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1 • La struttura del mercato italiano dei servizi di corporate e investment banking
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ricerca di una dimensione internazionale rappresenta un passaggio obbligato per un
duplice ordine di considerazioni. In primo luogo, la crescente internazionalizzazione
del sistema produttivo italiano, anche se solo basata su una logica di export, spinge le
imprese a cercare controparti finanziarie capaci di interagire con efficacia con un insieme di fabbisogni più articolato. Le banche di dimensioni maggiori devono quindi adeguare a questa nuova scala la propria offerta, per evitare il rischio di una migrazione
della domanda verso quegli attori che, grazie a un’esperienza maturata da molti anni,
operano su una scala global con maggiore efficacia. In secondo luogo, l’allargamento
della dimensione dei mercati rappresenta una possibile leva di crescita della performance per la banca in quanto ne allarga la varietà e la diversificazione del portafoglio. La
ricerca di nuove ASA e il confronto con competitori stranieri costituisce pertanto la
vera sfida imprenditoriale cui sono chiamate le banche nazionali, che, raggiunta una
sufficiente massa critica attraverso un percorso di aggregazioni domestiche, devono
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3 • L’attività di investment banking e i problemi della corporate governance
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valere per le banche, proponendo viceversa una rivalutazione dei modelli dell’Europa
continentale. Certamente, almeno in parte, è il risultato della crisi della corporate
America del biennio 2001-2002, crisi in cui anche le banche, e in particolare le banche di investimento, sono state coinvolte. Distorsioni allarmanti sono state prodotte
dai conflitti di interesse per i diversi ruoli svolti per le imprese e per le posizioni contemporanee verso imprese e investitori. Non è dimostrato che tutto questo sia il risultato del cattivo funzionamento della corporate governance delle stesse banche. Certamente, però, la questione è aperta.
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risultano specificati i parametri della distribuzione aleatoria dei valori dell’impresa a
regime, fornisce allora la valutazione desiderata. In quest’ottica si giustificava l’attribuzione di un valore positivo anche alle azioni di società Internet caratterizzate da
forti perdite operative correnti e prossime venture. Il loro capitale azionario, infatti,
era assimilabile a opzioni call, anche molto out-of-the-money, ma scritte su un sottostante altamente volatile, che, a fronte di un valore intrinseco nullo, giustificava la
presenza di un consistente time value positivo. La storia ha poi insegnato come, per
dolo o colpa, gli analisti, e sulla loro scia il mercato, abbiano di gran lunga sovrastimato l’entità di questo time value.
Basare, infine, la valutazione sul metodo dei multipli è, nel caso di imprese start
up e innovative, un esercizio ad alto rischio. Trattandosi di imprese a forte ma incerta
crescita, i valori correnti delle variabili che fungono da base dei multipli non hanno
grande significato, sempre ammesso che tali variabili possano essere individuate.
Affinché un’impresa sia comparabile alla società da valutare, deve condividerne non
solo i tratti caratteristici attuali, ma anche presentare un simile portafoglio di opzioni
reali a disposizione del management, il che è oltremodo difficile. E poiché il contributo che le opzioni reali apportano al valore di queste imprese è consistente, gli errori
a cui ci si espone utilizzando il metodo dei multipli possono risultare sostanziali.
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Corporate e investment banking
n le banche di investimento nazionali o continentali di maggiori dimensioni che,
godendo di rapporti privilegiati con il tessuto economico di un dato paese o una
data regione, sono in grado di originare con più facilità, e di gestire in autonomia, operazioni rivolte soprattutto ai mercati locali di loro pertinenza. Rientrano
in tale categoria alcune importanti istituzioni europee come Deutsche Bank,
Société Générale, ABN AMRO Rotschild, Mediobanca;
n gli intermediari nazionali, che effettuano operazioni domestiche di piccole o
medie dimensioni, affiancate spesso da istituzioni della categoria precedente.
La Tab. 7.4 mostra i primi 10 operatori a livello mondiale negli ultimi anni. Ne
emergono sia un elevato livello di concentrazione dell’offerta di questi servizi, dal
momento che le prime 10 istituzioni coprono, in genere, attorno al 60 per cento del
controvalore complessivo delle offerte, sia il ricorrere nel tempo delle medesime istituzioni al vertice della classifica.
Concentrazione del mercato e stabilità delle graduatorie sono il risultato di alcune
peculiari caratteristiche di questo settore d’attività dell’intermediazione finanziaria,
in particolare:
a. la presenza di notevoli costi fissi, e quindi di economie di scala e di scopo per l’intermediario per effetto del ruolo dell’equity research, delle reti di distribuzione,
delle reti informative;
b. l’importanza della reputation e dell’immagine, asset che non si può costruire in
poco tempo;
c. l’importanza delle economie di esperienza (learning by doing);
d. l’importanza delle relazioni con gli altri intermediari, con le autorità e con gli
organi del mercato regolamentato.
Le classifiche degli operatori nel settore dell’investment banking sono dette league
tables e sono predisposte da information providers specializzati quali Thomson, Bloomberg, Institutional Investor.
I criteri di predisposizione sono complessi sia per l’identificazione delle operazioni ammissibili (eligible), sia per il riparto del controvalore tra le istituzioni finanziarie
partecipanti. Al riguardo, è invalso l’uso di assegnare proporzionalmente a tutti i soggetti designati come bookrunner il controvalore complessivo dell’offerta, inclusivo,
quindi, della tranche retail e senza riguardo all’ammontare collocato da ciascun
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Corporate e investment banking
La valuta di denominazione tipica dei prestiti sindacati è il dollaro (75 per cento).
Il 15 per cento dei prestiti è denominato in euro e il 5 per cento in sterline inglesi. Il
rimanente 5 per cento è attribuibile alle altre valute.
A proposito della valuta di denominazione dei prestiti sindacati è bene ricordare
che a volte essi contengono la clausola multicurrency che consente al prenditore di
modificare la valuta di denominazione del prestito nel corso della vita del prestito
stesso. Della struttura dei costi si è già detto trattando della remunerazione degli
intermediari.
La Tab. 8.16 (supra) illustra le prime 15 operazioni, in termini di ammontare, concluse nel mercato dei prestiti sindacati nel 2005.
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Corporate e investment banking
A fronte di tali fattori che sembrano frenare lo sviluppo del mercato del debito
mezzanino in Europa, occorre tuttavia rilevare come, in una prospettiva di allargamento dell’applicazione dello strumento in esame al di fuori delle tradizionali operazioni di LBO/MBO, la contrazione dell’offerta di credito senior, così come la tendenza verso una maggiore rigidità delle istituzioni bancarie nel valutare il merito creditizio di un’impresa, rappresentano fattori positivi che potrebbero favorire lo sviluppo
del mercato. In presenza di una carenza di capitale di debito per il finanziamento di
processi di crescita, il ricorso al capitale intermedio rappresenterebbe infatti la naturale soluzione, senza che quest’ultimo venga esclusivamente utilizzato con lo scopo
di sfruttare al massimo l’effetto di leva finanziaria.
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454
Corporate e investment banking
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nota come DIP financing17.
L’evidenza sul DIP financing non mostra perdite particolari ma, al contrario, buoni
margini di redditività, tanto che molte banche americane hanno ormai costituito al
loro interno unità di DIP financing.
Infine, è da notare in Italia la quasi totale assenza di un mercato secondario dei
prestiti ristrutturati che consenta ai creditori che non intendono partecipare alla
ristrutturazione di «liquidare» la loro posizione senza compromettere il risanamento dell’impresa.
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17
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14 • Il financial risk management quale servizio di corporate banking
479
taggio comparato nella fornitura di servizi di financial risk management alle imprese.
È per questo motivo, per esempio, che gli intermediari finanziari intervengono nella
gestione del rischio di prezzo delle materie prime oggetto di contratti derivati. Per la
sua natura prettamente industriale, esso costituirebbe, altrimenti, uno degli aspetti
salienti del vantaggio comparato di chi dirige l’impresa.
Terzo, nell’utilizzare gli strumenti derivati per la copertura di rischio occorre prestare attenzione alla possibilità di effetti collaterali. Coprire un rischio di transazione relativo al prezzo di acquisto delle materie prime tramite un acquisto di un contratto futures
sulle stesse comporta l’assunzione di un’esposizione al rischio di interesse. Il prezzo
del futures sulle materie prime risente, infatti, oltre che del valore del sottostante, anche
del rendimento offerto dal mercato per impieghi monetari di pari scadenza.
Quarto, anche se il mercato over-the-counter consente operazioni in strumenti derivati il cui valore dipende direttamente dal fattore di rischio finanziario che si intende
coprire, può risultare conveniente ricorrere a strumenti esposti a un fattore diverso, purché altamente correlato con il primo, se su questi ultimi esiste un mercato più liquido.
Per esempio, si può coprire un’esposizione sul dollaro canadese attraverso operazioni a
termine sul dollaro americano (cross-hedge). Si riesce così a economizzare sui costi di
transazione, tanto inferiori quanto più liquido è il mercato, seppure a costo della rinuncia a eliminare del tutto l’esposizione che si intende gestire. Tale possibilità è preclusa
dalla correlazione meno che perfetta esistente tra il fattore di rischio originario e quello
sottostante al contratto utilizzato per la copertura. Il rischio che residua, tanto inferiore
quanto più elevata è questa correlazione in valore assoluto, è definito basis risk.
Quinto, le misure di rischio, siano esse declinate come standard deviation, valore a
rischio o shortfall probability, sono esprimibili solo in funzione di un orizzonte temporale di riferimento. Deve essere cura del risk manager far coincidere la scadenza
dei contratti derivati trattati con quella dell’esposizione da coprire8. In caso contrario
si genera un basis risk da gestire in modo consapevole, onde evitare perdite inaspettate, anche di notevole importo, come alcune esperienze di importanti imprese multinazionali hanno insegnato9.
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8
Il prezzo di una materia prima o di una valuta da ricevere fra sei mesi evolve, infatti, in modo diverso da
quello della stessa materia prima o stessa valuta da ricevere fra 12 mesi.
9 Uno dei casi più famosi è quello della Metallgesellschaft discusso da Culp e Miller (1995) e da Mello e
Parsons (1995).
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504
Corporate e investment banking
n i rischi meteorologici non si prestano a essere agevolmente gestiti mediante coper-
ture assicurative tradizionali66;
n la copertura dei rischi catastrofali realizzata mediante derivati assicurativi non è
molto diversa da quella ottenibile attraverso un trattato riassicurativo, pur essendo
evidenziabili alcuni elementi distintivi67, sicché si potrebbe pensare che la domanda di derivati catastrofali sia in buona misura legata alle dimensioni e all’andamento dei prezzi del mercato riassicurativo.
Anche dal lato dell’offerta i benefici dei potenziali sottoscrittori dei titoli possono
essere diversi a seconda della natura del rischio sottostante:
n i credit derivatives consentono a un investitore di costruire un portafoglio di attivi-
tà finanziarie con dei profili di rischio/rendimento che meglio si adattano alle specifiche preferenze68, assumendo dei rischi di credito nei confronti di un determinato soggetto, senza dover sostenere i costi di raccolta, di compravendita del titolo e
di concessione del credito69;
n i catastrophe derivatives e i weather derivatives, configurandosi come titoli zero
beta, consentono di migliorare il profilo di rischio/rendimento di un portafoglio70.
Insieme a tali benefici vanno considerate le difficoltà che gli investitori potrebbero
incontrare nella valutazione dei rischi puri sottostanti a tali strumenti. Tuttavia, mentre la valutazione del rischio di credito rientra nelle competenze necessarie di un investitore (o per lo meno di un investitore istituzionale), il rischio catastrofale e quello
meteorologico sono di ben più difficile valutazione71.
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66
In effetti, la domanda di coperture mediante derivati meteorologici è cresciuta in modo significativo
in seguito alla deregulation in atto nel mercato dell’energia. Se in passato le conseguenze sfavorevoli del
rischio meteorologico potevano essere trasferite agli utenti attraverso un aumento dei prezzi, la maggiore
competizione ha reso la leva del prezzo sempre più difficilmente utilizzabile, imponendo una maggior
attenzione verso soluzioni alternative di copertura dei rischi, quali, appunto, i weather derivatives.
67 Misani sottolinea, con particolare riferimento ai derivati catastrofali negoziati in mercati regolamentati
e costruiti su indicatori esterni, i bassi costi di transazione, l’assenza di adverse selection e moral hazard,
il più contenuto rischio di default e l’estrema flessibilità, evidenziando, dall’altro lato, la possibilità di dar
vita a coperture imperfette, a causa dell’esistenza di forme di basis risk (cfr. Misani 1999, pp. 91-94).
68 Al riguardo si rimanda in questo stesso volume al Capotolo 19.
69 Si veda Bruno (2004).
70 Sul punto (con riferimento specifico ai cat bonds) si veda Nocera (2001, pp. 226-234).
71 Il rischio catastrofale, addirittura, poiché non è gestibile attraverso il procedimento assicurativo, è difficilmente valutabile anche dalle stesse imprese di assicurazione.
15 • Dal financial risk management all’enterprise risk management
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17 • Le operazioni di finanza strutturata: il project finance
579
gnata ma non utilizzata). Il numeratore del quoziente sarà invece rappresentato dal
margine rispetto al costo della raccolta (S o spread) aumentato delle commissioni (F).
La banca in questione avrà convenienza a partecipare all’operazione se:
S+F
– ke > 0
O × 8% + C × 4%
ove C rappresenta l’importo del finanziamento non utilizzato (committed).
Bibliografia
La bibliografia rappresenta una selezione molto ristretta di testi e articoli la cui lettura è tuttavia essenziale per approfondire efficacemente alcuni dei concetti e delle tecniche riportate nel capitolo. La bibliografia è articolata per aree tematiche.
Per quanto attiene alle riviste specializzate, segnaliamo Project Finance International, edita da International Finance Review Publications: la rivista, oltre a presentare articoli relativi alle novità del settore, riporta periodicamente anche le classifiche
dei progetti e dei migliori intermediari finanziari a livello internazionale per attività
di advisory, arranging e bond bookrunning.
Infine, a livello di dati sul mercato del project finance, le due banche dati più utili e
ricche di variabili sono LoanWare e ProjectWare prodotte da Dealogic.
Testi e articoli di taglio istituzionale ed economico-finanziario
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operazione di successo, Roma, Bancaria Editrice.
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Testi e articoli di taglio giuridico e normativo
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Tabarrini A., Tabarrini L. (1999), Le nuove norme in materia di lavori pubblici. Commento
alla Merloni Ter, Rimini, Maggioli.
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Corporate e investment banking
joint venture con FBS, servicer italiano, oltre che della già citata Eurocapital Structures) e nel rating dei titoli (Italrating, per esempio, poi acquistata da Fitch).
Infine, un segmento del mercato regolamentato MOT, denominato Euromot,
organizzato e gestito da Borsa Italiana SpA e un segmento del mercato regolamentato MTS, organizzato e gestito da MTS SpA, sono dedicati alla negoziazione di
ABS. L’esistenza di un mercato secondario liquido di sbocco per i titoli, consentendo di aumentare la domanda potenziale, allargandola a quegli investitori istituzionali per i quali esistono dei vincoli nell’investimento in strumenti finanziari non
quotati, aumenta l’appetibilità dell’operazione per gli originators, perché riduce i
costi di raccolta delle risorse.
Nonostante gli indubbi vantaggi di una quotazione in un mercato regolamentato,
nessun originator, né privato né pubblico, al momento si è però servito dell’Euromot,
preferendo a questo il mercato lussemburghese, funzionante mediante contrattazioni
telefoniche o attraverso il circuito Reuters, oppure, nel caso degli emittenti pubblici,
servendosi del circuito EuroMTS.
La scarsa appetibilità di una quotazione sull’Euromot potrebbe essere dovuta all’assenza di intermediari disposti a operare come market makers sui titoli oltre che
alla bassa standardizzazione delle caratteristiche delle emissioni di titoli finora perfezionate. Pertanto, una possibile modalità di soluzione dell’impasse potrebbe essere
costituita da un «accordo» fra originators riguardante l’uniformità delle caratteristiche tecniche dei titoli ABS, sia in termini di scadenza che di modalità di determinazione della cedola (fenomeno che in Europa sta già verificandosi), oltre che dalla
definizione di forme di incentivazione economica a favore degli specialists da parte
degli originator dei titoli (Talete Creative Finance 2002).
In effetti, sono solo le emissioni di ABS di originators pubblici caratterizzate dai
volumi di emissione più elevati (come per esempio SCIP 2 e INPS serie 4-7a, con un
volume emesso di 6.637 e 3.000 milioni di euro) a essere attualmente scambiate
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www.moodys.com
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Siti che, oltre a informazioni rilevanti, offrono link ad altri siti:
www.absnet.net
www.investinginbonds.com
www. bondmarkets.com
www.europeansecuritisation.com
www.securitisation.it
19 • I credit derivatives: funzionamento e opportunità dal loro utilizzo
649
proprie attività «migliori» per aumentare il rating della struttura, potrebbe verificarsi
il caso di trasferimento netto di rischio, anche senza che il «requisito» della maggiore
rischiosità delle attività trasferite rispetto a quello del debito unsecured esistente sia
rispettato. In realtà, forme di credit enhancement fornite da terze parti esistono, in
generale, solo nei casi in cui la struttura sia già di per sé di buona qualità creditizia; in
altro caso, infatti, difficilmente si potrebbero trovare parti disposte ad assumersi il
rischio di credito di una securitization dotata di un rating inferiore a quello della banca, se non a costi così elevati da rendere maggiormente conveniente la costruzione
interna del meccanismo di credit enhancement.
La securitization, quindi, attuata mediante il trasferimento di un determinato
ammontare di rischi e di risorse economiche da parte della banca originator a una
società esterna, non sempre migliora il profilo di rischio complessivo relativo a
quest’ultima: solamente alcune strutture di securitization possono, infatti, fare sì
che vi sia un’efficace riduzione del rischio di credito in capo alla banca originator.
I credit derivatives, invece, proprio per la loro struttura specifica, consentono alle
banche che acquistano protezione di attuare una protezione dal rischio di credito
relativo a un determinato reference entity, realizzando, nel contempo, molti dei
benefici rilevanti derivanti dalle operazioni di securitization (riduzione o eliminazione del costo del funding, diversificazione geografica o settoriale ecc.) a un costo
inferiore (si pensi, a titolo di esempio, ai costi sostenuti dalla banca per organizzare
un’operazione di securitization, quali costi amministrativi, di attribuzione del rating alla struttura ecc.).
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quanto nelle cartolarizzazioni sintetiche mancano quelle problematiche legali, fiscali
e regolamentari dovute al trasferimento dell’attivo allo SPV. Inoltre, gli unici flussi di
cassa tra lo sponsor e lo SPV sono rappresentati dai premi a fronte del credit default
swap e dall’eventuale pagamento dello SPV a favore dello sponsor in caso di credit
event verificatosi su uno o più reference entities appartenenti al portafoglio cartolarizzato. In una cartolarizzazione classica, invece, il portafoglio ceduto genera dei
cash flows che devono essere collegati ai pagamenti delle cedole dei titoli emessi e
che devono pertanto essere amministrati dal servicer. Più in generale, il portafoglio
cartolarizzato non necessita di una gestione ad hoc nella cartolarizzazione sintetica,
in quanto esso rimane «materialmente» all’interno dello sponsor: ciò che rileva per
quest’ultimo è solamente l’evidenziazione del trasferimento dei rischi in capo a
ciascun reference entity appartenente al portafoglio.
Un ulteriore vantaggio delle cartolarizzazioni sintetiche rispetto alle cartolarizzazioni classiche è costituito dal fatto che è possibile effettuare operazioni di importi
consistenti, cartolarizzando una parte non rilevante del portafoglio (solitamente inferiore al 15 per cento dell’intero ammontare), ricorrendo così al mercato delle obbligazioni per importi modesti: in questo modo, lo sponsor riduce significativamente i problemi di liquidità del mercato degli asset backed securities e i costi di collocamento.
Inoltre, nel caso di operazioni di cartolarizzazione classica volte alla riduzione del
capitale regolamentare assorbito per la banca sponsor, vengono eliminati dal bilancio
della banca gli impieghi verso le società «migliori» con rating molto elevato, al fine
di accrescere l’efficienza dell’utilizzo del capitale proprio: infatti, a fronte di un rendimento limitato dovuto al basso grado di rischio, questo tipo di attività assorbe un
ammontare rilevante di capitale regolamentare, dal momento che, come osservato in
precedenza, il coefficiente di patrimonializzazione delle banche previsto dagli accordi di Basilea non tiene conto della qualità creditizia dell’attività detenuta. Inoltre, in
generale, tali operazioni prevedono meccanismi di credit enhancement forniti dalla
banca stessa che tendono a diminuire la rischiosità complessiva dell’operazione per
gli investitori.
Queste caratteristiche fanno sì che la maggior parte di questo tipo di cartolarizzazioni goda di un rating molto elevato, che le rende «appetibili» agli investitori, ma al
contempo rendono la banca «impoverita» di risorse di elevato standing creditizio,
accrescendo, in generale, il suo profilo di rischio complessivo.
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