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15 aprile 2004 delle ore 15:02
Walking progress!
Incontro con Richard Long, artista-filosofo sia nella pratica artistica sia nelle conversazioni sui
suoi lavori. In occasione della sua mostra al Pac insieme all’artista tribale Jivya Soma Mashe il
“grande camminatore” illustra alcuni concetti. Per spiegarci le basi teoriche della sua Land-Art
concettuale...
Richard Long (Bristol, Inghilterra, 1945) è
davvero un esempio di artista che “assomiglia”
alla sua arte. Appare in gran forma e si presenta
al Pac in abbigliamento casual e con scarpe da
“camminatore”, come fosse pronto per uno dei
suoi “walking”; inoltre parla con piacevole
lentezza e manifesta una calma un po’ ascetica.
Si sottopone alle interviste con grande
gentilezza e affabilità, appare interessato a
discutere con nuovi interlocutori della sua
poetica.
Qual è il ruolo della spiritualità nelle sue
opere? In particolare i suoi cerchi di pietre
possono sembrare segni di culto (altari,
totem). In questo caso, cosa venerano o
celebrano?
No, per me non sono altari e non c’entrano con
la venerazione. Penso però che i cerchi siano
immagini archetipiche davvero forti, profondamente
radicate nella nostra coscienza.
Ma cosa è, per lei, il ‘cerchio’?
Per me è un’idea platonica, un’idea umana
perfetta che porta con sé molte diverse
possibilità. Posso camminare in un cerchio,
posso fare un cerchio di pietre, di fango, posso
fare un cerchio con l’acqua... E’ un’idea molto
pura, semplice; poi, posso sovrapporgli molte
connotazioni diverse.
E’ limitante l’esposizione museale e nelle
gallerie delle sue sculture o riesce a conciliare
la natura delle sue opere con questi luoghi?
No, non è limitante... Domanda interessante...
Certo, posso fare i miei lavori nel paesaggio, in
tutto il mondo, ma le persone entrano in contatto
con l’arte nelle gallerie e nei musei. Dunque è
importante per me mostrare quello che faccio
nelle gallerie e nei musei.
Dunque non lo vive come un problema?
Per me non è un problema, è la realtà della
comunicazione. E’ così anche per il mio sito
internet e per i miei cataloghi, le persone
entrano in contatto con ciò che faccio in molti
modi diversi, tramite i libri, le mostre... Questo
è il motivo per cui la fotografia è importante, io
posso fare un’opera in India e la si può vedere
in fotografia a Milano... Uno degli aspetti più
importanti per gli artisti è la comunicazione, e
un museo o una mostra fanno parte della
comunicazione.
Impermanenza e deperibilità: inconvenienti
o elementi topici e fondanti della sua poetica?
Penso che sia la realtà della nostra vita in questo
mondo. Noi siamo impermanenti, noi nasciamo
e moriamo. Mi piace pensare che i miei lavori
riflettano queste dinamiche. Ma per quanto
riguarda i miei lavori posso influire sulla loro
durata, se dureranno due minuti o resteranno
nel mondo per altro migliaio d’anni. Se faccio
un cerchio di pietre forse quel cerchio durerà
per centinaia d’anni, oppure se le pietre saranno
sparpagliate il cerchio sparirà ma le pietre
rimarranno... Ci sono diversi modi in cui l’arte
può essere non solo un’immagine ma rimanere
nel mondo. E bisogna anche dire che le idee
sono eterne, le opere possono scomparire ma le
idee restano per sempre.
In quale luogo di Milano o dell’Italia le
piacerebbe posizionare una delle sue
sculture all’aria aperta?
Uno dei miei luoghi preferiti sono le Dolomiti.
Ha già avuto modo di lavorarci?
Si ho già fatto dei lavori lassù. Sono ancora là
ma non dico dove...
articoli correlati
Long alla galleria O’Neill di Roma
Long al Mart
link correlati
Il sito di Richard Long
stefano castelli
intervista realizzata il 16 marzo 2004
Mostra “Richard Long-Jivya Soma Mashe. Un
incontro in India”
Milano, Pac
Via Palestro, 14
Tel: 02-76009085
9.30 - 19.00 da martedì a domenica - giovedì
fino alle 22.00 - chiuso il lunedì
fino al 6 giugno 2004
indice dei nomi: Stefano Castelli, Jivya Soma
Mashe, Richard Long
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