A Como, da Carla al compleanno della «quasi zia

Transcript

A Como, da Carla al compleanno della «quasi zia
[48
]
LA PROVINCIA
CULTURA
MARTEDÌ 15 MARZO 2011
DOCUMENTO
La lettera del 5 gennaio 1957 di
Dino Risi a Carla Porta Musa, a
proposito del romanzo «Virginia
1880», edito da Mondadori nel ’55.
A Como, da Carla
al compleanno
della «quasi zia»
La scrittrice Carla Porta Musa, oggi 109 anni,
era parente di Dino Risi: ecco una lettera inedita
PREMI
Bancarellino:
schignanese
tra i finalisti
Il libro «Stelle e fari nella notte» dell’insegnante schignanese Gabriella Bordoli (Kaba, 2010) è
uno dei cinque finalisti
per il premio Bancarellino, premio letterario su
scala nazionale, per il
settore letteratura giovanile, equivalente al più
rinomato premio Bancarella. La scrittrice, nonché insegnante di lettere all’istituto Comprensivo Magistri Intelvesi di
San Fedele Intelvi si è
detta sorpresa quanto
soddisfatta per la candidatura, tanto gradita
quanto inattesa. Il testo,
si compone di 158 pagine che appassionano il
lettore: frasi accattivanti sono mescolate in una
narrazione che può piacere anche ad un pubblico adulto, poiché sapientemente miscelate
con freschezza, ironia,
suspense ed un po’ di
fantasy. Emerge dalla
lettura del libro l’occhio
attento dell’autrice sulla realtà giovanile dei ragazzi, che la Bordoli vive quotidianamente grazie alla sua professione
di insegnante di scuola
media. Il libro della Bordoli, la quale oltre ad insegnare, è stata anche
sindaco di Schignano fino al 2009, non è il primo
testo che l’autrice regala ai ragazzi: dedicati ad
un pubblico più infantile
erano infatti i volumi precedenti «Erika e i tre nanetti del bosco», «Ciro
cioccolatino» e «Il libro
dei nuovi racconti.» La
proclamazione del vincitore avverrà il 22 maggio, a Pontremoli.
Stefania Pedrazzani
di Bernardino Marinoni
«I primi a invecchiare sono i giovani». L’aforisma è di
Dino Risi, raccolto in un libretto (Vorrei una ragazza, 2001)
di felice arguzia e riciclato dal
suo stesso artefice qualche anno dopo ponendolo in esergo
alla pagina che dedica al centoduesimo compleanno di Carla Porta Musa in I miei mostri
(2004), scorreria autobiografica del regista. All’epoca Risi ha
ottantasettenne anni e una cinquantina di film lungo una carriera cominciata quasi per caso dalle nostre parti. Giovane
psichiatra («Stanco di curare
gente che non guariva, mi sono dato al cinema»: un autoritratto in una dozzina di parole) era stato trascinato dall’amico Alberto Lattuada sul set
di Piccolo mondo antico
(1941), tra Lario e Ceresio, nominato sul campo aiuto regista
di Mario Soldati (che probabilmente gli non perdonò mai un
innamoramento di Alida Valli, detto tanto per incernierare ulteriormente i legami comaschi, perché c’è sempre Una
vita difficile in non piccola parte ambientato sul Lario). «Per
i centodue anni di una mia
quasi zia andai a Como dove
la festeggiavano», scrive Risi
coniugando il ricordo con un
All’autrice
comasca non
sarebbe
dispiaciuto
che il suo
romanzo
diventasse
film, ma
il regista
la dissuase...
tempo imperfetto. «Si chiamava Carla, scriveva romanzi,
aveva un bel pubblico femminile» che là dove si trova - il regista se ne è andato nel 2008 allargherà il sorriso del memorialista di pagine che aveva dedicato «a chi leggerà con indulgenza questa mia vita disordinata». Della "quasi zia" (la parentela è stata spiegata dall’interessata: i rispettivi bisnonni
erano fratello e sorella) che «organizzava dei mercoledì letterari» (cui Risi medesimo fu tra
gli eccellenti ospiti) annotava
anche che «era lucidissima,
una memoria di ferro, camminava veloce, appena appoggiata a un bastone d’argento». E
per il compleanno «c’era la televisione, le offrirono dei fio-
PROTAGONISTA DELLA STORIA
La comasca Carla Porta Musa festeggia con il sorriso e nuovi progetti letterari i suoi 109 anni.
FOTOSERVIZIO DI CARLO POZZONI
ri e una torta con centodue candeline che spense con un soffio solo». Dopo una reminiscenza di passate cronache («Il
pranzo in suo onore ebbe luogo a Villa d’Este di Cernobbio,
nella stessa sala dove cinquant’anni prima, nel 1948, la
contessa Pia Bellentani uccise
con un colpo diritto al cuore
di una piccola pistola il suo
amante Carlo Sacchi che l’aveva chiamata "terrona"»), la pagina si rivolge direttamente alla festeggiata: «Chiesi alla qua-
si zia Carla se ormai lo scettro
della più longeva del lago era
suo. Rispose con un sospiro:
"Purtroppo, c’è ancora una Bartesaghi di Bellagio che va per
i centotré". Si alzò la voce di
una novantenne dipinta coi colori di un gallo cedrone: "Ma
no, ho saputo proprio ieri che
ha avuto una crisi di cuore…".
Ci fu un piccolo applauso subito spento dalla Carla: "Siete
molto gentili, ma lo dite per farmi piacere, lo so… Comunque
grazie…"». Chi c’era potrà di-
re, ma lo schizzo ha la levità
della commedia. Tanto più che
nel libro la pagina si colloca tra
un tragicomico rendez vous di
Risi con Anita Ekberg e un’agra visita del regista all’amico
di una vita Alberto Lattuada
vittima ormai dell’Alzheimer,
ma pur sempre "grande erotomane", ponendo anche Carla
Porta Musa nell’intreccio di
una commedia lunga un secolo dove la vita è andata in scena più del cinema. Nel cinema, peraltro, la "quasi zia" di
uno dei maggiori esponenti
della commedia all’italiana
avrebbe voluto entrare fin da
giovanissima, da attrice, ammaliata da Greta Garbo. Poi
non le sarebbe dispiaciuto vedere trasposto il suo Virginia
1880 sul grande schermo, come rivela la corrispondenza di
Carla Porta Musa ordinata da
Gina La Rovere nell’archivio
della Biblioteca comunale di
Como, interlocutore, a metà anni cinquanta, Dino Risi. Il quale disillude la scrittrice: per il
cinema italiano non è tempo
di film in costume che, comunque, da regista non girò quasi
mai, dopo l’iniziazione di Piccolo mondo antico. Avrebbe
trasposto invece più di un romanzo, da La nonna Sabella,
dal romanzo di Pasquale Festa
Campanile, un soggetto che
proprio in quegli anni s’inseriva nella linea del successo di
Poveri ma belli, a libri di Giovanni Arpino (Anima persa, Il
buio e il miele diventato il celeberrimo Profumo di donna)
e Piero Chiara (La stanza del
vescovo). Tutte vicende contemporanee, tutte storie i in
sintonia con il finto cinismo
e la battuta fulminante di Dino
Risi: «Il bello del morire è che
non bisogna fare le valigie».
SUL SITO INTERNET
www.laprovinciadicomo.i
t
Guarda nel video
l’incontro con Carla
Porta Musa, in occasione
del suo compleanno.
[Vista da vicino / Carlo Pozzoni la racconta in una mostra ]
Tra le «Stanze di Carla» il segreto del suo talento
Premetto che per chi, come me, è
abituato ad usare uno strumento di comunicazione immediato e diretto come
la fotografia, affrontare la scrittura è sempre un’impresa difficile. Non posso quindi che celebrare a modo mio il compleanno di Carla Porta Musa, scrivendo cioè
per immagini e parlando della sua casa
e delle sue stanze. Nei molti anni in cui,
prima del 1994, mi era capitato di fotografare Carla Porta Musa, ho sempre avuto una sorta di timore reverenziale per
una donna che aveva vissuto tutti gli avvenimenti dell’ultimo secolo appena trascorso (e tanti ancora le auguro di viver-
ne!). Quando finalmente nel ’94 fui introdotto a casa sua dal compianto Arturo
Della Torre, giornalista enogastronomo,
per lavorare a un libro fotografico sulle ricette di Carla, rimasi sorpreso come un
bambino da quella casa da fiaba di via
Pessina, complice anche l’ospitalità di
una gentilissima Carla, che mi accolse come un figlio. Nei giorni successivi sono
tornato diverse volte e ho avuto anche
la fortuna di poter gustare i suoi raffinati piatti: ricordo ancora un “pranzo letterario” cui sedevano come convitati anche l’ex-sindaco Antonio Spallino, il letterato Federico Canobbio-Codelli, lo stes-
so Arturo Della Torre e, naturalmente,
la padrona di casa. Ma un’altra è l’immagine che mi è rimasta impressa, anche
quando il libro «A tavola con Carla Porta Musa» aveva ormai visto la luce: quella dell’antica credenza del salotto ornata da splendide ceramiche. Un’immagine che mi è rimasta impressa nella mente per oltre quindici anni, fino a quando, nel 2009, ho preso la decisione di immortalare quell’immagine – e con lei tutta le stanze della casa – in fotografia: l’ideale completamento del lavoro iniziato
quindici anni prima con le ricette e, da
un altro punto di vista, l’occasione di met-
tere la mia professione di reporter al servizio di quelle stanze. Documentarle, raccontare attraverso le immagini l’atmosfera che vi si respira, mi avrebbe dato l’occasione di mostrare alla città i libri, i fiori, i colori che le abitano insieme alla sua
inquilina. La potenza espressiva di quelle foto è stata tale da permettermi di ricavarne una mostra (nella sede della Famiglia Comasca, in via Bonanomi, fino a fine mese; lun.-ven., ore 15-18, ndr) e poi
di realizzarvi un libro. E il titolo, lo stesso
per entrambi, non poteva che essere: «Le
stanze di Carla».
Carlo Pozzoni