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TITOLO VOLUME
STARE
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Adriano ROCCUCCI
La Russia non vuole integrarsi in Europa. Storia e cultura
la collocano a presidio della frontiera fra Oriente e Occidente,
a difesa della sua orgogliosa alterità. Sovranismo ed elitismo
ne sono la cifra. Meglio prenderne atto che fingersi omologhi.
L
E RELAZIONI TRA RUSSIA E OCCI-
dente vivono una stagione di difficoltà e di tensioni. Gli anni della perestrojka di
Mikhail Gorbačëv e quelli del primo El’cin suscitarono nei governi e nelle opinioni
pubbliche dei paesi occidentali attese ed entusiasmo. Si sgretolava il monolite sovietico con tutto il suo carico di oppressione e violenza, si proclamava il trionfo dei
valori della società liberale, sembrava si fosse attenuata, se non del tutto annullata,
la fiera difesa della diversità russa, che, pur con sensibili differenze, era stato un
elemento di continuità tra il passato zarista e l’esperienza sovietica. Insomma la
Russia sceglieva di essere pienamente europea, finalmente diventava un «paese
normale», accettava di entrare nel novero degli Stati civili. A tal fine, però, doveva
essere educata: l’economia, l’organizzazione dello Stato, la cultura politica, le strutture portanti della società, dovevano essere ripensate e ristrutturate. L’integrazione
della Russia in un ordine internazionale unificato dopo la fine del conflitto bipolare richiedeva un’operazione di riorientamento delle coordinate fondamentali dell’universo culturale russo.
L’integrazione della Russia nell’Occidente, che comportava la sua cooptazione, sebbene non a pieno diritto, nel G7, ma anche l’inizio di un itinerario di avvicinamento alla Nato e all’Unione Europea, doveva avvenire nel segno di un’accettazione senza riserve del modello culturale occidentale. D’altronde la conclusione
della grande sfida lanciata dallo Stato sovietico al mondo occidentale aveva palesato il fallimento del modello bolscevico e di conseguenza, si riteneva, della stessa
ambizione della Russia a un itinerario storico particolare. La via che sembrava fosse da percorrere era quella dell’applicazione di sistemi pedagogici di ascendenza
illuminista: si doveva fare tabula rasa del passato, per utilizzare l’immagine cara a
Leibniz, e partire da zero insegnando e applicando i modelli culturali, economici,
giuridici, politici, che nelle società occidentali si erano dimostrati efficaci. L’Occi-
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dente doveva svolgere in Russia quella che è stata la sua missione civilizzatrice per
eccellenza: educare un popolo e una società, che avevano difeso orgogliosamente
per secoli la loro diversità e la propria autonomia, a un nuovo modello culturale.
È chiaro che le vicende del postcomunismo e il processo di definizione degli
equilibri geopolitici dopo il crollo dell’architettura del mondo bipolare non possono ridursi esclusivamente a dinamiche di carattere culturale. Tuttavia occorre riconoscere che la questione geopolitica dei rapporti tra Russia e mondo occidentale sottende una trama culturale, la cui ignoranza provoca conseguenze di portata rilevante nel campo delle relazioni internazionali. In un certo senso si può affermare che in questo delicato quadro di relazioni tra Stati, ma anche tra universi
culturali, la cultura è geopolitica. In altre parole i nodi culturali costituiscono una
componente di primo piano degli equilibri geopolitici. Oggi essi emergono con
particolare evidenza.
Il riconoscimento di uno status di parità
Gli ultimi anni della presidenza Putin sono stati considerati come una svolta
nella politica estera russa. Il discorso del presidente alla 43a Conferenza per la sicurezza a Monaco di Baviera, il 10 febbraio 2007 è stato la manifestazione pubblica di tale cambiamento. Il senso della svolta, secondo Dmitrij Trenin, presidente
del consiglio scientifico del centro moscovita della Fondazione Carnegie, risiede
«nel ritorno della Russia alla condizione di giocatore autonomo, non legato da
nessuna relazione di subordinazione all’Occidente, sulla scena internazionale» 1. A
suo parere si tratta di una variazione brusca nei toni e nella tattica, ma non nella
strategia della politica estera della Federazione Russa. Il rafforzamento dell’economia e dello Stato realizzato da Putin e la congiuntura internazionale favorevole
agli interessi russi, con l’indebolimento degli Stati Uniti e dell’Unione Europea,
hanno permesso alla Federazione Russa di uscire da una condizione di sostanziale sottomissione. Mosca non rinuncia a un orientamento favorevole al partenariato con l’Occidente ma vuole essere accettata come interlocutore alla pari, in grado di dettare le proprie condizioni per la collaborazione. La posta in gioco sono
le condizioni della cooperazione.
«Monaco e tutto ciò che ne è seguito sono il tentativo di costringere al partenariato alle condizioni del Cremlino. In breve tali condizioni consistono nei seguenti
punti: accettateci tali, quali siamo, e non interferite nei nostri affari interni; mantenete le relazioni con noi alla pari; laddove i nostri interessi si incrociano, la soluzione può essere solo di compromesso. Noi cederemo solo se cederete voi»2. Trenin constata che tale cambiamento tattico ha dato i suoi frutti. Gli interessi della
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1. D. TRENIN, «Rossija i Zapad: ot složnopodčinënnogo k složnosočinënnomu» («La Russia e l’Occidente: dalla subordinazione alla coordinazione»), Ežednevnyj žurnal, 15/1/2008, www.liberal.ru/article_print.asp?Num=733
2. Ibidem.
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Russia sono presi in maggiore considerazione sulla scena internazionale. La questione dei rapporti con la Federazione Russa è tornata al centro dei dibattiti tra
esperti e politici del mondo occidentale. Accanto all’opinione maggioritaria di coloro che continuano a porre il problema della democratizzazione della Russia come metro di misura delle relazioni con Mosca e spingono per un atteggiamento
maggiormente intransigente nei confronti del Cremlino, si è consolidata la posizione di chi ritiene impossibile riuscire a guidare dall’esterno lo sviluppo interno della
Russia e indica la via della Realpolitik, come quella in grado di stabilire relazioni
vantaggiose per l’Occidente.
Quali gli sviluppi di una simile dinamica nelle relazioni tra Mosca e i paesi occidentali? Se il Cremlino riuscirà ad accordarsi con l’Occidente sulle regole del gioco, senza dubbio la Russia acquisterà un nuovo status nelle relazioni internazionali
e rafforzerà la sua sicurezza. Lo scenario più preoccupante, a parere dell’analista
moscovita, è quello, in caso di mancato accordo, di uno scivolamento quasi inerziale verso una situazione di contrapposizione e conflitto che non sarebbe affatto
favorevole agli interessi russi.
In questo quadro la Russia ha abbandonato ogni prospettiva di integrazione
con l’Europa: «L’idea del leader sovietico Michail Gorbačëv di una “casa comune
europea” e la concezione più tarda di un’“Europa allargata” vengono ora considerate come teoriche fantasticherie velleitarie» 3. L’opzione russa è oggi per la sovranità. Da parte occidentale, secondo Trenin, non conviene ignorare le richieste
russe e considerarle secondo giudizi stereotipati. La Russia è un paese troppo importante, per la sua valenza strategica, geopolitica, geoeconomica. A suo parere
la via più opportuna sarebbe quella di trattare con la Russia accettando il metodo
che essa propone: ottenere un accettabile equilibrio di compromesso, senza indulgere in posizioni di principio. Infatti, «le prediche pubbliche dirette alla Russia
dimostrano solo la piena incapacità dei politici americani e dell’Unione Europea
di influire sulla situazione nel paese e danno ai funzionari russi il pretesto di raffigurare queste proteste, perfino quelle fondate, come vuota retorica, concepita per
il pubblico occidentale» 4.
L’alterità della Russia
Alla questione dei rapporti tra universo russo e mondo occidentale, come si è
già osservato, è sottesa una trama di carattere squisitamente culturale. Il rapporto
della Russia con l’Europa, com’è noto, è di grande complessità e non è questa la
sede per una disamina del dibattito culturale su tale tema. Conviene, tuttavia, segnalare che un elemento comune alle diverse posizioni culturali e alle differenti
3. D. TRENIN, «Rossija peresmatrivaet svoju rol’ v mire i svoi otnošenija s Zapadom» («La Russia riconsidera il suo ruolo nel mondo e i suoi rapporti con l’Occidente»), www.liberal.ru/article_print.asp?Num=600. Il testo è la traduzione in russo dell’articolo «Le Business russe entre l’Europe et l’Afrique», Politique étranger, vol. 72, n. 1.
4. Ibidem.
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epoche storiche si può individuare nella percezione dell’Europa da parte dei russi
come Occidente. Quest’ultimo rappresenta ai loro occhi una realtà geopolitica e
un universo culturale e religioso considerati per molte ragioni prossimi al mondo
russo. Ma anche, e forse soprattutto, l’Occidente nel corso della storia russa ha rappresentato «l’altro», con cui i russi si sono dovuti in primo luogo confrontare.
Questo incontro ambivalente con l’Europa/Occidente si è venuto delineando
lungo l’asse portante del rapporto della Russia con il mondo esterno, costituito dalla dicotomia fra i concetti di svoë [il proprio] e čužoe [l’altrui, l’estraneo], individuata da Jurij Lotman e Boris Uspenskij come il perno attorno al quale ha ruotato la
storia della cultura russa 5. Il rapporto fra Russia ed Europa è sempre stato uno dei
temi chiave della riflessione dei russi sulla propria identità nazionale. Gran parte
della stessa autocoscienza nazionale russa si definisce proprio attorno a tale questione. L’Europa è l’Occidente per la coscienza russa e, come ha osservato Lotman,
l’incrinatura tra Oriente e Occidente «passa attraverso il cuore della cultura russa» 6.
«L’atteggiamento verso il mondo occidentale – continua lo studioso russo – è
stato una delle questioni fondamentali della cultura russa nel corso di tutta l’epoca post-petrina. Si può dire che una civiltà estranea interviene nella cultura russa
come uno specchio singolare e un punto di riferimento; infatti, l’interesse verso
«l’estraneo» in Russia tradizionalmente assume il senso di un metodo di autocoscienza» 7.
L’alterità russa all’Europa occidentale è un dato da cui non si può prescindere
per una comprensione adeguata dei rapporti tra Russia e Occidente. È un dato della coscienza dei russi sul loro paese: la Russia non è una parte, ma un eguale dell’Europa, con elementi comuni ad essa, ma anche con sue caratteristiche specifiche. I connotati di civiltà degli slavi orientali e l’enorme estensione territoriale di
uno Stato che ha maturato il suo profilo identitario in una autocoscienza di tipo
imperiale sono alcuni dei tratti di un’identità peculiare.
L’alterità della Russia ha sempre costituito una sfida per l’Europa occidentale:
una sfida politica, una sfida religiosa, una sfida culturale 8. Si tratta di un’alterità
contrastata, meno accettata di quella di paesi e di culture più distanti, quali quelli
asiatici. L’aspirazione a che la Russia diventi un «paese normale», un «paese europeo», cioè in ultima analisi che si occidentalizzi, si è presentata regolarmente nella
storia europea e continua a influenzare analisi, approcci, politiche, provocando
non di rado illusioni ottiche nella comprensione del mondo russo e nell’elaborazione delle politiche. È l’alterità difficile da accettare di un consanguineo. Questa
4
5. Cfr. J.M. LOTMAN, B.A. USPENSKIJ, ««Izgoj» i «izgojničestvo» kak social’no-psichologičeskaja pozicija v
russkoj kul’ture preimuščestvenno dopetrovskogo perioda («Svoë» i «čužoe» v istorii russkoj kul’tury)
[«Il «reietto» e la «reiezione» come posizione socio-psicologica nella cultura russa prevalentemente del
periodo prepetrino («il proprio» e «l’estraneo» nella storia della cultura russa»)], in J.M. LOTMAN, Istorija i
tipologija russkoj kul’tury (Storia e tipologia della cultura russa), Sankt-Peterburg 2002, pp. 222-232.
6. J.M. LOTMAN, «Sovremennost’ meždu Vostokom i Zapadom» («La modernità tra Oriente e Occidente»), in ID., Istorija i tipologija russkoj kul’tury, cit., p. 748.
7. Ibidem.
8. Si veda D. GROH, Russland und das Selbstverständnis Europas. Ein Beitrag zur europäischen Geistesgeschichte, 1961, tr. it. La Russia e l’autocoscienza dell’Europa, a cura di C. Cesa, Torino 1980.
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alterità di un consanguineo non è stata spesso riconosciuta come tale con la sua
dignità, ma ritenuta un’anomalia da correggere. Vittorio Strada ha scritto sull’alterità russa nel XVIII secolo osservazioni che non perdono la loro validità anche
per le epoche successive: «L’«alterità» russa era dunque per l’Europa una mescolanza di simile e di dissimile, di affine e di eterogeneo, di noto e di ignoto. Non
solo, ma questa relativa consanguineità culturale dell’Europa con la Russia non
escludeva, nello stesso tempo, una rivalità e una minaccia, data la gigantesca dimensione di quella nazione che si europeizzava per mantenere e incrementare il
suo ruolo di potenza militare bicontinentale e che proprio allora, con Pietro il
Grande, si trasformava in impero» 9.
Vi è quindi una questione di natura squisitamente intellettuale da affrontare
per guardare da Occidente al futuro dei rapporti con la Russia. Essa riguarda i parametri culturali, le categorie ermeneutiche, le chiavi di lettura con cui si cerca di
conoscere, interpretare e comprendere la realtà del mondo russo. L’applicazione
all’universo russo di parametri, categorie e chiavi elaborati e calibrati sulle misure
delle società occidentali con il loro patrimonio di vicende storiche e sistemi culturali, non può, infatti, che generare illusioni e deformazioni prospettiche, che conducono a cortocircuiti culturali e politici. Su tali fondamenti è difficile riuscire a
mettere a punto politiche in grado di dare risultati.
Un tale approccio deriva dalla consapevolezza dell’alterità russa. Ad essa e
al suo universo culturale vanno applicati i princìpi metodologici che discendono,
per dirla con Giacomo Marramao, dal «disincanto sui risvolti egemonici e suprematistici dell’universalismo occidentale», prodotto dall’etnologia del XX secolo:
«Ogni cultura è un mondo, una costellazione di simboli e di valori da analizzare
innanzi tutto iuxta propria principia: senza proiettare su quell’universo simbolico i nostri parametri culturali» 10. È un principio metodologico che deve essere
applicato in maniera fine, non ideologica, anche all’alterità di un consanguineo
culturale quale è la Russia per l’Europa. Anzi proprio per questa mescolanza di
simile e dissimile tale approccio è ancor più necessario per potere svolgere
un’indispensabile opera di distinzione. Di fronte all’universo culturale russo e all’esigenza di elaborare politiche nei suoi confronti da parte dell’Occidente, in un
quadro di sempre maggiori interconnessioni a livello planetario, è quanto mai
pertinente il richiamo di Andrea Riccardi a un impegno intellettuale volto a capire la complessità: «Proprio ai nostri giorni è necessario più gusto di conoscere.
Ragionare sulla realtà significa imparare a distinguere. Sì, distinguere è fondamentale, per evitare di creare mostri o fantasmi nel laboratorio del nostro pensiero. (…) La storia è decisiva per capire, perché le realtà, le nazioni e le identità
durano nel tempo, anche se cambiano aspetto esteriore» 11.
9. V. STRADA, «Occidente e Russia: dialogo di culture», in A. KRALI, S. ROMANO, V. STRADA, La morte dell’intelligencija russa, Milano 1998, p. 56.
10. G. MARRAMAO, La passione del presente. Breve lessico della modernità-mondo, Torino 2008, p. 38.
11. A. RICCARDI, Convivere, Roma-Bari 2006, pp. 128-129.
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Le politiche occidentali nei confronti della Russia e le analisi che della sua
realtà vengono compiute mostrano sovente un deficit di conoscenza, di spessore
storico, di capacità di distinguere e di discernere l’alterità. I mostri di una Russia
minacciosa e i fantasmi di un ritorno al sovietismo si affacciano non di rado dalle
finestre dei laboratori del pensiero occidentale. Non che non ci siano fenomeni
che destano inquietudine o fondano timori per il futuro nell’itinerario compiuto
dalla Russia in questo ultimo ventennio; tuttavia senza una loro collocazione in
un quadro conoscitivo e interpretativo dell’universo russo che ne sappia distinguere i tratti di diversità, a prevalere sono deformazioni della realtà che inducono a condurre politiche errate.
Stare ai confini
Vi è un altro dato di carattere culturale, non scevro di rilevanti ripercussioni
anche in campo politico, che deve essere valutato in tutta la sua portata per una
comprensione che non sia superficiale della dinamica sottesa alle relazioni tra Mosca e l’Occidente. L’universo culturale russo si distingue per un tratto costitutivo e
costante della sua vicenda storica, quello di essere una cultura di frontiera. Boris
Uspenskij ha osservato come un elemento specifico della cultura russa sia l’essere
allo stesso tempo simile ad altre culture e da esse dissimile. Proprio l’essere una
cultura «di frontiera», secondo lo studioso moscovita, è la particolarità di quella russa, che è sempre stata orientata verso un universo culturale estraneo, dapprima
verso Bisanzio, quindi verso l’Occidente 12. Stare ai confini, come dato genetico
della cultura russa, è in altre parole l’espressione della propensione a una visione
non sintetica, ma antinomica. Sul confine non si crea una sintesi, né si arriva a una
fusione ibrida, ma si permane nell’antinomia, nella presenza di elementi diversi,
opposti, contraddittori, che coesistono, pur contaminandosi reciprocamente, ma
senza recedere dal loro profilo identitario autonomo.
Un senso della frontiera, del confine, come caratteristica costante e costitutiva delle culture, è radicato nell’universo culturale russo. Un pensatore originale
del Novecento russo, Mikhail Bakhtin, ha scritto parole di grande profondità su
tale senso della frontiera, del confine, come caratteristica costante e costitutiva
delle culture: «Non ci si deve, tuttavia, immaginare la sfera della cultura come un
tutto spaziale che ha dei confini, ma che ha anche un territorio interno. La sfera
culturale non ha un territorio interno: essa è tutta disposta ai confini, i confini
passano dappertutto, attraverso ogni suo momento; l’unità sistematica della cultura si estende agli atomi della vita culturale e, come un sole, si riflette in ogni
sua goccia. Ogni atto culturale vive essenzialmente ai confini: in questo sta la sua
6
12. B.A. USPENSKIJ, «Russkaja intelligencija kak specifičeskij fenomen russkoj kul’tury» («L’intelligencija
russa come un fenomeno specifico della cultura russa»), in Russkaja intelligencija i zapadnyj intellektualizm: istorija i tipologija (L’intelligencija russa e l’intellettualismo occidentale: storia e tipologia), materiali del convegno internazionale, Napoli maggio 1997, a cura di Id., Rossija/Russia, 2 (10), 1999, p. 9.
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serietà e importanza; distolto dai confini, esso perde terreno, diventa vuoto e borioso, degenera e muore» 13.
È significativa a questo proposito l’attenzione rivolta da un altro pensatore del
Novecento russo, Pavel Florenskij, nella sua poliedrica attività intellettuale, all’idea
di confine, nel duplice significato «di linea di demarcazione per un verso, e di
membrana semipermeabile, di filtro attraverso il quale può avvenire la comunicazione e l’interscambio tra domini differenti» 14. Per il pensatore russo, sulla scia del
pensiero di Vladimir Vernadskij, il confine è la dimensione in cui si colloca la vita,
che in un certo senso coincide con la stessa linea di confine 15.
Stare alla frontiera, quindi, non è solo difesa e conflitto, ma è anche incontrare l’altro, conoscerlo, comprenderne l’identità e l’universo culturale, lasciarsi
coinvolgere in un processo complesso di comunicazione e interscambio, di reciproca contaminazione che concorre a modellare e consolidare nella loro originalità i profili identitari dei soggetti in dialogo. Il rapporto tra Occidente e Russia
non può che realizzarsi sul confine, che nella sua duplice valenza di margine ultimo e di linea di condivisione con l’alterità è per il mondo russo una dimensione interiore ancor prima che una realtà geopolitica. I due aspetti nell’universo
mentale dei russi si sostengono a vicenda in una visione geopolitica e culturale
del mondo in cui il confine, nella sua duplice valenza, costituisce un riferimento
costante nel tempo anche se con un’idea estremamente mobile delle frontiere
dello Stato russo, spostate sistematicamente durante la sua storia in ogni direzione. Sulla linea del confine si vive il conflitto, ma anche si impara ad accettare e a
rispettare l’alterità; stare al confine genera le contaminazioni, che possono permettere all’Occidente di trovare con la Russia un terreno culturale condiviso con
più efficacia di quanto siano riusciti in questo intento gli esperimenti pedagogici.
D’altro canto, in un certo senso la Russia ricorda all’Europa, la quale sembra
averlo dimenticato, che in un tempo come quello attuale in cui le visioni geopolitiche sono decisive, sapere stare ai confini, in tutte le sue dimensioni, è una capacità culturale e politica di primaria importanza.
Russia in crescita, Occidente in decadenza?
La caduta del «sentire europeo» nell’opinione pubblica costituisce un fatto
rilevante dell’orizzonte culturale e politico della Russia attuale. Secondo un’indagine condotta dal Centro Levada, il 71% dei cittadini della Federazione Russa
non si considera europeo. Sergej Karaganov, influente presidente del Consiglio
per la politica estera e di difesa, autorevole think tank moscovita, ha scritto che
tale calo di simpatia nei confronti del mondo europeo è anche «il risultato della
13. M. BACHTIN, Voprosy literatury i estetiki, Moskva 1975, trad. it. Estetica e romanzo, a cura di C.
Strada Janovic, introduzione di R. Platone, Torino 1979 e 1997, p. 20.
14. S. TAGLIAGAMBE, Come leggere Florenskij, Milano 2006, p. 82. Si veda anche ID., Epistemologia del
confine, Milano 1997, pp. 230-280.
15. Cfr. S. TAGLIAGAMBE, Come leggere Florenskij, cit., p. 95.
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passata politica dell’Europa, che ha portato la fiducia nei suoi confronti vicino
allo zero» 16.
Il quadro geopolitico registra, secondo l’analista russo, un’accresciuta concorrenza tra Russia e Stati Uniti ed anche tra Russia ed Europa. A suo parere la competizione sta diventando la cifra dei rapporti internazionali. Il cambiamento negli
equilibri del controllo sulle risorse energetiche a danno dell’Occidente è stato il
principale fattore di spostamento degli assi di riferimento della politica mondiale:
si assiste, infatti, alla «sconfitta di una delle principali direttrici della politica americana e occidentale degli ultimi sessanta anni, vale a dire il controllo sui paesi fornitori di energia» 17. L’Europa in particolare si è ritrovata dipendente da fonti di approvvigionamento che non controlla e quindi si è scoperta vulnerabile e in una situazione di debolezza nei confronti della Russia. A questa nuova condizione si è
aggiunta la crisi del modello liberaldemocratico, in seguito alla guerra in Iraq e alle
difficoltà del processo di integrazione europea, a fronte della crescita, anche come
modelli concorrenziali, di giganti economici, definiti dagli occidentali come paesi
di capitalismo autoritario, quali, tra gli altri, Cina e Russia 18.
La rinnovata capacità della Russia di difendere i propri interessi sulla scena internazionale costituisce un elemento di sostanziale differenza del quadro geopolitico rispetto agli anni Novanta. Mosca ha superato la propria «sindrome di Weimar».
La nuova linea politica del Cremlino nei confronti dell’Occidente è la conseguenza
dell’errore strategico da parte occidentale di non avere voluto integrare la Russia
quando essa era debole e pronta ad accettare condizioni per lei svantaggiose. Al
contrario, in quegli anni si è condotta una politica di allargamento dell’Unione Europea e della Nato, se non ostile, oggettivamente contraria agli interessi di Mosca.
Il rafforzamento della Russia e la fuoriuscita dalla condizione di subordinazione
nei confronti dell’Occidente sono fenomeni che hanno coinciso con l’indebolimento dell’influenza internazionale dell’Unione Europea, incapace di formulare e
realizzare una politica estera comune. Ne deriva un’acuta sensibilità dei gruppi dirigenti europei che reagiscono con irritazione al sostanziale ribaltamento delle posizioni nelle relazioni con la Federazione Russa. D’altro canto la vicenda irachena
ha inferto un duro colpo alla credibilità degli Stati Uniti e in assoluto del modello
liberaldemocratico. L’indebolimento dei due poli dell’Occidente ha condotto a
un’evidente crescita di influenza della Russia.
Secondo Karaganov le difficoltà nei rapporti tra Russia ed Europa potrebbero
essere sciolte nel quadro di un accordo di reciproca dipendenza in campo energetico, che rafforzerebbe le posizioni di entrambe le parti, ma a scapito dell’influenza
degli Stati Uniti, i quali si oppongono a tale prospettiva cercando in ogni modo di
8
16. S. KARAGANOV, «Rossija. Evropa. Azija» («Russia. Europa. Asia»), Rossijskaja gazeta, 19/10/2007,
www.archipelag.ru/authors/karaganov/?library=2629
17. S. KARAGANOV, Novaja epocha: vmesto vvedenija (Una nuova epoca: al posto dell’introduzione),
10/10/2007, www.archipelag.ru/authors/karaganov/?library=2630
18. Cfr. S. KARAGANOV, «Kakimi budut Rossija i mir čerez 10 let?» («Come saranno la Russia e il mondo
tra 10 anni?»), Komsomol’skaja pravda, 16/8/2007, www.archipelag.ru/authors/karaganov/?library=2631
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rendere spinosi i rapporti russo-europei. L’allargamento della Nato a Ucraina e
Georgia, la collocazione dei sistemi di difesa antimissile in Polonia e Cechia, il sostegno alle posizioni antirusse della Polonia e dei paesi baltici sono alcuni degli
strumenti messi in campo a tal fine da Washington. Le critiche alla Russia per
quanto riguarda un denunciato regresso nel processo di democratizzazione, in
questo quadro, assumono i tratti di un contrattacco occidentale di carattere prevalentemente geopolitico.
Tale frattura nei rapporti con l’Occidente si interseca con un’altra linea di divisione, indicata sulle pagine di Foreign Affairs da Azar Gat: il successo economico
di Russia e Cina profila un modello autoritario di capitalismo in Cina e in Russia,
che può costituire un’alternativa allettante per molti paesi del Terzo Mondo a quello liberaldemocratico, tanto da metterne in dubbio il successo e l’egemonia culturale e politica 19. Tale competizione di modelli, a parere di Karaganov, non riguarda solo l’assicurazione di una superiorità morale, quanto la possibilità di ricentrare
gli equilibri politici ed economici mondiali su l’uno o l’altro blocco di Stati. In questo senso la Russia putiniana esercita già un potere attrattivo nei confronti di paesi
in via di sviluppo e il suo porsi da una parte o dall’altra della competizione sarà
decisivo: «La Russia è uno Stato chiave dal punto di vista della competizione dei
modelli politici e socio-economici, per l’equilibrio politico-militare mondiale, tra i
modelli liberaldemocratico e autoritario di capitalismo»20.
Insomma, secondo l’analisi di Karaganov, gli sviluppi degli ultimi anni hanno
esaltato il ruolo centrale della Russia nella carta degli equilibri geopolitici del mondo. Essa a suo parere si trova alla congiunzione di diverse linee di frattura del
mondo globalizzato: tra islam radicale e mondo cristiano, tra paesi ricchi e paesi
poveri, tra Europa e Asia, tra Occidente e paesi fornitori di idrocarburi, tra modello
liberaldemocratico e modello autoritario di capitalismo. Gli scenari dei rapporti tra
Russia e Occidente vanno dunque collocati in questo quadro. Per la Russia la prospettiva di buone relazioni con l’Europa e gli Stati Uniti rappresenta un obiettivo
importante, soprattutto al fine di favorire una modernizzazione del paese. L’alternativa, infatti, sarebbe quella di diventare la «periferia di una “grande Cina”», con i
cui tempi di sviluppo e di modernizzazione è per Mosca impossibile competere 21.
La Russia, che ha riacquistato una sua forza autonoma, subisce, tuttavia, i contraccolpi dell’indebolimento europeo: «Gli europei», scrive Karaganov, «per la loro debolezza in campo energetico, per la loro debolezza politica interna (che è legata
alla crisi di governabilità e a quella di identità), cercano di mostrare che sono forti.
Cercano di farlo a spese della Russia. La Russia, da parte sua, dichiara che è forte e
che non è disposta a giocare secondo le regole proposte. (…) Un reale rafforza19. Si veda A. GAT, «The Return of Authoritarian Great Powers», Foreign Affairs, 86, 4, July-August
2007, www.foreignaffairs.org/20070701faessay86405-p0/azar-gat/the-return-of-authoritarian-greatpowers.html
20. S. KARAGANOV, Novaja epocha: vmesto vvedenija, cit.
21. Cfr. S. KARAGANOV,, Rossija verchom na razlome (La Russia ai bordi di una frattura), 2008,
www.archipelag.ru/authors/karaganov/?library=2593
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mento dell’Europa aprirebbe le possibilità perché il rispetto nei suoi confronti cresca, tra l’altro anche in Russia, affinché gli europei si sentano più sicuri, e allora
verrà meno la necessità di mostrare i muscoli, esibendo la propria forza in politica
estera, come è avvenuto nel 2007» 22.
Il rischio che Karaganov indica è che prevalga una «militarizzazione» delle relazioni internazionali e che nella politica estera russa si impongano moduli conflittuali antioccidentali tali da condurre a una specie di «farsa» della guerra fredda, con
il conseguente utilizzo a fini militari di risorse da destinare invece alla modernizzazione del paese. Ne deriverebbe uno scenario di forte, se non letale, indebolimento della Russia. Mosca deve imparare a investire sul soft power, sull’abilità a rendere le proprie argomentazioni comprensibili e accettabili, sulla capacità di essere
propositiva nei rapporti con l’Occidente. D’altro canto, non è solo la Russia ad avere necessità di una nuova qualità nelle relazioni mutue: l’Europa di fronte alla sua
debolezza energetica e alla necessità di rafforzare la sua capacità competitiva nel
quadro mondiale, gli Stati Uniti di fronte alle sfide della competizione con la Cina
e a quelle del grande Medio Oriente, non si possono permettere che una Russia di
nuovo forte ostacoli le loro ambizioni. Occorre quindi cambiare l’atteggiamento
nei confronti di Mosca e registrarsi sul nuovo equilibrio dei rapporti di forza. Nel
frattempo la Russia non può stare ad aspettare: «Per educazione e abitudine», scrive
Karaganov, «io sono un europeo e un occidentalista. Ma nelle condizione dell’attuale vicolo cieco in Occidente io inizio a pensare che la via più breve verso l’Europa sia il rafforzamento dei legami della Russia con l’Asia. In primo luogo è vantaggioso. In secondo luogo alle capitali europee non devono restare illusioni che
la Russia non abbia scelte» 23.
Sovranità e missione della Russia
Nel dibattito culturale e politico in Russia negli ultimi due anni non sono mancate le voci che hanno sostenuto la necessità di una scelta a favore di un «isolazionismo moderato» 24. Tale opzione è proposta come una risposta alla sfida della globalizzazione e dei suoi sostenitori che intendono omologare la Russia al modello
dominante. Un profilo autonomo come modello di civiltà costituisce il perno culturale di tale visione della Russia come «Stato-civiltà». L’affermazione e la difesa della particolarità della civiltà russa sono il fine prioritario dell’esistenza della Russia:
«Ciò significa, in primo luogo, la conservazione e lo sviluppo delle diversità socio-
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22. S. KARAGANOV, «Itogi goda: vnešnjaja politika – posledovatl’naja, no ne konstruktivnaja» («Un bilancio dell’anno: la politica estera è stata conseguente ma non costruttiva»), Ež ednevnyj ž urnal,
15/1/2008, www.archipelag.ru/authors/karaganov/?library=2627
23. S. KARAGANOV, Rossija. Evropa. Azija, cit.
24. Michail Jur’ev, Vadim Cymburskij, Boris Mežuev, Michail Remizov sono stati tra gli intellettuali che
hanno sollevato la questione nel corso del 2007: cfr. D. VOLODICHIN, «Perspektiva tysjačeletnego razvitija Russkoj civilizacii. Izoljacionizm i avtarkizm kak nacional’no-orientirovannaja politika» («La prospettiva dello sviluppo millenario della civiltà russa. L’isolazionismo e l’autarchia come politica orientata in senso nazionale»), Političeskij klass, 33, 9, 2007, www.politklass.ru/cgi-bin/issue.pl?id=867
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culturali da tutte le altre civiltà, tra le quali anche dalla civiltà euro-americana; e, in
secondo luogo, la formazione di una base economica che permetta alla Russia di
mantenere una piena indipendenza dal mondo intero e allo stesso tempo di svilupparsi in maniera dinamica» 25.
In altre parole l’accento posto su una prospettiva isolazionistica, altro non è
che la dichiarazione della centralità della categoria di sovranità nel pensiero e nella
prassi politica dei russi. Boris Mežuev, un politologo dell’arcipelago neoconservatore russo, ha esplicitato questo tipo di percezione: «La Russia, dichiarando il suo attaccamento ai princìpi della sovranità, checché ne dicano i suoi ideologi, marca con
evidenza la svolta antieuropea della sua politica» 26. Una divergenza di valori, a suo
parere, deve essere rintracciata nelle relazioni conflittuali tra Europa e Russia. Il riferimento è a quanto sostenuto nell’edizione bulgara di Foreign Policy da Ivan Krastev: «La sostanza dell’attuale crisi non è lo scontro tra democrazia e autoritarismo
(come risulta chiaro dalla storia gli Stati democratici e autoritari possono facilmente
cooperare), ma lo scontro tra lo Stato postmoderno, la cui incarnazione è l’Unione
Europea, e lo Stato tradizionale dell’epoca del moderno, personificato dalla Russia».
In altre parole, chiosa Mežuev, «il “postmodernismo” dell’Europa esclude il sostegno della sovranità e della divisione tra questioni esterne e interne, che è proprio la priorità della politica russa». L’ordine di Vestfalia resta per la Russia il paradigma concettuale di riferimento per la sua visione del mondo e delle relazioni internazionali. Una tale impostazione si scontra con l’incomprensione delle élite europee, le quali, invece, sono animate dalle nuove forme di pensiero transnazionale
e sovranazionale, che postulano proprio il superamento della sovranità. Ne consegue, a parere dell’intellettuale russo, che una qualsiasi forma di integrazione della
Russia in Europa non può che presupporre un radicale ribaltamento delle priorità
dei valori, che il mondo russo non è in grado di accettare.
«Proprio per questo motivo», continua Mežuev, «nel momento attuale la Russia
e l’Europa hanno bisogno di una precisa demarcazione secondo un connotato di
civiltà. Non si deve smettere di fare amicizia e di avere relazioni, bisogna solo non
coltivare l’illusione che in tempi ravvicinati noi potremo guardare alla realtà nello
stesso modo. La Russia non comprenderà mai perché non abbia il diritto di sopprimere il separatismo sul suo territorio con il ricorso alle armi. È poco probabile che
l’Europa riconosca affine uno Stato pronto a mantenere la sua integrità territoriale
a costo di una guerra su vasta scala» 27.
Secondo Svetlana Lur’e, studiosa di etnologia e antropologia attenta ai temi
geopolitici, è piuttosto l’Europa a «diventare sempre più una civiltà separata,
estranea all’America e alla Russia» 28. Il tentativo di unificazione secondo un crite25. Ibidem.
26. B. MEŽUEV, «Vostočnyj ekspress iz Moderna v Postmodern i obratno» («L’orient express dal Moderno al Postmoderno e ritorno»), Političeskij klass, 36, 12, 2007, p. 69.
27. Ivi, p. 80.
28. S. LUR’E, «Konec komforta» («La fine del confort»), Apn, 5/3/2008, www.apn.ru/publications/article19370.htm
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rio unitario omologante ha generato un «mostro» al posto della tradizionale multiformità europea. A suo parere un tale itinerario si concluderà nel vicolo cieco
di un protagonista muto sull’arena internazionale. Obiettivo della Russia dovrebbe essere la destrutturazione della unanimità europea 29. Mosca non può non
pensarsi nel mondo che come grande potenza, un cui connotato fondamentale è
avere una missione da compiere. L’identificazione della missione della Russia
deriva dalla rielaborazione dei codici semantici del proprio universo culturale,
attraverso un processo di confronto e di dialogo con gli altri soggetti geopolitici.
In questo senso alla Russia è necessario essere circondata da interlocutori che
manifestino con chiarezza la loro identità. L’Unione Europea rappresenta invece
un insieme senza identità.
«Nel rapporto con i paesi europei», osserva Lur’e, «che in seguito al loro controverso impegno per l’unità si trasformano per la Russia in un uniforme campo
grigio, la Russia cerca di far manifestare a ognuno di essi la propria natura. Esteriormente sembra che la Russia cerchi di distruggere l’unità europea semplicemente per i propri interessi. In un certo senso è così, ma la politica europea della Russia non si riduce solo a tale tentativo. L’Europa unita è un fantasma che non è diventato (ancora?) un soggetto politico, e pertanto le relazioni con una tale Europa
per la Russia non hanno interesse riguardo alla questione della formazione di una
sua missione in politica estera. Ne consegue che la Russia è indifferente relativamente al ritardo dell’inizio della preparazione del trattato sulla cooperazione strategica con l’Europa. Le relazioni con i paesi europei separatamente hanno adesso
per la Russia molto più significato» 30.
Aleksandr Neklessa ha recentemente scritto dell’esistenza di un progetto storico-culturale della Russia, la cui traduzione nel linguaggio del mondo contemporaneo costituisce un imperativo per la Russia all’inizio del XXI secolo 31. È in altre parole lo stesso tema della missione della Russia a tornare nella riflessione dello studioso russo della globalizzazione. Il profilo di tale missione è segnato dal carattere
di frontiera dell’universo culturale russo, che si pone su un confine «tratteggiato
dalle linee di nuove e vecchie strade transfrontaliere che passano attraverso le civiltà». È questo stare sul confine che definisce e modella la visione del mondo dei
russi e la missione della Russia.
Vi è qui un nodo decisivo del rapporto tra Russia ed Europa. Nella mentalità
occidentale è necessario definire: la Russia è democratica o autoritaria? È Occidente od Oriente? È Europa o Asia? È moderna o postmoderna? Accetta o no i valori
che le vengono proposti per integrarsi nell’universo occidentale? Il confine nella
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29. Si veda S. LUR’E, «Čto za krasnoj liniej?» («Che cosa c’è oltre la linea rossa?»), Političeskij klass, 35, 11,
2007, pp. 83-94.
30. S. LUR’E, «Logika perenosnogo smysla. Rossija načinaet novyj raund igry s Amrikoj i Evropoj» («La
logica del senso figurato. La Russia inizia un nuovo round della partita con l’America e l’Europa»), Političeskij klass, 31, 7, 2007, www.politklass.ru/cgi-bin/issue.pl?id=838
31. Cfr. A. NEKLESSA, «Vektor sud’by Rossii – eë kul’turno-istoričeskij proekt» («Il vettore del destino della Russia è il suo progetto storico-culturale»), Političeskij klass, 38, 2, 2008, www.politklass.ru/cgi-bin/issue.pl?id=957
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cultura occidentale richiede di collocarsi da una parte o dall’altra. Per l’universo
culturale russo la questione è altra. Non si tratta di collocarsi da una parte o dall’altra del confine, ma di stare sul confine. Chi sta sul confine non si definisce. Vive
piuttosto di antinomie. È un tratto che alla mentalità occidentale è molto difficile
da comprendere, ma che è alla base di buona parte delle difficoltà di ordine culturale, che hanno avuto rilevanti riflessi di natura geopolitica, nelle relazioni russoeuopee degli ultimi anni. Neklessa ha scritto a questo riguardo parole significative:
«Non è il primo anno che i cittadini della Russia vivono nelle condizioni di una travolgente transizione. Si può dire che la transizione è il nostro “nido connaturato”:
la Russia (…) è un territorio frontaliero».
Il bisogno della Russia
L’Occidente fa fatica a cogliere questo tratto di diversità della Russia. Si vorrebbe che con decisione Mosca percorra un percorso chiaro, che la porti oltre il
confine. «In questo contesto l’unica decisione costruttiva che la Russia può prendere, è di rafforzare la sua appartenenza culturale all’Europa, trasformandosi in uno
Stato costituzionale, che costruisce la democrazia, con un’economia mista giuridicamente trasparente e allargando i contatti con la Ue» 32: tale prospettiva, indicata
da Zbigniew Brzezinski in un recente rapporto, esprime una aspirazione piuttosto
diffusa in Occidente. Le critiche per le tendenze autoritarie manifestate dal sistema
politico russo negli anni della presidenza Putin sono frequenti, mentre si fanno i
conti con una manifesta impotenza nell’influenzare il corso degli eventi in Russia:
«Che fare quindi?», si è chiesto Timothy Garton Ash, che ha continuato: «Negli ultimi anni il lupo russo ha mangiato in testa ai paesi liberi del mondo in generale e a
quelli europei in particolare. (…) Nel frattempo i paesi dell’Ue sono allo sbando
nei rapporti con Mosca. (…) Ma dobbiamo specificare più chiaramente i termini
del nostro impegno. Essi dovrebbero includere come minimo un maggior rispetto
della sovranità degli Stati vicini, dei diritti umani e dello Stato di diritto, sia in patria
che all’estero. Tutto questo va detto chiaramente, pubblicamente e subito» 33.
Con maggiore autorevolezza, l’ex ministro degli Esteri tedesco, Joschka Fisher,
ha ribadito di fronte alle sfide che provengono dai modelli cinese e russo, vale a
dire sviluppo economico senza sistema politico liberaldemocratico, che «la modernità è indivisibile». La via di una «modernizzazione selettiva» è illusoria: «Senza istituzioni democratiche funzionanti, è certo che il secondo tentativo della Russia di
modernizzazione selettiva fallirà come il tentativo precedente, quello sovietico» 34.
A suo parere sono i processi di trasformazione a livello globale a imporre una visione della sicurezza nella quale i diritti umani sono una componente insopprimibile. Non c’è dubbio che il paradigma di Putin e della classe dirigente russa sia di32. Z. BRZEZINSKI, «Putinskij vybor» («La scelta di Putin»), pubblicato da International Eurasian Institute
for Economic and Political Research, iicas.org/anv/?id=1081
33. T. GARTON ASH, L’Occidente e la Russia di Putin, 28/2/2008, www.imothygartonash.com
34. J. FISCHER, «Perché Russia e Cina dovranno rispettare i diritti umani», la Repubblica, 11/3/2008.
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verso. Prioritarie sono stabilità e sicurezza: «Stabilità prima che libertà, stabilità prima che scelta, stabilità in un paese che per un secolo ha avuto difficoltà a conoscerla», come ha sottolineato l’editoriale di Time nel numero della rivista che proclamava Putin «uomo dell’anno» 35.
Nel mondo occidentale la constatazione della scarsa possibilità di influenzare la situazione interna della Russia, a fronte di un innegabile successo di Putin nel restituire al suo paese compattezza, ripresa economica e rilevanza sulla
scena internazionale, suscita una riflessione su quale debba essere la linea da
seguire nei confronti di Mosca. D’altro canto si afferma la consapevolezza del
bisogno di una cooperazione con il Cremlino su diversi fronti decisivi del quadro internazionale, dall’equilibrio energetico all’Iran, dalla sicurezza europea ai
rapporti con la Cina, dalle questioni strategico-militari al conflitto mediorientale.
L’Occidente si scopre, quindi, «prigioniero di un dilemma perenne tra valori e
bisogni», come ha osservato Franco Venturini 36. Della Russia non si può fare a
meno, mentre Mosca orgogliosamente non accetta più il ruolo di scolaro, a volte obbediente altre volte ribelle, che sembrava avere assunto, forse come una
maschera, negli anni Novanta. Anzi rivendica il diritto a un suo profilo culturale
originale e all’elaborazione di un proprio modello politico. E chiede innanzitutto rispetto e un trattamento alla pari. Lo ha notato Henry Kissinger, commentando le buone relazioni tra Putin e Bush, il quale, a suo parere, ha fatto percepire
al leader russo di essere considerato un partner in condizioni di parità, senza
volergli impartire lezioni 37.
Più lento è il processo di ridefinizione delle coordinate della propria politica
nei confronti della Russia da parte dei paesi europei. Alla fine del 2007 è scaduto
l’accordo di cooperazione e partenariato, siglato nel 1997, e si è lontani dall’avvio
dei lavori per la preparazione del nuovo. L’Unione Europea non sembra per adesso facilitare l’operazione. La prevalenza dell’elemento valoriale, nella forma di
standard e procedure che costituiscono la grammatica del discorso politico di
Bruxelles, non favorisce la messa a punto di una nuova strategia nei confronti di
Mosca. In molti europei resta bruciante la delusione per il rifiuto di Mosca di accettare l’itinerario tracciato all’indomani del crollo dell’Unione Sovietica.
«L’Unione Europea», ha osservato Katinka Barysch del Centre for European
Reform, «ha sperato che lavorando strettamente con la Russia, e offrendo aiuti,
consiglio e la propria migliore esperienza pratica, avrebbe potuto aiutare il paese a
diventare più aperto e democratico. Durante il decennio in cui la Ue ha seguito
questo approccio, la Russia si è mossa nella direzione opposta. Molti europei sono
stati riluttanti nel mettere in discussione il presupposto sottointeso della originaria
politica russa della Ue, vale a dire che la Russia voglia essere “come noi”» 38.
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35. Cfr. R. STENGEL, «Choosing Order before Freedom», Time, 31/12/2007.
36. F. VENTURINI, «La Russia, dilemma dell’Occidente», Corriere della Sera, 13/3/2007.
37. Si veda «Kissinger on Putin: «He thinks he is a reformer»», Time, 31/12/2007.
38. K. BARYSCH, Russia, realism and EU unity, Centre for European Reforme – policy brief, July 2007,
p. 4, www.cer.org.uk
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Gli europei, secondo l’analista londinese, devono smettere di pretendere
che possano «convertire la Russia al pluralismo e al liberalismo». Un tale atteggiamento non fa che provocare reazioni infiammate a Mosca ed aspettative irrealistiche nelle capitali d’Europa. La via indicata è quella di ricentrare le relazioni
con la Russia dalla promozione della democrazia alla cooperazione in diverse
aree di comune interesse.
I ventisette si ritrovano divisi sulla scelta della linea da seguire con il Cremlino.
In un rapporto dell’European Council on Foreign Relations, pubblicato nel novembre 2007, i paesi dell’Ue sono stati suddivisi in cinque categorie: «cavalli di Troia»
[trojan horses] (Grecia e Cipro), spesso sostenitori all’interno dell’Unione degli interessi di Mosca; «partner strategici» [strategic partners] (Germania, Francia, Italia e
Spagna), che hanno stabilito salde relazioni bilaterali con la Russia, spesso a spese
di una posizione comune della Ue; «amichevolmente pragmatici» [friendly pragmatists] (Austria, Belgio, Bulgaria, Finlandia, Ungheria, Lussemburgo, Malta, Slovacchia, Slovenia e Portogallo), attenti ai propri interessi economici nei rapporti con
Mosca; «freddamente pragmatici» [frosty pragmatists] (Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Irlanda, Lettonia, Olanda, Svezia, Romania e Regno Unito), i cui governi, pur mantenendo gli interessi economici nell’agenda, non hanno smesso di criticare la Russia per le violazioni dei diritti umani e per il regresso nel processo di democratizzazione; «i combattenti della nuova guerra fredda» [new cold-warriors]
(Polonia e Lituania), che hanno manifestato apertamente ostilità nei confronti di
Mosca e che non hanno remore a utilizzare il potere di veto per bloccare le negoziazioni con la Russia, come ha già fatto Varsavia a seguito al blocco delle importazioni di carne polacca introdotto dal Cremlino 39.
La composizione di tali differenti posizione non è cosa semplice. Charles
Grant ha lanciato l’idea di un nuovo patto di cooperazione tra Europa e Russia,
fondato su tre dossier: energia, integrazione della Russia nel sistema finanziario
globale, area di comune vicinato (Armenia, Georgia, Azerbaigian, Moldova, Ucraina e Bielorussia) 40. Sono di particolare evidenza le questioni sulle quali l’Occidente ha bisogno di una cooperazione e di un partenariato con Mosca. Tale necessità
è ancora più stringente se proiettata sull’orizzonte della sfida proveniente dalla Cina e dall’Asia. L’Occidente non si può permettere di fronte a tale prospettiva di
non consolidare i propri legami con la Russia.
Tuttavia, gli scenari dello sviluppo dei rapporti tra Mosca e i paesi occidentali
debbono essere considerati anche alla luce di altre dimensioni, di natura culturale,
ma di non meno rilevante implicazione politica. Infatti la Russia è diventata non
più solamente un interlocutore costretto a giocare di rimessa. È protagonista, che
vuole farsi interprete di una sua visione del mondo, di una sua missione. Ha osservato con acutezza Krastev che il concetto di «democrazia sovrana» coniato dall’i39. Si veda M. LEONARD, N. POPESCU, A Power Audit of EU-Russia Relations, 7/11/2007, www.ecfr.eu
40. Cfr. CH. GRANT, «A new deal with Russia? It’s in the interests of both the west and Russia to seek a
grand bargain on the issues that divide them», Prospect Magazine, November 2007, www.cer.org.uk/articles/grant_prospect_nov07.html
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deologo del Cremino, Vladislav Surkov, non deve essere considerato dall’Occidente con sarcasmo, solo come uno slogan propagandistico, prodotto della pochezza
intellettuale dell’élite postsovietica 41. Esso, in realtà, rivela la proposta di un modello culturale e politico fondato sul ruolo egemone delle élite. È un modello non
privo di capacità di cogliere alcune esigenze sollevate dalle trasformazioni di una
stagione della storia che vede crescere un po’ ovunque il ruolo delle élite a discapito di quello delle masse.
Una rinnovata attitudine occidentale alla comprensione dell’alterità russa si
presenta, quindi, come una necessità ineludibile per potere elaborare una politica
nei confronti di Mosca. Si tratta forse, di accettare la sfida di stare ai confini, di mettersi in una posizione di confronto rispettoso dell’alterità senza rinunciare alla propria identità, al proprio universo culturale, ai propri modelli. La logica del confine
è quella del confronto dialogico con l’altro, che può anche presentare aspetti conflittuali e momenti di dissenso, ma che non tende all’omologazione dell’interlocutore al sistema culturale di cui si è portatori. Prevale la dinamica della contaminazione in una disponibilità ad assumere l’abito della ricerca, della curiosità intellettuale, della creatività culturale, che, se può aiutare la Russia a declinare il proprio
bagaglio culturale secondo le esigenze di una società complessa quale quella moderna, non mancherà di stimolare anche la cultura occidentale a intraprendere con
maggiore decisione un percorso di ripensamento e rinnovamento di un modello di
modernizzazione, anche politica, che mostra segnali di crisi sempre più evidenti.
Svetlana Lur’e ha scritto che «il compito della Russia in un certo senso consiste nel rendere la vita dell’Europa più complicata, per non permetterle di ripiegarsi su se stessa» 42. È un compito che Mosca può svolgere nei confronti di
un’Europa spaesata, il cui bisogno della Russia assume un nuovo profilo. Un
confronto con la Russia alla pari, infatti, non potrà non sollevare questioni vitali
e salutari per il futuro dei paesi europei. La declinazione dell’unità e dell’identità
europea al plurale superando una omogeneità posticcia, la ricerca di una nuova
collocazione politico-culturale in un mondo che non può essere compreso negli
schemi di un modello unico di modernizzazione, l’esigenza di trovare una missione per esistere e operare nel mondo del XXI secolo sono dimensioni necessarie da riscoprire affinché i paesi europei possano svolgere un ruolo da protagonista negli equilibri geopolitici. Ben venga, allora, che la Russia svolga il suo
compito di renderci la vita più complicata.
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41. Si veda I. KRASTEV, Sovereign democracy, Russian-style, 16/11/2006, Opendemocracy.net.
42. S. LUR’E, «Isskustvo razrušat’ predopredelënnosti» («L’arte di distruggere ciò che è già stabilito»), Političeskij klass, 38, 2, 2008, www.politklass.ru/cgi-bin/issue.pl?id=955