News di Agosto 2003 1 di 11

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News di Agosto 2003 1 di 11
News di Agosto 2003
Scoperta una caverna con disegni di 4000 anni fa
01 Agosto 2003
Sidney - Scienziati australiani hanno trovato in una remota località a ovest di Sydney una caverna contenente
una gran quantità di pitture e disegni aborigeni di migliaia di anni fa, e la considerano una delle scoperte finora
più importanti di arte aborigena. I 203 dipinti e disegni, che ritraggono una vasta gamma di animali - uccelli,
rettili e canguri, divinità con caratteristiche in parte umane e in parte animali, strumenti come asce e
boomerang, e profili di mani, sono stati datati a 11 differenti periodi, i più antichi risalenti a 4000 anni fa. L'arte
rupestre è stata scoperta nel profondo di caverne nel parco nazionale di Wollemi, 100 km a ovest di Sydney, da
un escursionista otto anni fa ed è stata tenuta segreta finora. Nello stesso parco era stato scoperto per caso dai
ranger nel 1994 un gigantesco pino preistorico, poi chiamato Wollemi Pine che si era propagato e mantenuto in
vita in forme diverse per ben 200 milioni di anni e che era ritenuto da tempo estinto. Il premier del Nuovo
Galles del sud, Bob Carr, ha riferito in parlamento che le opere sono state identificate e documentate da
un'equipe guidata dall'antropologo Paul Tacon, principale scienziato ricercatore dell'Australian Museum di
Sydney, e l'intera galleria di immagini è in condizioni quasi perfette, grazie alla sua ubicazione e alla protezione
naturale da sole, vento e pioggia. "Se qualcuno in Italia dicesse di aver appena trovato una nuova tomba
etrusca, questa risalirebbe a 700 anni avanti Cristo. Questa scoperta va fino al 2000 avanti Cristo", ha
dichiarato Carr. Le fotografie delle opere saranno visibili sul sito dell'Australian Museum, l'esatta ubicazione
della caverna resterà segreta.
Fonte: Kataweb.it
del 2 luglio 2003
Leggende tante, prove concrete nessuna
02 Agosto 2003
ROMA - Quelle etiopi sono solo copie simboliche: la vera Arca dell'alleanza, almeno stando alla Bibbia, era
ricoperta d'oro con due cherubini dalle ali dorate e non poteva essere toccata da nessuno, pena la morte
immediata. Conteneva le tavole della legge che Dio aveva dato a Mosè sul Monte Sinai. "L'Arca - spiega Santi
Grasso, professore di Esegesi biblica alla Università della Santa Croce di Roma - inizialmente era portata di città
in città nel regno di Israele, perché simboleggiava la presenza di Dio tra il popolo. Poi venne collocata nel Santo
dei Santi, il luogo più nascosto del Tempio di Gerusalemme, a cui era possibile accedere solo nel giorno della
festività dello Yom Kippur. Attorno al 587 avanti Cristo, con la distruzione del Tempio ad opera dei babilonesi,
scomparve, probabilmente distrutta anch'essa".
I misteri sulla sua sorte hanno creato nel tempo molte leggende, che hanno fatto da background a "I predatori
dell'arca perduta". Nel film, l'Arca era sepolta sotto le sabbie del deserto egiziano tra le rovine di un'antica città.
Nel 1992, l'esploratore inglese Graham Hancock sostenne invece che fosse nel santuario di Santa Maria di
Axum, in Etiopia. L'Arca sarebbe stata portata via da Gerusalemme al tempo del re Manasse (attorno al 650
avanti Cristo) e nascosta sull'Isola Elefantina sul Nilo. Alla fine sarebbe stata portata a Axum, dove una festa
celebra tuttora il suo arrivo.
Altri invece avanzano l'ipotesi che al tempo dell'invasione babilonese nel Tempio fosse conservata solo una
copia. Quella vera sarebbe stata nascosta in una caverna del Monte Oreb. Tra le varie leggende, spicca quella
che coinvolge i templari: l'Arca sarebbe stata trafugata dal potente ordine cavalleresco e sarebbe ancora
conservata in qualche castello del Nord Europa.
Un altro esploratore inglese, Ron Wyatt, sostenne invece di averla trovata a Gerusalemme. Secondo quanto
riportato dalla moglie, nel 1978 Wyatt si sarebbe trovato nei pressi della porta di Damasco e d'istinto (o ispirato
da una forza soprannaturale) avrebbe indicato una discarica, dicendo che l'Arca si trovava là sotto. Dopo aver
scoperto una camera con il prezioso reperto, cercò di fotografarlo ma le immagini risultarono annebbiate. In
realtà, come ricorda Grasso, bisogna distinguere tra la letteratura biblica e la storia. "Non ci sono prove
concrete dell'esistenza dell'Arca a parte i testi biblici - dice l'esperto - e le ultime datazioni fanno pensare che
questi testi risalgano a un periodo molto più tardo (quasi mille anni dopo) rispetto alla data di creazione
dell'Arca. Senza prove archeologiche certe non sapremo mai se è effettivamente esistita".
Fonte: ilmessaggero.caltanet.it
del 3 luglio 2003
Catania, scoperta tomba romana con sarcofago
03 Agosto 2003
PALERMO - Una tomba romana, forse risalente al I secolo dopo Cristo, con un sarcofago e uno scheletro umano
in buono stato di conservazione, sono stati scoperti nella centralissima via Etnea di Catania. Il ritrovamento e'
stato compiuto da operai di una ditta che sta lavorando al rifacimento del manto stradale, con la sostituzione di
sanpietrini con basole in pietra lavica dell' Etna. Il sarcofago era a circa 50 centrimetri di profondita' rispetto al
livello della strada nei pressi di piazza Stesicoro. Sul posto stawnno eseguendo le loro ricerche esperti del
Comune di Catania e della soprintendenza ai Beni culturali.
Fonte: ansa.it
del 4 luglio 2003
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News di Agosto 2003
Grazie al digital recuperati a Chartres testi carbonizzati
04 Agosto 2003
ERA la sera del 26 maggio del 1944, quando alcuni aerei (inglesi o tedeschi a seconda delle versioni)
sganciarono le loro bombe sulla cittadina francese di Chartres a un centinaio di chilometri a sud di Parigi. Gli
ordigni mancarono la magnifica cattedrale gotica, ma finirono su molti edifici e su un'ala del municipio
incendiandola. All'interno, una preziosa collezione di circa duemila manoscritti medievali risalenti al dodicesimo
secolo, che in gran parte furono resi illeggibili dal fuoco e dall'acqua usata per spegnerlo. Ora, grazie alla
moderna tecnologia digitale, questa collezione potrà essere letta nuovamente, dopo che per 50 anni gli studiosi
l'avevano considerata completamente perduta. Il cuore della collezione è rappresentato dall' Eptateuco , un
trattato sulle arti del filosofo Thierry de Chartres.
La tecnica si chiama "tecnologia digitale per immagini multispettrale" ed è usata normalmente sui satelliti per
realizzare immagini ad alta definizione della superficie terrestre. Ha già ottenuto comunque notevoli successi
anche nel campo archeologico, consentendo ad esempio di decifrare alcuni rotoli di pergamena venuti alla luce
ad Ercolano e parzialmente distrutti dall'eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo.
Per rendere nuovamente leggibili i manoscritti semicarbonizzati, i ricercatori dell'Università del Michigan e
dell'Università australiana Monash che hanno lanciato il progetto devono operare in varie fasi. Per prima cosa
vanno scattate diverse immagini dei manoscritti con una speciale camera a multispettro. Le foto vengono poi
passate attraverso diversi filtri, per produrre un set di immagini che vengono esaminate con luci di diversa
lunghezza d'onda, da quella dello spettro visibile a quelle invisibili come gli infrarossi e l'ultravioletto.
Infine, tutte le immagini vengono unificate per mostrare anche le più sottili caratteristiche della pagina e
renderla di nuovo leggibile.
Rispetto ai rotoli di Ercolano, anche questi parzialmente carbonizzati, l'ostacolo è però maggiore. Per spegnere
l'incendio, infatti, i manoscritti sono stati letteralmente inzuppati di acqua, cosa che ne ha comportato la
vetrificazione. E gli esperti non sanno ancora se questo renderà meno efficaci i risultati della ricostruzione
digitale.
Fonte: ilmessaggero.caltanet.it
del 5 luglio 2003
I segreti di Isola del Piano
05 Agosto 2003
ISOLA DEL PIANO Verrà presentato oggi alle 18 nel centro storico di Isola del Piano il volume "Isola del Piano
dalla preistoria a feudo dei Castiglioni" a cura di Renzo Savelli (Ideografica Edizioni). Preistoria e protostoria è il
tiolo del primo capitolo curato da Luciano De Sanctis. "Le testimonianze più antiche della presenza umana scrive Luciano De Sanctis - sembrano risalire al Paleolitico e sono rappresentate da un esiguo numero di
manufatti in selce rinvenuti sulla sinistra del Rio Puto a circa 300 metri dal corso d'acqua". Giancarlo Gori ha
analizzato l'età romana. I Romani stabilirono la Lex Flaminia che prevedeva la suddivisione del terreno sottratto
ai Galli in lotti da assegnare ai singoli cittadini romani. Anna Lia Ermeti ha svolto una ricerca su "Isola del Piano
tra tardoantico e medioevo: testimonianze archeologiche". In questo periodo che va dal IV al IX secolo si
stabilisce un nuovo rapporto fra strutture insediative, che precedentemente erano sparse e composte da
fattorie, e le chiese. Nell'età medievale (X-XV secolo) la fioritura di edifici monastici e religiosi sul territorio fu
notevle. Ed in questo periodo si sviluppò anche la "cultura materiale", vale a dire dei reperti ceramici. Roberto
Bernacchia ha affrontato il tema specifico del centro di Isola del Piano ed in particolare del suo castrum.
L'origine dell'incastellamento a Isola del Piano sembra legata allo sviluppo di una signoria locale. E ciò risulta da
un documento, il cui testo è andato perduto ma di cui rimane notizia in un protocollo notarile della prima metà
del Trecento. Leonardo Moretti e Stefania Del Bianco sono gli autori della ricerca su "Isola del Piano nei secoli
XV e XVI". Dopo un'analisi artistica delle chiese, confraternite e ospedali del territorio da parte di Franco
Negroni, Leonardo Moretti e Stefania del Bianco, il volume si chiude con uno studio di Renzo Savelli su
"Castelgagliardo: storia di un castello di frontiera".
Fonte: ilmessaggero.caltanet.it
del 5 luglio 2003
Rocce millenarie
06 Agosto 2003
In una remota area del Brasile, a Pedra Furada, esiste un sito preistorico con più di 350 pareti di pietra in cui
sono raffigurate pitture che ritraggono persone, cervi, lama, coccodrilli e persino puma. Queste pitture
rappresenterebbero le più antiche incisioni rupestri mai trovate nelle Americhe, e la loro scoperta potrebbe
cambiare radicalmente le teorie degli scienziati che tentano di comprendere in che modo e in quale epoca i
primi gruppi umani giunsero in quest'emisfero.
Riguardo a tali ipotesi, però, uno scienziato texano ha dichiarato che le pitture, disegnate con carbone e altri
pigmenti, non risalirebbero a 30.000 anni fa, come afferma un gruppo di archeologi diretti dal brasiliano Niede
Guidon, ma avrebbero solo poche migliaia di anni. I dubbi del ricercatore riguardano il metodo impiegato dagli
scienziati per datare le pitture delle grotte.
Spesso, infatti, si utilizza la datazione al C-14 per determinare l'età degli oggetti rivenuti. Molte pitture rupestri
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a Pedra Furada furono realizzate con pigmenti inorganici - rossi, marroni e gialli - che non possono essere datati
col carbonio radioattivo perché non hanno carbonio. Il carbone può essere accuratamente datato, ma fornisce
una datazione più antica, in assoluto, perché il legno carbonizzato impiegato per la pittura potrebbe essere
stato bruciato molto prima di essere applicato sulla parete.
Per far fronte a questo problema, gli scienziati possono misurare gli elettroni intrappolati nel sottile strato di
calcio che si forma sulle pitture delle grotte lungo i secoli. Sebbene sia un metodo valido per datare stalattiti e
stalagmiti nelle grotte, risulta inadeguato per datare l'arte umana perché presente nell'argilla sulle pareti delle
grotte, antiche di milioni di anni, può contaminare il deposito di calcio e restituire un'età assai più remota.
Gli scienziati brasiliani hanno impiegato questo metodo di recente, per stabilire l'età di alcune pitture di Pedra
Furada risalenti a 27000 e 44000 anni, arretrando l'affermazione di Guidon che, invece, le collocava in epoche
molto più antiche. Per dare validità ai ritrovamenti, comunque, il gruppo di Guidon ha inviato una parte del
materiale a Marvin Rowe, professore di chimica archeologica alla Texas A&M University, il quale ha sviluppato
un insolito metodo per datare l'arte delle caverne, chiamato "estrazione del plasma".
Il metodo di Rowe è unico, in quanto è in grado di estrarre tracce di carbonio dai pigmenti non viventi, e
fornisce agli scienziati un nuovo strumento per datare la pittura rupestre. Nel suo laboratorio, Rowe ha testato
12 campioni di pittura rossa e li ha inseriti in un arco di tempo compreso tra 1230 e 3730 anni fa, davvero
sorprendente per gli insediamenti umani del Sud America. L'occupazione umana a Pedra Furada, 30.000 anni
fa, rivoluzionerebbe totalmente le teorie scientifiche del popolamento delle Americhe.
Fino a oggi si riteneva che nuclei umani di cacciatori di mammut arrivarono in America attraversando la
Beringia (lingua di terra emersa in corrispondenza dello Stretto di Bering durante l'ultima era glaciale) circa
12.000 anni fa, una teoria basata sui ritrovamenti di un rilevante sito archeologico vicino a Clovis, Nuovo
Messico, che risale a 11.500 anni fa. Nel 1985, un antropologo dell'Università del Kentucky, Tom Dillehay,
annunciò il ritrovamento di manufatti umani nel sito di Monte Verde, nel Cile centrale, risalenti a 12.500 anni
fa, che hanno portato gli scienziati a ipotizzare che gli umani fossero lì da epoche precedenti, forse giunti con
barche piuttosto che via terra.
Dillehay afferma che i suoi scavi a Pedra Furada supportano l'idea che gruppi di umani di stanziarono in quella
zona circa 11.500 anni fa, ma non prima. << Dobbiamo tenere aperte le mostre menti, ma con cautela>> ha,
infine, dichiarato Dillehay.
Fonte: heramagazine.net
del 7 luglio 2003
Esseri umani si stabilirono in Amazzonia 4.500 anni fa
07 Agosto 2003
Gli archeologi hanno comunicato di aver scoperto i resti di un monumento e alcuni recipienti scolpiti nella
pietra, che proverebbero che l'uomo ha vissuto in zone elevate dell'Amazzonia 4.500 anni fa.
La scoperta è stata fatta nell'Ecuador del Sud, nella provincia di Zamora-Chinchipe, da parte di ricercatori
ecuadoriani e francesi, ed è stata annunciata da Francisco Baldes, il principale archeologo ecuadoriano del
programma, nel corso di una conferenza stampa.
I reperti sono stati rinvenuti a Santa Ana Florida, vicino al confine col Perù, in un sito che si crede fosse usato
per occasioni "funerarie o cerimoniali".
I contenitori di pietra erano finemente lucidati e incisi con figure di grandi felini, condor e serpenti. Secondo gli
esperti, i resti provano che qualche complessa comunità umana è esistita nelle zone elevate dell'Amazzonia dal
2450 a.C. e questa è la più antica prova di insediamenti umani nella regione.
Baldes ha aggiunto che i reperti, prova della prima civiltà nella regione andina, erano molto simili alla ben
conosciuta cultura peruviana Chavin o Cupisnique.
Fonte: heramagazine.net
del 3 luglio 2003
Un dinosauro identificato dopo 20 anni
08 Agosto 2003
Il sauropode era stato classificato in modo errato
I resti di un dinosauro di due tonnellate sono rimasti abbandonati in un'università del Sud Africa per più di
vent'anni senza essere mai stati classificati correttamente. Soltanto ora i ricercatori si sono resi conto che si
tratta del più antico antenato diretto delle maggiori creature che hanno mai camminato sulla faccia della terra.
Gli scienziati affermano che il fossile, scavato nel 1981 da James Kitching, è il più antico esempio conosciuto di
sauropode, un gruppo di giganteschi rettili erbivori che dominavano il pianeta nel Giurassico, fra 205 e 145
milioni di anni fa. Il fossile è vecchio di 215 milioni di anni e rappresenta una nuova specie di sauropode,
probabilmente il più grande animale di quel tempo con un peso di circa 1700 chili e una lunghezza di 8-10 metri
dalla testa alla coda.
È stato il paleontologo Adam Yates, dell'Università del Witwatersrand di Johannesburg, ad accorgersi che il
fossile dimenticato era stato classificato in modo errato. L'Antetonitrus ingenipes, come Yates lo ha battezzato,
è piccolo rispetto ai suoi pronipoti: per esempio l'Argentinosaurus, forse il più grande sauropode, pesava fino a
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100 tonnellate.
"Questa scoperta - commenta Yates - ci dice molte cose su come il gruppo di rettili si è sviluppato.
L'antetonitrus non è un gigante, ma fornisce alcuni indizi sull'evoluzione del gigantismo". In precedenza, il
sauropode più antico conosciuto era un Isanosaurus di 210 milioni di anni rinvenuto in Thailandia. La
riclassificazione del fossile è stata presentata in un articolo pubblicato sulla rivista "Proceedings of the Royal
Society London B".
Fonte: Le Scienze
dell'11 luglio 2003
Nuove scoperte sui costruttori delle piramidi di Giza
09 Agosto 2003
Una quindicina di nuove tombe è stata scoperta nella piana di Giza, a breve distanza da quella che è chiamata
Necropoli dei costruttori delle piramidi, in un'area a sud-est della sfinge e a sud di Heit El Ghorab (Muro del
Corvo). Le tombe, alcune delle quali di forma piramidale, furono edificate con mattoni di fango, con armature in
pietra calcarea, basalto e granito. Gli scheletri sono stati rinvenuti immediatamente sotto la struttura in
mattoni.
I sepolcri presentano una lunga camera interna con due false porte, attraverso le quali il defunto poteva
comunicare con i vivi e ricevere offerte.
La scoperta rivela molto sul ciclo della vita e della morte nell'Antico Regno, tanto quanto le sepolture dei reali e
dei nobili che circondano le piramidi a nord del muro.
I resti umani rinvenuti nell'area permettono di concludere che la classe operaia costituisse circa l'80% della
popolazione, mentre regnanti, nobili e sacerdoti ammontassero al restante 20 %.
Lo studio degli scheletri rivela un numero equivalente di maschi e femmine. Molti soggetti giacevano in
posizione fetale, con il viso rivolto a est e la sommità del capo verso nord. La maggior parte degli uomini morì
tra i 30 e i 36 anni.
Si è, inoltre, scoperto che l'età media delle donne non superasse i 30 anni, il che, con tutta probabilità, si deve
attribuire ai decessi per parto.
I notabili godevano senza dubbio di una salute migliore, come provano gli scheletri provenienti dal complesso di
mastabe situato a ovest della piramide di Cheope. Fra i nobili, le donne vivevano da 5 ai 10 anni in più rispetto
a quelle appartenenti alle comunità operaia e artigiana.
Rispetto ai resti delle mastabe, lo studio delle ossa degli operai ha rivelato una maggiore incidenza e gravità
dell'artrite degenerativa, osservabile soprattutto nelle vertebre lombari e nelle ginocchia, segno evidente di un
lavoro pesante.
Fratture semplici e multiple sono state riscontrate negli scheletri di entrambe le classi Frequenti sono le fratture
di radio, ulna, omero e fibula.
La maggior parte delle fratture è completamente guarita. Il perfetto allineamento dell'osso indica che le fratture
furono steccate.
Abbiamo trovato due casi, entrambi individui di sesso maschile, che suggeriscono un'amputazione della gamba
sinistra e del braccio destro. Le estremità cicatrizzate degli arti provano che le amputazioni ebbero successo.
Lo scrupoloso trattamento medico che questi operai ricevettero è contraddice la comune opinione che i faraoni
utilizzassero schiavi per costruire le piramidi, idea vecchia quanto gli scritti di Erodoto.
Il tipico scenario degli schiavi oppressi e frustati dalle guardie del Faraone trova conferma nel racconto
dell'Esodo e nell'opera dello storico Josephus, attivo nel I secolo d.C.. In realtà, i costruttori delle piramidi non
erano schiavi, ma contadini coscritti che lavoravano a rotazione, sotto la supervisione di abili artigiani e operai
specializzati.
Fonte: heramagazine.net
del 11 luglio 2003
Nuova campagna di scavo in necropoli Capestrano
10 Agosto 2003
PALERMO - Fu scoperta nel 1934 e subito porto' alla luce la statua del ''Guerriero di Capestrano'', diventata
simbolo dell' Abruzzo. Dopo campagne di scavo sporadiche, nel 1937 e nel 1973, la Necropoli di Capestrano
(L'Aquila) ospitera' nei prossimi giorni un cantiere-scuola, che esplorera' il vastissimo sito alla ricerca di nuovi
tesori. Gli scavi, coordinati dalla Soprintendenza per i Beni archeologici dell'Abruzzo, saranno affidati ai dodici
allievi del Corso per operatore archeologo, istituito nell'ambito di un progetto di iniziativa comunitaria Equal,
denominato ''Terra dei guerrieri''. Obiettivo del progetto - finanziato dall'Unione Europea, dal Ministero del
Lavoro e dalla Regione Abruzzo per un milione e 300mila euro complessivi - e' di valorizzare il potenziale
culturale e naturalistico dell'area. ''Quello di Capestrano - ha spiegato Roberta Cairoli, responsabile del settore
archeologico della 'Archeores Srl', che collaborera' all'iniziativa - e' uno dei siti protostorici piu' importanti
d'Abruzzo, finora esplorato solo parzialmente''. La necropoli e' pertinente a un centro abitato che ha avuto vita
sino all'epoca imperiale, situato nella Valle Tritana, in posizione ottimale per il controllo della viabilita' pastorale.
La necropoli fu scoperta casualmente, nel 1934, da un contadino del luogo, che trovo' una colossale statua, il
''Guerriero'', a grandezza naturale e a valenza funeraria e onoraria. Nel dicembre dello stesso anno fu avviata
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una campagna di scavo che mise in luce ventuno tombe a inumazione, cinque a incinerazione e sei sepolture
sconvolte. Fu rinvenuto anche un frammento di statua femminile, un busto denominato ''Torsetto''. Il Guerriero
di Capestrano risale alla fase di massima fioritura delle comunita' del territorio, tra la seconda meta' del VII e la
prima meta' del VI sec. a.C., che registro' l'affermazione di una potente aristocrazia locale capace di
concentrare potere politico ed economico. Dopo una prima fase di ricognizione preliminare, sara' avviata la
campagna di ricerca, mirata alle aree che risulteranno piu' dense di elementi archeologici. Saranno verificati gli
effettivi limiti e confini della necropoli e definiti gli spazi sepolcrali, la loro disposizione all'interno dell'area
cimiteriale e la ripartizione interna. Si valutera' l'eventuale esistenza di assi stradali (le ''viae sacrae''), l'inizio di
utilizzo e di abbandono dell'area, la tipologia delle sepolture e la tipologia dei corredi tombali. La prima fase del
corso durera' tre mesi, dal 14 luglio prossimo. Dal 15 settembre, un secondo gruppo di lavoro, composto da
altri dodici allievi, si occupera' - nei laboratori del Museo della Preistoria di Celano (L'Aquila) - della
catalogazione e del restauro dei reperti. I due corsi, che avranno una durata di 460 ore ciascuno, saranno
accompagnati da lezioni teoriche e pratiche tenute da docenti qualificati. ''L'obiettivo dell'intero progetto, nel
quale rientra anche un Master di Economia sociale gia' svolto - secondo Giuseppe D'Alessandro, presidente di
Abruzzo Sviluppo, capofila dell'iniziativa - e' di partecipare alla costruzione e gestione di imprese sociali,
soprattutto nel settore dei beni culturali''. L'Abruzzo interno - secondo uno dei coordinatori, Victor Matteucci puo' ''contrastare la sua marginalita' facendo leva proprio sulle sue merci pregiate: la cultura e l'ambiente''. Le
iscrizioni ai corsi resteranno aperte fino al 6 luglio prossimo. Per informazioni: www.terradeiguerrieri.it.
Fonte: ansa.it
del 11 luglio 2003
Apre al pubblico l'area archeologica
11 Agosto 2003
Sarà svelata al pubblico l'area archeologica di Ricina. Il cantiere per il restauro del teatro romano e del
fabbricato annesso saranno visitabili dal 19 luglio al 31 agosto (ogni venerdì, sabato e domenica dalle 17 alle
20), grazie all'iniziativa del Comune in collaborazione con la circoscrizione e la Pro loco di Villa Potenza che
metterà a disposizione i propri volontari. All'inaugurazione (sabato 19 alle 18), sono stati invitati, tra gli altri,
sindaco, assessori, prefetto di Macerata, sovrintendente e direttrice del terzo circolo didattico.
La zona archeologica, la cui valorizzazione è uno dei punti qualificanti del programma di riqualificazione dei beni
culturali del Comune di Macerata, è stata spesso considerata il nucleo primitivo di Macerata. Fondata nel 220
d.c. per volere di Settimio Severo, come ricompensa ai veterani di guerra in Mesopotamia, la colonia romana di
Reseina (Ricina) vanta antiche vestigia che contribuirono a velare le origini di Macerata di una patina di remota
nobiltà. Attualmente sono visibili i resti del Teatro, risalente al II secolo d.c., alcuni tratti della via lastricata e
un serbatoio dell'acquedotto che, dalle falde acquifere del Cimarella, portava l'acqua nella città. Sarà possibile
visitare, in sostanza, il 70 per cento dell'intero teatro. Il prossimo anno, a lavori ultimati, sarà possibile visitare
l'intera area conmpreso uno splendido museo contenente migliaia di reperti archeologici di età romana.
Spesso scambiato per un anfiteatro, il teatro di Ricina, venne svuotato dalla terra nel 1825 e interamente
riportato alla luce nel 1938 dall'Inglieri: è il tipico teatro romano in uso nel mondo occidentale, costruito su
terreno pianeggiante secondo il modello ampiamente descritto da Vitruvio. La cavea, perfettamente
semicircolare, ha un diametro massimo di 71,30 centimetri e la capienza di almeno un terzo inferiore a quella
del teatro di Urbs Salvia; è costituito inoltre, da due soli ordini di gradinate, distinte da un corridoio intermedio.
Visite fuori orario sono previste previo appuntamento telefonando al numero 0733.492937 (Pro loco di Villa
Potenza).
Fonte: ilmessaggero.caltanet.it
del 12 luglio 2003
A spasso nell'archeologia
12 Agosto 2003
Inaugurata la mostra "L'Uomo, la Pietra, i Metalli". I graffiti preistorici del Sahara trovati dagli archeologi
Alfredo e Angelo Castiglioni aprono il viaggio nel passato proposto dalla mostra L'Uomo la Pietra i Metalli
inaugurata ieri pomeriggio al Palacongressi. Il taglio inaugurale è spettato al prefetto Giuseppe Destro davanti a
una folta rappresentanza di studiosi ed esperti che compongono lo staff scientifico che ha curato l'esposizione
ideata dall'egittologa Giuseppina Capriotti Vittozzi dell'Università di Roma.
La mostra potrà essere visitata da oggi fino al 3 novembre, tutti i giorni dalle 17 alle 23. "E' un'iniziativa
dedicata non solo ai turisti e alla città - ha spiegato il sindaco Domenico Martinelli - ma anche alle scuole a cui è
stato riservata una parte importante". L'onorevole Scaltritti ha auspicato che l'iniziativa di quest'anno possa
superare il traguardo già positivo delle 40.000 presenze della scorsa estate e ha evidenziato l'attenzione
riservata all'interno della mostra al Piceno. In effetti, lungo tutto il percorso espositivo che in nove sezioni porta
dai graffiti preistorici ai bronzi piceni, ci sono riferimenti continui al nostro territorio: dai ritrovamenti alle opere
conservate nei musei marchigiani, ai reperti ittici recuperati dalle profondità del nostro mare. E poi ovunque
piccoli oggetti in marmo, in bronzo, in ferro, in pietra, provenienti dalla Siria e dalla Palestina, dal Sahara,
dall'Egitto, ma sempre con un collegamento alla nostra storia.
L'organizzazione della mostra è stata resa possibile dalla collaborazione tra diversi enti e istituzioni per i quali
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erano presenti: l'assessore alla Cultura Bruno Gabrielli, i presidenti della Provincia Pietro Colonnella, della
Camera di Commercio Enio Gibellieri, della Fondazione Cassa di Risparmio Vincenzo Marini Marini, del Consorzio
Turistico Marco Calvaresi, l'assessore regionale al Turismo Lidio Rocchi, l'assessore provinciale alla Cultura Carlo
Verducci.
Fonte: ilmessaggero.caltanet.it
del 13 luglio 2003
I mosaici dell'antica Eloro
13 Agosto 2003
Saranno presto esposti al pubblico, dopo un lungo restauro, i mosaici dell'antica Eloro, meglio conosciuti come
quelli del Tellaro, dall'omonimo fiume della provincia siracusana.
L'assessore regionale dei Beni culturali della Regione Sicilia, Fabio Granata, ha presentato ufficialmente
domenica 13 luglio i pregiati mosaici presso la chiesa sconsacrata di San Domenico a Noto, nella quale
resteranno fino a settembre prima di essere riposizionati nella villa che essi adornavano nel III -IV sec. a.C..
Un altro tassello viene così ad aggiungersi al progetto del distretto culturale del Sud-Est siciliano, arricchendo
l'offerta culturale degli otto Comuni riconosciuti dall'Unesco patrimonio dell'umanità.
Fonte: archeomedia.net
del 14 luglio 2003
La genetica in aiuto alle lingue
14 Agosto 2003
La storia delle lingue, specie quelle indoeuropee, è particolarmente intricata e complessa. Per questo un gruppo
di ricercatori hanno cercato di districarsi nella cronologia utilizzando gli strumenti della genetica evolutiva.
I due ricercatori (un antropologo, Peter Forster, inglese, e un linguista svizzero Alfred Toth) hanno allora
applicato gli strumenti matematici dell'analisi filogenetica del Dna per confrontare i linguaggi stessi. Hanno cioè
cercato di confrontare le somiglianze e le differenze tra due iscrizioni bilingui celtiche-latine, in modo da
costruire un vero e proprio albero genealogico.
Calcolando anche la velocità di mutazione delle due lingue, gli scienziati sono stati in grado di identificare alcuni
punti (nel tempo) in cui le due lingue si sono differenziate. Secondo questa ricostruzione, le lingue indoeuropee
nacquero circa 8100 anni fa, e il linguaggio celtico arrivò in Inghilterra circa nel 3200 a. C. I due giovani
ricercatori suggeriscono anche di usare lo stesso approccio per altri problemi di linguistica storica.
Fonte: Focus.it
del 15 luglio 2003
Fossile di pleiosauro sulle rive del lago di Loch Ness
15 Agosto 2003
Non sarà Nessie, il presunto mostro che vive nelle acque del lago di Loch Ness, ma gli assomiglia molto. È lo
scheletro fossile di un pleiosauro, scoperto per caso da un pensionato scozzese Gerald McSorley, 67 anni di
Stirling, in una pozza poco profonda sulle rive del lago. Secondo Lyall Anderson, un paleontologo del Museo
nazionale scozzese, il fossile risale a circa 150 milioni di anni fa e mostra quattro vertebre e la spina dorsale
fossilizzate su un fango grigio. "La credenza popolare ha sempre associato al pleiosauro, un dinosauro marino
dal collo molto lungo, l'immagine del mostro di Loch Ness. Il lago però risale a soli 12 mila anni fa, in piena età
glaciale, non esisteva al tempo dei dinosauri e quindi non è mai stato abitato da questi mostri marini. Questo
fossile è arrivato sulle sue rive dal fiordo del Moray Firth trasportato da qualche evento catastrofico", ha detto la
Anderson.
Fonte: boiler.it
del 16 luglio 2003
Trovato lo scheletro di un mammut quasi integro
16 Agosto 2003
GINEVRA - Lo scheletro di un mammut praticamente intero e' stato trovato in Svizzera durante gli scavi per un
cantiere a Niederweninger, cantone di Zurigo. Il mammut sarebbe morto circa 35mila anni fa in una palude, ad
un' eta' di 10-15 anni. La sua altezza al garrese era di circa tre metri, ha affermato l' archeologo cantonale
Markus Graf, sottolineando il carattere eccezionale del ritrovamento di uno scheletro quasi intero.
Fonte: Yahoo! News
del 16 luglio 2003
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News di Agosto 2003
Lecco, scoperto forni "industriali" età del ferro
17 Agosto 2003
Milano - 'Antenati' di forni siderurgici, risalenti all'eta' del ferro,
sono stati scoperti a Piani d'Emma, nel corso di una campagna di
scavi archeologici coordinata dall'Universita' degli Studi di
Bergamo e dai Musei Civici di Lecco. Durante i lavori sono
affiorate evidenti tracce di lavorazione siderurgica e di forni per la
riduzione del minerale di ferro, del terzo secolo Avanti Cristo.
"Si tratta - spiegano Marco Tizzoni dell'Universita' di Bergamo e
Michela Ruffa dei Musei Civici di Lecco - della piu' antica
testimonianza di attivita' legata alla riduzione e lavorazione del
minerale di ferro fino ad ora scoperta nella nostra regione. Siamo
di fronte senza dubbio, alle prime miniere di ferro protostoriche
rinvenute in tutta la Lombardia".
I forni erano semplici: piccole strutture in argilla appoggiate alla
pendice montana e venivano utilizzati facendo uso di mantici azionati a mano, che permettavano di raggiungere
la temperatura adeguata per produrre ferro allo stato pastoso. "Il minerale proveniva dalle vicine miniere di
ferro - spiegano gli archeologi - il cui utilizzo, secondo la scarsa documentazione esistente, veniva fino ad oggi
fatto risalire all'epoca moderna e in particolare al 1700".
I materiali rinvenuti sono ora in corso di analisi e studio, con particolare attenzione alle scorie di lavorazione, ai
carboni, ai frammenti di forni fusori. Una nuova e piu' approfondita campagna di scavo e' gia' stata
programmata.
Fonte: agi.it
del 17 luglio 2003
Un antico fossile di pesce gatto
18 Agosto 2003
La genetica rivela che gli antichi turchi importavano pesce dall'Egitto
I resti fossili di una zuppa di pesce hanno permesso di identificare un'antica via di commercio romana finora
poco conosciuta. L'analisi genetica ha mostrato che un pesce gatto vecchio di 1400 anni, sepolto in un'antica
città turca, proveniva probabilmente dall'Egitto.
I fossili sono stati trovati presso le rovine di Sagalassos, a 110 chilometri dalla costa meridionale della Turchia.
Il pesce gatto (Clarias gariepinus) non è nativo di questa regione. L'analisi del DNA mitocondriale di alcune delle
pinne pettorali del pesce, materiale genetico che non si modifica molto con il passare del tempo, è stato
confrontato con esemplari moderni di pesci provenienti dalla Turchia, dalla Siria, da Israele, dal Mali, dall'Egitto
e dal Senegal. Il campione di Sagalassos è risultato corrispondente a quelli dei pesci gatti presenti oggi nel
fiume Nilo.
Nel 600 dopo Cristo, Sagalassos era uno snodo importante per la cultura, l'agricoltura e il commercio grecoromano. "I pesci gatto - afferma Marc Waelkens, dell'Università Cattolica di Leuven, in Belgio - erano
probabilmente una delizia riservata agli aristocratici". I romani potrebbero averli importati, insieme ad altri
pesci esotici, per i loro acquari decorativi. Nello stesso sito, Waelkens e colleghi hanno trovato anche resti di
pesce persico del Nilo (Lates niloticus) e di tilapia africana (Tilapia zillii).
La scoperta è una prova ulteriore dei legami di Sagalassos con le regioni più estreme dell'impero romano.
Alcune delle sue ceramiche, per esempio, sono state ritrovate nell'Africa nord-orientale.
Arndt, A. et al. Roman trade relationships at Sagalassos (Turkey) elucidated by ancient DNA of fish remains.
Journal of Archaeological Science, 30, 1095 - 1105, (2003).
Fonte: Le Scienze
del 21 luglio 2003
Londra. L'Egitto rivuole la stele di Rosetta
19 Agosto 2003
Londra - L'Egitto ha chiesto al British Museum la restituzione della Stele di Rosetta, la famosa pietra che è
stata cruciale per decifrare i geroglifici. Lo scrive oggi il domenicale britannico Sunday Telegraph sostenendo
che Sahi Hawass, direttore del consiglio supremo delle antichità del Cairo, ha già cominciato i negoziati con gli
accademici ed i curatori del museo londinese. Hawass ha detto al giornale britannico di sperare che il British
Museum restituirà volontariamente la pietra, ma di essere pronto a fare tutte le pressioni necessarie per
riportare in patria la Stele di Rosetta. "Tutti i manufatti rubati dall'Egitto devono essere restituiti", ha affermato.
La Stele di Rosetta fu trovata dall'esercito di Napoleone nel 1799 nel Delta del Nilo, ma si trova al British
Museum dal 1802.
Fonte: Kataweb.it
del 21 luglio 2003
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News di Agosto 2003
Due siti archeologici scoperti a Marzabotto
20 Agosto 2003
Un tempio a pianta greca e un nuovo luogo sacro, probabilmente legato al culto delle acque. Sono emersi
durante gli ultimi scavi compiuti a Pian Di Misa, il sito archeologico nei pressi di Marzabotto. I reperti, raccolti,
ordinati e catalogati, sono messi a disposizione del pubblico nel museo nazionale di Marzabotto Aria (dal nome
della famiglia che negli anni Trenta donò allo Stato la raccolta) e sono propedeutici alla visita del sito, che copre
un'area di 17 ettari. Le ricerche sul pianoro sono continuate e l'area archeologica sembra che non smetterà di
regalare ancora delle sorprese.Per rendersi conto del valore delle nuove scoperte e delle potenzialità che il sito
archeologico riveste anche dal punto di vista del turismo culturale, la commissione consiliare della Provincia di
bologna ha già compiuto un sopralluogo.
Fonte: leggonline.it
del 21 luglio 2003
Alghe fossili svelano i segreti del tempo
21 Agosto 2003
Un miliardo e 300 milioni di anni fa un anno aveva 540 giorni, era diviso in 13 o 14 mesi, ogni mese aveva 42
giorni e ogni giorno circa 15 ore. Lo hanno scoperto un gruppo di geologi cinesi del Tianjin Geology and Mineral
Resources Institute guidati da Zhu Shixing. Gli scienziati hanno studiato un vero e proprio "orologio biologico",
cioè circa 500 campioni di alghe verdi e azzurre trovate in uno strato geologico delle Yanshan Mountain nel nord
della Cina a oltre 3 mila metri di altezza. Le alghe si sono fossilizzate circa un miliardo e 300 milioni di anni fa e
variavano la loro crescita sulla base dei cambiamenti di luminosità tra il giorno e la notte. Di giorno, infatti,
tendono a crescere in verticale, mentre di notte in orizzontale. Secondo Zhu, quindi, è possibile così ricostruire
la durata del giorno e della notte di quella lontana epoca geologica. La scoperta è stata pubblicata sulla rivista
Journal of Micropaleontology.
Fonte: boiler.it
del 23 luglio 2003
Aquileia. Scoperta durante gli scavi scultura romana
22 Agosto 2003
Aquileia - Il torso in marmo di una preziosa statua di un militare di alto grado dell' esercito romano,
risalente al secondo secolo D.C. è stato trovato durante la seconda campagna di scavi che è stata condotta ad
Aquileia (Udine) dall' Università degli studi di Udine assieme alla Soprintendenza Archeologica del Friuli-Venezia
Giulia e che si è conclusa nei giorni scorsi. Il torso policleteo in posa eroica achillea di dimensioni pressochè
naturali (altezza massima 89,9 cm, larghezza massima 57,5 cm) - è stato spiegato oggi dagli archeologi a
Udine - ritrae quasi certamente un ufficiale dell' esercito romano, resosi benemerito. Le prime analisi stilistiche
condotte sul campo lo fanno datare alla prima metà del II sec. d.C., nell' ambito di un classicismo maturo, per
la raffinatezza di piccoli particolari che costituiscono dotte citazioni e l' utilizzo del trapano corrente per la
realizzazione delle pieghe del panneggio poggiato sulla spalla sinistra. Il torso presenta inoltre un balteo,
scolpito per sembrare fatto di stoffa, che doveva reggere la spada. Il corpo della statua venne realizzato in
modo da poter inserire separatamente la testa-ritratto. Evidentemente la scultura non doveva rappresentare nè
una figura mitologica, nè un imperatore, i cui ritratti sarebbero stati commissionati e realizzati in un unico
momento e in un unico blocco, per un preciso fine. L' attività di scavo - è stato spiegato - si è concentrata, sin
dal 2002, nella zona delle Grandi Terme, accanto all' area del Foro romano e del Porto antico, edificate nel
settore sud-ovest della città antica di Aquileia. Le campagne di scavi ad Aquileia nascono dalla collaborazione
tra l' Università di Udine e la Soprintendenza regionale per i Beni archeologici e fanno parte di un progetto
scientifico pluriennale, che ha l' obiettivo di individuare i limiti e l' estensione complessiva dell' edificio delle
Grandi Terme romane, porre in evidenza gli elementi monumentali (architettonici e musivi) principali del
complesso, stabilire la sequenza stratigrafica della formazione, dello sviluppo e, infine, del declino dell'
imponente edificio. Altri obiettivi riguardano la possibilità di restaurare e rendere visitabili le parti più rilevanti
dell' area.
Fonte: Kataweb.it
del 23 luglio 2003
Ragusa, recuperata in mare ancora nave bizantina
23 Agosto 2003
PALERMO - Importante ritrovamento archeologico in Sicilia. L' ancora di una nave d' epoca bizantina,
risalente al IV secolo avanti Cristo, e' stata recuperata dai carabinieri del comando provinciale di Ragusa e dal
nucleo sommozzatori di Messina dai fondali delle 'Secche della Circe', tra Ispica e Pozzallo. Alle operazioni ha
assistito anche personale della Sovrintendenza ai beni culturali di Ragusa che ha confermato l' epoca di
realizzazione dell' imbarcazione che e' in discrete condizioni, ancora, sul fondo marino.
Fonte: ansa.it
del 25 luglio 2003
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News di Agosto 2003
La nave (e il carico) che c'è
24 Agosto 2003
Una bettolina risalente a 1800 anni, che navigava lungo i confini dell'Impero romano, sta per tornare alla
superficie dalle acque dei Paesi Bassi. Lo scavo archeologico è stato effettuato da un'èquipe di archeologi sul
fondale di Heldammer Stroom, una propaggine del vecchio corso del fiume Rhine, vicino alla città di Utrecht.
Secondo gli archeologici, l'importanza del ritrovamento sta nel fatto che la nave fornirà ottime informazioni sul
modo in cui le milizie romane organizzavano i propri sistemi difensivi. La bettolina, in ottimo stato di
conservazione, mantiene intatto infatti il suo carico che, oltre alle ceramiche, comprende l'equipaggiamento da
guerra dei soldati.
Tutti ai posti di combattimento! "A bordo abbiamo trovato numerosi elementi che appartenevano
all'attrezzatura standard dei soldati romani: scarpe chiodate lance e accette", ha riferito l'archeologo marino
Andre Van Holk.
La bettolina, lunga 25 metri e larga 2,7 metri, sembra che sia affondata per cause naturali e non fatta affondare
deliberatamente al fine di fortificare le sponde del fiume, come è spesso avvenuto nell'area della ricerca. Per la
prima volta, inoltre, il team di ricercatori ha ritrovato nella cabina un completo inventario di oggetti
assolutamente intatti: la cucina, il letto e lo scrigno dei tesori del capitano insieme al suo armadio corredato dei
suoi effetti personali.
Fonte: Focus.it
del 25 luglio 2003
Morto l'astronomo che svelò tutti i segreti di Stonehenge
25 Agosto 2003
L'ASTRONOMO Gerald Hawkins è morto nella sua casa di campagna a Hawkridge, in Usa, all'età di 75 anni. La
morte risale a quasi due mesi fa, ma la stampa anglosassone l'ha resa nota solo ora dopo che alcuni giornalisti
londinesi appassionati di enigmi storici hanno intercettato la notizia sui siti Internet che si occupano dei misteri
di Stonehenge. Hawkins è stato il maggior archeoastronomo del XX secolo, ovvero lo studioso che
maggiormente ha applicato i principi astronomici all'archeologia. Era il 1963 quando la prestigiosa rivista
scientifica "Nature" dava conto delle prime ricerche di Hawkins su Stonehenge, suscitando clamore a livello
mondiale. Stonehenge, sostenne l'astronomo, altro non è che un gigantesco computer di pietra, che consente di
effettuare complicati calcoli sul sorgere e tramontare del Sole, sui movimenti della Luna e sulle eclissi. Non
solo: riuscì anche a dimostrare che i megaliti di Stonehenge potevano essere utilizzati per prevedere le eclissi
lunari e solari.
Fonte: ilmessaggero.caltanet.it
del 25 luglio 2003
Riemerge Sant'Angelo in Vado
26 Agosto 2003
SANT'ANGELO IN VADOPortare alla luce l'antico insediamento romano di Tifernum Mataurense, l'odierna
Sant'Angelo in Vado. Un duplice progetto voluto dall'Amministrazione comunale della cittadina metaurense,
coadiuvato con Soprintendenza, Provincia e Università di Macerata, con il sostegno di Regione e Comunità
Europea, farà riemergere da sotto terra lo storico municipio, realizzato in epoca romanica. "Il primo progetto,
sostenuto dalla Comunità Europea con circa 400 mila euro (circa 800 milioni di vecchie lire) grazie all'Obiettivo
2 -ha spiegato nel corso di una conferenza stampa il primo cittadino, Luigi Antoniucci- partirà obbligatoriamente
il primo settembre e prevede lo scavo di una parte dell'area di Campo Monti, la zona in cui sorgeva Tifernum
Mataurense. Da sotto lo strato di terreno si cercherà di recuperare i resti di una villa romana e una serie di
mosaici". Da anni l'Amministrazione valdese si è impegnata al fine di recuperare, valorizzare e scoprire il suo
patrimonio archeologico riconducibile all'epoca romana. Prima con l'acquisizione dei terreni di Campo Monti, poi
con l'aiuto dell'Università di macerata che ha attivato i primi scavi e verifiche l'entità dell'impianto romanico da
recuperare. Poi, grazie alla collaborazione di esperti, anche del posto, come i professori Enzo Catani e Walter
Monacchi, si è passati alla sensibilizzazione attraverso iniziative culturali, quali convegni e pubblicazioni
scientifiche legate all'insediamento romano. Infine la seconda fase, nata con l'importante sostegno della nostra
Provincia. "ArcheoProvincia è di fatto l'iniziativa che ha permesso di dar vita ad una fase di scavi-vacanza -ha
affermato il sindaco Antoniucci- per circa un mese da tutt'Italia vengono persone a trascorrere una vacanza
alternativa, scavando e recuperando cimeli, oggetti e materiali. Questo ci ha permesso di andare avanti negli
scavi a costi bassissimi, e nel contempo attivando un aspetto fondamentale legato all'archeologia: il turismo, la
promozione del luogo e un indotto economico da non sottovalutare nel tempo". I due progetti sono stati
illustrati nel dettaglio e sostenuti nell'attuazione dal Soprintendente Giuliano De Marinis, presente alla
conferenza stampa assieme al funzionario della Provincia, Claudio Giardini, e dal professor Enzo Catani
dell'Università di Macerata.
Fonte: ilmessaggero.caltanet.it
del 26 luglio 2003
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News di Agosto 2003
Suasa, emerge l'antico teatro
27 Agosto 2003
CASTELLEONE DI SUASA - La città romana di Suasa continua a stupire riportando all'antico splendore i fasti di
passato illustre. L'ultima campagna di scavi, conclusasi una settimana fa, ha portato alla luce i resti di un antico
teatro romano che ha fatto brillare gli occhi degli archeologi che da anni sono a lavoro nel sito archeologico di
Castelleone. Una scoperta tanto più gradita quanto più inaspettata. Da anni gli archeologi sono a lavoro per
rimuovere le zolle di terra che da qualche millennio nascondono i resti di un passato che affascina e
incuriosisce. I lavori sono stati attivati nel 1987 quando il Dipartimento di Archeologia dell'Università di Bologna
iniziò i propri interventi con una campagna di prospezioni geofisiche e saggi di scavo, seguita l'anno successivo
dall'avvio dell'esplorazione sistematica che anno dopo anno ha "rispolverato" tutti i monumenti visibili
attualmente.
Con il teatro romano l'area archeologica di Castelleone si è arricchita di un contributo artistico e storico che è il
punto di partenza per nuovi progetti. Il primo di questi è il restauro del materiale, ora davvero ingente e ancora
più prezioso, a disposizione. "Una volta completata questa campagna di scavi della durata di un mese, che
andava dal 18 giugno al 18 luglio, ora iniziamo una fase ulteriore e direi fondamentale, quella del restauro - ha
dichiarato il sindaco di Castelleone di Suasa Furio Franceschetti - sarà un lavoro duraturo ma necessario che per
ora interesserà la Domus, nella sua pavimentazione a mosaico, e la struttura che si trova adiacente alla
chiesetta di Santa Caterina". Il teatro antico non è che l'ultimo "regalo", in ordine cronologico, di una campagna
di scavi che aggiunge altri elementi al cuore della "città romana di Suasa". Anzitutto la Domus dei Coiedii, una
villa risalente al II sec. d.C, appartenente alla famiglia senatoria dei Coiedii come indicato da una scritta
rinvenuta fra il materiale di riempimento della piscina, che si estende su una superficie di oltre tremila metri
quadrati. Accanto alla villa si trova la vasta area caratterizzata dalla presenza degli antichi edifici pubblici che
costituivano il "foro" di Suasa, il centro dello svolgimento delle attività commerciali e politiche della cittadina.
Senza dimenticare poi l'anfiteatro romano che completa la "trilogia" monumentale della Suasa archeologica.
"Sono ben sessanta gli ettari di terreno che sono stati oggetto di scavi dal 1988 ad oggi e che sono stati
oggetto di analisi da parte di esperti che, allora studenti universitari, oggi sono archeologi e direttori di scavi su
questo stesso sito" ha spiegato Franceschetti. Inutile negare che di tutte le campagne di scavi, questa passerà
alla storia. "L'ultima campagna di scavo è stata molto produttiva e senz'altro quella che ci ha stupito con la
sorpresa del teatro romano - ha aggiunto - ma non dobbiamo dimenticare che in questi quindici anni abbiamo
acquisito un corpo documentale composto da tantissimi reperti che costituiscono un patrimonio artistico, storico
e culturale non indifferente".
Fonte: ilmessaggero.caltanet.it
del 26 luglio 2003
Analisi spettroscopica di antiche statuette
28 Agosto 2003
Le statue di selce risalgono alla civiltà Cahokia dell'Illinois, ma sono poi state spostate e modificate
Grazie in parte a una nuova tecnologia spettroscopica, un team di ricercatori interdisciplinare ha risolto un
grande mistero concernente alcuni dei più antichi reperti di scultura del Nord America.
Usando uno strumento di analisi non invasiva chiamato PIMA (Portable Infrared Mineral Analyzer), alcuni
scienziati dell'Università dell'Illinois di Urbana-Champaign hanno identificato la provenienza di statuette
rinvenute in diverse località nel sud-est degli Stati Uniti. Lo studio è stato descritto in un articolo pubblicato
sulla rivista "American Antiquity".
Secondo Thomas Emerson, archeologo a capo della ricerca e direttore del programma ITARP (Illinois
Transportation Archaelogical Research Program), le statuette sono state realizzate con selce proveniente dalle
cave nei pressi di St. Louis. Con ogni probabilità sono state prodotte nel dodicesimo secolo da artigiani di
Cahokia, un'antica cultura dell'Illinois, durante un'"esplosione artistica", ma gli oggetti sono stati poi trasportati
in tempi diversi in altri luoghi, dove sono poi stati ritrovati.
Ci sono prove secondo cui, dopo il loro trasporto, alcune delle immagini siano state modificate e adattate,
cambiandone spesso anche il significato. Alcune delle statuette sono addirittura state intagliate per trasformarle
da oggetti sacri in pipe. Sembra che il trasferimento e le modifiche siano avvenute dopo che la società di
Cahokia cominciò a declinare, alla fine del tredicesimo secolo. Questo suggerisce che il loro destino sia
associato allo sfaldamento del vecchio ordine: determinare quando le statue sono giunte nelle nuove località
potrebbe fornire importanti indizi sulla storia passata della regione.
Fonte: Le Scienze
del 9 luglio 2003
L'età degli americani
29 Agosto 2003
Non prima di 18 mila anni fa. È questo il limite cronologico fissato per il popolamento dell'America da un
recente studio condotto sul patrimonio genetico dei nativi americani. A tale periodo risale infatti, al più tardi, la
mutazione M242 dell'aplotipo 10, la variante più antica del cromosoma Y diffusa tra gli amerindi. M242 è
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comune sia ai nativi americani sia ai popoli asiatici da cui hanno avuto origine e quindi i primi gruppi umani
devono aver raggiunto il Nuovo Mondo dopo la comparsa della mutazione. I risultati ora disponibili accreditano
la tesi del popolamento dell'America al termine dell'ultima Era Glaciale, circa 13 mila anni fa. È invece
improbabile che l'evento sia avvenuto 30 - 40 mila anni fa, come sostengono altri studiosi. Restano tuttavia di
difficile interpretazione alcuni reperti ossei. I più antichi scheletri di amerindi presentano infatti crani di forma
allungata tipici delle popolazioni europee. Ma per Spencer Wells, co-autore della ricerca, la forma allungata
sarebbe riconducibile a un lontano progenitore asiatico comune a europei e nativi americani. Successive
migrazioni dall'Asia orientale avrebbero invece favorito la diffusione tra i nativi di tratti somatici quali la fronte
piatta e larga e gli zigomi sporgenti, ancor oggi predominanti nei discendenti. Lo scienziato non può comunque
escludere, per quanto improbabile, che la traccia genetica di più antichi gruppi di popolamento sia sfuggita
all'identificazione.
Fonte: galileonet.it
del 23 luglio 2003
Un robot che recupera i relitti
30 Agosto 2003
Il materiale portato alla luce sarà diviso fra il governo britannico e la compagnia di recupero
Fra pochi mesi, un sottomarino robotico si immergerà nel Mar Mediterraneo per cominciare lo scavo di un relitto
che si ritiene essere quello della HMS Sussex, una nave da guerra britannica affondata al largo di Gibilterra nel
1694. La Sussex trasportava un carico di monete d'oro che oggi potrebbe valere 4 miliardi di euro.
L'evento segnerà l'inizio di una controversa collaborazione fra professionisti del recupero di navi affondate,
archeologi marini e il governo britannico, ignorando l'inimicizia di lunga data fra gli scienziati e i cacciatori di
tesori, dai primi a volte chiamati in modo sprezzante "tombaroli".
Secondo gli archeologi, lo sfruttamento commerciale dei relitti distruggerebbe l'inestimabile eredità culturale
che si trova sotto gli oceani. Operazioni di questo tipo, sostengono gli scienziati, danneggiano importanti prove
archeologiche prima che possano essere studiate. I cosiddetti cacciatori di tesori, invece, affermano che senza il
loro denaro e la loro esperienza molti relitti non sarebbero comunque mai scoperti o esplorati. La loro
partecipazione inoltre fungerebbe da deterrente per i saccheggiatori dilettanti.
Due anni fa, il probabile relitto della Sussex è stato trovato a circa 1000 metri sotto la superficie del mare. Pur
in acque internazionali, la nave appartiene ancora al governo britannico, che ha acconsentito a permettere alla
Odyssey Marine Exploration della Florida, la compagnia che ha effettuato il ritrovamento, di recuperare il
contenuto dallo scafo. Se la nave fosse davvero la Sussex, la compagnia e il governo si divideranno tutto ciò
che verrà recuperato. La notizia è stata pubblicata sulla rivista "New Scientist".
Fonte: Le Scienze
del 28 luglio 2003
La verità sulla villa romana di Tarquinia
31 Agosto 2003
"Sono state scritte molte inesattezze sul risultato degli scavi della Villa romana di Pian di Spille". Iwaki
Katsuhiro, ricercatore giapponese responsabile degli scavi durante la temporanea assenza del direttore, ci
spiega che "visti gli articoli usciti, stiamo valutando l'opportunità di inviare un nota di chiarimenti". Non si sente
di farlo subito, perché non parla e non capisce sufficientemente bene l'italiano da essere certo di non sbagliare.
"Insieme con la soprintendenza - annuncia - provvederemo a chiarire presto ogni inesattezza detta sulla
vicenda".
Due cose il ricercatore riesce a dire subito con sicurezza: "Non c'è alcuna prova che sia stata l'abitazione
dell'Imperatore Augusto. Nessuna iscrizione o altro significativo segno che possa darne a lui la proprietà è stato
trovato. Di certo, la costruzione è appartenuta ad una famiglia nobile o comunque molto ricca. Una parte della
costruzione scavata può essere datata attorno al primo secolo a.c., quindi potrebbe anche essere stata una
residenza imperiale. Ma non ce ne sono le prove. Ha invece subito di certo ampliamenti e mutamenti tra il 2 e 3
secolo d.c., ed è stata abitata almeno fino al 5 secolo. Ci sono poi ricchi mosaici che ritraggono scene di pesa
verso il mare e scene di caccia verso la pineta".
Soprattutto, però, stando al ricercatore "non è vero che la soprintendenza ne abbia già disposto l'interramento.
Saranno semplicemente messi dei teli a protezione del sito, come ogni anno. E' vero - ammette - che se non ci
saranno cambiamenti la prossima estate sarà la nostra ultima campagna di scavo, perché è fin lì che siamo
coperti finanziariamente. Ma cosa accadrà in futuro è presto per dirlo. Dipende da tante cose". Sull'importanza
dello scavo, però, il ricercatore non vuole sbilanciarsi. E se la decisione di interrare tutto in modo permanente
(sicuramente protetto comunque con i teli) alla fine ci sarà o meno, dipende molto anche da questo.
Fonte: ilmessaggero.caltanet.it
del 6 agosto 2003
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