Randa Finale - IARG2002 -- "Incontro Annuale dei Ricercatori di
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Randa Finale - IARG2002 -- "Incontro Annuale dei Ricercatori di
Incontro Annuale dei Ricercatori di Geotecnica 2002 – IARG 2002-06-06 Napoli, 19-21 Giugno 2002 MODELLAZIONE NUMERICA DI MEZZI DISCONTINUI: LA FRANA DI RANDA Andrea Segalini, Gian Paolo Giani e Anna Maria Ferrero Dip. Ingegneria Civile, Ambiente e Territorio ed Architettura, Universita’ di Parma Email: [email protected], [email protected], [email protected] Abstract Le pareti rocciose che costeggiano la sponda sinistra della valle della Vispa, in prossimità dell’abitato di Randa (CH) sono soggette a fenomeni franosi che hanno raggiunto volumi di alcune decine di milioni di metri cubi. Allo scopo di garantire condizioni di sicurezza della valle è in fase di messa a punto un sistema di monitoraggio e di allarme ad esso collegato. La ricerca in corso ha lo scopo di definire, attraverso un’analisi a ritroso degli eventi accaduti, la meccanica degli eventi franosi al fine di definire i valori di soglia di grandezze di controllo alle quali correlare il sistema di allarme per il controllo e la mitigazione del rischio di frana nella valle. La modellazione è stata condotta tramite l’applicazione del metodo del blocco chiave (Goodman & Shi, 1982) per l’analisi dei possibili cinematismi e del metodo degli elementi distinti (Cundall, 1980) per l’analisi dell’evoluzione del fenomeno al variare delle condizioni idrauliche del pendio. Inquadramento del fenomeno La zona oggetto di studio è situata nel Cantone Vallese, lungo la valle del fiume Vispa, affluente del Rodano. Nella zona in esame si distinguono due tipi di gneiss: paragneiss ed ortogneiss. Il contatto tra le due serie di gneiss si immerge di 20-40° verso ovest. Il fenomeno, avvenuto in tre momenti successivi dal 18 aprile al 9 maggio 1991, ha coinvolto complessivamente 30 milioni di metri cubi di roccia. Da un punto di vista idraulico la formazione rocciosa fortemente fratturata è caratterizzata da una elevata permeabilita’ secondaria che favorisce una rapida filtrazione di acque meteoriche o sotterranee. Cio’ ha favorito una rapida ricarica della falda in corrispondenza della fusione delle nevi in quota e delle abbondanti piogge registrate nella settimana antecedente l’evento franoso. Tali condizioni climatiche, congiuntamente al permanere di temperature rigide nel fondovalle, hanno favorito un comportamento anomalo della falda, sia in termini di velocita’ di innalzamento che in termini di quote raggiunte dalla superficie freatica (1900 m s.l.m.). Da cio’ il notevole aumento delle pressioni interstiziali alla base dell’ammasso, testimoniato dalle diffuse venute d’acqua in pressione osservate nelle ore precedenti l’evento franoso. Analisi geostrutturale dell’ammasso Per eseguire un controllo strutturale della frana sono stati condotto studi, a cura del Centre de Research Fondamentel et Applique di Sion (1992, 1995), mirati alla caratterizzazione delle discontinuità situate nella zona limitrofa a quella interessata dall’evento franoso. Dalla campagna di rilievi si sono evidenziate sei famiglie di discontinuita’ ritenute significative per la dinamica degli eventi franosi. L’assetto strutturale dell’area interessata dalla frana si distingue dalle aree contigue per l’anomalia costituita dalla presenza e persistenza del sistema di discontinuità J4, decisamente superiore a quella rilevata nelle zone limitrofe. Segalini, Giani e Ferrero. Monitoraggio Al fine di definire l’esatta dinamica degli eventi e di realizzare un sistema di allarme per le popolazioni residenti, nelle fessure più significative poste a monte della nicchia di distacco, è stato installato, a cura del Servizio Geologico Cantonale, nel periodo intercorrente tra il secondo e il terzo crollo, un sistema di controllo dell’apertura delle discontinuità basato sull’impiego di estensimetri elettrici. Questi strumenti, andati distrutti nel corso del terzo crollo, sono stati ripristinati e rimangono tuttora attivi. I dati raccolti dagli estensimetri, sono acquisiti mediante un sistema automatico che provvede ad inviarli via radio ad un centro di raccolta posto in valle. Questi dati sono stati assunti come riscontro per la modellazione numerica del fenomeno da noi elaborata. Modellazione analitica e numerica del fenomeno Il fenomeno presenta due aspetti fondamentali per la sua comprensione: l’analisi cinematica del fenomeno, in1. Proiezione polare delle discontitendendo cioe’ l’individuazione dei nuita’Figura (emisfero superiore), con individuazione dei blocchi di roccia finiti e rimuovibili sistemi principali (CRSFA, 1995) che in funzione dell’orientazione delle discontinuità preesistenti e del pendio si possono determinare; e l’analisi della correlazione dell’innesco del fenomeno con la variazione delle sottospinte idrauliche determinate dalle descritte condizioni climatiche. Per il primo aspetto e’ indispensabile tenere in conto la tridimensionalità del fenomeno e si e’ pertanto scelto di applicare il metodo del blocco chiave (Goodman e Shi, 1982), che permette di valutare quali siano i possibili cinematismi presenti e di determinare il valore del minimo angolo di attrito necessario ad assicurare le condizioni di equilibrio limite per i diversi blocchi. Tale metodo si basa sulle ipotesi del metodo dell’equilibrio limite e, pertanto, non consente di calcolare l’evoluzione del fenomeno ma fornisce soltanto informazioni relative alle condizioni di innesco. In tal modo si sono definiti i diversi cinematismi presenti ed individuato come cinematismo punto A Aperture misurate tra il 28/4/91 e il 9/5/91 più probabile lo scivolapunto C punto C' mento planare sul piano J4 punto K di blocchi delimitati dalle discontinuità J6 e J2 (Fig. 3). Tale considerazione ha permesso di valutare la possibilità di analizzare il fenomeno di evoluzione della rottura tramite un’analisi Tempo progressivo (ore) bidimensionale condotta su di una sezione verticale, Figura 2. Rappresentazione delle aperture misurate in prossimita’ perpendicolare alla linea di della cresta nel corso dei monitoraggi. 180 160 140 Aperture (mm) 120 100 80 60 40 20 0 0 50 100 Segalini, Giani e Ferrero. 150 200 250 300 massima pendenza del sistema J4. Definito tale aspetto si sono effettuate delle analisi numeriche 2D condotte con il metodo degli Elementi Distinti (DEM) sulla sezione in Fig. 4. La modellazione numerica del fenomeno si è sviluppata in due fasi: a) si è determinata la configurazione sforzideformazioni all’interno del versante nella situazione morfologica precedente la terza fase della frana ed in condizioni drenate (assenza di acqua nell’ammasso); b) alla configurazione ottenuta si e’ aggiunta la Figura 3. Rappresentazione dei piani di dis- presenza di una falda acquifera con altezze continuita’ con la teoria del blocco chiave. variabili; si sono analizzate le configurazioni sforzi deformazioni conseguenti all’introduzione della falda, valutando la condizione di carico che comporti un andamento delle deformazioni confrontabile con quello registrato dalle strumentazioni. Tali analisi hanno permesso di considerare il comportamento accoppiato meccanico-idraulico dell’ammasso roccioso fratturato in presenza di un moto di flusso e di calcolare gli spostamenti indotti da un aumento delle pressioni idrauliche fino al raggiungimento della rottura globale del pendio. Gli spostamenti calcolati sono stati confrontati con quelli misurati in sito, permettendo una calibrazione del modello e l’individuazione del livello di soglia della superficie freatica al di sopra della quale il fenomeno franoso si scatena e relativamente al quale e’ necessario definire il sistema di allarme. I blocchi sono stati considerati rigidi mentre per le discontinuità si è assunto un modello rigido perfettamente plastico. La legge di comportamento scelta è del tipo elasto-plastico, con criterio di rottura di Mohr-Coulomb. J1 6 0 26 J2 2 J10 4 24 25 56 45 J3 5 16 14 46 13 36 J6 34 23 1 35 J4 15 12 3 Considerazioni conclusive Dai risultati ottenuti dalla modellazione numerica si osservano valori delle aperture dei giunti posti nella parte sommitale del versante molto simili a quelli misurati tramite gli estensimetri tra il 2° e il 3° evento franoso come evidenziato nei due grafici di Figg. 2 e 5. E’ opportuno osservare che i due grafici si differenziano per i valori riportati in ascissa: nelle letture sperimentali, infatti, i valori delle aperture sono riportati in funzione del tempo. Nella modellazione numerica non è possibile collegare l’andamento degli sforzi e delle deformazioni con il tempo; il programma di calcolo, sulla base dell’algoritmo di soluzione esplicito, procede per passi di calcolo successivi il cui significato nulla ha a che fare con unità di misura temporali. Tuttavia la correlazione assume significato fisico in termini di andamento dei valori delle aperture e della loro tendenza. La correlazione tra i valori di apertura delle Figura 4. Modello numerico 2D ad elementi distinti. discontinuità sommitali e gli stati [m s.l.m.] CO 2300 N 33 8 86 6 69 37 4 30 N 29 N 29 N 92 CO CO CO 9 2100 1900 1700 1500 1300 1100 100 300 500 700 Segalini, Giani e Ferrero. 900 1100 1300 [m] tensionali indotti dall’accrescimento della con30379 con33928 falda sulle discontinuità con29866 con29694 poste nella zona medio bassa del pendio, fornisce importanti indicazioni circa il raggiungimento di uno stato tenso – deformativo critico per la stabilità del versante. Dalla modellazione condotta si è Altezze di falda (m) definita la dinamica del nelle fasi Figura 5. Aperture calcolate dal modello DEM in corrispondenza v e r s a n t e immediatamente precedenti delle discontinuita’ evidenziate in Fig. 5 al collasso: a seguito dell’accrescimento del livello piezometrico all’interno dell’ammasso roccioso, in particolare per una superficie piezometrica compresa tra le quote 1800 m e 1900 m, si individuano dapprima limitati spostamenti di scivolamento dei blocchi centrali del massiccio con componente prevalentemente orizzontale. A questa prima fase deformativa dell’ammasso, interessante, come detto precedentemente, la parte medio bassa del versante, seguono progressivi dislocamenti dei giunti che si propagano ai blocchi superiori fino a raggiungere le discontinuità monitorate in sommità. Il progressivo estendersi dei fenomeni di scivolamento e traslazione dei blocchi raggiunge una situazione critica in corrispondenza del livello di falda corrispondente ai 1900 m di quota. Con questa configurazione idrogeologica, infatti, il modello non è più in grado di raggiungere una condizione di equilibrio ed il versante raggiunge rapidamente il collasso. La condizione di collasso viene raggiunta con un andamento delle aperture delle discontinuità sommitali pressoché identico al variare dei percorsi di carico piezometrico assegnati. Tale andamento riproduce in modo sufficientemente corretto quanto registrato dagli strumenti di misura nella fase antecedente il terzo evento di crollo. L’andamento delle discontinuità monitorate diventa, quindi, indice della situazione di equilibrio nella quale viene a trovarsi il versante. Questo equivale a dire che nel momento in cui la derivata della curva rappresentante l’andamento delle aperture raggiunge un valore limite, la crisi del versante diventa inevitabile. Tale assunto potrebbe costituire un criterio per individuare una procedura di valutazione della pericolosità di crollo del versante. 200 180 160 Aperture (mm) 140 120 100 80 60 40 20 0 0 100 200 300 400 500 600 700 800 900 1000 Riferimenti bibliografici CRSF (1995), “Bergstrunz Grossgufer, Randa. Rapport de surveillance n. 2”. Centre de Researche Fondamentales et applique de Sion. Cundall P. A., (1980) “UDEC - A generalized distinct element program for modeling jointed rock”, Peter Cundall Associates, Rep. PCAR-1-80. European Research Office, US Army. Goodman R.E. & Shi G.H (1982), “Geology and rock slope stability, application of the key block concepts for rock slopes”. 3rd. Int. Conf. On stability in surface mining. New York. Rouiller J.D. (1992), “Bergstrunz Grossgufer. La catastrophe de Randa, 1991”. Centre de Researche Fondamentales et appliquees de Sion. Segalini, Giani e Ferrero.