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Newsletter ANEP Italia
Associazione Nazionale Educazione Prenatale e Perinatale
Gennaio 2013
www.anep.org
Perché nove
mesi valgono
una vita
Anno 1, Numero 1
Ecco il primo numero informatico della NEWSLETTER di ANEP Italia.
Vogliamo aprire augurando a voi tutti e alle vostre famiglie un BUON 2013!
Con la Newsletter ci adeguiamo piacevolmente ai tempi; velocità di trasmissione e certezza della ricezione;
riduzione dei consumi di carta e dei costi di spedizione postale; flessibilità di consultazione e comodità di
archiviazione.
Ma comunque vogliamo mantenere un forte legame con ciò che ci ha preceduto e pertanto iniziamo con 4 scrittori
ben noti a tutti i soci ANEP Italia.
Gabriella Arrigoni Ferrari - colonna fondante dell’ANEP e docente
riconosciuta in ambito internazionale - ci sottolinea l’importanza di un buon
“dialogo” prenatale tra madre e figlio per conseguire un buon periodo dilatante.
Verena Schmid - fondatrice de “Il Marsupio” e di “D&D” e nome di gran
rilievo nel campo dell’Ostetricia - ci parla di stress in gravidanza, di cortisolo e
delle potenze ecologiche di madre, figlio e padre.
Edi Migliorini - componente di rilievo di ANEP ITALIA, che ha introdotto e
sostenuto elementi di poesia e di ampia afflato nella nostra Associazione - ci
porta in un viaggio quasi “onirico” facendoci scoprire come un personaggio dei
fumetti ci possa ricongiungere con le emozioni della nostra vita intrauterina.
Evelyne Disseau - fondatrice dell’Eliotropio, Sezione Locale di Milano
dell’ANEP Italia – ci racconta della sua ampia esperienza con i padri “che
aspettano”.
Con questa NEWSLETTER vogliamo anche ricordarti che
SONO ANCORA APERTE LE ISCRIZIONI AL PERCORSO ISPPE 2013!
Un percorso aperto a tutti coloro che, per lavoro o per interesse personale, vogliano scoprire o approfondire le conoscenze
scientifiche riguardanti il Periodo Prenatale e il Bambino Prenatale.
PARTE LA CAMPAGNA ASSOCIATIVA ANEP Italia 2013!
Invitiamo tutti gli interessati a compilare il modulo scaricabile nel sito www.anep.org e inviarlo
via e-mail, dopo aver effettuato il pagamento della Quota Associativa 2013 (pari a 30 €).
Iscrivendosi si sostiene l’ANEP Italia nella volontà di raggiungere i suoi obiettivi e si avrà anche
diritto a partecipare GRATUITAMENTE ai SEg (Seminari Elettivi gratuiti) che l’ANEP mette a
disposizioni dei suoi soci nel corso del 2013. Consulta il sito alla sezione:
http://www.anep.org/anep-e-la-scuola-isspe/seminari-sep-e-seg/ e scoprirai che con solo 30 €
potrai partecipare gratuitamente a vari SEg – di cui l’elenco completo è sul sito - ma vari altri temi
(posizioni fetali alla nascita, nuovi sistemi di approccio e gestione del parto, gravidanza e
parto gemellare…) saranno disponibili nei prossimi mesi.
Ti aspettiamo a braccia aperte!
Come facilitare il periodo dilatante.
Un contributo dalla relazione prenatale
Gabriella A Ferrari
Nel travaglio, la definizione “periodo dilatante” ci riconduce quasi automaticamente ad
un’immagine di “apertura” e di “espansione” legata ad un fattore x tempo/sforzo. Però i dettagli
della sua interpretazione sono soggettivi e sono
legati alla lettura culturale, ma soprattutto emotiva, che ne fanno le diverse persone che devono
confrontarsi con questa esperienza e con la sua
traduzione nella realtà concreta.
Sulla base di quanto sopra, in una donna in
travaglio che quindi stia fisicamente vivendo il
periodo dilatante, le sensazioni ed emozioni a esso collegate saranno ovviamente diverse rispetto
a quelle di chi l’assiste.
E’ fondamentale che tra i due si possa creare
un punto di incontro almeno emotivo, sul quale
potere contare per potere stabilire una positiva
collaborazione ed una qualità di comunicazione
che faciliti questo momento cruciale del parto.
Premesso che la comunità umana, è in un
processo di continua trasformazione e la Scienza
è in continua evoluzione, ne consegue che il percorso nascita, nel bene e nel male, è collegato a
questi 2 movimenti e, per forza di cose, è esso
pure in continua evoluzione e cambiamento.
Quindi è scontato che ogni punto di arrivo raggiunto non può essere che un nuovo punto di
partenza verso un nuovo obiettivo.
Nel corso degli ultimi 30 anni gli argomenti
travaglio/parto sono stati attentamente studiati
da diversi punti di vista e sono stati positivamente rimessi a punto molti aspetti del percorso nascita che necessitavano di essere modificati e
migliorati, a partire da quelli legati alle condizioni ambientali ed assistenziali che ruotano attorno alla gravidanza, al parto, al puerperio,
all’allattamento, etc.
Bene, è stato fatto davvero tanto buon lavoro,
sia pure con molta, spesso troppa, fatica! … e
non dico altro!
Domanda: se 30 anni fa si fosse saputo con
certezza che il feto è un piccolo essere umano
molto sensibile, che ha capacità cognitive, di apprendimento e relazionali e che il dialogo inter2 Newsletter ANEP Italia
soggettivo ed emotivo tra madre e bambino iniziano sicuramente fin dalla vita prenatale, è possibile che tutto ciò avrebbe facilitato questo lungo, positivo processo di cambiamento e magari
avrebbe anche consentito di accelerarne i tempi
di realizzazione?
In qualsiasi processo di trasformazione il fattore tempo è sicuramente di rilevante importanza: occorre del tempo per cambiare una mentalità
radicata e delle abitudini molto datate. Però sono
convinta che, per quanto riguarda i cambiamenti
avvenuti nel percorso nascita, ci sarebbero state
sicuramente meno resistenze e una maggiore sollecitudine se sul bambino prenatale fossero state
maggiormente diffuse le attuali conoscenze. Per
esempio, quando si parla di “bambini” e non di
“feti”, in qualsiasi persona scatta una molla. Si
risveglia il bambino che tutti siamo stati, unitamente ad un istintivo senso di protezione nei
suoi confronti.
Oggi, nel 2012, la diffusione sembrerebbe essere ancora molto insufficiente soprattutto in
quella fascia di base del sociale dove ci sono i
futuri genitori: nel corso del nostro progetto, patrocinato dal “Ministero dell’ Università e della
Ricerca” per gli adolescenti delle classi medie
superiori delle Scuole, abbiamo presentato questi
argomenti a 850 studenti. Riporto alcuni dati
raccolti dai questionari che hanno compilato al
termine di ogni incontro: il 54% ha dichiarato
che la loro conoscenza su queste tematiche era
insufficiente/appena sufficiente: questa disinformazione è molto grave!
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Il 97% ha definito il nostro intervento di Educazione Prenatale utile/molto utile e il 96% interessante/molto interessante. Vedi sul sito della
nostra Associazione: www.9mesiedoltre.it
Per quanto mi riguarda, da quando riportai
nei miei primi 3 libri le esperienze riguardanti il
mio lavoro accanto alle gravide (editi nel 1992,
2005, 2010), queste conoscenze si sono continuativamente arricchite di nuove esaltanti informazioni provenienti sia dal mio continuo contatto con loro e con i loro bambini intrauterini, sia
da studi e ricerche provenienti dalla comunità
scientifica ed infine, anche da una mia ricerca
personale attualmente in corso e di prossima
pubblicazione.
Quanto è importante la relazione prenatale
nella fase dilatante del parto? Per quello che ho
potuto constatare nel corso di 37 anni accanto ai
genitori, a questa domanda mi sento di rispondere con sicurezza e con una sola parola: TANTO.
Nei miei corsi, sin dal primo incontro, dopo
le presentazioni e qualche gioco per “sciogliere il
ghiaccio” promuovendo il dialogo, distribuisco
un questionario sia alle mamme che ai papà: oltre ai dati personali e varie domande fra cui quelle riguardanti l’attuale gravidanza, ho inserito
una serie di domande per verificare sia la qualità
dell’attaccamento e della relazione nei confronti
del bambino, sia le loro aspettative e il loro clima emotivo nei confronti del travaglio e del parto.
Successivamente studio i dati raccolti e li inserisco in una griglia che, nel tempo e per mia
comodità, ho suddivisa in categorie: questo lavoro preliminare serve per iniziare ad avere il polso
della situazione relazionale ed emotiva di ogni
singola coppia e del gruppo nei confronti del
bambino, dell’esperienza che stanno vivendo, di
quella legata al travaglio, al parto,
all’accoglienza, al puerperio, all’allattamento
all’educazione del bambino e alle aspettative.
A fine corso, propongo un secondo questionario inserendovi le medesime domande e, dopo
che lo hanno compilato, distribuisco a ciascuno
il loro primo questionario in modo che, paragonandoli, si rendano concretamente conto degli
effettivi cambiamenti che sono avvenuti in loro
stessi e nella coppia in seguito a tutto il lavoro
sulla comunicazione, sul contatto e sulla relazione che è stato svolto durante il percorso di 8/10
incontri di 3 ore ciascuno che hanno appena terNewsletter ANEP Italia
minato: circa 30 ore. Nei nostri corsi il tempo
che dedichiamo a questi argomenti occupa un
quarto abbondante del tempo totale e comunque
sta alla base di tutte le tematiche che vengono
svolte.
La commozione e la gioia che leggiamo sui
loro volti è per noi il più grande compenso e la
migliore gratificazione al nostro lavoro!
Ai nostri genitori propongo l’applicazione
dell’Ascolto Attivo emotivo nella comunicazione prenatale con il loro bambino: essi imparano
ad entrare in empatia con lui per saperlo ascoltare e gradualmente riuscire a decodificare sempre
meglio i suoi segnali, in modo da essere in grado
di proporgli dei feedback e dei giochi di relazione adeguati.
Una madre che sia stata prima di tutto aiutata
a separarsi positivamente dai propri genitori e
dai modelli appresi (specie se disfunzionali) e
alla quale sia stato, in seguito, concretamente insegnato “come fare” per comunicare utilizzando
l’ascolto attivo emotivo nel dialogo psico-tattile,
è una mamma che, al termine di questo percorso,
si è già molto relazionata e “innamorata” del
proprio bambino.
Non vede l’ora di farlo nascere nel modo per lui
migliore e di passare dalle coccole “dentro” a
quelle “fuori”!!! Quella madre non desidera fare
il cesareo e non vuole trattenere il figlio dentro
di sé: in lei la fase dell’apertura/dilatazione è già
iniziata a livello psichico e nel suo immaginario.
Riporto, a titolo esemplificativo, alcune frasi che
ho trascritto dai questionari di fine corso:
D:
Quali immagini, quali emozioni e quali considerazioni suscita in te la parola PARTO?
R:
Ilaria: “Gioia grandissima. La mia vagina che si
apre come un fiore che sboccia (fa riferimento
ad una visualizzazione utilizzata durante il corso),io spingo e la sento scivolare fuori. Sarà
una faticaccia però che bello!!! Vale sicuramente la pena, non vedo l’ora di abbracciare la
mia bimba”
Stefania “Vorrei partorire subito ma so che devo aspettare e cerco di avere pazienza: meno
male che posso già prendermi cura del mio
cucciolo. Gli piace tanto la canzoncina della
farfalla. Credo che gliela canterò nella pausa tra
le contrazioni e poi anche quando verrà fuori.
La Maddalena (si riferisce ad una compagna
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del corso che aveva già partorito due mesi prima) mi ha detto che la sua bimba quando lei
gliela canta la riconosce”
Raffaella: “Prima di fare questo corso il parto
mi faceva paura, ma adesso che conosco le sue
dinamiche ho capito che è un percorso in cui il
mio bambino faticherà anche lui e quindi saremo insieme e io voglio aiutarlo. Adesso so che
posso aiutarlo parlandogli spesso e cercando di
tranquillizzarlo. Quale emozioni? Tenerezza,
tanto amore, impazienza di vederlo, immagino
il suo musetto, tanta voglia di baciarlo”
Una madre che già in precedenza si sia molto relazionata con il proprio bambino, durante il travaglio starà spontaneamente e automaticamente
in contatto con lui. Nelle pause tra una contrazione e l’altra, continuerà a coccolarlo e a rassicurarlo con amore, mantenendo alto l’istinto di
protezione nei suoi confronti, mediante
quell’atteggiamento interiore di apertura verso la
sua nascita esterna, già antecedentemente sviluppatosi nella relazione con lui.
In considerazione del fatto che le emozioni
collegate all’amore producono endorfine, quante
endorfine in più potranno essere prodotte durante
quella pausa, grazie ad una consolidata e amorevole relazione madre/bambino? Quanta protezione in più nei confronti del dolore della contrazione successiva potrà scaturire da un amore
già così consolidato, intenso e ricco di sfumature
sin dai primi mesi della gestazione? Quanta utile
produzione di ossitocina supplementare potrà essere stimolata grazie a questi momenti di contatto emotivo, di comunicazione empatica e di relazione?
Non mi risulta che siano ancora state fatte
delle ricerche su basi scientifiche riguardo questo argomento specifico, cioè quello relativo alla
produzione ormonale nella fase dilatante collegata alla relazione e alla comunicazione psicotattile. Tuttavia la risposta a queste domande non mi
sembra debba richiedere delle doti intuitive particolarmente eccezionali!
Dalle testimonianze scritte che in questi ultimi 6 anni ho raccolto dalle mamme dopo il parto, oltre alle loro dettagliate descrizioni del travaglio, della fase espulsiva, dell’accoglienza,
della prima poppata, del secondamento etc. emerge chiaramente quanto segue: tutte quelle
che erano ben relazionate con il loro bambino e
che avevano potuto fare un parto fisiologico,
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l’avevano vissuto come un momento di intensa
relazione e comunicazione con il bambino, ricavando da ciò molta forza e coraggio anche quando c’erano state delle difficoltà.
Inoltre, tutte l’avevano amorevolmente coccolato nelle pause tra le contrazioni e avevano
riferito che così facendo si astraevano dal contesto ospedaliero, si rilassavano e si sentivano felici.
Per molte la fase dell’uscita del bambino è
stato “un momento meraviglioso” “una sensazione di gioia immensa” “un piacere quasi insopportabile”.
Per tutte il momento dell’incontro è stato caratterizzato da una sensazione di riconoscimento
del bambino e da uno stato di felicità quasi estatico. Le frasi ricorrenti in quasi tutte le testimonianze sono le seguenti: “E’ stata l’esperienza
più bella della mia vita”, “Un momento indescrivibile”, “Il mio bambino era proprio come me
l’ero immaginato”.
Nei miei corsi dedico un’attenzione particolare ai padri. Un uomo a cui sia stata data la possibilità di interagire con il proprio figlio e di ricoprire un ruolo attivo di padre sin dai primi mesi di gestazione della compagna, diventa un
compagno molto più protettivo e attento ai suoi
bisogni. Durante il corso vengono dedicati molti
spazi ai giochi di interazione fra i papà e i loro
bambini dando così modo ai primi di verificare
concretamente la veridicità di quanto viene loro
spiegato, durante le lezioni teoriche, e mostrato,
mediante filmati di nostra produzione realizzati
in sala ecografica.
Questi papà spesso intervengono durante le
pause della fase dilatante su richiesta della compagna stessa, ricreando con lei e il bambino
quella situazione di silenziosa/empatica circolarità affettiva e/o di comunicazione verbale e tattile già lungamente vissuta con il figlio nella quotidianità precedente al parto.
I genitori che hanno vissuto questa esperienza si sono spesso espressi in modo molto simile
fra loro, dicendo frasi come: “abbiamo partorito
insieme” oppure “eravamo in un’isola” o ancora
“eravamo solo noi 3 e tanto amore” etc.
Nei casi di parto cesareo, i nostri papà sono
messi in grado di giocare con il loro bambino un
ruolo parzialmente compensativo al trauma. Essi
chiedono anticipatamente di potere tenere in
braccio i loro figli per portarli ai controlli.
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Quelli ai quali ciò è stato concesso, hanno riferito di avere canticchiato la stessa ninna nanna
prenatale che i loro bambini avevano già ascoltato dalla voce paterna durante i mesi precedenti:
tutti i bambini che piangevano hanno smesso e
quelli che stavano in silenzio hanno cercato
l’incontro visivo con il papà. Uno di loro mi ha
inviato una commovente testimonianza scritta in
cui riferisce che nel momento della cessazione
del pianto della sua bambina, si era emozionato e
con il mignolo le aveva dato un buffetto affettuoso sul naso. Inavvertitamente le aveva sfiorato il labbro superiore e la bimba aveva rapidamente protruso la lingua e aperto la bocca, risucchiandovi dentro il dito del papà!!! Il padre,
commosso fino alle lacrime, la lasciò succhiare
finché non gliela tolsero dalle braccia addormentata.
Questi sono quelli che noi definiamo “Cesarei compensati dalla relazione”.
Uno dei punti centrali di incontro emotivo tra il
personale assistenziale e la partoriente potrebbe
proprio essere costituito dal bambino.
Una mamma, circa 15 anni orsono, mi aveva riferito che durante il suo secondo parto la dilatazione procedeva troppo lentamente e si stava
prospettando di intervenire farmacologicamente.
L’ostetrica l’aveva consigliata di cercare di rilassarsi: non ci era riuscita. Poi le aveva suggerito
di stare insieme al suo bambino.
A quel punto lei aveva abbracciato la pancia
e aveva incominciato istintivamente a cullarlo e
a cantargli una ninna nanna. A questo punto mi
riferì di essersi accorta che si stava rilassando facilmente.
Le contrazioni ripresero ad avviarsi con un ritmo
regolare.Quella mamma non aveva frequentato i
nostri corsi: l’ostetrica aveva semplicemente seguito la propria intuizione e le aveva suggerito
proprio la cosa più giusta.
Sono convinta che i travagli vissuti insieme al
bambino abbiano delle connotazioni positive e
facilitanti in più rispetto a quelli dove la madre è
centrata esclusivamente su se stessa.
Quanto ho vissuto e sto vivendo con i genitori
me lo sta sempre più dimostrando. L’amore/gioia
è espansione, il dolore è contrazione. Dunque
nella fase dilatante il produrre amore non può
che facilitare e assecondare il processo naturale
di apertura che è già fisiologicamente in atto.
Gabriella A. Ferrari
Laurea in lingue, ex insegnante, Prenatal Tutor,
formatore. Presidente dell’ Associazione “9mesi ed
oltre”, Parma. Vice Presidente dell’ ISPPM
International Society of Prenatal and Perinatal
Psychology and Medicine“, Heidelberg. Fondatrice e
membro docente dell’ IEC International Educational
Committee dell’ ISPPM. Fondatrice e coordinatrice
del Progetto “Educazione Prenatale nelle Scuole”.
Autrice dei libri “Dalla grande madre al bambino”,
“Il bonding dei 9 mesi”, “La comunicazione e il
dialogo dei nove mesi” Ed. Mediterranee. Autrice del
DVD video “Le prime interazioni”
IL COPING DEL BAMBINO
PRIMA, DURANTE E DOPO
LA NASCITA
Il ruolo del cortisolo negli imprinting
perinatali
Di Verena Schmid
Il bambino è una persona fin dal suo inizio,
che
si
forma
e
struttura
attraverso
l’apprendimento. L’apprendimento gli permette
lo sviluppo di risorse e di capacità di adattamento progressive e, in particolare modo, la formazione del suo cervello. I canali e ritmi biologici
gli forniscono gli input ad un coping adeguato
rispetto alle necessità dei singoli momenti e delle
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singole fasi del suo divenire, del suo nascere, del
suo crescere e legarsi. Le competenze endogene
che man mano sviluppa, gli forniscono gli elementi per un coping di successo.
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Il cortisolo, ormone della sopravvivenza e
dell’adattamento biofisico gioca un ruolo importante nel regolamento delle risposte adattative,
delle capacità di coping e nello sviluppo sano del
cervello. Un ritmo fisiologico del cortisolo favorisce un coping attivo, mentre un ritmo disturbato del cortisolo inibisce gli stimoli vitali e induce
depressione, passività. Il bambino sano è in grado di dare delle risposte adeguate agli stimoli esterni e interni in modo propositivo, mentre nel
bambino con alti livelli di cortisolo questa capacità è sostituita da reazioni istintive del sistema
attacco o fuga: o il bambino diventa aggressivo o
si chiude in sé.
In questo articolo andiamo a vedere insieme,
come agisce il cortisolo nel complesso processo
di adattamento del bambino e quali sono le sue
modalità di coping.
Il cortisolo
Il cortisolo è un ormone, prodotto finale di
una catena che parte dalla molecola POMC (proopio-melanina-corticotrope- hormon), un precursore di diversi ormoni, prodotta nell’ipotalamo,
nell’ipofisi, in tutto il cervello e nelle cellule
immunitarie, ma è anche abbondantemente presente nel cordone ombelicale, nell’endometrio e
nel liquido amniotico. Dal POMC si forma, tra
altre sostanze, il CRH (ormone corticotropo),
che stimola l’ipofisi a produrre l’ACTH.
L’ACTH va ad attivare (tra altro) la corteccia
surrenale ed eccoci alla produzione di cortisolo.
Le funzioni fisiologiche
Le funzioni del cortisolo sono multiple. E’ un
ormone centrale per la nostra sopravvivenza.
Regola l’adattamento alle “fatiche” della vita, ci
da la forza per affrontare le situazioni, è quindi
alla base biologica del coping, ci protegge da aggressori sia di tipo infiammatorio che esterni.
Ma, nel suo insieme è un regolatore di tutto
l’organismo, un regolatore degli altri cicli ormonali e delle riposte emotive ai fattori stressanti.
Si potrebbe dire che comanda l’orchestra ormonale di tutto l’organismo. Non solo, regola anche
le funzioni principali dei sistemi immunitario e
neurovegetativo. Fornisce l’energia necessaria
per affrontare la giornata, offre la capacità di resistenza, regola il metabolismo, mobilita gli zuccheri, protegge dalle infiammazioni, favorisce i
processi di guarigione delle ferite.
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I livelli e ritmi
In condizioni di omeostasi il cortisolo segue
un ritmo circadiano che trova il suo picco verso
le 7 del mattino, si mantiene alto fin verso le ore
17, poi comincia gradualmente a scendere per
raggiungere i livelli più bassi nella notte. Quando il cortisolo è più alto siamo svegli e attivi.
Predomina l’ortosimpatico. Quando è più basso,
si animano le funzioni vegetative e il sistema
immunitario. Predomina il parasimpatico. Ecco
perché ai bambini piace, poppare di notte: la
mamma è più rilassata, trovano più enzimi, ormoni e cellule immunitarie nel latte, la prolattina
è più alta. Per lo stesso motivo i travagli iniziano
volentieri dopo le ore 17 e prima delle 7 del mattino.
Spostamenti di questi ritmi creano insonnia notturna e sonnolenza diurna. Spesso questo succede in presenza di forti infiammazioni, o infiammazioni croniche, nonché in presenza di distress.
Il bambino piccolo, per imparare a dormire di
notte, ha bisogno di regolare il suo ciclo di cortisolo in modo fisiologico. Ciò succede però solo
dopo i tre mesi, quando un altro ormone, regolatore e maestro dei ritmi, comincia a prodursi: la
melatonina e ci vogliono circa 4 anni prima che
raggiunga un ritmo stabile, simile a quello di un
adulto.
Il ritmo del cortisolo è un ritmo guida per altri
cicli e pulsazioni ormonali. Quando è fisiologico, anche gli altri ormoni funzionano bene.
Quando i livelli di cortisolo salgono o sono cronicamente più alti, alcuni ormoni vengono aumentati e altri inibiti (quelli sessuali per esempio).
Il distress cronico tiene i livelli di cortisolo più
alti in modo costante, ma sopratutto ne disincronizza il ritmo. A questo punto perde i suoi effetti benefici e crea degli squilibri in tutto
l’organismo, la cui estensione e gravità aumenta
con la durata e l’intensità della condizione di
stress. Anziché svolgere una funzione stimolante, produce un’azione inibitoria sui sistemi endocrino,
immunitario
e
neurovegetativo/emozionale. E, naturalmente sul processo riproduttivo in tutte le sue fasi.
Il cortisolo in gravidanza
Il bambino feto, sempre in condizioni fisiologiche, non produce ancora cortisolo. La sua
ghiandola surrenale, pur essendo il primo organo
che viene protetto in caso di distress, è silente fino a circa 4-6 settimane prima della sua nascita.
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Se la mamma subisce degli stress più o meno intensi, ma alternati a fasi di benessere, la placenta
è in grado di neutralizzare catecolamine e cortisolo in eccesso e di proteggere il bambino dalle
sue oscillazioni. In realtà la placenta è piena di
cortisolo, ma a livelli di stimolazione fisiologica
e con funzioni di regolamento dell’adattamento.
Se la madre dovesse subire uno stress acuto, un
trauma, o se si trovasse in condizioni di estrema
fatica duratura, catecolamine e cortisolo passano
la placenta e raggiungono il bambino. Nel caso
acuto esso reagisce con movimenti agitati, spinto
dalla carica energetica dell”attacco”, per poi, una
volta scaricato la tensione, tornare alla calma e al
riposo. Per un giorno o due si muoverà molto
poco, poi tornerà all’omeostasi.
Nel caso di tensioni croniche, il bambino comincia a rispondere agli stimoli pungolanti con
l’attivazione prematura della sua ghiandola surrenale. Costretto a produrre il suo cortisolo prima del tempo, in una fase in cui il suo sistema
nervoso si sta formando e connettendo, può dedurre due cose:
la prima - sto maturando i polmoni per respirare,
non ricevo più abbastanza cibo, è l’ora di uscire
da qui – e innesta un parto prematuro;
la seconda - nella costruzione del suo cervello
organizza circuiti che si basano su quel dosaggio
di cortisolo, quindi ora e in futuro avrà sempre
bisogno di questo tipo di stimolazione per funzionare. Si crea una specie di dipendenza da
stress. L’agitazione sostituisce l’omeostasi. Un
bambino con questo tipo di imprinting prenatale,
agitato dopo il parto, sarà difficile da calmare,
perché l’agitazione è il suo stato normale. Poi
vedremo che l’allattamento potrà aiutare
nell’abbassare e contenere i livelli di cortisolo.
L’imprinting cortisolico precoce imprime anche
modelli emozionali e comportamentali in risposta a situazioni stressanti future che, se regolati
su alti livelli di cortisolo, richiameranno sempre
quella condizione.
Con questa dinamica si trasmette anche la violenza. Chi l’ha subita, tendenzialmente la fa. A
menoché non venga attivato un intervento per
restituire al bambino piccolissimo delle strategie
di coping fisiologici.
In condizioni di fisiologia, il bambino attiva gradualmente la sua surrenale alcune settimane prima del parto, quando la placenta comincia a ridurre lentamente la sua funzione e a cambiare
dal contenimento verso l’espulsione. Si creano
dei “ministress”, il bambino comincia a entrare
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nella polarità e necessita quindi di nuove strategie di adattamento, ecco perché entra in gioco il
cortisolo. Più si avvicina alla fine del suo ciclo
endouterino, e più aumentano i suoi livelli di
cortisolo.
Le contrazioni di Braxton Hicks, che lo spingono
periodicamente nel piccolo bacino materno, esercitando una lieve compressione sulla sua testa, ne fa aumentare ancora i livelli. Pian piano la
sua forza cresce, fino a raggiungere la capacità di
spingersi decisamente verso l’uscita. Quando i
polmoni sono pronti per il respiro e lui carico di
forza per il parto, manda un messaggio ossitocico alla mamma per dirle: “io sono pronto” e il
travaglio inizia.
Anticipare questo momento attraverso interventi
esterni, significa un bambino più debole con minori capacità di adattamento e coping e alti livelli di cortisolo post parto. Tirarlo fuori dall’utero
senza travaglio significa lasciarlo con la carica
alta pre-parto, senza la possibilità di scaricarla.
Il cortisolo durante il parto
Nel travaglio, mentre il bambino scende nel
canale da parto e la sua testa viene sempre più
compressa, il cortisolo e ora anche le catecolamine aumentano, formando l’adrenalina fetale,
una composizione di noradrenalina e adrenalina
unica nella vita, ad altissima concentrazione, adatta a proteggere e sostenere lo sforzo della nascita senza pericoli. La mamma, attraverso le
doglie fisiologiche, produce anche lei altissimi
picchi di catecolamine, alternati a livelli altissimi
di endorfine che raggiungono il bambino e lo sostengono nei suoi sforzi. La mamma quindi accompagna e sostiene la fisiologia fetale, il bambino. Se lei per esempio opta per l’epidurale, lascia il suo bambino da solo, deve fare il lavoro
del parto da solo, senza questo suo sostegno biologico.
In un bambino tirato fuori tramite un cesareo elettivo, la spinta energetica del cortisolo e delle
catecolamine preparatorie rimane alto nel tempo,
perché il bambino non è riuscito a scaricarla attraverso la partecipazione attiva al suo nascere.
Così una spinta fisiologica si trasforma in un distress cronico. Spesso si può osservare che il
bambino continua a fare dei movimenti propulsivi nella culla, nel tentativo di scaricare la tensione.
Gli altissimi livelli di catecolamine e cortisolo,
che in condizioni fisiologiche rimangono alti ancora per due ore dopo il parto, permettono al
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bambino una buona transizione dal mondo intrauterino a quello extrauterino. Ne proteggono il
metabolismo, la respirazione, il cambiamento
cardiocircolatorio, lo orientano, gli danno la forza per trovare il seno, il cappezzolo e per sapersi
attaccare, lo rendono in grado di promuovere attivamente l’attaccamento - tutte azioni fondamentali per la sopravvivenza e il coping.
Un coping fisiologico del bambino al momento
della nascita crea un imprinting importante per la
sua autostima e fiducia in sé e nella vita. L’alto
dosaggio delle catecolamine rende l’imprinting
fisico e relazionale profondo, talmente profondo
che rimarrà impresso per sempre e creerà il tono
di base verso gli altri e verso le proprie percezioni corporee.
Quando il parto è stato stressante, traumatico
o assente (cesareo elettivo, in parte l’epidurale),
la condizione del bambino nato cambia, come
anche i suoi bisogni. Le sue capacità adattative
saranno ridotte, la sua condizione di allerta minore, la sua capacità di avviare la relazione assente. Se il bambino stesso nasce in uno stato di
distress, ha assolutamente bisogno di essere
tranquillizzato e contenuto dalla madre. Se al suo
distress si aggiunge una separazione, facilmente
cade in depressione con il conseguente aumento
statico dei livelli di cortisolo, o peggio ancora,
una loro caduta a picco e con un conseguente rischio maggiore per la sua salute. E’ stato visto
che lo stress da separazione precoce riduce (tra
altro) i linfociti.
Nascere con i livelli di cortisolo troppo alti o
troppo bassi è un trauma per il bambino.
Ma se la sua condizione durante la gravidanza e
dopo la nascita è nei limiti delle oscillazioni fisiologiche, il recupero è ampiamente possibile.
Le conseguenze a lungo termine sono più legate
ai processi nel tempo che al singolo momento
del parto. Ecco perché la continuità
dell’assistenza da parte di un’ostetrica di fiducia
sarebbe tanto importante ed efficace.
Dopo il parto: l’attaccamento e i sistemi
fisiologici
L’attaccamento per il bambino è una necessità vitale per poter sopravvivere nel mondo esterno. Come cucciolo umano nasce prematuramente
ed ha ancora bisogno di un “utero materno” esterno fino al raggiungimento di sue capacità autonome di coping. I livelli di cortisolo nel bambino piccolo sono legati alla modalità
dell’attaccamento.
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Gli studi di Bowlby e della Ainsworth hanno definito diversi stili di attaccamento:
l’attaccamento sicuro, che si crea attraverso
l’attenzione ai segnali che il bambino manda e il
rispondere adeguatamente (danza simbiotica), la
capacità di entrare in empatia con il bambino
l’attaccamento insicuro, evitante, che si crea
quando istintivamente la mamma si ritira di fronte alle richieste del bambino, un fenomeno spesso presente quando ci sono le ragadi,
l’attaccamento insicuro, ambivalente, che si crea
quando la disponibilità materna è oscillante tra
disponibilità e rifiuto in modo discontinuo e imprevedibile
l’attaccamento disorganizzato, che si crea
quando la mamma è fonte contemporaneamente
di conforto e di minaccia.
Tutto ciò naturalmente vale anche per i padri.
Oggi sappiamo che solo l’attaccamento sicuro
garantisce una ritmicità fisiologica del cortisolo
e con esso uno sviluppo sano del cervello e del
sistema immunitario. Una recente ricerca (Piccardi 2007) ha rilevato che le cellule NK (natural
killer) sono decisamente più alte nelle persone
con un attaccamento sicuro, rispetto a quelle con
un attaccamento insicuro evitante.
Bambini con un imprinting prenatale di cortisolo
alto e un attaccamento insicuro tendono a regolare tutto il loro sistema di adattamento su alti livelli di cortisolo.
Questo produce a medio e lungo termine:
- scompensi nella modulazione neuroendocrina
della regolazione dello stress, nella regolazione dell‘asse ipotalamo- surrenale,
- alterazioni dei recettori centrali per gli ormoni
glucocorticoidi nell‘amigdala,
nell’ippocampo, nella regione prefrontale meno recettori ci sono, più si riduce il feedback di inibizione del cortisolo e più alti devono essere i livelli di cortisolo nel sangue
prima di innestare il feedback per lo stop
- altera i recettori per il CRH e l‘AVP (arginino- vasopressina) nel nucleo paraventricolare
dell‘ipotalamo.
Queste funzioni e strutture centrali regolano
il comportamento sociale ed emozionale. Quindi
questi scompensi significano un‘alterazione delle
risposte emozionali, neuroendocrine, immunologiche e psicologiche nonché del comportamento
reattivo e sociale.
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Se la condizione dura nel tempo, l’alterazione
diventa permanente. Il bambino diventa iper- o
iporeattivo e la relazione con lui difficile.
Qui ci troviamo già in un circolo vizioso.
Una madre che ha vissuto la gravidanza in una
condizione di distress, quindi presumibilmente
senza sufficiente sostegno, tenderà ad offrire al
suo bambino modalità relazionali confuse, instabili, da cui consegue un attaccamento insicuro o
disorganizzato. L’attaccamento insicuro aumenta
ulteriormente la tendenza negativa e fissa maggiormente gli scompensi. Fino a stabilizzarli definitivamente attorno all’anno di vita.
E’ stato visto che due bambini di fronte a una
stessa situazione avversa reagiscono con differenti livelli di cortisolo, quindi di grado di distress in base a come si è regolato il loro sistema
di risposta e adattamento nel primo anno di vita.
Bambini che erano esposti ad alti livelli di cortisolo reagivano con livelli molto più alti rispetto
ai bambini che avevano bassi livelli di cortisolo
nella fase primale, pur essendo l’intensità dello
stressore la stessa.
Gli effetti a lungo termine nelle competenze relazionali
Un occhiata rapida ai problemi dei bambini
in età scolastica e degli adolescenti ci apre una
panoramica su problematiche oggi molto frequenti come aggressività incontrollata, dislessia,
difficoltà dell’apprendimento, difficoltà di memoria, passività e apatia, depressioni infantili,
suicidi infantili (in aumento), consumo di droghe
ecc. Sono tutti sintomi di problemi dati da scompensi della funzione cerebrale e delle funzioni
regolatorie generali. La Gerhardt descrive
l’essere umano come un organismo autoregolante. Prima però di raggiungere la capacità di autoregolazione, dice, occorre passare attraverso
una fase di dipendenza soddisfacente e di apprendimento.
Per l’apprendimento e la soddisfazione occorrono le endorfine, che vengono attivate in una relazione
felice.
I
disturbi
cronici
dell’autoregolazione hanno origine nel periodo
primale e creano malattia.
Un ruolo importante riveste l’ippocampo, che
subisce importanti conseguenze per lo stress.
Organizza la memoria, guida l’apprendimento,
conserva le memorie inconsce, con la facoltà di
elaborarle attraverso la sua connessione con la
zona orbito-frontale. Esprimere le emozioni in
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parole è stato riconosciuto come coping utile per
scaricare lo stress.
L’ippocampo è un calmiere del cortisolo, regola
l’attività delle surrenali attraverso feedback con
l’ipotalamo, al quale indica il momento in cui ridurre la produzione di ACTH e quindi di cortisolo. Più recettori per il cortisolo possiede
l’ippocampo, meno cortisolo circolante è necessario per raggiungere i livelli dello stop. Sotto
stress cronico, l’ippocampo perde questa capacità di ridurre le catecolamine. Il cortisolo che invade il cervello durante fasi prolungate di distress ha un effetto tossico sulle cellule
dell’ippocampo e può produrne l’atrofizzazione,
con conseguenti problemi anche di apprendimento e relazionali.
Inoltre l’eccesso di cortisolo riduce i livelli di serotonina, che a sua volta può ridurre la crescita
di nervi nuovi nell’ippocampo, compromettendo
la sua capacità di recupero, oltre che influire sulle emozioni.
Il vicino amigdala conserva anch’esso le memorie inconsce, sopratutto quelle legate a un eccitazione forte, ai traumi, alla paura e alla rabbia,
senza però la possibilità della loro elaborazione.
Rimangono inaccessibili, creano reazioni impulsive e risposte automatiche che si sottraggono al
controllo. A volte, nel caso di traumi particolarmente forti, quando la reazione attacco o fuga
non è possibile e rimane solo la paralisi, si crea
l’effetto opposto, il cortisolo viene regolato su
livelli bassissimi, congelando il trauma, la persona e rendendola apatica, priva di stimoli, incapace di reattività, scissa.
Un’amigdala sotto l’influenza del cortisolo tiene
la persona in uno stato costante di vigilanza, e
allerta, sente pericoli ovunque. Eccita il sistema
simpatico. Occorre creare dei nuovi circuiti per
circoscrivere e contenerne l’intensa carica
dell’amigdala. L’allattamento lo calma.
Le conseguenze a lungo termine
Se i circuiti del cortisolo rimangono a una regolazione scompensata, le conseguenze si protraggono per tutta la vita. Di seguito alcune condizioni patologiche che hanno origine
nell’imprinting precoce:
- Disfunzioni emozionali e psichiche
- Depressione
- Stati d‘ansia, pensieri di suicidio
- Comportamenti subordinati, adattamento passivo
- Disturbi dell‘alimentazione, obesità
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- Alcoolismo
- Abuso sessuale (sia come aggressore che come vittima)
- Riduzione della massa muscolare
- Osteoporosi
- Iperinsulinismo
- Diabete
- Malattie cardiaocircolari
- Tumori
Una recente ricerca sulla depressione ha rilevato come sua causa un gene, il gene 5 HTT.
Successive ricerche hanno suggerito, che questo
gene si attiva solo in persone con un imprinting
precoce ad alti livelli di cortisolo. In persone con
attaccamento sicuro, rimane silente.
Problemi e patologie legate al nutrimento sono
già osservabili nel primo anno di vita, sono infatti un segno di squilibri nella danza simbiotica,
nel processo di attaccamento. I bambini con livelli alti di cortisolo tendono ad ammalarsi più
spesso, manifestano comportamenti passivi, depressivi, rispondono scarsamente agli stimoli, o
per contro, sono agitati, aggressivi e difficilmente contenibile.
La risposta a questi problemi è sostegno, tempo,
dedicazione, contenimento, amore, investimento
di risorse nel periodo primale. Secondo la Gerhardt, favorire la relazione genitori- bambino nel
periodo primale è un modo molto più economico
(e meno doloroso) per incrementare la salute
mentale e fisica rispetto ai trattamenti degli adulti.... è di una semplicità scioccante.
Le implicazioni perla pratica: noi ostetriche
abbiamo l’importante compito di prevenzione nel
rendere la gravidanza libera da distress cronico,
favorire un parto normale a termine, accogliere il
bambino proteggendo la prima relazione tra
mamma e bambino e nell’offrire un accompagnamento per tutta l’esogestazione.
Abbiamo anche un compito di cura: nei primi
mesi dell’esogestazione, prima si parlava di nove
mesi, recenti ricerche parlano dei primi 4, massimo sei mesi, è ancora possibile, recuperare
molti di questi aspetti e abbassare i livelli di cortisolo. In pratica ciò significa che le madri in difficoltà hanno bisogno di una care intensiva, fatta
di sostegno, contenimento, educazione, cure alla
madre, trattamenti antistress, sostegno alla coppia, che restituisca loro strumenti di coping adeguati. E naturalmente significa allattare.
10 Newsletter ANEP Italia
Il latte materno con i suoi ormoni e cellule immunitarie è un grande armonizzatore dei sistemi
fisiologici, con spiccate funzioni antistress e vagotoniche (ossitocina, prolattina, endorfine). I
grassi acidi polinsaturi del latte materno giocano
un importante ruolo nella formazione di neurotrasmettitori come dopamina, serotonina e nella
formazione della corteccia prefrontale (adibita
alle relazioni).
Il sonno può ridurre leggermente i livelli di cortisolo. I bambini iperattivi portati nella fascia si
addormentano meglio e per più cicli brevi di
sonno.
Il lavoro di madre, sempre con le parole della
Gerhardt, è un’azione di grande rilevanza sociale politica. Quindi dev’essere riconosciuto e sostenuto.
Stili di coping
Il coping del bambino in gravidanza e nel parto
dipende da:
- lo stato emozionale del bambino (paura o voglia di venire)
- lo stato fisico (salute)
- gli annessi fetali (cordone lungo, corto, rigirato)
- dal livello di normo- o distress materno e ambientale
- dalla reattività sensoriale e relazionale
Il coping del bambino dopo il parto dipende da:
- com’è andata la gravidanza
- il tipo di parto
- il tipo di accoglimento
- le separazioni subite
- l’allattamento precoce
- lo stato della madre, dei genitori
- i sostegni (o stressori) ambientali
Le risorse del bambino:
- Le sue competenze fetali
- La sua placenta
- Gli ormoni materni
- La sua competenza di nascere
- La madre
- Il padre
Il coping complessivo del bambino dipende
dallo sviluppo armonico delle sue competenze
endocrine, motorie, sensoriali, psichiche, emozionali e spirituali.
Il bambino piccolo non è ancora in grado di gestire da solo il suo cortisolo. Ha bisogno della
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madre per regolare il suo sistema reattivo. Tende
naturalmente a mantenere bassi i suoi livelli di
cortisolo, lo può fare finché qualcuno si prende
cura di lui. Il contenimento relazionale gli permette di azionare le sue competenze. Eccone alcune:
Il bambino si forma apprendendo. Attraverso i
suoi movimenti e sensi si orienta, si struttura, si
esercita, si posiziona, si spinge in avanti, comunica, si esprime, immagina, sente, trova.
Attraverso le sue competenze psichiche e spirituali si propone, comunica attraverso i sogni e
l’intuizione, agisce, attiva la relazione.
Attraverso le sue competenze endocrine cresce,
si assicura le condizioni per vivere e per nascere,
regola i ritmi biologici, instaura un dialogo biologico con la madre.
Praticamente è in grado di creare da solo le condizioni per formarsi e per nascere, ma allo stesso
momento è in grado di dialogare con la madre e
sincronizzarsi con lei a tutti i livelli, di assicurarsi le sue cure.
C’è un bel detto, che a mio avviso rende bene
l’idea del coping del bambino: ogni bambino arriva con un pane sotto il braccio.
Stabilizzatori
Potremmo identificare tra gli stabilizzatori
del delicato ecosistema mamma bambino e dello
sviluppo fisiologico della vita le componenti
dell’ecosistema umano, le potenze ecologiche di
madre e bambino. La prima potenza ecologica è
il padre del bambino. Il suo ruolo non è solo importante per sostenere la donna, ma anche per
stabilizzare il bambino che è per metà lui.
Altri stabilizzatori:
Un’assistenza fisiologica, che rafforzi le risorse
endogene di donna e bambino, che offra strumenti di coping ad ambedue
Il sostegno continuativo
I gruppi pre e postnatali
Una politica a sostegno del lavoro di madre con
la possibilità di stare con il bambino in gravidanza e almeno fino a un anno di vita
La protezione da interferenze e invasioni non desiderate, compresa la diagnosi prenatale
La lotta contro l’inquinamento ambientale e elettromagnetico
La nostra società dovrebbe accettare che per una
buona qualità della vita e della salute, tutto il
processo di maternità ha bisogno di rispetto, cure
e coccole.
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Bibliografia:
AA vari (2006): Onorare la madre, Quaderno di
D&D n. 1, SEAO ed. Firenze
Bottaccioli F. (1996): Psiconeuroimmunologia,
Red. Edizioni, Como
Gerhardt S. (2004): Why love matters, how affection shapes the baby’s brain, Routledge New
York
Golemann D, (2006): L’intelligenza sociale,
BUR ed. Milano
Nathanielsz P, (1999): Life in the womb:The Origin of Health and Disease, Promethean Press
Ithaca, new York
Piccardi A. e al: (2007): Attachment security and
immunity in healthy women, Psychosomatic
Medicine, 69: 40-46
Schmid V. (2005): Venire al mondo e dare alla
luce, percorsi di vita attraverso la nascita, Apogeo ed. Milano
Schmid V. (2007): Salute e Nascita, la salutogenesi in gravidanza, Apogeo ed. Milano
CHE COS’È IL COPING?
Significato: interagire in modo propositivo con
gli eventi (stimoli)
Componenti: la capacità di coping dipende dalla
qualità dei tre fattori del senso di coerenza:
- Prevedibilità - orientamento
- Maneggiabilità – strumenti per interagire
con...
- senso, significato emozionale – fiducia,
motivazione, fede
per il bambino: quando capisco cosa succede,
come funziona, quando sperimento i miei strumenti e ottengo risposta, quando mi sento amato
e riconosciuto, la vita ha senso e può essere affrontata.
I bisogni del bambino:
- essere orientato (dargli spiegazioni,
rispondere ai suoi segnali)
- essere messo in grado di usare le sue
competenze
- essere amato, accudito, accolto
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Un caso clinico
Elisa è una giovane psicologa che lavora in un
reparto di psichiatria in pronto soccorso. Aspetta il suo primo bambino. Presto il bambino le da segni di agitazione e Elisa sente vari
dolori nel corpo, in particolare alla sciatica.
Anche i movimenti del bambino li percepisce
come dolorosi. Prova a restare qualche giorno
a casa, ma non ce la fa a rimanerci anche se
al posto di lavoro c’è apertura verso i suoi bisogni. Ha sempre lavorato tanto e si sente in
colpa, rimanendo “inattiva”. A 36 settimane,
improvvisamente muore la sua nonna alla
quale era legata molto. Quest’evento coincide con un’assenza per lavoro di suo marito.
Nonostante il lutto, il sovraccarico e il sostegno mancante lavora fino a 38 settimane e
partorisce a 39 a casa, con un parto violento,
ma veloce, tipo vulcano. Alessandro viene accolto, allattato, ma piange spesso. Ha difficoltà ad addormentarsi
e spesso, quando Elisa lo mette al seno, lo respinge con tutte e due le manine, urlando.Dà
chiari segni di distress. Pian piano Elisa, che
si dedica molto (è abituata al superlavoro),
scopre che, se lo attacca al seno prima che
piange dalla fame, prima che entri veramente in distress, Alessandro riesce ad alimentarsi bene e anche ad addormentarsi per brevi
sonnellini. Parliamo insieme del problema.
Elisa si rende conto dell’imprinting della gravidanza. Esploriamo insieme le buone possibilità di recuperare ancora la condizione di Alessandro e Elisa si organizza, porta il bambino sempre nel telo, con accesso libero al seno. Nel giro di un paio di mesi, Alessandro è
molto più tranquilla, dorme quasi tutta la
notte e la loro danza simbiotica si è armonizzata. Elisa si sente investita a tempo pieno
nella maternità e non può neanche immaginarsi al momento di riprendere il lavoro.
Spigolature
L’Uomo Ragno
E’ possibile che il vedere
l’Uomo Ragno camminare su
una parete a quattro palme ci
faccia ritrovare degli automatismi motori di quando eravamo
un feto?
Oppure che una sensibilità
sovrumana, che per il personag12 Newsletter ANEP Italia
Edi Migliorini
gio di Spyderman è detta “senso
di ragno”, ci richiami un tipo di
sensibilità intrauterina?
O che un filo di ragnatela diventi filo conduttore per farci rivivere delle esperienze prenatali?
Oggi, alla luce delle mie esperienze, credo proprio di sì.
Pochi personaggi, che la fantasia
ha fatto nascere con le vesti di
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super eroi, hanno un grande impatto emotivo sui bambini e sui
ragazzi quanto l’Uomo Ragno.
Un impatto simile è possibile solo quando l’eroe protagonista ha
delle caratteristiche, qualità e capacità, nelle quali lo spettatore si
possa in un qualche modo identificare, rivivendo emozioni profonde alle quali poter dare corpo,
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espressione e con le quali interagire.
Da tempo ormai gli studi sulla
vita prenatale hanno sondato gli
aspetti psicologici di questa importante fase della vita di ogni
essere umano. Mirabili sono le
ricerche condotte dal Dott. Ludwig Janus sulle connessioni tra
la pittura e le emozioni della vita
prenatale. E’ evidente che, se
l’inconscio è in grado di dirigere
il pennello dell’artista, allo stesso modo può guidare l’ideazione
di un personaggio dei fumetti.
Uno dei personaggi più chiari da
rileggere dal punto di vista di
queste considerazioni è sicuramente quello dell’Uomo Ragno.
Quasi tutti i suoi “poteri” hanno,
nelle pieghe della nostra memoria più sedimentata, una corrispondenza con una realtà vissuta
e sperimentata.
Proviamo a scorrere insieme le
sue caratteristiche principali.
La capacità di camminare facilmente sulle pareti sia con i
piedi sia con le mani.
Quando un bambino, in uno stato
di incanto e stupore, vede
l’Uomo Ragno muoversi agilmente su qualsiasi tipo di parete
utilizzando indifferen-temente le
quattro palme, “sente” che anche
lui è capace, o meglio, è stato
capace di fare altrettanto.
Quando? Quando era nell’utero
di sua madre e gli era molto facile camminare lungo le pareti intrauterine. Oppure, proprio come
vede fare all’Uomo Ragno,
quando anch’egli sapeva saltare
da una parete all’altra.
La capacità di produrre e utilizzare la ragnatela, sia per
gli spostamenti, sia in altri
modi.
Che dire poi della ragnatela, utilizzata dall’Uomo Ragno sopratNewsletter ANEP Italia
tutto come mezzo per spostarsi
più agilmente da una parete
all’altra?
In essa un bambino non potrebbe
ritrovare le sensazioni che provava quando per lui il cordone
ombelicale diventava uno strumento al quale aggrapparsi sentendosi ancora più leggero
all’interno dell’utero ed anche
come un aiuto per spostarsi o
cambiare posizione?
Altri personaggi dei fumetti sono
in grado di riattivare questa memoria profonda. Potrei, ad esempio, citare Tarzan che, utilizzando le liane per spostarsi da un albero all’altro, fa maggiormente
risaltare l’inter-pretazione lianacordone ombe-licale e alberoplacenta. Tarzan vive in una Madre Foresta che non gli fa mai
mancare una liana per ogni suo
balzo.
Anche Dare Devil è un personaggio dotato di uno strumento
di spostamento simile alle liane
per muoversi tra i grattacieli.
Il senso di ragno.
Trattando questo ulteriore aspetto entriamo in un campo particolarmente affascinante. Per chi
non lo sapesse il “senso di ragno” è, per Spyderman, la capacità di avvertire un pericolo, o
sentire che si sta avvicinando
all’oggetto delle sue ricerche
quando ancora la vista, in primis,
e gli altri quattro sensi non possono dargli alcuna informazione.
E’ un po’ come una capacità paranormale.
Ma come possiamo mettere tutto
ciò in relazione con la nostra vita
prenatale? Com’è possibile avere
già sperimentato qualcosa di
simile?
Gli studi sul prenatale portano,
oltre che a ipotizzare, anche a ritenere che le connessioni e interazioni sul piano mentale tra la
madre ed il bambino intrauteriwww.anep.org
no, si situino anche a livello di
fusione tra intere porzioni
d’inconscio dell’una con quelle
dell’altro; ossia la madre porge
al bambino una propria mappa
che lo aiuta a strutturare il suo
inconscio,
coaudiuvandolo
nell’elaborazione di emozioni e
protopensieri. Quindi il bambino
è nella condizione privilegiata di
percepire ed elaborare emozioni
e pensieri, che non gli giungono
unicamente dall’esperienza dei
suoi cinque sensi, ma gli arrivano
anche
da
una
preelaborazione psichica della madre e costruiscono in lui una sensibilità speciale, che potremmo
definire paranormale. Quasi come se anch’egli fosse dotato di
una sorta di “senso di ragno” che
lo pone in grado di percepire
l’ambiente circostante, senza gli
occhi fisici e, come per l’Uomo
Ragno, indifferentemente di
fronte a sé o alle proprie spalle.
I due personaggi citati a corollario ci aiutano a rafforzare queste
ipotesi. Anche Tarzan è dotato di
una facoltà extra-sensoriale :
possiede la capacità-sensibilità di
parlare con gli animali.
Dare Devil è addirittura cieco.
Tuttavia la perdita della vista
quando era ancora ragazzo, per
motivi che ora non è il caso di
spiegare, si è trasformata in un
radar interno che gli fa percepire
gli oggetti attorno a lui meglio di
quanto potrebbero fare due occhi
sani.
Anche il bambino prenatale non
è in grado di vedere il mondo esterno al pancione con i propri
occhi fisici, però è in grado di
percepirlo attraverso la madre e
le sue emozioni, quasi come lei
fosse un radar.
Quindi in Dare Devil è intuibile
il collegamento tra il suo tipo
speciale di cecità e vista prenatale.
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Spesso i super eroi entrano in
contatto con dei “colleghi”
anch’essi in calza maglia. E’ forse un modo per rievocare e farci
rivivere delle fasi della vita prenatale nelle quali alcuni di noi
sono stati in contatto con un fratellino o una sorellina che, interagendo con noi nell’utero di nostra madre, erano anch’essi ammantati di una calzamaglia-sacco
amniotico?
Le capacità insospettabili del
feto-Uomo Ragno.
Perciò, un ragazzo che in un
momento di fantasia incantata
vede ed elabora le gesta di questi
suoi eroi, che evocano in lui dei
ricordi profondi ed inconsci, sente che in un qualche modo tutto
ciò egli lo ha già vissuto e facilmente se ne immedesima.
Il costume dell’Uomo Ragno.
Faccio anche una piccola digressione dagli aspetti più interessanti di questo tema. Il costume dell’Uomo Ragno è rosso
e blu, con delle venature di nero
per richiamare il disegno della
ragnatela. Forse ciò non è casuale, visto che sono gli stessi colori
generalmente
utilizzati
per
schematizzare la circolazione
sanguigna, rosso per le vene e
blu per le arterie.
Inoltre il disegno della ragnatela sul costume potrebbe anche evocare il reticolo dei vasi
sanguigni. La percezione della
circolazione sanguigna è presumibile che sia molto più intensa
nell’esperienza di un feto che
non in quella di un adulto, dotato, tra l’altro, oltre che di una
14 Newsletter ANEP Italia
pelle più spessa, anche di una
sensibilità molto più attutita.
Chi ha disegnato e scelto i
colori di Spyderman? La mente o
l’inconscio del disegnatore?
Il costume calzamaglia e la relazione col sacco amniotico.
Se
dovessimo
proseguire
sull’onda delle considerazioni
sopra esposte, il passo successivo potrebbe essere quello di ipotizzare una spiegazione nuova
sul fatto che molti super eroi indossino una calzamaglia e,
quando questa è indossata, solo
allora manifestino i propri super
poteri.
E’ possibile che un bambino,
ogni volta che vede il suo personaggio preferito calarsi nella calzamaglia, che lo rende irriconoscibile alla gente comune, e da
quel momento inizia a manifestare i suoi super poteri, rievochi
la memoria corporea di quando
anche lui, avvolto nel manto del
sacco amniotico, irriconoscibile
agli occhi della gente comune,
era dotato di super poteri simili a
quelli dell’Uomo Ragno?
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A questo punto prende sempre
più corpo una riflessione affascinante e, per certi versi, sconvolgente.
Sappiamo che l’Uomo Ragno,
come molti altri super eroi, ha
un’identità sconosciuta. Nessuno
sa chi è. Nessuno sa che il suo
vero volto è quello di uno studente come tanti, con problemi
economici e di relazione, nessuno sa che quello è il volto di un
grande eroe. Egli, rifuggendo la
gloria, da il meglio di sé una volta calzato il costume, operando e
prodigandosi senza sosta per il
bene della collettività nella quale
vive.
Quest’ultimo aspetto ci pone di
fronte a un’ipotesi ed anche a un
grande interrogativo.
Il feto, che la gente comune considera un essere inerme, incapace
di provvedere al proprio
sostentamento, esclusivamente in
grado di ricevere il nostro amore
salvifico senza essere a sua volta
capace di relazionarsi a noi, che
viviamo
senza
calzamaglia
all’esterno del pancione, se quel
feto così incapace fosse invece
un grande essere che, ammantato
del proprio sacco amniotico, emana egli stesso amore?
Se fosse dotato di capacità relazionali insospettabili, potrebbe
rivelarsi un catalizzatore dei moti
più elevanti dell’animo umano
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che poi, per vie misteriose ritorneranno a noi non riconosciuti
nella loro provenienza?
Oggi sappiamo che egli, celato
nel suo sacco, opera miracoli
sulla biochimica della madre,
sulla sua produzione ormonale e
su un’infinità di altri aspetti anche psichici.
E’ possibile che il personaggio
dell’Uomo Ragno sia una via,
suggeritaci dall’inconscio, per
ridare dignità e spessore a delle
esperienze realmente vissute e
che la scienza non ha ancora trovato tutte le parole adatte per
esprimerle. Personaggi come
l’Uomo Ragno sono il linguaggio che il nostro inconscio utilizza per celebrare quelle emozioni
provate durante la vita uterina
quando, immersi nell’oscurità,
noi partecipavamo alla vita dei
nostri cari e incanalavamo fontane d’amore verso nostra madre e
arcobaleni di luce verso nostro
padre.
Forse quanto detto finora sarà
servito a far riflettere qualcuno,
oppure, per qualcun altro, sarà
stato solo un volo della fantasia.
A volte, ci sono dei bambini che
soffrono di gravi handicap a livello della comunicazione, bambini per i quali psicologi e psicoterapeuti non sanno bene cosa
fare per dare loro un aiuto concreto.
Se però questi bambini manifesteranno una grande passione per
personaggi come l’Uomo Ragno,
forse, alla luce di quanto detto
sopra, ci sarà una possibilità in
più per capirli e facilitarli nella
comunicazione di ciò che ci vogliono veramente dire.
Sono aperte le iscrizioni all’ANEP
per il 2013…
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Numero 1 • gennaio 2013
15
ALLA SCOPERTA DEL PADRE
Evelyne Disseau
La gravidanza si vive in due dal momento in
cui l'atto sessuale ha creato il nuovo essere
umano.
Forse non è ancora del tutto così... ma
qualcosa cambia nell'atteggiamento dei futuri
padri!
Fino a pochi anni fa la donna viveva la
gravidanza da sola o con le altre donne della
famiglia.
Era, come si dice, un affare di donne.
Oggi il futuro padre chiede di partecipare alla
gravidanza e cerca di essere "riconosciuto"
come padre, come compagno di vita e vuole
svolgere un ruolo più attivo, essere coinvolto
nell'unione madre bambino in utero. Insomma
finalmente si osa parlare di "triade"!
Contrariamente a quello che sembrano aver
rilevato le statistiche, le preoccupazioni del
futuro padre non sono soltanto "materiali" e
organizzative, ma sono piuttosto quelle di
diventare un padre!
La figura del padre ha ritrovato un suo valore,
non come "padre padrone", ma come "padre
guida”, "padre guru", "padre rispetto", "padre
amore".
Così la gravidanza è vissuta serenamente, non
è più solo un prodotto della procreazione con
un padre spettatore, ma un progetto di vita, un
progetto fatto dai due genitori per formare
insieme una famiglia.
Tutore Prenatale, organizzo da molti anni
come sezione Anep dei corsi di Educazione
Prenatale per le coppie di futuri genitori.
Mi è venuta l’idea di organizzare anche un
incontro per i soli futuri papà, perché durante il
corso avevo osservato una mancanza di libertà
nell’espressione dei loro problemi, pensieri,
sentimenti. Percepivo che volevano saperne di
più su tante cose, ma che non osavano
chiederlo davanti alle loro compagne.
Sono rari i futuri padri che rifiutano di
partecipare all’incontro dei papà.
Sono sempre emozionata quando mi ritrovo
con loro. Forse sento per empatia la loro
emozione. Infatti, davanti a me ho delle
persone silenziose, attente, ma anche timide e
16 Newsletter ANEP Italia
quasi a disagio. Non c’è in loro l’imprenditore,
l’avvocato, lo psicologo, il medico,
l’impiegato, l’operaio, lo studente o altro, c’è
solo un semplice uomo, un futuro padre.
Il primo gruppo di futuri padri a fare da
“cavia” non era per niente omogeneo.
Erano una decina, di tutte le età, da 24 anni a
50 anni…
Si erano già conosciuti nei due primi incontri
del corso insieme alle loro compagne, ma non
erano ancora entrati in confidenza. Mentre
sistemavo le ultime cose, aspettando un
ritardatario, li guardavo con la coda
dell’occhio. Scambiavano qualche parola per
darsi un contegno.
Feci sistemare l’ultimo arrivato e iniziai subito
a formare il gruppo dei futuri padri. Il fatto di
essere in un cerchio abbastanza raccolto
rendeva la comunicazione più facile.
Ogni futuro papà disse qualcosa di sé e perché
era venuto. Il “perché era venuto” era molto
interessante: non sapevano esattamente il
perché! Nel modo in cui lo dissero si
evidenziava chiaramente la loro curiosità, ma
anche una specie di disagio.
Mi sentii in dovere di chiedere “Prima di
iniziare, qualcuno ha delle domande
particolari?” Si guardarono timidamente l’un
l’altro e rimasero in silenzio.
Devo confessare che non me l’aspettavo.
Immaginavo di dover affrontare delle domande
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Numero 1 • gennaio 2013
di persone molto preparate sull’argomento
gravidanza, figlio, genitorialità…
Avevo davanti a me l’esempio dell’umiltà ed è
sempre stato così con i gruppi dei futuri papà
che ho conosciuto nel corso degli anni. I futuri
papà che sono veramente al fianco della loro
compagna e del bambino durante la gravidanza
sono delle persone eccezionali, attente, in un
atteggiamento interiore di ascolto e sono pronti
ad imparare tutto quello che serve per
diventare migliori compagni e buoni padri.
E’ vero che questo incontro mira a chiarire la
figura del padre, ma non bisogna sottovalutare
il vissuto dell’uomo durante la gravidanza
accanto a una donna che non è più la ragazza
di prima. Inizio sempre con l’esposizione dello
stato fisico ed emozionale della donna in
gravidanza. Man mano che parlo della loro
donna, osservo il loro interesse crescere e
qualcuno perfino m’interrompe per dire “è
vero, è proprio così!”. Vedo dalle loro
mimiche che scoprono il motivo del
cambiamento della loro compagna e che sono
sollevati di constatare che accade alla maggior
parte delle donne in gravidanza. Insieme
cerchiamo il modo migliore per venirle
incontro. L’uomo non ha la stessa sensibilità
della donna, ma deve rendersi conto che in
questi mesi la futura mamma ha necessità di
comprensione. L’uomo deve avere la pazienza
di sopportare i suoi cambiamenti di umore, i
suoi pianti improvvisi, i suoi rimproveri.
L’atteggiamento che gli suggerisco è di
prenderla tra le braccia e di cullarla in un
lungo abbraccio, di farle sentire la sua
presenza, il suo amore incondizionato.
Quando pongo la domanda: “chi fa i
complimenti alla sua compagna alzi la mano!”
Mi stupisco sempre di scoprire che quasi
nessuno li fa. Eppure questi complimenti sono
necessari, perché la donna in gravidanza non
sempre si sente bella, anche se lo è… Per
l’uomo è una scoperta, non ci pensa a queste
semplici cose. Li vedo tutti sorpresi. Spiego
che la donna ha bisogno di essere rassicurata,
che un complimento fatto al momento
opportuno può fare dei miracoli sul suo umore.
Arriva il momento in cui parlo delle relazioni
sessuali in gravidanza. Questo argomento è
abbastanza tabù, ma se nessuno accenna al
problema, tutti sperano che ne parlerò. Molto
pudicamente ascoltano il mio discorso che
sembra essere piuttosto esauriente. Hanno due
preoccupazioni: sapere se le relazioni sessuali
possono avere un’influenza negativa sulla
gravidanza e sul bambino, e quale
atteggiamento devono avere in caso di
scatenamento o di frigidità sessuale della loro
donna.
La paura di danneggiare la gravidanza può
rendere momentaneamente impotente un uomo
e creare una situazione molto sgradevole nella
coppia. Questa volta è l’uomo che deve essere
rassicurato…
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