la storia del ricamo - Gadotti Moda Design

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STORIA DEL RICAMO
Il ricamo è un‟arte antichissima, apparsa molto probabilmente in Oriente, poi arrivata in
Occidente. La storia del ricamo può essere ricostruita per la maggior parte citando fonti
storiche e iconografiche e, solo in piccola parte, studiando i reperti autentici.
Si parla di ricamo nella Mitologia, nei poemi di Omero e di Virgilio e nella Bibbia; quando
Mosé prepara il Santo Tabernacolo lo descrive con queste parole: "…fece il velo di
porpora viola e di porpora rossa, di scarlatto e di bisso ritorto. Lo fece con figure di
cherubino,
lavoro
di
ricamatore."
(Esodo
36,35).
Non mancano, anche se ridotti in piccolissimi frammenti, testimonianze autentiche: in
Egitto sono state rinvenute strisce decorative risalenti a secoli prima di Cristo, così anche
in Attica dei pezzi di lino ricamati risalenti all‟epoca classica; data la loro precisione ed
accuratezza si desume che fossero frutto di una scuola regolare e formalmente codificata.
Sono già presenti molte specie di punti, quali: filza, erba, punto croce semplice e orientale,
gobelin.
Il ricamo rappresentava il modo più semplice per impreziosire e personalizzare,
aumentandone così dignità e prestigio, i capi d‟abbigliamento indossati da personaggi di
grande
risalto
politico
o
religioso.
In Italia, e precisamente in Sicilia, questa arte inizia intorno all‟anno mille, durante il
dominio dei Saraceni, che vi introducono laboratori di tessitura e di ricamo, rispettivamente
Thiraz e Rakam, dai quali escono manti cerimoniali di grande pregio. La parola ricamo
deriva dal lemma arabo raqm (racam) che significa “segno, disegno”.
Durante il regno dei Normanni, in particolare di Ruggero II, la maestria dei ricamatori e
tessitori è tale che i loro manufatti sono degni di Papi e Imperatori. Ci rimane, quale
monumentale testimonianza, il Mantello da incoronazione del Sacro Romano Impero,
ricamato con oro e perle, con un motivo di cammelli assaliti da leoni tigrati, a specchio,
separati da una palma da datteri, simbolo dell‟albero della vita. Fu ordinato nel 1133 e fu
portato a termine nel 1134; ora è conservato nel Kurstgeveben Museum di Vienna.
Molto probabilmente la tecnica e i decori sono stati portati presso le altre maggiori corti
della Penisola dalle stesse maestranze arabo-sicule, costrette a fuggire sulla fine del
secolo
XIII
a
seguito
della
rivoluzione
dei
Vespri.
I motivi ornamentali sono, in quell‟epoca, ancora limitati a pochi elementi fitomorfi (albero
della vita, giglio) e zoomorfi (grifoni, pappagalli, aquile), resi in maniera schematica ed
essenziale.
Come esempio a se stante, relativo all‟arredo, resta fondamentale l‟arazzo di Bayeux,
detto anche della Regina Matilde. Realizzato tra il 1066 e il 1077, su tela di lino grezza con
lana colorata, racconta, con punti di ricamo semplici, quali il punto erba e catenella, la
conquista normanna dell‟Inghilterra da parte di Guglielmo il Conquistatore.
La rappresentazione è spontanea e viva e si immagina sia stato un combattente stesso a
disegnarla, per le figure schematiche, ma efficaci. Le misure monumentali, m.70 per cm.
50, ne fanno un pezzo veramente unico e raro, nel contesto del ricamo profano romanico.
Nel XIV secolo, anche l‟Inghilterra vanta un‟ottima scuola di ricamo, detta Opus
anglicanum, caratterizzata dall‟uso di sete policrome e dalla grande raffinatezza dei lavori.
Nei lavori sono rappresentate per lo più simboli dell‟Antico e del Nuovo Testamento e
storie
di
Santi,
con
una
chiara
funzione
didattica.
Nel mantello di “Syon-Cope”, la disposizione dei Santi è in circoli concentrici, le figure
sono racchiuse in ottagoni con archi, gli spazi vuoti sono riempiti da angeli. La
caratteristica di questi manufatti è data non tanto dai punti di ricamo utilizzati, che non
variano molto da un paese all‟altro, ma dallo stile con il quale sono rappresentati i
personaggi, poiché sono tratteggiati in modo "terreno", con atteggiamenti teatrali.
La Chiesa assegna al ricamo il compito di edificazione religiosa. Il materiale che il
medioevo offriva per i soggetti era inesauribile: non solo figure del Vecchio e del Nuovo
Testamento, ma anche la crescente schiera di Santi presentava un‟infinita abbondanza di
avvenimenti interessanti e meravigliosi che apportavano ai fedeli edificazione e meraviglia,
ma anche timore e commozione. Dal Medioevo fino al XVI secolo inoltrato, i ricami sono
sovente portatori di tradizioni popolari e di poesia, ma anche di leggende profondamente
radicate
nell‟animo
dei
popoli.
Anche in Germania il ricamo ha origini antiche; qui troviamo l‟Opus Teutonicum,
caratterizzata dal ricamo bianco su bianco, con una grande varietà di punti per creare un
effetto a rilievo. Questo tipo di lavoro forse fu inventato per sopperire alla mancanza delle
preziose sete colorate e fronteggiare, con l‟abilità manuale, alla fastosità del colore. Con
questa tecnica si prepararono tovaglie d‟altare, drappi quaresimali, veli da calice.
Anche in Svizzera si produce un ricamo, che oltre che svolgere uno scopo ornamentale di
arredo, come gli arazzi in genere, anche uno scopo protettivo contro il freddo: lo
realizzano le donne nobili, le borghesi e le suore nei conventi, tanto che il punto adoperato
(punto
croce
semplice
e
orientale)
sarà
anche
detto
“monastero”.
In Italia, fin dal Trecento, sono documentati laboratori in tutta la penisola e in particolare a
Firenze. L‟arte è conosciuta come Opus florentinum. Molti reperti di “pittura ad ago”
attestano una grande qualità e una certa ariosità spaziale tipicamente italiana.
Soprattutto nel quattrocento e nel cinquecento, è documentata la collaborazione fra le “arti
maggiori” e le “arti minori”, così accade che grandi maestri di pittura, come il Botticelli e
Bartolomeo di Giovanni, preparino i cartoni per i ricamatori che poi li trasferiranno su piviali
o paliotti.
L‟arte del ricamo era prerogativa maschile, suo era il nome della bottega, tuttavia ci sono
prove documentali che comprovano anche la presenza femminile e non solo monacale.
In particolare, era il passatempo preferito delle nobili dame ed è per queste che nel „500
sono pubblicati i primi libri di modelli di ricami. Una delle pubblicazioni più antiche sembra
essere Il burato, libro de ricami, di Alex Paganino, senza data, ma probabilmente del 1527.
Seguiranno di Giovanni Tagliente "Esemplario novo" che insegna alle donne a “cuscire, a
recamare
e
a
disegnare”.
Grande successo avrà anche l‟opera di Giovanni Ostaus, “La vera perfettione del disegno
di varie sorti di ricami”, che sarà riedito varie volte, nel 1557 e nel 1591. I bellissimi disegni
proposti presentano sia disegni geometrici, ispirati ai giochi decoratici dei giardini
all‟italiana, ma anche ai ghirigori e arabeschi orientaleggianti, e alle eleganti volute
fitomorfe, di vite con grappoli d‟uva e viticci, di quercia con ghiande, di melograni. I punti
usati sono il punto scritto, il punto piatto, il punto pittura, l‟erba, il catenella, il riccio,
utilizzando
finissimi
fili
di
seta
policromi
e
metalli
preziosi.
Dei ricami dell‟epoca non mancano documentazioni iconografiche nella copiosa ritrattistica
pittorica: sono così molto ben visibili i ricami di seta color ruggine, blu, rossa, nera oppure
con filato d‟oro, a sottolineare gli scolli e i polsi delle camice da giorno.
Nell‟arredo, su schienali e sedili di poltrone, si imita con l‟ago, a punto croce o a piccolo
punto, l‟effetto arazzo delle “tapisseries” fiamminghe ed italiane.
In Francia la riorganizzazione dell‟Arti e dell‟Artigianato determinata dall‟accorta politica di
Jean Baptiste Colbert, ministro di Luigi XIV, riunisce in un unico luogo, dov‟era esistita la
manifattura d‟arazzi di Gobelins, tutti i laboratori destinati a produrre soltanto per il re.
Sotto la direzione del pittore Le Brun, dal 1663, una équipe di artisti rinomati, tra cui
scultori, architetti, ebanisti, incisori, tessitori e ricamatori, vengono riuniti nella “Grande
Fabrique” per creare gli arredi dei sontuosi interni ed il guardaroba personale del loro
sovrano.
La moda dei ricami coinvolge le “nobili et virtuose donne” europee, che continuano a
trovare in quest‟arte un modo materiale e spirituale di evadere dalla quotidianità familiare.
A Venezia si occupa di ricamo persino suor Arcangela Tarabotti, la scrittrice femminista
ante
litteram.
Si diffondono ovunque gli Istituti di religiose che accolgono giovinette abbandonate per
insegnare loro un mestiere, di ricamatrice o merlettaia, e per aiutarle poi, anche con
l‟apporto di una dote messa da parte in anni di lavoro all‟interno del collegio, ad inserirsi
degnamente
in
società.
Nel Settecento si assiste addirittura ad un aumento di ricami, anche se forse meno rilevati
e
spessi.
Viene usato prevalentemente per l‟abbigliamento maschile, “camiciole” e “velade” si
arricchiscono di bassorilievi auro-serici lungo le bottonerie e sui bottoni, attorno alle
tasche, a sottolineare gli orli degli scolli, gli spacchi, risvolti, sui paramani delle maniche
sagomate. Sono per lo più fiori, di tutte le tipologie, a mazzi, a tralci a ghirlande, intrecciati
a nastri, nodi d‟amore, nappe, conchiglie e piume.
Quanto all‟arredo si accrescono le occasioni per utilizzare superfici ricamate: si assiste per
esempio alla creazione di una varietà di sedie sconosciute in precedenza, come i
“canapès”, le “Bergeres” con poggiatesta, i poggiapiedi, i paraventi, ed infine i letti, con
baldacchino, tendaggi, mantovane, buonegrazie. È il trionfo del piccolo punto, delle
raffigurazioni allegoriche e mitologiche, delle grottesche arricchite di animali esotici.
Questo lavoro a punti contati su canovaccio è il più facile di tutti i ricami, così che tutte le
dame del mondo vi s‟impegnarono molto. La stessa Maria Antonietta realizzò tappezzerie
di questo genere che destinava al suo appartamento da Caccia alla Tuileries.
Una nuova “Rinascenza” dell‟Arte del ricamo di avrà nell‟Ottocento, argomento che
riprenderemo prossimamente.
Testo ripreso dall‟associazione arte del filo presidente dott.ssa Maria Concetta Rocchetti