rifarsi il corpo

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rifarsi il corpo
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rifarsi il corpo
Che cosa spinge una giovane ad affrontare cure dolorose, costose
e a volte rischiose per modificare il proprio corpo? Quali sono i canoni che rendono gradevole una persona?
P
«
apà, sai cosa desidero per i miei 18 anni? Voglio
rifarmi le tette». Se questa battuta vi sembra
strana, infantile, al limite dell’assurdo, sappiate che
invece è assolutamente reale. È stata pronunciata da
una ragazza indenne da difetti costituzionali o da postumi di traumi che potessero alterare la struttura dei
suoi seni. Insomma una ragazza del tutto normale.
Né si tratta di una situazione eccezionale, se è vero –
com’è vero – che le richieste di ricostruzione mammaria a puro scopo estetico sono in forte aumento
presso i centri di chirurgia estetica, anche da parte di
donne giovani. Si è ormai diffusa la correzione dei
segni di invecchiamento del viso come le rughe, le
borse palpebrali o il doppio mento. Donne giovani e
giovanissime ricorrono sempre più spesso al chirurgo per rifare nasi, labbra, orecchie, seni e cosce, secondo uno schema ben preciso che le omologa tutte
a un modello preferito.
Nessuno mi può giudicare
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Sono più di 500 mila gli italiani (molte donne, ma
anche tanti uomini) che ogni anno si rivolgono ai
centri di medicina estetica per modificare qualche
aspetto della propria immagine corporea. Non voglio mettere in discussione la necessità e i meriti della chirurgia plastica quando si tratta di correggere
malformazioni congenite (per esempio il labbro leporino) o di riparare i danni di un trauma che crea
situazioni deturpanti, tanto da disturbare le relazioni della persona. Vorrei invece capire che cosa spinge
una giovane assolutamente normale ad affrontare
trattamenti modestamente dolorosi, sicuramente costosi e potenzialmente rischiosi per modificare le sue
caratteristiche somatiche. L’ho chiesto alla ragazza
che vuole due seni nuovi come regalo per i suoi 18
anni e la sua risposta è stata che nessuno può giudicare dal di fuori cosa è disturbante e cosa non lo è. I
seni che a me paiono normali, sono decisamente
troppo scarsi ai suoi occhi e la inibiscono nelle sue
relazioni con i ragazzi, specie quando si va al mare o
in occasione di un approccio sessuale. Quindi il suo
desiderio di gonfiarli un po’ con quelle belle protesi
di silicone è perfettamente legittimo.
Che cosa obiettare?
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Nulla da obiettare, forse. Ma sento nello stesso tempo il
dovere di mettere in guardia la mia giovane amica e i
miei lettori sulle contraddizioni di questo atteggiamento. La caratteristica della biologia è la diversità. La
vita si manifesta in una serie ricchissima di specie vegetali e animali, e anche nell’ambito della stessa specie
esiste una differenziazione individuale. Noi non siamo
fabbricati in serie: ogni persona che viene al mondo è
«fuoriserie», un prototipo, un originale che mai c’è stato e mai più ci sarà. Attraverso il meccanismo della riproduzione sessuata, si arriva all’individualità biologi-
ca: l’esperienza vitale è strettamente personale. Nessuno può giocare la mia vita al posto mio. Lo stesso aspetto fisico è strettamente individuale come dimostrano le
impronte digitali o le caratteristiche del Dna.
Uniformità estetica
Consapevole di questa ricchezza, la nostra società
esprime dei movimenti di opinione che difendono
la diversità biologica, cercando, per esempio, di boicottare gli organismi biologicamente modificati e
vietando la clonazione. Ma in modo quasi schizofrenico, quando si tratta di aspetto fisico, invece di valorizzare i caratteri somatici individuali si cerca di
eliminare tutte le differenze. Le donne dei calendari
sono sostanzialmente tutte uguali. Identiche sono le
ragazze seminude che popolano gli spettacoli di intrattenimento televisivo. Ondeggiano con perfetto
sincronismo, non distinguibili una dall’altra, come
un tempo sfilavano i soldati, anonimi nell’ordine
chiuso. Così molte ragazze si sentono frustrate e depresse se non sono anche loro alte, magre, lisce, con
le labbra tumide e il seno prorompente. Non ci si
rende conto che questa uniformità estetica è falsa,
frutto di una innaturale manipolazione.
Qualche rischio
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Rimpiango le immagini dei miti femminili della mia
gioventù: Silvana Mangano negli esigui pantaloncini
della mondina del film «Riso amaro» o Sofia Loren
al concorso di miss Italia. Sono immagini classiche e
perciò forse note anche ai giovani d’oggi. Sulle cosce
di quelle mitiche dive si coglievano chiaramente i se-
gni di una incipiente cellulite, inimmaginabili nelle
modelle di oggi, dove sono stati cancellati dai trattamenti estetici o più semplicemente da una correzione
fotografica al computer.
Una volta suscitato il desiderio, che diventa necessità,
di uniformarsi al modello, si apre il grande mercato
delle offerte. Prima di arrivare al bisturi, c’è tutta una
serie di proposte più semplici e veloci: le infiltrazioni
di acido jaluronico o di collagene, la liposuzione, il
linfodrenaggio... Nessuno di questi trattamenti è totalmente esente da rischi. Recentemente è stata emessa una sentenza di condanna contro un medico e una
estetista ritenuti responsabili della morte di una giovane donna in seguito a liposuzione. Sono casi rarissimi, ma qualunque trattamento medico o chirurgico
comporta di per sé un possibile rischio.
L’affare ha proporzioni veramente cospicue. Il sistema sanitario nazionale non prevede le spese per gli
interventi estetici. Come in ogni affare esistono le
truffe: parecchi nasi vengono rifatti a spese dello stato con la scusa più o meno plausibile di difetti di respirazione per deviazione del setto nasale.
Simpatia e bellezza
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Invito i giovani a diffidare delle facili suggestioni
pubblicitarie, che garantiscono spettacolari miglioramenti estetici. Potrei citare tanti casi di persone
molto amabili e molto amate anche se brutte e altrettanti casi di persone bellissime, ma assolutamente insopportabili. Provate a fare un vostro elenco personale e vi convincerete che la vostra capacità di
amare e di essere amati poco ha a che fare con i difetti
fisici che più o meno tutti abbiamo.