Relazione tecnica

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Relazione tecnica
Comunità Montana Agno-Chiampo
Relazione allegata alle schede di Primo Livello
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Quadro storico e descrizione generale dell’area
Nel 1908 il gen. Conrad Von Hötzendorf, allora comandante della divisione di stanza in Sudtirolo a Bolzano (in
guerra Capo di S.M. austroungarico), assieme ai suoi due brigadieri Hermann Kövess von Kövesshaza e Viktor Dankl
(poi comandanti delle due armate scagliate contro gli altopiani vicentini nel maggio 1916) in ispezione davanti al confine
italiano, a Campogrosso, affermava:” Questa è una buona porta per scendere in Italia!”.
Il pianoro di Campogrosso era infatti considerato, dagli austroungarici, un punto debole della difesa italiana dal
quale si poteva entrare in Val d’Agno (valle dotata di linea ferroviaria ed importante per le sue stazioni logistiche) e di
qui tagliare alle spalle il dispositivo difensivo della catena Alba, Novegno e Summano occupando Schio e Thiene. Va
precisato che, secondo i canoni militari dell’epoca (almeno sino al 1917), l’occupazione del passo di Campogrosso
difficilmente avrebbe avuto luogo senza la preventiva presa delle catene montuose che la sovrastavano: Cornetto,
Baffelan ma soprattutto il gruppo del Carega – prima – Obante poi. Poteva però essere aggirato più facilmente da est
scendendo nell’alta val Leogra dal Pasubio o dal Pian delle Fugazze.
Il dilemma strategico se fosse più temibile una minaccia diretta dalla Vallarsa e da Camposilvano o se fosse più
probabile un attacco da est animerà i comandi italiani in guerra. In margine alle poco lusinghiere considerazioni
austroungariche sopraccitate il problema strategico della piana di Campogrosso era nota anche ai Comandi italiani. Uno
studio difensivo del 28 gennaio 1915 per la sistemazione del tratto di frontiera prendeva in esame il problema del
confine tra Austria ed Italia tra Tonezza ed il passo della Lora. Lo studio non sarebbe poi servito a molto dal momento
che l’Austria non fu subito in grado di aggredire l’avversario ai propri confini. Il 24 maggio 1915 furono le truppe
italiane a portarsi in avanti.
Per gli Italiani era soprattutto importante la difesa della viabilità vicina ai confini, assegnata dal periodo anteguerra
alle artiglierie di confine ed alle fortificazioni d’assedio: Enna, Maso e Bariola per la val Leogra e la batteria di monte
Civillina per la valle dell’Agno (un progetto per una fortezza da costruire sullo Spitz di Recoaro era abortito sul
nascere). Il confine era ritenuto ben difendibile con una sola eccezione: “… il passo di Campogrosso che rappresenta
la più facile linea d’invasione e la zona più minacciosa e che meglio si presta per l’installazione di batterie
contro le nostre opere …” La preoccupazione per i forti era parte della cultura militare del tempo; del tutto
ingiustificata vista la scarsa efficacia tattica delle fortezze nei primi mesi di guerra.
La paura che l’Austria invadesse il confine attraversandolo a Campogrosso era molta. Si parlava di ingenti mezzi
raccolti dagli imperiali nei pressi del passo per facilitare l’occupazione in caso di dichiarazione di guerra 1. Si chiedevano
ben sei compagnie di fanteria in assetto di guerra da schierare alla difesa del passo assieme ad una batteria da
montagna. A nord una compagnia doveva sorvegliare l’accesso al passo, anche da est, tra la Sisilla e malga
Campogrosso (di Recoaro NdA 2), a sud, sulla doppia cimetta detta Slavazzi o quota 1570, un’altra compagnia doveva
sorvegliare il passo delle Buse Scure. Al centro due compagnie con una batteria da montagna e due sezioni mitragliatrici
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Tali ingenti mezzi consistevano in un centinaio di K.k. Standschützen della compagnia Vallarsa, al comando dei tenenti Giuseppe
Aste, Pompeo Conci, Giuseppe Gios e Josef Gramola (allora segretario comunale ed ex maresciallo della Gendarmeria) mobilitati dal
posto di raccolta di Raossi il 19 maggio 1915 e schierati al passo di Campogrosso il 23 maggio 1915. La compagnia fu ritirata al fortino
Matassone il 28 giugno (Wolfgang Joly – Standschützen – Universitätsverlag Wagner – Innsbruck 1998) .
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Esistevano due malghe Campogrosso una sulle pendici nord orientali della cima di Campogrosso (detta di Recoaro), la seconda in
territorio trentino oltre il passo della Regina e vicino a malga Fondi.
dovevano guardare a vista il passo di Campogrosso. Due compagnie erano in riserva presso la Casaretta con alcuni
plotoni distaccati verso i monti Cornetto e Baffelan, al posto di confine della Guardia di Finanza 3, a guardia degli
accessi in cresta sui due monti e sulle sellette tra le guglie rocciose. Tutta questa gente armata necessitava ripari contro i
tiri nemici. Nascevano così le prime trincee di Campogrosso, elementi corti e blindati secondo le regole del 1915 (per
blindatura s’intendeva una copertura in legno, sassi e terra e non in cemento armato) sfruttando gli abbondanti materiali
lignei delle zone boschive di Merendaore e Ramaise.
Non si sa oggi quanto fu portato a compimento di quel dispositivo difensivo. Il cenno all’attesa della buona stagione
per l’esecuzione dei lavori fa pensare alla loro relativa scarsità nel maggio 1915. In particolare la disposizione di gettare
fasce di reticolato continuo tra la Sisilla e il passo del Lupo rinforzandolo con ostacoli del tipo fogate, torpedini, buche
di lupo e trincee traditrici, non poteva essere messa in opera senza allarmare gli Austroungheresi, ancora per qualche
mese nostri alleati. Per questi motivi la memoria di gennaio rimase fondamentalmente uno studio di base sul quale
canovaccio iniziavano i lavori di rafforzamento della conca di Campogrosso a partire dall’estate del primo anno di
guerra.
Qualcosa però era stato progettato, forse anche realizzato, e qualcosa era stato rinviato all’atto della mobilitazione.
Nella zona di Campogrosso erano state tracciate: una trincea per un plotone (60 uomini) sotto la Sisilla, con fronte a
sud ovest verso il passo e le balze del Baffelan; a quota 1521, sotto cima Slavazzi ed est di Buse Scure, una trincea ad
U allargata, per un plotone, fronte a nord ovest, al passo di Campogrosso e al passo Buse Scure; il percorso del
reticolato tra la Sisilla e Buse Scure; a cima Slavazzi (q.1570) una grande trincea per due plotoni e una sezione
mitragliatrici (nel corso della guerra assumerà l’aspetto di una ridotta su tre parallele); a cima Postal una trincea per un
plotone con reticolato; a cima Campogrosso una trincea a U con fronte nord ovest, nord, nord est; a quota 1484
presso la caserma della Guardia di Finanza (l’odierno rifugio Giuriolo) una trincea per due plotoni fronte nord ovest e
sui rovesci di cima Campogrosso baracche per 300 uomini, deposito munizioni e viveri, bombe a mano. Altre strutture
viciniori venivano progettate a caposaldo e tra queste il monte Spitz di Staro, la contrada Gisbenti e S. Gertrude
(saranno i perni settentrionali delle futura linea strategica denominata di “destra Leogra”).
Il 1915 trascorse, rapido, nell’illusione collettiva di una rapida guerra di movimento inaugurata da una rapida
occupazione della Vallarsa e del massiccio del Pasubio. In quel tempo Campogrosso, come le contrade ed i paesi
vicini, era soprattutto luogo per esercitazioni e ristoro delle truppe avvicendate in prima linea. C’era da migliorare la
scarsa viabilità cui provvedevano i due Geni civile e militare; quest’ultimo soprattutto riattando mulattiere e
trasformandole in vie atte al trasporto delle artiglierie leggere (dette carrettabili).
Tuttavia fu il 1916 a mutare Campogrosso da pianoro di rilevanza strategica ad elemento tattico inserito nel
dispositivo di guerra dell’alta Vallarsa.
La poderosa spinta austriaca, iniziata travolgente il 15 maggio su tutti gli altipiani vicentini, si era arrestata ad un tiro
di fucile dal passo recoarese, spenta nel bagno di sangue di passo Buole di fine maggio. Mentre gli stanchi tirolesi e gli
imperiali ripiegavano sulle linee montane del Pasubio e dei Coni di Zugna e mentre gli italiani rioccupavano il fondo della
Vallarsa, i comandi del Regno d’Italia iniziarono a progettare una linea fortificata per il pianoro di Campogrosso: una
linea di resistenza ad oltranza, ovvero da difendere fino all’ultimo uomo!
Nell’imminenza dello scampato pericolo d’invasione della pianura vicentina, la I Armata ed il comando del V
Corpo avevano dato disposizioni per la creazione di linee difensive successive in grado di conferire una buona
profondità ai difensori, in grado di contenere una possibile ripresa dell’avanzata austriaca. Tali linee erano denominate
con terminologie tipiche dell’epoca: linee dei capisaldi, linea di massima resistenza o di resistenza ad oltranza o, più
semplicemente 2ª, 3ª, 4ª e talvolta 5ª linea difensiva. Tra queste assumevano gradualmente importanza le linee di
contenimento, una che dal Soglio dell’Incudine sul Pasubio tagliava il Pian delle Fugazze per saettare sulle impervie
creste dei monti Cornetto, Baffelan, Sisilla e Obante, la seconda che correva lungo il crinale che separava i bacini dei
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Il posto della Finanza, sotto il Baffelan, era una dependance della caserma dei Finanzieri situata dove oggi sorge il rifugio Giuriolo.
torrenti Agno e Leogra (detta di destra Leogra), l’ultima che attraversava la val Leogra partendo da Enna sino a
Civillina e che attraversava la valle dell’Agno sino ai monti Spitz di Recoaro, Anghebe per terminare sui rovesci a sud
ovest della conca di Recoaro, sopra la val del Chiampo.
L’attuazione di lavori di fortificazione campale necessitavano ovviamente di una buona viabilità per consentire
l’accesso dei mezzi e dei materiali necessari. Il 15 luglio 1916 4 la situazione strade era la seguente:
rotabili in funzione: Crespadoro – Ferrazza; S.Quirico – Fongara con alcuni tratti da sistemare ; Recoaro – Parlati;
Schio – Civillina; Magrè – Torrebelvicino; S.Caterina – Tretto – Novegno. Le mulattiere praticabili erano le seguenti:
Ferrazza – Campo d’Avanti; Ferrazza – Zovo; Storti - passo della Lora; Campogrosso – Pian delle Fugazze
(quest’ultima diventerà una rotabile nel 1917 denominata “strada del Re”); Staro – Campogrosso; Valli dei Signori
(odierna Valli del Pasubio) – colle Xomo (anch’essa diventerà rotabile nel 1917). In considerazione della scarsa forza
lavoro disponibile (450 operai con capocantiere anche borghesi) il comando della Prima armata, il 22 agosto 1916 5,
diramava l’ordine di proseguire la costruzione delle strade rotabili Santorso – Summano; Novale – passo Zovo;
Priabona – Monte di Malo; Castrazzano – Civillina. Si doveva invece sospendere il lavoro sui tracciati Recoaro –
Campogrosso; Campogrosso – Staro; Campogrosso – Aste; Posina – colle Xomo. In quel periodo il battaglione alpini
Monte Berico custodiva Campogrosso schierandosi a difesa della linea dei capisaldi 6 e mantenendo alcuni presidi sul
Baffelan e a Buse Scure.
Considerando inoltre l’andamento favorevole degli eventi bellici, i comandi italiani sospesero anche i lavori di
rafforzamento sulle linee più arretrate nel settembre del 1916 (per meglio dire, con termine militare suggestivo, avevano
prima lasciato i lavori “in sofferenza” ovvero spostando più uomini e mezzi possibili al fronte per poi sospenderli),
limitando le direzioni del Genio competenti alla produzione di progetti da attuare non appena i mezzi ed i materiali
fossero disponibili anche per le retrovie, e non soltanto per il fronte. Qualcosa era stato già costruito, magari senza
reticolati, ma soprattutto procedeva celere la costruzione delle strade di accesso ai luoghi citati.
Oltretutto alcune ispezioni militari alle linee, eseguite dal Comando d’Armata nell’autunno, evidenziavano
l’inadeguatezza di quanto costruito, sino a quel tempo utilizzando i rigidi sistemi proposti dagli schemi e dalle “librette”
d’istruzione per la fortificazione campale. Si rese pertanto necessaria una circolare firmata nientemeno che dal gen.
Pecori Giraldi, diramata a tutti i comandi subordinati, Genio compreso, che chiariva come costruire le linee di difesa.
Tale circolare, la 31118 G del 15.11.1916 7, conteneva interessanti osservazioni:
“ … le linee di difesa non debbono avere resistenza uniforme, ma essere costituite da una serie di capisaldi
reciprocamente fiancheggiatisi e collegati tra loro mediante una o più linee successive di trinceramenti (cortine)
che si appoggino reciprocamente col fuoco dall’indietro all’avanti. Tali successive linee sono a loro volta
collegate tra loro mediante trincee trasversali o mediante camminamenti sistemati, a tratti, a trincea attiva a
guisa da costituire nel complesso un sistema unico a compartimenti stagni …”
In tal modo s’introduceva il concetto della profondità nella linea di resistenza, ovvero di un sistema scaglionato dal
fronte all’indietro in cui il nemico poteva essere intrappolato con tiri incrociati, contrapponendolo alla minore efficacia di
una prima linea molto forte e blindata, ma facile da sconvolgere con le artiglierie. Ecco perché anche a Campogrosso
non si troveranno mai lunghe linee trincerate, ma brevi elementi di trincea alternati e collegati con camminamenti e
postazioni di mitragliatrici. Per tali motivi le linee successive al secondo anno di guerra non erano più solamente lunghi
serpenti di trincee continue, ma potevano essere raddoppiate o addirittura triplicate in sistemi non necessariamente
paralleli tra loro.
La Circolare d’Armata prevedeva anche un lungo elenco degli elementi necessari a caratterizzare questo tipo di
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C.do Genio I Armata direzione lavori 3ª zona di Schio – ufficio di Valdagno n. 374 del 15.7.16 al C.do Genio I Armata
C.do I Armata – n. 18089 del 22.8.16 al C.do Genio V corpo e Direzione lavori 3ª zona
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La linea dei capisaldi comprendeva alcune ridottine fronte a nord situate davanti a malga Pruste, a Monte di Mezzo e sul crinale tra
malga Fratte e monte Gang (posizione detta anche dell’Anticornetto e sovrastante il terreno tra Camposilvano e osteria alla Streva)
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C.do I Armata – n. 31118 del 15.11.16 a tutti i comandi subordinati con diramazione sino agli uffici di compagnia del Genio.
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linea campale. Si trattava di:
1 – reticolato: “… continuo attorno ai capisaldi, davanti ad ogni linea di trincea e lungo i camminamenti che
le collegano … costituito da due o più fasce (davanti ai capisaldi le fasce saranno sempre multiple) profonde
ciascuna da 4 a 5 metri e distanti da 5 a 10 metri l’una dall’altra … le fasce saranno collegate di tanto in tanto
da altre fasce a loro normali in modo da costituire come le maglie di una rete. “
2 – appostamenti per mitragliatrici (MG): “ … costruiti non tanto sulla linea delle trincee quanto sul davanti e
sul tergo di esse, in posizioni sottratte al tiro da lungi ed alla vista e dalle quali essi possano agire come organi
traditori (ovvero in grado di colpire alle spalle infiltrazioni nemiche. NdA) … per sottrarre le mitragliatrici alla
distruzione durante il bombardamento nemico e offrire al tempo stesso la possibilità di pronta entrata in azione
quando il nemico proceda all’attacco converrà costruire o veri e propri appostamenti in caverna oppure
ricoveri in caverna per il riparo delle mitragliatrici e dei serventi e parecchi appostamenti di tiro scoperto o
semplicemente coperti contro le schegge, nelle immediate vicinanze di quello in caverna …”
3 – Posti avanzati e posti d’ascolto: “ …piccole e complete organizzazioni a difesa di punti caratteristici del
terreno antistante alla linea di resistenza che occorre mantenere in possesso il più a lungo possibile …posti
d’ascolto sono piccoli trinceramenti per pochi uomini situati sul davanti ed a breve distanza dalla linea di
difesa, che devono essenzialmente servire a sventare gli attacchi di sorpresa dell’avversario …tutti e due
devono avere grande campo di vista, essere chiusi da reticolati e collegati con camminamenti alla linea
principale delle trincee.”
4 – Ricoveri: “ … da ricavarsi preferibilmente in caverna e nelle immediate vicinanze delle trincee …
numerosi e di capacità limitata (per una squadra – 10 uomini - o al massimo per uno – 50 uomini - o due plotoni
… quelli per i rincalzi e le riserve devono invece essere dislocati in posizioni più arretrate e sistemati in zone
defilate nelle anfrattuosità del terreno; avranno capacità non superiore ad una compagnia – 200 uomini… tutti
devono essere collegati con la linea delle trincee mediante camminamenti; quelli di maggiori capacità devono
avere almeno due uscite indipendenti …”
Giunti a questo punto è opportuno esaminare quale stato di efficacia avevano raggiunto le linee difensive
nell’autunno del 1916, epoca in cui la guerra si combatteva sul Carso.
Attaccheranno dalla Vallarsa oppure da Ponte Verde ?
Il 24 novembre 1916 8 la Seconda linea di resistenza della 1ª armata – zona terza di Vallarsa - era la seguente:
da monte Cornetto, ossia dalle sue pendici orientali, a malga Campogrosso (quella in territorio trentino. NdA) – dalle
cime Posta e Carega all’Obante, poi per il passo del Lupo (odierna Sella del Rotolon) al passo Buse Scure,
Campogrosso – monte Spitz di Staro – S. Gertrude – fondo Val Leogra – Costapiana – passo Xomo e Bocchetta
Campiglia.
La Terza linea di resistenza era tracciata provvisoriamente dal passo Pertica – Plische – passo della Lora –
Gazza – monte Rove – Storti – Santagiuliana – monte Cuccomoro – le Ariche – Zanetti – S. Carlo Rossalto – S.
Caterina – malga Pianeti sino a monte Cogolo. La Quarta linea di resistenza si delineava come una imponente X il
cui ramo lungo era definito “destra Leogra”. In trasversale partiva da cima Campodavanti per m. Anghebe – Spitz
Recoaro – fondo Val d’Agno – pendici di Civillina – passo della Camonda – passo Manfron – val Leogra – pendici est
di m. Enna. In longitudinale da passo Manfron continuava in cresta sino a Monte di Malo, Castelnuovo di Isola e giù
sino a Creazzo.
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C.do Genio I Armata – direzione lavori 3ª Zona – 24.11.17
Le linee, in alcuni tratti appena abbozzate, erano assemblate con tratti di trincea collegati con camminamenti alla
zona (posteriore) dei ricoveri o alla viabilità, fiancheggiate, dove opportuno, da appostamenti di mitragliatrici. Per tutte
le direttrici difensive i tipi di costruzione adottati erano abbastanza innovativi e poco graditi alla truppa: trincee scoperte
profonde in media sino a 2 metri con camminamento posteriore e banchina per tiratori larghe 1.10 – 1.20 m,
completamente scavate nel terreno eseguendo a riporto soltanto un minimo parapetto di venti centimetri (in alcuni tratti il
parapetto era stato eseguito in rilievo con grossezza di 3 metri). Il mancato ricorso a coperture e blindature delle linee,
dovuto a mancanza di urgenza per la lontananza del nemico aggiunta a carenza di mezzi e tempo disponibile si rivelerà
provvidenziale, come vedremo in seguito.
La preveggenza della Prima Armata si fondava sull’esperienza dell’attacco austriaco sugli altipiani. In effetti “ … si
è data la preferenza alle trincee scoperte per le seguenti considerazioni: si prestano per l’impiego efficace del
fucile permettendo ai soldati di sparare con spostamenti laterali sino a 30 gradi, permettono il lancio delle
bombe a mano, per la loro profondità consentono sufficiente protezione durante il tiro d’Artiglieria ai soldati
che non possono trovare posto nei ricoveri, dopo il bombardamento d’Artiglieria presentano in generale
maggior efficienza delle trincee blindate, la cui copertura sconvolta e sfasciata riempie gran parte del vano
della trincea. Inoltre risultano meno appariscenti e si adattano meglio al terreno.
Richiedono, è vero, maggior sangue freddo da parte dei tiratori, che all’atto dello sparo risultano esposti
colla testa, ma è possibile ottenere un sufficiente riparo impiegando al momento dl bisogno dei sacchetti pieni
di terra a guisa di bonetti …
Diverso il caso delle postazioni di mitragliatrici: “… protetti con blindamenti, atti a resistere alle schegge di
granate e ai colpi di piccolo calibro, costituiti da travi di ferro a contatto alti da 18 a 20 centimetri oppure a
doppio ordine di rotaie o di fusti di legno con sovrastante strato di terra grosso circa un metro, e con feritoie
orizzontali disposte in modo da permettere il tiro in varie direzioni; dove è stato possibile tali appostamenti
sono stati ricavati in caverna. Lungo le trincee scoperte ed in special modo ai salienti, sono state ricavate
piazzole per installarvi occorrendo delle mitragliatrici …”
I reticolati gettati a difesa erano quasi tutti costruiti con paletti di legno o di ferro ed intreccio di filo liscio o spinato.
Le fasce adottate erano doppie spesse 5 metri e distanti tra loro 10-15 metri. Ad intervalli di 100-150 metri erano
lasciati alcuni passaggi con andamento tortuoso per uscire dalla zona dei reticolati in caso di contrattacco. I ricoveri
erano numerosi e per pochi soldati pur non mancando in qualche settore ricoveri in caverna per 200-300 persone. La
loro larghezza era possibilmente di 2,5-3 metri per consentire un piccolo passaggio pur con i soldati in posizione
sdraiata a terra.
Tali modelli di fortificazione campale rimasero identici anche negli anni successivi costituendo così il modello delle
nuove strutture costruite sulle linee in esame, soprattutto in quelle della conca di Campogrosso che verranno
completamente rifatte sostituendo i pochi elementi presenti dal 1915.
I lavori autunnali di rafforzamento e i provvedimenti per la viabilità continuarono con lentezza sulle seconde e sulle
terze linee difensive citate, mentre furono sospesi quelli sulla Quarta direttrice strategica in attesa di tempi migliori e
“cessata l’urgente necessità”. Evidentemente gli austriaci facevano meno paura che a giugno.
In merito alla “destra Leogra” il Genio di corpo d’armata comunicava i seguenti dati, commentando l’ordine della
sospensione dei lavori di settembre:
“In adempimento ai recenti ordini i lavori in questa linea saranno lasciati in sofferenza per poter
provvedere col personale a rinforzare le squadre di operai della seconda e terza linea, ciò che è già stato
effettuato con molta difficoltà, poiché gli operai si adattano malvolentieri a trasferirsi in località di alta
montagna e preferiscono il licenziarsi dal lavoro … all’atto della sospensione del lavoro la linea di trovava
nelle seguenti condizioni:
I Tratto = da Cima di Campo d’Avanti allo sbocco di valle Manfron in val Leogra le trincee erano tutte
scavate, meno una interruzione di circa 1200 m fra m. Anghebe e m. Rasta, in parte erano rivestite e portate a
compimento specialmente nel tronco a traverso la Valle dell’Agno fra le pendici di cima Bocche e il passo della
Camonda. In gran parte scavati e parzialmente rivestiti i camminamenti: iniziato lo scavo di alcuni ricoveri …
nel tratto in discorso era stato costruita una fascia di reticolati quasi continua larga circa 6 metri nel tratto
attraverso la val dell’Agno. In uno sperone del monte Scandolara in posizione arretrata rispetto al centro della
linea, erano stati iniziati e condotti a buon punto gli scavi per una batteria in caverna …
… Appostamenti per artiglierie: in posizione dominante a Cima Campo d’Avanti si trovano appostamenti per
una batteria da 149 G. Questi appostamenti del tipo in barbetta sono accompagnati da costruzioni accessorie:
camminamenti d’accesso, galleria di ricovero, riservette per munizioni, baracche per alloggi. La detta posizione
è stata effettivamente occupata nel luglio u. s. da una batteria del 6º Artiglieria da Fortezza.
I lavori che furono sospesi, quando la detta batteria fu trasferita al fronte, non sono completi, specialmente
quelli della galleria di ricovero e delle riservette per munizioni.
Sono molto avanzati i notevoli lavori di costruzione di un appostamento in caverna per due cannoni da 149 A
sulle pendici del monte Scandolara alla altezza della Nogara. I lavori completati comprendono una strada di
accesso (larga 2 metri) e la galleria di accesso in pianta ad S. È stato iniziato lo scavo della camera per i
cannoni. I lavori di scavo in galleria incontrano qualche difficoltà per la natura friabile della roccia.”
Per la custodia dei lavori eseguiti erano stati interessati alcuni cantonieri scelti tra proprietari e contadini dei fondi
occupati dalle opere in costruzione.
Nel novembre 1916 l’Ufficio strade del Genio militare (zona Terza), che provvedeva alla manutenzione delle
mulattiere situate sul rovescio delle linee citate (le strade ordinarie anche quelle militari erano state assegnate alla
Direzione del Genio Civile d’Armata), dava il seguente resoconto sulla viabilità ancora di propria competenza:
a)
strada Novale – passo Zovo aperta per tutto il suo sviluppo, con larghezza costante di 5 metri, ultimata con
esecuzione in atto della compressione e di qualche lavoro di rifinitura; la comunicazione, una mulattiera larga
in media 2,5 metri all’inizio della guerra, fu sistemata a partire dal 16 giugno 1916 9;
b)
strada San Quirico – Fongara: completamente sistemata nel tratto sino alla Montagna Spaccata; ultimi
allargamenti in atto nel tratto sino a Fanfara compresa la costruzione di tre ponti in muratura;
c)
strada Novale – Cappellazzi o di sinistra Agno: iniziato l’allargamento della parte esistente; eseguiti gli scavi
del nuovo tronco da allacciare alla strada d’accesso di monte Civillina costruita da Genio Civile. Lavori da
ultimare entro il mese di Novembre.
d)
Completamento strada Recoaro – Campogrosso: (i lavori della rotabile erano ripresi dopo un iniziale ordine
di arresto lavori, dato in agosto e poi rettificato) in corso l’allargamento e la sistemazione delle pendenze tra
Recoaro e Frizzi; in corso la sistemazione definitiva del tratto Frizzi – la Guardia e la costruzione della parte
nuova tra la Guardia e Campogrosso da ultimare in Gennaio 1917;
e)
Prolungamento della strada sui rovesci del Cornetto e Baffelan: come mulattiera adatta ai traino delle
artiglierie; lavori in via di esecuzione;
f)
Costruzione della rotabile Storti – malga Campo Brun: tronco Storti – Parlati in esecuzione; tronco Parlati –
Gazza affidato all’impresa Dall’Osteria, pronto per febbraio 1917; ultimo tratto in progetto per la primavera;
g)
Miglioramento mulattiera tra Recoaro (fonte Franco) e cima Le Some: per poter trainare artiglierie su carrelli;
lavori da ultimare per gennaio 1917;
h)
Costruzione mulattiera analoga tra passo dei Branchi e La Bocchetta: iniziata in novembre ultimata gennaio
1917;
i)
Strada Priabona – Monte di Malo: sviluppo metri 9000; ultimata in manutenzione dell’Ufficio strade.
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C.do Genio III armata - sez. staccata lavori - Valdagno, n. 108 del 16.6.16 al c.do Genio III armata – Cervignano; capo uff. maggiore
Couture (questa sezione staccata sarà poi aggregata alla I armata ed al c.do Genio del V corpo diretto dal col. d’Havet).
Il 20 dicembre 1916 10 entrava nella mischia delle discussioni sui lavori campali anche il Capo Supremo
dell’esercito, gen. Cadorna, con una delle sue tante, perentorie, raccomandazioni. Il generalissimo aveva osservato, in
generale, che molte trincee possedevano coperture del tutto inadatte a resistere ai bombardamenti delle artiglieria
austriache. Il risultato finale era il crollo delle coperture a danno degli eventuali occupanti se presenti in trincea o, male
minore, l’intasamento delle trincee con detriti di vario genere.
Il “consiglio” era palese e scontato; bisognava evitare le coperture alle trincee ed i blindamenti di vario tipo
ricordando che “così avevano fatto coraggiosamente anche gli avversari”. Le trincee senza copertura blindata, in
effetti come già sottolineato dalla Prima Armata, esponevano molto di più i fucilieri al tiro nemico. Ci si riparava infatti
con miseri parapetti di venti centimetri e con “bonetti” (muretti piramidali accatastati) di sacchi pieni di terra. In
compenso era più facile tirare “e ricevere” le bombe a mano.
L’inverno del 1916, ricco di freddo e di neve, rallentò e fermò i lavori sulle linee e sulle strade militari, (l’11
dicembre 1916 si segnalarono 4 metri di neve alla località La Guarda ed a Campogrosso dove numerose valanghe
avevano prodotto dissesti stradali sul nuovo tracciato) 11 tanto che, come vedremo, il carteggio militare riprenderà
progetti e lavori in febbraio 1917. Nel frattempo il V corpo d’armata, responsabile delle linee difensive citate, cambiava
comandante accogliendo il gen. Capello 12, più celebre per la parte avuta nella batosta di Caporetto, quando
comandava la Seconda Armata schierata tra Plezzo e Tolmino e poi travolta dalle truppe austrogermaniche nell’ottobre
del 1917.
Il 6 febbraio 1917, Capello 13 diramava ordine di ulteriore sospensione dei lavori sulle linee arretrate (terze linee
difensive) e sulla linea strategica (Civillina e destra Leogra) raccomandando però la loro progettazione al dettaglio per
consentire una rapida ripresa dei lavori all’occorrenza. Nella sua circolare 875 del V Corpo tuttavia affermava:
“… non appena la stagione lo consentirà continuare i lavori per la sistemazione definitiva di Campogrosso
e della linea caposaldo di Cicchelleri – contrada Gisbenti – Campogrosso…”.
Era la definitiva consacrazione dell’importanza tattica di Campogrosso e delle cime vicine.
Nello stesso mese lo Stato maggiore della Prima Armata 14 ribadiva il concetto rimarcando “ … occorre non solo
completare al più presto il collegamento tra il caposaldo Cichelleri – m. Alba e la contrada Gisbenti, ma è
necessario altresì compiere il congiungimento già iniziato di quest’ultima località con la sistemazione difensiva
della regione Campogrosso, essenzialmente per poter proteggere e coprire l’importantissimo arroccamento:
Valli dei Signori – Staro – Recoaro ...”
In ragione di tali sollecitazioni riprendeva anche la necessità di progettare la definitiva sistemazione delle linee di
copertura strategica. Il maggiore gen. Maglietta 15, capo ufficio del Comando Genio della Prima Armata – zona III,
inoltrava i preventivi necessari 16 per la sistemazione definitiva delle linee strategiche Enna – Campo d’Avanti e “destra
Leogra” e per la ripresa dei lavori in quelle sedi, qualora fossero stati ordinati. Nel documento si precisavano i tempi
medi di lavoro di un operaio militarizzato: in un mese di lavoro (30 giornate lavorative) un singolo lavoratore stendeva
40 m di reticolato largo 5 m; ovvero portava a compimento 10 m di trincea profonda 2.20 m e larga 1.10 con banchina
e camminamento posteriore rivestendola in legname o con graticci sostenuti da telai di legno posti a distanza di 65 cm
10
Comando Supremo Rep.Op. Uff. Tecnico circ. 14932 del 20.12.16 a tutti i comandi d’Armata.
Fonogramma 117 dell’11.12.1916 da ufficio strade di Recoaro a C.do Genio I armata, Direzione lavori 3ª zona - Schio
12
Luigi Capello nato ad Intra nel 1859; nel 1915 comandante prima del II Corpo e poi del XXII e del V tra il 1916 ed il 1917. Nel giugno
del 1917 promosso comandante della II Armata sul fronte isontino otteneva la Gran Croce dell’Ordine Militare di Savoia per la presa
della Bainsizza. Poco dopo fu messo sotto inchiesta e collocato a riposo in seguito allo sfondamento nemico di Caporetto. Nell’aprile
del 1927 fu condannato a 30 anni di reclusione per un presunto complotto, ordito assieme al magg. Zaniboni, contro la persona del
Duce, Benito Mussolini.
13
C.do V corpo n. 875 del 6.2.17 ai c.di del Genio e divisionali (div. 27-32-44).
14
C.do I Armata n. 7143 del 11.2.17 al Comando Supremo in risposta a quesiti inviati con foglio 16176 R. del 1.2.17.
15
Luigi Pollari Maglietta nato a Modena nel 1863, comandante Genio del V Corpo e poi delle Armate III – IV – VI, Maggior Generale nel
1915 e Ten. Generale nel 1918, fu autore di un testo fondamentale intitolato “Gli insegnamenti della Grande Guerra”.
16
C.do Genio I Armata dir. Lavori 3ª Zona preventivi dell’11.2.17 e del 24.4.17.
11
tra loro; ci volevano 20 operai ed un mese di lavoro per un ricovero truppa largo 2,5 m e lungo 21 m.
I lavori già portati a termine erano i seguenti:
tratto Campo d’Avanti – Anghebe – Ronchi: fronte di 4,5 Km con 1 Km di trincea completata e 2 ricoveri – stesi 2 km
di reticolato;
tratto m. Felison – Spitz: linea di fronte di 4,5 Km con 250 m di trincea e 2 ricoveri, nessun reticolato;
tratto Peserico – Nogara: fronte di 4 Km – 3,7 Km di trincee e 1 Km di reticolato, 2 ricoveri;
tratto Fracassi – Civillina, fronte di 3,6 Km: trincee completate con 1 Km di reticolato, 2 ricoveri;
tratto Manfron fronte 2,5 Km: 750 m di trincea con 1 Km di reticolato e 2 ricoveri;
tratto Torrebelvicino – Pieve – Magrè – S.Vito – Malo – Mercante – Isola – Castelnuovo – Costabissara – Monteviale
– Creazzo: fronte di 52 Km; scavati 20,8 Km di trincea con 22 ricoveri e circa 20 Km di reticolato.
Pertanto Maglietta richiedeva le seguenti dotazioni allo scopo di completare l’estensione della linea: 71.400 rotoli di
filo spinato, 214.000 paletti, 73.500 telai da trincea, 238.000 rivestimenti, 1105 operai per i reticolati, 13640 per 682
ricoveri e 4030 per le trincee.
Uno sforzo imponente che sarà parzialmente completato soltanto nel 1918. In generale lo stato di conservazione
delle opere già fatte era buono anche se le trincee ed i camminamenti che non erano stati ricoperti, prima della
sospensione dei lavori del 1916, risultavano completamente interrati e quindi erano praticamente da rifare al completo.
Se Maglietta avesse potuto disporre delle dotazioni richieste la linea avrebbe potuto essere operativa in un mese di
lavoro dall’inizio dei lavori.
Il progetto del Genio prevedeva, su tutte le linee trincerate di competenza l’adozione delle trincee scoperte
profonde m 2,20 e larghe m 1,10 con banchina per tiratori e camminamento posteriore. Il parapetto eseguito a riporto
era alto i canonici venti cm. Tutte le trincee erano munite di robuste traverse a lunetta o “a greca” lunghe superiormente
almeno 4 m e distanti tra loro da 5 ad 8 metri. I rivestimenti erano di graticcio o legname in telai o, dove conveniente,
fatti con muro a secco. Il progetto entrava anche in dettaglio sul numero degli attrezzi necessari all’opera calcolando
necessari:
per 100 operai addetti al reticolato 20 pinze tagliabili, 15 mazze battipalo, 25 martelli a granchio, 20 tenaglie, 5 seghe e
10 mannaresi;
per 100 operai addetti alla costruzione delle trincee o dei ricoveri: 40 badili, 40 gravine, 10 mazze da pietrame, 24
pistoletti, 12 mazze da pistoletti, 12 nettamine, 15 pali a leva, 5 seghe, 5 piccozze, 10 piccozzini, 10 martelli a granchio,
5 martelli da muratore, 5 mannaresi;
il tutto rinforzato da 30 gruppi perforatori con dotazione di 300 fioretti da perforazione.
Diversi erano i problemi che interessavano i reparti operativi. La conca di Campogrosso, in effetti, data anche la
difficoltà di eseguire lavori in condizione d’innevamento, era rimasta nelle stesse condizioni dell’autunno del 1916.
Un ispezione del Capo di Stato maggiore dell’Esercito in persona, in Vallarsa e sul Pasubio ma pure a
Campogrosso ed a monte Civillina, verificava tutta l’inadeguatezza dei lavori ultimati ed ordinava perentoriamente con
lettera “riservatissima” al comando della I Armata del 14 aprile 1917 e (a voce direttamente sui posti visitati) al
comandante del Genio del V corpo, gen. D’Havet 17, il progetto della sistemazione difensiva della dorsale tra le valli
Leogra e Agno. L’ispezione del gen. Cadorna prendeva anche atto che, ad Aprile, la strada per Campogrosso non era
ancora stata terminata (percorribile con automezzi solo il tratto Recoaro–osteria La Guarda) e che questo, pertanto,
non permetteva lo schieramento di artiglieria pesante (si pensava ad una batteria da 305). Ripensando alle titubanze del
comando di Corpo, inoltre, dava disposizioni per rinforzare la seconda linea d’arresto dei “capisaldi” (utilissima in caso
di offensiva nemica partente dal fondo della Vallarsa). Questa linea doveva essere composta di elementi di trincea
17
Marchese Giuseppe d’Havet nato nel 1861, entrava in guerra come colonnello del Genio al comando del 2º regg. Zappatori e poi al V
Corpo. Nel 1917 fu promosso magg. Generale. Diede il nome alla galleria che inizia la strada di arroccamento al Pasubio, costruita nel
dopoguerra e detta “degli Eroi”.
singoli e scaglionati in modo da fiancheggiarsi a vicenda nelle valli Sinello e Trenche e doveva appoggiarsi a sinistra a
Monte di Mezzo ed a destra giungere sino a monte Gang (il toponimo indicava la quota 1326, ovvero l’estremo gruppo
roccioso della catena del Sengio Alto sopra le malghe Cornetto e Morbi). Anche Cadorna, in fondo come il collega
avversario Conrad, considerava Campogrosso il punto più vulnerabile del sistema difensivo italiano.
Il generalissimo evidenziava come le difese sulle alte cime Posta e Carega fossero solamente un ammasso di grovigli
di trincee prive di significato difensivo ed indicava la nuova situazione strategica da attuarsi a difesa della valli Rivolto,
Agno e Leogra:
1)
la linea principale si doveva staccare da Campogrosso e correre sulla dorsale tra Agno e Leogra sino quasi
Vicenza (Creazzo) con il fronte rivolto a nord.
2)
una seconda linea doveva intersecare ad X la prima a monte Civillina saldandosi a nord a monte Enna, al
Novegno ed al monte Cengio, continuando a sud per cima Bocchese, monte Falcone e Campodavanti.
In cinque giorni il comando Genio del V Corpo rimetteva a posto il progetto del definitivo assetto per la “destra
Leogra”, intesa come tutta la linea strategica delle dorsali tra Agno e Leogra, era inoltrato al comando del Genio della
Prima armata (gen. Maglietta) il 19 aprile 1917 18. “ … La difesa arretrata di Campogrosso da svolgersi a
cavaliere del passo dovrebbe essere limitata a pochi appostamenti in caverna per mitragliatrici e piccole
artiglierie da tenersi per quanto possibile in cresta ed alle quali accedere dal rovescio …”
Nel documento, in pratica, si tendeva a confermare lavori già portati avanti negli anni precedenti osservando come
un eventuale sviluppo in profondità fosse praticabile a sinistra verso i roccioni dell’Obante e meno a destra dove la linea
correva in cresta sulle guglie del Baffelan. Questo rendeva necessario il potenziamento della linea più avanzata di
Campogrosso nel suo settore destro, ovvero dal Cornetto alla Sisilla poiché dietro la cresta montuosa non c’erano
spazi per costruire altre trincee d’appoggio e di contenimento. Il progetto entrava anche nel merito dell’organizzazione
del forte caposaldo di Civillina, già sede di una batteria da fortezza, da prima della guerra, ed ora adibito a perno della
linea di resistenza ad oltranza, nonché importante stazione di smistamento per segnalazioni ottiche d’artiglieria 19.
“… La posizione di monte Civillina che si eleva notevolmente sulle alture circostanti e le di cui pendici
superiori sono assolutamente impervie dovrebbe essere organizzato sulla sommità con pochissime postazioni
per fucileria per sbarrare i tratti del terreno percorribile e per la difesa vicina dell’armamento d’artiglieria.
La ristrettezza dello spazio della cresta del Civillina non permetterebbe di collocarvi numerose bocche da
fuoco in barbetta perché gli appostamenti risultando ravvicinati rappresenterebbero bersaglio vulnerabilissimo.
Occorrerà invece studiare bene la costruzione di caverne per fiancheggiare ai lati tutta la linea e per tenere
sotto fuoco il m. Cengio 20 che dovrebbe considerarsi come un elemento avanzato da occuparsi con un limitato
numero di fucili e di mitragliatrici sufficienti per contrastarne sicuramente il possesso … “
Nel maggio del 1917 il comando del V corpo d’Armata inoltrava una circolare alla 55ª divisione 21
commissionando uno studio per la difesa delle retrovie della Vallarsa. “… la difesa del passo di Campogrosso deve
farsi presso a poco sulla linea che congiunge le ultime propaggini del Sengio Sisilla con le rocce che dalle
giogaie dell’Obante scoscendono sul passo Buse Scure. Questa linea lunga circa 2 Km deve occuparsi con un
ostacolo continuo, con tracciato spezzato e dove possibile defilato, battuto con scarsi elementi di trincea e
soprattutto con mitragliatrici che ne infilino i vari tratti. Deve essere potentemente fiancheggiata dai due lati
con appostamenti nelle rocce che la limitano dalle due parti a guisa di quinte.
18
C.do Genio V corpo n. 962 del 19.4.17 al c.do Genio I Armata.
Schizzo - AUSSME B1 f.268e. Civillina era dotato di una stazione ottica per artiglieria con apparato Faini. All’inizio della guerra il
monte ospitava la 502ª batteria da fortezza su 4 pezzi da 149 G assieme alle compagnie E.P. da Fortezza n. 2 e n. 3 del 6º regg. Art.
Fortezza. Il 20.11.1915 la polveriera della batteria era saltata in aria per cause imprecisate.
20
Da non confondere con il più celebre monte Cengio sopra la val Canaglia al limite dell’altopiano di Asiago.
21
C.do V corpo n. 2726 Op. dell’8.5.17 al c.do della 55ª div.
19
Sull’indietro del passo sorgono cocuzzoli isolati. Questi vanno occupati in cresta e debbono dare tiri obliqui
di mitragliatrici ed anche di cannoni sul terreno di accesso ed anche sul rovescio della linea antistante … lo
scorso anno vennero costruiti nella regione in oggetto trinceramenti e reticolati, ma data la natura dei lavori
stessi e lo stato in cui si troveranno allo sparire delle nevi non si deve fare su di essi calcolo che per quei tratti
che saranno utilizzabili perché rispondenti ai nostri concetti.” 8 maggio 1917, firmato gen. Gaetano Zoppi 22.
Lo storiografo attento di cose militari viene immediatamente colpito da un dubbio, un’impressione fugace di una
qualche non identità di vedute. Innanzitutto bisogna premettere che il V Corpo d’Armata non era più comandato dal
gen. Luigi Capello. Era tornato di nuovo sotto le direttive del generale Zoppi, quello che lo aveva “guidato”, per dirla
benevolmente, durante il tempo dell’offensiva austriaca di maggio – giugno 1916. E se il generale Capello aveva dato
priorità ai lavori sulla linea di contenimento a destra di Campogrosso, temendo la discesa degli austriaci dal Pasubio in
val Leogra (un timore assai giustificato dal punto di vista tattico), così il vecchio generale Zoppi tornava a fare di testa
sua, nonostante il recente “avviso” del capo di Stato maggiore, Cadorna.
Il problema di Zoppi era soprattutto quello di credere possibile una seconda discesa austriaca in Vallarsa, cosa che
nemmeno i più ottimisti tra i generali asburgici credevano attuabile, con attacco diretto da Camposilvano al passo di
Campogrosso.
In altre parole, da un punto di vista strategico, era sicuramente più pericolosa una calata austriaca su Schio portata
avanti con uno sfondamento sulla vetta del Pasubio e oltre la val Posina e, di fatto, assumeva maggiore importanza
militare la linea della “destra Leogra” piuttosto che la piccola linea Obante – Cornetto. Il generale Zoppi tuttavia non era
dello stesso parere o, meglio, era del parere (forse diffuso anche nei Comandi superiori) che bisognava fortificare tutto il
fattibile, a Campogrosso come sul Leogra e sull’Agno. Probabilmente Zoppi era ancora scosso dall’esperienza negativa
causata dall’assenza di linee difensive arretrate, organizzate e forti, nel maggio 1916.
Purtroppo presso la I Armata non abbondavano operai e mezzi. E pertanto si riprese l’attività di fortificazione della
conca di Campogrosso, lasciando i lavori sulla “destra Leogra” a tempi più opportuni (tale linea sarà comunque cardine
del piano di eventuale ripiegamento dell’Esercito sull’asse Mincio – Po dopo Caporetto, quando la fiducia nel buon
esito della guerra sembrava venire meno anche nei comandi superiori).
Il comando della 55ª divisione (gen. Ghersi) 23 prontamente inoltrava una dettagliata relazione sullo stato delle linee
di Campogrosso il 17 maggio 1917 24. Fortissima ed impervia era la linea di cresta dei monti Cornetto e Baffelan che
poi scendeva sulla conca di Campogrosso che “ … è già protetta dall’andamento stesso della linea che in quel
punto forma un sensibile rientrante e di più si presta assai bene ad organizzare la difesa in profondità su diversi
scaglioni, con ottimi appostamenti per batterie …” per terminare sulle balze dell’Obante e sul tratto ovest sino al
Castelliero. La relazione Ghersi dava l’esatto stato dei lavori portati a termine sino alla primavera del 1917:
“ … sulla linea sommariamente descritta esistono già lavori che possono essere utilizzati e cioè: due tratti
di trincea blindata su cima Postal e quota 1570 (cima Slavazzi NdA) con alcune postazioni per mitragliatrici in
caverna, in corso di esecuzione; un tratto di trincea coperta sopra il costone roccioso del Sengio Sisilla;
caverna per due pezzi da campagna immediatamente a nord di quota 1782 del monte Baffelan; pure caverne
22
Gaetano Zoppi, nato a Chiavari nel 1850; nel 1914 aveva comandato l’Arma dei Carabinieri (CC.RR.). Entrava in guerra come
comandante del XIII Corpo per passare di lì a poco al V Corpo degli Altipiani. Nonostante le non eccezionali prove di comando (fu uno
dei pochi generali a non fare carriera in guerra rimanendo a comandare corpi d’Armata sino al momento della pensione) non fu mai sotto
inchiesta. Nel 1916 fu spostato al comando del corpo provvisorio detto “Z”, caso unico e derivato dall’iniziale del suo cognome, poi
ribattezzato XXII per passare infine al VI Corpo. Per un breve periodo comandò il CTA (C.do Truppe Altopiano) ad Asiago. Nel 1918 fu
collocato in congedo per limiti di età per poi essere richiamato in qualità di presidente della Commissione avanzamento di carriera
presso il Comando Supremo; a quel tempo fu finalmente promosso a generale d’Armata.
23
Giovanni Ghersi, nato a Forlì nel 1861, Maggior generale comandante la brigata Aosta nel 1915, otteneva la medaglia d’argento al
valore per l’azione del Fajti Hrib (dosso Fajti). Nel 1917 fu al comando della 55ª div. In Vallarsa e più avanti del VII Corpo. Nel 1918
promosso Ten. Generale comandò il V Corpo del quale aveva fatto parte come divisionale.
24
C.do 55ª div. N. 1430 del 17.5.17 al c.do V corpo.
per due pezzi da campagna alla quota 1129 di m. Castelliero …”
I lavori proposti dal Ghersi risultavano da uno schizzo allegato alla relazione. Il loro sviluppo era decisamente
limitato rispetto all’aspetto che assumerà la linea di difesa nei pressi di Campogrosso nel corso dell’anno. A decisi
arroccamenti dei tratti monte Gang – anti Cornetto e sperone del Baffelan corrispondevano: una singola linea, a
spezzoni di trincea, dalla Sisilla al passo del Lupo, appoggiata da qualche postazione di mitragliatrice e dalle due
ridottine di cima Postal e Slavazzi. Per l’occupazione si ritenevano sufficienti, alla bisogna, una brigata di sei battaglioni
di fanteria appoggiata da 5 batterie da campagna e 2 someggiate.
Sulla linea disegnata sommariamente “… le trincee che in massima seguono cresta o pieghe di terreno ben
marcate dovrebbero essere ricavate a gradino, senza alcuna copertura o feritoia, ma con sacchetti a terra, già
ripieni e preparati lungo la banchina, da collocarsi sul ciglio del fuoco a guisa di bonetti. Le postazioni per
mitragliatrici ricavate con lo stesso sistema o in caverna …”
Due relazioni del V corpo d’armata, purtroppo non datate 25, illuminano sullo stato dei lavori durante il periodo
primavera - estate 1917. In seguito alle disposizioni del Comando Supremo la nuova denominazione delle linee
difensive (poteva ritenersi quella definitiva) era la seguente:
la zona principale di resistenza in regione Vallarsa – Pasubio constava di una
a) prima linea di resistenza a nord di Campogrosso a sul piano delle Fugazze,
b) di una seconda linea di resistenza tra l’Obante e monte Cichelleri (comprendeva le vecchie 2ª e 3ª linea di
resistenza) e
c) di una linea strategica da monte Rove al Civillina che si saldava alla “destra Leogra” (ovvero la vecchia 4ª
linea di resistenza).
Sulla seconda linea “ … le opere difensive furono predisposte a tenaglia in modo che mantenute le ali
fortemente saldate ai capisaldi di monte Obante, Campogrosso e monte Cichelleri possa, il corpo che le
presidia, piombare dall’alto sui fianchi dell’avversario puntante verso il centro della zona ed altrettanto
liberamente possa, il difensore, manovrare per il contrattacco … le condizioni di facile percorribilità, in quasi
tutte le direzioni, del terreno anteposto alla linea hanno influito sulla decisione di adottare una linea continua di
trincee 26 che pur nello stesso sviluppo ha anche la mira di consentire il maggior spiegamento di forze contro il
nemico …”.
La nuova linea di Campogrosso doveva tecnicamente essere diversa da quella abbozzata nel 1915 e nel 1916,
contrariamente alle opinione della 55ª divisione propensa ad utilizzare i lavori già in corso d’opera, una linea ad imbuto
aperto che scendeva dalla Sisilla sul passo di Campogrosso avvicinandosi alla caserma della Finanza, riprendeva al
rifugio Schio tenendosi in cresta sino a Buse Scure ed al passo del Lupo :
“ … i lavori di questo tratto sono stati appena iniziati e non saranno portati a compimento perché verranno
sostituiti da altri organi di difesa che appartengono ad una nuova linea strategica. D’altronde in questo tratto
le iniziate opere esistenti saranno sostituite da altre organizzazioni difensive basate su concetti diversi da quelli
che dettarono le prime.
Attualmente le trincee sono a semplice ordine, scavate solo alla profondità di m 1,10, fiancheggiatesi
vicendevolmente, e costituiscono cortine tra i capisaldi di quota 1570 – passo del Lupo – cima Campogrosso.
Lungo il tratto predescritto vi sono 4 postazioni di Mitragliatrici in caverna, appena iniziate (n. 32 al 34) e n. 13
ricoveri in caverna (dal 38 al 50) dei quali solo quelli segnati coi n. 39-40-41-42-44-45-46 hanno raggiunto una
tale profondità da ritenersi idonei allo scopo. Sono capaci di contenere 370 uomini …”
25
Molti dati di questa relazione sono tratti dall’ottimo “Le Piccole Dolomiti nella Guerra 1915-1918” degli autori Claudio Gattera,
Marcello Maltauro e Tiziano Bertè, ed. Rossato, Valdagno 2000 ovvero dai fondi d’archivio dell’ISCAG (Istituto Storico e di Cultura
dell’Arma del Genio a Roma) cart.1; 33/11; 496/1; 503/1,2,3; 505/1,5; 507/1,2; 508/5; 511/3; 514/2; 527/1,3; 528/2; 529/2; 530/3; 537/3;
539/1,2,3,4; 582/3,4,6; 586/4,5,6; 601/3; 603/2,3; 605/1,2; 607/2.
26
Sembrerebbe quasi una giustificazione per il fatto di aver mantenuto i dispositivi tattici del 1915. NdA.
Erano appena 2400 m di trincea con 500 m di reticolato, assai poco se si pensa che il troncone tra Campogrosso e lo
Spitz di Staro già possedeva 4 Km di trincea, 450 m di camminamenti e 5 Km di reticolati; ancora meglio organizzata la
linea che dallo Spitz scendeva a Gisbenti.
Il fatto di una migliore organizzazione delle postazioni difensive che stavano a sud est della Sisilla non destava
stupore analizzando la vicinanza del nemico sul Pasubio ed al conseguente pericolo d’irruzione in alta val Leogra. Il 21
maggio 1917, oltretutto, dopo alcuni mesi di calma assoluta in quota, ad ovest di cima Palon, la vetta del Pasubio,
pattuglie d'assalto austriache, dopo un intenso bombardamento diventato violento alle 22.45 del 20 notte, avevano
attaccato le linee del Panettone (detta Collina delle Caverne). Due compagnie del 65º regg. Della brigata Valtellina
furono sorprese e scacciate dalla posizione.
Già a mezzanotte però si riorganizzò un contrattacco italiano grazie ad unità del 65º, al II/158º btg. della Liguria ed
agli alpini del Morbegno. Alle 0.40 la lotta divenne generale con fuoco di fucileria e mitragliatrici su tutto il fronte del
Pasubio ed all'una di notte gli austriaci si ritirarono dalle posizioni precariamente occupate. L’azione descritta allarmava
ancor più chi temeva una ripresa delle operazioni offensive austroungariche e la loro discesa in val Leogra.
La relazione del Genio evidenziava anche la difficoltà di operare in condizioni di ancora insufficiente viabilità
militare. Campogrosso, all’epoca non era ancora servito dalla camionabile che da Recoaro portava alla cima. La strada
rotabile terminava infatti alla Guardia, località situata poco sopra malga Rao, stazione intermedia della teleferica
Recoaro – Campogrosso. Dalla Guardia o Guarda si dipartivano due mulattiere, la prima diretta passava da quota
1140 a quota 1457 sfiorando la caserma dei Finanzieri e poi biforcandosi in alto, verso malga Campogrosso, in due
tronconi diretti uno alla Casaretta ed a Ramaise, il secondo alla Sisilla ed al passo Baffelan (su questo tratto nascerà la
rotabile Campogrosso – Pian delle Fugazze); la seconda mulattiera, poco più di un sentiero,portava dalla Guardia alla
malga Campogrosso costeggiando ad est la cima di Campogrosso; una terza mulattiera infine partiva da Merendaore e
saliva al passo Buse Scure dove c’era una malga omonima, oggi in rovina.
Ritornava d’attualità la linea strategica d’armata, ovvero il secondo sbarramento della valle dell’Agno. I lavori che
l’avevano caratterizzata sino all’epoca erano prossimi ancor più alla fase progettuale che all’utilizzo pratico. Il tratto
Rove – Anghebe in pratica non aveva nulla di veramente organizzato. C’era qualche trincea con fronte ad est sullo Spitz
di Recoaro e alcuni scavi, completati per due terzi, tra lo Spitz e il Falison. Il fondovalle era sbarrato da 2 Km di
reticolato dalla contrada Consolana al torrente Agno, disposto su un unico ordine. Ai Bonomini un appostamento
blindato per mitragliatrici dominava la strada Recoaro – Valdagno, fiancheggiato da altri 6 appostamenti per la stessa
arma.
Dall’Agno la linea saliva a nord verso i Fracassi, sede di un ricovero per 60 uomini, con elementi di trincea
successivi a scaglioni per poi raggiungere Civillina dove le trincee assumevano l’aspetto di una linea continua e dove
erano iniziati gli scavi per altri tre ricoveri. Qui le trincee stesse erano in gran parte pronte, rivestite con telai e tavolette
di legno (salvo che nel tratto più elevato dove erano rivestite da materiali di circostanza, o muri a secco). I reticolati
erano gettati solo nel tratto inferiore del troncone di linea. Le difese campali da Civillina al passo di Manfron erano
ancora in progetto.
La definitiva sistemazione difensiva della Conca di Campogrosso
Giunsero i primi giorni dell’ottobre del 1917. A tre mesi dalla sfortunata impresa dell’Ortigara e due settimane
prima dello scatenarsi del violento attacco di Caporetto, il Comando supremo emanava le sue direttive tattiche alla
Prima armata 27, il cui compito decisivo era quello di impedire al nemico lo sbocco in pianura qualora attaccata. La
27
Comando Supremo Uff. Op. Direttive della I Armata del 8.10.17.
difesa sulla linea avanzata andava portata strenuamente, ma non ad oltranza, poiché era possibile un ordine tattico di
ripiegamento sulle linee retrostanti.
Non era dunque strettamente necessario rinforzare le linee avanzate con grandi lavori campali. Le difese delle linee
posteriori, ovvero delle linee principali di sbarramento, dovevano invece essere portate sino allo stremo; ovvero “sino
all’ultimo uomo”.
Il V corpo d’armata aveva i seguenti compiti: “ deve sbarrare la Vallarsa e tenere all’estremo di ogni possa
umana la linea Obante – Buse Scure – Campogrosso – Cornetto Pasubio e la barriera montana di riva destra
del Posina … Nella dannata ipotesi della perdita del Pasubio la linea Cornetto – Baffelan – Campogrosso –
Gisbenti – m. Alba, sussidiata dalla Soglio dell’Incudine – Cornetto e da quella d’incistamento del Pasubio
permetterebbe un’incrollabile resistenza …”
In caso di ritirata italiana dalla conca sei fornelli di mina erano pronti a brillare per bloccare la strada Recoaro
Campogrosso, all’uscita dalla seconda galleria. Si caricavano in sette ore e potevano essere fatti esplodere due ore
dopo l’arrivo dell’ordine pertinente (il responsabile delle cariche era il ten. Marsigliani alloggiato a Sega), per dare il
tempo necessario all’evacuazione delle truppe 28.
Una relazione del comando del V corpo d’armata del 21 ottobre 1917 29 illustrava lo stato dei lavori sulla linea.
Purtroppo i gravi eventi di Caporetto distolsero l’attenzione dei comandi superiori (anche se la Prima armata non verrà
scossa più di tanto dall’ondata nemica in arrivo al Grappa ed al Piave). In quella relazione si dava per ultimata e fuori
discussione la linea di cresta tra Obante e Cornetto comprendendo nella dizione le trincee di appoggio situate nella
conca di Campogrosso. Lo stato avanzato dei lavori suggeriva, inoltre, alcuni completamenti da compiere nel periodo
invernale. Si richiedevano infine pareri tecnici su un nuovo progetto che, essenzialmente, aveva come obiettivi:
raddoppiare la linea di Campogrosso con un secondo livello avanzato sul margine tattico detto delle malghe
(Campogrosso trentina, Fondi e Pra di Mezzo) raccordato allo sperone roccioso del passo del Baffelan. Questo
sistema avanzato era fiancheggiato dalla caponiera 30 dell’Anticornetto e poteva essere rinforzato con la
costruzione di una seconda caponiera sullo sperone antistante il m. Baffelan;
raddoppiare al linea antistante il Pian delle Fugazze;
formare una linea di tre forti capisaldi da porsi davanti, sul dosso di malga Frate, alle Pruste ed a Monte di
Mezzo, strutture in realtà già ultimate che erano soltanto da consolidare e collegare tra loro con camminamenti e
reticolati. In particolare il caposaldo di Monte di Mezzo doveva essere collegato alla linea retrostante da un lungo
camminamento passivo (ovvero sfruttando coperture naturali) sul fondo della valle Sinello.
Lo sbarramento di artiglieria che difendeva il settore di linea poteva utilizzare sia le postazioni incavernate sul
Cornetto e sul Baffelan, sia batterie a tiro rapido da schierare a malga Campogrosso di Recoaro, a malga Buse Scure e
a Monte di Mezzo. In tal modo un attacco austriaco da Camposilvano si sarebbe infranto contro tre successive linee
fiancheggiatisi a vicenda, una difesa talmente profonda, quasi una “trappola” che non avrebbe lasciato scampo agli
attaccanti.
Alla nuova proposta rispondeva il gen. Ghersi, della 55ª divisione, preoccupato di non esporre troppi soldati al
fuoco nemico nel caso fossero stati schierati su numerose linee, alcune delle quali ritenute inutili. Il comando divisionale
negava la propria disponibilità al progetto adducendo anche la difficoltà dell’operare con lavori di rafforzamento durante
il periodo invernale. Sembra tuttavia che il comando superiore non fosse dello stesso avviso. Il V corpo, infatti, dava
precise disposizioni allo scopo di continuare con i lavori progettati, investendo direttamente il proprio comando del
Genio. Pertanto, il 2 novembre, il capitano Ettore Gilberti ed il ten. Alberto Civieri inoltravano ai superiori il verbale di
28
AUSSME B1 f. 259a C.do I Armata Specchio delle interruzioni stradali.
C.do V corpo n. 4827 del 21.10.17 ai c.di Genio, Artiglieria e 55ª divisione.
30
Caponiera: opera fortificata addizionale delle fortezze destinata al fiancheggiamento del fossato e collegata alla fortezza principale da
passaggi nascosti o in galleria. In artiglieria divenne sinonimo di postazione fortificata, spesso incavernata.
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consegna della linea “pendici m. Obante – Campogrosso – Baffelan” 31.
Da tale verbale risultava che la linea definitiva correva su un terreno di circa 4 Km che partiva dalle falde orientali
del monte Obante, a sud ovest di passo del Lupo, difendeva i roccioni del S. Marco, scendeva a passo Buse Scure per
poi proseguire al Termine alto ed al passo della Regina - passo di Campogrosso per saldarsi al Sengio della Sisilla. Di lì
la linea continuava sulle balze ovest delle Ofre seguendo la linea topografica dei 1600 metri per poi salire a nord sino al
passo delle Gane e scendere al passo Baffelan. In questo passo di cresta c’era il raccordo con il sistema difensivo del
Cornetto e con la linea di difesa strategica diretta a passo Xon e sbarramento Gisbenti – colle Xomo.
“… in corrispondenza dei passi Regina e Campogrosso la linea acquista maggior profondità con tre ordini
di reticolati ed è sussidiata da tre ridotti costruiti alle quote Slavazzi – Postal e Campogrosso. Il ridotto di
Campogrosso è collegato con una linea di difesa alle pendici orientali del Sengio Sisilla, allo scopo di evitare
che un eventuale sfondamento al centro (passo della Regina) permetta al nemico di prendere alle spalle la linea
strategica e conseguentemente il Pian delle Fugazze. Tutti i reticolati sono battuti d’infilata dalle molteplici
postazioni di mitragliatrici e nei punti più importanti da postazioni per tiratori …”
Le difese comprendevano complessivamente, tra ridotte e linee, 14 Km di reticolato, 45 postazioni per mitragliatrici
in caverna, 110 postazioni mitragliatrici in barbetta, 5 appostamenti metallici per mitragliatrici (tre in corrispondenza del
passo di Campogrosso e due sul ridotto della cima Campogrosso), 75 posti per tiratori e 35 ricoveri oltre alle caverne.
Il reticolato era profondo due metri e mezzo 32, doppio su tutta la linea, a compartimenti stagni, su tre ordini davanti ai
passi Regina e Campogrosso (in qualche punto su quattro ordini). Alle falde sud della Sisilla erano stati costruiti quattro
ricoveri in caverna lunghi 14 metri e larghi 4,5 m per il comando di settore, per i rincalzi e le riserve (di capacità circa
400 uomini). I ricoveri in caverna e roccia sparsi sul territorio avevano uno sviluppo complessivo di 900 m con sezioni
medie di circa 1,70 x 2,00.
Gli accessi erano garantiti dalla nuova camionabile Recoaro – Campogrosso e da una larga mulattiera che si
staccava da uno degli ultimi tornanti della strada per aggirare cima Postal, Slavazzi e giungere ai passi Buse Scure e
Lupo dopo un’ora di cammino. La linea non era direttamente servita da telefoni campali ma a Campogrosso esisteva un
centralino telefonico in contatto con Recoaro, Valdagno, Piano di Vallarsa, albergo Dolomiti e S. Antonio. Il servizio
d’acqua era garantito grazie ad un bottino di presa situato a circa 500 m da Campogrosso nell’omonima valle vicino alla
camionabile. Lungo la strada esistevano numerose fontanelle alimentate dal bottino citato.
Per l’artiglieria furono costruite due piazzole per obici da 305 mm ad ovest della caserma della Finanza (odierno
Rifugio) con relativi ricoveri, riservette e strade d’accesso. La batteria aveva come obiettivo il Corno Battisti. Inoltre
furono costruite quattro postazioni per cannoni da 149 mm tra il Postal e Slavazzi in corrispondenza della strada di
arroccamento (obiettivo m. Corno) e quattro postazioni per cannoni da 120 F sulle propaggini nord est di cima
Campogrosso, con campo di tiro su colle Xomo. Sull’altopiano si trovavano poi 20 baracche smontabili capaci in tutto
di alloggiare 800 soldati e un deposito esplosivi situato in uno dei ricoveri per i cannoni da 305 a sud di cima Postal.
L’11 novembre 1917 33 anche la linea avanzata dei capisaldi, tra il monte Gang e Monte di Mezzo, era del tutto
pronta per l’uso. Per dicembre sarebbero state stese le strutture poligonali di reticolato che circondavano postazioni di
mitragliatrice e che erano da queste completamente difese. Due compagnie del Genio erano al lavoro per stendere i
reticolati sul secondo elemento di linea difensiva, tra le Giare Bianche ed i roccioni ad ovest del passo del Lupo. La
linea vantava alcuni elementi di trincea fiancheggiati da postazioni di mitragliatrici in grado di battere lateralmente i
reticolati. La costruzione del reticolato era stata fatta con cavalli di Frisia e gabbioni ancorati al suolo, ma non piantati, in
modo da poterli spostare verso l’alto in caso di nevicate. Il Genio proponeva, inoltre (in barba alle considerazioni
31
C.do Genio V corpo Dir. Lavori 3ª zona – Verbale di consegna della linea pendici m. Obante – Campogrosso - Baffelan
Si noti il variare della profondità del reticolato da 5-6 metri a 2.5 m. Ciò era dovuto ad un mutamento nelle opinioni tattiche poiché un
reticolato meno profondo e su più ordini ostacolava maggiormente il nemico ed impediva, in caso di bombardamento, la formazione di
grovigli accastatati d’impaccio anche per i difensori.
33
C.do Genio V corpo n. 2778 del 10.11.17 risposta al fonogramma a mano del 9.11.17 ricevuto al V corpo d’Armata il 11.11.17
32
negative del generale Ghersi), una terza parallela difensiva da realizzarsi tra Ofre 34 ed i cocuzzoli antistanti i passi di
Campogrosso e della Regina, prevedendo 10 giorni di lavoro per una compagnia del 76º battaglione Genio (il 69º era
tutto impiegato sulla linea dei capisaldi). Quest’ultima ipotesi, tuttavia, probabilmente non fu autorizzata.
Il 27 dicembre 1917 una relazione ricognitiva del ten. Prato ragguagliava il comando della 55ª divisione sullo stato
delle linee. Il tratto Pian delle Fugazze – Cornetto – Anticornetto si trovava in ottimo stato costruito com’era da due
linee stese a mezza costa, una sopra l’altra, avvolgendo l’Anticornetto come una ridotta e collegandosi alla sua
caponiera. Il tratto Cornetto – Baffelan, in cresta, era rafforzato da numerosi appostamenti per mitragliatrici in caverna e
feritoie per fucilieri in grado di difendere una fascia di reticolato profonda tra 5 e 10 metri. In ottimo stato era anche il
collegamento tra il Baffelan e cima Ofre.
Dal passo di Campogrosso sino quasi al passo di Buse Scure la linea era difesa da cinque ordini di reticolati
strutturati a rete (a comparti stagni); da Buse Scure alle pendici dell’Obante gli ordini erano due. Gli appostamenti per
mitragliatrice, quasi tutti in caverna, erano 15 dai roccioni del S. Marco sino al passo del Lupo ed altri 16 di lì sino
all’Obante. Tra il passo Baffelan ed i roccioni di S. Marco si contavano ben 95 appostamenti per mitragliatrici. In effetti
poi erano state costruite:
a)
una linea di profondità tra il passo del Lupo, il roccione della malga Prà di Mezzo sino al passo delle Giare
Bianche con due trincee per 80 tiratori difese da 20 appostamenti per mitraglieri;
b)
una linea di difesa - fronte est tra la Sisilla, dietro malga Campogrosso con flessione davanti alla cima
Campogrosso difesa da 21 postazioni mitraglieri ed un ordine di reticolato steso a zig-zag e profondo 4
metri; due ricoveri blindati potevano qui ospitare due compagnie di soldati;
c)
una linea di raccordo alla “destra Leogra” tra il Baffelan, la tezza Simon sino in valle Serraiera difesa da 20
postazioni di mitragliatrici di cui 7 in caverna.
In tal modo la linea di difesa ad oltranza di Campogrosso assumeva il suo assetto definitivo preparandosi al nuovo
anno che stava per arrivare, l’ultimo anno della Grande Guerra.
Nel 1918 i lavori della zona di Campogrosso ed in tutta la linea di difesa ad oltranza proseguirono, senza grandi
variazioni, sul tracciato ormai definitivo della linea. La riattazione delle opere dopo il consueto periodo invernale
impegnò i genieri per tutta la primavera. Come complementi alla linea furono costruite piazzole di vario tipo per poter
eventualmente accogliere le nuove armi ormai in dotazione a tutte le unità di fanteria: lanciagranate, cannoncini di
piccolissimo calibro, bombarde ecc. Interessante un documento del febbraio 1918 35 in cui il corpo d’armata
autorizzava la costruzione di ricoveri per custodire bombole di gas. La provvigione era stata fatta in base ad uno studio
dal quale emergevano condizioni di vento favorevole agli italiani in corrispondenza del passo Buse Scure. Furono
costruiti due grandi ricoveri in caverna, uno, il principale, per 400 bombole a gas in corrispondenza della fine della
camionabile Recoaro – Campogrosso ed uno per 200 bombole a Buse Scure. Previsti anche 11 ricoveri di emissione
da costruirsi immediatamente dietro ai reticolati che partivano dalle falde dell’Obante e raggiungevano lo sperone nord
ovest della Sisilla:
34
35
Il toponimo odierno cima Ofre o le Ofre era al tempo definito (storpiato?) in Giofre o addirittura Joffre.
C.do V corpo n. 2066 Op. Riservatissimo ai comandi subordinati ed alla Compagnia speciale lanciagas X.
“ … verranno costruiti parte in roccia, parte in iscavo ed alternati con le postazioni di mitragliatrici in
caverna ed in barbetta e serviti dalla mulattiera che passando dietro cima Postal giunge coperta al passo di
Buse Scure e del Lupo. Per quei ricoveri che si presentassero in condizioni di accesso difficili o in terreno
scoperto , verranno costruiti camminamenti profondi di raccordo …”
Con gli aggressivi chimici Campogrosso era definitivamente diventato un fortino quasi inespugnabile.
Valutazione delle infrastrutture di accesso ai beni.
Le aree individuate con potenzialità di intervento di recupero e valorizzazione ai fini turistico-culturali sono facilmente
accessibili attraverso la viabilità principale esistente nelle Valli dell’Agno e del Chiampo. L’area di Campogrosso sede
dei più importanti manufatti è raggiungibile con autocorriera sia dal versante vicentino che dal versante trentino. Così
come le aree della Gazza e del Passo delle Lora può essere raggiunta dalle autocorriere fino al rifugio “La Gazza”.
L’area di Civillina è invece raggiungibile agevolmente solo con automezzi fino all’omonimo Passo per poi proseguire
eventualmente con mezzi fuoristrada fino alla Cima.
Tutte le altre zone sia della Valle del Chiampo che dell’Agno, sono servite da una vasta rete viabile minore.
Ipotesi progettuali per la valorizzazione.
Le aree descritte si prestano ad essere inserite in un circuito del tipo “Museo diffuso”. Infatti nelle due aree di
Campogrosso e Gazza esistono alcuni sentieri storici già oggetto di intervento di recupero negli ultimi anni. La presenza
del centro termale di Recoaro permetterebbe un valido punto di partenza per la utilizzazione turistica dei futuri interventi
“museali” anche nelle zone contermini, (es. Pasubio, Val Leogra).
Riferimenti bibliografici.
- Storia del Battaglione Alpini Vicenza (F. Brunello - 1985)
- Staria del Battaglione Alpini Monteberico (AA.VV. - 1926)
- Storia di Recoaro (G. Trivelli - 1991)
- Storia di Crespadoro (R. Mecenero - 1979)
- Anello storico di Campogrosso (B. Magrin - 1996)
- la Gazza (B. Magrin -1997)
- La Guerra sulle Piccole Dolomiti (C. Gattera, M. Maltauro, Bertè - 2000)