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I METODI DELLA NARRAZIONE
PERCORSO
A
Invito
INVITO
al
AL METODO
metodo
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Excelsior.
Pavel Tchelitchew, 1934.
Collezione privata.
Punto di vista e stile
La voce narrante
e il punto di vista
N
Parole
쑱 Focalizzazione ze-
ro. Il narratore onnisciente è nella situazione di un fotografo che non mette a
fuoco alcun dettaglio a discapito di altri, ma regola
l’obiettivo «all’infinito» o «a zero» perché risulti nitido,
cioè a fuoco, ogni
particolare dell’inquadratura. Allo
stesso modo il narratore «vede nitidamente» ogni particolare della vicenda.
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ell’analisi di un testo narrativo occorre distinguere la voce narrante dal punto di vista. La distinzione è sottile e può essere utile partire dall’esempio di
un film.
Supponiamo di vedere in un film l’inquadratura dall’alto di un quartiere di
Londra, poi un singolo edificio, quindi un giovane che entra in un portone;
contemporaneamente udiamo una voce fuori campo che dice: «Una mattina
d’autunno un giovane impiegato recandosi al lavoro...». In questo modo distinguiamo nettamente il punto di vista (ciò che si vede) e la voce fuori campo (nel
nostro campo visivo nessuno parla, quindi la voce che udiamo è quella di un
narratore).
Nei testi narrativi la distinzione è meno immediata perché, mentre nel film i
nostri sensi distinguono direttamente il narratore (ciò che udiamo) e il punto di
vista (ciò che vediamo), in un racconto o in un romanzo abbiamo davanti solo
la parola scritta. Consideriamo però questi due enunciati:
• «il lago lambiva il bosco»
• «Federica vide il lago che lambiva il bosco»
La voce narrante è la stessa, quella di un narratore esterno, ma cambia il punto di vista. Nel primo caso non è precisato (ovvero il punto di vista è quello del
narratore esterno); nel secondo caso il punto di vista è quello di Federica (perché il narratore riferisce ciò che Federica vede).
Per parlare del punto di vista il critico francese Gérard Genette ha introdotto
il termine focalizzazione («messa a fuoco») e ha distinto tra focalizzazione zero,
focalizzazione interna e focalizzazione esterna.
Focalizzazione zero • Si ha focalizzazione zero컄 quando il narratore è onnisciente, cioè «sa tutto» della storia che racconta (씰 Narratore esterno: palese e nascosto, p. 96): egli, infatti, non solo dice ciò che fanno e pensano i personaggi, ma è
NARRATORE , PUNTO DI VISTA , STILE
INVITO AL METODO
UNITÀ A3
in grado di ricostruire le motivazioni dei loro sentimenti o di anticipare fatti
che li riguarderanno. Vede, per così dire, dall’alto: si muove nel tempo (con analessi e prolessi) e nello spazio. Non manifesta soltanto il proprio punto di vista,
ma può anche esplicitare il proprio pensiero, servendosi tra l’altro di espressioni
«giudicanti», di una valutazione sui fatti e sui personaggi.
Focalizzazione interna • Si ha focalizzazione interna quando il punto di vista è
quello di un personaggio: il narratore dice solo ciò che vede e sa il personaggio
in questione. Il racconto può essere in terza persona, ma il caso più ovvio è
quello del narratore interno che racconta in prima persona solo ciò che lui stesso sa o vede.
La focalizzazione interna può essere:
fissa,
se il punto di vista adottato è quello di un solo personaggio (씰 Narratore
•
interno: io narrante e io narrato, p. 95);
• variabile, se nello sviluppo della narrazione sono adottati successivamente i
punti di vista di diversi personaggi;
• multipla, se sono adottati contemporaneamente i punti di vista di più personaggi (per esempio nel romanzo epistolare, nel quale la narrazione degli eventi
alterna il punto di vista di un corrispondente a quello dell’altro corrispondente).
Focalizzazione esterna • Si ha focalizzazione esterna quando il punto di vista è
quello di un narratore esterno nascosto, il quale descrive solo ciò che appare
evidente nel momento e nel luogo da cui osserva la vicenda, e «sa di meno» dei
personaggi. Attraverso la tecnica della focalizzazione esterna Verga e i veristi
perseguono il fine di una descrizione impersonale e oggettiva della realtà (씰 La
famiglia Malavoglia, p. 370). Nel genere giallo-poliziesco la focalizzazione esterna serve a creare suspense, perché il lettore si trova nella situazione di chi assiste
a un’azione criminosa senza conoscerne il movente e senza avere elementi che
permettono di prevederne lo sviluppo (씰 Mistero e poliziesco, p. 254).
NARRATORE
esterno
è assente dalla vicenda
interno
è uno dei personaggi
può adottare
adotta
focalizzazione zero
ne sa più
dei personaggi
focalizzazione interna
ne sa come uno o più
personaggi
focalizzazione esterna
ne sa meno
dei personaggi
focalizzazione interna
ne sa come il personaggio
che racconta la storia
è onnisciente
ha una conoscenza
parziale dei fatti
conosce i fatti man
mano che si svolgono
ha una conoscenza
parziale dei fatti
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A
I METODI DELLA NARRAZIONE
PERCORSO
lettura guidata
FOCALIZZAZIONE INTERNA E FOCALIZZAZIONE ZERO
Gabriele Romagnoli
Marta
Il racconto è a focalizzazione interna fissa con narrazione in terza persona.
Il punto di vista è
quello di Marta.
La donna ripercorre
con la mente gli ultimi
avvenimenti (lo scambio di cartelle cliniche) e osserva con sollievo la vita che si svolge attorno a lei, sapendo di poterne
di nuovo far parte.
Poi capisce che la sua
salvezza comporta la
morte di un’altra persona. Questo la conduce a un’amara considerazione sulla vita:
la felicità e il dolore
sono le diverse facce
di una stessa realtà
e non ci può essere
l’una senza l’altra.
L
Le ha detto di aver invertito le cartelle cliniche. Marta adesso sa che non morirà tra
pochi mesi. Non è a lei che si sta sgretolando l’ipofisi. Il suo caso è preoccupante, ma
tutt’altro che insolubile. Basta curarsi con costanza e tenersi sotto controllo, hanno
detto i medici. Dopo essersi ripetutamente scusati per l’incredibile equivoco. Seduta
sui gradini appena fuori dall’ospedale, Marta sente il brivido della vita risalire dalla
schiena fino al cervello. E lo lascia correre. Guarda le auto sul viale, la gente, i negozi e
vorrebbe urlarlo. Vivrà. Guiderà, passeggerà. Farà compere ancora per anni. È stato
tutto un equivoco. Roba che a pensarci. Dice tra sé. A pensarci… Be’, a pensarci, succede che le auto rallentano, la gente si ferma, i negozi si vuotano, il brivido ridiscende la
schiena. Perché, a pensarci, Marta ha visto l’altra faccia della luna. Che è una donna
pallida con i capelli corti, o forse una ragazza al terzo anno di università, o la madre di
un bambino sordomuto, o magari quella signora con la gonna a pieghe che sta salendo adesso le scale. La donna che, invece, morirà. Marta abbassa gli occhi per non vederla. Vorrebbe non riaprirli più, non rialzarsi da quei gradini, non tornare nel mondo. Dove ogni felicità, ogni dolore, può essere un incredibile equivoco.
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(G. Romagnoli, Marta a pensarci…, in Navi in bottiglia, Mondadori, Milano 1993)
Unacosì.versione del racconto che adottasse la focalizzazione zero potrebbe cominciare
Compaiono valutazioni del narratore (la
povera Marta; è il migliore della città ecc.); vengono chiarite le cause
di ciò che è avvenuto
(il superlavoro
del personale).
Il narratore conosce
anche pensieri, sentimenti, sensazioni
del personaggio.
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I medici le avevano detto che il suo era un male incurabile all’ipofisi: la povera Marta
si era disperata perché in quel momento non poteva immaginare che si trattasse soltanto di un equivoco. Infatti si era scoperto dopo qualche giorno che c’era stato un involontario scambio di cartelle cliniche. I medici erano bravi professionisti, per anni in
quel reparto non era mai successo nulla di simile, l’ospedale Maggiore ancora oggi è il
migliore della città ed episodi del genere non sono più accaduti. Quell’errore era stato
causato dal superlavoro cui tutto il personale era costretto negli ultimi mesi.
Poi un giovane dottore le aveva detto la verità dopo essersi ripetutamente scusato
per l’incredibile equivoco: c’era stato un terribile errore, uno scambio di cartelle; il
suo caso era preoccupante, ma tutt’altro che insolubile. Sarebbe bastato curarsi con
costanza e tenersi sotto controllo.
Marta uscì dall’ospedale e si sedette sui gradini: si sentiva come un naufrago che ha
appena toccato la riva. La giovane donna provò il brivido della vita risalire dalla schiena fino al cervello…
per lo studio
Il narratore onnisciente percorre liberamente la linea del
tempo, fornendo al
lettore delle anticipazioni e narrando in flashback l’antefatto (lo
scambio di cartelle
cliniche).
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1. Completa il racconto nella versione a focalizzazione zero.
E lo lasciò correre con piacere. Guardò le auto sul viale, la gente, i negozi e avrebbe voluto urlarlo a
tutti: sarebbe vissuta. Avrebbe guidato e passeggiato. Avrebbe fatto compere ancora per anni. Ripensò
con sollievo che era stato tutto un equivoco… (continua tu)
lettura guidata
NARRATORE , PUNTO DI VISTA , STILE
FOCALIZZAZIONE ESTERNA
Ernest Hemingway
Le colline
focalizzazione esterna il brano che segue, tratto da un racconto dello scrittore staÈatunitense
Ernest Hemingway (1899-1961).
A
A lato della stazione c’era la calda ombra dell’edificio e una tenda fatta di file di grani
di bambù pendeva attraverso la porta aperta del bar per non fare entrar le mosche.
L’americano e la ragazza che era con lui sedettero a un tavolino all’ombra, fuori dell’edificio. Faceva molto caldo e l’espresso per Barcellona sarebbe arrivato dopo quaranta minuti. Si fermava a quella stazione per due minuti e proseguiva per Madrid.
– Cosa prendiamo? – Domandò la ragazza. Si era tolto il cappello e l’aveva messo
sul tavolo.
– Fa molto caldo – disse l’uomo.
– Prendiamo una birra.
– Dos cervezas, – ordinò l’uomo attraverso la tenda.
– Grandi? – chiese una donna dalla soglia.
– Sì. Due grandi.
La donna portò i due bicchieri di birra e due sottocoppe di panno. Pose le sottocoppe e i bicchieri di birra sul tavolino e guardò l’uomo e la ragazza. Questa stava
guardando lontano, attraverso le colline.
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Il narratore riferisce
solo ciò che si può
percepire dall’esterno; il lettore non viene messo a conoscenza dei pensieri dei
personaggi (l’americano, la ragazza), ma
solo dei loro gesti
e comportamenti.
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per lo studio
(E. Hemingway, Colline come elefanti bianchi, in I quarantanove racconti,
trad. di G. Trevisani, Einaudi, Torino 1954)
1. Quali potrebbero essere le righe seguenti del racconto? Scegli fra le due opzioni proposte considerando la focalizzazione di ciascuna.
a. Erano bianche nel sole e la campagna era arsa e bruciata. Ormai da molti anni in quel paese
non si vedeva una goccia d’acqua.
– Sembrano degli elefanti bianchi – essa disse, ricordando quando, l’anno prima, era stata in
Africa.
– Non ne ho mai visti. – L’uomo bevve la sua birra. Infatti Jack, l’americano, non era mai andato
in Africa né mai ci sarebbe stato.
– No. Non avresti potuto.–
– Sì che avrei potuto – disse l’uomo con stizza: quella Margy proprio non la sopportava, non le
era mai stata simpatica. – Il fatto che tu dica che non avrei potuto non significa niente. –
Lei guardò la tenda di grani di bambù vecchia ormai di dieci anni.
b. Erano bianche nel sole e la campagna era arsa e bruciata.
– Sembrano degli elefanti bianchi – essa disse.
– Non ne ho mai visti. – L’uomo bevve la sua birra.
– No. Non avresti potuto.–
– Sì che avrei potuto – disse l’uomo. – Il fatto che tu dica che non avrei potuto non significa
niente. –
La ragazza guardò la tenda di grani di bambù.
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