secondo Adriana e Federico
Transcript
secondo Adriana e Federico
l’espe rtone lo 46 stile secondo Adriana e Federico DI VALENTINA GRISPO Nonostante la passione smodata per le tendenze modaiole e l’attenzione dimostrata per le stagionali fashion week, siamo da sempre fermi sostenitori del motto “ la moda che non nasce dalla strada è condannata a diventare démodé”. Non sono infatti le passerelle a dettare le regole del gioco, ma a proporre le idee, gli spunti per look insoliti ed eccentrici, ci pensa la fantasia di chi vive la moda fuori dai catwalk, lontano dall’industria della moda e dal rutilante mondo glamour. Cassa di risonanza a modelli, gusti e stili siamo noi comuni mortali capaci di destreggiarci tra mercatini vintage e catene low cost, che in nome della lotta alla clonazione personalizziamo il nostro look creando ciascuno il proprio stile che non si nutre di make up artist e stylist, ma esclusivamente dell’estro e della fantasia e della voglia di essere notati nella massa. Adriana, potrebbe essere eletta manifesto del look creativo che non conosce schemi e, nonostante anche nella sua mìse possano essere rintracciati i trend del momento, ad emergere è il suo stile che attraverso l’uso di dettagli diventa assolutamente personale. E’ d’obbligo cominciare con quello che è stato un vero e proprio tormentone invernale, l’effetto smoky eyes. Letteralmente vuol dire “occhi fumosi”, si tratta di uno sguardo profondo creato dall’uso sapiente di ombretti, matite e mascara tutto total black con un effetto decisamente seducente. Ottima la scelta di Adriana di puntare esclusivamente sugli occhi, lasciando il resto del viso al naturale. A ribadire la sua attenzione per l’aspetto maquillage, anche la scelta dello smalto nero, che lo scorso inverno, con la consacrazione del black satin di Chanel, è diventato un must, soprattutto sulla manicure curata, ma corta. Se per il trucco ha puntato sull’effetto monocromatico dark, per l’abbigliamento Adriana ha optato per le righe: la felpa, classica Converse con cappuccio, è ravvivata da sottili righe di colori vivaci ed il motivo stripes è ripreso volutamente, ma in nuance differenti, nel dettaglio della calza evidenziata dallo strappo sul ginocchio. I jeans, sdruciti e delavè sono completati in vita da una cintura a doppia fila di borchie quadrate in metallo. Un ultimo tocco eccentrico, i lacci delle scarpe differenti. Da un look che manifesta una personalità decisamente estrosa e sopra le righe ad uno stile sobrio e minimal dove anche la scelta del colore è all’insegna della semplicità. Federico indossa una felpa bianco ghiaccio firmata dal brand americano Volcom, marchio molto in voga nella urban culture degli skater, caratterizzata da polsini elasticizzati che richiamano il colore della stampa. In tinta con il colore neutro anche i pantaloni, morbidi, taglio retto che cadono su sneakers in suede nere con dettagli bianchi. Il trionfo del minimalismo senza scadere nella banalità. DI SIMONA MASTRANGELO .Famiglie e altri imprevisti - Shari Goldhagen. .Una Barca Nel bosco - Paola Mastrocola. .Scusa ma ti chiamo amore - Federico Moccia. .L’inviato speciale - Evelyn Waugh. .Madre del Riso - Rani Manica. DIETRO IL BURQA Batya Swift Yasgur Edizioni clandestine In questi ultimi anni di Afghanistan se ne è parlato tanto. Dopo l’11 settembre nomi come Kabul e Kandahar ci sono diventati improvvisamente familiari, sappiamo cos’è il jihad e pensiamo persino di poter discettare sul Corano. Siamo abituati a vedere intorno a noi donne con il velo e a sentire le polemiche che ciclicamente si sollevano in proposito. Probabilmente, però, quello che sfugge alla nostra percezione, è la reale condizione in cui vivono le donne in Afghanistan e negli altri paesi in cui è negata la libertà. Per noi occidentali immaginare le vessazioni a cui queste donne sono sottoposte e il coraggio e la forza inesauribili di cui danno prova quotidianamente è piuttosto complesso. Se Hala, una delle donne protagoniste delle storie narrate nel libro, afferma di stupirsi profondamente quando, giunta in America, sente frasi del tipo “vorrei morire” o “è stato un incubo” in riferimento a situazioni assai banali, è perché la sua esperienza di vita è stata talmente dura da non consentirle di parlare con leggerezza. E la storia di Hala, colpevole di aver aperto una scuola clandestina quando i talebani avevano chiuso quelle pubbliche, perseguitata e costretta ad abbandonare il suo paese e i suoi cari per sfuggire alla morte, è particolarmente significativa perché ci mostra in quale modo vengano trattati i rifugiati politici negli Stati Uniti. Si, avete capito bene. Stiamo parlando degli Stati Uniti, il faro della libertà. Ecco, se vi dovesse capitare di arrivare lì senza documenti e chiedere asilo perché scappate da una persecuzione, sappiate che quello che vi aspetta è la prigione. E se poi, dopo un certo periodo – parliamo di mesi, non di giorni – il giudice decidesse che la vostra vicenda non è abbastanza drammatica, dalla prigione sareste reimbarcati sul primo aereo in direzione casa. Quello che consente a queste donne di non perdersi d’animo, anche nei momenti più difficili, è la solidarietà, il legame quasi di sangue che si instaura tra di loro, l’aiuto e il conforto che si danno reciprocamente. Questa solidarietà, così profonda, oltre ad essere un istinto naturale, è anche un riflesso della cultura afgana, per cui offrire ospitalità e aiuto in caso di bisogno sono valori fondamentali. Ne è prova la storia di Sulima, l’altra protagonista del romanzo. Costretta, proprio come Hala, a scappare dall’Afghanistan per via del suo impegno per l’emancipazione delle donne, si trasferisce in Europa e successivamente in America. Ma il suo dramma è un marito che non riesce ad accettare di avere accanto una donna che sappia realizzarsi autonomamente e che abbia un lavoro più remunerativo e gratificante del suo. Percossa e umiliata più e più volte da quest’uomo che dice di amarla, Sulima trova la forza di rivolgersi alla polizia grazie all’amicizia e al sostegno di altre donne che si prendono cura di lei. Queste due testimonianze, così toccanti e sincere, devono essere ascoltate. Le più richieste su RadioGiovani Top 5 libri by Giovani.it DI ENRICO MAINERO 48 .Nuvole e Lenzuola Negramaro (773 volte). .Notte prima degli esami Antonello Venditti (488 volte). .Sweet Dreams Eurythmics (402 volte). .Happy Hour Ligabue (288 volte). .La Mia Parte Intollerante Caparezza (231 volte). 49 DIARIO DI UN TOPO D’APPARTAMENTI Danny King Kowalski Editori Bex e Ollie sono colleghi. Al giorno d’oggi, si sa, trovare lavoro è sempre più difficile. Se poi uno è pure un po’ sfaticato, bisogna inventarsi qualcosa. Trovare un socio, altrettanto sfaticato, e mettere su un’attività, per esempio. Bex e Ollie hanno avuto un’idea originale: rapinare appartamenti. C’è parecchia concorrenza nel settore, ma dopo un po’ ci si fa un nome e si gode di una certa rispettabilità. Data, oltretutto, dal rispetto di alcune regole base. In sostanza si tratta di rubare videoregistratori, tv, stereo e simili, ma non fare danni o dispetti tipo fumare nelle case e non infierire in presenza di situazioni di per sé difficili. Questo significa che rubare a casa di un vedovo, è una cosa deplorevole. Ladri sì, ma galantuomini. Un romanzo che all’inizio diverte, anche per lo stile scanzonato. Dopo un po’ di pagine, però, viene a noia perché i contenuti sono ripetitivi. Tutti gli aneddoti sui furti commessi finiscono per somigliarsi e la lettura va avanti a fatica. Le opinioni personali di Bex, che alterna i resoconti delle rapine, a lunghe digressioni su tematiche varie, sanno di un anticonformismo un po’ stantio e talvolta sembrano dei riempitivi poco amalgamati con il resto. Insomma, letteratura con la elle minuscola. UN OSSO IN GOLA Anthony Bourdain Marsilio Editori Nella cucina di un ristorante fighetto può succedere di tutto. Soprattutto se il secondo chef, Tommy Pagano, è il nipote di un noto mafioso della zona. Questo Tommy, in realtà sarebbe un bravissimo ragazzo, un promettente cuoco, distante anni luce dai torbidi intrighi familiari. Ma se lo zio gli chiede un favore, proprio quello zio che lo ha fatto assumere al ristorante, come si fa a dire di no? E qui cominciano i guai. La cucina del ristorante diventa la scena in cui si consuma un efferato omicidio. Il coltello preferito del primo chef, un altro bravissimo ragazzo con un piccolo problema di tossicodipendenza, l’arma del delitto. Se poi ci si mette di mezzo pure l’FBI, sulle tracce dell’organizzazione mafiosa da parecchio tempo, il guaio si complica e Tommy si ritrova invischiato fino alle scarpe in qualcosa che è molto più grande di lui. Salvare la pelle e non pestare i piedi a nessuno si rivelano essere due obiettivi difficilmente conciliabili. L’intricata vicenda prende corpo e si sviluppa tra chele d’aragosta, salsa basca ed altre pietanze estremamente raffinate. Omicidi brutali, descritti con una generosa dose di particolari al limite dello splatter, cedono spesso il passo a vere e proprie lezioni di alta cucina. Un noir tagliente, sarcastico ed appassionante. ELECTRIC PRESIDENT “S/+” GREEN CARNATION The Acoustic Verses ROBERT POST Robert Post Come un buon vino, questo è il classico disco che migliora invecchiando. Con il passare del tempo, ascolto dopo ascolto, il lavoro degli esordienti Electric President “S/+” acquista sempre più. Sia chiaro, non si tratta di musica da ascoltare sotto l’ombrellone senza prestare la dovuta attenzione, ma di un complesso di canzoni che sintetizzano l’articolato incrocio tra dedizione e spontaneità artistica. I ragazzi, perché si tratta di giovani ventenni (Ben Cooper, mente degli Electric President, ha appena ventitre anni) che mettono in piedi un lavoro che sembra estraneo al lineare scorrere del tempo: impossibile classificare la musica del gruppo in schemi preconfezionati e decisamente sconveniente sforzarsi di trovare somiglianze con band già affermate. Gli Electric President propongono lunghe cellule sonore dal sapore elettronico, incastonate tra gemme acustiche di rara fattura. I soavi arpeggi delle chitarre fanno spesso da introduzione ad esplosioni sonore dall’energia devastante, mentre melodie accattivanti segnano le linee di passaggio di un cantato tanto puerile quanto particolare e caratterizzante. Un lavoro che richiama la migliore tradizione del cantautorato elettronico ma che infonde nell’ascoltatore la vitalità e la creatività dei dischi acustici. Sebbene l’elettronica rappresenti la vera spina dorsale del disco, si noti infatti come la band riesca comunque a metterla a completa disposizione del processo di espressione. Ten Thousand Lines, Grand Machine No. 12 e Insomnia sorprendono per semplicità comunicativa e per la poetica ipnotica che trasmettono. Un disco nel quale immergersi per apprezzarne tutto il retrogusto, proprio come fosse un buon bicchiere di vino rosso. Gli occhi si chudono e lo spirito vola in un’altra dimensione. Questa la prima sensazione che trasmette “The Acoustic Verses”, quinta fatica dei norvegesi Green Carnation. Il gruppo stacca la spina ai suoi amplificatori e sforna un disco interamente acustico, dove aleggia perpetuo un senso d’inquietudine e malinconia che ben si fonde con la dolcissima chitarra acustica di Tchort e con la voce di Kjetil Nordhus. Si parte con due dei brani più ammalianti e fascinosi che l’album propone. Sweet Leaf e The Burden Is Mine… Alone sono due ballate dal sapore misterioso e romantico. Se nella prima si avverte netta la presenza di una melodia che ti entra in testa al primo ascolto, la seconda rapisce i sensi con una cascata di arpeggi acustici, tanto teneri quanto sperdutamente malinconici. Stupisce la facilità con la quale la band riesca, in ogni suo lavoro, a concepire un sound sempre diverso, accostando a volte, nell’ambito di una stessa produzione, elementi lontani fra loro. Si passa quindi con estrema naturalezza da fugaci influenze folk (il tappeto acustico di Alone è bagnato da cellule dal sapore medioevale create dagli archi) a tecniche d’arrangiamento che affondano nelle radici prog della band (9-25-045 è una suite di quindici minuti; divisa in tre parti, il pezzo cattura dal primo arpeggio di chitarra fino al fade out finale). A completare il quadro la psichedelica malinconia di Maybe? e il piano di Childs Play Part 3 (un incedere impietoso verso atmosfere dark e spettrali). Ogni singola nota in questo disco sembra avere la possibilità di trascinarci fuori dal tempo. Passione e spiritualità danno a “The Acoustic Verses” il passaporto per l’immortalità. Quando la vena melodica di un artista protegge dal freddo nordico. Robert Post, giovane cantautore Norvegese, sembra costruire i pezzi contenuti in questo suo primo album omonimo seguendo i dettami di un antico antidoto contro il gelo della sua terra natale. Le atmosfere solari del disco si mescolano piacevolmente a momenti dal sapore più introspettivo. Gli arrangiamenti dei pezzi non saranno un inno alla rivoluzione ma il disco risulta ben suonato. È proprio l’equilibrio fra arrangiamenti classici e qualche trepidazione ritmica a descrivere gli stati d’animo introspettivi e romantici che nascono dai suoi testi. La voce di Robert Post, che si sposa perfettamente con le linee melodiche che va disegnando, è soave e delicata, quasi appartenesse ad un adolescente. La semplicità dei pezzi non deve però trarre in inganno: in ognuno di essi si nasconde un ricercato equilibrio tra elementi pop e folk. Il singolo Got None, che trova nella bella voce voce di Aimee Man un punto di coesione, e High Tide sono costruite con cura decisamente sopra la media. Colpisce la malinconica Everything is Right, essenziale nella scarna interpretazione voce e chitarra acustica, mentre la romantica More & More paga un tributo ai Beatles del “White Album”. Nel cuore di Robert Post c’è insomma la capacità di fare della belle canzoni, creando melodie interessanti; vi riesce all’interno di un disco mai troppo smielato o ammiccante, nel senso più negativo del termine. .Qual’è il migliore video musicale. .del 2006 ?. Manda la tua preferenza a: [email protected] I 5 film più attesi by Giovani.it DI FULVIO ROSSETTI .Harry Potter 5. .SpiderMan 3. .Twilight. .Hostel 2. .Armata delle tenebre. DI VALENTINA GUIDUCCI THEM Dal 24 aprile Stavolta non vi parlerò di amore e romanticismo, nessun riferimento all’idilliaco mondo delle relazioni sentimentali, non una parola sull’incantato quanto universale senso di felicità da innamoramento, né una su quel senso di dolore agrodolce tipico delle pene d’amore. Niente baci. Niente carezze né dolci effusioni. Nessuna donna che incontra l’uomo della sua vita e nessun uomo che sposa la donna perfetta. Questa volta, ho deciso di parlare di horror, di thriller. Ma la mia vena poetica – anche un po’ cinica, ormai lo avrete capito – mi costringe a restare nel vecchio continente, quindi a presentarvi sì film horror, ma europei, lasciando le pellicole americane in soffitta per un po’ di tempo. Almeno per questo numero di Tribù. Ma veniamo a noi. Il primo film che vi presento è Them, e ho scelto di iniziare da questa pellicola solo perchè ho una predilezione per i film ispirati a fatti realmente accaduti. Il tema in effetti non è nuovo – anche perchè è davvero difficile trovare un thriller fondato su una tematica nuova, o no? – ed è la paura che qualsiasi individuo prova di fronte a qualcosa che non riesce a vedere, che percepisce, che avverte ma non riesce a individuare perché nascosto, e che probabilmente lo sta osservando. Un presentimento, un sesto senso che sente l’invisibile presenza di qualcosa o qualcuno che rimane nel buio, ma che scruta ogni nostro movimento. Il thriller di .Qual’è Palud e Moreau ha il pregio di essere costruito bene, e non annoia. Fin dai primi minuti infatti – dopo un folgorante incipit – non ci viene mostrato nulla di chi, la sera del 6 ottobre del 2002, assale madre e figlia, rimaste per strada con l’automobile in panne lungo una strada isolata fuori città. E nulla ci viene mostrato neppure di chi, all’interno di una grande villa alla periferia di Bucarest, provvederà in seguito a trasformare in un vero e proprio incubo la tranquilla notte di Clementine e del suo fidanzato Lucas. Perché, grazie soprattutto all’imperante clima di mistero, Them, impreziosito anche dal serrato montaggio di Nicolas Sarkissian, rientra in quella categoria di spettacolo che, attraverso la sola forza delle immagini e facendo ricorso a pochi e marginali dialoghi, difficilmente permette allo spettatore di staccare gli occhi dallo schermo. E con l’unico scopo di farci arrivare allo splendido quanto spiazzante epilogo della storia, capace addirittura di spingere alla riflessione – ebbene sì – che tutto sommato il genere horror ha sempre il suo fascino. Non muore mai, né invecchia. Già riesco a vedervi, dentro al cinema, paralizzati, silenziosi, che pensate: “chi è (o chi sono)?”, incollati alle poltrone, bombardati da ombre, soggettive minacciose, fughe nel bosco immortalate da una macchina da presa impazzita (ve lo ricordate The Blair Witch Project?), porte semiaperte e tende leggermente mosse dal vento, sonoro che provoca microinfarti... Paura eh? il migliorefilm del mese? Manda le tue preferenze a: [email protected] GHOST SON Dal 4 maggio Era dal 1991 che Lamberto Bava non si dedicava ad una pellicola di genere horror, se escludiamo il truculento The torturer (2005), concepito a bassissimo costo appositamente per il mercato dell’home video. Ghost son, co-produzione tra Italia, Sud Africa, Spagna e Gran Bretagna, vanta uno stuolo di volti noti di Hollywood, tra i quali spicca quella Coralina Castaldi-Tassoni che fu protagonista dell’ottimo Demoni 2…L’incubo ritorna del 1986. Avete presente? Qui siamo all’interno di una fattoria persa nella savana africana, e la bella Laura Harring del lynchano Mulholland drive (vero capolavoro) veste i panni di Stacey. In seguito alla morte del suo grande amore Mark – interpretato dal John Hannah di Sliding doors – si trova in preda a visioni che lo vedono protagonista. Finché si scopre inaspettatamente incinta, e non dà alla luce un bambino che potrebbe essere il frutto proprio di un incontro d’amore consumato con il fantasma dell’uomo. Lo so: sembra un’idiozia! Ma in verità il prodotto in questione non si presenta affatto male. Ci sono belle scene (ad esmpio Stacey che vede sé stessa, sdraiata sul letto con Mark) ed è coinvolgente. Dopo tutto, e considerando che siamo in Italia, è apprezzabile un regista che si cimenta nell’horror e che non faccia Argento di cognome. SPIDER MAN 3 Dal 1 maggio E invece no. Ho avuto un altro dei miei caratteristici ripensamenti! Anche stavolta devo parlarvi di sentimenti. Poco, senza esagerare. Spider Man 3 riporta agli onori di cronaca le gesta del mitico Peter Parker, sempre supereroe che lotta contro il male e sempre innamorato della bella Mary J. Ma stavolta dovrà affrontare una nuova difficoltà, e proprio quando sembrava aver raggiunto quell’equilibrio tra i suoi doveri e il suo amore. Il suo costume improvvisamente acquisisce nuovi poteri facendo emergere in lui dei lati oscuri della personalità che lo porteranno a trascurare le persone a cui tiene di più. Il nostro eroe si ritrova così a dover combattere oltre che con due dei più potenti nemici mai incontrati Sabbia e Venom (nomi orribili santoddio), anche con i propri problemi personali per riconquistare le persone che ama. E l’unica cosa che fa paura, oltre ai nomi dei mostri, è l’ipotesi che ci propineranno il 4... VIRTUAL MAGICIAN Continua su GXT il filone di programmi dedicati allo stravagante mondo della magia! A maggio sarà in scena Marco Tempest, illusionista davvero singolare che in VIRTUAL MAGICIAN regala una serie incredibile di performance da primo premio. Marco Tempest è tra i maghi più famosi ed apprezzati al mondo perché ha saputo stravolgere gli equilibri che regolano gli elementi naturali, trasformandoli in uno strumento per regalare emozioni. Dal vento, dall’acqua, dal sole e dalla terra riesce a trarre sempre nuovi stimoli e spunti per andare oltre i confini della magia tradizionale. Ci troviamo qui di fronte a un vero “Guru” delle arti magiche che ha sovvertito le leggi della realtà e della fisica per scuotere nel profondo le più antiche tradizioni o indebolire anche le più smaliziate certezze del mondo moderno. Terreno d’azione delle sue incursioni, tra i luoghi più celebri al mondo: Central Park, China Town, Times Square. Ogni volta che Tempest compare inaspettatamente in pubblico, riesce a catalizzare subito l’attenzione dei presenti con numeri sorprendenti, che molto hanno a che fare con il suo spirito libero. Spettacolare, impenetrabile, misterioso. Marco Tempest ha tutte le caratteristiche e le qualità che ogni grande mago dovrebbe avere in sé e arriva talmente lontano nelle sue performance, da sfidare la forza di gravità, lo spazio, il tempo. Seguendo Tempest in questo suo viaggio “virtuale” intorno al mondo, ci si avvicina un po’ di più al soprannaturale. Da lunedì 7 maggio: dal lunedì al sabato alle h. 16:00 e lunedì, mercoledì, giovedì, venerdì e sabato anche alle h. 21:00 TNA PAY-PER-VIEW GXT, canale 702 di Sky, è il canale di riferimento per chi ama il wrestling con i 2 magazine dedicati alla WWE (AfterBurn e Bottom Line) e con l’offerta completa della TNA, la straordinaria federazione che ha rivoluzionato il wrestling negli Stati Uniti. Mutuata dalle storie e dagli incontri della WWE ma decisamente più fuori dagli schemi, la TNA ha aperto un nuovo capitolo nel mondo dello sport d’azione. La TNA, Total Non Stop Action, nasce dall’ esigenza di tornare alle radici di quella che era una disciplina pura e semplice e per questo più vera. Molti lottatori hanno deciso di passare in TNA proprio per poter dare libero sfogo alle proprie abilità tecniche senza dover sottostare alle regole dello show-biz! E se ne vedono davvero delle belle: acrobazie inaudite, salti mortali, nuovi atletismi; chi ha amato la WWE non può fare a meno di sintonizzarsi su GXT per seguire in esclusiva assoluta la TNA. Su GXT ogni sera sono in onda 2 incontri consecutivi di IMPACT ed XPLOSION ed ogni mese, completamente gratis, un evento PAY-PER-VIEW. Gli incontri PPV della TNA, che negli USA sono a pagamento, sono i più importanti della stagione: si risolvono le faide più importanti, lo spettacolo è massimo e le competizioni sempre più avvincenti. A maggio su GXT andrà in onda TURNING POINT, il PPV di Monty Brown, l’indiscusso protagonista di questo evento! Qui Alpha Male è impegnato in un Serengeti Survival Match contro il nemico di sempre Abyss. Grande attesa anche per il confronto tra Raven e DDP mentre Randy Savage aiuta Jeff Hardy e AJ Styles contro i Kings of Wrestling. Spettacolo nello spettacolo in cui l’unica regola è vincere. E ancora tanti saranno i match da brivido proposti ogni mese da GXT: FINAL RESOLUTION, con l'Ultimate X, match a stipulazione particolare tra le 3 stelle della X-Division AJ Styles, Chris Sabin e Petey Williams…una card straordinaria che lascerà senza fiato tutti gli appassionati! E poi Against All Odds, Destination X, Lockdown, Hard Justice, No Surrender, una lunga serie di sfide tra i campioni più grandi, il massimo per tutti gli amanti della TNA. PPV TNA Turning Point: Domenica 13 maggio alle 21:10 51 Play ! Powered by Anteprima 52 Play ! 53 Powered by PAGATI PER GIOCARE Uno dei sogni che accomuna giovani e non è stato da sempre quello di poter giocare in santa pace senza pensare agli impegni che la vita di propina, a cominciare dalla scuola, al lavoro ecc. Ma immaginiamo invece che il gioco non solo sia una passione coltivata con amore, ma che diventi esso stesso la fonte di sostentamento, il fulcro della propria vita lavorativa. Proprio cosi: pagati per giocare! Niente male eh? Divertirsi ed essere pagati. Ma quanto vi ho appena detto non è soltanto un sogno, ma tutto questo può diventare realtà. L’argomento non è da prendere sottogamba, ma è assolutamente serio e viene affrontato in maniera estremamente professionale nel nuovo libro che Multiplaye.it Edizioni sta distribuendo in questi giorni in tutta Italia. Il suo titolo? Indovinate: Pagati per giocare. Nelle 270 pagine di questo avvincente libro vengono prese in esame tutte le professioni legate al mondo dei videogames, dal design, alla grafica, alla programmazione ecc. Se il vostro sogno è sempre stato quello di lavorare nel mondo dei videogames non potete perdere assolutamente questa occasione. TWO WORLDS PRESENTAZIONE UFFICIALE In occasione della presentazione ufficiale in Italia di Two Worlds, Multiplayer ha visitato il distributore ufficiale per il nostro territorio, Newave Italia, provando di persona il gioco ed incontrando due responsabili di Zuxxez Entertainment, la software house tedesca che ha prodotto e sviluppato questo attesissimo RPG per PC ed Xbox360. Nonostante il clima atmosferico poco ospitale, nelle prime ore di un piovoso pomeriggio primaverile, siamo stati negli uffici di Newave Italia in mezzo a tanti addetti del settore accorsi a Firenze per poter visionare in anteprima Two Worlds, e per poter scambiare due chiacchiere con i due uomini di Zuxxez giunti per mostrare una versione alpha del gioco a poco più di un mese dalla pubblicazione. Ad attenderci nell’atrio d’ingresso di Newave ci sono due dei responsabili dell’aziendaOttaviano Di Bernardo e Lorenzo Pisaneschi, PM del gioco, ci conferma in prima battuta la pubblicazione per il 9 Maggio sia in versione PC che Xbox360, con due edizioni Limited stampate in pochissime copie che festeggeranno il suo arrivo in Italia. Appena saliti al primo piano notiamo che i giornalisti invitati siano già numerosi; sono presenti anche i traduttori della versione Italiana, il team di Game Italian Translation. La mole di lavoro di cui si sono fatti carico è impressionante, per Two Worlds sono state tradotte circa 180,000 parole in totale. Il titolo Zuxxez sarà interamente localizzato nella nostra lingua cosicché l’esperienza di gioco rimanga intatta e pienamente godibile da tutti. Particolare enfasi è stata infatti data allo svolgimento della storia, la quale prende vita in modo non lineare; come il titolo suggerisce, nell’universo di Two Worlds due fazioni si scontrano in un’eterna lotta per la supremazia del mondo, ed il nostro personaggio decide in ogni momento da quale lato schierarsi: quello della luce o quello dell’oscurità e del male. Questa scelta influenza inevitabilmente la condizione del mondo nel quale viviamo, modifica e crea nuove quest, sfide e personaggi alleati. In Two Worlds però è possibile fare letteralmente quello che si vuole, anche avere i piedi in due staffe e combattere per entrambe le fazioni, cercando di soddisfare più parti anche contrapposte, seppur tutte disposte a ricompensarci per i nostri servigi. Questa struttura offre innumerevoli capacità di sviluppo della trama: l’ambiente circostante, i personaggi e noi stessi siamo in continuo mutamento durante tutta l’esperienza di gioco. All’interno di un dungeon La presentazione inizia in una saletta appositamente preparata per l’occasione ed attrezzata con un LCD a 42”, al quale sono collegati sia un PC che l’Xbox 360. Con un ottimo inglese, il PR della compagnia tedesca inizia ad illustrarci le caratteristiche della versione PC, coadiuvato dalla presenza di Ottaviano Dibernardo di Newave che, dopo un discorso introduttivo, lascia la parola direttamente a Two Worlds. Pur non disponendo ancora della versione definitiva, il gioco mostra già discrete qualità tecniche. Le texture sono ben disegnate e la loro qualità media è sempre piuttosto elevata, segno che è stata posta grande attenzione e cura nello sviluppo. Iniziamo all’interno di un Dungeon con la creazione del personaggio: è possibile modellare da zero il protagonista partendo da fisicità, classe, sesso ed altre caratteristiche. Il character design è molto particolare, i volti sono rozzi, sporchi e vissuti, e non ispirano certo alcun sentimento di profonda bellezza estetica, mostrando il fianco a qualche critica. Essendo sinceri, il character design è una delle poche cose che non ci ha entusiasmato. La personalizzazione è però ottima ed una volta completata la creazione passiamo velocemente alla spiegazione sull’innovativo modo di utilizzare il nostro inventario. Quest’ultimo sembra trarre ispirazione da quello già viso in molti altri Rpg: su schermo apparirà un ampio pannello a celle quadrate che potranno essere riempite di oggetti, armi, vestiti ed altro ancora, in base alla loro forma e grandezza. Oltre alla gestione fisica dello spazio, ci sarà consentito un peso massimo trasportabile che potrà però aumentare man mano che la nostra forza fisica aumenterà. Il doppio criterio per il trasporto di item ci è parso molto comodo, ma soprattuto intelligente. Il responsabile di Zuxxez, dopo aver enfatizzato l’importante ruolo che gioca una trama non lineare in un titolo di questo genere, inizia poi a parlare di quello che secondo lui è il secondo punto di forza: la spettacolarità dei combattimenti; ci troviamo ancora all’interno del primo dungeon quando un paio di scheletri ci attaccano. Nella versione PC gli attacchi e le magie sono gestite con delle macro completamente editabili sulla tastiera, mentre su Xbox 360 sarà nostro dovere attribuire ogni azione speciale alla croce direzionale. Il sistema sembra funzionare egregiamente in ambedue i casi. I combattimenti sono ben animati grazie alle numerose sessioni di Motion Capture alle quali gli sviluppatori hanno dedicato molta attenzione, l’azione è spettacolarizzata e come ci confermano uno degli obiettivi era quello di rendere il più divertente possibile le fasi action. Ci ha colpito molto la possibilità di buttare della polvere in faccia all’avversario dando un calcio in terra, ma soprattuto il fatto che questo attacco non funzioni se il nostro avversario stia indossando un qualsiasi scudo o protezione. Resta solo da vedere quanto sarà divertente sulla lunga distanza, soprattutto in relazione alla IA degli avversari. Quest’ultimo sembra trarre ispirazione da quello già viso in molti altri Rpg: su schermo apparirà un ampio pannello a celle quadrate che potranno essere riempite di oggetti, armi, vestiti ed altro ancora, in base alla loro forma e grandezza. Oltre alla gestione fisica dello spazio, ci sarà consentito un peso massimo trasportabile che potrà però aumentare man mano che la nostra forza fisica aumenterà. Il doppio criterio per il trasporto di item ci è parso molto comodo, ma soprattuto intelligente. Il responsabile di Zuxxez, dopo aver enfatizzato l’importante ruolo che gioca una trama non lineare in un titolo di questo genere, inizia poi a parlare di quello che secondo lui è il secondo punto di forza: la spettacolarità dei combattimenti; ci troviamo ancora all’interno del primo dungeon quando un paio di scheletri ci attaccano. Nella versione PC gli attacchi e le magie sono gestite con delle macro completamente editabili sulla tastiera, mentre su Xbox 360 sarà nostro dovere attribuire ogni azione speciale alla croce direzionale. Il sistema sembra funzionare egregiamente in ambedue i casi. I combattimenti sono ben animati grazie alle numerose sessioni di Motion Capture alle quali gli sviluppatori hanno dedicato molta attenzione, l’azione è spettacolarizzata e come ci confermano uno degli obiettivi era quello di rendere il più divertente possibile le fasi action. Ci ha colpito molto la possibilità di buttare della polvere in faccia all’avversario dando un calcio in terra, ma soprattuto il fatto che questo attacco non funzioni se il nostro avversario stia indossando un qualsiasi scudo o protezione. Resta solo da vedere quanto sarà divertente sulla lunga distanza, soprattutto in relazione alla IA degli avversari. Innovazioni di Two Worlds Sembra essere stata data un’incredibile importanza alla varietà di oggetti, armi ed equipaggiamento, reperibili nel mondo. Una della novità di Two Worlds è la creazione di item sempre nuovi e personali, mediante la combinazione di altri due, un po’ come avveniva nei primi Resident Evil, quando mescolando una piantina verde con una rossa si otteneva un siero molto più potente. Il concetto è simile, ma portato all’estremo grazie all’incredibile varietà offerta da un gioco di questo tipo. Gli esempi possono essere molteplici: unendo due pantaloni della stessa classe con resistenza 2 si ottiene un nuovo capo di abbigliamento con resistenza potenziata a 4, oppure mescolando due pozioni se ne può ottenere una più efficace. Ogni cosa può essere combinata, anche se gli effetti non saranno sempre positivi: ci fanno notare che aggiungendo per esempio un elemento negativo come un veleno, questi annullerà ogni sorta di effetto benefico dell’altro. Questo sistema di mixaggio è stato ideato, a detta degli sviluppatori, per permettere al giocatore una massima personalizzazione dell’inventario e delle sue personali risorse, in modo che l’esperienza di gioco risulti sempre diversificata ed unica. Parlando delle magie, ne sono presenti cinque classi principali: acqua, terra, aria, fuoco e necromanzia. Possiamo scegliere tre magie alla volta da posizionare negli appositi slot, da combinare con altri cinque sotto magie denominate booster: ad esempio una fireball può essere mixata con un booster per incrementarne il raggio d’azione e diminuirne il dispendio di mana. Volendo, poi, creare altre combinazioni, tali boost possono essere dirottati su altri incantesimi. Multiplayer online I due ragazzi di Zuxxez iniziano poi a parlarci delle modalità multiplayer online del loro titolo. Saranno presenti cinque città che fungeranno da stanza virtuale nella quale organizzare team di massimo otto partecipanti e partire per le quest proposte, delle istance in stile Guild Wars. Ci sono 5/6 quest principali in ogni città, ed altrettante secondarie, per un totale di circa 60 missioni da affrontare in compagnia dei nostri amici. Zuxxez, se questa modalità dovesse avere successo, ha previsto la pubblicazione di nuove città e missioni da poter scaricare come piccole espansioni. Come detto in un box precedente, per la modalità multiplayer sarà possibile impersonare qualsiasi razza ideata per il gioco, con un’evoluzione del personaggio del tutto indipendente da quella della modalità single player. Dopo la presentazione ufficiale avvenuta, ed entrati in confidenza con il team, siamo riusciti ad ottenere qualche informazione aggiuntiva, venendo a sapere che entro fine anno è prevista l’uscita di una versione PlayStation 3. I nostri sono rimasti positivamente stupiti dalla calda accoglienza che il nostro paese sta avendo nei confronti di Two Worlds, dimostrata ampiamente dalla vivacità negli ambienti degli appassionati e dall’alto numero di preordini che sta avendo in questi giorni. Il titolo Zuxxez si propone come uno dei più interessanti di questa primavera e non solo, soprattutto per i fan degli RPG sempre affamati di nuovi titoli, sempre più raramente in sviluppo. Si tratta indubbiamente di un titolo da tenere d’occhio, e che promette di riempire molte ore di qualsiasi giocatore che abbia disossato Oblivion e Gothic, e che sia in attesa di qualcosa di nuovo su cui mettere le mani. Manca poco all’uscita, e a breve vi faremo sapere qualcosa di più! Play ! 54 Powered by ENEMY TERRITORY: QUAKE WARS - HANDS ON Grazie ad un blitz presso gli studi londinesi di Splash Damage, siamo riusciti a portare a casa le sensazioni che cercavamo e speravamo di trovare. Quake Wars ha fatto passi da gigante in quest’ultimo anno e presenta tutti i sintomi del capolavoro... La pazienza è la virtù dei... Per qualche ragione quello degli FPS è probabilmente il genere che annovera il più alto numero di giochi ritardatari, passati alla storia anche per i loro plurimi rinvii. Da Quake ad Unreal, da Daikatana a HalfLife 2, passando per (ha!) Duke Nukem Forever, Prey e chissà quanti altri, sparare in soggettiva è da sempre – paradossalmente – un hobby che ha richiesto pazienza. Quake Wars è solo l’ultimo di una lunga serie insomma, anche se il suo slittamento di un rotondo annetto, potrebbe far dubitare qualcuno della capacità di Paul Wedgewood e soci di gestire e portare a termine il progetto. Dopo averlo provato con la giusta calma però, ci sentiamo di conciliare le manie di perfezionismo degli autori di Wolfenstein: Enemy Territory… del resto, come ci insegna il buon Caparezza, il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista. Quake va in guerra La ventina abbondante di giornalisti europei che affollava la sua sala riunioni non ha messo a disagio Paul Wedgwood, l’affabile (e pieno di sé?) proprietario di Splash Damage nonché lead designer di Quake Wars, nonostante il suo esordio sia stata una mezza scusa e una giustificazione per il ritardo del titolo (anticipando una domanda che sapeva essere nell’aria). Con la calma misurata di chi è consapevole che l’imminente sessione di gioco spazzerà via i sorrisetti malcelati dei tiepidi detrattori in sala, Paul ha esordito illustrando la ragione di questo non trascurabile rinvio, non senza togliersi la soddisfazione di tirare qualche frecciatina compiaciuta ai producer di Activision - anch’essi presenti - tanto per puntualizzare che la capacità di Splash Damage di farsi assecondare nei suoi “capricci” nasce dal suo rapporto privilegiato con Kevin Cloud, John Carmack e id Software in generale. Ma procediamo con ordine. Per chi si fosse perso le precedenti puntate, Quake Wars sarà il seguito spirituale di Wolfenstein: Enemy Territory, un mod gratuito sponsorizzato da id Software e Activision, che Splash Damage completò nel 2003, ottenendo un successo a dir poco clamoroso. Con una miscela di teamplay ben calibrato, superbo level design e tutta la passione di un gruppo di sviluppatori cresciuti sulla scena dei MOD, Wolfenstein: ET pose le basi del ben più ambizioso progetto che, sfruttando l’engine di DooM 3, avrebbe dovuto segnare la riconquista delle arene multiplayer da parte di id Software e associati. Titolo di combattimento multigiocatore a metà fra Team Fortress e Battlefield, Quake Wars presenta per la maggior parte ambientazioni all’aperto pensate per gruppi dai 16 ai 32 giocatori, abbondanza di veicoli e di deployables, oltre che, ovviamente, una serie di classi specializzate fra cui scegliere. Più di ogni altro cosa però, vanta qualcosa che gli appassionati chiedono ormai da anni: un’ambientazione fantascientifica degna di questo nome. E non una qualsiasi: ambientato circa mezzo secolo nel futuro, Enemy Territory ci racconta l’invasione del pianeta Terra da parte degli Strogg, antefatto agli eventi di Quake 2. Se Quake 4 vi ha lasciato indifferenti, questa è l’occasione di rifarsi. Inutile girarci attorno, le impressioni a caldo che ci ha lasciato la sessione di prova delle mappe Valley e Sewer (delle tre previste, a meno di uno spettacolare black-out evidentemente ispirato dalle due dozzine di computer-ninja stipati nella stessa stanza) sono quelle di un titolo eccellente. Ogni aspetto e minuzia, dalle impeccabili animazioni al design delle unità, dalle texture al tipo e colore di illuminazione, è un’indicazione dell’estrema qualità e cura certosina per i dettagli che è un po’ la firma di questo titolo. I videogiochi occidentali, con alcune debite eccezioni, sono sempre stati accusati di essere approssimativi in molti aspetti della produzione. In questo caso, tuttavia, sembrava di vedere materializzato e applicato agli FPS l’approccio perfezionista di Blizzard Entertainment. Quake Wars narra del fortunoso tentativo dell’umanità di respingere l’invasione Strogg e non potevano mancare riferimenti ai capitoli successivi della saga, come ad esempio la mappa dove l’obiettivo degli umani sarà impossessarsi della tecnologia “Splipgate” che permetterà loro, in futuro, di rispondere attaccando direttamente il pianeta Stroggos. Se quanto abbiamo provato è rappresentativo del resto dei contenuti, questo titolo non mancherà di locazioni epiche, nonostante la scala sia indubbiamente più ridotta rispetto alle mappe oceaniche di Battlefield. Ma basta parlare, è il momento di andare a mettere un’altra croce sul calendario, sperando che l’attesa non si protragga oltre il necessario. La speranza è di vedere il gioco sulla rampa di lancio all’E3 e sugli scaffali per la fine dell’estate, forse per poter rilasciare le versioni per Xbox 360 e PS3 (in lavorazione rispettivamente presso Nerve Software e Z-Axis) in tempo per la stagione natalizia. Auguriamoci che stavolta siano puntuali Play ! 55 Powered by DRAGON BALL Z BUDOKAI TENKAICHI 2 I Saiyan arrivano anche su Wii! Dopo una fase di lancio corroborata dal successo commerciale ma contraddistinta da una qualità media altalenante per quanto riguarda i giochi, Wii prepara il terreno per una seconda ondata di titoli. In questo senso, l’impegno di NamcoBandai non può che far felici i possessori della console Nintendo, che potranno non solo giocare con tutti i tie-in multipiattaforma, ma anche sperare in qualche produzione pensata appositamente per il peculiare sistema di controllo a rilevazione di movimento. Dragon Ball Z Budokai Tenkaichi 2, dunque, è solo un primo passo. Modalità di gioco Ultima incarnazione dei giochi tratti da Dragon Ball per le console “maggiori”, Budokai Tenkaichi 2 si presenta come un prodotto eccezionale sotto il profilo della completezza e della longevità. La modalità di gioco principale, infatti, ci permette di rivivere le avventure di Goku e dei suoi compagni dall’arrivo del primo Saiyan sulla Terra fino alle ultime battaglie viste in Dragon Ball GT, passando attraverso gli eventi narrati nei numerosi film paralleli alla serie. Il tutto è organizzato in “saghe”, ognuna composta da vari stage in cui non bisogna necessariamente sconfiggere il proprio avversario, piuttosto assecondare quanto realmente accade nella storia. Si danno vita, così, a battaglie senza quartiere all’interno di scenari di generose dimensioni (seppure lungi dall’essere enormi), talvolta mettendosi al comando non di un solo personaggio ma di un gruppo, i cui membri si avvicendano man mano che vengono sconfitti. Procedendo nella storia, i personaggi utilizzati “crescono”, migliorando in capacità offensiva e difensiva e, di conseguenza, salendo di livello. Esattamente come nel primo Budokai Tenkaichi, è presente una modalità di gioco (“Evoluzione Z”) in cui si acquistano, vendono e assegnano i cosiddetti “Oggetti Z”, una lunga serie di potenziamenti che possono rendere imbattibile anche il personaggio meno dotato del lotto. Tali potenziamenti possono essere utilizzati anche nello story mode, aumentando così le possibilità di vittoria. Ad affiancare l’enorme story mode abbiamo la modalità “Battaglia Z Suprema”, una sorta di survival mode in cui si affrontano combattimenti via via più impegnativi per sbloccare il maggior numero possibile di oggetti Z. C’è poi il sempre presente “Torneo del Drago”, ovvero l’originale Torneo Tenkaichi con tutte le regole del caso: si viene sconfitti quando si finisce KO ma anche quando si tocca terra fuori dal “ring”. E infine il “Duello”, che ci permette di affrontare un amico. Completano il quadro il doveroso tutorial “Allenamento Supremo”, la già citata “Evoluzione Z” e la “Biblioteca del Drago”, una fonte inesauribile di informazioni circa l’universo di Dragon Ball e i suoi personaggi. Sistema di controllo Come accennato in apertura, l’uscita di Dragon Ball Z Budokai Tenkaichi 2 per Wii è una conferma importante del successo commerciale della console Nintendo. La serie è finora stata un’esclusiva di PlayStation2, dunque l’annuncio di questa conversione ha suscitato enorme curiosità fra gli appassionati di DBZ, che per prima cosa si sono chiesti come gli sviluppatori avrebbero utilizzato il Wii-mote e il Nunchuck. Ebbene, come tutti i videogame non nati su Wii (ad oggi la maggior parte, in verità), Tenkaichi 2 propone un sistema di controllo “ibrido”, che ricorre al sensore di movimento solo in determinate situazioni. Nella fattispecie, al Nunchuck è deputato il movimento del personaggio, con tanto di scatto, mentre al Wiimote sono assegnate le numerose altre funzioni, dall’attacco al blocco. L’uso coordinato dei due dispositivi diventa necessario quando si ricorre alle mosse speciali: premendo in contemporanea il pulsante Z sul Nunchuck e il pulsante B sul Wii-mote, il sistema di controllo si prepara a rilevare i movimenti che eseguiamo per tradurli in spettacolari colpi di energia. Un esempio veloce: per lanciare la sfera Genkidama di Goku, dopo aver caricato al massimo l’energia spirituale dovremo premere Z e B, quindi prima agitare il Nunchuck e poi tirare su il Wii-mote perché il colpo venga effettuato. Ne risulta un approccio più “scanzonato” rispetto alla versione PS2, per certi versi più macchinoso (il blocco ottenibile premendo Giù sulla croce direzionale, laddove con A si attacca, è un insulto alle nostre capacità psicomotorie) e per altri decisamente più grezzo e, se vogliamo, divertente. Sicuramente la curva di apprendimento del gioco, già consistente sulla console Sony, su Wii diventa ancora più ripida e serviranno non poche partite per padroneggiare i movimenti del proprio personaggio. È forse per questo motivo che NamcoBandai ha inserito la possibilità di utilizzare il Classic Controller o il joypad del GameCube in luogo del Wii-mote e del Nunchuck, offrendo un’esperienza di gioco molto simile a quella di PS2 e rinunciando, dunque, al fattore innovativo. Realizzazione tecnica Per quanto riguarda la realizzazione tecnica, DBZ Budokai Tenkaichi 2 si porta dietro, anche in questo caso, un bagaglio di personaggi ben disegnati, che mostrano ferite e lividi a seconda delle botte prese e si muovono all’interno di scenari vasti ma di qualità altalenante: le belle pianure ricche di vegetazione e gli spaccati urbani si frappongono a desolati paesaggi alieni, poveri di elementi e colorati male. Le animazioni non sono al top, ma risultano funzionali all’azione e la loro qualità viene compensata dallo spettacolo offerto dalle mosse speciali, davvero devastanti (anche se non come quelle viste nel vecchio Dragon Ball Z Budokai 3, che dal punto di vista grafico rimane ancora una spanna avanti). La qualità tecnica del gioco, purtroppo, non implica uno sfruttamento adeguato delle capacità di Wii: l’edizione europea non supporta la visualizzazione in 480p (si rimane fermi ai 576i sui televisori HD-Ready) né i 16:9. Di più, il confronto con la versione PS2 viene vinto per pochissimo: i modelli poligonali sono lievemente più definiti, mentre i fondali hanno un antialiasing che ricorda tanto le conversioni per GameCube. Il comparto sonoro è rimasto invariato, conservando tutti i propri punti di forza: il parlato in Inglese è fortunatamente sostituibile con quello in Giapponese, gli effetti sonori sono convincenti e le musiche riescono ad appassionare quanto basta per affrontare i combattimenti nel migliore dei modi. Tutti i testi a schermo sono tradotti in Italiano. Commento Pur non sfruttando neppure lontanamente le capacità tecniche di Wii, Dragon Ball Z Budokai Tenkaichi 2 è un prodotto da tenere in debita considerazione per alcuni motivi. In primis, rappresenta un esordio per NamcoBandai, e il suo immancabile successo di vendite (come per tutti i giochi di Dragon Ball, del resto) porterà all’arrivo di altri prodotti della casa giapponese, speriamo pensati appositamente per Wii. In secondo luogo, ora non è più necessario possedere una PlayStation2 per accedere a un tie-in così corposo e importante, che dà agli appassionati della serie davvero tutto ciò che hanno sempre desiderato, con più di cento personaggi e decine di mosse speciali. In conclusione, se vi piace Dragon Ball Z e possedete un Wii, non c’è un motivo valido per cui non dovreste acquistare DBZ Budokai Tenkaichi 2. Sperando che in futuro, insieme ai contenuti, arrivi anche uno sfruttamento delle possibilità tecniche della console. Voto: 7.8