza bianca e di età tra i 23 e i 26 anni. Sei in buona salute e in perfetto peso forma. Direi sulla settantina di chili per un metro e ottanta. - Corretto. E come sono i miei occhi, Vic? Il robot allungò il busto per scrutare meglio. Azzurri. - E i miei capelli? - Biondi. - E la mia pelle, com'è? - Bianca. Pallida. Perché mi fai tutte queste domande? - Voglio proporti un affare, vecchio mio. - Che genere di affare? - Ora te lo spiego. Sai come mi chiamavano da piccolo, Vic? Il robot scosse la testa. Stava cercando di capire dove volesse arrivare l'umano. - No, come? - Lo Svedese. E sai perché mi chiamavano così Il robot scosse ancora la testa. Giovanni batté le mani. - Mi sembra chiaro, perché sembro uno svedese. Tu diresti che sono un tipico rappresentante del popolo italiano, Vic? Il robot assunse un'aria perplessa. - Beh, direi di no. - No, esatto, non lo sono. Gli italiani sono piccoli, scuri e hanno i capelli ricci. Io sono alto, pallido e ho i capelli biondi. Ecco perché mi chiamavano lo Svedese. Ora, l'affare che ti propongo è il seguente: mi fingo te e vado a casa della vedova al posto tuo. Per poco Vic non ebbe un cortocircuito. - Tu vuoi fare cosa? - Hai capito benissimo. Ho bisogno di fare sesso. Ne ho un bisogno assoluto. Potrei accontentarmi di chiunque, purché respiri. Persino della vedova. Sicché stasera la sbrigherò al posto tuo. Tanto lei non si accorgerà di niente. - Ma come non si accorgerà di niente! Tu sei un uomo e io sono un robot! - Già, ma sei un robot costruito apposta per sembrare un uomo, o sbaglio? - No, non sbagli... - sei stato progettato per ansimare, respirare, sorridere e anche sudare come se fossi un essere umano, giusto? - Sì, ma... - Dunque, la vedova penserà che io sia te, cioè un robot anche se suderò e puzzerò. Fisicamente sono un vichingo. Biondo, pallido, atletico come Lowell ti ha descritto alla Glenn. Per una sera tu starai a riposo e io sbrigherò il lavoro duro. Vic era perplesso. Ciò che gli aveva proposto Giovanni andava contro il regolamento. In teoria non avrebbe dovuto accettare, ma improvvisamente ricordò le parole del capo: " spero solo che la vedova non ti scassi ". Forse questa fantomatica signora Glenn era veramente una mangiauomini e una rottamarobot e da una notte insieme a lei lui ne sarebbe uscito malmesso. - Ok -, disse infine. - Tu andrai dalla vedova e io ti aspetterò in auto, affare fatto. Giovanni sorrise. - Grazie amico. Questa notte mi toglierò delle belle voglie, puoi scommetterci! Alle sette meno venti l'autovolante atterrò sulla piattaforma di uno dei grattacieli più esclusivi della città. Giovanni e Vic uscirono dalle portiere all'aria aperta. - Ok, scambiamoci gli abiti -, disse l'umano, allentando il nodo della cravatta. Vic eseguì. Aveva smesso di piovere, ma faceva freddo, tuttavia la sua fodera in silicone lo proteggeva dall'umidità. Giovanni, invece, cominciò a tremare. - Svelto, passami i pantaloni! -, disse. Una volta che si fu vestito, guardò la propria immagine riflessa sul finestrino dell'auto. - Niente male. Bene, Vic, per quanto tempo ti ha prenotato la vedova? - Fino alle cinque di domattina. Giovanni sorrise. - Fino alle cinque? Però, ha proprio voglia di divertirsi quella baldracca. Bene, mi divertirò anche io. Fece per andarsene, quando Vic lo fermò. - Un momento, io che faccio fino a quell'ora? Giovanni scrollò le spalle. - Non so, quello che vuoi. Prendi l'autovolante e fatti un giro. Oppure mettiti in carica. Sei un robot, la noia, i tempi morti non sono un problema per te giusto? - Giusto, ma... - Ci vediamo alle cinque, Vic. Giovanni sparì dietro le ante di un elegante ascensore che lo portò al diciottesimo piano. Quando le ante si aprirono sbucò in un lungo corridoio spianato da un tappeto rosso e illuminato da lampade appese alle pareti color pesca. L'aria profumava di qualcosa di esotico. Giovanni pensò che la vedova dovesse essere proprio ricca per vivere in un posto del genere. Casa sua, a confronto, era una tana per topi. Abitava in una delle periferie sotterranee della città dove non giunge mai il sole. Giunto davanti alla porta numero 112, Giovanni bussò. Da uno speaker giunse una voce di donna. - Chi è? - Mi chiamo Gio... cioè, Vichingo, sono il robot di piacere inviato dal signor Lowell. - Entra e segui la scia. "La scia?" La porta si aprì automaticamente. Giovanni varcò la soglia e si trovò in un ampio salone pieno di specchi e quadri e illuminato appena da un lampadario. Da qualche parte proveniva della musica: Beethoven, la nona sinfonia. A un angolo c'era una reinterpretazione del David di Michelangelo: la statua era identica all'originale tranne per una notevole erezione. Giovanni avvertì un profumo intenso e definito solleticargli il naso. - Avanti, mio barbaro invasore -, disse la voce di prima. - Segui il profumo della mia pelle, raggiungimi, mi sono arresa, ti sto aspettando. Giovanni cominciò a fiutare come un cane da tartufo. Il profumo era una scia ben definita che attraversava il salone per imboccare un lungo corridoio. Giovanni la seguì. Intanto la vedova continuava a dire frasi come "sono senza difese", "hai ucciso tutti i miei soldati, ora sono sola nel castello", "ho paura", "sono alla mercé tua". Il corridoio era parecchio lungo e ai lati si aprivano tante stanze. Quella della vedova era l'ultima. Giovanni si fermò sulla soglia e scrutò davanti a sé. La stanza era quasi completamente in ombra. Erano identificabili, però, un grande letto dalle lenzuola di seta lucida e un corpo steso sopra. In mezzo a tutte quelle ombre, il corpo non sembrava affatto male. Era nudo e si torceva e distendeva come un'anguilla. Per quel poco che si vedeva, sarebbe potuto appartenere a una ventenne. - Prendimi, non opporrò alcuna resistenza, mio feroce Vichingo! Arturo non se lo fece ripetere. Si spogliò completamente e balzò sul letto. L'ora seguente fu di fuoco e passione. - Sei stato straordinario, un vero Vichingo. La vedova e Giovanni erano stesi sul letto fianco a fianco. La vedova aveva una voce piacevolmente appagata e anche Giovanni lo era. Anzi, quella appena vissuta era stata la scopata più bella della sua vita. Tra l'altro, la vedova, almeno a toccarla, non sembrava nemmeno la vecchia che era. La sua pelle era soda, i seni sostenuti. Certo, forse erano troppo sostenuti e le labbra erano sembrate gonfie come canotti, ma nel complesso andava più che bene. - Accendo la luce -, disse la vedova. - Va bene -, disse Giovanni. La luce fu accesa. Marcia Glenn e Giovanni si guardarono in faccia. Il viso della prima si fece perplesso e poi deluso, quello di Giovanni invece era choccato. La vedova era... un mostro. La sua faccia era tesa. Sembrava un pallone da calcio gonfiato e ricucito all'infinito. Gli zigomi erano così larghi che sembravano due pomelli e gli occhi così tirati da risultare delle fessure. Le tette erano due sfere assurde impiantate su un corpo che cadeva a pezzi. "Mio dio!" pensò lo chauffeur della Cupido Srl. La vedova disse: - Non sei come ti immaginavo. - Ah no? -, disse Giovanni. La vedova scosse il capo. - Lowell mi aveva parlato di un droide che ricalcava le sembianze di un nordico. Un vichingo. - Beh sono biondo... e ho gli occhi azzurri... - Già, ma non sei muscoloso e poi hai le spalle a collo di bottiglia. Giovanni avrebbe voluto ribattere: "Senti chi parla, miss gommone!", ma non poteva. Per la vedova era un droide e i droidi non si offendevano. Erano macchine. La vedova abbassò lo sguardo. La sua espressione si fece incredula. - E quello cos'è? Anche Giovanni guardò in basso. - Quello cosa? - Il brufolo che hai tra le gambe, che roba è? - Non è un brufolo, è un pene -, disse Giovanni, sempre forzandosi di non sembrare offeso. - Ma... ma è una cosa microscopica... - Beh, no, dai. È normale. Né lungo, né corto. L'importante è che funzioni. - Sarà normale nel magico mondo dei puffi. E vorrei anche vedere che non funzionasse. Lo sai quanto ti ho pagato, Vichingo? Giovanni scosse la testa. Era imbarazzatissimo. - Duecentocinquanta crediti. Due-cento-cinquanta. E per cosa? Per un droide che è dotato quanto il mio gatto e sembra uno svedese come io sembro un facocero! "I facoceri sono molto più belli" stava per dire Giovanni, ma di nuovo si frenò. Per alcuni secondi nessuno aggiunse altro. Giovanni era a disagio e la vedova sempre più delusa. - Beh, almeno ti è piaciuto? -, chiese lui. La vedova sospirò e rifletté. Sì, in effetti le era piaciuto. Le era piaciuto parecchio. Al buio, pensando di essere stretta tra le braccia di un possente nordico, un tipo alla Thor,aveva avuto un orgasmo multiplo. Anche perché quel Thor ci sapeva fare parecchio, bisognava ammetterlo. - Sì, non è stato male -, disse. - Beh, allora perché non spegniamo la luce e ripetiamo l'esperienza? -, propose Giovanni. Anche per lui, l'esperienza a luce spenta non era stata male. E poi, se la vedova avesse chiamata Lowell e si fosse lamentata, forse sarebbe venuta fuori la verità e Giovanni avrebbe perso il posto. Doveva calarsi completamente nella parte fino alle cinque del mattino. - E va bene -, disse la vedova, allungando la mano e spegnendo la luce. - Avanti, prendimi... vichingo! Qualche settimana dopo, un sabao pomeriggio, Franco Lowell stava fumando un cubano nel suo ufficio. La scatola di sigari era il regalo di un suo amico che aveva passato una settimana Cuba. Lowell era alle prime boccate quando lo schermo gli segnalò una chiamata in arrivo, mittente Marcia Glenn. Lowell la abilitò. Sullo schermo si visualizzò il mezzobusto della sua cliente più ricca. Era più gonfia di come l'aveva vista l'ultima volta. Aveva le labbra così "abbottate" che faticava a parlarle. - Salve, Lowell. - Signora Glenn, che piacere sentirla. - Ho voglia di divertirmi questa notte... Lowell batté le mani. - Ma certo! Se vuole ho un nuovo modello di droide di piacere. Un robot ricalcato sulle sembianze di Raoul Bova. La vedova aggrottò la fronte, per quanto gli fu possibile. - E chi è Raoul Bova? - Un celebre attore italiano del XXI secolo. Un uomo bellissimo. Tipico latino: capelli neri, fisico scolpito, occhi da marinaio... La vedova agitò una mano. - Non mi interessa, voglio quello che mi avete mandato la volta scorsa. Lowell cercò di ricordare. - Cioè, il... - Il robot con le spalle a collo di bottiglia -, disse spazientita la vedova. - Il vichino. - Ah, perfetto. Bene, per che ora devo inviarglielo, signora? Anche subito. La comunicazione fu chiusa. Lowell rimase pensieroso alcuni secondi, poi chiamò il centro manutenzione. Sullo schermo si visualizzò il volto di Alberto Gradi, responsabile della manutenzione dei droidi. - Buonasera signor Lowell. - Ascoltami bene Gradi, questa sera Vichino ha un appuntamento. - Perfetto, vuole che gli faccia una revisione? - Sì e concentrati le spalle, sono difettose. Gradi fece una faccia stupita. - Difettose? Che cos'hanno? - Cascano. Sono a collo di bottiglia. Si è mai visto un vichingo con le spalle a collo di bottiglia? Vedi di rinforzargliele un po'.