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Autunno 2007 Anno 8 Numero 20 “Tariffa pagata” Accordo Quadro n. Aut. DCO/DM/SP/0091/2004 valida dal 1 marzo 2004 di Manciano Trimestrale del Comune di Manciano - Direttore Responsabile Vittorio Piccini - Grafica e impaginazione Maurizio Cont - Stampa Tipolito ATLA di Pitigliano Spedizione in abb. post. - art. 2 comma 20/c - L. 662/96 Filiale di Grosseto - Reg. Trib. di Grosseto N. 8/1999 R.S. del 14/12/99 - Stampato su carta riciclata insediamenti alle risorse esistenti, con particolare attenzione a quella idrica. Sono previsti circa 400 nuovi alloggi nei prossimi 20 anni, dei quali l’80 per cento sarà destinato ai residenti e di questa percentuale, la metà all’edilizia economica e popolare. “E questo – aggiunge Ciavattini – è un aspetto sul quale abbiamo puntato molto, in considerazione delle crescenti difficoltà delle famiglie e delle giovani coppie ad acquistare una casa propria per l’aumento esponenziale dei prezzi cui si è assistito in poco tempo. Il nostro comune ha registrato in pochi anni un considerevole incremento demografico, legato indubbiamente alla presenza degli immigrati, ma anche alla scelta che tante famiglie hanno fatto di continuare a vivere qui. A loro dobbiamo dare una risposta e siamo certi di poterlo fare con previsioni urbanistiche lungimiranti destinate a soddisfare il bisogno primario della casa”. Il Piano strutturale, peraltro, sarà oggetto di una comunicazione più ampia e dettagliata nel prossimo numero dello Strillone, al termine del giro di incontri con i cittadini, che sono previsti a partire da settembre nel Capoluogo e nelle frazioni. IL PIANO STRUTTURALE IN DIRITTURA D’ARRIVO In previsione regole certe per la tutela dell’ambiente come vero motore di sviluppo del territorio In considerazione del fatto che entro la fine dell’anno sarà portato in approvazione il Piano Strutturale, uno degli strumenti fondamentali dell’Amministrazione per lo sviluppo del territorio, la Redazione de “Lo Strillone” ha ritenuto opportuno incontrare i tecnici che lo hanno elaborato. Successivamente ci è pervenuto il testo che sotto riportiamo. Entro la fine dell’anno il Piano strutturale del Comune di Manciano sarà portato all’attenzione del Consiglio, per l’adozione. Intanto, finito il primo giro di incontri con le Associazioni di categoria, le Associazioni ambientaliste, le forze politiche, i professionisti, viene presentato pubblicamente nel Capoluogo e nelle frazioni. “Abbiamo lavorato per elaborare un Piano che pone al primo posto la salvaguardia dell’ambiente e il rispetto delle sue peculiarità, individuando nel patrimonio ambientale l’elemento di traino per lo sviluppo del nostro territorio”, spiega l’assessore all’Urbanistica, Cesare Ciavattini . Il Piano, che è stato redatto dall’Ufficio Urbanistica del Comune al proprio interno, detta norme precise per la conservazione e la tutela dell’ambiente, integrandole con la valorizzazione del patrimonio edilizio, nel Capoluogo, nelle frazioni e nelle aree rurali, e con il consolidamento dell’esistente per quanto riguarda le attività produttive, come turismo, agricoltura, piccola e media impresa, aree per insediamenti industriali e artigianali. “Il principio di fondo da cui siamo partiti nell’impostazione del Piano è, infatti, stabilizzare quanto già esiste, regolamentando lo sviluppo di nuovi insediamenti – spiega Ciavattini -. C’è bisogno di dare corpo ai risultati raggiunti perché una crescita sovradimensionata alle prospettive di sviluppo, non necessariamente crea ulteriore occasione di incremento del reddito. Le attività imprenditoriali esistenti devono avere l’opportunità di consolidarsi ulteriormente, mentre le nuove devono poter trovare margini di crescita. È questo il salto di qualità che chiediamo al territorio e alla comunità con questo Piano strutturale. Un passo avanti di carattere culturale per le imprese, sia in termini di qualità dell’offerta e dell’accoglienza per quanto riguarda il turismo, sia in termini di innovazione e di competitività per gli altri settori dell’economia. Noi ci siamo impegnati a dare risposte alle richieste dei cittadini, tenendo conto delle trasformazioni in atto, sia in termini di crescita della popolazione che di prospettive di sviluppo, coniugando i bisogni espressi in campo abitativo, economico, delle infrastrutture, dell’approvvigionamento idrico ed energetico, con la salvaguardia dell’ambiente e del territorio. Chiediamo alla nostra comunità di cogliere l’opportunità di crescita qualitativa e culturale che il Piano offre nei diversi aspetti della vita sociale”. In questa ottica va vista anche la scelta di valorizzare il patrimonio edilizio e di dimensionare i nuovi GORELLO MON AMOUR... CONTINUA GORELLO MON AMOUR … CONTINUA 2 2 4 Gorello mon amour... l’interessamento della stampa Inaugurazione primo ecocentro provinciale Avis quarant’anni di impegno sociale 1 A proposito dell’articolo apparso su “Il Tirreno” del 17.06.2007, a firma E.G., cui si deve il merito di aver portato in prima pagina uno dei problemi più annosi e dibattuti del nostro territorio, che stenta a trovare soluzione e sul quale siamo stati interpellati dai nostri lettori, precisiamo che quanto vi è riferito non è, come potrebbe sembrare, una proposta della nostra Redazione. Si tratta invece di uno dei “più articolati” interventi pervenuti e pubblicati da “Lo Strillone” (vedere l’ultimo numero) nel rispetto della libera espressione che l’editore ci consente, e relativi al sondaggio da noi promosso “Gorello mon amour”. L’occasione ci è propizia per ringraziare i molti privati cittadini che hanno offerto il loro prezioso contributo, anche se sarebbe auspicabile ricevere, su un tema così urgente, delicato e complesso, che travalica il localismo, quello delle Associazioni ambientaliste attente (?) al tessuto sociale, come WWF e Italia Nostra. Sullo stesso argomento il Sindaco darà notizia a breve sugli ultimi sviluppi e sulla soluzione definitiva cui è pervenuta l’Amministrazione Comunale. Informiamo i lettori che sono rinviati al prossimo numero alcuni articoli su argomenti di pubblico interesse pervenuti dai cittadini, ai quali sarà dato risposta in uno spazio di “botta e risposta” da parte degli assessori competenti. INAUGURATO A MANCIANO IL PRIMO E C O C E N T R O DELL’INTERO T E R R I T O R I O PROVINCIALE È il primo ecocentro dei 33 che sono previsti dal Piano provinciale dei rifiuti solidi urbani e dal Piano industriale redatto dall’Ato 9. Qui i cittadini di Manciano potranno portare gratuitamente i propri rifiuti che verranno ritirati direttamente dal personale e stoccati secondo la tipologia. È stato progettato e realizzato dal Comune di Manciano in località San Giovanni, su un’area di circa 2 mila metri quadrati, adiacente al cantiere comunale. Dovrà servire un bacino di utenza pari all’intero territorio comunale, per circa 7 mila persone. Sabato 29 settembre si è svolta la cerimonia di inaugurazione, alla presenza degli amministratori locali, del Coseca e dell’Ato 9 rifiuti. LE IMMAGINI DI QUESTO NUMERO SEGNALI DALLO SPAZIO PROFONDO da potature, sfalci di giardini e parchi); uno spazio al coperto per lo stoccaggio di rifiuti urbani classificati come “pericolosi” (medicinali, batterie, ecc.) che devono essere protetti dagli agenti atmosferici, per evitare la contaminazione dell’ambiente circostante. Nel primo caso, si tratta precisamente di carta e cartone, vetro, plastica, metallo, legno e rifiuti ingombranti, che saranno stoccati nei contenitori scarrabili per una quantità massima di 20 metri cubi per ciascuna tipologia, per un periodo non superiore a 3 mesi. Questi materiali saranno successivamente destinati al riciclaggio, allo smaltimento, al recupero di materie prime seconde. Gli scarti vegetali, invece, saranno stoccati in una piazzola fino ad una quantità massima di 100 metri cubi, per un periodo non superiore a 3 mesi. Anche in questo caso sono destinati al riciclaggio, allo smaltimento, al recupero di materie prime seconde. Per quanto riguarda i rifiuti urbani pericolosi - medicinali, batterie, tubi fluorescenti, apparecchiature elettriche ed elettroniche, detergenti, rifiuti che contengono mercurio - la quantità massima stoccabile è di 6 metri cubi per ogni tipologia, per non più di 2 mesi, sotto l’apposita tettoia. I medicinali saranno successivamente destinati allo smaltimento, mentre gli altri materiali anche al recupero di materie prime seconde. L’ecocentro è aperto il martedì, il giovedì e il sabato, dalle 7 alle 13. Tel. 0564 628367 IN “L’ecocentro rappresenta un elemento di eccellenza non solo per il Comune di Manciano – ha spiegato l’assessore all’Ambiente, Daniele Pratesi - ma per l’intero territorio provinciale. Infatti, è il primo ad essere reso fruibile in provincia di Grosseto e l’Ato 9 lo ha preso a modello per la progettazione e la realizzazione degli altri 32 previsti dal Piano dei Rifiuti. Del resto dal momento in cui, come Comune, ci siamo posti l’obiettivo di incrementare la raccolta differenziata, invitando i cittadini allo smaltimento ‘intelligente’ dei propri scarti dell’attività quotidiana, abbiamo anche dovuto realizzare la struttura adeguata a ricevere, stoccare e successivamente smaltire questi materiali, in piena sicurezza per la salute delle persone e per la qualità dell’ambiente. Abbiamo realizzato un investimento di circa 140 mila euro, una parte dei quali finanziati con un contributo regionale, in un’area facilmente accessibile, ma allo stesso tempo non troppo vicina al centro abitato, in modo da evitare disagi legati alle attività che si svolgono all’interno, come lo svuotamento dei cassoni, la raccolta dei materiali, la pulizia di tutta l’area”. La gestione dell’Ecocentro è stata affidata al Coseca con uno specifico contratto di servizio che rientra nella convenzione stipulata dal Comune con il consorzio per l’affidamento di tutti servizi di igiene urbana, quali raccolta, trasporto, recupero o smaltimento dei rifiuti solidi urbani, raccolta differenziata, spazzamento. Tra l’altro, per dare massima garanzia al Comune sull’espletamento dei servizi e sulla tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini, il Coseca, che si occupa anche della sorveglianza, ha sottoscritto una polizza fidejussoria di 17 mila euro. L’ecocentro è suddiviso in tre diverse sezioni: una per il deposito di materiale misto (carta e cartone, vetro, plastica, ecc.) in appositi contenitori definiti “scarrabili”; una piazzola per la frazione verde (scarti vegetali EVIDENZ A Il Comune rende noto che l’accesso ai cimiteri del territorio, per eseguire ogni tipologia di lavoro sulle strutture e sulle tombe, deve essere preventivamente autorizzato dall’Ufficio Tecnico del Comune. Si sono, infatti, verificati alcuni episodi, in cui sono stati svolti lavori in contrasto con il Regolamento Comunale in materia, che hanno messo a rischio la stabilità stessa delle strutture. Per informazioni e per il rilascio delle autorizzazioni ai lavori, rivolgersi all’Ufficio Tecnico del Comune, in orario di ufficio, telefono 0564/625348, architetto Maria Teresa Dini 2 Il rifiuto come progettualità anche strutturale. Un problema ecologico-escatologico, ovvero è possibile rifiutare un rifiuto? A cura di maurizio cont PIANO viene designato per significare gradi o livelli caratterizzati da qualità proprie. STRUTTURA, nel senso logico, la pianta o il piano d’una relazione, come una carta geografica è analoga al paese che rappresenta. In estrema sintesi si potrebbe dire che un PIANO STRUTTURALE è una QUALITÀ DI RELAZIONI. Non un contenitore vuoto di frasi fatte: “l’identità culturale della nostra popolazione, delle nostre genti come risorsa per le nuove generazioni, per il turismo, per la famiglia, per la patria..., siamo allo stato embrionale, ma è l’inizio di un percorso... Perché acquisire cultura porta ad acquisire una nuova coscienza di sé... Certamente in futuro si farà… non si può perdere altro tempo” Ecc... ecc... parole di seconda mano, ripetute in blocco e riprese a scadenze regolari che ben rappresentano il vuoto culturale che ci circonda. Per un piano “qualsiasi” ci vuole: progetto, armonizzazione, continuità, professionalità e confronto elementi banditi, rifiutati e cancellati e sostituiti da proposte transitorie e frammentarie decise da una casta speciale che non sempre è garanzia di miglioramento e tutela delle nostre esistenze ed esigenze. Però qualcosa, finalmente in questo territorio sta cambiando, tra chi raccoglie firme per mantenere e incentivare gratuitamente un barbaro degrado, di chi fa operazioni cosmetiche con le colline senza tener conto della sezione aurea presente in natura, e chi lascia marcire e abbandona per strada i segnali, con assoluta indifferenza, dell’unica esperienza culturale tutt’altro che cosmetica…, chi continua a ignorare i concorsi di idee per le opere pubbliche e preferisce la mediocrità accertata e garantita (compresa di kitsch territoriale) per pochi euro (tra poco fuori legge grazie alle civili normative europee) nonostante ciò… ecco, qualcosa di sostanziale appare all’orizzonte e si moltiplica, si accoppia, occupa spazi urbani in totale e discreta armonia con l’ambiente. E’ l’invasione del contenitore, anzi svariate tipologie di contenitori che germogliano allegramente nelle forme e nei materiali più svariati e fantasiosi. Che siano le prove generali di un piano? Non solo strutturale? E’ forse un’operazione di trasformazione sociale? Basata sul rifiuto o meglio sui cestini per i rifiuti creati e dislocati con grande senso estetico e sapienza in ogni dove e per ogni esigenza, una vera e unica rivoluzione nel suo genere, saremmo presto invidiati-imitati dai territori limitrofi che si limitano a una o al più due tipologie. Ecco finalmente un territorio che si riconosce con orgoglio in un simbolo di civiltà e si identifica con una pluralità espressiva veramente audace. Uno affianco all’altra/o per non sentirsi più soli in una sorta di evoluzione continua sempre più ricca di significati e di messaggi per la popolazione tutta. Noi, sbalorditi da tanta innovazione culturale abbiamo iniziato una catalogazione ragionata per immagini, a Voi, cari lettori spetta l’affascinante lavoro di ulteriori segnalazioni e interpretazioni da far pervenire alla redazione. Un segnale dallo spazio aperto e profondo nell’era del rifiuto globale e consapevole, per tutti i gusti. Per non disperdere la QUALITÀ DELLE RELAZIONI nell’ambiente, ma raccoglierla negli appositi contenitori. P.S. Si sollevano montagne per scoprire, poi, che sono sempre al loro posto e che gli sforzi sono stati vani, che il lavoro è stato inutile... Buon autunno a tutti. di Manc C A S T E L L U M AQUARUM. NUOVE PROSPETTIVE Sonia Focacci Poggio Murella, frazione del Comune di Manciano, è situato su una collina di circa 400 mt di altezza. E’ equidistante sia dalla costa dell’Argentario che dalla montagna dell’Amiata con bellissimi panorami intorno e a sud la vallata delle Terme di Saturnia. Chi viene da queste parti rimane sorpreso ed ammirato sia dalla dolcezza del paesaggio, sia dalla tranquillità che vi si può trovare. La campagna maremmana che circonda il paese, fortunatamente è ancora incontaminata e profondamente autentica: querce secolari, olivi argentati, vigneti e campi per le semine stagionali intervallati da molte piccole aree boschive. Il paese di Poggio Murella però non ha una sua storia importante e neppure attrattive turistiche di rilievo. Una cosa però desidero evidenziare, ma lo voglio fare con le parole di un grande archeologo del passato: il Pasqui (1888) dice: “Uno dei siti archeologici più spettacolari nella zona di Saturnia è la grande cisterna romana in località le Murelle, vicino al paese di Poggio Murella. Essa serviva per la raccolta di acque sorgive”. Inoltre, nella lettera della Soprintendenza del 18-12-’97, da me contattata tramite il Dott. Procuratore di Firenze Luciano Morelli, si legge: “I tagli di finanziamento imposti dal Su. Ministero, dopo un primo intervento degli anni ’70, ci hanno impedito di continuare il restauro in maniera più completa. Solo episodicamente si stanno effettuando interventi sia in forma di opere di consolidamento che di indagini di tipo geognostico su questo importante monumento dalle proporzioni non indifferenti (m. 37x17; altezza accertata m. 6; capacità circa mc 3700 )“. Anche il Dott. Camilli, ispettore della Soprintendenza ed esperto di depositi d’acqua fu da me invitato per un sopralluogo negli anni ’90. Egli riconobbe l’importanza di questo monumento che sicuramente era un rifornimento idrico per le ville romane della zona. Naturalmente promise un intervento solo dopo aver terminato gli scavi di Marsiliana, ma solo a parole. Adesso però, dopo una trasmissione a Teletirreno e soprattutto dopo l’interessamento del nostro Comune nella persona dell’Assessore alla Cultura Daniele Pratesi si è verificata una cosa molto importante. La Cisterna Romana è passata al Comune con un comodato firmato da tutti i proprietari del terreno dove si trova il monumento. Ed ora, con questo presupposto, si spera di poter iniziare un percorso consistente che ci potrà dare sicuramente dei buoni risultati. Termino questo intervento ringraziando sentitamente l’Assessore alla Cultura Daniele Pratesi che mi ha sostenuto e assecondato in questa difficile impresa con interesse e desiderio di fare qualcosa di veramente positivo. Ringrazio anche tutti i proprietari del terreno e cioè le Famiglie Mambrini perché con questo loro gesto disinteressato ci hanno aperto la strada giusta per continuare il nostro cammino verso un traguardo sicuro e soddisfacente. L A L E Z I O N E D E L L E C O S E Circolo Arci Manciano La lezione delle cose è nelle persone, nelle parole che senti, nella storia raccontata da chi l’ha fatta. Così la presentazione del libro di Nedo Bianchi “Il tenente Gino e il soldato Giovanni”, realizzata dall’Amministrazione Comunale nei locali e con la collaborazione del Circolo Arci di Manciano il Primo Maggio scorso, ha il valore di una storia raccontata nel posto giusto, è il segno di un seme che cade su terra buona. Fra i soci del nostro Circolo tre sono stati partigiani combattenti. Quindi il tenente Gino non era per noi, che quei fatti non li abbiamo vissuti, un personaggio oscuro, così come non lo era il suo attendente Giovanni Conti. La Resistenza l’abbiamo letta nei libri, come tutti, ma soprattutto la conosciamo come non è dato di conoscerla a chi non l’abbia sentita raccontare dai protagonisti, da chi in quel periodo aveva fatto una scelta precisa. Conosciamo i dubbi e le paure dei ragazzi di allora, i primi passi nella macchia, le notti anciano nei capanni, conosciamo i sentieri dei partigiani, li abbiamo percorsi. Non ci sono oscure le vicende di quei mesi che, tra la fine dell’estate del 1943 e la primavera del 1944, videro pochi - ma non troppo pochi - uomini uscire dalla zona grigia dell’abbattimento e della paura e scegliere di costruire e poi difendere con le armi il progetto di un’Italia libera e consapevole, di una Patria che avesse l’esuberanza dei vent’anni e la memoria di un vecchio. E il suono della parola Patria non ci è mai sembrato tronfio visto dalle montagne e dai boschi dei partigiani. Nedo Bianchi non è uno storico di professione e lo dichiara con onestà, ma questo nulla toglie al suo saggio, perché sa intrecciare con agilità il piano degli affetti, lo spoglio dei documenti e le testimonianze orali, le fonti vive di cui dicevamo prima. Il risultato è un lungo racconto, preciso ed esauriente quanto umano e diretto. E’ il racconto dell’incontro tra un giovane milanese, ufficiale del Regio Esercito, colto e carismatico, e un altro giovane, un contadino di Montemerano, accomunati solo dalla scelta partigiana e dalla morte eroica. Di quell’incontro, di quei due ragazzi, Nedo Bianchi scrive che uno dette all’altro l’orizzonte di un mondo diverso e migliore e l’altro ricompensò con la saggezza pratica di chi conosce luoghi, sentieri, casolari e contadini. In quell’incontro, nelle lezioni di Canzanelli sulla democrazia e sulla storia civile ai giovani di Montemerano e nell’esempio di Giovanni Conti che con altri giovani lo seguì alla macchia, le categorie di morte della Patria e di guerra civile si fanno inconsistenti e svaporano definitivamente per lasciarci vedere chiara la realtà delle cose: la scelta partigiana e l’adesione alla Repubblica Sociale, il progetto di un Secondo Risorgimento e la difesa dell’ordine fascista non possono essere messi sullo stesso piano. La pacificazione passa dal ricordo e da una scelta che va compiuta, ancora oggi, ogni giorno. La scelta e i progetti dei ragazzi di allora si attuarono in minima parte nell’Italia repubblicana: vennero la Costituzione, le cooperative, le lotte sindacali, ma anche le nuove repressioni, l’asservimento militare ed economico agli Stati Uniti, il Qualunquismo. Prima che il benessere economico avvolgesse quasi tutto in una nuvola soporosa. Il libro di Nedo Bianchi non si spinge a questo punto. Recupera la dimensione quotidiana, concreta e materiale dei fatti fino all’agguato in cui morirono i due partigiani, nella strada che scende dalle colline di Murci fino a Pomonte. Ci presenta un’investigazione accurata della dinamica di quell’episodio, ripercorre gli atti del processo repubblicano che aveva seguito quelli dei tribunali partigiani e si chiede, come altri si sono chiesti, se fu un episodio di guerra o una rappresaglia fascista. Termina con un rassegna dei tributi alla memoria che in sessant’anni sono stati riconosciuti a Gino Canzanelli e a Giovanni Conti. Sessant’anni. Non sono tanti, in fondo. La storia personale dei due giovani finì dietro una curva nella strada della Dogana, il 7 maggio 1944. Il gruppo di Canzanelli si sbandò ma la Resistenza maremmana continuò fino all’arrivo degli Alleati, poco più di un mese dopo. Quello che rimane di quei giorni, in fondo vicini, sono un monumento al ciglio di un sentiero, i ricordi dei vecchi del Circolo che si fanno racconti da ascoltare, il sorriso di un uomo di Murci quando chiedevamo del Tenente Gino, rimane un libro nuovo da leggere, e la lezione di tutte queste cose: il grande male è l’indifferenza. 3 R A C C O L T A DIFFERENZIATA. N E C E S S A R I O L’AFFIDAMENTO A UN GESTORE UNICO Daniele Pratesi Assessore all’Ambiente del Comune di Manciano In riferimento all’articolo apparso nel numero 19 de “Lo Strillone”, riguardante alcuni dubbi che i cittadini di Saturnia hanno posto sul servizio di raccolta differenziata eseguito dal Coseca S.p.a. colgo l’occasione non solo per rispondere rispetto al problema posto ma anche per fare alcune doverose riflessioni. Innanzitutto, in questo momento, tutto il territorio provinciale è in uno stato di sofferenza sia sulla qualità del servizio prestato dai gestori che sullo smaltimento dei rifiuti indifferenziati. In sostanza la domanda che tutti gli amministratori pongono è: quanto tempo ancora bisogna attendere l’applicazione del piano industriale di gestione dei rifiuti, ormai redatto dall’ATO 9 e approvato da tutti i comuni, che prevede l’affidamento ad un gestore unico provinciale che possa ragionare ed offrire un servizio senza la frammentazione delle gestioni e rispondente a criteri di efficienza e di economicità? Questo per dire che finché non ci sarà un gestore unico, affidato con le regole uniche del piano industriale provinciale, la raccolta, il trasporto, lo smaltimento dei rifiuti urbani, differenziati ed indifferenziati, non potrà mai rispondere a criteri razionali e raggiungere gli obiettivi previsti dalle leggi nazionali e regionali. Non potrà nemmeno essere un servizio a cui i cittadini partecipano con tariffe eque, giuste e sopportabili. Lo stato di sofferenza esiste anche per le raccolte nel nostro Comune, e raggiunge lo stato di emergenza continua per lo smaltimento nella discarica del Tafone, ormai di proprietà dei 6 comuni del sottobacino sud della provincia. Non siamo soddisfatti dell’andamento della raccolta differenziata, non solo perché il gestore non riesce a gestire il servizio con tariffe compatibili con il nostro bilancio ma soprattutto per gli scarsi risultati sul raggiungimento degli obiettivi previsti dal Decreto Ronchi. E’ vero che nel 2006 il totale della raccolta differenziata, pari a 647 ton., rappresenta circa il 14% del totale dei rifiuti urbani, con un piccolo passo avanti rispetto al 2005, ma è anche ovvio che con questo servizio, con questo gestore e senza una filiera di aziende locali per il recupero, le tariffe per la valorizzazione di carta e cartone, vetro e multimateriale, sono troppo alte (95,00 €/t per la raccolta, e 74 €/t per il recupero). Questo il quadro generale, non molto rassicurante direi. Io credo che l’impegno dei cittadini a rispettare l’ambiente, a diminuire il quantitativo dei rifiuti che vanno in discarica, ad aumentare le percentuali di raccolta differenziata nel nostro Comune sia un dovere civico da perseguire e raggiungere. Certo il processo è lento ma in via di maturazione e per questo voglio lanciare un appello generale a tutti affinché esista comunicazione tra noi e voi, tra uffici e gestore, soprattutto nel rispetto delle regole che il contratto di servizio firmato con il gestore impone sulle modalità di raccolta del rifiuto differenziato. Gli uffici comunali faranno sicuramente la loro parte, ma riteniamo che anche noi cittadini nel momento in cui un servizio che ha un costo sociale non indifferente pone dei dubbi abbiamo il dovere di denunciarlo, solo così potrà migliorare. PROGETTO DI SERVIZIO CIVILE Marcello Santarelli Presidente della Confraternita di Misericordia La Misericordia di Manciano per il terzo anno consecutivo gestisce un Progetto di Servizio Civile per l’assistenza domiciliare leggera agli anziani, denominato “Solidarietà Cittadina 3”. Ai giovani volontari è stato fatto un corso di formazione durante il quale 30 ore sono state destinate alla presentazione del Servizio Civile e dei principi che ne sono alla base, compresa la storia e l’attività esercitata dall’Associazione in cui operano. La seconda fase, per complessive 50 ore, è stata svolta da un medico del 118 della postazione di Manciano per preparare i giovani volontari allo specifico degli argomenti fornendo loro informazioni, metodi e supporti per lo svolgimento delle specifiche attività del progetto. Tale servizio è operativo dal 2 ottobre 2006. In particolare, nelle ore diurne, il personale messo a disposizione dalla Misericordia di Manciano è in grado di rispondere a varie esigenze della popolazione, come ad esempio: accompagnamento e trasporto sociale, spesa assistita, servizio pronto farmaco, supporto alle attività domiciliari alla persona, disbrigo di pratiche burocratiche, sostegno psicologico, ecc… Grande è stato il numero degli interventi fatti dalle tre volontarie che sono impegnate 30 ore settimanali ciascuna. Dal 2 ottobre 2006 al 30 aprile 2007 sono intervenute 1280 volte meritandosi la gratitudine e la simpatia dei nostri anziani soprattutto per l’umanità dimostrata verso chi ha bisogno. Aumenta il senso di disagio di persone ammalate, di anziani soli che in una società dove si parla solo di tagli ai servizi essenziali si sentono abbandonati e rassegnati per tale stato di cose. Noi, come Misericordia, cerchiamo di fare il possibile e abbiamo già presentato per il quarto anno consecutivo la richiesta di un nuovo progetto con le stesse finalità denominato “Solidarietà Cittadina 4”. Ci auguriamo che venga al più presto finanziato sottolineando che circa il 30% della popolazione di Manciano è composta da anziani e sono in aumento le persone sole. UN CONTRIBUTO AL GROUPEMENT MIXTE MANCIANO È una storia lunga quella che lega il Comune di Manciano al Burkina-Faso, dove, da oltre due anni l’Amministrazione è impegnata a sostenere progetti in campo agricolo e imprenditoriale. Nel 2005, infatti, una delegazione di 12 studenti africani fu ospite nel nostro Comune per uno stage formativo nelle aziende agroalimentari della zona. Tra l’altro alcuni di loro, al rientro in patria, hanno avviato attività e imprenditoriali e hanno costituito a Dédougou la cooperativa “Groupement Maraichére Mixte Manciano” che rappresenta un’istituzione di avanguardia per la fascia equatoriale del Sahel. L’anno successivo il Comune ha devoluto un contributo di 2500 euro a favore della stessa per l’acquisto di una pompa, che consente l’irrigazione meccanica di alcune piantagioni di ortaggi. Quest’anno, date anche le ristrettezze del bilancio, il Comune ha potuto stanziare 500 euro, alle quali tuttavia, su proposta dell’assessore alla Cultura, Daniele Pratesi, che segue i rapporti con il Burkina, sindaco e assessori hanno aggiunto ulteriori 350 euro, detraendone 50 da ciascuna indennità di carica mensile. In totale 850 euro che sono state inviate al “Groupement Manciano” a sostegno di un progetto di orticoltura. “Il Burkina è una delle regioni più povere dell’Africa, dove malattie e fame uccidono ogni anno migliaia di persone – spiega Daniele Pratesi –. Il nostro è un contributo piccolo, calibrato sulle attuali possibilità finanziarie, che sostiene un programma concreto di vera solidarietà. Realizzare una coltivazione di ortaggi e poterli irrigare, in un paese come quello, è per molti una speranza di vita”. AVIS. 40 ANNI DI IMPEGNO SOCIALE Sirio Sabatini Presidente dell’Avis Comunale di Manciano AL VIA LA SCUOLA PER MUSICA BANDISTICA realizzata dal Comune in collaborazione con le bande di Poggio Murella, Saturnia e Montemerano Sono iniziati a ottobre e dureranno fino a giugno 2008, i corsi della Scuola di musica a indirizzo bandistico intitolata a Giovanni Lanzi, organizzata dal Comune in collaborazione con tre Società filarmoniche del territorio: la “Pietro Mascagni” di Poggio Murella, la “Amilcare Ponchielli” di Saturnia e la “Giuseppe Verdi” di Montemerano. Un’iniziativa originale per l’intero comprensorio, che è destinata a formare esperti musicisti per corpi bandistici, in modo da mantenere una tradizione che, in caso contrario, rischia di scomparire. Le Bande infatti non passano mai di moda e l’intrattenimento musicale che offrono fa parte da sempre della cultura e del folklore locale. Tuttavia è difficile reclutare “nuove leve”, giovani motivati a proseguire la tradizione, in assenza di reali possibilità di formazione. “L’idea di realizzare questa particolare scuola di musica – spiega l’assessore alla Cultura, Daniele Pratesi – è nata dal fatto che nel nostro territorio esistono tre Società filarmoniche, che hanno alle spalle un’attività di oltre cento anni, con un importante ruolo sociale, culturale e di aggregazione per giovani e meno giovani. Ma che da sole – aggiunge - non sono in grado di sostenere una scuola per preparare le nuove leve della banda, con un conseguente decremento del numero dei componenti. E questo non solo va a scapito dell’attività di ogni gruppo, ma soprattutto rischia di portare alla fine di queste esperienze che spesso sono parte della cultura, della tradizione e della vita stessa di ogni comunità. La collaborazione con il Comune, che sostiene economicamente la scuola, consente quindi di dare una risposta all’esigenza di mantenere viva e vitale l’attività delle bande, di ampliare l’offerta formativa e culturale, di dare vita ad un’esperienza originale che potrebbe attrarre iscritti anche da altre realtà”. La scuola di musica prevede, infatti, corsi di teoria e solfeggio, musica di insieme e strumento (legni, ottoni, percussioni), che saranno svolti da insegnanti specializzati nella musica e negli strumenti tipici dei corpi bandistici. Per garantire la massima possibilità di frequenza a tutte le persone interessate, le lezioni si terranno nelle sedi delle tre Filarmoniche a Poggio Murella, Saturnia e Montemerano. Il compenso per gli insegnanti è a carico del Comune, mentre alle Società è affidata la supervisione dei corsi, sia sotto l’aspetto organizzativo che per quanto riguarda le iscrizioni e le quote di partecipazione, fissate in 30 euro al mese per ogni iscritto. 4 Domenica 22 Luglio la Sezione Avis Comunale di Manciano ha festeggiato i 40 anni di attività. Alla manifestazione hanno partecipato le autorità locali, le sezioni della nostra Provincia, il Presidente dell’Avis Provinciale di Grosseto, Mario Tonelli, una rappresentanza dell’Avis Regionale Toscana ed una della Sezione di San Niccolò ormai da tempo gemellata con la nostra. Durante la manifestazione, tenutasi al Nuovo Cinema Moderno, si è svolta la consegna dei premi ai donatori in base al numero di donazioni effettuate (30 diplomi di benemerenza, 14 medaglie d’argento, 10 medaglie di argento dorato, 11 medaglie d’oro ed una fronda d’oro), seguita dal pranzo offerto dall’Avis di Manciano a tutti i partecipanti. Riporto di seguito il saluto rivolto ai presenti che è anche una piccola cronistoria della nostra sezione: «Siamo ormai giunti ai 40 anni della fondazione della Sezione Comunale Avis di Manciano. È oggi più che mai mio dovere e mio piacere ricordare l’impegno e la passione di coloro grazie ai quali la nostra Sezione è stata fondata. A Massa Marittima il 22 Aprile 1967, davanti al notaio Savona, si costituì la Sezione Comunale Avis di Manciano, i firmatari dell’atto costitutivo furono: Mariotti Vittorio, Santi Mario, Silvestri Sirio, Pala Dino, Funghi Sesto, Lotti Iva, Grifoni Raimondo, Valenti Viero, Pascucci Lindo, Niccolai Lilio, Piccioli Guido (primo Presidente dell’Avis di Manciano), Cavoli Francesco, Nardelli Fausto e Dazzi Alberto. Il maggiore incitamento alla fondazione dell’Associazione fu dato dal Prof. Marcello Pierallini, allora primario di chirurgia dell’Ospedale Aldi Mai di Manciano. La nostra è stata una storia turbolenta a causa del susseguirsi di aperture e chiusure del Centro di Raccolta Sangue e dell’alternarsi dei vari Presidenti (Piccioli Guido, Fastame Andrea, Vichi Italo, Danesi Enrico, Vichi Italo, Danesi Enrico, Vichi Italo ed attualmente Sirio Sabatini) che, con impegno, si sono adoperati per risolvere tutte le problematiche che si sono presentate nel corso degli anni. Il Centro di Raccolta Sangue dalla sua fondazione ad oggi è reso operante grazie all’impegno dei vari medici che in questi 40 anni si sono adoperati per assicurarne il funzionamento. Non posso non ringraziare il Dr. Enzo Bernardini, Dr. Aluzain Talaj, Dr. Gaetano Carducci, Dott.ssa Daniela Bini, Dott.ssa Patrizia Baratti, Dr. Massimiliano Bartolini, Dott.ssa Giuseppa Lazzari e la Dott.ssa Tosca Corti che si occupa del Centro dal 1995 ad oggi. Dalla sua istituzione il Centro di Raccolta fu gestito direttamente dall’Ospedale Aldi Mai di Manciano, fino al Febbraio del 1977 quando la Regione Toscana ne autorizzò il passaggio della gestione alla U.S.L. N° 29, ma dobbiamo aspettare l’anno 1991 per vederlo finalmente affidato alla Sezione Avis di Manciano. È importante ricordare che nel 1980-81 si costituì la Sezione Comunale Avis di Sorano e nel 1990 quella di Pitigliano i cui soci potevano donare presso il ns. Centro di Raccolta. Nel 2000 la Regione Toscana per venire incontro alle esigenze di questi donatori, autorizzò di Manc l’apertura di un nuovo Centro presso il Presidio Ospedaliero di Pitigliano tutt’oggi gestito dalla nostra Sezione con un accesso settimanale, che ha quindi affermato la propria importanza come maggior punto di prelievo della parte alta della Provincia di Grosseto. In questa pubblicazione troverete un grafico che vi illustrerà come il numero delle donazioni sia cresciuto esponenzialmente anno dopo anno passando da poche decine alle attuali 450 donazioni annue per la sola Sezione di Manciano e a 650 donazioni annue comprendendo anche le Sezioni di Pitigliano e Sorano. Partecipando alle attività di questa Associazione da ben 35 anni, credo di essere la persona più adatta a testimoniare il grande lavoro svolto grazie al quale siamo riusciti a portare il numero di donatori iscritti dai 12-13 degli inizi agli attuali 290, di cui 220 almeno attivi durante l’anno. Il nostro compito primario è sempre stato quello di divulgare in tutta la cittadinanza il valore della donazione del sangue come speranza di vita. Continuando l’ottimo lavoro svolto dai nostri predecessori, nell’ultimo decennio abbiamo cercato di sensibilizzare il più possibile le nuove generazioni recandoci personalmente in tutte le Scuole e riuscendo a far aderire molti ragazzi. Importante è infatti la crescita di partecipazione femminile e giovanile che riscontriamo negli ultimi 5 anni. Vorrei ringraziare a nome di tutto il Consiglio che rappresento, i donatori di Manciano e delle frazioni, sempre molto sensibili al messaggio di impegno sociale divulgato da questa Sezione. Un ringraziamento particolare va al Comune di Manciano, al Caseificio di Manciano e alla Banca di Credito Cooperativo di Saturnia, per esserci sempre stati vicini ed averci più volte aiutato a realizzare opere importanti per la collettività. MAREMMA COM’ERA MAREMMA COM’È Gileo Galli La Madre di tutte le Madri, che nel 2007 ha compiuto 103 anni, sedeva là, sulla sua sedia, ci raccontava e ci rassicurava con la sola presenza. In quel luogo, protetto, che ci apparteneva, scorrevano le immagini del nostro passato. Persone, luoghi e cose diventano simboli, poi si trasformano in miti che solo i mediocri o chi è fuori da ogni legame di appartenenza può pensare di violare. Invece questo, purtroppo, è successo. Qualcuno ha osato sfrattare dal quel posto la nostra Virginea memoria. Lo sfratto è avvenuto con un gesto di violenza e volgarità: la sedia, con tutti i simboli che rappresentava, è stata gettata nell’immondizia. Un’offesa grave con vilipendio di persone e cose. Quel posto adesso è vuoto, un vuoto infinito, come una ferita aperta sulla nostra memoria che nessuno, e nessun altro luogo, potrà riparare. L’indignazione cresce nel vedere tutti i giorni il posto angusto e pericoloso in cui Virginia è ora costretta. Noi abbiamo un dovere verso questa gente che non si sente e mai potrà sentirsi parte integrante della comunità Mancianese: dobbiamo renderla invisibile, ed emarginata. “ A V E G L I A ” PRIMO FESTIVAL DI TEATRO IN CASA Elena Guerrini Associazione Culturale “CreatureCreative” Ringrazio inoltre le Associazioni Pro Loco, AIDO, Boy Scout, Scuola di Musica D. Chiti, e quelle sportive, per aver più volte collaborato con noi. Ma un ringraziamento particolare va a tutto il vecchio e nuovo Consiglio e alla segretaria che per tutto questo tempo mi hanno sopportato e supportato e ai miei familiari che hanno sempre sostenuto il mio impegno nel volontariato. Concludo con l’augurio che questa Sezione possa continuare l’ottimo lavoro svolto fino ad ora e che la popolazione continui a recepire l’importante messaggio di altruismo e di aggregazione sociale che ci siamo sempre impegnati a diffondere». Vieni a teatro in casa mia! Si è concluso il “Festival di teatro in casa” organizzato dall’Ass.ne “CreatureCreative”, che per l’originalità della formula ha riscosso notevole successo di pubblico e di critica. Ne hanno parlato: la Repubblica, il Corriere della Sera, il Manifesto, il Tirreno, La Nazione. Nello svolgersi delle dieci serate si sono tenute letture di Dante, Boccaccio, Pisolini, Tiburzi (brani tratti da un testo di Alfio Cavoli), letture di poesie, presentazioni di libri, musiche popolari, conferenze filosofiche, vicende di varia umanità, e molto altro, tutto con la direzione artistica di Elena Guerrini che ha avuto apprezzamenti in tutto il mondo soprattutto con la Compagnia di Pippo Delbono. Si è trattato di un’idea antica e nuova che ha illustri precedenti, piccola piccola, ma dalle potenzialità straordinarie con notti di spettacolo, valorizzando le risorse umane, le tradizioni e la cultura locale fatta di scambi, baratti, parole di gratitudine, riproposte nel paese delle origini di Elena che lei “ama all’infinito”. Attori professionisti, provenienti da tutta Italia, contenti di aver trovato un pubblico attento e genuino, hanno allietato gli spettatori con le loro narrazioni, come quando, in tempi passati, si usava andare a veglia nelle case. Biglietto d’ingresso, ora come allora, i prodotti della terra: vino, olio, cacio, con i quali sono stati renumerati gli artisti per le suggestioni che di volta in volta hanno saputo donare. Per l’occasione è stato bello vedere come la gente abbia spento la TV aprendo case, cortili, giardini, terrazze, vicoli, mettendo fuori, sedie e cuscini. Sono stati invitati parenti e amici, predisposti all’ascolto di racconti e poesie, in compagnia, in allegria, bevendo un bicchiere di vino. Dunque a Manciano e dintorni, tanti sono stati a veglia, dal 13 al 23 settembre, in un “happening” notturno dove si entrava per invito o passaparola. IL SIMBOLO DELLA NOSTRA MEMORIA OFFESO E VILIPESO Gruppo Mancianesi Indignati Il “Gruppo Mancianesi Indignati”, che ha un profondo legame con il territorio e con i suoi simboli, vuole portare a conoscenza della collettività, una storia, una brutta storia, che abbiamo il dovere di raccontare. Dai tempi dei tempi, Via Marsala ha avuto il privilegio di guardare in un posto, sempre il solito, dove, per una magica combinazione sensoriale, eravamo in grado di rispecchiarci nella memoria del nostro paese. anciano 5 Un tema che sa di nostalgia per chi ha la fortuna di ricordare ancora la giovinezza irrimediabilmente lontana. Anche rammarico, a volte, per non aver potuto realizzare un progetto di vita, oppure per un sogno d’amore svanito nel nulla. Maremma bella, aspra, selvaggia, insidiosa. Un passato che fa ancora piacere rievocare attraverso la narrativa, oltre ai ricordi. Un territorio affascinante che oggi attrae turisti italiani e stranieri. Questo porta un transito di persone di ogni genere, fa confusione, ma produce ricchezza. Per recepire tale affluenza occorrono strutture adeguate e moderne che a volte contrastano con l’ambiente di un tempo che si vorrebbe genuino. E qui stiamo bene attenti: è bene difendere la natura, l’ambiente paesaggistico ed ecologico, ma non bisogna esagerare. Si deve andare avanti con il progresso e l’evoluzione creando lavoro e produzione sfruttando risorse possibili, perché le nuove generazioni non abbiano necessità di emigrare altrove per trovare nuove fonti di vita. A questo scopo è bene ricordare l’anno 1953, quando la miniera A.M.M.I. chiuse i battenti e non bastava certamente l’avvento dell’Ente Maremma ad accogliere tutto il personale rimasto disoccupato. Scarsi erano i lavori edili, rimanevano solo quelli stagionali del bosco e dell’agricoltura. Ragione per cui la popolazione mancianese che mancava di poche unità ai diecimila abitanti, iniziò ad emigrare e rimasero in questo vasto Comune poco più di settemila residenti nel giro di pochi anni. Io amo la Maremma ed il mio paese tanto da farne un mito. Ed i paesani del passato che spesso si possono definire eroi. Per i sacrifici, le sofferenze, a volte le umiliazioni subite. E per la forza d’animo, la ferrea volontà. Oltre ai ricordi d’infanzia posso riprovare certe impressioni espresse dalle tele del Pascucci che fanno rivivere scene e personaggi di questo popolo. Pertanto, con tutto il rispetto per i principi altrui, non posso condividere le idee di alcuni compaesani che manifestano contro certe innovazioni, contro il progresso. Cosa succederebbe se tutto da noi si fermasse, mentre il mondo va avanti in una corsa sfrenata senza limiti? E chi rimarrebbe oggi sul territorio comunale? Tornerebbe forse il latifondo, con pochi proprietari e i dipendenti al loro seguito. … Gli anni sono passati, ma i miei ricordi rimangono indelebili. Quando i mancianesi facevano chilometri a piedi per recarsi a lavoro (sempre a termine, erano pochi coloro che avevano un lavoro fisso). I più fortunati, alcuni per viaggiare avevano l’asino, pochi possedevano la bicicletta. Durante la mietitura c’era chi dormiva sul campo al riparo dei balsi di grano, col rischio di buscarsi una puntura di tarantola e, meno male, la malaria era ormai al tramonto. Penso a mio padre, bifolco-carraio che come i suoi colleghi dormiva sul carro coperto da un telo incerato, quando si trovava fuori per lavori di trasporto di legname e non vi erano fabbricati per poter alloggiare. Stava anche per lunghi periodi senza tornare a casa e mia madre ogni cinque sei giorni andava a portargli provviste a mezzo dell’asino. Andare alla “scuola rurale” presso la fattoria dei Cavallini consisteva in una marcia di oltre cinque chilometri. Io frequentai quella scuola dalla prima alla terza classe elementare. Eravamo un gruppo di sei o sette bambini tra maschi e femmine nella zona intorno a “le Croste”, sulla statale 74. Ci invidiavano i ragazzi della zona “Cirignano” che dovevano guadare fossi e tracciare fango fino a “la Sgrilla”. Peggio era per quelli che venivano dalla Val d’Albegna e dintorni che attraversavano fossi e sguazzavano nel pantano fino ai Cavallini, fino alla scuola. A quei giorni erano rari i tratti di strade selciate nelle campagne e nei periodi delle grandi piogge diventava difficile (a volte pure impossibile) il transito dei carri e delle cavalcature. Le case coloniche erano prive di servizi igienici. Pure quelle dalla maestosa struttura architettonica settecentesca della tenuta Aldi Mai che in parte sono state orrendamente modificate, alcune distrutte. Si pensi ai disagi: causa di un improvviso mal di pancia in ore notturne, dover uscire fuori all’aperto. Magari con le carezze di una gelida tramontana o sotto un temporale ed allora bisognava per forza ricorrere al vaso da notte. Per fare il bagno dopo una giornata di sudore, si doveva usare la catinella con l’acqua trasportata da fuori. Fortunati coloro che avevano un fontanile vicino. Questa era la vita in Maremma in quei lontani anni. Ai giorni odierni alcuni fra le giovani generazioni forse non sempre credono alla realtà descritta. PIETRO DETTI. UNA VI TA DA V O L O N T A R I O Marcello Santarelli E’ scomparso, in seguito ad un’emorragia cerebrale che lo aveva colpito il giorno prima, il nostro concittadino Pietro Detti. Stava lavorando al computer, nello studio notarile del dott. Enzo Bernardini, dove era impiegato, quando ha accusato il malore. Aveva 53 anni e fin da giovanissimo aveva manifestato uno spiccato senso sociale ricoprendo incarichi in varie associazioni locali come l’AIDO e l’AVIS. Era stato, assieme alla moglie Roberta, un assiduo volontario della Misericordia di Manciano di cui era socio ordinario. Attualmente era presidente della Pro Loco di Poderi di Montemerano e faceva parte del direttivo dell’U.S. Manciano. Era prevedibile che il buon Pietro volesse compiere l’ultimo gesto di solidarietà dando disposizione per la donazione degli organi, a conferma delle sue grandi doti umane. La salma è stata tumulata nel cimitero di Manciano, accanto alla tomba del fratello Roberto, morto giovanissimo, una quindicina di anni fa, per un incidente sul lavoro. Roberto, è nome ricorrente: nella famiglia così si chiama suo figlio di 10 anni e la moglie che Pietro ha lasciato in modo così repentino. A loro le condoglianze più sentite di tutta la comunità. PODERI. IL NUOVO CONSIGLIO DELLA P R O L O C O A seguito della prematura scomparsa del Presidente Pietro Detti, la Pro Loco di Poderi di Montemerano ha provveduto ad eleggere il nuovo consiglio direttivo e il collegio sindacale. Questo il nuovo consiglio: Luciano Bianchini, presidente; Elena Pasquini, vice presidente; Roberto Teti, segretariocassiere; Fabio Balocchi, Alberto Bianchi, Claudio Buffi, Didio Grifoni, Domenico Lucchesi, Niccola Moretti, Marcello Santarelli, Fernando Trifoni, consiglieri. Il collegio sindacale è composto da: Roberto Bellini, Margarita Bruetsch, Veraldo Leandri. Al nuovo Presidente e ai componenti del Consiglio i migliori auguri di buon lavoro dalla redazione de Lo Strillone. R I C O R D I … S U L L ’ A C Q U A Diana Mancini Vieri Scrivo per far riaffiorare i ricordi nella mente di chi ha dimenticato e per far conoscere la storia di due Fontanili delle campagne di Poggio Murella legati alla storia della mia famiglia e ormai abbandonati e quasi distrutti. Il Fontanile di “ Buccio”. E’ ormai ricoperto di rovi e la sorgente che lo alimentava è dispersa nei campi circostanti e impantana la suggestiva strada antistante e il pezzetto di terreno che circondava e proteggeva il fontanile è addirittura franato in un baratro di rovi e di sterpi. Agli inizi del 1900 quel fontanile fu costruito, nella sua proprietà, da Angelo Mancini e dai suoi figli e il terreno intorno, circa 300 mq, fu da lui poi donato al Demanio per creare una piccola oasi fresca ed ombrosa in cui chi passava di lì potesse liberamente riposare e dissetarsi. La ricca sorgente che era sul colle sovrastante, insieme a quella non lontana del “Podere”, già al tempo dei Romani alimentava l’immenso e sorprendente serbatoio delle “Murelle”, oggi conosciuto come Castellum Aquarum, che portava acqua potabile alle ville romane intorno a Saturnia e alla stessa Saturnia, fu poi utilizzata più in basso nel Fontanile di “Buccio” dove l’ acqua arrivava dunque per caduta nel bottino di richiamo e di raccolta dalla collinetta sovrastante e sgorgando in continuazione dalla cannella ( a quel tempo non c’ erano ancora i rubinetti! ) e riempiendo la grande vasca per l’ abbeveraggio del bestiame; dalla cannella, invece, attingevano e si dissetavano gli abitanti di San Martino e di Catabbio che, per questa più breve dogana tra i campi, si recavano a Manciano per varie necessità e che, mentre anche il loro cavallo o asino beveva e riposava, tiravano fuori dal tascapane o dalle bisacce attaccate alla sella pane, formaggio o altro frugale companatico e mangiavano in santa pace, al sole e alla “poventa”, d’ inverno e, all’ ombra di rigogliosi e profumati noci, d’ estate. E, in estate, anche i mietitori che dalla Selva, da Selvena e da Castellazzara andavano a Marsiliana per la raccolta del grano, che allora si mieteva solo a mano e la Maremma era davvero “amara”, percorrevano questa strada e si fermavano e si incontravano al Fontanile di Buccio portando a tracolla un fagottino con i loro poveri indumenti e una falcetta bene affilata ma sempre fasciata con vecchie pezze per evitare di ferirsi per una mossa brusca del loro corpo o per una accidentale caduta in quelle disagevoli dogane. A “Buccio”, dunque, i mietitori si fermavano per riposarsi e per mangiare un po’ del pane che si portavano da casa per il viaggio e che, seccandosi, andava bagnato per poterlo masticare meglio con i pochi denti che allora restavano in bocca alla maggior parte della gente di campagna. Al Fontanile di Buccio, dunque, sostavano e si incontravano molti viandanti provenienti sia dai paesi dell’ Amiata sia da altri più vicini, ma anche agricoltori che giornalmente lavoravano nelle campagne intorno a Poggio Murella e durante la sosta venivano raccontati, scambiati e discussi fatti, notizie, aneddoti in un passaparola che poi continuava altrove diventando, sia pure in modo semplice e impreciso, una delle poche e perciò preziose occasioni di conoscenza e di socializzazione di allora. Il Fontanile del Podere. Era molto più grande e importante di quello di “Buccio” sia perché più ricco di acqua sia per la sua particolare struttura: il bottino di richiamo dell’ acqua era infatti al centro di due grandi vasche rettangolari non comu- TERRITORIO OCCUPATO 6 nicanti tra loro perché adibite a due usi diversi; una, infatti, quella di destra, aveva il bordo del muro di contenimento dell’ acqua più stretto per facilitare l’ abbeveraggio del bestiame a cui era riservata mentre la vasca di sinistra fungeva da lavatoio e aveva i bordi del muro rifiniti con belle lastre di pietra un po’ inclinate verso l’ acqua per consentire alle donne di lavarvi più facilmente e senza bagnarsi troppo i loro panni. Alla Fonte del Podere, la mattina presto, per trovare l’ acqua più limpida e pulita, arrivavano le donne che dovevano risciacquare il bucato con la biancheria personale e di casa e un po’ più tardi quelle che dovevano lavare panni da lavoro e da casa più sporchi e colorati. Chi aveva la fortuna di avere a disposizione un asino portava a lavare i panni nei sacchi o nei cestoni legati al basto che l’ animale portava sul dorso, ma c’ era anche chi le capienti e pesanti ceste di vimini doveva portarle avanti e indietro sulla testa. Il sapone, tagliato in grossi pezzi irregolari, era sempre fatto in casa con i grassi di scarto del maiale o della pecora fatti bollire a lungo con della soda caustica. Quando tutto era ben lavato e sciacquato, ogni capo veniva strizzato e rimesso nei cestoni in modo che durante il viaggio di ritorno potesse continuare a scolare altra acqua. Nella bella stagione si sciorinava il bucato al sole, ma se il tempo era piovoso i panni si asciugavano durante la notte vicino al camino, che rimaneva perciò acceso, stesi sopra delle robuste canne appoggiate sulle spalliere di due o più sedie proprio come oggi sui moderni stendini perchè la necessità ha sempre aguzzato l’ ingegno e precorso le moderne tecnologie! Le donne, mentre lavavano i panni, canticchiavano e chiacchieravano tra loro scambiandosi notizie sui fatti della vita quotidiana e anche spettegolando un po’ per far passare meglio il tempo di quela dura fatica. I tempi sono cambiati; l’ acqua, per ora, arriva in abbondanza nelle nostre case e anche questo bel Fontanile, come tutti gli altri nelle campagne qui intorno, un tempo così utili e ben tenuti, è stato dimenticato e abbandonato; la sorgente si impantana e sparisce e canne e rovi e sterpi di ogni genere lo assediano e lo distruggono. Oggi si parla molto di ambiente, di ecologia, di recupero della memoria e della cultura che ci appartiene storicamente e localmente e allora perché non recuperare e salvare anche queste umili, ma significative opere che raccontano e documentano un importane e rispettoso rapporto dell’ uomo con le risorse del suo ambiente e, in particolare, con l’ acqua e testimoniano storia e cultura del nostro territorio, così favorito dalla natura e così amato e curato da quelli che ci hanno preceduto? Ma questo auspicabile recupero non potrà realizzarsi senza l’ interessamento e la collaborazione dei cittadini di Poggio Murella e, soprattutto, senza l’ indispensabile intervento delle Amministrazioni competenti. Ai turisti che vengono nelle nostre zone si potrebbe così offrire, oltre che la buona cucina e gli ottimi prodotti locali, anche umili ma importanti e rispettate testimonianze della vita e della cultura dei nostri padri, da visitare percorrendo a piedi strade appartate e ben tenuti sentieri di campagnaa per godere al meglio, lontani dalla fretta del consumismo, la pace e la varietà del nostro suggestivo paesaggio e le vere ricchezze della vita. LA CHIESA DI SAN MARTINO IN CORONZANO Egidio Papalini Intorno alla fine del X° secolo la Diocesi di Sovana aveva già acquisito prestigio e ricchezza. Il prestigio le era derivato dalla sapiente amministrazione dei suoi vescovi, mentre la ricchezza l’aveva raggiunta in seguito a lasciti e donazioni che l’avevano resa proprietaria di numerosi beni. In due documenti dell’XI e XII secolo, diretti ai canonici di Sovana, si rileva che il pontefice prende sotto la sua protezione diversi di quei beni, elencando luoghi, edifici, alcuni dei quali in seguito scomparsi. Si viene così a sapere per la prima volta della Chiesa di San Martino in Coronano che molti studiosi riferiscono sia stata nel territorio di San Martino sul Fiora. Tale chiesa risulta descritta nella bolla pontificia di Niccolò II, recante la data del 27 aprile 1061. Sapere che nel contado di S. Martino esisteva un’antica chiesa è motivo di lieta sorpresa, perché nessuno ne immaginava l’esistenza; e la storia di S. Martino diviene più importante ed illustre. Un’antica chiesa nel contado presuppone una consistente presenza di fedeli che la frequentino assiduamente, rappresentandone un riferimento spirituale e di aggregazione di notevole importanza. Ma dove si trovava quella chiesa, dato che nel territorio non è rimasto alcun rudere che ne faccia riferimento? Allo scopo torna utile riferire che S. Martino, molto più a valle del paese odierno, aveva in passato un vasto contado che aveva ospitato vari insediamenti umani, cui era servito a produrre abbondanti raccolti, perché fertilissimo e facile da coltivare. Era, inoltre, irrigato da una miriade di fossi e ruscelli scaturenti da prodigiose sorgenti. Ancora oggi, quel territorio ha mantenute inalterate quelle peculiarità, per cui in quel luogo avremmo dovuto ricercare di Manc gli indizi dell’antica chiesa. Infatti a Fontelunga gli aratri moderni hanno portato alla luce i resti di un villaggio, probabilmente risalente all’Alto Medievo. Si ritiene che sia stato quello il primo insediamento in S. Martino. Nato con gli Etruschi; sopravvissuto alla conquista romana, fiorente al tempo della contea aldobrandesca di Sovana; abbandonato sotto la dominazione senese; scomparso, infine, e da tutti dimenticato. Tante volte, in passato, avevo chiesto agli agricoltori di S. Martino, se nei loro terreni avessero riscontrata la presenza di ruderi misteriosi. In quella fase di ricerca vennero confermati resti di antiche costruzioni in diversi luoghi: Fontelunga, Mercante, Monticchio, Poggio Lupinaio e Poggiomonte. Ma la risposta più interessante, quella attesa, la riferì l’agricoltore Solferino Pellegrini. Seguiamo con attenzione il suo racconto: «Intorno alla fine degli anni ’20 del secolo scorso, io, Dante Angelici e Giovacchino Sbrilli, mentre eravamo intenti a dissodare un terreno nel mio podere Mercante, rinvenimmo degli straordinari reperti. Lavoravamo – come a quel tempo si faceva – con picconi e pale, recuperando tre parti di colonne e i relativi capitelli finemente lavorati. Fu grande in noi la meraviglia di avere esumanti quei misteriosi reperti, tanto che lo Sbrilli esclamò: “Se le cose vanno avanti così, finiremo per trovare la carrozza della Bella Antiglia!”. Quei reperti di bianco travertino rimasero attorno alla mia casa colonica per circa tre anni, finchè Orlando Pellegrini, ottenuto il consenso di mio padre, li condusse presso la sua fornace che era nelle vicinanze, dove furono trasformati in calce. Una parte di questa la vendemmo, un’altra parte la usammo per imbiancare le stanze di casa e la restante la utilizzammo per medicare la vigna per la durata di tre anni. Scavando ancora, recuperammo altri frammenti di travertino; poi numerosi conci di tufo dal colore chiaro e di pregevole fattura che vennero utilizzati nella costruzione di nuove case coloniche nelle vicinanze. Mio padre, nato nel 1875, aveva visti i ruderi della misteriosa costruzione, immaginandoli resti di un antico castello. Trovammo, inoltre, una cunetta scavata nella roccia tufacea, coperta con lastre di tufo: si trattava di un piccolo acquedotto che portava l’acqua sorgiva in prossimità dei ritrovamenti. Infine, durante il dicioccamento di un campo infestato dalle ginestre che era nelle vicinanze, portammo alla luce numerose tombe, di forma rettangolare, scavate nel terreno tufaceo, coperte con lastre di tufo fissate con malta, fiancheggiate da muriccioli. Quando le scoperchiavamo, lo scheletro dell’inumato svaniva all’istante. All’interno delle sepolture rinvenimmo oggetti in ceramica, in metallo corroso dalla ruggine, nonché altro vasellame in metallo simile all’alluminio». Termina qui il racconto di Solferino, cui dobbiamo essere grati per la sua disponibilità e per le sue doti di attento narratore. Ovviamente, la sua esposizione induce a fare alcune considerazioni. Innanzitutto, resta il rammarico che quei reperti siano stati tutti distrutti; poi, se il padre di Solferino li aveva immaginati resti di un antico castello, dovevano, evidentemente, avere una certa rilevanza. Ma a quale misteriosa costruzione facevano riferimento i reperti del Mercante? Viene spontaneo immaginare che appartenessero all’antica chiesa di S. Martino in Coronano. Questa è l’ipotesi che, serenamente, si viene ad avanzare. Le colonne di travertino, i conci di tufo di pregevole fattura, il piccolo acquedotto che serviva l’edificio, il cimitero nelle vicinanze sono tutti elementi che concorrono a suffragare l’ipotesi appena avanzata. E’ noto che, a seguito della conquista senese ed al degrado che ne seguì, accentuato dalla presenza di bande di ladri e dalle carestie e dalla malaria, il territorio venne gradualmente abbandonato, raggiungendo in breve tempo il completo spopolamento. L’antica chiesa e le abitazioni del contado vennero abbandonate al loro destino che, senza le cure necessarie, andarono presto in rovina; quindi le susseguenti espoliazioni le fecero scomparire del tutto, finendo tristemente nell’oblio. Con quell’antica chiesa, dedicata a S. Martino, ebbe inizio nel territorio la devozione al Santo di Tours, divenendo il Santo Patrono ed il territorio assunse il toponimo “S. Martino”. Al Santo vennero dedicate le tre chiese successive: quella di S. Martino in Campiano, del 1500, quella del 1613, ricordata in tante visite pastorali e quella attuale, inaugurata nel 1956. Naturalmente, non ho mancato di fare un sopralluogo sul sito che è adiacente alla strada provinciale S. Martino-Sovana, rilevando al suolo una notevole presenza di frammenti di tegole. Il luogo è quasi pianeggiante, ameno, coronato dalle prossime rive del Fiora e da colline che alludono efficacemente all’antico toponimo “S. Martino in Coronano”. Si ritiene che gli indizi raccolti siano meritevoli di una seria ricerca archeologica, al fine di sciogliere definitivamente l’enigma del misterioso edificio del Mercante. FORME E COLORI Giuseppina Scotti A Saturnia si è tenuta la 15ª edizione di “Forme e colori”, la Rassegna d’Arte Contemporanea che vede Ginco Portacci ed Atto Pratesi impegnati nell’annuale incontro nella Sala anciano GOLF: ATTIVITÀ A G R I C O L A A BASSO IMPATTO AMBIENTALE Pietro Binaghi Da mancianese adottato sento il dovere di “svelare” una realtà, nuova per questo comune, che sta destando preoccupazione tra quanti hanno a cuore il proprio territorio: il Golf. Da agronomo e convinto ecologista posso affermare di essere orgoglioso di aver contribuito in maniera fattiva alla realizzazione di una struttura sportiva costruita nel totale rispetto del territorio e in maniera ecocompatibile. Bisogna infatti sapere che quello del Golf di Saturnia è forse l’unico progetto in Italia per il quale è stato incaricato un dottore in agronomia, specializzato in tappeti erbosi, quale io sono da ben 13 anni. Non tutti sanno che….i requisiti che mi sono stati richiesti e che oggi contraddistinguono il Golf di Saturnia, facendone un campo all’avanguardia dal punto di vista dell’impatto ambientale, sono: 1. Risparmio idrico: le varietà di prato che ho selezionato vengono normalmente utilizzate in climi ben più secchi e caldi del nostro (Florida, Arizona, Egitto ecc) e hanno quindi consumi idrici assai ridotti! 2. Armonia del campo con l’ambiente circostante: il disegno del campo è stato ricalcato sulle naturali ondulazioni del territorio e ha rispettando alberi e corsi d’acqua esistenti. 3. Campo ecologico: le scelte da me operate sulla varietà dei tappeti erbosi permette un consumo quasi nullo di fitofarmaci (!), quando la maggior parte delle attività agricole (vigneti, frumento, frutticoltura) ne richiedono invece un impiego spesso obbligato. Inoltre, in un paese a rischio idrogeologico come l’Italia, è importante riconoscere l’unicità del ruolo dei tappeti erbosi quali strumenti di consolidamento del terreno contro le erosioni, al contrario della fragilità dei campi agricoli costantemente morganati. Credo che da questi aspetti emerga chiaramente lo spirito che ha animato la realizzazione di questo progetto, del quale, sono sicuro, col tempo i mancianesi andranno fieri. S T I L L L I F E M A R E M M A / 0 Sogno di un mattino di mezza estate “O. Bartolini”, con il patrocinio del Comune di Manciano – Assessorato alla Cultura, la Banca di Credito Cooperativo di Saturnia, il Centro Culturale “Il Leone” di Roma. Entrambi ormai conosciutissimi, non soltanto nella nostra provincia, ma anche a livello nazionale ed internazionale, espongono le proprie significative opere, che li contraddistinguono e li individuano nel campo artistico. Pratesi, in una sempre più intensa interpretazione della Maremma, ha introdotto notevoli variazioni su tema, che lo rinnovano e ne mettono sempre più in risalto i valori descrittivi, colorici, contenutistici e di realizzazione. La sua tavolozza si è fatta più varia, più corposa, più incisiva, con tonalità che si accavallano e si distendono con capacità. L’olivo svetta, nelle sue forme più caratteristiche, in un “fruscio” di fronde argentee, che davvero ne fanno un simbolo, come i girasoli, le vecchie querce, ogni immagine, insomma, della Maremma. Le marine si colorano di azzurri sfumati nel cielo e le acque salmastre si uniscono alle acque dolci del fiume, in un continuo “sciacquio” fra erbe palustri, tamerici e lentischi e il tutto si colma di tenerezza e di “amplesso” tra tonalità, vibrazioni d’anima di fronte al paesaggio proprio, ma reso, per tutti, in modo veramente egregio ed universale. Portacci non finirà mai di stupirci, perché la sua è una mano capace di rendere “arte” tutto ciò che tocca e si presenta sempre nuovo eppur coerente con se stesso, nei suoi colori, nelle sue forme, nella sua ricercata “bellezza”. E in questa mostra presenta anche validissime ceramiche bianche, luminose, splendenti di significati e di materia, quando per materia s’intenda ciò che ti fa realizzare opere di sicuro ingegno: e i “Ponti di Roma” si aprono al visitatore, con la loro erompente architettura antica e sembra sentir scorrere il fiume, sotto di essi, tanta è viva la realizzazione pittorica e plastica e poi le “sue” donne, i “suoi” puttini, tutti inseriti in quegli ovali o in quei tondi, che creano soffuse torsioni corporee, immagini pure di sogno. E ci si immerge, poi, in quei colori “graffiati” e “graffianti”, non monocolori, ma toni unisoni ascendenti e discendenti, con la consueta sua maestria, vivace e creativa e cadono “lacrime di vetro” e amalgama di sabbia ed altro impasto a denominare le sue. Ci sono poi i suoi “vetri”, che oggi si “maculano”, si “macchiano” con toni forti e “sapori” immaginati e “cantati”: una visuale veramente compiuta, questa mostra, che ci delinea sempre più queste due personalità artistiche. 7 In maremma la serie lineare del tempo si frantuma in mille rivoli trasversali, tanti quante sono le strade campestri che si dipartono dalla provinciale. Ognuna di esse conduce ad un destino diverso, ad un tempo diverso, ad un mondo a parte. Stai partendo per un’avventura che ti cambierà. Irreversibilmente. Forse riuscirai a rientrare nei tuoi abiti, forse no: la monetina della tua anima è stata gettata e non può più essere chiamata indietro. L’anima, questa cosa fuori moda, respira e risuona con gli alberi ed i prati, è nella corolla di ogni fiore di campo, danza con le api e frulla in volo con i passerotti. Verdissima, è il ramarro che ti attraversa la strada… M.B. Brodo di tartaruga (nera) Se state per acquistare una casa in maremma, provvedetevi di una buona tartaruga. La tartaruga nera è l’animale mitico/mistico che secondo i principi del feng shui deve stare a protezione della casa, più specificatamente della sua parte posteriore, convenzionalmente associata al nord. Laddove il fronte deve essere aperto e luminoso (fenice rossa), il retro è imperativo che sia protetto e riparato: va bene un rilievo del terreno od un gruppo di alberi piuttosto cospicuo, ma anche un altro edificio o, nel caso di un appartamento, il fabbricato stesso in cui l’appartamento si trova. Un detto cinese afferma che quando si è dentro una casa, si è parte della casa stessa; dunque le sue spalle sono le vostre spalle, ed è bene che siano protette. Se il retro è aperto come il fronte, l’energia che circola ovunque, il “chi”, invece di fluire lentamente vi attraverserà veloce da parte a parte, voi e la casa, portandosi via anche la vostra di energia e lasciandovi deboli come gattini. “Doppia facciata, casa sfigata”, tanto per capirsi. Ovviamente il principio è valido ovunque, ma da tenere particolarmente presente qui, per ottenere il massimo beneficio dalla vostra casetta in maremma. è LO STRILLONE L’ORGANO DI INFORMAZIONE A DISPOSIZIONE DI TUTTI I CITTADINI DEL COMUNE Coloro che vogliono intervenire su questo giornale, possono farlo facendo pervenire un proprio scritto, firmato in originale, all’ufficio Cultura del Comune di Manciano, entro il giorno 30 Novembre p.v. Considerato lo spazio a disposizione, si raccomanda di inviare testi brevi. Per eventuali comunicazioni: Tel. 0564 625342 - Fax 0564 620496 - E-mail: [email protected]