La crisi di liquidità in Italia. di Antonio Forte

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La crisi di liquidità in Italia. di Antonio Forte
La crisi di liquidità in Italia.
di Antonio Forte
Qualche settimana fa ho pubblicato uno studio sui problemi di liquidità presenti nell’area Euro.
Nelle settimane seguenti le autorità di politica monetaria hanno messo in atto diverse misure per
contrastare il fenomeno che avevo evidenziato anche se attualmente la situazione sembra
ulteriormente deteriorata. Il primo intervento, annunciato il 30 novembre 2011, ha visto coinvolte
Federal Reserve, Banca Centrale Europea, Banca del Canada, Banca d’Inghilterra, Banca del
Giappone e Banca centrale svizzera. Esse hanno raggiunto un accordo per ridurre di 50 punti base il
prezzo degli swap in Dollari. Altri interventi sono stati annunciati ad inizio dicembre dalla BCE
sempre con il fine ultimo di iniettare nuova liquidità nel sistema bancario e di migliorare le
condizioni degli istituti di credito. In primo luogo, è stato ridotto il tasso sulle operazioni di
rifinanziamento principale portandolo all’1 per cento. Si sono annullati gli aumenti effettuati nel
corso dell’ultimo periodo del mandato di Trichet. In contemporanea è stato ridotto dal 2 all’1 per
cento il coefficiente di riserva obbligatoria, che non veniva modificato dal 1999. Sono state
annunciate due aste straordinarie di finanziamento a lungo termine, 36 mesi, e la BCE ha
modificato la natura dei titoli che le banche possono portare a garanzia. Tutti questi provvedimenti
hanno avuto due obiettivi precisi. Il primo era la riattivazione della circolazione dei prestiti nel
mercato interbancario. Il secondo obiettivo è quello di favorire l’acquisto dei titoli dei Paesi che
stanno registrando crisi di fiducia del debito, sfruttando il possibile co-interesse delle banche che
adesso possono utilizzare questi titoli di stato come collaterale proprio nelle aste a lungo termine
della BCE.
In questo contesto di crisi di fiducia, caratterizzato in Italia anche da ulteriori fattori negativi, ci è
sembrato interessante analizzare la situazione delle banche italiane prima della realizzazione di
queste ultime misure. Per capire se nel nostro Paese erano in corso problemi sul fronte della
liquidità bancaria.
Nello specifico, ci siamo chiesti se la crisi italiana del debito e la crisi di fiducia verso le banche
italiane, che posseggono molti titoli di stato nazionali, abbia avuto un impatto specifico sulla
liquidità e sul suo costo per il sistema bancario italiano.
Per analizzare questo fenomeno ci focalizziamo su due indicatori. Il primo è l’ammontare di
finanziamenti che le banche italiane richiedono alla BCE. Ne analizzeremo sia l’ammontare
assoluto, con il suo andamento nel tempo, sia la sua quota rispetto al totale dell’area Euro.
Il secondo indicatore è rappresentato dal differenziale tra i tassi interbancari europei, cioè i tassi
Euribor su diverse scadenze, e i tassi interbancari italiani, registrati sul mercato E-Mid. Questo
indicatore può fornirci una prova ulteriore della crisi di liquidità, in quanto rappresenta il
differenziale di costo tra la raccolta di fondi sul mercato interbancario dell’area Euro e la raccolta
sul mercato domestico.
La situazione è quella rappresentata nei grafici seguenti.
La figura 1 mostra l’andamento del valore dei finanziamenti ottenuti dalle banche italiane alle aste
di rifinanziamento a partire dal gennaio 1999. I dati forniti dalla Banca d’Italia non lasciano spazio
a dubbi. Negli ultimi mesi le banche italiane stanno attingendo sempre maggiori quantità di risorse
sfruttando il canale di finanziamento diretto della BCE. La situazione ha cominciato a destare
preoccupazione a luglio 2011. Infatti, rispetto a giugno 2011 l’ammontare richiesto dagli istituti di
credito alla BCE raddoppiò in valore. Da allora ogni mese ha visto raggiungere un nuovo valore
massimo. Già questo primo indicatore ci mostra un evidente stato di difficoltà degli istituti italiani.
Basti pensare che il dato del novembre 2011 è oltre 5 volte superiore a quello del novembre 2010.
Il dato assoluto è sicuramente indicativo della condizione, ma deve essere opportunamente
corredato anche dalla quota che esso rappresenta nel contesto dei finanziamenti erogati dalla Bce.
Nella figura 2 presentiamo il rapporto tra i Prestiti in Euro alle istituzioni creditizie dell’area
dell’Euro per fini di politica monetaria, tratto dal bilancio della Banca d’Italia, e il valore delle
Open Market Operations (escluso il Securities Markets Programme) pubblicato dalla Banca
Centrale Europea. Il risultato, utilizzando i dati di fine mese, supporta in modo deciso l’idea che
attualmente il sistema bancario italiano sia alla ricerca di liquidità in modo inconsueto rispetto a ciò
che succedeva fino a qualche mese fa. Se per un lungo periodo questo rapporto ha oscillato intorno
ad un valore del 5 per cento, nella 2011 si è cominciato ad assistere ad un cambiamento radicale.
Nel primo semestre c’è stata una crescita fino a livelli del 10 per cento. Nella seconda parte
dell’anno l’indicatore è schizzato verso l’alto. L’ultimo dato disponibile, novembre 2011, pone
questo rapporto poco sopra il 29 per cento.
Figura 1: andamento finanziamenti banche italiane presso BCE, milioni di Euro.
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Fonte: elaborazioni personali su dati Banca d’Italia.
Questa evidente situazione di tensione si è immediatamente trasmessa al mercato interbancario
nazionale. La figura 3 mostra il differenziale tra tassi Euribor a 1 mese, 3 mesi e 6 mesi e i tassi, di
pari scadenza, registrati nel mercato E-Mid. Si nota, anche in questo caso, che il differenziale è stato
pressoché nullo dalla creazione dell’Euro fino alla seconda metà del 2007. Da lì in avanti si è
cominciata a vedere qualche differenza tra tassi italiani e tassi Euribor. Questa differenza ha
registrato un primo picco nel periodo successivo al fallimento di Lehman Brothers, fine 2008, poi si
è attraversato un periodo di calma (apparente) fino a metà 2010. Da metà 2010 in avanti, quindi
molto prima rispetto alla crisi del debito italiana, i segnali che provenivano da questo indicatore
mostravano un graduale incremento del differenziale tra tassi sul mercato interbancario nazionale e
tassi interbancari europei. Questo ampliamento è proseguito in maniera quasi costante fino alle
ultime rilevazioni e, per ora, sia il primo taglio dei tassi sia gli annunci di provvedimenti a sostegno
delle banche non hanno sortito effetto. Solo per dare un’idea della situazione, si pensi che il tasso a
3 mesi italiano in ottobre era pari al 3 per cento mentre l’Euribor di pari durata è stato fissato
all’1,58 per cento. Prendere fondi a 3 mesi sul mercato interbancario italiano costa il doppio rispetto
agli scambi che definiscono l’Euribor. Questo dato ci fornisce in modo diretto la difficoltà che sta
attraversando il sistema bancario nazionale.
Figura 2: Andamento quota dei finanziamenti delle banche italiane presso la BCE rispetto ai
finanziamenti totali1
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Fonte: elaborazioni personali su dati Eurostat e Banca d’Italia.
Figura 3: differenziale tra tassi sul mercato interbancario italiano ed europeo
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differenziale su tasso a 1 mese
differenziale su tasso a 3 mesi
differenziale su tasso a 6 mesi
Fonte: elaborazioni personali su dati Eurostat e Banca d’Italia.
1
La quota è ottenuta ponendo al numeratore il valore dei “Prestiti in Euro alle istituzioni creditizie dell’area dell’Euro
per fini di politica monetaria” tratto dal bilancio della Banca d’Italia e al denominatore il valore delle Open Market
Operations (escluso il Securities Markets Programme) pubblicato dalla Banca Centrale Europea. Dati di fine mese.
L’ultima figura prova a visualizzare l’andamento di due indicatori in modo congiunto. Nello stesso
grafico si mostrano il differenziale a tre mesi tra tassi italiani ed Euribor e l’andamento dei
finanziamenti della Bce al settore bancario italiano. In questo caso il grafico mostra dati a partire da
gennaio 2006. La correlazione tra i due indicatori è evidente soprattutto nell’ultimo parte del
grafico. Nel periodo post Lehman si nota l’aumento della liquidità richiesta alla Bce e un piccolo
incremento dei tassi di interesse. In quel periodo, evidentemente, la maggior liquidità delle banche
italiane era stata richiesta per motivi precauzionali, ma non era legata a situazioni negative
endogene.
Invece, da gennaio 2011 gli indicatori raccontano una storia diversa. Entrambi mostrano un deciso
peggioramento.
La speranza è che l’accresciuta quantità di liquidità messa a disposizione dalla Bce, soprattutto
attraverso le aste a lungo termine, riesca a produrre un effetto calmierante sui tassi del mercato
interbancario italiano riducendo, al contempo, i pericoli che una carenza di liquidità
nell’interbancario possa provocare danni peggiori.
Le prossime settimane e i prossimi mesi ci riveleranno se le misure adottate saranno state efficaci.
Figura 4: differenziale a 3 mesi su tassi e ammontare di finanziamento banche italiane
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differenziale su tasso a 3 mesi
rifinanziamento banche italiane
Fonte: elaborazioni personali su dati Eurostat e Banca d’Italia.
AF 02/01/2012
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