a cura di Delia Pertici

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a cura di Delia Pertici
a cura di Delia Pertici
NON TRATTATELE MALE, SE NE RICORDERANNO!
Non sottovalutate la capacità delle vostre vacche a ricordare chi le ha trattate male, e neppure dovete sottovalutare gli effetti che un brusco comportamento può
avere sulla produzione. Una ricerca svolta in Canada e
riportata sul numero di aprile del «Journal of Dairy
Science» indica che le vacche sembrano essere in grado
di valutare la differenza che esiste tra chi le tratta bene
e chi le tratta male.
Nello studio, 14 vacche sono state gestite da tre a sei
volte al giorno, per 5 giorni consecutivi, sia in modo
gentile che in modo aggressivo. La persona gentile aveva il compito di parlare all’animale in tono dolce mentre la spazzolava e le dava da mangiare; la persona
sgarbata, diciamo così, doveva colpire la vacca con una
manata, o cun un bastone o pala di plastica e contemporaneamente gridarle contro.
Dopo questi «trattamenti», sono state controllate la
produzione, il battito cardiaco, i movimenti e gli eventuali calci delle vacche mentre venivano munte dalle
due diverse persone. I risultati hanno mostrato che, in
presenza della persona violenta, il battito cardiaco della
bovina aumentava e veniva rilasciato meno latte.
Rispetto alla produzione del gruppo controllo, che
era di 20,71 kg, in presenza della persona che le aveva
trattate con gentilezza hanno prodotto 19,49 kg, mentre
con l’uomo che le aveva trattate male la produzione è
scesa a 18,44 kg. Ma, soprattutto, il latte residuo è risultato di 2 kg nel gruppo controllo, di 2 kg in presenza
delle persona gentile e di 3,5 kg in presenza di quella
violenta!
I FATTORI CHE INFLUENZANO LA FERTILITÀ Quando
si parla di fertilità femminile, spiega Ray L. Nebel,
esperto di riproduzione animale, si fa riferimento a
qualsiasi fattore direttamente correlato alla vacca – o alla manza – che possa comprometterne la probabilità di
diventare gravida. Quindi, tra questi fattori, ci sono
senza dubbio la condizione dell’utero, lo stato nutrizionale, le modifiche delle condizioni corporee e la salute
dell’animale.
Molti studi hanno dimostrato che la fertilità aumenta
quando l’intervallo tra il parto ed il primo intervento fecondativo supera i 70 giorni dal parto. Per la fecondità
dell’animale sono necessari cicli di calore ripetuti. Infatti, il tasso di concepimento e la manifestazione del calore migliorano ad ogni successivo ciclo estrale, partendo dalla prima ovulazione fino al terzo ciclo. Per essere
al massimo della loro fertilità, e quindi poter essere fe-
condate artificialmente, le vacche dovrebbero essere
nel terzo calore o anche oltre. Nei migliori dei casi,
quando la prima ovulazione avviene dal 17° al 30°
giorno dal parto, la terza ovulazione si verifica al 50°
giorno dal parto, quando l’involuzione uterina è completa e l’utero è tornato nelle condizioni di normalità.
Ma un forte squilibrio energetico può ritardare la prima
ovulazione di 60 o 75 giorni , o anche più, prolungando i tempi necessari al completo ritorno alla normalità
dell’utero.
Il parto mette la vacca a rischio nei confronti di metriti, ritenzione di placenta, distocia, febbri puerperali
ed altri disordini metabolici che contribuiscono a ridurne la fertilità. Generalmente, le vacche che hanno problemi dopo il parto hanno tassi di concepimento ridotti
della metà rispetto alle vacche che partoriscono senza
problemi.
Anche se la chetosi e la zoppia non sembrano avere
gli stessi effetti negativi sul tasso di concepimento, molti studi hanno rilevato che queste condizioni hanno un
notevole impatto sulla fertilità.
La ritenzione di placenta, il collasso puerperale e il
tetano da erba (ipomagnesemia) sono direttamente associate con l’alimentazione durante l’asciutta ed il contenuto di minerali nelle razioni delle asciutte. La chetosi, la zoppia, il fegato grasso e le disfunzioni ovariche,
soprattutto l’anestro, possono essere viste come disfunzioni associate al contenuto energetico della razione.
Anche la perdita eccessiva di peso dovrebbe essere
vista come un problema di mancanza di energia nella
razione, con conseguente riduzione della fertilità.
I problemi metabolici si possono manifestare sia con
un eccesso che con una carenza di energia o di proteine nella razione. Una eccessiva mobilitazione dei tessuti dovuta ad una bassa ingestione di sostanza secca nell’ultimo periodo dell’asciutta diventa un fattore di rischio per notevoli problemi al parto. Inoltre, l’integrazione minerale, soprattutto calcio, magnesio e selenio,
è importante per controllare i collassi puerperali, il tetano da erba e la ritenzione di placenta.
Quindi, dice Nebel, prevenire una eccessiva mobilitazione dei grassi corporei nelle prime 4 settimane di
lattazione è molto importante ai fini della fertilità. Le
vacche possono tollerare una perdita di 0,5 - 0,75 punti
di BCS (Body condition score, punteggio della condizione corporea) nelle prime 4 settimane, ma non di
più. Perdite maggiori predispongono l’animale ad un
più basso tasso di concepimento al primo intervento.
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I PATOGENI AMBIENTALI SONO SEMPRE IN AGGUATO
Anche gli allevamenti ben gestiti e con bassa conta delle cellule somatiche (sotto le 200-300.000) possono
avere a che fare con casi di mastiti cliniche.
Circa il 40-45% dei casi di mastiti negli allevamenti
con basse cellule somatiche sono dovuti a patogeni
ambientali, difficili da individuare a causa della loro
breve durata. Le vacche con basse cellule sono più vulnerabili alle infezioni da streptoccocchi e coliformi, che
si verificano subito dopo l’asciutta e poco prima del
parto, ma che si manifestano all’inizio della lattazione.
Questo quanto afferma il dottor Gerald M. (Jerry) Jones, scienziato dell’Extension Service del Politecnico
della Virginia ed esperto della Qualità Latte e Gestione
della mungitura, il quale ritiene che la cosa più importante da fare per controllare questo tipo di infezioni sia
mantenere le vacche pulite ed asciutte tra una mungitura e l’altra, riducendo al minimo la possibilità che i capezzoli siano esposti ai patogeni ambientali. I capezzoli sporchi, così come le mammelle, sono difficili da pulire ed asciugare a fondo senza interferire sulla normale
routine di mungitura.
Questo tipo di infezioni è normalmente associato a
condizioni di ambiente umido e sporco, dove i capezzoli sono esposti alla contaminazione batterica; le stalle
e le zone parto sporche, alcuni tipi di lettiera, la cattiva
o inadeguata preparazione della vacca per la mungitura, e quindi per il rilascio del latte, e le condizioni dell’impianto, sono tutti fattori che possono potenzialmente portare alle mastiti. I rischi di infezioni da patogeni
ambientali possono essere ridotti:
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– adottando una buona terapia alla messa in asciutta,
– facendo una accurata disinfezione dei capezzoli prima e dopo la mungitura,
– mantenendo capezzoli puliti e mammelle tosate,
– preparando adeguatamente le vacche alla mungitura,
– affidandosi ad una esperta manutenzione degli impianti di mungitura,
– tenendo sotto controllo le mosche,
– monitorando la presenza di mastiti nelle primipare al
momento del parto.
È importante identificare i patogeni che hanno provocato l’infezione e tenere un resoconto degli eventuali trattamenti. Anche l’integrazione con vitamina E e selenio durante la fine dell’asciutta può influire sul sistema immunitario delle manze e delle vacche.
CONTROLLATE IL NUOVO INSILATO È sempre difficile mantenere la stessa produzione di latte quando si
passa ad un nuovo insilato. Per evitare inconvenienti,
Bill Mahanna, alimentarista di una nota ditta si sementi
americana, offre alcuni suggerimenti:
1. mettete a confronto il nuovo insilato con quello
dall’anno precedente paragonando i livelli di amido e
di fibra e confrontando «fisicamente» il prodotto;
2. chiedete consiglio alla ditta di sementi che vi rifornisce per avere il profilo nutrizionale del nuovo raccolto di mais. Per esempio, se un profilo nutrizionale dovesse rivelare che i livelli di amido sono più alti nel
nuovo raccolto, l’alimentarista dovrebbe modificare la
razione di conseguenza;
3. fate uso di tecniche e analisi di laboratorio disponibili sul mercato per stabilire il tasso di ingestione dei
componenti dell’insilato di mais, come per esempio la
fibra;
4. fate fermentare il nuovo insilato per due o tre settimane prima di darlo agli animali. Quindi, passate lentamente dal vecchio al nuovo insilato. Per questo, dovreste tenere un sacco o un piccolo quantitativo del
vecchio insilato vicino a quello nuovo;
5. siate precisi ed attenti quando selezionate gli ibridi
per il prossimo raccolto, mettendo a confronto gli ibridi
di almeno 20 campi per un periodo di 3 anni. Inoltre,
tenete conto del fatto che gli ibridi che scegliete avranno ciascuno un profilo nutrizionale leggermente diverso, che può influenzare la composizione della razione
e la consistenza della dieta.
DETTAGLI DA NON TRASCURARE Per evitare una
perdita di energia, mantenere il giusto equilibrio energetico nella razione e massimizzare l’ingestione di sostanza secca, ecco alcune normali ma efficaci pratiche
di gestione da rispettare:
1. dare alimenti freschi;
2. formulare la giusta razione;
3. alimentare a volontà;
4. aumentare la frequenza delle somministrazioni;
5. lasciare spazio sufficiente in mangiatoia;
6. pulire regolarmente la mangiatoia;
7. ombreggiare e raffreddare la zona di alimentazione;
8. tenere sotto controllo la condizione corpoerea;
9. mantenere il grasso attorno al 3%-6% della S.S.
L’integrazione con grasso può aumentare l’energia
della razione migliorando lo sviluppo e la crescita dei
follicoli. È stato dimostrato che l’integrazione con grasso fa aumentare la produzione di colesterolo, precursore del progesterone, che può migliorare la fertilità.
CONTINUA IL DIBATTITO SULLE PROTEINE ALLE MANZE I ricercatori hanno punti di vista diversi circa il
quantitativo di proteine necessarie nelle razioni delle
primipare. Jesse Goff, un ricercatore del dipartimento
Agricoltura USA ed esperto delle diete di transizione,
raccomanda di dare alle primipare, durante le cinque
settimane prima del parto, una razione unica (unifeed)
con il 16% di proteine e 0,71-0,73 megacalorie per ogni
mezzo chilo di alimento. Secondo Goff, questi livelli
sono necessari quando gli animali sono sottoposti a
troppa competizione e non riescono a mangiare abbastanza.
D’altro canto, uno studio condotto da Ric Grummer,
nutrizionista della Università del Wisconsin, ha mostrato che durante le 3 - 4 settimane prima del parto, dare
alle vacche mature il 12% di proteina grezza è sufficiente per soddisfare i fabbisogni di mantenimento e
gravidanza. E, anche se le vacche più giovani (primo o
secondo parto) necessitano di più proteina perché ingeriscono meno e devono crescere di più, il 12% di
proteine si dovrebbe superare solo prima del parto.
Nell’attesa che i ricercatori si mettano d’accordo, il
consiglio è quello di tenere il livello di proteina grezza
tra il 12% ed il 16% nelle diete di transizione delle primipare.
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