lo strillone manciano ultimo.indd

Transcript

lo strillone manciano ultimo.indd
Autunno 2007
Anno 8 Numero 20
“Tariffa pagata”
Accordo Quadro n.
Aut. DCO/DM/SP/0091/2004
valida dal 1 marzo 2004
di Manciano
Trimestrale del Comune di Manciano - Direttore Responsabile Vittorio Piccini - Grafica e impaginazione Maurizio Cont - Stampa Tipolito ATLA di Pitigliano
Spedizione in abb. post. - art. 2 comma 20/c - L. 662/96 Filiale di Grosseto - Reg. Trib. di Grosseto N. 8/1999 R.S. del 14/12/99 - Stampato su carta riciclata
insediamenti alle risorse esistenti, con particolare
attenzione a quella idrica. Sono previsti circa 400
nuovi alloggi nei prossimi 20 anni, dei quali l’80
per cento sarà destinato ai residenti e di questa
percentuale, la metà all’edilizia economica e popolare. “E questo – aggiunge Ciavattini – è un aspetto
sul quale abbiamo puntato molto, in considerazione
delle crescenti difficoltà delle famiglie e delle giovani coppie ad acquistare una casa propria per l’aumento esponenziale dei prezzi cui si è assistito in
poco tempo. Il nostro comune ha registrato in pochi
anni un considerevole incremento demografico, legato indubbiamente alla presenza degli immigrati, ma
anche alla scelta che tante famiglie hanno fatto di
continuare a vivere qui. A loro dobbiamo dare una
risposta e siamo certi di poterlo fare con previsioni
urbanistiche lungimiranti destinate a soddisfare il
bisogno primario della casa”.
Il Piano strutturale, peraltro, sarà oggetto di una comunicazione più ampia e dettagliata nel prossimo numero dello
Strillone, al termine del giro di incontri con i cittadini, che
sono previsti a partire da settembre nel Capoluogo e nelle
frazioni.
IL PIANO STRUTTURALE
IN DIRITTURA D’ARRIVO
In previsione regole certe per la tutela
dell’ambiente come vero motore di sviluppo del territorio
In considerazione del fatto che entro la fine dell’anno sarà
portato in approvazione il Piano Strutturale, uno degli strumenti fondamentali dell’Amministrazione per lo sviluppo del
territorio, la Redazione de “Lo Strillone” ha ritenuto opportuno
incontrare i tecnici che lo hanno elaborato. Successivamente
ci è pervenuto il testo che sotto riportiamo.
Entro la fine dell’anno il Piano strutturale del Comune di
Manciano sarà portato all’attenzione del Consiglio, per
l’adozione. Intanto, finito il primo giro di incontri con le
Associazioni di categoria, le Associazioni ambientaliste, le
forze politiche, i professionisti, viene presentato pubblicamente nel Capoluogo e nelle frazioni.
“Abbiamo lavorato per elaborare un Piano che pone al primo
posto la salvaguardia dell’ambiente e il rispetto delle sue
peculiarità, individuando nel patrimonio ambientale l’elemento di traino per lo sviluppo del nostro territorio”, spiega
l’assessore all’Urbanistica, Cesare Ciavattini .
Il Piano, che è stato redatto dall’Ufficio Urbanistica del
Comune al proprio interno, detta norme precise per la
conservazione e la tutela dell’ambiente, integrandole con
la valorizzazione del patrimonio edilizio, nel Capoluogo,
nelle frazioni e nelle aree rurali, e con il consolidamento
dell’esistente per quanto riguarda le attività produttive,
come turismo, agricoltura, piccola e media impresa, aree per
insediamenti industriali e artigianali.
“Il principio di fondo da cui siamo partiti nell’impostazione
del Piano è, infatti, stabilizzare quanto già esiste, regolamentando lo sviluppo di nuovi insediamenti – spiega Ciavattini
-. C’è bisogno di dare corpo ai risultati raggiunti perché una
crescita sovradimensionata alle prospettive di sviluppo, non
necessariamente crea ulteriore occasione di incremento del
reddito. Le attività imprenditoriali esistenti devono avere
l’opportunità di consolidarsi ulteriormente, mentre le nuove
devono poter trovare margini di crescita.
È questo il salto di qualità che chiediamo al territorio e alla
comunità con questo Piano strutturale. Un passo avanti di
carattere culturale per le imprese, sia in termini di qualità
dell’offerta e dell’accoglienza per quanto riguarda il turismo,
sia in termini di innovazione e di competitività per gli altri
settori dell’economia.
Noi ci siamo impegnati a dare risposte alle richieste dei
cittadini, tenendo conto delle trasformazioni in atto, sia in
termini di crescita della popolazione che di prospettive di
sviluppo, coniugando i bisogni espressi in campo abitativo,
economico, delle infrastrutture, dell’approvvigionamento
idrico ed energetico, con la salvaguardia dell’ambiente e
del territorio. Chiediamo alla nostra comunità di cogliere
l’opportunità di crescita qualitativa e culturale che il Piano
offre nei diversi aspetti della vita sociale”.
In questa ottica va vista anche la scelta di valorizzare il patrimonio edilizio e di dimensionare i nuovi
GORELLO MON
AMOUR... CONTINUA
GORELLO MON AMOUR … CONTINUA
2
2
4
Gorello mon amour...
l’interessamento della stampa
Inaugurazione primo
ecocentro provinciale
Avis quarant’anni
di impegno sociale
1
A proposito dell’articolo apparso su “Il Tirreno” del
17.06.2007, a firma E.G., cui si deve il merito di
aver portato in prima pagina uno dei problemi più
annosi e dibattuti del nostro territorio, che stenta a
trovare soluzione e sul quale siamo stati interpellati
dai nostri lettori, precisiamo che quanto vi è riferito
non è, come potrebbe sembrare, una proposta della
nostra Redazione. Si tratta invece di uno dei “più
articolati” interventi pervenuti e pubblicati da “Lo
Strillone” (vedere l’ultimo numero) nel rispetto della
libera espressione che l’editore ci consente, e relativi
al sondaggio da noi promosso “Gorello mon amour”.
L’occasione ci è propizia per ringraziare i molti privati
cittadini che hanno offerto il loro prezioso contributo,
anche se sarebbe auspicabile ricevere, su un tema così
urgente, delicato e complesso, che travalica il localismo, quello delle Associazioni ambientaliste attente (?)
al tessuto sociale, come WWF e Italia Nostra.
Sullo stesso argomento il Sindaco darà notizia a breve sugli
ultimi sviluppi e sulla soluzione definitiva cui è pervenuta
l’Amministrazione Comunale.
Informiamo i lettori che sono rinviati al prossimo
numero alcuni articoli su argomenti di pubblico
interesse pervenuti dai cittadini, ai quali sarà dato
risposta in uno spazio di “botta e risposta” da parte
degli assessori competenti.
INAUGURATO A
MANCIANO IL PRIMO
E C O C E N T R O
DELL’INTERO
T E R R I T O R I O
PROVINCIALE
È il primo ecocentro dei 33 che sono previsti dal Piano
provinciale dei rifiuti solidi urbani e dal Piano industriale redatto dall’Ato 9. Qui i cittadini di Manciano
potranno portare gratuitamente i propri rifiuti che
verranno ritirati direttamente dal personale e stoccati
secondo la tipologia.
È stato progettato e realizzato dal Comune di Manciano
in località San Giovanni, su un’area di circa 2 mila
metri quadrati, adiacente al cantiere comunale. Dovrà
servire un bacino di utenza pari all’intero territorio
comunale, per circa 7 mila persone. Sabato 29 settembre si è svolta la cerimonia di inaugurazione, alla
presenza degli amministratori locali, del Coseca e
dell’Ato 9 rifiuti.
LE IMMAGINI DI QUESTO NUMERO
SEGNALI DALLO
SPAZIO PROFONDO
da potature, sfalci di giardini e parchi); uno spazio al
coperto per lo stoccaggio di rifiuti urbani classificati
come “pericolosi” (medicinali, batterie, ecc.) che
devono essere protetti dagli agenti atmosferici, per
evitare la contaminazione dell’ambiente circostante.
Nel primo caso, si tratta precisamente di carta e cartone, vetro, plastica, metallo, legno e rifiuti ingombranti,
che saranno stoccati nei contenitori scarrabili per
una quantità massima di 20 metri cubi per ciascuna
tipologia, per un periodo non superiore a 3 mesi. Questi
materiali saranno successivamente destinati al riciclaggio, allo smaltimento, al recupero di materie prime
seconde. Gli scarti vegetali, invece, saranno stoccati
in una piazzola fino ad una quantità massima di 100
metri cubi, per un periodo non superiore a 3 mesi.
Anche in questo caso sono destinati al riciclaggio, allo
smaltimento, al recupero di materie prime seconde.
Per quanto riguarda i rifiuti urbani pericolosi - medicinali, batterie, tubi fluorescenti, apparecchiature elettriche ed elettroniche, detergenti, rifiuti che contengono
mercurio - la quantità massima stoccabile è di 6
metri cubi per ogni tipologia, per non più di 2 mesi,
sotto l’apposita tettoia. I medicinali saranno successivamente destinati allo smaltimento, mentre gli altri
materiali anche al recupero di materie prime seconde.
L’ecocentro è aperto il martedì, il giovedì e il sabato,
dalle 7 alle 13. Tel. 0564 628367
IN
“L’ecocentro rappresenta un elemento di eccellenza
non solo per il Comune di Manciano – ha spiegato l’assessore all’Ambiente, Daniele Pratesi - ma per l’intero
territorio provinciale. Infatti, è il primo ad essere reso
fruibile in provincia di Grosseto e l’Ato 9 lo ha preso a
modello per la progettazione e la realizzazione degli altri
32 previsti dal Piano dei Rifiuti. Del resto dal momento
in cui, come Comune, ci siamo posti l’obiettivo di incrementare la raccolta differenziata, invitando i cittadini
allo smaltimento ‘intelligente’ dei propri scarti dell’attività quotidiana, abbiamo anche dovuto realizzare la struttura adeguata a ricevere, stoccare e successivamente
smaltire questi materiali, in piena sicurezza per la salute
delle persone e per la qualità dell’ambiente. Abbiamo
realizzato un investimento di circa 140 mila euro, una
parte dei quali finanziati con un contributo regionale, in
un’area facilmente accessibile, ma allo stesso tempo
non troppo vicina al centro abitato, in modo da evitare
disagi legati alle attività che si svolgono all’interno, come
lo svuotamento dei cassoni, la raccolta dei materiali, la
pulizia di tutta l’area”.
La gestione dell’Ecocentro è stata affidata al Coseca
con uno specifico contratto di servizio che rientra nella
convenzione stipulata dal Comune con il consorzio per
l’affidamento di tutti servizi di igiene urbana, quali
raccolta, trasporto, recupero o smaltimento dei rifiuti
solidi urbani, raccolta differenziata, spazzamento.
Tra l’altro, per dare massima garanzia al Comune
sull’espletamento dei servizi e sulla tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini, il Coseca, che si
occupa anche della sorveglianza, ha sottoscritto una
polizza fidejussoria di 17 mila euro.
L’ecocentro è suddiviso in tre diverse sezioni: una per
il deposito di materiale misto (carta e cartone, vetro,
plastica, ecc.) in appositi contenitori definiti “scarrabili”; una piazzola per la frazione verde (scarti vegetali
EVIDENZ A
Il Comune rende noto che l’accesso
ai cimiteri del territorio, per eseguire
ogni tipologia di lavoro sulle strutture
e sulle tombe, deve essere preventivamente autorizzato dall’Ufficio Tecnico
del Comune. Si sono, infatti, verificati
alcuni episodi, in cui sono stati svolti
lavori in contrasto con il Regolamento
Comunale in materia, che hanno messo
a rischio la stabilità stessa delle strutture. Per informazioni e per il rilascio
delle autorizzazioni ai lavori, rivolgersi
all’Ufficio Tecnico del Comune, in orario
di ufficio, telefono 0564/625348, architetto Maria Teresa Dini
2
Il rifiuto come progettualità anche strutturale. Un problema ecologico-escatologico, ovvero è possibile rifiutare un rifiuto?
A cura di maurizio cont
PIANO viene designato per significare gradi o livelli caratterizzati da qualità proprie. STRUTTURA, nel senso logico, la
pianta o il piano d’una relazione, come una carta geografica
è analoga al paese che rappresenta.
In estrema sintesi si potrebbe dire che un PIANO
STRUTTURALE è una QUALITÀ DI RELAZIONI. Non un contenitore vuoto di frasi fatte: “l’identità culturale della nostra
popolazione, delle nostre genti come risorsa per le nuove
generazioni, per il turismo, per la famiglia, per la patria...,
siamo allo stato embrionale, ma è l’inizio di un percorso...
Perché acquisire cultura porta ad acquisire una nuova
coscienza di sé... Certamente in futuro si farà… non si
può perdere altro tempo” Ecc... ecc... parole di seconda
mano, ripetute in blocco e riprese a scadenze regolari che
ben rappresentano il vuoto culturale che ci circonda. Per un
piano “qualsiasi” ci vuole: progetto, armonizzazione, continuità, professionalità e confronto elementi banditi, rifiutati e
cancellati e sostituiti da proposte transitorie e frammentarie
decise da una casta speciale che non sempre è garanzia di
miglioramento e tutela delle nostre esistenze ed esigenze.
Però qualcosa, finalmente in questo territorio sta cambiando, tra chi raccoglie firme per mantenere e incentivare
gratuitamente un barbaro degrado, di chi fa operazioni
cosmetiche con le colline senza tener conto della sezione
aurea presente in natura, e chi lascia marcire e abbandona
per strada i segnali, con assoluta indifferenza, dell’unica
esperienza culturale tutt’altro che cosmetica…, chi continua a ignorare i concorsi di idee per le opere pubbliche e
preferisce la mediocrità accertata e garantita (compresa di
kitsch territoriale) per pochi euro (tra poco fuori legge grazie
alle civili normative europee) nonostante ciò… ecco, qualcosa di sostanziale appare all’orizzonte e si moltiplica, si
accoppia, occupa spazi urbani in totale e discreta armonia
con l’ambiente. E’ l’invasione del contenitore, anzi svariate
tipologie di contenitori che germogliano allegramente nelle
forme e nei materiali più svariati e fantasiosi. Che siano le
prove generali di un piano? Non solo strutturale?
E’ forse un’operazione di trasformazione sociale? Basata sul
rifiuto o meglio sui cestini per i rifiuti creati e dislocati con
grande senso estetico e sapienza in ogni dove e per ogni esigenza, una vera e unica rivoluzione nel suo genere, saremmo
presto invidiati-imitati dai territori limitrofi che si limitano a
una o al più due tipologie. Ecco finalmente un territorio che si
riconosce con orgoglio in un simbolo di civiltà e si identifica
con una pluralità espressiva veramente audace. Uno affianco
all’altra/o per non sentirsi più soli in una sorta di evoluzione
continua sempre più ricca di significati e di messaggi per
la popolazione tutta. Noi, sbalorditi da tanta innovazione
culturale abbiamo iniziato una catalogazione ragionata per
immagini, a Voi, cari lettori spetta l’affascinante lavoro di
ulteriori segnalazioni e interpretazioni da far pervenire
alla redazione. Un segnale dallo spazio aperto e profondo
nell’era del rifiuto globale e consapevole, per tutti i gusti. Per
non disperdere la QUALITÀ DELLE RELAZIONI nell’ambiente,
ma raccoglierla negli appositi contenitori.
P.S. Si sollevano montagne per scoprire, poi, che sono sempre al loro posto e che gli sforzi sono stati vani, che il lavoro
è stato inutile... Buon autunno a tutti.
di Manc
C A S T E L L U M
AQUARUM. NUOVE
PROSPETTIVE
Sonia Focacci
Poggio Murella, frazione del Comune di Manciano, è situato
su una collina di circa 400 mt di altezza. E’ equidistante sia
dalla costa dell’Argentario che dalla montagna dell’Amiata
con bellissimi panorami intorno e a sud la vallata delle
Terme di Saturnia.
Chi viene da queste parti rimane sorpreso ed ammirato sia
dalla dolcezza del paesaggio, sia dalla tranquillità che vi si
può trovare. La campagna maremmana che circonda il paese,
fortunatamente è ancora incontaminata e profondamente
autentica: querce secolari, olivi argentati, vigneti e campi per le
semine stagionali intervallati da molte piccole aree boschive.
Il paese di Poggio Murella però non ha una sua storia importante e neppure attrattive turistiche di rilievo. Una cosa però
desidero evidenziare, ma lo voglio fare con le parole di un
grande archeologo del passato: il Pasqui (1888) dice: “Uno
dei siti archeologici più spettacolari nella zona di Saturnia
è la grande cisterna romana in località le Murelle, vicino
al paese di Poggio Murella. Essa serviva per la raccolta di
acque sorgive”. Inoltre, nella lettera della Soprintendenza
del 18-12-’97, da me contattata tramite il Dott. Procuratore
di Firenze Luciano Morelli, si legge: “I tagli di finanziamento
imposti dal Su. Ministero, dopo un primo intervento degli
anni ’70, ci hanno impedito di continuare il restauro in
maniera più completa. Solo episodicamente si stanno effettuando interventi sia in forma di opere di consolidamento
che di indagini di tipo geognostico su questo importante
monumento dalle proporzioni non indifferenti (m. 37x17;
altezza accertata m. 6; capacità circa mc
3700 )“.
Anche il Dott. Camilli, ispettore della
Soprintendenza ed esperto di depositi d’acqua fu da me invitato per un sopralluogo
negli anni ’90. Egli riconobbe l’importanza
di questo monumento che sicuramente era
un rifornimento idrico per le ville romane
della zona.
Naturalmente promise un intervento solo
dopo aver terminato gli scavi di Marsiliana,
ma solo a parole.
Adesso però, dopo una trasmissione a
Teletirreno e soprattutto dopo l’interessamento del nostro Comune nella persona
dell’Assessore alla Cultura Daniele Pratesi
si è verificata una cosa molto importante. La
Cisterna Romana è passata al Comune con
un comodato firmato da tutti i proprietari del
terreno dove si trova il monumento.
Ed ora, con questo presupposto, si spera di
poter iniziare un percorso consistente che ci
potrà dare sicuramente dei buoni risultati.
Termino questo intervento ringraziando sentitamente l’Assessore alla Cultura Daniele Pratesi che mi ha sostenuto
e assecondato in questa difficile impresa con interesse e
desiderio di fare qualcosa di veramente positivo.
Ringrazio anche tutti i proprietari del terreno e cioè le
Famiglie Mambrini perché con questo loro gesto disinteressato ci hanno aperto la strada giusta per continuare il nostro
cammino verso un traguardo sicuro e soddisfacente.
L A
L E Z I O N E
D E L L E C O S E
Circolo Arci Manciano
La lezione delle cose è nelle persone, nelle parole che
senti, nella storia raccontata da chi l’ha fatta. Così la
presentazione del libro di Nedo Bianchi “Il tenente Gino
e il soldato Giovanni”, realizzata dall’Amministrazione
Comunale nei locali e con la collaborazione del Circolo
Arci di Manciano il Primo Maggio scorso, ha il valore
di una storia raccontata nel posto giusto, è il segno di
un seme che cade su terra buona. Fra i soci del nostro
Circolo tre sono stati partigiani combattenti. Quindi il
tenente Gino non era per noi, che quei fatti non li abbiamo vissuti, un personaggio oscuro, così come non lo era il
suo attendente Giovanni Conti. La Resistenza l’abbiamo
letta nei libri, come tutti, ma soprattutto la conosciamo
come non è dato di conoscerla a chi non l’abbia sentita
raccontare dai protagonisti, da chi in quel periodo aveva
fatto una scelta precisa. Conosciamo i dubbi e le paure
dei ragazzi di allora, i primi passi nella macchia, le notti
anciano
nei capanni, conosciamo i sentieri dei partigiani, li abbiamo percorsi. Non ci sono oscure le vicende di quei mesi
che, tra la fine dell’estate del 1943 e la primavera del
1944, videro pochi - ma non troppo pochi - uomini uscire
dalla zona grigia dell’abbattimento e della paura e scegliere di costruire e poi difendere con le armi il progetto di
un’Italia libera e consapevole, di una Patria che avesse
l’esuberanza dei vent’anni e la memoria di un vecchio. E
il suono della parola Patria non ci è mai sembrato tronfio
visto dalle montagne e dai boschi dei partigiani. Nedo
Bianchi non è uno storico di professione e lo dichiara
con onestà, ma questo nulla toglie al suo saggio, perché
sa intrecciare con agilità il piano degli affetti, lo spoglio
dei documenti e le testimonianze orali, le fonti vive di cui
dicevamo prima. Il risultato è un lungo racconto, preciso
ed esauriente quanto umano e diretto. E’ il racconto
dell’incontro tra un giovane milanese, ufficiale del Regio
Esercito, colto e carismatico, e un altro giovane, un
contadino di Montemerano, accomunati solo dalla scelta
partigiana e dalla morte eroica. Di quell’incontro, di quei
due ragazzi, Nedo Bianchi scrive che uno dette all’altro
l’orizzonte di un mondo diverso e migliore e l’altro ricompensò con la saggezza pratica di chi conosce luoghi,
sentieri, casolari e contadini. In quell’incontro, nelle
lezioni di Canzanelli sulla democrazia e sulla storia civile
ai giovani di Montemerano e nell’esempio di Giovanni
Conti che con altri giovani lo seguì alla macchia, le
categorie di morte della Patria e di guerra civile si fanno
inconsistenti e svaporano definitivamente per lasciarci
vedere chiara la realtà delle cose: la scelta partigiana
e l’adesione alla Repubblica Sociale, il progetto di un
Secondo Risorgimento e la difesa dell’ordine fascista non
possono essere messi sullo stesso piano. La pacificazione passa dal ricordo e da una scelta che va compiuta,
ancora oggi, ogni giorno. La scelta e i progetti dei ragazzi
di allora si attuarono in minima parte nell’Italia repubblicana: vennero la Costituzione, le cooperative, le lotte
sindacali, ma anche le nuove repressioni, l’asservimento
militare ed economico agli Stati Uniti, il Qualunquismo.
Prima che il benessere economico avvolgesse quasi tutto
in una nuvola soporosa.
Il libro di Nedo Bianchi non si spinge a questo punto.
Recupera la dimensione quotidiana, concreta e materiale dei fatti fino all’agguato in cui morirono i due
partigiani, nella strada che scende dalle colline di Murci
fino a Pomonte. Ci presenta un’investigazione accurata
della dinamica di quell’episodio, ripercorre gli atti del
processo repubblicano che aveva seguito quelli dei tribunali partigiani e si chiede, come altri si sono chiesti,
se fu un episodio di guerra o una rappresaglia fascista.
Termina con un rassegna dei tributi alla memoria che in
sessant’anni sono stati riconosciuti a Gino Canzanelli e
a Giovanni Conti.
Sessant’anni. Non sono tanti, in fondo. La storia personale
dei due giovani finì dietro una curva nella strada della
Dogana, il 7 maggio 1944. Il gruppo di Canzanelli si sbandò
ma la Resistenza maremmana continuò fino all’arrivo degli
Alleati, poco più di un mese dopo. Quello che rimane di
quei giorni, in fondo vicini, sono un monumento al ciglio
di un sentiero, i ricordi dei vecchi del Circolo che si fanno
racconti da ascoltare, il sorriso di un uomo di Murci quando
chiedevamo del Tenente Gino, rimane un libro nuovo da
leggere, e la lezione di tutte queste cose: il grande male è
l’indifferenza.
3
R A C C O L T A
DIFFERENZIATA.
N E C E S S A R I O
L’AFFIDAMENTO A
UN GESTORE UNICO
Daniele Pratesi
Assessore all’Ambiente del Comune di Manciano
In riferimento all’articolo apparso nel numero 19 de “Lo
Strillone”, riguardante alcuni dubbi che i cittadini di Saturnia
hanno posto sul servizio di raccolta differenziata eseguito
dal Coseca S.p.a. colgo l’occasione non solo per rispondere rispetto al problema posto ma anche per fare alcune
doverose riflessioni. Innanzitutto, in questo momento, tutto
il territorio provinciale è in uno stato di sofferenza sia sulla
qualità del servizio prestato dai gestori che sullo smaltimento dei rifiuti indifferenziati. In sostanza la domanda che tutti
gli amministratori pongono è: quanto tempo ancora bisogna
attendere l’applicazione del piano industriale di gestione
dei rifiuti, ormai redatto dall’ATO 9 e approvato da tutti i
comuni, che prevede l’affidamento ad un gestore unico
provinciale che possa ragionare ed offrire un servizio senza
la frammentazione delle gestioni e rispondente a criteri di
efficienza e di economicità?
Questo per dire che finché non ci sarà un gestore unico,
affidato con le regole uniche del piano industriale provinciale, la raccolta, il trasporto, lo smaltimento dei rifiuti urbani,
differenziati ed indifferenziati, non potrà mai rispondere a
criteri razionali e raggiungere gli obiettivi previsti dalle leggi
nazionali e regionali. Non potrà nemmeno essere un servizio
a cui i cittadini partecipano con tariffe eque, giuste e sopportabili. Lo stato di sofferenza esiste anche per
le raccolte nel nostro Comune, e raggiunge
lo stato di emergenza continua per lo smaltimento nella discarica del Tafone, ormai di
proprietà dei 6 comuni del sottobacino sud
della provincia.
Non siamo soddisfatti dell’andamento della
raccolta differenziata, non solo perché il
gestore non riesce a gestire il servizio con
tariffe compatibili con il nostro bilancio
ma soprattutto per gli scarsi risultati sul
raggiungimento degli obiettivi previsti dal
Decreto Ronchi.
E’ vero che nel 2006 il totale della raccolta
differenziata, pari a 647 ton., rappresenta
circa il 14% del totale dei rifiuti urbani, con
un piccolo passo avanti rispetto al 2005, ma
è anche ovvio che con questo servizio, con
questo gestore e senza una filiera di aziende
locali per il recupero, le tariffe per la valorizzazione di carta e cartone, vetro e multimateriale, sono troppo alte (95,00 €/t per la raccolta, e 74 €/t per il recupero).
Questo il quadro generale, non molto rassicurante direi.
Io credo che l’impegno dei cittadini a rispettare l’ambiente, a
diminuire il quantitativo dei rifiuti che vanno in discarica, ad
aumentare le percentuali di raccolta differenziata nel nostro
Comune sia un dovere civico da perseguire e raggiungere. Certo
il processo è lento ma in via di maturazione e per questo voglio
lanciare un appello generale a tutti affinché esista comunicazione tra noi e voi, tra uffici e gestore, soprattutto nel rispetto
delle regole che il contratto di servizio firmato con il gestore
impone sulle modalità di raccolta del rifiuto differenziato. Gli
uffici comunali faranno sicuramente la loro parte, ma riteniamo
che anche noi cittadini nel momento in cui un servizio che ha un
costo sociale non indifferente pone dei dubbi abbiamo il dovere
di denunciarlo, solo così potrà migliorare.
PROGETTO DI
SERVIZIO CIVILE
Marcello Santarelli
Presidente della Confraternita di Misericordia
La Misericordia di Manciano per il terzo anno consecutivo
gestisce un Progetto di Servizio Civile per l’assistenza
domiciliare leggera agli anziani, denominato “Solidarietà
Cittadina 3”. Ai giovani volontari è stato fatto un corso di
formazione durante il quale 30 ore sono state destinate
alla presentazione del Servizio Civile e dei principi che ne
sono alla base, compresa la storia e l’attività esercitata
dall’Associazione in cui operano. La seconda fase, per
complessive 50 ore, è stata svolta da un medico del 118
della postazione di Manciano per preparare i giovani volontari allo specifico degli argomenti fornendo loro informazioni, metodi e supporti per lo svolgimento delle specifiche
attività del progetto. Tale servizio è operativo dal 2 ottobre
2006. In particolare, nelle ore diurne, il personale messo
a disposizione dalla Misericordia di Manciano è in grado
di rispondere a varie esigenze della popolazione, come ad
esempio: accompagnamento e trasporto sociale, spesa
assistita, servizio pronto farmaco, supporto alle attività
domiciliari alla persona, disbrigo di pratiche burocratiche,
sostegno psicologico, ecc…
Grande è stato il numero degli interventi fatti dalle tre volontarie che sono impegnate 30 ore settimanali ciascuna.
Dal 2 ottobre 2006 al 30 aprile 2007 sono intervenute 1280
volte meritandosi la gratitudine e la simpatia dei nostri
anziani soprattutto per l’umanità dimostrata verso chi ha
bisogno.
Aumenta il senso di disagio di persone ammalate, di anziani
soli che in una società dove si parla solo di tagli ai servizi
essenziali si sentono abbandonati e rassegnati per tale stato
di cose.
Noi, come Misericordia, cerchiamo di fare il possibile e
abbiamo già presentato per il quarto anno consecutivo la
richiesta di un nuovo progetto con le stesse finalità denominato “Solidarietà Cittadina 4”.
Ci auguriamo che venga al più presto finanziato sottolineando che circa il 30% della popolazione di Manciano è
composta da anziani e sono in aumento le persone sole.
UN CONTRIBUTO
AL GROUPEMENT
MIXTE MANCIANO
È una storia lunga quella che lega il Comune di
Manciano al Burkina-Faso, dove, da oltre due anni
l’Amministrazione è impegnata a sostenere progetti in
campo agricolo e imprenditoriale. Nel 2005, infatti, una
delegazione di 12 studenti africani fu ospite nel nostro
Comune per uno stage formativo nelle aziende agroalimentari della zona. Tra l’altro alcuni di loro, al rientro in
patria, hanno avviato attività e imprenditoriali e hanno
costituito a Dédougou la cooperativa “Groupement
Maraichére Mixte Manciano” che rappresenta un’istituzione di avanguardia per la fascia equatoriale del
Sahel. L’anno successivo il Comune ha devoluto un
contributo di 2500 euro a favore della stessa per
l’acquisto di una pompa, che consente l’irrigazione
meccanica di alcune piantagioni di ortaggi.
Quest’anno, date anche le ristrettezze del bilancio, il
Comune ha potuto stanziare 500 euro, alle quali tuttavia, su proposta dell’assessore alla Cultura, Daniele
Pratesi, che segue i rapporti con il Burkina, sindaco e
assessori hanno aggiunto ulteriori 350 euro, detraendone 50 da ciascuna indennità di carica mensile.
In totale 850 euro che sono state inviate al “Groupement
Manciano” a sostegno di un progetto di orticoltura.
“Il Burkina è una delle regioni più povere dell’Africa,
dove malattie e fame uccidono ogni anno migliaia di
persone – spiega Daniele Pratesi –. Il nostro è un
contributo piccolo, calibrato sulle attuali possibilità
finanziarie, che sostiene un programma concreto di
vera solidarietà. Realizzare una coltivazione di ortaggi
e poterli irrigare, in un paese come quello, è per molti
una speranza di vita”.
AVIS. 40 ANNI DI
IMPEGNO SOCIALE
Sirio Sabatini
Presidente dell’Avis Comunale di Manciano
AL VIA LA SCUOLA PER
MUSICA BANDISTICA
realizzata dal Comune in collaborazione con le bande di Poggio Murella,
Saturnia e Montemerano
Sono iniziati a ottobre e dureranno fino a giugno 2008,
i corsi della Scuola di musica a indirizzo bandistico
intitolata a Giovanni Lanzi, organizzata dal Comune
in collaborazione con tre Società filarmoniche del
territorio: la “Pietro Mascagni” di Poggio Murella, la
“Amilcare Ponchielli” di Saturnia e la “Giuseppe Verdi”
di Montemerano. Un’iniziativa originale per l’intero
comprensorio, che è destinata a formare esperti musicisti per corpi bandistici, in modo da mantenere una
tradizione che, in caso contrario, rischia di scomparire.
Le Bande infatti non passano mai di moda e l’intrattenimento musicale che offrono fa parte da sempre della
cultura e del folklore locale. Tuttavia è difficile reclutare “nuove leve”, giovani motivati a proseguire la tradizione, in assenza di reali possibilità di formazione.
“L’idea di realizzare questa particolare scuola di musica – spiega l’assessore alla Cultura, Daniele Pratesi
– è nata dal fatto che nel nostro territorio esistono tre
Società filarmoniche, che hanno alle spalle un’attività
di oltre cento anni, con un importante ruolo sociale,
culturale e di aggregazione per giovani e meno giovani.
Ma che da sole – aggiunge - non sono in grado di
sostenere una scuola per preparare le nuove leve della
banda, con un conseguente decremento del numero dei
componenti. E questo non solo va a scapito dell’attività
di ogni gruppo, ma soprattutto rischia di portare alla
fine di queste esperienze che spesso sono parte della
cultura, della tradizione e della vita stessa di ogni
comunità.
La collaborazione con il Comune, che sostiene economicamente la scuola, consente quindi di dare
una risposta all’esigenza di mantenere viva e vitale
l’attività delle bande, di ampliare l’offerta formativa e
culturale, di dare vita ad un’esperienza originale che
potrebbe attrarre iscritti anche da altre realtà”.
La scuola di musica prevede, infatti, corsi di teoria
e solfeggio, musica di insieme e strumento (legni,
ottoni, percussioni), che saranno svolti da insegnanti
specializzati nella musica e negli strumenti tipici dei
corpi bandistici.
Per garantire la massima possibilità di frequenza a
tutte le persone interessate, le lezioni si terranno nelle
sedi delle tre Filarmoniche a Poggio Murella, Saturnia e
Montemerano. Il compenso per gli insegnanti è a carico
del Comune, mentre alle Società è affidata la supervisione dei corsi, sia sotto l’aspetto organizzativo che per
quanto riguarda le iscrizioni e le quote di partecipazione, fissate in 30 euro al mese per ogni iscritto.
4
Domenica 22 Luglio la Sezione Avis Comunale di Manciano
ha festeggiato i 40 anni di attività. Alla manifestazione hanno
partecipato le autorità locali, le sezioni della nostra Provincia,
il Presidente dell’Avis Provinciale di Grosseto, Mario Tonelli,
una rappresentanza dell’Avis Regionale Toscana ed una
della Sezione di San Niccolò ormai da tempo gemellata con
la nostra. Durante la manifestazione, tenutasi al Nuovo
Cinema Moderno, si è svolta la consegna dei premi ai donatori in base al numero di donazioni effettuate (30 diplomi di
benemerenza, 14 medaglie d’argento, 10 medaglie di argento dorato, 11 medaglie d’oro ed una fronda d’oro), seguita
dal pranzo offerto dall’Avis di Manciano a tutti i partecipanti.
Riporto di seguito il saluto rivolto ai presenti che è anche una
piccola cronistoria della nostra sezione:
«Siamo ormai giunti ai 40 anni della fondazione della
Sezione Comunale Avis di Manciano. È oggi più che mai
mio dovere e mio piacere ricordare l’impegno e la passione
di coloro grazie ai quali la nostra Sezione è stata fondata.
A Massa Marittima il 22 Aprile 1967, davanti al notaio
Savona, si costituì la Sezione Comunale Avis di Manciano,
i firmatari dell’atto costitutivo furono: Mariotti Vittorio, Santi
Mario, Silvestri Sirio, Pala Dino, Funghi Sesto, Lotti Iva,
Grifoni Raimondo, Valenti Viero, Pascucci Lindo, Niccolai
Lilio, Piccioli Guido (primo Presidente dell’Avis di Manciano),
Cavoli Francesco, Nardelli Fausto e Dazzi Alberto. Il maggiore incitamento alla fondazione dell’Associazione fu dato
dal Prof. Marcello Pierallini, allora primario di chirurgia
dell’Ospedale Aldi Mai di Manciano. La nostra è stata
una storia turbolenta a causa del susseguirsi di aperture
e chiusure del Centro di Raccolta Sangue e dell’alternarsi
dei vari Presidenti (Piccioli Guido, Fastame Andrea, Vichi
Italo, Danesi Enrico, Vichi Italo, Danesi Enrico, Vichi Italo
ed attualmente Sirio Sabatini) che, con impegno, si sono
adoperati per risolvere tutte le problematiche che si sono
presentate nel corso degli anni. Il Centro di Raccolta Sangue
dalla sua fondazione ad oggi è reso operante grazie all’impegno dei vari medici che in questi 40 anni si sono adoperati
per assicurarne il funzionamento. Non posso non ringraziare il Dr. Enzo Bernardini, Dr. Aluzain Talaj, Dr. Gaetano
Carducci, Dott.ssa Daniela Bini, Dott.ssa Patrizia Baratti,
Dr. Massimiliano Bartolini, Dott.ssa Giuseppa Lazzari e la
Dott.ssa Tosca Corti che si occupa del Centro dal 1995 ad
oggi. Dalla sua istituzione il Centro di Raccolta fu gestito
direttamente dall’Ospedale Aldi Mai di Manciano, fino al
Febbraio del 1977 quando la Regione Toscana ne autorizzò
il passaggio della gestione alla U.S.L. N° 29, ma dobbiamo
aspettare l’anno 1991 per vederlo finalmente affidato alla
Sezione Avis di Manciano. È importante ricordare che nel
1980-81 si costituì la Sezione Comunale Avis di Sorano e nel
1990 quella di Pitigliano i cui soci potevano donare presso
il ns. Centro di Raccolta. Nel 2000 la Regione Toscana per
venire incontro alle esigenze di questi donatori, autorizzò
di Manc
l’apertura di un nuovo Centro presso il Presidio Ospedaliero
di Pitigliano tutt’oggi gestito dalla nostra Sezione con un
accesso settimanale, che ha quindi affermato la propria
importanza come maggior punto di prelievo della parte alta
della Provincia di Grosseto. In questa pubblicazione troverete un grafico che vi illustrerà come il numero delle donazioni
sia cresciuto esponenzialmente anno dopo anno passando
da poche decine alle attuali 450 donazioni annue per la sola
Sezione di Manciano e a 650 donazioni annue comprendendo anche le Sezioni di Pitigliano e Sorano. Partecipando
alle attività di questa Associazione da ben 35 anni, credo di
essere la persona più adatta a testimoniare il grande lavoro
svolto grazie al quale siamo riusciti a portare il numero di
donatori iscritti dai 12-13 degli inizi agli attuali 290, di cui
220 almeno attivi durante l’anno. Il nostro compito primario
è sempre stato quello di divulgare in tutta la cittadinanza il
valore della donazione del sangue come speranza di vita.
Continuando l’ottimo lavoro svolto dai nostri predecessori,
nell’ultimo decennio abbiamo cercato di sensibilizzare il
più possibile le nuove generazioni recandoci personalmente
in tutte le Scuole e riuscendo a far aderire molti ragazzi.
Importante è infatti la crescita di partecipazione femminile e
giovanile che riscontriamo negli ultimi 5 anni. Vorrei ringraziare a nome di tutto il Consiglio che rappresento, i donatori
di Manciano e delle frazioni, sempre molto sensibili al messaggio di impegno sociale divulgato da questa Sezione. Un
ringraziamento particolare va al Comune di Manciano, al
Caseificio di Manciano e alla Banca di Credito Cooperativo
di Saturnia, per esserci sempre stati vicini ed averci più
volte aiutato a realizzare opere importanti per la collettività.
MAREMMA COM’ERA
MAREMMA COM’È
Gileo Galli
La Madre di tutte le Madri, che nel 2007 ha compiuto 103
anni, sedeva là, sulla sua sedia, ci raccontava e ci rassicurava con la sola presenza.
In quel luogo, protetto, che ci apparteneva, scorrevano le
immagini del nostro passato.
Persone, luoghi e cose diventano simboli, poi si trasformano
in miti che solo i mediocri o chi è fuori da ogni legame di
appartenenza può pensare di violare.
Invece questo, purtroppo, è successo.
Qualcuno ha osato sfrattare dal quel posto la nostra Virginea
memoria.
Lo sfratto è avvenuto con un gesto di violenza e volgarità: la
sedia, con tutti i simboli che rappresentava, è stata gettata
nell’immondizia.
Un’offesa grave con vilipendio di persone e cose.
Quel posto adesso è vuoto, un vuoto infinito, come una ferita
aperta sulla nostra memoria che nessuno, e nessun altro
luogo, potrà riparare.
L’indignazione cresce nel vedere tutti i giorni il posto angusto
e pericoloso in cui Virginia è ora costretta.
Noi abbiamo un dovere verso questa gente che non si
sente e mai potrà sentirsi parte integrante della comunità
Mancianese: dobbiamo renderla invisibile, ed emarginata.
“ A V E G L I A ”
PRIMO FESTIVAL DI
TEATRO IN CASA
Elena Guerrini
Associazione Culturale “CreatureCreative”
Ringrazio inoltre le Associazioni Pro Loco, AIDO, Boy Scout,
Scuola di Musica D. Chiti, e quelle sportive, per aver più
volte collaborato con noi. Ma un ringraziamento particolare
va a tutto il vecchio e nuovo Consiglio e alla segretaria che
per tutto questo tempo mi hanno sopportato e supportato e
ai miei familiari che hanno sempre sostenuto il mio impegno
nel volontariato. Concludo con l’augurio che questa Sezione
possa continuare l’ottimo lavoro svolto fino ad ora e che la
popolazione continui a recepire l’importante messaggio di
altruismo e di aggregazione sociale che ci siamo sempre
impegnati a diffondere».
Vieni a teatro in casa mia!
Si è concluso il “Festival di teatro in casa” organizzato
dall’Ass.ne “CreatureCreative”, che per l’originalità della
formula ha riscosso notevole successo di pubblico e di
critica.
Ne hanno parlato: la Repubblica, il Corriere della Sera, il
Manifesto, il Tirreno, La Nazione.
Nello svolgersi delle dieci serate si sono tenute letture di
Dante, Boccaccio, Pisolini, Tiburzi (brani tratti da un testo di
Alfio Cavoli), letture di poesie, presentazioni di libri, musiche
popolari, conferenze filosofiche, vicende di varia umanità, e
molto altro, tutto con la direzione artistica di Elena Guerrini
che ha avuto apprezzamenti in tutto il mondo soprattutto
con la Compagnia di Pippo Delbono. Si è trattato di un’idea
antica e nuova che ha illustri precedenti, piccola piccola, ma
dalle potenzialità straordinarie con notti di spettacolo, valorizzando le risorse umane, le tradizioni e la cultura locale
fatta di scambi, baratti, parole di gratitudine, riproposte nel
paese delle origini di Elena che lei “ama all’infinito”.
Attori professionisti, provenienti da tutta Italia, contenti di
aver trovato un pubblico attento e genuino, hanno allietato
gli spettatori con le loro narrazioni, come quando, in tempi
passati, si usava andare a veglia nelle case. Biglietto
d’ingresso, ora come allora, i prodotti della terra: vino, olio,
cacio, con i quali sono stati renumerati gli artisti per le suggestioni che di volta in volta hanno saputo donare.
Per l’occasione è stato bello vedere come la gente abbia
spento la TV aprendo case, cortili, giardini, terrazze, vicoli,
mettendo fuori, sedie e cuscini. Sono stati invitati parenti e
amici, predisposti all’ascolto di racconti e poesie, in compagnia, in allegria, bevendo un bicchiere di vino.
Dunque a Manciano e dintorni, tanti sono stati a veglia,
dal 13 al 23 settembre, in un “happening” notturno dove si
entrava per invito o passaparola.
IL SIMBOLO DELLA
NOSTRA MEMORIA
OFFESO E VILIPESO
Gruppo Mancianesi Indignati
Il “Gruppo Mancianesi Indignati”, che ha un profondo
legame con il territorio e con i suoi simboli, vuole portare a
conoscenza della collettività, una storia, una brutta storia,
che abbiamo il dovere di raccontare.
Dai tempi dei tempi, Via Marsala ha avuto il privilegio di
guardare in un posto, sempre il solito, dove, per una magica
combinazione sensoriale, eravamo in grado di rispecchiarci
nella memoria del nostro paese.
anciano
5
Un tema che sa di nostalgia per chi ha la fortuna di ricordare
ancora la giovinezza irrimediabilmente lontana. Anche rammarico, a volte, per non aver potuto realizzare un progetto di
vita, oppure per un sogno d’amore svanito nel nulla.
Maremma bella, aspra, selvaggia, insidiosa. Un passato che
fa ancora piacere rievocare attraverso la narrativa, oltre ai
ricordi. Un territorio affascinante che oggi attrae turisti italiani
e stranieri. Questo porta un transito di persone di ogni genere,
fa confusione, ma produce ricchezza. Per recepire tale affluenza occorrono strutture adeguate e moderne che a volte contrastano con l’ambiente di un tempo che si vorrebbe genuino. E
qui stiamo bene attenti: è bene difendere la natura, l’ambiente
paesaggistico ed ecologico, ma non bisogna esagerare. Si
deve andare avanti con il progresso e l’evoluzione creando
lavoro e produzione sfruttando risorse possibili, perché le
nuove generazioni non abbiano necessità di emigrare altrove
per trovare nuove fonti di vita. A questo scopo è bene ricordare
l’anno 1953, quando la miniera A.M.M.I. chiuse i battenti e
non bastava certamente l’avvento dell’Ente Maremma ad
accogliere tutto il personale rimasto disoccupato. Scarsi erano
i lavori edili, rimanevano solo quelli stagionali del bosco e
dell’agricoltura. Ragione per cui la popolazione mancianese
che mancava di poche unità ai diecimila abitanti, iniziò ad
emigrare e rimasero in questo vasto Comune poco più di
settemila residenti nel giro di pochi anni.
Io amo la Maremma ed il mio paese tanto da farne un mito.
Ed i paesani del passato che spesso si possono definire eroi.
Per i sacrifici, le sofferenze, a volte le umiliazioni subite. E
per la forza d’animo, la ferrea volontà. Oltre ai ricordi d’infanzia posso riprovare certe impressioni espresse dalle tele
del Pascucci che fanno rivivere scene e personaggi di questo
popolo. Pertanto, con tutto il rispetto per i principi altrui, non
posso condividere le idee di alcuni compaesani che manifestano contro certe innovazioni, contro il progresso. Cosa
succederebbe se tutto da noi si fermasse, mentre il mondo
va avanti in una corsa sfrenata senza limiti? E chi rimarrebbe oggi sul territorio comunale? Tornerebbe forse il latifondo,
con pochi proprietari e i dipendenti al loro seguito.
… Gli anni sono passati, ma i miei ricordi rimangono indelebili. Quando i mancianesi facevano chilometri a piedi per
recarsi a lavoro (sempre a termine, erano pochi coloro che
avevano un lavoro fisso). I più fortunati, alcuni per viaggiare
avevano l’asino, pochi possedevano la bicicletta. Durante
la mietitura c’era chi dormiva sul campo al riparo dei balsi
di grano, col rischio di buscarsi una puntura di tarantola e,
meno male, la malaria era ormai al tramonto. Penso a mio
padre, bifolco-carraio che come i suoi colleghi dormiva sul
carro coperto da un telo incerato, quando si trovava fuori
per lavori di trasporto di legname e non vi erano fabbricati
per poter alloggiare. Stava anche per lunghi periodi senza
tornare a casa e mia madre ogni cinque sei giorni andava a
portargli provviste a mezzo dell’asino.
Andare alla “scuola rurale” presso la fattoria dei Cavallini
consisteva in una marcia di oltre cinque chilometri. Io frequentai quella scuola dalla prima alla terza classe elementare. Eravamo un gruppo di sei o sette bambini tra maschi
e femmine nella zona intorno a “le Croste”, sulla statale 74.
Ci invidiavano i ragazzi della zona “Cirignano” che dovevano
guadare fossi e tracciare fango fino a “la Sgrilla”. Peggio
era per quelli che venivano dalla Val d’Albegna e dintorni
che attraversavano fossi e sguazzavano nel pantano fino
ai Cavallini, fino alla scuola. A quei giorni erano rari i tratti
di strade selciate nelle campagne e nei periodi delle grandi
piogge diventava difficile (a volte pure impossibile) il transito dei carri e delle cavalcature.
Le case coloniche erano prive di servizi igienici. Pure quelle
dalla maestosa struttura architettonica settecentesca della
tenuta Aldi Mai che in parte sono state orrendamente
modificate, alcune distrutte. Si pensi ai disagi: causa di un
improvviso mal di pancia in ore notturne, dover uscire fuori
all’aperto. Magari con le carezze di una gelida tramontana o
sotto un temporale ed allora bisognava per forza ricorrere al
vaso da notte. Per fare il bagno dopo una giornata di sudore,
si doveva usare la catinella con l’acqua trasportata da fuori.
Fortunati coloro che avevano un fontanile vicino.
Questa era la vita in Maremma in quei lontani anni. Ai giorni
odierni alcuni fra le giovani generazioni forse non sempre
credono alla realtà descritta.
PIETRO DETTI.
UNA VI TA DA
V O L O N T A R I O
Marcello Santarelli
E’ scomparso, in seguito ad un’emorragia cerebrale che lo
aveva colpito il giorno prima, il nostro concittadino Pietro Detti.
Stava lavorando al computer, nello studio notarile del dott.
Enzo Bernardini, dove era impiegato, quando ha accusato il
malore. Aveva 53 anni e fin da giovanissimo aveva manifestato uno spiccato senso sociale ricoprendo incarichi in varie
associazioni locali come l’AIDO e l’AVIS. Era stato, assieme
alla moglie Roberta, un assiduo volontario della Misericordia
di Manciano di cui era socio ordinario. Attualmente era presidente della Pro Loco di Poderi di Montemerano e faceva parte
del direttivo dell’U.S. Manciano. Era prevedibile che il buon
Pietro volesse compiere l’ultimo gesto di solidarietà dando
disposizione per la donazione degli organi, a conferma delle
sue grandi doti umane. La salma è stata tumulata nel cimitero
di Manciano, accanto alla tomba del fratello Roberto, morto
giovanissimo, una quindicina di anni fa, per un incidente
sul lavoro. Roberto, è nome ricorrente: nella famiglia così si
chiama suo figlio di 10 anni e la moglie che Pietro ha lasciato
in modo così repentino. A loro le condoglianze più sentite di
tutta la comunità.
PODERI. IL NUOVO
CONSIGLIO DELLA
P R O
L O C O
A seguito della prematura scomparsa del Presidente Pietro
Detti, la Pro Loco di Poderi di Montemerano ha provveduto ad
eleggere il nuovo consiglio direttivo e il collegio sindacale.
Questo il nuovo consiglio: Luciano Bianchini, presidente;
Elena Pasquini, vice presidente; Roberto Teti, segretariocassiere; Fabio Balocchi, Alberto Bianchi, Claudio Buffi,
Didio Grifoni, Domenico Lucchesi, Niccola Moretti, Marcello
Santarelli, Fernando Trifoni, consiglieri.
Il collegio sindacale è composto da: Roberto Bellini, Margarita
Bruetsch, Veraldo Leandri.
Al nuovo Presidente e ai componenti del Consiglio i migliori
auguri di buon lavoro dalla redazione de Lo Strillone.
R I C O R D I …
S U L L ’ A C Q U A
Diana Mancini Vieri
Scrivo per far riaffiorare i ricordi nella mente di chi ha
dimenticato e per far conoscere la storia di due Fontanili
delle campagne di Poggio Murella legati alla storia della mia
famiglia e ormai abbandonati e quasi distrutti.
Il Fontanile di “ Buccio”. E’ ormai ricoperto di rovi e la sorgente
che lo alimentava è dispersa nei campi circostanti e impantana la suggestiva strada antistante e il pezzetto di terreno che
circondava e proteggeva il fontanile è addirittura franato in un
baratro di rovi e di sterpi. Agli inizi del 1900 quel fontanile fu
costruito, nella sua proprietà, da Angelo Mancini e dai suoi
figli e il terreno intorno, circa 300 mq, fu da lui poi donato al
Demanio per creare una piccola oasi fresca ed ombrosa in cui
chi passava di lì potesse liberamente riposare e dissetarsi.
La ricca sorgente che era sul colle sovrastante, insieme a quella non lontana del “Podere”, già al tempo dei
Romani alimentava l’immenso e sorprendente serbatoio
delle “Murelle”, oggi conosciuto come Castellum Aquarum,
che portava acqua potabile alle ville romane intorno a
Saturnia e alla stessa Saturnia, fu poi utilizzata più in basso
nel Fontanile di “Buccio” dove l’ acqua arrivava dunque per
caduta nel bottino di richiamo e di raccolta dalla collinetta
sovrastante e sgorgando in continuazione dalla cannella ( a
quel tempo non c’ erano ancora i rubinetti! ) e riempiendo
la grande vasca per l’ abbeveraggio del bestiame; dalla
cannella, invece, attingevano e si dissetavano gli abitanti di
San Martino e di Catabbio che, per questa più breve dogana
tra i campi, si recavano a Manciano per varie necessità e
che, mentre anche il loro cavallo o asino beveva e riposava,
tiravano fuori dal tascapane o dalle bisacce attaccate alla
sella pane, formaggio o altro frugale companatico e mangiavano in santa pace, al sole e alla “poventa”, d’ inverno e, all’
ombra di rigogliosi e profumati noci, d’ estate.
E, in estate, anche i mietitori che dalla Selva, da Selvena
e da Castellazzara andavano a Marsiliana per la raccolta
del grano, che allora si mieteva solo a mano e la Maremma
era davvero “amara”, percorrevano questa strada e si
fermavano e si incontravano al Fontanile di Buccio portando
a tracolla un fagottino con i loro poveri indumenti e una
falcetta bene affilata ma sempre fasciata con vecchie pezze
per evitare di ferirsi per una mossa brusca del loro corpo o
per una accidentale caduta in quelle disagevoli dogane.
A “Buccio”, dunque, i mietitori si fermavano per riposarsi
e per mangiare un po’ del pane che si portavano da casa
per il viaggio e che, seccandosi, andava bagnato per poterlo
masticare meglio con i pochi denti che allora restavano in
bocca alla maggior parte della gente di campagna.
Al Fontanile di Buccio, dunque, sostavano e si incontravano
molti viandanti provenienti sia dai paesi dell’ Amiata sia
da altri più vicini, ma anche agricoltori che giornalmente
lavoravano nelle campagne intorno a Poggio Murella e
durante la sosta venivano raccontati, scambiati e discussi
fatti, notizie, aneddoti in un passaparola che poi continuava
altrove diventando, sia pure in modo semplice e impreciso,
una delle poche e perciò preziose occasioni di conoscenza e
di socializzazione di allora.
Il Fontanile del Podere. Era molto più grande e importante di
quello di “Buccio” sia perché più ricco di acqua sia per la
sua particolare struttura: il bottino di richiamo dell’ acqua era
infatti al centro di due grandi vasche rettangolari non comu-
TERRITORIO
OCCUPATO
6
nicanti tra loro perché adibite a due usi diversi; una, infatti,
quella di destra, aveva il bordo del muro di contenimento dell’
acqua più stretto per facilitare l’ abbeveraggio del bestiame a
cui era riservata mentre la vasca di sinistra fungeva da lavatoio e aveva i bordi del muro rifiniti con belle lastre di pietra un
po’ inclinate verso l’ acqua per consentire alle donne di lavarvi
più facilmente e senza bagnarsi troppo i loro panni.
Alla Fonte del Podere, la mattina presto, per trovare l’
acqua più limpida e pulita, arrivavano le donne che dovevano risciacquare il bucato con la biancheria personale e di
casa e un po’ più tardi quelle che dovevano lavare panni da
lavoro e da casa più sporchi e colorati. Chi aveva la fortuna
di avere a disposizione un asino portava a lavare i panni nei
sacchi o nei cestoni legati al basto che l’ animale portava
sul dorso, ma c’ era anche chi le capienti e pesanti ceste di
vimini doveva portarle avanti e indietro sulla testa. Il sapone, tagliato in grossi pezzi irregolari, era sempre fatto in casa
con i grassi di scarto del maiale o della pecora fatti bollire a
lungo con della soda caustica. Quando tutto era ben lavato e
sciacquato, ogni capo veniva strizzato e rimesso nei cestoni
in modo che durante il viaggio di ritorno potesse continuare
a scolare altra acqua.
Nella bella stagione si sciorinava il bucato al sole, ma se il
tempo era piovoso i panni si asciugavano durante la notte
vicino al camino, che rimaneva perciò acceso, stesi sopra
delle robuste canne appoggiate sulle spalliere di due o
più sedie proprio come oggi sui moderni stendini perchè
la necessità ha sempre aguzzato l’ ingegno e precorso le
moderne tecnologie!
Le donne, mentre lavavano i panni, canticchiavano e chiacchieravano tra loro scambiandosi notizie sui fatti della vita
quotidiana e anche spettegolando un po’ per far passare
meglio il tempo di quela dura fatica.
I tempi sono cambiati; l’ acqua, per ora, arriva in abbondanza nelle nostre case e anche questo bel Fontanile, come
tutti gli altri nelle campagne qui intorno, un tempo così utili
e ben tenuti, è stato dimenticato e abbandonato; la sorgente
si impantana e sparisce e canne e rovi e sterpi di ogni genere
lo assediano e lo distruggono.
Oggi si parla molto di ambiente, di ecologia, di recupero della
memoria e della cultura che ci appartiene storicamente e
localmente e allora perché non recuperare e salvare anche
queste umili, ma significative opere che raccontano e documentano un importane e rispettoso rapporto dell’ uomo con
le risorse del suo ambiente e, in particolare, con l’ acqua
e testimoniano storia e cultura del nostro territorio, così
favorito dalla natura e così amato e curato da quelli che ci
hanno preceduto?
Ma questo auspicabile recupero non potrà realizzarsi senza
l’ interessamento e la collaborazione dei cittadini di Poggio
Murella e, soprattutto, senza l’ indispensabile intervento
delle Amministrazioni competenti.
Ai turisti che vengono nelle nostre zone si potrebbe così offrire,
oltre che la buona cucina e gli ottimi prodotti locali, anche umili
ma importanti e rispettate testimonianze della vita e della
cultura dei nostri padri, da visitare percorrendo a piedi strade
appartate e ben tenuti sentieri di campagnaa per godere al
meglio, lontani dalla fretta del consumismo, la pace e la varietà
del nostro suggestivo paesaggio e le vere ricchezze della vita.
LA CHIESA DI
SAN MARTINO
IN CORONZANO
Egidio Papalini
Intorno alla fine del X° secolo la Diocesi di Sovana aveva
già acquisito prestigio e ricchezza. Il prestigio le era
derivato dalla sapiente amministrazione dei suoi vescovi,
mentre la ricchezza l’aveva raggiunta in seguito a lasciti
e donazioni che l’avevano resa proprietaria di numerosi
beni. In due documenti dell’XI e XII secolo, diretti ai
canonici di Sovana, si rileva che il pontefice prende
sotto la sua protezione diversi di quei beni, elencando
luoghi, edifici, alcuni dei quali in seguito scomparsi. Si
viene così a sapere per la prima volta della Chiesa di
San Martino in Coronano che molti studiosi riferiscono
sia stata nel territorio di San Martino sul Fiora. Tale
chiesa risulta descritta nella bolla pontificia di Niccolò
II, recante la data del 27 aprile 1061. Sapere che nel
contado di S. Martino esisteva un’antica chiesa è motivo
di lieta sorpresa, perché nessuno ne immaginava l’esistenza; e la storia di S. Martino diviene più importante
ed illustre. Un’antica chiesa nel contado presuppone una
consistente presenza di fedeli che la frequentino assiduamente, rappresentandone un riferimento spirituale e
di aggregazione di notevole importanza.
Ma dove si trovava quella chiesa, dato che nel territorio
non è rimasto alcun rudere che ne faccia riferimento? Allo
scopo torna utile riferire che S. Martino, molto più a valle
del paese odierno, aveva in passato un vasto contado
che aveva ospitato vari insediamenti umani, cui era servito a produrre abbondanti raccolti, perché fertilissimo e
facile da coltivare. Era, inoltre, irrigato da una miriade di
fossi e ruscelli scaturenti da prodigiose sorgenti. Ancora
oggi, quel territorio ha mantenute inalterate quelle peculiarità, per cui in quel luogo avremmo dovuto ricercare
di Manc
gli indizi dell’antica chiesa. Infatti a Fontelunga gli aratri
moderni hanno portato alla luce i resti di un villaggio,
probabilmente risalente all’Alto Medievo. Si ritiene che
sia stato quello il primo insediamento in S. Martino. Nato
con gli Etruschi; sopravvissuto alla conquista romana,
fiorente al tempo della contea aldobrandesca di Sovana;
abbandonato sotto la dominazione senese; scomparso,
infine, e da tutti dimenticato.
Tante volte, in passato, avevo chiesto agli agricoltori
di S. Martino, se nei loro terreni avessero riscontrata
la presenza di ruderi misteriosi. In quella fase di ricerca vennero confermati resti di antiche costruzioni in
diversi luoghi: Fontelunga, Mercante, Monticchio, Poggio
Lupinaio e Poggiomonte. Ma la risposta più interessante,
quella attesa, la riferì l’agricoltore Solferino Pellegrini.
Seguiamo con attenzione il suo racconto: «Intorno alla
fine degli anni ’20 del secolo scorso, io, Dante Angelici e
Giovacchino Sbrilli, mentre eravamo intenti a dissodare
un terreno nel mio podere Mercante, rinvenimmo degli
straordinari reperti. Lavoravamo – come a quel tempo
si faceva – con picconi e pale, recuperando tre parti di
colonne e i relativi capitelli finemente lavorati. Fu grande
in noi la meraviglia di avere esumanti quei misteriosi
reperti, tanto che lo Sbrilli esclamò: “Se le cose vanno
avanti così, finiremo per trovare la carrozza della Bella
Antiglia!”. Quei reperti di bianco travertino rimasero
attorno alla mia casa colonica per circa tre anni, finchè
Orlando Pellegrini, ottenuto il consenso di mio padre, li
condusse presso la sua fornace che era nelle vicinanze,
dove furono trasformati in calce. Una parte di questa la
vendemmo, un’altra parte la usammo per imbiancare le
stanze di casa e la restante la utilizzammo per medicare
la vigna per la durata di tre anni. Scavando ancora,
recuperammo altri frammenti di travertino; poi numerosi
conci di tufo dal colore chiaro e di pregevole fattura che
vennero utilizzati nella costruzione di nuove case coloniche nelle vicinanze. Mio padre, nato nel 1875, aveva visti
i ruderi della misteriosa costruzione, immaginandoli resti
di un antico castello. Trovammo, inoltre, una cunetta
scavata nella roccia tufacea, coperta con lastre di tufo:
si trattava di un piccolo acquedotto che portava l’acqua
sorgiva in prossimità dei ritrovamenti. Infine, durante il
dicioccamento di un campo infestato dalle ginestre che
era nelle vicinanze, portammo alla luce numerose tombe,
di forma rettangolare, scavate nel terreno tufaceo, coperte con lastre di tufo fissate con malta, fiancheggiate
da muriccioli. Quando le scoperchiavamo, lo scheletro
dell’inumato svaniva all’istante. All’interno delle sepolture rinvenimmo oggetti in ceramica, in metallo corroso
dalla ruggine, nonché altro vasellame in metallo simile
all’alluminio». Termina qui il racconto di Solferino, cui
dobbiamo essere grati per la sua disponibilità e per le sue
doti di attento narratore. Ovviamente, la sua esposizione
induce a fare alcune considerazioni. Innanzitutto, resta
il rammarico che quei reperti siano stati tutti distrutti;
poi, se il padre di Solferino li aveva immaginati resti di
un antico castello, dovevano, evidentemente, avere una
certa rilevanza. Ma a quale misteriosa costruzione facevano riferimento i reperti del Mercante? Viene spontaneo
immaginare che appartenessero all’antica chiesa di S.
Martino in Coronano. Questa è l’ipotesi che, serenamente, si viene ad avanzare. Le colonne di travertino, i conci
di tufo di pregevole fattura, il piccolo acquedotto che
serviva l’edificio, il cimitero nelle vicinanze sono tutti
elementi che concorrono a suffragare l’ipotesi appena
avanzata. E’ noto che, a seguito della conquista senese
ed al degrado che ne seguì, accentuato dalla presenza di
bande di ladri e dalle carestie e dalla malaria, il territorio venne gradualmente abbandonato, raggiungendo in
breve tempo il completo spopolamento. L’antica chiesa
e le abitazioni del contado vennero abbandonate al loro
destino che, senza le cure necessarie, andarono presto
in rovina; quindi le susseguenti espoliazioni le fecero
scomparire del tutto, finendo tristemente nell’oblio. Con
quell’antica chiesa, dedicata a S. Martino, ebbe inizio
nel territorio la devozione al Santo di Tours, divenendo
il Santo Patrono ed il territorio assunse il toponimo “S.
Martino”. Al Santo vennero dedicate le tre chiese successive: quella di S. Martino in Campiano, del 1500, quella
del 1613, ricordata in tante visite pastorali e quella
attuale, inaugurata nel 1956. Naturalmente, non ho mancato di fare un sopralluogo sul sito che è adiacente alla
strada provinciale S. Martino-Sovana, rilevando al suolo
una notevole presenza di frammenti di tegole. Il luogo
è quasi pianeggiante, ameno, coronato dalle prossime
rive del Fiora e da colline che alludono efficacemente
all’antico toponimo “S. Martino in Coronano”. Si ritiene
che gli indizi raccolti siano meritevoli di una seria ricerca
archeologica, al fine di sciogliere definitivamente l’enigma del misterioso edificio del Mercante.
FORME E COLORI
Giuseppina Scotti
A Saturnia si è tenuta la 15ª edizione di “Forme e colori”,
la Rassegna d’Arte Contemporanea che vede Ginco Portacci
ed Atto Pratesi impegnati nell’annuale incontro nella Sala
anciano
GOLF: ATTIVITÀ
A G R I C O L A
A BASSO IMPATTO AMBIENTALE
Pietro Binaghi
Da mancianese adottato sento il dovere di “svelare” una
realtà, nuova per questo comune, che sta destando preoccupazione tra quanti hanno a cuore il proprio territorio:
il Golf.
Da agronomo e convinto ecologista posso affermare di
essere orgoglioso di aver contribuito in maniera fattiva alla
realizzazione di una struttura sportiva costruita nel totale
rispetto del territorio e in maniera ecocompatibile.
Bisogna infatti sapere che quello del Golf di Saturnia è
forse l’unico progetto in Italia per il quale è stato incaricato
un dottore in agronomia, specializzato in tappeti erbosi,
quale io sono da ben 13 anni.
Non tutti sanno che….i requisiti che mi sono stati richiesti
e che oggi contraddistinguono il Golf di Saturnia, facendone un campo all’avanguardia dal punto di vista dell’impatto ambientale, sono:
1. Risparmio idrico: le varietà di prato che ho selezionato
vengono normalmente utilizzate in climi ben più secchi
e caldi del nostro (Florida, Arizona, Egitto ecc) e hanno
quindi consumi idrici assai ridotti!
2. Armonia del campo con l’ambiente circostante: il
disegno del campo è stato ricalcato sulle naturali ondulazioni del territorio e ha rispettando alberi e corsi d’acqua
esistenti.
3. Campo ecologico: le scelte da me operate sulla varietà
dei tappeti erbosi permette un consumo quasi nullo di fitofarmaci (!), quando la maggior parte delle attività agricole
(vigneti, frumento, frutticoltura) ne richiedono invece un
impiego spesso obbligato.
Inoltre, in un paese a rischio idrogeologico come l’Italia,
è importante riconoscere l’unicità del ruolo dei tappeti
erbosi quali strumenti di consolidamento del terreno contro
le erosioni, al contrario della fragilità dei campi agricoli
costantemente morganati.
Credo che da questi aspetti emerga chiaramente lo spirito
che ha animato la realizzazione di questo progetto, del
quale, sono sicuro, col tempo i mancianesi andranno fieri.
S T I L L L I F E
M A R E M M A / 0
Sogno di un mattino di mezza estate
“O. Bartolini”, con il patrocinio del Comune di Manciano –
Assessorato alla Cultura, la Banca di Credito Cooperativo di
Saturnia, il Centro Culturale “Il Leone” di Roma. Entrambi
ormai conosciutissimi, non soltanto nella nostra provincia,
ma anche a livello nazionale ed internazionale, espongono
le proprie significative opere, che li contraddistinguono e li
individuano nel campo artistico.
Pratesi, in una sempre più intensa interpretazione della
Maremma, ha introdotto notevoli variazioni su tema, che
lo rinnovano e ne mettono sempre più in risalto i valori
descrittivi, colorici, contenutistici e di realizzazione. La sua
tavolozza si è fatta più varia, più corposa, più incisiva, con
tonalità che si accavallano e si distendono con capacità.
L’olivo svetta, nelle sue forme più caratteristiche, in un
“fruscio” di fronde argentee, che davvero ne fanno un
simbolo, come i girasoli, le vecchie querce, ogni immagine,
insomma, della Maremma. Le marine si colorano di azzurri
sfumati nel cielo e le acque salmastre si uniscono alle
acque dolci del fiume, in un continuo “sciacquio” fra erbe
palustri, tamerici e lentischi e il tutto si colma di tenerezza
e di “amplesso” tra tonalità, vibrazioni d’anima di fronte al
paesaggio proprio, ma reso, per tutti, in modo veramente
egregio ed universale.
Portacci non finirà mai di stupirci, perché la sua è una
mano capace di rendere “arte” tutto ciò che tocca e si
presenta sempre nuovo eppur coerente con se stesso,
nei suoi colori, nelle sue forme, nella sua ricercata “bellezza”. E in questa mostra presenta anche validissime
ceramiche bianche, luminose, splendenti di significati
e di materia, quando per materia s’intenda ciò che ti fa
realizzare opere di sicuro ingegno: e i “Ponti di Roma” si
aprono al visitatore, con la loro erompente architettura
antica e sembra sentir scorrere il fiume, sotto di essi,
tanta è viva la realizzazione pittorica e plastica e poi le
“sue” donne, i “suoi” puttini, tutti inseriti in quegli ovali
o in quei tondi, che creano soffuse torsioni corporee,
immagini pure di sogno. E ci si immerge, poi, in quei
colori “graffiati” e “graffianti”, non monocolori, ma toni
unisoni ascendenti e discendenti, con la consueta sua
maestria, vivace e creativa e cadono “lacrime di vetro”
e amalgama di sabbia ed altro impasto a denominare le
sue. Ci sono poi i suoi “vetri”, che oggi si “maculano”,
si “macchiano” con toni forti e “sapori” immaginati
e “cantati”: una visuale veramente compiuta, questa
mostra, che ci delinea sempre più queste due personalità
artistiche.
7
In maremma la serie lineare del tempo si frantuma
in mille rivoli trasversali, tanti quante sono le strade campestri che si dipartono dalla provinciale.
Ognuna di esse conduce ad un destino diverso, ad
un tempo diverso, ad un mondo a parte.
Stai partendo per un’avventura che ti cambierà.
Irreversibilmente.
Forse riuscirai a rientrare nei tuoi abiti, forse no:
la monetina della tua anima è stata gettata e non
può più essere chiamata indietro.
L’anima, questa cosa fuori moda, respira e risuona con gli alberi ed i prati, è nella corolla di ogni
fiore di campo, danza con le api e frulla in volo
con i passerotti. Verdissima, è il ramarro che ti
attraversa la strada…
M.B.
Brodo di tartaruga (nera)
Se state per acquistare una casa in maremma, provvedetevi
di una buona tartaruga.
La tartaruga nera è l’animale mitico/mistico che secondo i
principi del feng shui deve stare a protezione della casa, più
specificatamente della sua parte posteriore, convenzionalmente associata al nord.
Laddove il fronte deve essere aperto e luminoso (fenice
rossa), il retro è imperativo che sia protetto e riparato: va
bene un rilievo del terreno od un gruppo di alberi piuttosto
cospicuo, ma anche un altro edificio o, nel caso di un appartamento, il fabbricato stesso in cui l’appartamento si trova.
Un detto cinese afferma che quando si è dentro una casa,
si è parte della casa stessa; dunque le sue spalle sono le
vostre spalle, ed è bene che siano protette.
Se il retro è aperto come il fronte, l’energia che circola
ovunque, il “chi”, invece di fluire lentamente vi attraverserà
veloce da parte a parte, voi e la casa, portandosi via anche
la vostra di energia e lasciandovi deboli come gattini.
“Doppia facciata, casa sfigata”, tanto per capirsi.
Ovviamente il principio è valido ovunque, ma da tenere particolarmente presente qui, per ottenere il massimo beneficio
dalla vostra casetta in maremma.
è
LO STRILLONE
L’ORGANO DI
INFORMAZIONE
A DISPOSIZIONE DI
TUTTI I CITTADINI
DEL COMUNE
Coloro che vogliono intervenire su questo giornale, possono farlo facendo pervenire un proprio scritto, firmato in originale,
all’ufficio Cultura del Comune di Manciano, entro il giorno 30 Novembre p.v. Considerato lo spazio a disposizione, si raccomanda di inviare testi brevi.
Per eventuali comunicazioni: Tel. 0564 625342 - Fax 0564 620496 - E-mail: [email protected]