Sessione Valutare in chiave di genere per una piena ed egualitaria

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Sessione Valutare in chiave di genere per una piena ed egualitaria
Sessione
Valutare in chiave di genere per una piena ed egualitaria valorizzazione delle risorse umane
DALLA RETE ALL’ALLEANZA PER FAVORIRE LA GOVERNANCE FEMMINILE:
L’ESPERIENZA DEL PROGETTO IL ROSA E IL GRIGIO
Monica Andriolo
Il capitale umano è la chiave per affrontare la sfida di una società che invecchia e che, insieme, richiede un
impegno sempre più forte per far fronte a quella situazione di crisi economica che sta avendo ripercussioni
molto gravi su più fronti: non solo la stabilità economica degli Stati, ma anche le dinamiche occupazionali, il
tenore di vita, le condizioni sociali e, più in generale, la qualità di vita delle persone.
Sono problematiche esplicitate anche dalle istituzioni europee, che, per il raggiungimento dell’obiettivo di una
economia europea “intelligente, sostenibile e inclusiva” (Strategia “Europa 2020”) invitava a mobilitare tutte
le forze presenti, a partire dalle risorse umane, richiamando l’attenzione su fattori che, con l’acuirsi della crisi
(nonché delle dinamiche, sempre più spesso drammatiche, di emigrazione e di conseguente richiesta di
integrazione di intere famiglie, con possibile apporto di giovani cittadini “nati altrove”), sono divenuti sempre
più rilevanti e cogenti. Coniugando queste sollecitazioni in una dimensione di invecchiamento attivo, si tratta
di sviluppare quella che gli economisti hanno battezzato “silver economy”, quella branca dell’economia che
riconosce e valorizza il patrimonio costituito dalle persone anziane, portatrici di esperienze, competenze,
capacità utili e utilizzabili perché tramandabili.
Guardare alle risorse umane come portatrici di capacità personali e professionali da valorizzare e potenziare
non può prescindere da un’attenzione alle diversità di genere e da un impegno al superamento di condizioni
di svantaggio tuttora esistenti tra donne e uomini e che possono trovare un rafforzamento in negativo con
l’avanzare dell’età, quando, a fronte di un più facile riconoscimento della professionalità maschile anche nella
nomina in posizioni decisionali, le donne rischiano un’ulteriore esclusione perché già meno presenti nel lavoro
e, proprio per questo, in quelle reti (formali e informali) fondamentali nelle dinamiche professionali.
La presenza di un sistema produttivo e aziendale strutturato e governato in modo equo (dal punto di vista
generazionale e di genere) consente, invece, non solo la creazione di un contesto più equilibrato, ma anche
l’evolversi di uno sviluppo più bilanciato, in cui le donne possano essere più libere di accedere e permanere
nel mondo del lavoro perché meno gravate da vincoli che lasciano loro l’accesso a spazi (fisici e sociali) limitati
e che, di fatto, inibiscono loro l’accesso agli altri spazi (del lavoro, della politica, della rappresentanza) di
realizzazione e crescita personale, professionale, sociale.
In questo quadro, con l’obiettivo di valorizzare il positivo contributo delle donne over50 alla società e
all'economia attraverso la cooperazione tra le generazioni, il progetto “Il rosa e il grigio” (promosso dalla
società cooperativa S.&T. di Torino col finanziamento del Dipartimento Politiche per la Famiglia della
Presidenza del Consiglio dei Ministri sul bando nazionale per iniziative di promozione dell’invecchiamento
attivo e della solidarietà tra generazioni nell’ambito delle dell’Anno Europeo 2012) ha proposto un passaggio
intergenerazionale di qualità tra donne, in cui è stata data voce a donne senior portatrici di esperienze
professionali di vertice (in particolare nei CdA) e sono stati attivati percorsi di empowerment per donne junior.
Il progetto ha dimostrato come, per garantire il raggiungimento di una presenza egualitaria nelle posizioni di
vertice, sia necessario ma non sufficiente monitorare costantemente il numero delle donne presenti nei CdA
e come, insieme, sia indispensabile valutare, ovvero cogliere e valorizzare la capacità femminile e la qualità
dell’apporto delle donne nei luoghi in cui si prendono decisioni. Insieme, fondamentale è dare visibilità, da
un lato, ai casi di diminuzione del gender gap misurati; dall’altro (e soprattutto) alle esperienze femminili di
particolare efficacia, affinché “casi di successo” non restino fenomeni isolati e situazioni di “privilegio”, ma,
al contrario, inneschino meccanismi positivi di miglioramento, dando voce sia alle donne già giunte in
posizioni apicali e portatrici di un’esperienza significativa per la competenza acquisita (e spesso anche per
l’anticipazione del ruolo, in cui esse sono ancora presenza minoritaria e pioniera), sia alle donne che, ancora
junior per età e per esperienza, sono portatrici di freschezza non solo in relazione a desideri e valori, ma anche
a prospettive innovative e individuazione di soluzioni e strategie di sviluppo più efficaci perché proiettate al
rinnovamento.
La proposta metodologica è, quindi, quella di sposare strategie scientifiche di monitoraggio (come, per le
donne nei CdA, è garantito dal Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri),
con approcci valutativi che, come ha evidenziato l’esperienza de “Il rosa e il grigio”, possono andare, in
particolare in almeno 3 direzioni:
1) aumentare il riconoscimento della capacità delle donne di “governare”, ovvero di amministrare,
rappresentare, dirigere e risolvere situazioni di rilevanza strategica, individuando, studiando e valutando
casi di presenza femminile nelle posizioni di decisione, sia per evidenziare e diffondere casi di “successo”,
sia per individuare elementi di debolezza e proporre strategie di intervento;
2) sostenere nelle donne stesse, da un lato, la piena consapevolezza dell’impegno che la carriera richiede;
dall’altro, la presa di coscienza e l’autovalorizzazione delle proprie capacità, nonché una conoscenza non
superficiale della realtà nella quale si pongono e degli spazi di rappresentanza che si possono a loro aprire;
3) promuovere una specifica attenzione all’efficacia (e al costante miglioramento) delle strutture e degli
strumenti a favore della conciliazione di tempi e di responsabilità familiari, affinché anche percorsi di
carriera e di presenza in posizioni di governance aziendale (che perlopiù obbediscono a un’organizzazione
del lavoro e a una gestione dei tempi non conciliabile con i carichi di cura verso bambini e/o anziani) siano
concretamente percorribili anche per le donne.
La valutazione dei contributi delle donne coinvolte, sia senior che junior, ha consentito di individuare (e di
sperimentare) come strada da perseguire l’alleanza tra donne e per le donne, che, superando la dimensione
di rete, vada verso una collaborazione più articolata, perché è anche accordo, presa di decisioni condivise,
valorizzazione delle esperienze e del contributo di ogni attore e, in particolare, di ogni donna, in modo specifico
quelle che, ricoprendo ruoli decisionali nell’economia, nel lavoro, nella rappresentanza, sono loro stesse
esempi, testimoni e possibili promotrici di strategie innovative di gender govenance.
Una valutazione approfondita, critica, scevra da stereotipi (anche di genere) delle caratteristiche della società
del suo invecchiamento suggerisce un forte stimolo all’innovazione, in particolare attraverso politiche che
costruiscano spazi professionali e regole di convivenza fra generi e fra generazioni, operando su più fronti,
quali l’occupazione delle donne, la permanenza al lavoro (di donne e uomini) il più a lungo possibile, la crescita
professionale delle risorse giovani attraverso una integrazione delle loro competenze e dei loro metodi con
quelli di risorse con maggiore esperienza, senza discriminazioni né di genere, né di età.
Emerge la centralità dell’esperienza, ovvero di una analisi che, attribuendo valore anche all’educazione “non
istituzionale” oltreché a quella intellettuale, intenda l’apprendimento secondo la teoria costruttivista, ovvero
come fenomeno che avviene lungo tutto l’arco della vita in quanto processo di attribuzione di significati alle
proprie esperienze (Spaltro, 2004) e, insieme, richiami l’attenzione sulla motivazione e sull’autonomia di chi
apprende (self-directed learning: Knowles, 2014), sul suo bisogno di realizzarsi appieno (Oggero, 1998).
Ciò significa che il consolidamento dei saperi e delle competenze professionali attraverso la formazione e
l’aggiornamento continui (lifelong learning) e i processi di trasferimento di expertise nel ricambio
intergenerazionale non solo possono vicendevolmente rafforzarsi, recuperando la sapienza e la conoscenza
derivanti dall’esperienza lavorativa e promuovendo l’inserimento e la partecipazione al lavoro della fascia più
giovane (Baschiera, 2015), ma possono anche porre nelle giusta evidenza il contributo di quelle donne senior
che, soprattutto quando giunte in posizioni di vertice o di governance, sono portatrici di un’esperienza spesso
pioniera e quindi particolarmente ricca per le giovani donne in quanto “lascito” anche di più egualitarie
condizioni di lavoro e di carriera, oltreché di competenze e contenuti professionali.
Insieme a queste considerazioni, la promozione dell’agency femminile perseguita dall’ONU nell’Agenda
2030 sollecita a riconoscere il peso dei diversi contesti nazionali (e quindi della valutazione che questi contesti
contribuisce a definire) per la promozione di condizioni di parità. In specifico, per dare alle donne reali
opportunità di apportare il loro contributo allo sviluppo sostenibile senza discriminazioni, l’invito è a non
concentrarsi solo sui sintomi e sulle manifestazioni di esclusione delle donne dovuti alla loro presunta
vulnerabilità (ad esempio la mancanza di reddito, l’istruzione o la salute), ma ad agire sulle cause che la
producono (norme comportamentali discriminatorie, mancanza di accesso alle risorse e di rappresentanza,
ecc.), evitando di definire politiche di corto respiro.
Ne deriva che non è sufficiente che l’obiettivo di uguaglianza di opportunità venga ricordato come assunto
teorico; piuttosto, esso deve essere esplicitamente considerato una delle strategie e uno degli obiettivi di
lavoro e deve essere fatto proprio da tutti gli attori, in modo particolare da coloro che si propongono come
leader. Sulla base di questi impegni, occorre individuare percorsi concreti e condivisibili di applicazione,
ragionare su quali siano le collaborazioni più utili da costruire, adottare mirate strategie di sensibilizzazione,
in modo da riuscire a definire un contesto realmente libero da discriminazioni e da ostacoli per le donne (tanto
giovani, quanto senior).
In questa direzione, la valutazione dei dati parla della positiva ricaduta su più fronti di una più ampia
presenza femminile nelle dinamiche del lavoro, dell’economia, della governance: un numero maggiore di
lavoratrici diminuisce il rischio di povertà, produce un più alto contributo alla massa fiscale e previdenziale,
richiede l’attivazione di servizi, con conseguente creazione di lavoro; insieme, una più elevata partecipazione
femminile alle posizioni decisionali e in particolare ai CdA porta un governo più efficace delle imprese e
soprattutto una gestione meno rischiosa, con debiti di qualità migliore (Bianco, 2012).
Nasce, allora, una nuova esigenza: quella di dare pieno spazio e appoggio a tutte le donne disponibili a
ricoprire posizioni di decisione, valorizzando la capacità di ciascuna di apportare nuovi contributi, legati
all’età, ma anche alla “novità” di una presenza femminile ancora troppo ristretta: le donne, infatti, proprio
perché non avvezze a logiche di potere, sono portatrici di nuovo slancio (particolarmente importante nella
diffusa situazione di stagnazione anche di tipo psicologico portata dalla crisi) e, in questa direzione, è
importante superare diffidenze da parte delle senior e impulsi di “rottamazione” da parte delle junior,
preferendo attivare meccanismi positivi fondati sul dialogo tra generi e, soprattutto, sull’alleanza femminile
tra generazioni.
BIBLIOGRAFIA SINTETICA
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