ragazze, fate steM
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16/02/2015 Pag.285 Elle - N.3 - Marzo 2015 (diffusione:100000) ragazze,fate steM Ovvero iscrivetevi alle facoltà di Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica, come recita l’acronimo inglese. Perché in Italia bisogna arrestare il trend negativo delle laureate. E contrastare i pregiudizi d i a s s u n ta s a r L O S i dati della Commissione europea, se il trend non si inverte, si registrerà un deficit di 900 mila posizioni nel mondo dell’information technology. Quanto basta per dire: ragazze fatevi sotto, fatevi ispirare da donne come Fabiola Gianotti, italiana, fisica, tra le scopritrici del Bosone di Higgs, prima donna a dirigere il Cern di Ginevra, o da Maryam Mirzakhani, iraniana, prima donna a vincere la medaglia Fields (equivalente del Nobel della matematica), lei che sognava di fare la scrittrice e, pare, abbia avuto a scuola qualche difficoltà proprio a far di conto. Da dove nasce questa che sembra addirittura, in alcuni settori, una retromarcia delle donne? Negli Stati Uniti per esempio, dove, ricorda Roberta Cocco, National Plan Development Western Europe Director di Microsoft, le donne che si qualificavano in Scienze informatiche erano il 37 per cento nel 1985, e solo il 15 per cento nel 2010. Prima ancora però occorre ascoltare l’opinione della neuroscienziata della Sissa di Trieste Raffaella Rumiati: «Sono molto critica nei confronti delle ricerche che pensano di spiegare le differenze tra donne e uomini guardando al cervello. Diversi studi e osservazioni suggeriscono come le differenze, per esempio alle prove matematiche, dipendano da fattori come il tipo di società, di programmi educativi e in genere dal livello di uguaglianza tra i generi di un Paese». La copertina di Time dedicata a Sandra Savaglio, astrofisica, ex cervello in fuga, ora rientrata all’Università della Calabria. O LY C O M i comincia dai banchi di scuola con l’esserci di meno (primo esempio: poche ragazze alle Olimpiadi di matematica e c’è lo zampino di chi seleziona i partecipanti) e dunque a crederci di meno («Non mi piace, non sono portata, non fa per me»). D’altra parte, intorno, c’è gente che, più o meno apertamente, lo dice: la matematica, quella seria, non è roba per ragazze. E via così: le donne non capiscono di tecnologie e vogliamo parlare di scienza? E poi fare l’ingegnere non sarà certo un mestiere da donne... Acqua passata? Solo in parte. I tempi cambiano, ma si fa fatica a farsi largo tra ostacoli culturali e a darsi fiducia, a cominciare dalla scelta di cosa studiare. Sintesi: le discipline STEM (acronimo che sta per Sciences, Technology, Engineering, Mathematics) vedono una minore presenza di donne, ed è profondamente questione italiana (massima presenza nelle facoltà umanistiche e legate all’educazione, fino all’88,6 per cento, mentre a Ingegneria si arriva al 23,5 per cento) ma anche internazionale. Se parliamo di ricerca accademica, si vede benissimo l’esito: sul totale dei docenti di Matematica nell’università nostrana solo il 5,1 per cento è costituito da donne al vertice della carriera (5 per cento a Ingegneria industriale, 7 per cento a Fisica) mentre il 23,5 per cento di uomini sono ordinari. Per non dire dei piccolissimi numeri femminili al top delle associazioni scientifiche del settore. «Le donne per arrivare dove arrivano gli uomini devono avere motivazioni forti, lavorare il doppio, fare i salti mortali con la gestione della famiglia e spesso non basta», commenta dall’università di Torino la matematica Livia Maria Giacardi. «Talvolta ancora devono liberarsi loro stesse da pregiudizi». Un circolo vizioso, sottolineano Francesca Zajczyk, Barbara Borlini e Francesca Crosta in La sfida delle giovani donne (FrancoAngeli): la carenza di modelli femminili all’interno del settore scientifico-tecnologico alimenta lo stereotipo secondo cui le donne sarebbero “inadeguate e inadatte”. Eppure bastano un paio di dati per capire di che futuro parliamo: entro il 2015 le competenze tecnologiche saranno necessarie per il 95 per cento delle posizioni lavorative e, nel 2020 in Europa, secondo E l l e M a r z o 2 0 1 5 283 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato elle inchiesta 16/02/2015 Pag.285 Elle - N.3 - Marzo 2015 (diffusione:100000) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato elle inchiesta TaTIana rIzzanTE: «LE TECnoLoGIE Sono UGUaLITarIE» studi tecnici e scientifici». Perché? «Perché c’è una visione sbagliata di questi studi. In realtà, tutto ciò che è creativo comporta l’utilizzo delle nuove tecnologie. In futuro non si potrà raggiungere un ruolo di responsabilità senza una conoscenza tecnologica. Quindi, se non aumentano le percentuali di iscrizioni a certi corsi di laurea la situazione delle donne ai vertici non potrà che peggiorare». Ci sono molte donne da voi? «Stiamo sul classico 30 per cento, un po’ sopra la media dell’università». Che cosa si può fare per migliorare la situazione? «È una questione di cambiamento culturale, di formazione e informazione. I media possono contribuire smettendo di sottolineare le differenze». Quali sono le caratteristiche che cerca nei componenti del suo team? «Innanzitutto, la formazione di base. ilruolodeigiochi(edeivideogiochi) I dati vanno letti alla luce di altri parametri e bisogna stare alla larga da quella che la scienziata australiana Cordelia Fine chiama “neurosessismo”. Una delle ultime ricerche - il lavoro di un team delle università di Trieste e Bologna coordinato da Maria Chiara Passolunghi e pubblicato sulla rivista Learning and Individual Differences - ha chiarito come lo stereotipo che vuole i maschi più portati per la matematica sia presente a livello implicito tra le bambine e le adolescenti italiane e influisca negativamente sulla fiducia in se stesse, orientandone le scelte. Identiche conclusioni arrivano da Pisa, il programma per la valutazione internazionale degli allievi, come dall’American Association of University Women: le ragazze scontano un deficit di fiducia nelle proprie abilità in un mondo che percepisce maschile il campo della matematica e della scienza. Colpevoli, in parte, anche i sistemi educativi: la Commissione pari opportunità dell’Unione matematica italiana ha chiesto ai docenti Per entrare in reply bisogna essere “standard”, ossia avere una laurea conseguita in certe facoltà e con voti elevati». Ha mai ricevuto un trattamento diverso in quanto donna? «Talvolta sì. In positivo all’università, quando essendo una decina di ragazze su migliaia di maschi, venivo notata di più. In negativo, c’è tanta parte del mondo in cui gli uomini si domandano perché parlare con una donna». A lei è capitato? «Che in una riunione di lavoro qualcuno si rivolgesse all’uomo accanto, invece che a me? Certo». Come si reagisce in questi casi? «Qualche volta abbozzi, altre no: dipende dal contesto, da chi hai davanti. E soprattutto, dipende dall’obiettivo che ti stai ponendo. alla fine conta il risultato, in modo molto pragmatico». P.C. come vengono scelti gli studenti che dovranno partecipare alle Olimpiadi di matematica. Le categorie più utilizzate rimandano per lo più allo stereotipo dell’intelligenza innata: i ragazzi sono giudicati eccellenti in quanto portati o intuitivi, mentre le ragazze possono essere brave perché si applicano molto. Contano persino i giochi, sottolinea Anna Maria Cherubini, un’altra matematica, docente all’Università del Salento, che con Giacardi sta nel comitato Pari opportunità dell’Umi. «Una delle spiegazioni è legata all’avvento di giochi tutti rivolti ai maschi. Ai corsi di Computer Science nei college negli Stati Uniti i docenti davano per scontato che tutti avessero competenze di quel tipo e dunque le ragazze erano svantaggiate. Stessa questione, i videogiochi che sviluppano un certo tipo di competenze geometriche, spaziali, e sono fortemente orientati verso i maschi». Dunque bisogna andare all’inizio del processo educativo per rovesciare il pregiudizio. Roberta Cocco in- Eccellenze femminili nella Fisica, fra gli astri e nella ricerca Da sinistra. La prima astronauta italiana, Samantha Cristoforetti; Elena Cattaneo, laureata in Farmacia, senatrice, docente e studiosa di malattie neurodegenerative; Fabiola Gianotti, fisica, guida il Cern di Ginevra; Lucia Votano, fisica, direttrice dei laboratori dell’Infn al Gran Sasso. 284 E l l e Mar zo2015 CR O ly EC DO I TmO. g E T T y I m a g E s , C O n T R a s T O Tatiana rizzante, 44 anni, è Ceo di reply, «una società di persone», come la descrive lei, leader in Italia ed Europa nella tecnologia informatica. Laureata in Ingegneria informatica al Politecnico di Torino, sposata e madre di una figlia, rizzante è entrata nell’azienda fondata nel 1996 dal padre Mario, presidente del gruppo. Il mondo delle alte tecnologie è ancora molto maschile? «È ancora un mondo con prevalenza maschile in termini di numeri, ma non penso affatto che sia un mondo da uomini in sé, anzi. Il contesto delle tecnologie è nella sua essenza egalitario perché alla fine quello che fa la differenza è il know-how. Eppure le donne scelgono ancora raramente gli 16/02/2015 Pag.285 Elle - N.3 - Marzo 2015 (diffusione:100000) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato elle inchiesta Italiane di talento tra calcoli, formule chimiche e robot A destra. Maria Cannata, direttrice del Debito Pubblico al ministero dell’Economia e Finanze; Catia Bastioli, ad di Novamont e presidente di Terna; Cecilia Laschi, insegna Biorobotica e coordina il progetto europeo Octopus; Elisabetta Strickland, docente e vice presidente dell’Istituto Nazionale di Alta Matematica. siste: «Le competenze tecnologiche sono sempre più necessarie e trasversali a ogni professione. La scuola e l’università si devono adeguare, mettere mano ai contenuti e ai percorsi. C’è stata una fortissima spinta negli anni passati verso il mondo della comunicazione. Ora servono altre competenze. Dunque sì al rapporto con l’impresa privata per capire le esigenze di un mondo del lavoro, sì a donne che facciano da modello, che mostrino che il mondo delle tecnologie non è quel pianeta duro e ostile com’era un tempo». E sì anche a progetti che guardino ai talenti scientifici delle ragazze: ce ne sono diversi, dalla Nuvola Rosa di Microsoft a quello, messo in campo in questi mesi, dal Politecnico di Milano insieme all’Associazione Italiana Donne Ingegneri e Architetti dall’emblematico titolo Le ragazze possono. Stesse indicazioni arrivano dal Boston Consulting Group che, in partnership con il Women’s Forum for the Economy, si è posto la domanda di cosa sia possibile in un decennio per ridurre il gender gap nell’istruzione, nel lavoro e nel campo della salute. Qualcosa si muove, però, ed è prezioso. Anche nel forte calo di iscrizioni all’università italiana, gli ultimi anni hanno registrato numeri in crescita per alcune facoltà scientifiche. Al Politecnico di Milano, per esempio, nel 2014 le ragazze che hanno scelto Ingegneria sono state quasi 2.800, con un aumento dell’8,1 per cento rispetto all’anno precedente. Anche i dati Ocse confermano, anche se le donne che poi proseguono nelle carriere scientifiche sono di meno rispetto agli uomini (43 per cento le prime, 71 per cento i secondi). «Non si può rispondere alle esigenze di un mondo complesso con un’unica modalità di pensiero», ragiona Roberta Cocco, citando il mondo della progettazione delle app. Forse bisogna porsi anche una questione etica: più donne nella ricerca potrebbero influenzare il futuro di innovazioni scientifiche che - basti pensare all’Ingegneria genetica - fanno sorgere importanti domande etiche e riguardano la vita di tutti? La risposta per ora non c’è, ma è importante chiederselo. Assunta Sarlo «Una questione fondamentale per noi e per me personalmente». Dal suo ufficio di Ginevra dell’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (Itu) di cui è Chief of Strategic Planning, Doreen Bogdan-Martin ricorda quando a programmare i primi, enormi computer erano appunto giovani donne. «oggi il rapporto di chi studia Informatica è 80 a 20 per i maschi, mentre alla fine degli anni ’70 era pari. Pochissime poi raggiungono posizioni di leadership. Solo il 6 per cento dei Ceo nelle prime 100 società tech sono donne, solo il 10 per cento dei ministeri delle telecomunicazioni è guidato da donne». Qualcosa dunque è andato storto. «C’è un grande problema di percezione. Spesso genitori e insegnanti dissuadono dal proseguire in questi studi perché ricordano che all’università chi studiava 286 E l l e Mar zo2015 Informatica passava il tempo a scrivere noiosissimi codici. Mancano modelli di ruolo femminili, nel mondo del lavoro si registrano ostacoli nell’assunzione e di promozione delle donne ai livelli più alti. Insomma, un circolo vizioso e le ragazze sono portate a non scegliere percorsi di studio e lavori in cui sono poche». L’attrice Geena Davis è diventata l’inviata speciale dell’Itu con il motto If she can see it, she can be it perché, dice Bogdan-Martin, «crede profondamente all’effetto degli stereotipi sulle scelte e lavora con noi perché questo messaggio arrivi ai governi, ai media, all’industria». Itu ha lanciato nel 2010 una giornata dedicata alle ragazze il quarto giovedì di ogni aprile: finora oltre 100 mila - «tra cui le mie figlie», dice Bogdan-Martin vi hanno partecipato in 140 Paesi. C’è un portale che mette a disposizione risorse, profili femminili cui ispirarsi, quasi 200 borse di studio. «Come agenzia guardiamo a questo tema sia dal punto di vista dell’accesso alle tecnologie (le donne arrivano in rete in minor numero e più lentamente, si stima siano 200 milioni in meno degli uomini nel mondo), sia dal punto di vista occupazionale. Secondo una stima di Intel, se si portassero 600 milioni di donne online il Pil globale crescerebbe tra i 13 e i 18 miliardi di dollari. E poi il lavoro: in Europa tra gli sviluppatori solo il 9 per cento è donna. Perché non dovrebbero creare loro stesse i propri contenuti? Vogliamo un mondo in cui le ragazze abbiano libertà di scelta. La tecnologia può aiutarle veramente a fare la differenza, qualunque lavoro a.S. scelgano». contrasto «Un CIrCoLo VIzIoSo Da InTErroMPErE»