Scheda spettacolo 68 KB pdf
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LuganoInScena Piazza Bernardino Luini 2 CH 6901 Lugano T +41(0)58 866 4273 Scheda dello spettacolo [email protected] www.luganoinscena.ch Purgatorio di Ariel Dorfman traduzione di Alessandra Serra regia di Carmelo Rifici con Laura Marinoni e Danilo Nigrelli scene e costumi Annelisa Zaccheria musiche Zeno Gabaglio soprano Sandra Ranisavljevic disegno luci Matteo Crespi video Roberto Mucchiut assistente alla regia Vittorio Borsari in video Edoardo Chiodi e Michelangelo Colella produzione LuganoInScena in collaborazione con LAC Lugano Arte e Cultura e ERT - Emilia Romagna Teatro Fondazione Lo spettacolo Il Purgatorio è un luogo astratto – uno strano luogo da cui si può sì uscire, ma in cui si ritorna comunque – dove un uomo e una donna devono confrontarsi con le verità della loro vita e, attraverso le parole e i ricordi, tentare di redimersi da un tragico destino. Potrebbe essere un carcere, un manicomio, un luogo di tortura o il Purgatorio... Due personaggi: un uomo e una donna. Un dialogo serrato. Domande e risposte, quasi un interrogatorio. Ma chi è la vittima? E chi il carnefice? Atti di orgoglio, vendette, crudeltà: Ariel Dorfman riprende il mito di Medea e gli ingredienti della tragedia classica e scrive una nuova opera teatrale sulla violenza e la crudeltà; forte e intensa come La morte e la fanciulla, da cui Roman Polanski trasse l'omonimo film di successo. Note di regia Il tema della riscrittura tragica è alla base delle scelte delle nuove produzioni. Il mito ci aiuta da sempre a muoverci nell’universo delle domande: chi siamo, verso dove andiamo. Il mito di Medea e di Giasone è ancora oggi spaventosamente importante. Medea, la straniera, si vendica di un Occidente che non le riconosce il suo Status quo, la sua identità di diversa. Medea risulta colpevole di fronte a Giasone, inorridito dall’infanticidio. Ma dove sta la verità? Chi è responsabile della violenza furiosa di Medea? Chi è responsabile, oggi, dell’esodo spaventoso di vittime che si muovono verso un occidente che li teme? Queste le domande che mi portano a scegliere il bellissimo testo di Dorfman, abile a creare un meccanismo di suspense, dove è impossibile riconoscere la vittima e il carnefice, che nella loro disperata difesa di non prendere responsabilità, creano un luogo indifferenziato, dove muoversi quasi fossero un unico identico personaggio. Il meccanismo dello spettacolo tenderà a mettere spalle al muro i due protagonisti, in un gioco serrato di accuse, riflessioni, attacchi e difese, in modo da svelare l’autentico antidoto contro ogni assurda violenza: la capacità di perdonare. Ariel Dorfman Ariel Dorfman, scrittore, drammaturgo, saggista e giornalista cileno, nonché attivista dei diritti umani, nasce in Argentina nel 1942. La sua famiglia si trasferisce negli Stati Uniti subito dopo la nascita del piccolo Ariel, per poi stabilirsi in Cile dal 1954. Qui Dorfman studiò, laureandosi nel 1965 in Letterature Comparate presso l’Universitad de Chile, dove poi insegnò. Prese la cittadinanza cilena nel 1967 e dal 1970 al 1973 fece parte dell’amministrazione del presidente Salvador Allende. È costretto all’esilio dopo il golpe del 1973. Potrà tornare in patria solo dopo la restaurazione della democrazia (1990). L’esilio, momento di grande dolore per Dorfman gli diede l’occasione di insegnare in università come la Sorbona e l’Università di Amsterdam, avendo così la possibilità di denunciare gli orrori della dittatura di Pinochet, di cui Dorfman è sempre stato un accanito critico. Da ricordare la sua vasta produzione di articoli pubblicati in saggi e articoli (vedi il giornale spagnolo El Paìs). Tornato finalmente in Cile, Dorfman si divide tra Santiago e gli Stati Uniti: infatti dal 1985 detiene le cattedre di letteratura (Walter Hines Page Research) e di Studi latino-americani alla Duke University (North Carolina). Dorfman ha scritto opere di straordinario impatto che trattano frequentemente gli orrori della dittatura e i patimenti dell’esilio (come emerge nei suoi ultimi lavori). Tra i suoi romanzi ricordiamo “Widows” (1981; tradotto nel 1983), “The Late Song of Manuel Sendero” (1983; tr. 1987), “My House Is on Fire” (1990), e “The Nanny and the Iceberg” (1999). Ha anche scritto poesie e saggi incentrati sul terrore della dittatura. Il suo complesso thriller psicologico “Mascara” (1988) venne pubblicato contemporaneamente in inglese e spagnolo. Facendo sue tematiche come castigo e riconciliazione, la sua opera più celebre, il dramma “Death and the Maiden” (1992) fa i conti con la tortura politica e i suoi effetti collaterali. L’opera descrive l’incontro tra una vittima della tortura e quello che lei crede essere stato il suo aguzzino. Dorfman curò anche la sceneggiatura per l’omonimo film del 1994 diretto da Roman Polanski, con Ben Kingsley e Sigourney Weaver. La repressione politica è il tema centrale anche della sua opera del 1995, l’agghiacciante Reader. Egli fu anche oggetto di un docu-fiction “A promise to the dead” diretto da Peter Raymond. Il film venne premiato nel 2007 al Toronto International Film Festival e nel novembre del 2007 ha ottenuto la nomination agli Oscar nella sezione documentari. Dorfman fa parte dei cosiddetti Duke 88. Sulla scia dello scandalo dei giocatori della Lacrosse (squadra della Duke University), alcuni professori firmarono una lettera esigendo un ampio dibattito sul modo in cui la comunità universitaria vedeva il razzismo e il sessismo. La lettera fu poi pubblicata integralmente sulle riviste locali e venne diffusa in tutto il paese. Dorfman ha ottenuto molti premi in tutto il mondo, tra cui si ricordano il Premio Olivier per la miglior opera teatrale con “Death and the Maiden” e il premio Writers’ Guild per la miglior sceneggiatura con “Prisoners in Time”. È membro dell’Académie Universelle des Cultures. 2