“Abitare solidale”, e l`anziano con l`appartamento troppo grande

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“Abitare solidale”, e l`anziano con l`appartamento troppo grande
“Abitare solidale”, e l'anziano con l'appartamento troppo
grande convive con la giovane coppia (che lo assiste)
di Giovanni Maria Bellu
Fa parte dell'esperienza comune: ci sono persone anziane che, rimaste sole dopo il
matrimonio dei figli o la morte del coniuge, vivono in appartamenti enormi, del tutto
sproporzionati rispetto alle loro esigenze e anche costosi da mantenere. E,
contemporaneamente, ci sono persone giovani che non possono permettersi di pagare un
affitto. “Abitare Solidale” – un progetto avviato a Firenze nel 2009 dall'Auser (la Onlus di
promozione sociale costituita nel 1989 dal sindacato dei pensionati della Cgil) – è nato
dall'osservazione di casi di questo genere. E dalla scoperta che le possibili combinazioni di
ospitanti e ospitati sono innumerevoli come le possibilità che l'incontro tra tra problemi li
risolva entrambi.
Idea semplice, ma dall'attuazione complessa. Perché per avviare una convivenza è prima
di tutto necessario stabilire regolare chiare e trovare la forma migliore per garantire che
vengano rispettate. Il modello ideato dall'Auser prevede la stipula, all'avvio della
convivenza, di un “patto di reciproca solidarietà tra le parti” che vincola i contraenti a
rispettare le esigenze reciproche e aiutarsi. Quindi c'è la sottoscrizione di un contratto di
“comodato d'uso gratuito e precario di immobile”, lo strumento giuridico più idoneo a
tutelare questo tipo di accordo: non prevede alcun canone di locazione né alcun termine,
perché la durata della convivenza è legata al permanere delle condizioni previste nel
patto abitativo. Nell'accordo sul comodato è stabilito solo il tempo entro cui dare il
preavviso, nel caso in cui si intenda recedere dall'accordo.
L'idea ha funzionato, come dimostrano i numeri ‐ attualmente le coabitazioni attivate sono
92, col coinvolgimento di 197 persone e 184 famiglie – e i programmi. Infatti
l'associazione Auser di Firenze ha deciso di avviare “una campagna di disseminazione e
trasferimento” di Abitare Solidale in altri comuni.
Il sistema per mettere in contatto la domanda e l'offerta ruota attorno al numero verde
(800.99.59.88) che raccoglie le candidature degli aspiranti “soggetti ospitati” e degli
aspiranti “soggetti ospitanti”. Attraverso una serie di domande viene realizzato un
identikit e quindi, incrociando i vari identikit, si cerca di individuare le migliori
compatibilità. C'è poii la fase della conoscenza e, se tutto va bene, quella dell'accordo. Si
procede con estrema cautela. Basti dire che le 92 coabitazioni attivate sono solo un
quinto delle 550 richieste giunte all'associazione. Per la maggior parte da pensione
anziane, ma anche da donne sole, persone che hanno perso il lavoro, giovani coppie.
Gli abbinamenti possibili sono tanti, e a volte se ne scoprono di nuovi ai quali inizialmente
non si era pensato. Di recente, per esempio, è stata sottoscritto un “patto di reciproca
solidarietà” tra una giovane donna rimasta vittima della tratta e un'anziana signora
bisognosa di compagnia e di una presenza notturna. Già da oltre un anno e mezzo vivono
nella stessa casa un anziano signore con un ritardo cognitivo e seri problemi di relazione
con altri familiari e una signora di origine greca che si è lasciata alle spalle una storia di
violenza domestica, seguita da gravi problemi economici. E sempre da un anno e mezzo
va avanti felicemente la coabitazione di un anziano bisognoso di assistenza leggera e un ex
imprenditore travolto dalla crisi. Da quattordici mesi un ex professionista seguito dal Sert
per problemi di alcolismo divide la sua casa con un agricoltore che si trova nella sua
stessa condizione. I due convivono e, assieme, vanno avanti nel percorso di recupero.
“Abitare solidale – dicono i suoi promotori – è una piccola rivoluzione culturale che ha
portato tanti ricordati soggetti fragili a divenire attori di un riscatto personale e a
ricoprire una nuova centralità sociale”. Potrà estendersi oltre la Toscana e diventare un
modello da applicare anche nel resto del Paese? “Diciamo – risponde Gabriele Danesi, il
coordinatore del progetto ‐ che questo dipende da vari fattori, innanzitutto dalla
sensibilità delle singole Amministrazioni o Unioni di Comuni verso forme innovative di
risposte sociali al disagio abitativo. stessa cosa vale per le associazioni di volontariato e
del terzo settore”.
E' stato intanto predisposto un protocollo d'intesa, totalmente gratuito, da sottoscrivere
tra Auser Abitare Solidale e l'ente o l'associazione interessati alla sperimentazione. “In
base a questo protocollo – spiega Danesi ‐ noi trasferiamo tutti gli strumenti e le
conoscenze atte ad avviare il servizio ed a formare operatori in loco. il cofirmatario si
impegna, invece a mantenere nome e logo invariati”. I primi passi fuori dalla Toscana sono
stati già compiuti: a Roma, in provincia di Reggio Emilia e a Trieste.
27 giugno 2014