Ferite – Le più belle storie da Tropea

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Ferite – Le più belle storie da Tropea
Ferite - Giulia
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Ferite - Giulia
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Ferite - Francesca
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Ferite - Francesca
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Ferite - Francesca
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Ferite - Alessandra
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Ferite - Giulia
di Royal.95, Theana, Cri&Fede, FelAll
Spero che Dio sia femmina e gliela faccia pagare a quel porco. Sorridere a un ragazzo, ballare con lui,
bere assieme: messaggi di simpatia, voglia di amicizia - - - nient’altro. Un bravo ragazzo, gente per
bene. Che faccio ora? Lo dico ai miei? Vado a denunciarlo o vado in ospedale? Ma io sto bene, non
sono sconvolta, non sento dolore. Ho solo tanta rabbia con me stessa. Non dovevo vestirmi come fa
Giusy, truccarmi, fumare - - - e poi il Rainbow, lo dicono tutti che circola droga.
E’ tutta colpa mia, diranno che ero d’accordo, che sono sballata, una prostituta da bollare per sempre.
Alessandro come la prenderà? Non gli ho detto della discoteca, non mi avrebbe dato il permesso, è
cosi geloso e possessivo.
Tacere, tenermi tutto dentro. Così devo fare! Parino è un paese troppo arretrato, nessuno capirebbe,
sarei condannata da tutti e lui, miserabile porco, figlio di papà la farebbe franca, con i soldi si compra
tutto!
Se potessi tornare indietro. Mi basterebbero solo poche ore e qualche minuto e il sole tornerebbe
luminoso, il cielo azzurro, la vita una splendida avventura appena incominciata.
Mi sono imbottigliata in un tubo di cemento: il buio mi divora, l’aria mi manca, non sono padrona di
me stessa, ho perso il controllo della mia vita. I miei sogni – - - dove sono andati a finire i miei
stramaledetti sogni: una donna sicura, intraprendente, libera da paure e pregiudizi.
Dopo essere arrivata a questo punto, mi chiedo, servirà ribellarmi e denunciare? Lui, si, con i soldi
potrebbe farla franca ma io almeno riuscirei a ritrovare la mia libertà senza avere più addosso il peso
di quello che all'apparenza era un bravo ragazzo ma che poi è diventato il mio tormento e dalla cui
ossessione non riesco a liberarmi. E se denunciare dovesse non servire a niente? Che ne sarà di me?
Mi ridurrò a stare chiusa in casa per paura di uscire e vedere lui davanti. Tutto questo non è giusto,
ma io non so cosa fare, non so come comportarmi. Erano solamente dei messaggi innocenti e qualche
chiamata, ma poi i messaggi sono diventati sempre più invadenti e le chiamate più insistenti. Ed io
non riesco ad uscire da questo baratro. Devo liberarmi da questo peso, andrò contro chi dovrò
andare, preferisco essere odiata e giudicata per ciò che ho fatto ma non deve passarla liscia! I buoni
propositi ci sono, ma a chi chiedere aiuto? Inizio a dirlo ai miei, ad Alessandro, o a qualche estraneo?
Ma chi? Don Leonardo? La prof? Non so da dove iniziare! Eppure sembra tutto così strano; quegli
occhi, quei capelli… Ma magari è stato un momento, magari non voleva che accadesse ciò! Magari è
stato il mio vestito un po’ troppo provocante a portarlo in una situazione così. Non lo so, non lo so,
non lo so! Devo chiamare qualcuno, ho urgentemente bisogno di sentire qualcuno. Ho sempre sentito
parlare di queste situazioni, ma non ho mai capito il significato reale. Non pensavo ci si potesse
ridurre a non avere più la libertà e non avrei mai potuto credere che tutto poteva nascere da un
semplice sorriso in discoteca.
Si parla sempre di libertà, ma in questi casi essa viene veramente rispettata? Perchè una ragazza della
mia età è costretta a subire questi abusi, solo per un vestito troppo corto o un eccesso di trucco? Certo
potrebbero esserci due punti di vista riguardo ciò: penso che una donna ha una propria dignità che
deve essere rispettata indipendentemente dagli aspetti estetici, mi sono sentita violata, non sono stata
rispettata da un punto di vista umano e non sono stata rispettata in quanto donna. Ho paura a uscire
da quella porta, chissà quante persone ci saranno là fuori pronte ad aggredirmi ed insultarmi. Tutto
ciò mi distrugge. Ogni giorno è grigio come quella notte, è come se non sentissi più emozioni e non
riuscissi più a sentirmi viva: e se non dovessi tornare ad essere come prima? Quella ragazza sempre
sorridente, spensierata e piena di vita, una ragazza che amava vivere e non come adesso, rinchiusa in
sé stessa, prigioniera di una situazione dalla quale non ci sono vie d'uscita. Vorrei farla finita e
mettere un punto alla questione.
Ma so che non è possibile, gliela darei vinta, sarebbe troppo facile, deve pagare per quello che ha
fatto, ma come? Ho deciso, parlerò. Oggi farò venire Alessando da me e gli racconterò tutto e farò in
modo che ci siano anche i miei. Ho paura, l’ansia sta prendendo piede dentro di me ma devo resistere,
so che ce la posso fare, ce la devo fare. E’ giunto il momento, inizio a parlare a ruota libera, tutti mi
guardano, mi sento giudicata, tutto ad un tratto cala il silenzio e io mi sento morire dentro...
Vedo mia madre venirmi incontro, mi stringe le mani e mi abbraccia stringendomi forte a sé. Non
riesco più a contenere le mie lacrime, insieme scoppiamo a piangere. Mio padre comincia ad urlare,
mi promette che non la passerà liscia. Ora non mi sento più sola, so di potercela fare. Domani
andremo a denunciare l'episodio con la speranza di riuscire ad assicurarlo alla giustizia, ma
sopratutto con la consapevolezza che questa vicenda si chiuda una volta per tutte. Grazie all'affetto
dei miei genitori sento di nuovo dentro di me la vita, le speranze che fino ad oggi mi mancavano.
Ferite - Giulia
di Royal.95, Theana, FelAll, Selamava
Spero che Dio sia femmina e gliela faccia pagare a quel porco. Sorridere a un ragazzo, ballare con lui,
bere assieme: messaggi di simpatia, voglia di amicizia - - - nient’altro. Un bravo ragazzo, gente per
bene. Che faccio ora? Lo dico ai miei? Vado a denunciarlo o vado in ospedale? Ma io sto bene, non
sono sconvolta, non sento dolore. Ho solo tanta rabbia con me stessa. Non dovevo vestirmi come fa
Giusy, truccarmi, fumare - - - e poi il Rainbow, lo dicono tutti che circola droga.
E’ tutta colpa mia, diranno che ero d’accordo, che sono sballata, una prostituta da bollare per sempre.
Alessandro come la prenderà? Non gli ho detto della discoteca, non mi avrebbe dato il permesso, è
cosi geloso e possessivo.
Tacere, tenermi tutto dentro. Così devo fare! Parino è un paese troppo arretrato, nessuno capirebbe,
sarei condannata da tutti e lui, miserabile porco, figlio di papà la farebbe franca, con i soldi si compra
tutto!
Se potessi tornare indietro. Mi basterebbero solo poche ore e qualche minuto e il sole tornerebbe
luminoso, il cielo azzurro, la vita una splendida avventura appena incominciata.
Mi sono imbottigliata in un tubo di cemento: il buio mi divora, l’aria mi manca, non sono padrona di
me stessa, ho perso il controllo della mia vita. I miei sogni – - - dove sono andati a finire i miei
stramaledetti sogni: una donna sicura, intraprendente, libera da paure e pregiudizi.
Dopo essere arrivata a questo punto, mi chiedo, servirà ribellarmi e denunciare? Lui, si, con i soldi
potrebbe farla franca ma io almeno riuscirei a ritrovare la mia libertà senza avere più addosso il peso
di quello che all'apparenza era un bravo ragazzo ma che poi è diventato il mio tormento e dalla cui
ossessione non riesco a liberarmi. E se denunciare dovesse non servire a niente? Che ne sarà di me?
Mi ridurrò a stare chiusa in casa per paura di uscire e vedere lui davanti. Tutto questo non è giusto,
ma io non so cosa fare, non so come comportarmi. Erano solamente dei messaggi innocenti e qualche
chiamata, ma poi i messaggi sono diventati sempre più invadenti e le chiamate più insistenti. Ed io
non riesco ad uscire da questo baratro. Devo liberarmi da questo peso, andrò contro chi dovrò
andare, preferisco essere odiata e giudicata per ciò che ho fatto ma non deve passarla liscia! I buoni
propositi ci sono, ma a chi chiedere aiuto? Inizio a dirlo ai miei, ad Alessandro, o a qualche estraneo?
Ma chi? Don Leonardo? La prof? Non so da dove iniziare! Eppure sembra tutto così strano; quegli
occhi, quei capelli… Ma magari è stato un momento, magari non voleva che accadesse ciò! Magari è
stato il mio vestito un po’ troppo provocante a portarlo in una situazione così. Non lo so, non lo so,
non lo so! Devo chiamare qualcuno, ho urgentemente bisogno di sentire qualcuno. Ho sempre sentito
parlare di queste situazioni, ma non ho mai capito il significato reale. Non pensavo ci si potesse
ridurre a non avere più la libertà e non avrei mai potuto credere che tutto poteva nascere da un
semplice sorriso in discoteca.
Si parla sempre di libertà, ma in questi casi essa viene veramente rispettata? Perchè una ragazza della
mia età è costretta a subire questi abusi, solo per un vestito troppo corto o un eccesso di trucco? Certo
potrebbero esserci due punti di vista riguardo ciò: penso che una donna ha una propria dignità che
deve essere rispettata indipendentemente dagli aspetti estetici, mi sono sentita violata, non sono stata
rispettata da un punto di vista umano e non sono stata rispettata in quanto donna. Ho paura a uscire
da quella porta, chissà quante persone ci saranno là fuori pronte ad aggredirmi ed insultarmi. Tutto
ciò mi distrugge. Ogni giorno è grigio come quella notte, è come se non sentissi più emozioni e non
riuscissi più a sentirmi viva: e se non dovessi tornare ad essere come prima? Quella ragazza sempre
sorridente, spensierata e piena di vita, una ragazza che amava vivere e non come adesso, rinchiusa in
sé stessa, prigioniera di una situazione dalla quale non ci sono vie d'uscita. Vorrei farla finita e
mettere un punto alla questione.
Ho deciso, oggi pomeriggio racconterò tutto a Giusy. Lei è più grande di me e sono sicura che riuscirà
a capire la mia situazione e a consolarmi. Spero che non racconterà niente a nessuno, mi vergogno
troppo! Ho detto a mamma che sarei ritornata per l'ora di cena. Mi incammino, Giusy mi sta
aspettando di fronte la piazzetta, inconsapevole di quello che sto per raccontarle. Mi guarda, mi
sorride, più volte dopo ciò che era accaduto aveva provato a capire cosa mi stesse accadendo. Solo che
io non ero pronta.
Mentre le racconto l'orrore di quella terribile notte, mi sento sempre più libera. Lei mi guarda
perplessa ma al tempo stesso mi aiuta a cercare una soluzione...
Sfogandomi con lei ho avuto modo di riflettere sul fatto che molte volte mi sono lamentata per motivi
spesso futili e banali, non rendendomi conto che c’erano persone che stavano peggio di me… vittime
di violenze e maltrattamenti, donne costrette a prostituirsi, senza tetto… molti bambini in Africa
muoiono di fame, non hanno niente ma riescono a sorridere, e io, invece, ero spesso malinconica,
triste anche per una semplice interrogazione andata male ed egoisticamente presa dai miei piccoli
“problemi” quotidiani non avevo prestato abbastanza attenzione al mondo circostante, non mi ero
resa conto di avere la felicità a portata di mano… che stupida!
Solo ora mi rendo conto di essere stata troppo egoista sia nei miei stessi confronti,negandomi sorrisi e
attimi di serenità, sia nei confronti degli altri, lamentandomi per motivi futili e mostrandomi
insensibile nei confronti di chi soffriva davvero.
Ma ora non voglio più essere egoista! Non voglio più pensare solo a me stessa… ho deciso..
denuncerò! Ho vissuto qualcosa di ripugnante, qualcosa che mi porterò dentro per sempre, ma voglio
dimostrare che si può essere più forti del dolore. Sì, ci ho pensato a lungo... ho pensato che potrei
anche non dirlo a nessuno, così nessuno saprà mai del mio piccolo segreto, ma non sarò mai a posto
con la mia coscienza! Non posso permettere a quell'essere di passarla liscia... non voglio rendermi
partecipe del male... non si può vivere sentendosi nessuno. Se invece lo dico proverò vergogna ma
almeno finalmente potrò mettermi il cuore in pace. Denuncerò per me,per la mia dignità di donna e
anche solo per non permettere che altre ragazze possano subire quello che ho subìto io.
Ferite - Giulia
di FelAll, Royal.95, Cri&Fede
Spero che Dio sia femmina e gliela faccia pagare a quel porco. Sorridere a un ragazzo, ballare con lui,
bere assieme: messaggi di simpatia, voglia di amicizia - - - nient’altro. Un bravo ragazzo, gente per
bene. Che faccio ora? Lo dico ai miei? Vado a denunciarlo o vado in ospedale? Ma io sto bene, non
sono sconvolta, non sento dolore. Ho solo tanta rabbia con me stessa. Non dovevo vestirmi come fa
Giusy, truccarmi, fumare - - - e poi il Rainbow, lo dicono tutti che circola droga.
E’ tutta colpa mia, diranno che ero d’accordo, che sono sballata, una prostituta da bollare per sempre.
Alessandro come la prenderà? Non gli ho detto della discoteca, non mi avrebbe dato il permesso, è
cosi geloso e possessivo.
Tacere, tenermi tutto dentro. Così devo fare! Parino è un paese troppo arretrato, nessuno capirebbe,
sarei condannata da tutti e lui, miserabile porco, figlio di papà la farebbe franca, con i soldi si compra
tutto!
Se potessi tornare indietro. Mi basterebbero solo poche ore e qualche minuto e il sole tornerebbe
luminoso, il cielo azzurro, la vita una splendida avventura appena incominciata.
Mi sono imbottigliata in un tubo di cemento: il buio mi divora, l’aria mi manca, non sono padrona di
me stessa, ho perso il controllo della mia vita. I miei sogni – - - dove sono andati a finire i miei
stramaledetti sogni: una donna sicura, intraprendente, libera da paure e pregiudizi.
E' notte, mi ritrovo rinchiusa nella mia stanza proprio come lo sono le mie angosce, nel corpo che è
stato profanato da quel maledetto. Nel buio della mia stanza adesso tutto sembra apparire in modo
diverso, io mi sento diversa. Mi sembra di essere rimasta intrappolata in una ragnatela, non trovo via
di fuga, non c'è via di fuga. Mi sento sola, chiudo gli occhi e rivedo il volto del maledetto, sento ancora
le sue mani fredde che mi stringono sui fianchi, i suoi occhi scuri di colore nero penetrare nella mia
intimità. Mi sembra di non possedere più il mio corpo, di aver perso tutta la mia vita, le mie speranze.
Vorrei averlo qui di fronte per potergli fare male, tutto il male che lui ha fatto a me, vorrei picchiarlo,
vorrei vedere la sua sofferenza uscire dagli occhi. Come ha potuto possedermi come se fossi un
oggetto? Appropriarsi della mia parte più intima? Mi sento come se fossi un contenitore vuoto che
non riesce più a contenere le sue emozioni. Ho i pugni serrati, la rabbia pulsa nelle mie vene, cerco di
non pensarci, ma più ci penso e più questo mi strazia. Nello stesso tempo si accavalla un senso di
angoscia... voglio urlare, ma non riesco, mi manca la forza. Anche se urlassi nessuno mi sentirebbe.
Soffoco. Come riuscirò domani a comportarmi normalmente con mamma e papà? Dove riuscirò a
trovare la forza per tenere tutto nascosto? Non voglio più andare a scuola. Sento le lacrime calde
scivolare sulle mie guance morte. Chiudo gli occhi, le palpebre diventano sempre più pesanti, il mio
cuore riesce ancora a battere, mi concentro sul suo rumore, a poco a poco sento il suo tambureggiare
affievolirsi.
Vorrei tornare a quando tutto era più facile, a quando ero semplicente una bambina e non c'erano
preoccupazioni. Come può una maledettissima serata in discoteca avermi rovinato la vita? I ricordi
mi stanno uccidendo, ma quel che mi tormenta ancora di più è l'impotenza che mi assale davanti a
quel ragazzo, che ancora continua ad essere un peso. Adesso basta. Devo agire. Devo riprendermi la
mia vita. Non può averla vinta. La mia vita cambierà si, non gli permetterò di continuare a
tormentarmi. Ho bisogno di uscire, di vedere la luce del sole, di stare all'aria aperta con le mie
amiche, di divertirmi, di fare quelle cose che facevo prima di quella maledetta serata, cose che prima
sembravano scontate, come andare a scuola da sola. Ora non posso, perchè la mia vita è tormentata
da quel porco. Ma tutto questo sta per finire, ne sono sicura. Domani mattina andrò a dare una svolta
questo tormento.
La notte è passata insieme ai miei pensieri. Nottata lunga e stremante, non ho chiuso occhio. La
mattina è cupa, proprio come il mio umore. Devo prendere la situazione in mano. Mi alzo, prendo la
prima cosa che trovo nell’armadio ed esco… ho l’impressione che tutta Parino mi guardi e mi giudichi,
hanno tutti uno sguardo strano verso me. Ma che colpa ne ho? Se solo avessi saputo come sarebbe
andata la situazione, se solo non avessi fatto uso di quelle stupide sostanze! Vedo di sfuggita
Alessandro, mi nascondo in libreria: “25Novembre, giornata contro la violenza sulle donne!”
Manifesto miracoloso, “è un segno di ribellione” grido e inizio a correre come una matta, la signora
mi guarda perplessa… al diavolo la signora! Devo denunciare, devo gridare al mondo ciò che ho
patito. Lurido porco, la tua fine è vicina!
Ricevo una chiamata sul telefonino, ho paura che sia l’ennesima chiamata di quel porco. Invece no, è
Alessandro. Ho paura. Ho paura degli sguardi degli uomini, ogni sguardo mi riporta alla mente quella
maledetta notte. Riposo il telefono nella borsa. Non risponderò ad Alessandro, o forse è meglio di si.
Non lo so. La mia vita ora è una totale incertezza. Alessandro mi vede, mi ferma tirandomi per un
braccio… Inizio a raccontargli tutto, parlo a raffica, sembro un fiume in piena… Mi guarda, non
reagisce , gli vedo negli occhi un senso di tristezza e rabbia. Mi prende per mano ed iniziamo a
correre, senza dirci niente andiamo nella stessa direzione, andiamo a denunciare il tutto! Entriamo in
caserma e racconto il tutto con ancora più foga, ho il viso inondato di lacrime, le forze dell’ordine
provano a tranquillizzarmi, a farmi forza. Faccio nome e cognome, non risparmio nulla, neanche le
parti più imbarazzanti. “devi pagare, porco!” è l’unica cosa che mi passa per la mente. Le forze
dell’ordine chiamano i miei, il tempo scorre, son tutti increduli...
Sono passati molti mesi da quel giorno in cui ho denunciato il tutto e ora sono riuscita a riprendere in
mano la mia vita. Mi sono liberata da quel peso che era diventato troppo opprimente e ora sono di
nuovo libera. Quello che ho fatto dovrebbe servire da esempio per tutte le altre donne che subiscono
quello che ho passato io. Chiudersi dentro, non parlare con nessuno e continuare a essere vittima
delle molestie è solamente una cosa che ti logora e che ti fa perdere la tua dignità di donna.
Ferite - Giulia
di FelAll, Royal.95, Cri&Fede
Spero che Dio sia femmina e gliela faccia pagare a quel porco. Sorridere a un ragazzo, ballare con lui,
bere assieme: messaggi di simpatia, voglia di amicizia - - - nient’altro. Un bravo ragazzo, gente per
bene. Che faccio ora? Lo dico ai miei? Vado a denunciarlo o vado in ospedale? Ma io sto bene, non
sono sconvolta, non sento dolore. Ho solo tanta rabbia con me stessa. Non dovevo vestirmi come fa
Giusy, truccarmi, fumare - - - e poi il Rainbow, lo dicono tutti che circola droga.
E’ tutta colpa mia, diranno che ero d’accordo, che sono sballata, una prostituta da bollare per sempre.
Alessandro come la prenderà? Non gli ho detto della discoteca, non mi avrebbe dato il permesso, è
cosi geloso e possessivo.
Tacere, tenermi tutto dentro. Così devo fare! Parino è un paese troppo arretrato, nessuno capirebbe,
sarei condannata da tutti e lui, miserabile porco, figlio di papà la farebbe franca, con i soldi si compra
tutto!
Se potessi tornare indietro. Mi basterebbero solo poche ore e qualche minuto e il sole tornerebbe
luminoso, il cielo azzurro, la vita una splendida avventura appena incominciata.
Mi sono imbottigliata in un tubo di cemento: il buio mi divora, l’aria mi manca, non sono padrona di
me stessa, ho perso il controllo della mia vita. I miei sogni – - - dove sono andati a finire i miei
stramaledetti sogni: una donna sicura, intraprendente, libera da paure e pregiudizi.
E' notte, mi ritrovo rinchiusa nella mia stanza proprio come lo sono le mie angosce, nel corpo che è
stato profanato da quel maledetto. Nel buio della mia stanza adesso tutto sembra apparire in modo
diverso, io mi sento diversa. Mi sembra di essere rimasta intrappolata in una ragnatela, non trovo via
di fuga, non c'è via di fuga. Mi sento sola, chiudo gli occhi e rivedo il volto del maledetto, sento ancora
le sue mani fredde che mi stringono sui fianchi, i suoi occhi scuri di colore nero penetrare nella mia
intimità. Mi sembra di non possedere più il mio corpo, di aver perso tutta la mia vita, le mie speranze.
Vorrei averlo qui di fronte per potergli fare male, tutto il male che lui ha fatto a me, vorrei picchiarlo,
vorrei vedere la sua sofferenza uscire dagli occhi. Come ha potuto possedermi come se fossi un
oggetto? Appropriarsi della mia parte più intima? Mi sento come se fossi un contenitore vuoto che
non riesce più a contenere le sue emozioni. Ho i pugni serrati, la rabbia pulsa nelle mie vene, cerco di
non pensarci, ma più ci penso e più questo mi strazia. Nello stesso tempo si accavalla un senso di
angoscia... voglio urlare, ma non riesco, mi manca la forza. Anche se urlassi nessuno mi sentirebbe.
Soffoco. Come riuscirò domani a comportarmi normalmente con mamma e papà? Dove riuscirò a
trovare la forza per tenere tutto nascosto? Non voglio più andare a scuola. Sento le lacrime calde
scivolare sulle mie guance morte. Chiudo gli occhi, le palpebre diventano sempre più pesanti, il mio
cuore riesce ancora a battere, mi concentro sul suo rumore, a poco a poco sento il suo tambureggiare
affievolirsi.
Vorrei tornare a quando tutto era più facile, a quando ero semplicente una bambina e non c'erano
preoccupazioni. Come può una maledettissima serata in discoteca avermi rovinato la vita? I ricordi
mi stanno uccidendo, ma quel che mi tormenta ancora di più è l'impotenza che mi assale davanti a
quel ragazzo, che ancora continua ad essere un peso. Adesso basta. Devo agire. Devo riprendermi la
mia vita. Non può averla vinta. La mia vita cambierà si, non gli permetterò di continuare a
tormentarmi. Ho bisogno di uscire, di vedere la luce del sole, di stare all'aria aperta con le mie
amiche, di divertirmi, di fare quelle cose che facevo prima di quella maledetta serata, cose che prima
sembravano scontate, come andare a scuola da sola. Ora non posso, perchè la mia vita è tormentata
da quel porco. Ma tutto questo sta per finire, ne sono sicura. Domani mattina andrò a dare una svolta
questo tormento.
La notte è passata insieme ai miei pensieri. Nottata lunga e stremante, non ho chiuso occhio. La
mattina è cupa, proprio come il mio umore. Devo prendere la situazione in mano. Mi alzo, prendo la
prima cosa che trovo nell’armadio ed esco… ho l’impressione che tutta Parino mi guardi e mi giudichi,
hanno tutti uno sguardo strano verso me. Ma che colpa ne ho? Se solo avessi saputo come sarebbe
andata la situazione, se solo non avessi fatto uso di quelle stupide sostanze! Vedo di sfuggita
Alessandro, mi nascondo in libreria: “25Novembre, giornata contro la violenza sulle donne!”
Manifesto miracoloso, “è un segno di ribellione” grido e inizio a correre come una matta, la signora
mi guarda perplessa… al diavolo la signora! Devo denunciare, devo gridare al mondo ciò che ho
patito. Lurido porco, la tua fine è vicina!
Ricevo una chiamata sul telefonino, ho paura che sia l’ennesima chiamata di quel porco. Invece no, è
Alessandro. Ho paura. Ho paura degli sguardi degli uomini, ogni sguardo mi riporta alla mente quella
maledetta notte. Riposo il telefono nella borsa. Non risponderò ad Alessandro, o forse è meglio di si.
Non lo so. La mia vita ora è una totale incertezza. Alessandro mi vede, mi ferma tirandomi per un
braccio… Inizio a raccontargli tutto, parlo a raffica, sembro un fiume in piena… Mi guarda, non
reagisce , gli vedo negli occhi un senso di tristezza e rabbia. Mi prende per mano ed iniziamo a
correre, senza dirci niente andiamo nella stessa direzione, andiamo a denunciare il tutto! Entriamo in
caserma e racconto il tutto con ancora più foga, ho il viso inondato di lacrime, le forze dell’ordine
provano a tranquillizzarmi, a farmi forza. Faccio nome e cognome, non risparmio nulla, neanche le
parti più imbarazzanti. “devi pagare, porco!” è l’unica cosa che mi passa per la mente. Le forze
dell’ordine chiamano i miei, il tempo scorre, son tutti increduli...
Mamma e papà adesso capiscono il motivo per cui ero sempre così assente. Mi abbracciano e sento il
loro calore pervadermi il cuore. Adesso so di potercela fare, so di non essere più sola. So che io non
c'entro nulla, è stata tutta colpa di quel maledetto. Ora ho ricominciato a volermi davvero bene.
Cercherò di superare l'accaduto, consapevole del fatto che la ferita non potrà mai più sparire. Rimarrà
indelebile sul mio corpo e dentro il mio cuore proprio come una cicatrice. Ma adesso ci sono gli altri,
mamma, papà, i miei amici che mi stanno sempre vicini. Mi sento tanto amata e di nuovo in grado di
poter vivere serenamente la mia vita.
Ferite - Giulia
di FelAll, Royal.95, Cri&Fede, Ro29
Spero che Dio sia femmina e gliela faccia pagare a quel porco. Sorridere a un ragazzo, ballare con lui,
bere assieme: messaggi di simpatia, voglia di amicizia - - - nient’altro. Un bravo ragazzo, gente per
bene. Che faccio ora? Lo dico ai miei? Vado a denunciarlo o vado in ospedale? Ma io sto bene, non
sono sconvolta, non sento dolore. Ho solo tanta rabbia con me stessa. Non dovevo vestirmi come fa
Giusy, truccarmi, fumare - - - e poi il Rainbow, lo dicono tutti che circola droga.
E’ tutta colpa mia, diranno che ero d’accordo, che sono sballata, una prostituta da bollare per sempre.
Alessandro come la prenderà? Non gli ho detto della discoteca, non mi avrebbe dato il permesso, è
cosi geloso e possessivo.
Tacere, tenermi tutto dentro. Così devo fare! Parino è un paese troppo arretrato, nessuno capirebbe,
sarei condannata da tutti e lui, miserabile porco, figlio di papà la farebbe franca, con i soldi si compra
tutto!
Se potessi tornare indietro. Mi basterebbero solo poche ore e qualche minuto e il sole tornerebbe
luminoso, il cielo azzurro, la vita una splendida avventura appena incominciata.
Mi sono imbottigliata in un tubo di cemento: il buio mi divora, l’aria mi manca, non sono padrona di
me stessa, ho perso il controllo della mia vita. I miei sogni – - - dove sono andati a finire i miei
stramaledetti sogni: una donna sicura, intraprendente, libera da paure e pregiudizi.
E' notte, mi ritrovo rinchiusa nella mia stanza proprio come lo sono le mie angosce, nel corpo che è
stato profanato da quel maledetto. Nel buio della mia stanza adesso tutto sembra apparire in modo
diverso, io mi sento diversa. Mi sembra di essere rimasta intrappolata in una ragnatela, non trovo via
di fuga, non c'è via di fuga. Mi sento sola, chiudo gli occhi e rivedo il volto del maledetto, sento ancora
le sue mani fredde che mi stringono sui fianchi, i suoi occhi scuri di colore nero penetrare nella mia
intimità. Mi sembra di non possedere più il mio corpo, di aver perso tutta la mia vita, le mie speranze.
Vorrei averlo qui di fronte per potergli fare male, tutto il male che lui ha fatto a me, vorrei picchiarlo,
vorrei vedere la sua sofferenza uscire dagli occhi. Come ha potuto possedermi come se fossi un
oggetto? Appropriarsi della mia parte più intima? Mi sento come se fossi un contenitore vuoto che
non riesce più a contenere le sue emozioni. Ho i pugni serrati, la rabbia pulsa nelle mie vene, cerco di
non pensarci, ma più ci penso e più questo mi strazia. Nello stesso tempo si accavalla un senso di
angoscia... voglio urlare, ma non riesco, mi manca la forza. Anche se urlassi nessuno mi sentirebbe.
Soffoco. Come riuscirò domani a comportarmi normalmente con mamma e papà? Dove riuscirò a
trovare la forza per tenere tutto nascosto? Non voglio più andare a scuola. Sento le lacrime calde
scivolare sulle mie guance morte. Chiudo gli occhi, le palpebre diventano sempre più pesanti, il mio
cuore riesce ancora a battere, mi concentro sul suo rumore, a poco a poco sento il suo tambureggiare
affievolirsi.
Vorrei tornare a quando tutto era più facile, a quando ero semplicente una bambina e non c'erano
preoccupazioni. Come può una maledettissima serata in discoteca avermi rovinato la vita? I ricordi
mi stanno uccidendo, ma quel che mi tormenta ancora di più è l'impotenza che mi assale davanti a
quel ragazzo, che ancora continua ad essere un peso. Adesso basta. Devo agire. Devo riprendermi la
mia vita. Non può averla vinta. La mia vita cambierà si, non gli permetterò di continuare a
tormentarmi. Ho bisogno di uscire, di vedere la luce del sole, di stare all'aria aperta con le mie
amiche, di divertirmi, di fare quelle cose che facevo prima di quella maledetta serata, cose che prima
sembravano scontate, come andare a scuola da sola. Ora non posso, perchè la mia vita è tormentata
da quel porco. Ma tutto questo sta per finire, ne sono sicura. Domani mattina andrò a dare una svolta
questo tormento.
La notte è passata insieme ai miei pensieri. Nottata lunga e stremante, non ho chiuso occhio. La
mattina è cupa, proprio come il mio umore. Devo prendere la situazione in mano. Mi alzo, prendo la
prima cosa che trovo nell’armadio ed esco… ho l’impressione che tutta Parino mi guardi e mi giudichi,
hanno tutti uno sguardo strano verso me. Ma che colpa ne ho? Se solo avessi saputo come sarebbe
andata la situazione, se solo non avessi fatto uso di quelle stupide sostanze! Vedo di sfuggita
Alessandro, mi nascondo in libreria: “25Novembre, giornata contro la violenza sulle donne!”
Manifesto miracoloso, “è un segno di ribellione” grido e inizio a correre come una matta, la signora
mi guarda perplessa… al diavolo la signora! Devo denunciare, devo gridare al mondo ciò che ho
patito. Lurido porco, la tua fine è vicina!
Corro, corro sempre più veloce, quasi come se da quella corsa stessi già ottenendo parte della mia
giustizia... ho voglia di ritornare a vivere come prima. Non posso permettere a quello schifoso mostro
di rovinare anche il mio futuro. L'ha gia fatto con il mio passato, ora voglio essere io l'artefice del mio
avvenire, voglio che come me anche altre donne abbiano il coraggio di correre per ottenere giustizia,
che abbiano la forza di raccontare anche le parti più imbarazzanti agli agenti di polizia o a chi di
competenza. Voglio urlare al mondo che non sono una prostituta come tutti potrebbero pensare ma
una DONNA, con i propri diritti e che non per una sola sbandata merita di essere giudicata o
stuprata. Solo per il contesto in cui si trovava.
Ferite - Francesca
di Innovativ, The Best, M5A, Atomo
Spero che Dio sia femmina e gliela faccia pagare a quel porco. Sorridere a un ragazzo, ballare con lui,
bere assieme: messaggi di simpatia, voglia di amicizia - - - nient’altro. Un bravo ragazzo, gente per
bene. Che faccio ora? Lo dico ai miei? Vado a denunciarlo o vado in ospedale? Ma io sto bene, non
sono sconvolta, non sento dolore. Ho solo tanta rabbia con me stessa. Non dovevo vestirmi come fa
Giusy, truccarmi, fumare - - - e poi il Rainbow, lo dicono tutti che circola droga.
E’ tutta colpa mia, diranno che ero d’accordo, che sono sballata, una prostituta da bollare per sempre.
Alessandro come la prenderà? Non gli ho detto della discoteca, non mi avrebbe dato il permesso, è
così geloso e possessivo.
Tacere, tenermi tutto dentro. Così devo fare! Parino è un paese troppo arretrato, nessuno capirebbe,
sarei condannata da tutti e lui, miserabile porco, figlio di papà la farebbe franca, con i soldi si compra
tutto!
Se potessi tornare indietro. Mi basterebbero solo poche ore e qualche minuto e il sole tornerebbe
luminoso, il cielo azzurro, la vita una splendida avventura appena incominciata.
Mi sono imbottigliata in un tubo di cemento: il buio mi divora, l’aria mi manca, non sono padrona di
me stessa, ho perso il controllo della mia vita. I miei sogni – - - dove sono andati a finire i miei
stramaledetti sogni: una donna sicura, intraprendente, libera da paure e pregiudizi.
Mi sento come se fossi intrappolata in un incubo dal quale non riesco più a svegliarmi. Mi sono
trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato, per la mia voglia di divertirmi entrando in quegli
schemi di vita che non mi appartengono. La domanda alla quale non so trovare risposta è sempre la
stessa: cosa dovrò fare? Stare zitta e soffrire in silenzio, o rendere qualcuno partecipe del mio dolore,
in modo che quella bestia non la possa passare liscia? Ma se facessi così la mia famiglia, Alessandro,
cosa penseranno di me?
In questo momento ho solo la rude immagine di quei terribili momenti. Sono trascorsi due giorni,
non riesco a levarmi la sensazione di avere il suo corpo sul mio,le sue mani su di me, senza il mio
consenso, distruggendo la mia dignità. Non voglio incontrare nessuno e fingo un influenza, ma
Alessandro ha capito che qualcosa in me non va. All'ennesima chiamata decido di rispondere ma noto
un numero che non è il suo, avvicino il cellulare all'orecchio e alle prime parole che sento un flash di
attimi e immagini mi inonda la testa. Mi viene da piangere, da urlare. Riattacco ma non finisce qua,
continui messaggi e chiamate rendono la mia vita un'inferno.
Oggi è festa, esco con la mia famiglia, c'è molta gente come ogni anno, ma fra tanti riconosco il suo
volto. Non so spiegare le sensazioni che sto provando, ma decido di tornare a casa inventando dello
studio arretrato. Cammino velocemente guardandomi continuamente dietro, come se lui mi stesse
seguendo. Sono a casa, ricevo un sms, c'è scritto: "Ti voglio come quella sera" è lui, quell'animale che
mi ha rubato l'anima.
Sono passati quaranta giorni, non vivo più, ho bisogno di parlare.
Trovo dentro di me la forza di rispondere a quel messaggio, “non mi avrai mai come quella sera
PORCO”, lui mi risponde subito :“se sei coraggiosa incontriamoci nel vicolo 56”…… e li dentro di me i
pensieri mi affiorano a migliaia…. Mille domande mi sorgono in mente.. non vorrei mai andare da lui
ma in fondo sento la voglia di rincontrarlo di sputargli in faccia tutti i miei pensieri… quei pensieri
che per 40 giorni mi hanno rovinato la vita…. Dopo alcuni minuti trovo la forza, gli mando un
messaggio con scritto “ok ci vediamo oggi pomeriggio alle 18”.. sto malissimo, sono molto agitata,
pensare a lui, quella persona meschina mi mette i brividi... già mi sono pentita della mia decisione..
sono le 17:30 inizio a incamminarmi verso quel vicolo che incute paura, d'altronde non mi potevo
aspettare qualcosa di meglio da quell’essere viscido… quando sono a pochi metri nell’oscurità scorgo
la sua auto.. quei vetri oscuri… e lui è li!!!!!! Il mio respiro si affanna... ho paura... mi avvicino ma
improvvisamente...
Squilla il cellulare, guardo il numero, finisce con 370, è Alessandro...Chiudo la chiamata, ma lui
continua a chiamare e mandare sms, decido di spegnere il cellulare. Mi avvicino alla macchina,
guardo dentro e lo fisso negli occhi, è solo. Abbassa il finestrino mi chiede di salire, ci penso.... ma alla
fine decido di assecondarlo e salgo....
Non ho la forza di guardarlo in faccia e di parlagli, intanto partiamo, mi porta in un luogo appartato.
Subito mi pento di essere salita, ho un pensiero fisso, si ripeterà di nuovo? Ma invece, mi guarda e
con voce dispiaciuta mi chiede scusa, perché non era in se quella sera, perché anche lui come me
aveva preso per la prima volta quella pasticca. Non so se perdonarlo, scendo dall'auto e inizio a
correre verso casa...
Arrivo a casa e trovo Alessandro con mia madre, iniziano a chiedere spiegazioni riguardo al mio
comportamento strano. Lui sa tutto, è nervoso, è stata Luisa, la sua migliore amica che era con me
quella sera in discoteca e ha visto tutto.
Inizio a raccontare la verità, Alessandro si arrabbia di più ma non con me, perché sa che non è stata
solo colpa mia. Sono confusa, non so cosa mi stia succedendo, il mio amore per Alessandro sembra
svanito.
Alessandro esce di casa intento a vendicarsi, va a prendere la pistola del padre...
Corre da lui, io lo inseguo urlandogli di fermarsi ma non sente ragione, è intento a vendicarsi. Arriva
al vicolo ma non trova nessuno, lo vede in lontananza, nasconde la pistola dietro il fianco e gli urla di
fermarsi. Lui si volta e riconosce Alessandro, preso dal panico inizia a correre verso l'auto.
Alessandro lo insegue e, mentre lui apre lo sportello per mettersi in salvo, esplode un colpo... l' ha
mancato, ha colpito il finestrino. Dallo spavento cade a terra, così li raggiungo. Mi getto su Alessandro
ma per sbaglio parte un colpo che mi ferisce alla spalla... Nel frattempo veniamo raggiunti dalle forze
dell'ordine che bloccano Alessandro e mi soccorrono... Quella notte la passo in ospedale.
Una settimana dopo vengo interrogata sull'accaduto, racconto che Alessandro voleva vendicarmi per
la violenza che ho subito qualche settimana indietro.
Così vengono arrestati entrambi ma io rimango con l'amore della mia famiglia. Anche se la vita non è
come le favole, finalmente ho avuto giustizia.
Ferite - Francesca
di Innovativ, The Best, M5A, Atomo, Melograno
Spero che Dio sia femmina e gliela faccia pagare a quel porco. Sorridere a un ragazzo, ballare con lui,
bere assieme: messaggi di simpatia, voglia di amicizia - - - nient’altro. Un bravo ragazzo, gente per
bene. Che faccio ora? Lo dico ai miei? Vado a denunciarlo o vado in ospedale? Ma io sto bene, non
sono sconvolta, non sento dolore. Ho solo tanta rabbia con me stessa. Non dovevo vestirmi come fa
Giusy, truccarmi, fumare - - - e poi il Rainbow, lo dicono tutti che circola droga.
E’ tutta colpa mia, diranno che ero d’accordo, che sono sballata, una prostituta da bollare per sempre.
Alessandro come la prenderà? Non gli ho detto della discoteca, non mi avrebbe dato il permesso, è
così geloso e possessivo.
Tacere, tenermi tutto dentro. Così devo fare! Parino è un paese troppo arretrato, nessuno capirebbe,
sarei condannata da tutti e lui, miserabile porco, figlio di papà la farebbe franca, con i soldi si compra
tutto!
Se potessi tornare indietro. Mi basterebbero solo poche ore e qualche minuto e il sole tornerebbe
luminoso, il cielo azzurro, la vita una splendida avventura appena incominciata.
Mi sono imbottigliata in un tubo di cemento: il buio mi divora, l’aria mi manca, non sono padrona di
me stessa, ho perso il controllo della mia vita. I miei sogni – - - dove sono andati a finire i miei
stramaledetti sogni: una donna sicura, intraprendente, libera da paure e pregiudizi.
Mi sento come se fossi intrappolata in un incubo dal quale non riesco più a svegliarmi. Mi sono
trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato, per la mia voglia di divertirmi entrando in quegli
schemi di vita che non mi appartengono. La domanda alla quale non so trovare risposta è sempre la
stessa: cosa dovrò fare? Stare zitta e soffrire in silenzio, o rendere qualcuno partecipe del mio dolore,
in modo che quella bestia non la possa passare liscia? Ma se facessi così la mia famiglia, Alessandro,
cosa penseranno di me?
In questo momento ho solo la rude immagine di quei terribili momenti. Sono trascorsi due giorni,
non riesco a levarmi la sensazione di avere il suo corpo sul mio,le sue mani su di me, senza il mio
consenso, distruggendo la mia dignità. Non voglio incontrare nessuno e fingo un influenza, ma
Alessandro ha capito che qualcosa in me non va. All'ennesima chiamata decido di rispondere ma noto
un numero che non è il suo, avvicino il cellulare all'orecchio e alle prime parole che sento un flash di
attimi e immagini mi inonda la testa. Mi viene da piangere, da urlare. Riattacco ma non finisce qua,
continui messaggi e chiamate rendono la mia vita un'inferno.
Oggi è festa, esco con la mia famiglia, c'è molta gente come ogni anno, ma fra tanti riconosco il suo
volto. Non so spiegare le sensazioni che sto provando, ma decido di tornare a casa inventando dello
studio arretrato. Cammino velocemente guardandomi continuamente dietro, come se lui mi stesse
seguendo. Sono a casa, ricevo un sms, c'è scritto: "Ti voglio come quella sera" è lui, quell'animale che
mi ha rubato l'anima.
Sono passati quaranta giorni, non vivo più, ho bisogno di parlare.
Trovo dentro di me la forza di rispondere a quel messaggio, “non mi avrai mai come quella sera
PORCO”, lui mi risponde subito :“se sei coraggiosa incontriamoci nel vicolo 56”…… e li dentro di me i
pensieri mi affiorano a migliaia…. Mille domande mi sorgono in mente.. non vorrei mai andare da lui
ma in fondo sento la voglia di rincontrarlo di sputargli in faccia tutti i miei pensieri… quei pensieri
che per 40 giorni mi hanno rovinato la vita…. Dopo alcuni minuti trovo la forza, gli mando un
messaggio con scritto “ok ci vediamo oggi pomeriggio alle 18”.. sto malissimo, sono molto agitata,
pensare a lui, quella persona meschina mi mette i brividi... già mi sono pentita della mia decisione..
sono le 17:30 inizio a incamminarmi verso quel vicolo che incute paura, d'altronde non mi potevo
aspettare qualcosa di meglio da quell’essere viscido… quando sono a pochi metri nell’oscurità scorgo
la sua auto.. quei vetri oscuri… e lui è li!!!!!! Il mio respiro si affanna... ho paura... mi avvicino ma
improvvisamente...
Squilla il cellulare, guardo il numero, finisce con 370, è Alessandro...Chiudo la chiamata, ma lui
continua a chiamare e mandare sms, decido di spegnere il cellulare. Mi avvicino alla macchina,
guardo dentro e lo fisso negli occhi, è solo. Abbassa il finestrino mi chiede di salire, ci penso.... ma alla
fine decido di assecondarlo e salgo....
Non ho la forza di guardarlo in faccia e di parlagli, intanto partiamo, mi porta in un luogo appartato.
Subito mi pento di essere salita, ho un pensiero fisso, si ripeterà di nuovo? Ma invece, mi guarda e
con voce dispiaciuta mi chiede scusa, perché non era in se quella sera, perché anche lui come me
aveva preso per la prima volta quella pasticca. Non so se perdonarlo, scendo dall'auto e inizio a
correre verso casa...
Arrivo a casa e trovo Alessandro con mia madre, iniziano a chiedere spiegazioni riguardo al mio
comportamento strano. Lui sa tutto, è nervoso, è stata Luisa, la sua migliore amica che era con me
quella sera in discoteca e ha visto tutto.
Inizio a raccontare la verità, Alessandro si arrabbia di più ma non con me, perché sa che non è stata
solo colpa mia. Sono confusa, non so cosa mi stia succedendo, il mio amore per Alessandro sembra
svanito.
Alessandro esce di casa intento a vendicarsi, va a prendere la pistola del padre...
Esce di casa. Inizia a correre... io lo guardo dalla finestra, indecisa su cosa fare. Ho paura che possa
fare qualcosa di terribile. Decido di seguirlo. Si accorge che sono dietro di lui e si ferma. Mi prega di
andare via, di non seguirlo più. Mi dice che quello che avevo fatto rappresentava un peso troppo
grande da sopportare. Non riusciva proprio a perdonarmi. Cerco di calmarlo e gli dico di voler andare
in un centro per poter superare il trauma. Lui mi sorride e condivide la mia decisione. Ormai sono
passati 4 anni da quando ho iniziato e finalmente posso dire di essere rinata. Ringrazio Alessandro e
la mia famiglia per essermi stati vicini costantemente e avermi donato amore senza abbandonarmi
mai.
Ferite - Francesca
di Innovativ, The Best, M5A, Atomo, Melograno
Spero che Dio sia femmina e gliela faccia pagare a quel porco. Sorridere a un ragazzo, ballare con lui,
bere assieme: messaggi di simpatia, voglia di amicizia - - - nient’altro. Un bravo ragazzo, gente per
bene. Che faccio ora? Lo dico ai miei? Vado a denunciarlo o vado in ospedale? Ma io sto bene, non
sono sconvolta, non sento dolore. Ho solo tanta rabbia con me stessa. Non dovevo vestirmi come fa
Giusy, truccarmi, fumare - - - e poi il Rainbow, lo dicono tutti che circola droga.
E’ tutta colpa mia, diranno che ero d’accordo, che sono sballata, una prostituta da bollare per sempre.
Alessandro come la prenderà? Non gli ho detto della discoteca, non mi avrebbe dato il permesso, è
così geloso e possessivo.
Tacere, tenermi tutto dentro. Così devo fare! Parino è un paese troppo arretrato, nessuno capirebbe,
sarei condannata da tutti e lui, miserabile porco, figlio di papà la farebbe franca, con i soldi si compra
tutto!
Se potessi tornare indietro. Mi basterebbero solo poche ore e qualche minuto e il sole tornerebbe
luminoso, il cielo azzurro, la vita una splendida avventura appena incominciata.
Mi sono imbottigliata in un tubo di cemento: il buio mi divora, l’aria mi manca, non sono padrona di
me stessa, ho perso il controllo della mia vita. I miei sogni – - - dove sono andati a finire i miei
stramaledetti sogni: una donna sicura, intraprendente, libera da paure e pregiudizi.
Mi sento come se fossi intrappolata in un incubo dal quale non riesco più a svegliarmi. Mi sono
trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato, per la mia voglia di divertirmi entrando in quegli
schemi di vita che non mi appartengono. La domanda alla quale non so trovare risposta è sempre la
stessa: cosa dovrò fare? Stare zitta e soffrire in silenzio, o rendere qualcuno partecipe del mio dolore,
in modo che quella bestia non la possa passare liscia? Ma se facessi così la mia famiglia, Alessandro,
cosa penseranno di me?
In questo momento ho solo la rude immagine di quei terribili momenti. Sono trascorsi due giorni,
non riesco a levarmi la sensazione di avere il suo corpo sul mio,le sue mani su di me, senza il mio
consenso, distruggendo la mia dignità. Non voglio incontrare nessuno e fingo un influenza, ma
Alessandro ha capito che qualcosa in me non va. All'ennesima chiamata decido di rispondere ma noto
un numero che non è il suo, avvicino il cellulare all'orecchio e alle prime parole che sento un flash di
attimi e immagini mi inonda la testa. Mi viene da piangere, da urlare. Riattacco ma non finisce qua,
continui messaggi e chiamate rendono la mia vita un'inferno.
Oggi è festa, esco con la mia famiglia, c'è molta gente come ogni anno, ma fra tanti riconosco il suo
volto. Non so spiegare le sensazioni che sto provando, ma decido di tornare a casa inventando dello
studio arretrato. Cammino velocemente guardandomi continuamente dietro, come se lui mi stesse
seguendo. Sono a casa, ricevo un sms, c'è scritto: "Ti voglio come quella sera" è lui, quell'animale che
mi ha rubato l'anima.
Sono passati quaranta giorni, non vivo più, ho bisogno di parlare.
Trovo dentro di me la forza di rispondere a quel messaggio, “non mi avrai mai come quella sera
PORCO”, lui mi risponde subito :“se sei coraggiosa incontriamoci nel vicolo 56”…… e li dentro di me i
pensieri mi affiorano a migliaia…. Mille domande mi sorgono in mente.. non vorrei mai andare da lui
ma in fondo sento la voglia di rincontrarlo di sputargli in faccia tutti i miei pensieri… quei pensieri
che per 40 giorni mi hanno rovinato la vita…. Dopo alcuni minuti trovo la forza, gli mando un
messaggio con scritto “ok ci vediamo oggi pomeriggio alle 18”.. sto malissimo, sono molto agitata,
pensare a lui, quella persona meschina mi mette i brividi... già mi sono pentita della mia decisione..
sono le 17:30 inizio a incamminarmi verso quel vicolo che incute paura, d'altronde non mi potevo
aspettare qualcosa di meglio da quell’essere viscido… quando sono a pochi metri nell’oscurità scorgo
la sua auto.. quei vetri oscuri… e lui è li!!!!!! Il mio respiro si affanna... ho paura... mi avvicino ma
improvvisamente...
Squilla il cellulare, guardo il numero, finisce con 370, è Alessandro...Chiudo la chiamata, ma lui
continua a chiamare e mandare sms, decido di spegnere il cellulare. Mi avvicino alla macchina,
guardo dentro e lo fisso negli occhi, è solo. Abbassa il finestrino mi chiede di salire, ci penso.... ma alla
fine decido di assecondarlo e salgo....
Non ho la forza di guardarlo in faccia e di parlagli, intanto partiamo, mi porta in un luogo appartato.
Subito mi pento di essere salita, ho un pensiero fisso, si ripeterà di nuovo? Ma invece, mi guarda e
con voce dispiaciuta mi chiede scusa, perché non era in se quella sera, perché anche lui come me
aveva preso per la prima volta quella pasticca. Non so se perdonarlo, scendo dall'auto e inizio a
correre verso casa...
Arrivo a casa e trovo Alessandro con mia madre, iniziano a chiedere spiegazioni riguardo al mio
comportamento strano. Lui sa tutto, è nervoso, è stata Luisa, la sua migliore amica che era con me
quella sera in discoteca e ha visto tutto.
Inizio a raccontare la verità, Alessandro si arrabbia di più ma non con me, perché sa che non è stata
solo colpa mia. Sono confusa, non so cosa mi stia succedendo, il mio amore per Alessandro sembra
svanito.
Alessandro esce di casa intento a vendicarsi, va a prendere la pistola del padre...
Infuriato, Alessandro lo chiama per un confronto, lui però non si presenta e Alessandro va a cercarlo.
Lo trova, è al bar insieme a due belle ragazze. Lo invita ad uscire fuori dal bar ma lui rifiuta.
Alessandro lo aspetta sotto casa e inizia a parlargli. Lui fa finta di niente e continua a camminare,
Alessandro estrae la pistola dal giubbotto e gli spara due colpi. Lui cade a terra, dopo quattro ore di
agonia muore. Alessandro si da alla latitanza per un paio di giorni e mi lascia una lettera chiedendomi
scusa per quello che ha fatto, ma l'ha fatto solo per me.
Dopo un paio di giorni si costituisce e finalmente io ho ritrovato la pace anche se dispiaciuta per
Alessandro, che per me si è rovinato la vita.
Ferite - Francesca
di Innovativ, The Best
Spero che Dio sia femmina e gliela faccia pagare a quel porco. Sorridere a un ragazzo, ballare con lui,
bere assieme: messaggi di simpatia, voglia di amicizia - - - nient’altro. Un bravo ragazzo, gente per
bene. Che faccio ora? Lo dico ai miei? Vado a denunciarlo o vado in ospedale? Ma io sto bene, non
sono sconvolta, non sento dolore. Ho solo tanta rabbia con me stessa. Non dovevo vestirmi come fa
Giusy, truccarmi, fumare - - - e poi il Rainbow, lo dicono tutti che circola droga.
E’ tutta colpa mia, diranno che ero d’accordo, che sono sballata, una prostituta da bollare per sempre.
Alessandro come la prenderà? Non gli ho detto della discoteca, non mi avrebbe dato il permesso, è
così geloso e possessivo.
Tacere, tenermi tutto dentro. Così devo fare! Parino è un paese troppo arretrato, nessuno capirebbe,
sarei condannata da tutti e lui, miserabile porco, figlio di papà la farebbe franca, con i soldi si compra
tutto!
Se potessi tornare indietro. Mi basterebbero solo poche ore e qualche minuto e il sole tornerebbe
luminoso, il cielo azzurro, la vita una splendida avventura appena incominciata.
Mi sono imbottigliata in un tubo di cemento: il buio mi divora, l’aria mi manca, non sono padrona di
me stessa, ho perso il controllo della mia vita. I miei sogni – - - dove sono andati a finire i miei
stramaledetti sogni: una donna sicura, intraprendente, libera da paure e pregiudizi.
Mi sento come se fossi intrappolata in un incubo dal quale non riesco più a svegliarmi. Mi sono
trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato, per la mia voglia di divertirmi entrando in quegli
schemi di vita che non mi appartengono. La domanda alla quale non so trovare risposta è sempre la
stessa: cosa dovrò fare? Stare zitta e soffrire in silenzio, o rendere qualcuno partecipe del mio dolore,
in modo che quella bestia non la possa passare liscia? Ma se facessi così la mia famiglia, Alessandro,
cosa penseranno di me?
In questo momento ho solo la rude immagine di quei terribili momenti. Sono trascorsi due giorni,
non riesco a levarmi la sensazione di avere il suo corpo sul mio,le sue mani su di me, senza il mio
consenso, distruggendo la mia dignità. Non voglio incontrare nessuno e fingo un influenza, ma
Alessandro ha capito che qualcosa in me non va. All'ennesima chiamata decido di rispondere ma noto
un numero che non è il suo, avvicino il cellulare all'orecchio e alle prime parole che sento un flash di
attimi e immagini mi inonda la testa. Mi viene da piangere, da urlare. Riattacco ma non finisce qua,
continui messaggi e chiamate rendono la mia vita un'inferno.
Oggi è festa, esco con la mia famiglia, c'è molta gente come ogni anno, ma fra tanti riconosco il suo
volto. Non so spiegare le sensazioni che sto provando, ma decido di tornare a casa inventando dello
studio arretrato. Cammino velocemente guardandomi continuamente dietro, come se lui mi stesse
seguendo. Sono a casa, ricevo un sms, c'è scritto: "Ti voglio come quella sera" è lui, quell'animale che
mi ha rubato l'anima.
Sono passati quaranta giorni, non vivo più, ho bisogno di parlare.
Trovo dentro di me la forza di rispondere a quel messaggio, “non mi avrai mai come quella sera
PORCO”, lui mi risponde subito :“se sei coraggiosa incontriamoci nel vicolo 56”…… e li dentro di me i
pensieri mi affiorano a migliaia…. Mille domande mi sorgono in mente.. non vorrei mai andare da lui
ma in fondo sento la voglia di rincontrarlo di sputargli in faccia tutti i miei pensieri… quei pensieri
che per 40 giorni mi hanno rovinato la vita…. Dopo alcuni minuti trovo la forza, gli mando un
messaggio con scritto “ok ci vediamo oggi pomeriggio alle 18”.. sto malissimo, sono molto agitata,
pensare a lui, quella persona meschina mi mette i brividi... già mi sono pentita della mia decisione..
sono le 17:30 inizio a incamminarmi verso quel vicolo che incute paura, d'altronde non mi potevo
aspettare qualcosa di meglio da quell’essere viscido… quando sono a pochi metri nell’oscurità scorgo
la sua auto.. quei vetri oscuri… e lui è li!!!!!! Il mio respiro si affanna... ho paura... mi avvicino ma
improvvisamente...
Nel momento in cui sono ad un passo da quell'auto,da lui,da quell'individuo non degno di essere
chiamato uomo ,improvvisamente arriva Alessandro,mi chiede delle spiegazioni ma l'unica risposta
logica che so dare è che mi stavo recando a casa di Lucia la mia amica. Non avrei mai potuto rivelare
ciò che realmente stava succedendo.
Mi accompagna Ale e, senza nemmeno un preavviso, suono il campanello. Lucia mi abbraccia mentre
inizio a piangere a dirotto e capisce che è successo qualcosa. Le racconto tutto. La sua reazione era
prevedibile. Si infuria, mi rimprovera per aver messo in pericolo per l'ennesima volta la mia vita
accettando di incontrare quello squilibrato.
Non so cosa avrei voluto ottenere,forse la dignità che mi ha rubato quella sera abusando di me,o forse
avrei voluto dimostrargli che io sono più forte di lui,che non continuerò a stare in silenzio ed a subire
le sue angherie
Richiamo Alessandro per venirmi a prendere, facciamo una passeggiata prima di tornare a casa.
Arriviamo,ma la scena che mi aspetta è definita abbastanza da farmi capire che tutti sanno tutto.
Lucia è seduta fra i miei genitori.
Lucia aveva raccontato tutto ai miei… mio padre, nero dalla rabbia, non aveva il coraggio di
guardarmi in faccia. Mia madre disperata stava quasi per svenire... e adesso?? Cosa faccio?? Mi sono
stufata di tutto… in preda al panico spalanco la finestra prendo la rincorsa… tento il suicidio quando,
ad un tratto, Alessandro butta giù la porta e mi afferra dalla maglietta. Mi getto tra le sue braccia in
lacrime… mi tranquillizza... adesso sembra che tutto si sia stabilizzato… ci gettiamo sul letto e
decidiamo insieme di non dire niente ai miei, per far sì che non si preoccupino… facciamo l’amore…
lui mi stringe forte… i nostri corpi si uniscono. Dopo un paio di settimane scopro di essere incinta…
comincia una nuova vita felice, dimenticando il passato.
Ferite - Francesca
di Innovativ, The Best
Spero che Dio sia femmina e gliela faccia pagare a quel porco. Sorridere a un ragazzo, ballare con lui,
bere assieme: messaggi di simpatia, voglia di amicizia - - - nient’altro. Un bravo ragazzo, gente per
bene. Che faccio ora? Lo dico ai miei? Vado a denunciarlo o vado in ospedale? Ma io sto bene, non
sono sconvolta, non sento dolore. Ho solo tanta rabbia con me stessa. Non dovevo vestirmi come fa
Giusy, truccarmi, fumare - - - e poi il Rainbow, lo dicono tutti che circola droga.
E’ tutta colpa mia, diranno che ero d’accordo, che sono sballata, una prostituta da bollare per sempre.
Alessandro come la prenderà? Non gli ho detto della discoteca, non mi avrebbe dato il permesso, è
così geloso e possessivo.
Tacere, tenermi tutto dentro. Così devo fare! Parino è un paese troppo arretrato, nessuno capirebbe,
sarei condannata da tutti e lui, miserabile porco, figlio di papà la farebbe franca, con i soldi si compra
tutto!
Che ipocrita che sono stata, il solo pensiero mi tormenta. Se solo penso alle sue mani viscide, alla sua
voce irritante, ai suoi modi violenti, si crea dentro di me un forte senso di malinconia, di delusione,
angoscia.
Mi sento persa, dentro me, la mia vita non ha più alcun senso… Da quel giorno quel mio carattere
allegro e spensierato che mi caratterizzava è cambiato, adesso sono un’altra persona, chiusa,
riservata, insicura di me stessa e delle mie capacità… ho perso i miei valori… i giorni passano ma la
situazione non cambia, anzi, peggiora.
Quindi arrivo alla decisione di sfogarmi con qualcuno... ma con chi? Mia madre è troppo all’antica,
non capirebbe mai… mio padre, non ne parliamo... allora cerco conforto in Lucia, la mia cara amica,
lei si che capirebbe.
Ci incontriamo davanti scuola, comincio a raccontargli tutto di quel maledetto sabato... lei cerca di
consigliarmi dicendomi di denunciarlo, ma io le spiego che è troppo potente e potrebbe corrompere
chiunque.
Dopo essermi sfogata con lei incomincio a sentire quel senso di spensieratezza, di libertà. Saluto
Lucia e decido di tornare a casa... ma mentre m’incammino rivedo quel porco al semaforo... scatta il
verde, tocca a me passare, dubito se andare o no, c’ è una vocina dentro me però che mi da coraggio…
decido di passare... i nostri sguardi s’incrociano... ma improvvisamente lui accelera, mi travolge.
L’impatto è violentissimo, sento solo per una manciata di secondi l’asfalto freddo, da quel momento
non ricordo più niente... solo il buio.
Apro gli occhi, la sensazione che provo è indescrivibile, incontro i miei genitori e scopro di esser stata
in coma due giorni. Non ricordo nulla. Torno a casa dopo una settimana e Alessandro non mi lascia
un attimo da sola. Nonostante i ricordi soffusi cerco di capire la dinamica dell'incidente,pian piano i
momenti prima dello scontro riaffiorano. E' stato lui, ricordo il suo sguardo, voleva uccidermi e c'era
quasi riuscito.
Agli atti dei carabinieri risulta che sia stata un'auto pirata a travolgermi e che le ricerche non hanno
prodotto buon esito.
Decido finalmente di affrontare l'argomento e di raccontare tutto: da quella sera, alle chiamate e ai
messaggi, fino ad arrivare all'incidente.
Nessuno mi giudica, la mia famiglia mi comprende e m’incoraggia a denunciare. Alessandro non dice
nulla, ha la rabbia negli occhi, non smette un attimo di abbracciarmi.
Insieme mi danno la forza di andare dai Carabinieri e sporgere denuncia. E' mattina, ci rechiamo alla
Stazione di comando e comincio a raccontare tutto. Gli agenti rimangono sbalorditi ma lo sono ancor
di più quando scoprono che l'uomo che ha compiuto questo gesto è stato proprio un loro superiore.
Oddio! E subito dentro di me nasce una domanda “E adesso? Come andrà a finire?”
Lo sapevo che in qualche modo sarebbe riuscito a farla franca!
Nel frattempo un dolore alla testa mi assale, non riesco più a parlare, a ragionare, a pensare…
riferisco tutto a mamma che decide di portarmi a fare un controllo. Il risultato mi viene nascosto, ma
dopo poco scopro di avere un ematoma al cervello che si sta estendendo velocemente… piango,
piango e ripiango… mi operano d’urgenza. Mentre entro nella sala operatoria rivivo tutti i momenti
della mia vita… gli ultimi dolori… la separazione dei miei… lo stupro… l’incidente... il coma… la mia
vita fa schifo! Non ricordo un attimo bello… fortunatamente l’operazione va bene… al mio risveglio
trovo Alessandro al capezzale del letto tutto insanguinato perché aveva affrontato il mio stupratore e
mi racconta l'episodio...
Una sera, in un bar, gli si avvicinò e con parole offensive raccontò tutto ciò che era successo. La
risposta di Alessandro la dedussi dai segni che riportava sul viso. Ma ormai non avevo più paura di
niente. Nel frattempo le indagini proseguirono in modo riservato fino al giorno in cui fummo
convocati in tribunale.
La prima cosa che notai fu che il giudice era una donna e dentro di me mi sentii risollevata. Pensai
che lei, forse, avrebbe compreso meglio il mio dolore e le ferite che mi portavo dentro. Iniziò il
processo ed io fui la prima a deporre Raccontai tutto dal principio senza far trasparire nessuna
emozione, se non quella del desiderio di giustizia che avevo. Il giudice mi ascoltò attentamente, dopo
chiamò a deporre il mio aguzzino. Stette in silenzio, senza nemmeno cercare scuse per giustificare il
ripugnante gesto che aveva compiuto, convinto che il suo cognome gli avrebbe evitato la pena.
Durante la lettura della sentenza capii che finalmente stavo ricevendo la mia giustizia. La condanna
fu di 4 anni e 5 mesi di reclusione, sempre pochi per ciò che quell'individuo aveva fatto. Quella donna
che in quel momento rappresentava la Legge riuscì a trasmettere in modo chiaro che la legge è uguale
per tutti, a prescindere dal cognome che si porta.
Ferite - Alessandra
di Green Rose, Distorted fables, Distorted flabes2
Spero che Dio sia femmina e gliela faccia pagare a quel porco. Sorridere a un ragazzo, ballare con lui,
bere assieme: messaggi di simpatia, voglia di amicizia - - - nient’altro. Un bravo ragazzo, gente per
bene. Che faccio ora? Lo dico ai miei? Vado a denunciarlo o vado in ospedale? Ma io sto bene, non
sono sconvolta, non sento dolore. Ho solo tanta rabbia con me stessa. Non dovevo vestirmi come fa
Giusy, truccarmi, fumare - - - e poi il Rainbow, lo dicono tutti che circola droga.
E’ tutta colpa mia, diranno che ero d’accordo, che sono sballata, una prostituta da bollare per sempre.
Alessandro come la prenderà? Non gli ho detto della discoteca, non mi avrebbe dato il permesso, è
cosi geloso e possessivo.
Tacere, tenermi tutto dentro. Così devo fare! Parino è un paese troppo arretrato, nessuno capirebbe,
sarei condannata da tutti e lui, miserabile porco, figlio di papà la farebbe franca, con i soldi si compra
tutto!
Se potessi tornare indietro. Mi basterebbero solo poche ore e qualche minuto e il sole tornerebbe
luminoso, il cielo azzurro, la vita una splendida avventura appena incominciata.
Mi sono imbottigliata in un tubo di cemento: il buio mi divora, l’aria mi manca, non sono padrona di
me stessa, ho perso il controllo della mia vita. I miei sogni – - - dove sono andati a finire i miei
stramaledetti sogni: una donna sicura, intraprendente, libera da paure e pregiudizi.
Penso continuamente al momento in cui mi disse: "dai, andiamo a fare una chiaccherata!". Ed io che
era stracotta di lui, non ci pensai due volte. Non avrei mai pensato che il ragazzo più figo della scuola
si fosse potuto avvicinare a me. Subito lo seguii. D'altronde mi ero vestita, truccata ed atteggiata
proprio per farmi notare da lui.
Mi portò nella saletta privata del locale. Ci sedemmo e iniziammo a parlare. Con i suoi sguardi mi
faceva sentire la ragazza più bella del mondo!
Ma, dopo pochi istanti mi accorsi che i suoi sguardi divenivano sempre più ambigui. Era come se
volesse scoprire cosa ci fosse sotto i miei abiti. Allora mi chiesi "ma cosa mai vorrà da me?" era come
se volesse tutt'altro che una semplice chiacchierata. Mi alzai da quel divanetto di velluto rosso che
quasi riprendeva il colore delle mie labbra, ma di seguito si alzò anche lui, mi spinse e mi afferrò con
una forza tale da impedirmi qualsiasi movimento. Sentii le sue orribili mani sul mio corpo che
afferravano la mia gonna nera che Vanessa mi aveva dato appositamente per la serata. Urlai, ma la
musica era talmente alta che neanche il più terribile dei rumori si sarebbe potuto sentire. Cercai di
muovermi ma le mie forze stavano ormai assottigliandosi.
Allora decisi di pregare sperando che quel momento potesse finire presto.
Stamattina mi sono svegliata,sono scesa a fare colazione e la prima cosa che noto è il sorriso di mia
madre. Quel sorriso pieno di felicità, di amore. Ricambio ,come meglio posso. se solo sapesse quanto
mi è difficile sorridere. La guardo in silenzio, è cosi dannatamente felice. Ho voglia di raccontarle
tutto, ma non voglio che quel sorriso scompaia. Non voglio che anche lei inizi a soffrire per me.
Mi tremano le gambe. Cosi decido di andare. Salgo in camera, mi preparo e vado a scuola. Non faccio
in tempo ad arrivare che incontro Giusy che mi corre incontro. È insopportabile, continua a parlarmi
di quella maledetta sera, di quanto si sia divertita. Mi chiede com’è andata, che ho fatto, perché sono
sparita per un po’. Mi tornano in mente quei momenti e provo con tutta me stessa di mandarli via.
Cerco di evitarla, di cambiare argomento. Ma è troppo insistente. Così le dico che sono stata male per
il troppo bere. E mi allontano.
Cammino in silenzio ascoltando tutto ciò che mi circonda. Ad un tratto lo vedo, eccolo lì, il porco.
Sorride e scherza come se niente fosse. Rimango immobile a guardarlo senza riuscire a muovermi.
Lui si accorge di me, mi osserva con la coda dell’occhio e fa finta di niente. Quel maledetto bastardo,
vorrei corrergli incontro e iniziare ad urlare. Lo guardo negli occhi, quegli occhi grigi che mi hanno
provocato tanto dolore. Il suo sguardo è sicuro, senza vergogna, fiero. È un vigliacco. Con gli occhi
pieni di rabbia mi allontano. Vado in classe, mi siedo sola. Non ho voglia di parlare. Voglio stare sola.
La giornata prosegue lenta e interminabile. Torno a casa, mi rifugio in camera mia, come ormai da
giorni.
Passano le settimane e tutto resta uguale. Continuo a soffrire in silenzio e guardare il mondo con gli
occhi di una ragazza morta dentro. Non riesco a vedere la bellezza delle cose intorno a me, non vedo
più i colori del tramonto, dell’alba. Tutto dannatamente morto. Sono stanca e delusa.
Ho chiuso con Alessandro. L’idea che un altro ragazzo possa toccarmi ora mi devasta. Lui continua a
chiamare per avere una spiegazione. Ma non posso raccontargli tutto. Non ora, non sono pronta.
Eppure sono passati talmente tanti giorni che la voglia di parlare è forte.
Ieri mia madre mi ha sentito piangere. È entrata in camera e mi ha abbracciata. Continuava a
ripetermi che con lei potevo sfogarmi, che non ci sarebbe stato alcun problema, che lei ci sarebbe
sempre stata.
Quant’è grande l’amore di una madre. Sento che con lei posso sfogarmi, forse è l’unica che riuscirebbe
ad aiutarmi. Ho veramente bisogno di sfogo.
È sera e scendo giù a cenare. Mio padre stasera rimane a lavoro fino a tardi. Siamo io e mia madre,
cosi decido di parlarle. Ho voglia di togliermi questo peso che mi porto ormai da troppo tempo
dentro. Ho voglia di sfogarmi, di piangere tra le braccia della donna più importante della mia vita. Lei
è seduta a tavola e mi guarda, come se già sapesse quello che ho da raccontarle. Non dice nulla,
aspetta che sia io a parlare per prima. Mi trema la voce, ho un nodo in gola, e lacrime involontarie
bagnano il mio viso. Cosi la rabbia insieme alle parole che per giorni e giorni ho taciuto iniziano a
venirne fuori come un fiume in piena . Fa male. Fa male rivivere quegli attimi. Vedo gli occhi di mia
madre che mi guardano con dolcezza e allo stesso tempo compassione.
Non è arrabbiata. È preoccupata per me. Si avvicina, mi abbraccia e inizia a piangere. Continua a
ripetermi che andrà tutto bene, che dovevo parlarne prima, non dovevo affrontare tutto questo da
sola.
Stare tra le sue braccia è come se fossi nel posto più sicuro del mondo, come se nessuno potesse farmi
più del male. Avrei voluto che quell’attimo non finisse più.
Per la prima volta dopo quel giorno mi sentii protetta. Mia madre aspettò che mi calmassi, poi
insieme decidemmo di denunciare. Quella fu la notte più lunga della mia vita, non feci altro che
pensare cosa sarebbe accaduto una volta denunciato il porco. Sapevo che suo padre era un ricco e
potente avvocato. Sapevo che sarebbe stata una battaglia difficile, e per un attimo pensai che sarebbe
stata una lotta persa. Ma ero pronta ad affrontarlo, volevo guardarlo negli occhi per esprimergli tutta
la mia rabbia, gridargli tutto il male che mi aveva fatto. L'indomani ci recammo in caserma e
denunciammo. quando lo rividi era il giorno del processo, lui era accompagnato da suo padre e da
una folta schiera di avvocati pronti a difendere l'indifendibile. Io strinsi forte la mano di mia madre
che mi sussurrò: "stai tranquilla, andrà tutto bene amore". Il processo fu lungo. Domande, risposte,
supposizioni. Ero stanca. Volevo giustizia, doveva pagarla quel bastardo. Dopo vari ed estenuanti
incontri in tribunale, arrivò il giorno della sentenza. Temevo che anche questa volta lui avrebbe avuto
la meglio su di me. In aula un silenzio assordante, mi faceva tremendamente paura. Quando il giudice
entrò in aula, iniziò a leggere, il mio cuore batteva forte come se volesse uscire dal petto. Ma pian
piano capii che la sentenza era a mio favore, guardai lui, vidi che era sconvolto non avrebbe mai
pensato che io avessi potuto vincere. Da quel momento capii che dovevo riprendere in mano la mia
vita e credere di nuovo nei miei sogni. Ora sono una Donna, donna più forte di prima!
Ferite - Alessandra
di Green Rose, Distorted fables, Distorted flabes2, Girasole
Spero che Dio sia femmina e gliela faccia pagare a quel porco. Sorridere a un ragazzo, ballare con lui,
bere assieme: messaggi di simpatia, voglia di amicizia - - - nient’altro. Un bravo ragazzo, gente per
bene. Che faccio ora? Lo dico ai miei? Vado a denunciarlo o vado in ospedale? Ma io sto bene, non
sono sconvolta, non sento dolore. Ho solo tanta rabbia con me stessa. Non dovevo vestirmi come fa
Giusy, truccarmi, fumare - - - e poi il Rainbow, lo dicono tutti che circola droga.
E’ tutta colpa mia, diranno che ero d’accordo, che sono sballata, una prostituta da bollare per sempre.
Alessandro come la prenderà? Non gli ho detto della discoteca, non mi avrebbe dato il permesso, è
cosi geloso e possessivo.
Tacere, tenermi tutto dentro. Così devo fare! Parino è un paese troppo arretrato, nessuno capirebbe,
sarei condannata da tutti e lui, miserabile porco, figlio di papà la farebbe franca, con i soldi si compra
tutto!
Se potessi tornare indietro. Mi basterebbero solo poche ore e qualche minuto e il sole tornerebbe
luminoso, il cielo azzurro, la vita una splendida avventura appena incominciata.
Mi sono imbottigliata in un tubo di cemento: il buio mi divora, l’aria mi manca, non sono padrona di
me stessa, ho perso il controllo della mia vita. I miei sogni – - - dove sono andati a finire i miei
stramaledetti sogni: una donna sicura, intraprendente, libera da paure e pregiudizi.
Penso continuamente al momento in cui mi disse: "dai, andiamo a fare una chiaccherata!". Ed io che
era stracotta di lui, non ci pensai due volte. Non avrei mai pensato che il ragazzo più figo della scuola
si fosse potuto avvicinare a me. Subito lo seguii. D'altronde mi ero vestita, truccata ed atteggiata
proprio per farmi notare da lui.
Mi portò nella saletta privata del locale. Ci sedemmo e iniziammo a parlare. Con i suoi sguardi mi
faceva sentire la ragazza più bella del mondo!
Ma, dopo pochi istanti mi accorsi che i suoi sguardi divenivano sempre più ambigui. Era come se
volesse scoprire cosa ci fosse sotto i miei abiti. Allora mi chiesi "ma cosa mai vorrà da me?" era come
se volesse tutt'altro che una semplice chiacchierata. Mi alzai da quel divanetto di velluto rosso che
quasi riprendeva il colore delle mie labbra, ma di seguito si alzò anche lui, mi spinse e mi afferrò con
una forza tale da impedirmi qualsiasi movimento. Sentii le sue orribili mani sul mio corpo che
afferravano la mia gonna nera che Vanessa mi aveva dato appositamente per la serata. Urlai, ma la
musica era talmente alta che neanche il più terribile dei rumori si sarebbe potuto sentire. Cercai di
muovermi ma le mie forze stavano ormai assottigliandosi.
Allora decisi di pregare sperando che quel momento potesse finire presto.
Stamattina mi sono svegliata,sono scesa a fare colazione e la prima cosa che noto è il sorriso di mia
madre. Quel sorriso pieno di felicità, di amore. Ricambio ,come meglio posso. se solo sapesse quanto
mi è difficile sorridere. La guardo in silenzio, è cosi dannatamente felice. Ho voglia di raccontarle
tutto, ma non voglio che quel sorriso scompaia. Non voglio che anche lei inizi a soffrire per me.
Mi tremano le gambe. Cosi decido di andare. Salgo in camera, mi preparo e vado a scuola. Non faccio
in tempo ad arrivare che incontro Giusy che mi corre incontro. È insopportabile, continua a parlarmi
di quella maledetta sera, di quanto si sia divertita. Mi chiede com’è andata, che ho fatto, perché sono
sparita per un po’. Mi tornano in mente quei momenti e provo con tutta me stessa di mandarli via.
Cerco di evitarla, di cambiare argomento. Ma è troppo insistente. Così le dico che sono stata male per
il troppo bere. E mi allontano.
Cammino in silenzio ascoltando tutto ciò che mi circonda. Ad un tratto lo vedo, eccolo lì, il porco.
Sorride e scherza come se niente fosse. Rimango immobile a guardarlo senza riuscire a muovermi.
Lui si accorge di me, mi osserva con la coda dell’occhio e fa finta di niente. Quel maledetto bastardo,
vorrei corrergli incontro e iniziare ad urlare. Lo guardo negli occhi, quegli occhi grigi che mi hanno
provocato tanto dolore. Il suo sguardo è sicuro, senza vergogna, fiero. È un vigliacco. Con gli occhi
pieni di rabbia mi allontano. Vado in classe, mi siedo sola. Non ho voglia di parlare. Voglio stare sola.
La giornata prosegue lenta e interminabile. Torno a casa, mi rifugio in camera mia, come ormai da
giorni.
Passano le settimane e tutto resta uguale. Continuo a soffrire in silenzio e guardare il mondo con gli
occhi di una ragazza morta dentro. Non riesco a vedere la bellezza delle cose intorno a me, non vedo
più i colori del tramonto, dell’alba. Tutto dannatamente morto. Sono stanca e delusa.
Ho chiuso con Alessandro. L’idea che un altro ragazzo possa toccarmi ora mi devasta. Lui continua a
chiamare per avere una spiegazione. Ma non posso raccontargli tutto. Non ora, non sono pronta.
Eppure sono passati talmente tanti giorni che la voglia di parlare è forte.
Ieri mia madre mi ha sentito piangere. È entrata in camera e mi ha abbracciata. Continuava a
ripetermi che con lei potevo sfogarmi, che non ci sarebbe stato alcun problema, che lei ci sarebbe
sempre stata.
Quant’è grande l’amore di una madre. Sento che con lei posso sfogarmi, forse è l’unica che riuscirebbe
ad aiutarmi. Ho veramente bisogno di sfogo.
È sera e scendo giù a cenare. Mio padre stasera rimane a lavoro fino a tardi. Siamo io e mia madre,
cosi decido di parlarle. Ho voglia di togliermi questo peso che mi porto ormai da troppo tempo
dentro. Ho voglia di sfogarmi, di piangere tra le braccia della donna più importante della mia vita. Lei
è seduta a tavola e mi guarda, come se già sapesse quello che ho da raccontarle. Non dice nulla,
aspetta che sia io a parlare per prima. Mi trema la voce, ho un nodo in gola, e lacrime involontarie
bagnano il mio viso. Cosi la rabbia insieme alle parole che per giorni e giorni ho taciuto iniziano a
venirne fuori come un fiume in piena . Fa male. Fa male rivivere quegli attimi. Vedo gli occhi di mia
madre che mi guardano con dolcezza e allo stesso tempo compassione.
Non è arrabbiata. È preoccupata per me. Si avvicina, mi abbraccia e inizia a piangere. Continua a
ripetermi che andrà tutto bene, che dovevo parlarne prima, non dovevo affrontare tutto questo da
sola.
Stare tra le sue braccia è come se fossi nel posto più sicuro del mondo, come se nessuno potesse farmi
più del male. Avrei voluto che quell’attimo non finisse più.
Lei, la donna più importante della mia esistenza, che già una volta mi ha dato la vita, ora per la
seconda volta mi ha fatto nascere.
Ho l'appoggio della mia famiglia e nessuna critica potrà mai buttarmi giù.
Non permetterò mai a nessuno di annientare la mia dignità come è già successo.
Sono una ragazza nuova...
Adesso, sono sicura di poter superare questo ostacolo immenso, con il suo aiuto potrò tornare a
vivere, a sognare e ad immaginare un futuro felice...
Ferite - Alessandra
di Green Rose, Distorted fables, Distorted flabes2, Missili :), Mela
Spero che Dio sia femmina e gliela faccia pagare a quel porco. Sorridere a un ragazzo, ballare con lui,
bere assieme: messaggi di simpatia, voglia di amicizia - - - nient’altro. Un bravo ragazzo, gente per
bene. Che faccio ora? Lo dico ai miei? Vado a denunciarlo o vado in ospedale? Ma io sto bene, non
sono sconvolta, non sento dolore. Ho solo tanta rabbia con me stessa. Non dovevo vestirmi come fa
Giusy, truccarmi, fumare - - - e poi il Rainbow, lo dicono tutti che circola droga.
E’ tutta colpa mia, diranno che ero d’accordo, che sono sballata, una prostituta da bollare per sempre.
Alessandro come la prenderà? Non gli ho detto della discoteca, non mi avrebbe dato il permesso, è
cosi geloso e possessivo.
Tacere, tenermi tutto dentro. Così devo fare! Parino è un paese troppo arretrato, nessuno capirebbe,
sarei condannata da tutti e lui, miserabile porco, figlio di papà la farebbe franca, con i soldi si compra
tutto!
Se potessi tornare indietro. Mi basterebbero solo poche ore e qualche minuto e il sole tornerebbe
luminoso, il cielo azzurro, la vita una splendida avventura appena incominciata.
Mi sono imbottigliata in un tubo di cemento: il buio mi divora, l’aria mi manca, non sono padrona di
me stessa, ho perso il controllo della mia vita. I miei sogni – - - dove sono andati a finire i miei
stramaledetti sogni: una donna sicura, intraprendente, libera da paure e pregiudizi.
Penso continuamente al momento in cui mi disse: "dai, andiamo a fare una chiaccherata!". Ed io che
era stracotta di lui, non ci pensai due volte. Non avrei mai pensato che il ragazzo più figo della scuola
si fosse potuto avvicinare a me. Subito lo seguii. D'altronde mi ero vestita, truccata ed atteggiata
proprio per farmi notare da lui.
Mi portò nella saletta privata del locale. Ci sedemmo e iniziammo a parlare. Con i suoi sguardi mi
faceva sentire la ragazza più bella del mondo!
Ma, dopo pochi istanti mi accorsi che i suoi sguardi divenivano sempre più ambigui. Era come se
volesse scoprire cosa ci fosse sotto i miei abiti. Allora mi chiesi "ma cosa mai vorrà da me?" era come
se volesse tutt'altro che una semplice chiacchierata. Mi alzai da quel divanetto di velluto rosso che
quasi riprendeva il colore delle mie labbra, ma di seguito si alzò anche lui, mi spinse e mi afferrò con
una forza tale da impedirmi qualsiasi movimento. Sentii le sue orribili mani sul mio corpo che
afferravano la mia gonna nera che Vanessa mi aveva dato appositamente per la serata. Urlai, ma la
musica era talmente alta che neanche il più terribile dei rumori si sarebbe potuto sentire. Cercai di
muovermi ma le mie forze stavano ormai assottigliandosi.
Allora decisi di pregare sperando che quel momento potesse finire presto.
Stamattina mi sono svegliata,sono scesa a fare colazione e la prima cosa che noto è il sorriso di mia
madre. Quel sorriso pieno di felicità, di amore. Ricambio ,come meglio posso. se solo sapesse quanto
mi è difficile sorridere. La guardo in silenzio, è cosi dannatamente felice. Ho voglia di raccontarle
tutto, ma non voglio che quel sorriso scompaia. Non voglio che anche lei inizi a soffrire per me.
Mi tremano le gambe. Cosi decido di andare. Salgo in camera, mi preparo e vado a scuola. Non faccio
in tempo ad arrivare che incontro Giusy che mi corre incontro. È insopportabile, continua a parlarmi
di quella maledetta sera, di quanto si sia divertita. Mi chiede com’è andata, che ho fatto, perché sono
sparita per un po’. Mi tornano in mente quei momenti e provo con tutta me stessa di mandarli via.
Cerco di evitarla, di cambiare argomento. Ma è troppo insistente. Così le dico che sono stata male per
il troppo bere. E mi allontano.
Cammino in silenzio ascoltando tutto ciò che mi circonda. Ad un tratto lo vedo, eccolo lì, il porco.
Sorride e scherza come se niente fosse. Rimango immobile a guardarlo senza riuscire a muovermi.
Lui si accorge di me, mi osserva con la coda dell’occhio e fa finta di niente. Quel maledetto bastardo,
vorrei corrergli incontro e iniziare ad urlare. Lo guardo negli occhi, quegli occhi grigi che mi hanno
provocato tanto dolore. Il suo sguardo è sicuro, senza vergogna, fiero. È un vigliacco. Con gli occhi
pieni di rabbia mi allontano. Vado in classe, mi siedo sola. Non ho voglia di parlare. Voglio stare sola.
La giornata prosegue lenta e interminabile. Torno a casa, mi rifugio in camera mia, come ormai da
giorni.
Passano le settimane e tutto resta uguale. Continuo a soffrire in silenzio e guardare il mondo con gli
occhi di una ragazza morta dentro. Non riesco a vedere la bellezza delle cose intorno a me, non vedo
più i colori del tramonto, dell’alba. Tutto dannatamente morto. Sono stanca e delusa.
Ho chiuso con Alessandro. L’idea che un altro ragazzo possa toccarmi ora mi devasta. Lui continua a
chiamare per avere una spiegazione. Ma non posso raccontargli tutto. Non ora, non sono pronta.
Eppure sono passati talmente tanti giorni che la voglia di parlare è forte.
Ieri mia madre mi ha sentito piangere. È entrata in camera e mi ha abbracciata. Continuava a
ripetermi che con lei potevo sfogarmi, che non ci sarebbe stato alcun problema, che lei ci sarebbe
sempre stata.
Quant’è grande l’amore di una madre. Sento che con lei posso sfogarmi, forse è l’unica che riuscirebbe
ad aiutarmi. Ho veramente bisogno di sfogo.
Il giorno successivo, dopo una notte insonne, qualcosa scatta in me.. è il coraggio, il coraggio di
raccontare tutto, il coraggio di sfogarmi e di chiedere finalmente aiuto. Corro da mia madre, la mia
unica ancora di salvezza, lei solo con un sguardo capisce tutto, capisce che è arrivato il momento che
aspettava, che finalmente sono pronta. Ci sediamo sul divano, scoppio a piangere.. il timore di quello
che lei potrebbe pensare è tanto, ma tra un singhiozzo e l'altro racconto tutto la storia. Mi sento
libera.. libera da un peso che portavo dentro ormai da troppo tempo e che mi lacerava sempre di più.
Non disse una parola, ma mi guardò con occhi pieni d'amore e mi abbracciò. Quell'abbraccio valeva
più di mille parole, mi fece rinascere. Fu proprio quell'abbraccio che mi diede la forza di ricominciare.
Da quel momento in poi ho capito che la mia vita non doveva essere più così passiva. Non potevo
impedire agli altri di relazionarsi con me, non potevo impedire ad Ale di dimostrarmi il suo amore...
Ferite - Alessandra
di Tropea2, castagna
Spero che Dio sia femmina e gliela faccia pagare a quel porco. Sorridere a un ragazzo, ballare con lui,
bere assieme: messaggi di simpatia, voglia di amicizia - - - nient’altro. Un bravo ragazzo, gente per
bene. Che faccio ora? Lo dico ai miei? Vado a denunciarlo o vado in ospedale? Ma io sto bene, non
sono sconvolta, non sento dolore. Ho solo tanta rabbia con me stessa. Non dovevo vestirmi come fa
Giusy, truccarmi, fumare - - - e poi il Rainbow, lo dicono tutti che circola droga.
E’ tutta colpa mia, diranno che ero d’accordo, che sono sballata, una prostituta da bollare per sempre.
Alessandro come la prenderà? Non gli ho detto della discoteca, non mi avrebbe dato il permesso, è
cosi geloso e possessivo.
Tacere, tenermi tutto dentro. Così devo fare! Parino è un paese troppo arretrato, nessuno capirebbe,
sarei condannata da tutti e lui, miserabile porco, figlio di papà la farebbe franca, con i soldi si compra
tutto!
Se potessi tornare indietro. Mi basterebbero solo poche ore e qualche minuto e il sole tornerebbe
luminoso, il cielo azzurro, la vita una splendida avventura appena incominciata.
Mi sono imbottigliata in un tubo di cemento: il buio mi divora, l’aria mi manca, non sono padrona di
me stessa, ho perso il controllo della mia vita. I miei sogni – - - dove sono andati a finire i miei
stramaledetti sogni: una donna sicura, intraprendente, libera da paure e pregiudizi.
Ieri a scuola Giusy mi aveva convinta ad andare con lei e un gruppo di suoi amici al Rainbow, ma in
realtà io non ero così sicura di volerci andare. Giusy era la tipica ragazza di paese, il cui pensiero fisso
era cambiare ragazzo ogni fine settimana. Di questo si vantava sempre; aveva un bell'aspetto: capelli
neri e lunghi, né magra né grassa, aveva delle belle curve (e io le invidiavo molto), molti ragazzi le
stavano dietro. Nel gruppo c'era anche Pierpaolo, un ragazzo carino. Aveva i capelli castani un po’
mossi e gli occhi di un colore che si avvicinava a quello del ghiaccio, attraverso il suo sguardo mi
perdevo in mille pensieri. Era davvero affascinante, il tipico bravo ragazzo ordinato e affabile, ma che
sapeva il fatto suo. Eppure chi lo avrebbe mai detto che avrebbe avuto una reazione del genere?!
Era solo una serata diversa dal solito! Non ho detto niente ad Alessandro. Ultimamente le cose non
vanno molto bene tra noi, lui è più geloso del solito, non mi permette di fare niente. Se lo avesse
saputo avremmo litigato per l’ennesima volta, e non ne avevo voglia visto che ogni volta che
litighiamo finisce sempre peggio. Avevo bisogno di staccare, solo una serata per distrarmi, cambiare
la routine…almeno per una sera. Tutti vanno in discoteca, non c’è niente di male, ma col senno di poi
avrei preferito essere rimasta fedele alle mie abitudini.
Ieri pomeriggio Giusy ha invitato me e le altre a casa sua per scegliere i vestiti da indossare al
Rainbow e per truccarci. Io non sono una ragazza che si trucca spesso, giusto un filo di matita. Non ho
vestiti adatti a queste occasioni, i miei genitori sono dei tipi all’antica con la solita mentalità chiusa
della gente di paese. A loro avevo detto solo che sarei andata a dormire a casa di Giusy; mio padre non
mi avrebbe mai permesso di andare in una discoteca con le mie amiche a “soli” 17 anni, tanto meno
conciata in quel modo! Mentre Morena mi truccava mi sentivo abbastanza fuori luogo, non ero per
niente abituata a tutto quel trucco! Il rossetto rosso carminio faceva un contrasto sulla mia
carnagione chiara. I lunghi capelli biondi raccolti in una coda che dicevano facesse "risaltare le
labbra". Il vestito che Giusy mi aveva prestato era molto corto e aderente anche per me,
probabilmente non le sta più. Non sono abituata a questo tipo di vestiti di colori accesi e pieni di
paillettes e a indossare scarpe con tacco 12, mi sentivo nuda. “Non sono più io” pensavo guardandomi
allo specchio, mi ero fatta influenzare troppo. Se avessi ragionato solo con il mio cervello non avrei
mai fatto una cosa del genere. Davanti a quello specchio vedevo un’altra me.
Appena entrata al Rainbow sono stata travolta dal rumore e dall’atmosfera caotica di quell’ambiente.
Tutta la folla e le luci intermittenti mi stordivano e mi facevano perdere il senso dell’orientamento,
provavo tante emozioni diverse nello stesso momento. Pierpaolo mi piaceva, quando mi ha proposto
di andare a prendere qualcosa al bar ho subito accettato, mi sono sentita considerata e questo mi
piaceva. Stavo bene con lui, ma era solo un amico. Non volevo che qualcuno mi vedesse sola con lui in
quel posto, io sto con Ale. In questo paese così piccolo si conoscono tutti e le voci corrono. Così ho
detto a Pierpaolo di tornare da tutti gli altri. Li abbiamo raggiunti nel cortile della discoteca, erano
seduti su delle panchine coperte da una tettoia, non capivo cosa stessero facendo. Pierpaolo ha preso
lo spinello che Morena aveva in mano e ha cominciato a fumare, la cosa mi metteva a disagio. Tutti
mi incitavano a provare, io avevo qualche tentazione (alla fine era solo una serata diversa dalle altre,
cosa mai poteva accadere?) però cercavo di resistere. Alla fine l’ho fatto. Ho fumato anche io i primi
due spinelli, non era così diverso da una sigaretta. Subito dopo ero pentita, non avrei dovuto farlo…
Poi non ci ho più pensato.
Siamo tornati in discoteca. Ero ancora più confusa, però mi stavo divertendo. Apprezzavo di più
quella musica e mi lasciavo trasportare senza badare agli odori e alla confusione di quel luogo.
Pierpaolo si è avvicinato da dietro e mi ha messo le mani sui fianchi, sentivo il suo respiro sul collo…
Tutto questo non mi preoccupava, mi sentivo assente e pur volendo non ero in grado di opporre
alcuna resistenza. Dopo qualche minuto ho sentito una stretta al braccio, qualcuno mi stava tirando
fuori dalla mischia. Era Pierpaolo. Mi ha portata nei bagni della discoteca ma non capivo il motivo per
cui stesse facendo tutto ciò; mi ha baciata… E questo non mi è dispiaciuto affatto.
Mi sono preoccupata solo subito dopo, quando ho sentito le sue luride mani sul mio corpo tremante,
che toccavano ogni centimetro della mia pelle. Ho iniziato ad urlare e a dirgli di andare via, di
lasciarmi stare, ma non dava peso alle mie parole. Nessuno mi sentiva, ero sola. Mi alzò il vestito e
quasi mi lasciò nuda. Urlavo, e quel porco continuava, provava piacere nel vedermi in quelle
condizioni. Non aveva nessuno scrupolo. Mi ha alzata e mi ha spinta al muro… Ricordarlo ancora mi
stravolge, provavo molto dolore. Quando finì mi sono ritrovata sola in quei bagni sudici.
Questa mattina, appena mi sono svegliata, ho pensato che fosse solo un orribile incubo, ci ho sperato.
In realtà non era così, tutto è successo realmente, lo potevo vedere anche dai segni sul mio corpo.
Come faccio adesso? In che modo lo dico ai miei genitori? E alle mie amiche? Cosa penserà di me la
gente? Di certo la mentalità della gente di paese non aiuta. Penseranno che sono una ragazza
irresponsabile, che non è capace di prendere decisioni proprie senza lasciarsi trasportare. E poi i miei
genitori sapevano che andavo a dormire da Giusy… Non mi danno mai un minimo di fiducia!
Mi sento tradita anche da loro. Ma soprattutto da Alessandro! È sempre stato troppo protettivo, tutti
sono sempre stati troppo protettivi, come se non confidassero in me e nelle mie capacità… Non è solo
colpa mia, mi sentivo in trappola e cercando di scappare mi sono ferita.
Sono persa ora, ferita, e non so come muovermi. Non sono libera neanche ora… Perché tutta la
società mi sta ancora violentando.
Ferite - Alessandra
di Green Rose, Distorted fables, Distorted flabes2, Missili :)
Spero che Dio sia femmina e gliela faccia pagare a quel porco. Sorridere a un ragazzo, ballare con lui,
bere assieme: messaggi di simpatia, voglia di amicizia - - - nient’altro. Un bravo ragazzo, gente per
bene. Che faccio ora? Lo dico ai miei? Vado a denunciarlo o vado in ospedale? Ma io sto bene, non
sono sconvolta, non sento dolore. Ho solo tanta rabbia con me stessa. Non dovevo vestirmi come fa
Giusy, truccarmi, fumare - - - e poi il Rainbow, lo dicono tutti che circola droga.
E’ tutta colpa mia, diranno che ero d’accordo, che sono sballata, una prostituta da bollare per sempre.
Alessandro come la prenderà? Non gli ho detto della discoteca, non mi avrebbe dato il permesso, è
cosi geloso e possessivo.
Tacere, tenermi tutto dentro. Così devo fare! Parino è un paese troppo arretrato, nessuno capirebbe,
sarei condannata da tutti e lui, miserabile porco, figlio di papà la farebbe franca, con i soldi si compra
tutto!
Se potessi tornare indietro. Mi basterebbero solo poche ore e qualche minuto e il sole tornerebbe
luminoso, il cielo azzurro, la vita una splendida avventura appena incominciata.
Mi sono imbottigliata in un tubo di cemento: il buio mi divora, l’aria mi manca, non sono padrona di
me stessa, ho perso il controllo della mia vita. I miei sogni – - - dove sono andati a finire i miei
stramaledetti sogni: una donna sicura, intraprendente, libera da paure e pregiudizi.
Penso continuamente al momento in cui mi disse: "dai, andiamo a fare una chiaccherata!". Ed io che
era stracotta di lui, non ci pensai due volte. Non avrei mai pensato che il ragazzo più figo della scuola
avesse potuto avvicinarsi a me, per questo lo seguii subito. D'altronde mi ero vestita, truccata ed
atteggiata proprio per farmi notare da lui. Mi portò nella saletta privata del locale, ci sedemmo e
iniziammo a parlare. Con i suoi sguardi mi faceva sentire la ragazza più bella del mondo, ma dopo
pochi istanti mi accorsi che i suoi sguardi divenivano sempre più ambigui . Era come se volesse
scoprire cosa ci fosse sotto i miei abiti. Allora mi chiesi "ma cosa mai vorrà da me?", era come se
volesse tutt'altro che una semplice chiaccherata . Mi alzai da quel divanetto di velluto rosso che quasi
riprendeva il colore delle mie labbra, ma di seguito si alzò anche lui, mi spinse e mi afferrò con una
forza tale da impedirmi qualsiasi movimento. Sentii le sue orribili mani sul mio corpo, mentre
afferravano la mia gonna nera, gonna che Vanessa mi aveva dato appositamente. Urlai, ma la musica
era talmente alta che neanche il più terribile dei rumori si sarebbe potuto sentire. Cercai di
muovermi, ma stavo ormai perdendo le mie forze. Allora decisi di pregare, sperando che quel
momento potesse finire presto.
Mi sveglio, scendo a fare colazione e la prima cosa che noto è il sorriso di mia madre. Quel sorriso
pieno di felicità, di amore. Ricambio come meglio posso. Se solo sapesse quanto mi è difficile
sorridere. La guardo in silenzio, è cosi dannatamente felice. Ho voglia di raccontarle tutto, ma non
voglio che quel sorriso scompaia. Non voglio che anche lei inizi a soffrire per me. Mi tremano le
gambe, così decido di andare via.
Salgo in camera, mi preparo e vado a scuola. Non faccio in tempo ad arrivare che incontro Giusy che
mi corre incontro. È insopportabile, continua a parlarmi di quella maledetta sera, di quanto si sia
divertita. Mi chiede com’è andata, che ho fatto, perché sono sparita per un po’. Mi tornano in mente
quei momenti e provo con tutta me stessa a mandarli via. Cerco di evitarla, di cambiare argomento,
ma è troppo insistente, così le dico che sono stata male per il troppo bere e mi allontano.
Cammino in silenzio ascoltando tutto ciò che mi circonda. Ad un tratto lo vedo, eccolo lì, il porco.
Sorride e scherza come se niente fosse. Rimango immobile a guardarlo senza riuscire a muovermi.
Lui si accorge di me, mi osserva con la coda dell’occhio e fa finta di niente. Quel maledetto bastardo,
vorrei corrergli incontro e iniziare ad urlare. Lo guardo negli occhi, quegli occhi grigi che mi hanno
provocato tanto dolore. Il suo sguardo è sicuro, senza vergogna, fiero. È un vigliacco. Con gli occhi
pieni di rabbia mi allontano. Vado in classe, mi siedo sola. Non ho voglia di parlare. Voglio stare sola.
La giornata prosegue lenta e interminabile. Torno a casa, mi rifugio in camera mia.
Passano le settimane e tutto resta uguale. Continuo a soffrire in silenzio e guardare il mondo con gli
occhi di una ragazza morta dentro. Non riesco a vedere la bellezza delle cose intorno a me, non vedo
più i colori del tramonto, dell’alba. Tutto dannatamente morto. Sono stanca e delusa. Ho chiuso con
Alessandro. L’idea che un altro ragazzo possa toccarmi ora mi devasta. Lui continua a chiamare per
avere una spiegazione. Ma non posso raccontargli tutto. Non ora, non sono pronta. Eppure sono
passati talmente tanti giorni che la voglia di parlare è forte.
Ieri mia madre mi ha sentito piangere. È entrata in camera e mi ha abbracciata. Continuava a
ripetermi che con lei potevo sfogarmi, che non ci sarebbe stato alcun problema, che lei ci sarebbe
sempre stata.
Quant’è grande l’amore di una madre. Sento che con lei posso sfogarmi, forse è l’unica che riuscirebbe
ad aiutarmi. Ho veramente bisogno di sfogo.
È sera e scendo giù a cenare. Mio padre stasera rimane a lavoro fino a tardi. Siamo io e mia madre,
così decido di parlarle. Ho voglia di togliermi questo peso che mi porto ormai da troppo tempo
dentro. Ho voglia di sfogarmi, di piangere tra le braccia della donna più importante della mia vita. Lei
è seduta a tavola e mi guarda, come se già sapesse quello che ho da raccontarle. Non dice nulla,
aspetta che sia io a parlare per prima. Mi trema la voce, ho un nodo in gola, e lacrime involontarie
bagnano il mio viso.
Così la rabbia insieme alle parole che per giorni e giorni ho taciuto iniziano a venire fuori come un
fiume in piena. Fa male. Fa male rivivere quegli attimi. Vedo gli occhi di mia madre che mi guardano
con dolcezza e allo stesso tempo compassione.
Non è arrabbiata, è preoccupata per me. Si avvicina, mi abbraccia e inizia a piangere. Continua a
ripetermi che andrà tutto bene, che dovevo parlarne prima, non dovevo affrontare tutto questo da
sola. Stare tra le sue braccia era come se fossi nel posto più sicuro del mondo, come se nessuno
potesse farmi più del male. Avrei voluto che quell’attimo non finisse più.
Sono passati due anni da quella terribile sera al Rainbow, non posso di certo dire di aver dimenticato
tutto ma ho fatto grandi passi per superarlo. Grazie all'aiuto di mia madre, che mi ha anche convinto
a farmi aiutare da un esperto, ho iniziato una nuova vita. Ho denunciato quel ragazzo, ho cambiato
città. Qui frequento una nuova scuola, ho nuovi amici.. da poco ho conosciuto un ragazzo. Si chiama
Giuseppe, mi vuole bene, mi apprezza per quella che sono. Ho deciso di essere leale nei suoi
confronti, di non nascondergli niente, di fidarmi completamente... è per questo che gli ho raccontato
tutta la mia storia, ma ciò non ha cambiato niente nel nostro rapporto.
La mia storia insegna che si può ricominciare, che si possono superare i brutti momenti, senza avere
timore di chiedere aiuto alle persone care. E, perchè no, rinascere più forti di prima!
Ferite - Alessandra
di Green Rose, Distorted fables, Distorted flabes2, Yankees
Spero che Dio sia femmina e gliela faccia pagare a quel porco. Sorridere a un ragazzo, ballare con lui,
bere assieme: messaggi di simpatia, voglia di amicizia - - - nient’altro. Un bravo ragazzo, gente per
bene. Che faccio ora? Lo dico ai miei? Vado a denunciarlo o vado in ospedale? Ma io sto bene, non
sono sconvolta, non sento dolore. Ho solo tanta rabbia con me stessa. Non dovevo vestirmi come fa
Giusy, truccarmi, fumare - - - e poi il Rainbow, lo dicono tutti che circola droga.
E’ tutta colpa mia, diranno che ero d’accordo, che sono sballata, una prostituta da bollare per sempre.
Alessandro come la prenderà? Non gli ho detto della discoteca, non mi avrebbe dato il permesso, è
cosi geloso e possessivo.
Tacere, tenermi tutto dentro. Così devo fare! Parino è un paese troppo arretrato, nessuno capirebbe,
sarei condannata da tutti e lui, miserabile porco, figlio di papà la farebbe franca, con i soldi si compra
tutto!
Se potessi tornare indietro. Mi basterebbero solo poche ore e qualche minuto e il sole tornerebbe
luminoso, il cielo azzurro, la vita una splendida avventura appena incominciata.
Mi sono imbottigliata in un tubo di cemento: il buio mi divora, l’aria mi manca, non sono padrona di
me stessa, ho perso il controllo della mia vita. I miei sogni – - - dove sono andati a finire i miei
stramaledetti sogni: una donna sicura, intraprendente, libera da paure e pregiudizi.
Penso continuamente al momento in cui mi disse: "dai, andiamo a fare una chiaccherata!". Ed io che
era stracotta di lui, non ci pensai due volte. Non avrei mai pensato che il ragazzo più figo della scuola
avesse potuto avvicinarsi a me, per questo lo seguii subito. D'altronde mi ero vestita, truccata ed
atteggiata proprio per farmi notare da lui. Mi portò nella saletta privata del locale, ci sedemmo e
iniziammo a parlare. Con i suoi sguardi mi faceva sentire la ragazza più bella del mondo, ma dopo
pochi istanti mi accorsi che i suoi sguardi divenivano sempre più ambigui . Era come se volesse
scoprire cosa ci fosse sotto i miei abiti. Allora mi chiesi "ma cosa mai vorrà da me?", era come se
volesse tutt'altro che una semplice chiaccherata . Mi alzai da quel divanetto di velluto rosso che quasi
riprendeva il colore delle mie labbra, ma di seguito si alzò anche lui, mi spinse e mi afferrò con una
forza tale da impedirmi qualsiasi movimento. Sentii le sue orribili mani sul mio corpo, mentre
afferravano la mia gonna nera, gonna che Vanessa mi aveva dato appositamente. Urlai, ma la musica
era talmente alta che neanche il più terribile dei rumori si sarebbe potuto sentire. Cercai di
muovermi, ma stavo ormai perdendo le mie forze. Allora decisi di pregare, sperando che quel
momento potesse finire presto.
Mi sveglio, scendo a fare colazione e la prima cosa che noto è il sorriso di mia madre. Quel sorriso
pieno di felicità, di amore. Ricambio come meglio posso. Se solo sapesse quanto mi è difficile
sorridere. La guardo in silenzio, è cosi dannatamente felice. Ho voglia di raccontarle tutto, ma non
voglio che quel sorriso scompaia. Non voglio che anche lei inizi a soffrire per me. Mi tremano le
gambe, così decido di andare via.
Salgo in camera, mi preparo e vado a scuola. Non faccio in tempo ad arrivare che incontro Giusy che
mi corre incontro. È insopportabile, continua a parlarmi di quella maledetta sera, di quanto si sia
divertita. Mi chiede com’è andata, che ho fatto, perché sono sparita per un po’. Mi tornano in mente
quei momenti e provo con tutta me stessa a mandarli via. Cerco di evitarla, di cambiare argomento,
ma è troppo insistente, così le dico che sono stata male per il troppo bere e mi allontano.
Cammino in silenzio ascoltando tutto ciò che mi circonda. Ad un tratto lo vedo, eccolo lì, il porco.
Sorride e scherza come se niente fosse. Rimango immobile a guardarlo senza riuscire a muovermi.
Lui si accorge di me, mi osserva con la coda dell’occhio e fa finta di niente. Quel maledetto bastardo,
vorrei corrergli incontro e iniziare ad urlare. Lo guardo negli occhi, quegli occhi grigi che mi hanno
provocato tanto dolore. Il suo sguardo è sicuro, senza vergogna, fiero. È un vigliacco. Con gli occhi
pieni di rabbia mi allontano. Vado in classe, mi siedo sola. Non ho voglia di parlare. Voglio stare sola.
La giornata prosegue lenta e interminabile. Torno a casa, mi rifugio in camera mia.
Passano le settimane e tutto resta uguale. Continuo a soffrire in silenzio e guardare il mondo con gli
occhi di una ragazza morta dentro. Non riesco a vedere la bellezza delle cose intorno a me, non vedo
più i colori del tramonto, dell’alba. Tutto dannatamente morto. Sono stanca e delusa. Ho chiuso con
Alessandro. L’idea che un altro ragazzo possa toccarmi ora mi devasta. Lui continua a chiamare per
avere una spiegazione. Ma non posso raccontargli tutto. Non ora, non sono pronta. Eppure sono
passati talmente tanti giorni che la voglia di parlare è forte.
Ieri mia madre mi ha sentito piangere. È entrata in camera e mi ha abbracciata. Continuava a
ripetermi che con lei potevo sfogarmi, che non ci sarebbe stato alcun problema, che lei ci sarebbe
sempre stata.
Quant’è grande l’amore di una madre. Sento che con lei posso sfogarmi, forse è l’unica che riuscirebbe
ad aiutarmi. Ho veramente bisogno di sfogo.
È sera e scendo giù a cenare. Mio padre stasera rimane a lavoro fino a tardi. Siamo io e mia madre,
così decido di parlarle. Ho voglia di togliermi questo peso che mi porto ormai da troppo tempo
dentro. Ho voglia di sfogarmi, di piangere tra le braccia della donna più importante della mia vita. Lei
è seduta a tavola e mi guarda, come se già sapesse quello che ho da raccontarle. Non dice nulla,
aspetta che sia io a parlare per prima. Mi trema la voce, ho un nodo in gola, e lacrime involontarie
bagnano il mio viso.
Così la rabbia insieme alle parole che per giorni e giorni ho taciuto iniziano a venire fuori come un
fiume in piena. Fa male. Fa male rivivere quegli attimi. Vedo gli occhi di mia madre che mi guardano
con dolcezza e allo stesso tempo compassione.
Non è arrabbiata, è preoccupata per me. Si avvicina, mi abbraccia e inizia a piangere. Continua a
ripetermi che andrà tutto bene, che dovevo parlarne prima, non dovevo affrontare tutto questo da
sola. Stare tra le sue braccia era come se fossi nel posto più sicuro del mondo, come se nessuno
potesse farmi più del male. Avrei voluto che quell’attimo non finisse più.
È passato un anno da quel terribile evento. Non c’è giorno in cui non ci pensi, ma il mio punto di vista
è decisamente diverso. Sono riuscita ad affrontare il problema e a trarre forza da esso. Per tutto ciò
devo ringraziare Alessandro, ma soprattutto i miei genitori che hanno sempre trovato il modo di
supportarmi e spronarmi a non mollare.
Ho preso contatto con l’associazione NONDASOLA. Lì ho conosciuto molte donne che, come me,
hanno subìto un sopruso ma che non hanno lasciato che questo condizioni la loro vita. Erano riuscite
ad andare avanti, condurre una vita serena e ritrovare la fiducia negli uomini.
Da loro ho imparato moltissimo e soprattutto ho imparato a non lasciarmi mai abbattere. Perché è
vero che la vita a volte è dolorosa, ma è anche vero che quando il mondo ti sbatte la porta in faccia,
arriva sempre qualcuno che la riapre, mostrandoti un mondo nuovo che non conoscevi.
Ho finalmente raggiunto i miei obiettivi. Adesso sono una donna nuova. La donna che ho sempre
voluto essere; sicura e indipendente.
Ferite - Elena
di Camelia, Ninfea
Spero che Dio sia femmina e gliela faccia pagare a quel porco. Sorridere a un ragazzo, ballare con lui,
bere assieme: messaggi di simpatia, voglia di amicizia - - - nient’altro. Un bravo ragazzo, gente per
bene. Che faccio ora? Lo dico ai miei? Vado a denunciarlo o vado in ospedale? Ma io sto bene, non
sono sconvolta, non sento dolore. Ho solo tanta rabbia con me stessa. Non dovevo vestirmi come fa
Giusy, truccarmi, fumare - - - e poi il Rainbow, lo dicono tutti che circola droga.
E’ tutta colpa mia, diranno che ero d’accordo, che sono sballata, una prostituta da bollare per sempre.
Alessandro come la prenderà? Non gli ho detto della discoteca, non mi avrebbe dato il permesso, è
cosi geloso e possessivo.
Tacere, tenermi tutto dentro. Così devo fare! Parino è un paese troppo arretrato, nessuno capirebbe,
sarei condannata da tutti e lui, miserabile porco, figlio di papà la farebbe franca, con i soldi si compra
tutto!
Se potessi tornare indietro. Mi basterebbero solo poche ore e qualche minuto e il sole tornerebbe
luminoso, il cielo azzurro, la vita una splendida avventura appena incominciata.
Mi sono imbottigliata in un tubo di cemento: il buio mi divora, l’aria mi manca, non sono padrona di
me stessa, ho perso il controllo della mia vita. I miei sogni – - - dove sono andati a finire i miei
stramaledetti sogni: una donna sicura, intraprendente, libera da paure e pregiudizi.
E ora? Cosa succederà ora? Più i giorni passano e più le paure appaiono, sono sempre di più.
Sono stata ingenua, quante volte abbiamo parlato di violenze, abusi, anche a scuola. Quante? Quante
raccomandazioni mi sono state fatte ed io sempre con la solita risposta
“lo so mamma, non sono più una bambina”. E ora? Sono già passati 12 giorni da quella maledetta
sera, e se mi avesse trasmesso qualche malattia? Con lui, Diego è il suo nome, non ho avuto più alcun
contatto, un bravo ragazzo, figlio di un uomo di tutto rispetto, gente di alto rango, questo pensavo;
mai fermarsi alle apparenze, un uomo paragonabile alla feccia.
E se fossi incinta? Non me la sento di essere mamma a soli 19 anni, per di più madre di un bambino o
una bambina il cui padre non è Alessandro, l’unico uomo che amo.
Alessandro! Se venisse a sapere che sono andata dove non mi avrebbe mai mandata si infurierebbe! E
se sapesse di Diego? E i miei? Sono ormai due anni che conoscono Alessandro, se dovesse lasciarmi
perderemmo un pezzo della famiglia. E la fiducia che i miei hanno riposto in me? Ci ho messo anni a
guadagnarmela, mi ritengono una persona responsabile e razionale, ho tradito quella loro fiducia,
come reagiranno? Queste paure mi tormentano.
Sono passati ormai 25 giorni, il dolore dentro di me aumenta sempre di più. Come faccio? Cosa
faccio? Lo dico ad Alessandro? Non so che fare, non so come reagire, lo denuncio? Non ne ho la forza,
ho solo un dolore dentro me che nessuno può capire, nessuno mi può aiutare, non posso raccontare a
nessuno di quella sera. Vorrei tanto tornare indietro e non fare ciò che ho fatto. Ho deciso e sono
andata in ospedale a fare un controllo, i risultati saranno pronti domani ho un'ansia immensa.
Sono le 8:00, il dottore mi ha appena dato la cartelletta con i risultati. Ho paura a leggere. La apro.
Tiro un sospiro di sollievo, nessuna malattia. La giornata sembra iniziar bene, è programmata bene,
mattina aiuto mia madre con le faccende e pomeriggio con Alessandro.
Ma cosa..cosa mi succede? Sto male ho la nausea, rimetto, le analisi erano perfette, sarà
un'indigestione, andrò a letto il tempo di avvisare Alessandro che non sto bene e che rimanderemo la
passeggiata.
Che ore sono? Il display del telefono segna “ 23 ottobre ore 19:47 “. Il 23 ottobre? Ho un ritardo di 4
giorni, ecco che riappare una delle mie prime paure, andrò a fare un test a giorni.
Che ansia, che ansia. Pochi minuti al risultato.
Piango, fiumi di lacrime, la paura sul dubbio è diventata certezza, sono incinta! Non posso tenerlo
nascosto ancora per molto, tra un mese o poco più inizierà a crescere e non potrò far nulla. Penso
all’aborto ma non posso! E’ figlio/a di quel porco ma è anche mio/a non posso, è una creatura che
non ha nessuna colpa! Piango da ormai due ore, ho gli occhi gonfi, sono in camera al buio con la testa
sotto il cuscino a ripensare a quella sera. Sento aprire la porta di casa, è mamma appena tornata dal
lavoro e come ogni giorno si appresta ad entrare in camera mia per salutarmi. Cerca di aprire, la porta
è chiusa, insiste, insiste, non posso far finta di non sentire si spaventerebbe, mi chiama a gran voce “
Chiara, Chiara apri, Chiara “. “ Un attimo “ è quel che rispondo, asciugo il viso sulla federa del cuscino
e trattenendo le lacrime apro.
Subito si accorge che c’è qualcosa che non va, sono stata sempre una ragazza solare, mai in camera
chiusa durante una giornata di sole. Si avvicina, solito bacio sulla guancia e mi chiede “ cos’hai? “. “
Niente” è la mia risposta, ma la voce ancora singhiozzante non è stata per niente convincente. Di
nuovo “ Chiara cosa ti è successo? Non è da te chiuderti in camera a piangere, è successo qualcosa con
Alessandro? “ Beh, aveva capito che non stavo per niente bene. Glielo dico? La mamma è la mamma
forse potrà aiutarmi.Ho finito di raccontare, è rimasta sconvolta e mi ha abbracciata, mi ha detto di
stare tranquilla, vuole a giorni andare a esporre denuncia nei confronti di Diego ma è inutile, ha molti
avvocati dalla sua parte. Tempo al tempo. Sono passati ormai due mesi e mezzo, le feste sono passate
tranquillamente e ora mi trovo qui al parchetto con Alessandro vista la bella giornata, rara
considerando che siamo a Gennaio. Si avvicina, mi bacia e ironicamente mi sussurra ad un orecchio “
Hai mangiato un po’ durante le feste cos’è questa pancia che inizia a crescere eh? “ Resto sconvolta,
non me ne sono accorta ma ha iniziato a crescere; basta devo dirglielo non posso illuderlo, non posso
far finta di niente e sorridere alla battuta, avrei dovuto farlo già da prima. Dopo un minuto di silenzio
rispondo “ sono incinta “. Una risata, pensava stessi scherzando. Quando dal mio viso è scesa la prima
lacrima è diventato serio e mi ha chiesto “com’è possibile che tu sia incinta se negli ultimi 4 mesi non
abbiamo avuto nessun rapporto?”
Ecco mi aspettavo questa domanda conoscendolo, e ora con il viso in lacrime gli racconto i fatti
tralasciando il nome del colpevole. Ho paura, il padre di Diego è una persona di una certa carica,
conosco Alessandro andrebbe a litigare, non voglio che passi i guai per colpa mia. Arrabbiato se ne va
via, lasciandomi sola nel parco; non posso biasimarlo, è una reazione normale. Sono disperata.
Iniziano i cambiamenti, a cominciare dalla taglia dei pantaloni, sono sola soltanto con i miei genitori,
chissà quante ragazze come me ci sono nel mondo, non voglio arrendermi, andrò insieme ai miei a
denunciarlo, ho deciso, anche se è una causa persa conoscendo i suoi avvocati. Una lettera per me?
Chi sarà mai? C’è scritto “possiamo aiutarti incontriamoci stasera alle 21:00 sotto casa tua” è firmato
come “ragazze senza voce”. Chi saranno? Mi posso fidare? E se volessero farmi qualcosa? E se invece
volessero davvero aiutarmi? Stasera lo scoprirò. Sono le 21:00 scendo sotto casa e vedo due ragazze
con il viso coperto, si avvicinano e mi chiedono di salire. Saliamo a casa ed entriamo in salotto: siamo
io, loro e i miei. Iniziano a raccontare che anche loro sono state vittime di abusi da Diego e che
vogliono aiutarmi, una ragazza lancia una busta sul tavolo dicendomi “aprila”. La apro, un momento
di imbarazzo ma anche di gioia, erano delle foto che sono state scattate quella sera casualmente e di
sfondo si vede Diego che abusa di me, sono 6 foto. Forse riusciremo ad avere giustizia, aspettiamo il
giorno del processo.
Ferite - Elena
di Camelia, Ninfea
Spero che Dio sia femmina e gliela faccia pagare a quel porco. Sorridere a un ragazzo, ballare con lui,
bere assieme: messaggi di simpatia, voglia di amicizia - - - nient’altro. Un bravo ragazzo, gente per
bene. Che faccio ora? Lo dico ai miei? Vado a denunciarlo o vado in ospedale? Ma io sto bene, non
sono sconvolta, non sento dolore. Ho solo tanta rabbia con me stessa. Non dovevo vestirmi come fa
Giusy, truccarmi, fumare - - - e poi il Rainbow, lo dicono tutti che circola droga.
E’ tutta colpa mia, diranno che ero d’accordo, che sono sballata, una prostituta da bollare per sempre.
Alessandro come la prenderà? Non gli ho detto della discoteca, non mi avrebbe dato il permesso, è
cosi geloso e possessivo.
Tacere, tenermi tutto dentro. Così devo fare! Parino è un paese troppo arretrato, nessuno capirebbe,
sarei condannata da tutti e lui, miserabile porco, figlio di papà la farebbe franca, con i soldi si compra
tutto!
Se potessi tornare indietro. Mi basterebbero solo poche ore e qualche minuto e il sole tornerebbe
luminoso, il cielo azzurro, la vita una splendida avventura appena incominciata.
Mi sono imbottigliata in un tubo di cemento: il buio mi divora, l’aria mi manca, non sono padrona di
me stessa, ho perso il controllo della mia vita. I miei sogni – - - dove sono andati a finire i miei
stramaledetti sogni: una donna sicura, intraprendente, libera da paure e pregiudizi.
E ora? Cosa succederà ora? Più i giorni passano e più le paure appaiono, sono sempre di più.
Sono stata ingenua, quante volte abbiamo parlato di violenze, abusi, anche a scuola. Quante? Quante
raccomandazioni mi sono state fatte ed io sempre con la solita risposta
“lo so mamma, non sono più una bambina”. E ora? Sono già passati 12 giorni da quella maledetta
sera, e se mi avesse trasmesso qualche malattia? Con lui, Diego è il suo nome, non ho avuto più alcun
contatto, un bravo ragazzo, figlio di un uomo di tutto rispetto, gente di alto rango, questo pensavo;
mai fermarsi alle apparenze, un uomo paragonabile alla feccia.
E se fossi incinta? Non me la sento di essere mamma a soli 19 anni, per di più madre di un bambino o
una bambina il cui padre non è Alessandro, l’unico uomo che amo.
Alessandro! Se venisse a sapere che sono andata dove non mi avrebbe mai mandata si infurierebbe! E
se sapesse di Diego? E i miei? Sono ormai due anni che conoscono Alessandro, se dovesse lasciarmi
perderemmo un pezzo della famiglia. E la fiducia che i miei hanno riposto in me? Ci ho messo anni a
guadagnarmela, mi ritengono una persona responsabile e razionale, ho tradito quella loro fiducia,
come reagiranno? Queste paure mi tormentano.
Sono passati ormai 25 giorni, il dolore dentro di me aumenta sempre di più. Come faccio? Cosa
faccio? Lo dico ad Alessandro? Non so che fare, non so come reagire, lo denuncio? Non ne ho la forza,
ho solo un dolore dentro me che nessuno può capire, nessuno mi può aiutare, non posso raccontare a
nessuno di quella sera. Vorrei tanto tornare indietro e non fare ciò che ho fatto. Ho deciso e sono
andata in ospedale a fare un controllo, i risultati saranno pronti domani ho un'ansia immensa.
Sono le 8:00, il dottore mi ha appena dato la cartelletta con i risultati. Ho paura a leggere. La apro.
Tiro un sospiro di sollievo, nessuna malattia. La giornata sembra iniziar bene, è programmata bene,
mattina aiuto mia madre con le faccende e pomeriggio con Alessandro.
Ma cosa..cosa mi succede? Sto male ho la nausea, rimetto, le analisi erano perfette, sarà
un'indigestione, andrò a letto il tempo di avvisare Alessandro che non sto bene e che rimanderemo la
passeggiata.
Che ore sono? Il display del telefono segna “ 23 ottobre ore 19:47 “. Il 23 ottobre? Ho un ritardo di 4
giorni, ecco che riappare una delle mie prime paure, andrò a fare un test a giorni.
Che ansia, che ansia. Pochi minuti al risultato.
Piango, fiumi di lacrime, la paura sul dubbio è diventata certezza, sono incinta! Non posso tenerlo
nascosto ancora per molto, tra un mese o poco più inizierà a crescere e non potrò far nulla. Penso
all’aborto ma non posso! E’ figlio/a di quel porco ma è anche mio/a non posso, è una creatura che
non ha nessuna colpa! Piango da ormai due ore, ho gli occhi gonfi, sono in camera al buio con la testa
sotto il cuscino a ripensare a quella sera. Sento aprire la porta di casa, è mamma appena tornata dal
lavoro e come ogni giorno si appresta ad entrare in camera mia per salutarmi. Cerca di aprire, la porta
è chiusa, insiste, insiste, non posso far finta di non sentire si spaventerebbe, mi chiama a gran voce “
Chiara, Chiara apri, Chiara “. “ Un attimo “ è quel che rispondo, asciugo il viso sulla federa del cuscino
e trattenendo le lacrime apro.
Subito si accorge che c’è qualcosa che non va, sono stata sempre una ragazza solare, mai in camera
chiusa durante una giornata di sole. Si avvicina, solito bacio sulla guancia e mi chiede “ cos’hai? “. “
Niente” è la mia risposta, ma la voce ancora singhiozzante non è stata per niente convincente. Di
nuovo “ Chiara cosa ti è successo? Non è da te chiuderti in camera a piangere, è successo qualcosa con
Alessandro? “ Beh, aveva capito che non stavo per niente bene. Glielo dico? La mamma è la mamma
forse potrà aiutarmi.Ho finito di raccontare, è rimasta sconvolta e mi ha abbracciata, mi ha detto di
stare tranquilla, vuole a giorni andare a esporre denuncia nei confronti di Diego ma è inutile, ha molti
avvocati dalla sua parte. Tempo al tempo. Sono passati ormai due mesi e mezzo, le feste sono passate
tranquillamente e ora mi trovo qui al parchetto con Alessandro vista la bella giornata, rara
considerando che siamo a Gennaio. Si avvicina, mi bacia e ironicamente mi sussurra ad un orecchio “
Hai mangiato un po’ durante le feste cos’è questa pancia che inizia a crescere eh? “ Resto sconvolta,
non me ne sono accorta ma ha iniziato a crescere; basta devo dirglielo non posso illuderlo, non posso
far finta di niente e sorridere alla battuta, avrei dovuto farlo già da prima. Dopo un minuto di silenzio
rispondo “ sono incinta “. Una risata, pensava stessi scherzando. Quando dal mio viso è scesa la prima
lacrima è diventato serio e mi ha chiesto “com’è possibile che tu sia incinta se negli ultimi 4 mesi non
abbiamo avuto nessun rapporto?”
E’ finalmente arrivato il giorno, sono ormai al settimo mese. Inizia il processo. Diego fa lo spavaldo,
essendo appoggiato dal padre, e nega tutto quanto: è stata la sua troppa sicurezza a fargli avere la
peggio, Ecco arrivare due ragazze che tirano fuori le foto, e lì il silenzio. Non aveva più scusanti non
sapeva più che dire. Viene dichiarato colpevole, il processo è finito.
Senza quelle ragazze non sarei mai uscita da questa situazione, sono state la mia salvezza. Devo dire
grazie anche ai miei che mi sono stati sempre vicino, fosse stato per me non sarei mai andata a
denunciarlo, si sa che si pensa che noi donne siamo il sesso debole. Non farò mai più un errore simile,
per quella stupida sera ho perso l’uomo che amavo e amo ancora.
Mentre vado via mi sento tenere da un braccio, mi giro ed era lui, era Alessandro in lacrime.
“Ho sbagliato, non dovevo lasciarti sola, la rabbia ha offuscato la ragione, ho pensato solo a te in
questi mesi! Ti amo, non posso stare lontano dall’unica persona che veramente amo".
Ferite - Elena
di gelsomino, smeraldo
Spero che Dio sia femmina e gliela faccia pagare a quel porco. Sorridere a un ragazzo, ballare con lui,
bere assieme: messaggi di simpatia, voglia di amicizia - - - nient’altro. Un bravo ragazzo, gente per
bene. Che faccio ora? Lo dico ai miei? Vado a denunciarlo o vado in ospedale? Ma io sto bene, non
sono sconvolta, non sento dolore. Ho solo tanta rabbia con me stessa. Non dovevo vestirmi come fa
Giusy, truccarmi, fumare - - - e poi il Rainbow, lo dicono tutti che circola droga.
E’ tutta colpa mia, diranno che ero d’accordo, che sono sballata, una prostituta da bollare per sempre.
Alessandro come la prenderà? Non gli ho detto della discoteca, non mi avrebbe dato il permesso, è
cosi geloso e possessivo.
Tacere, tenermi tutto dentro. Così devo fare! Parino è un paese troppo arretrato, nessuno capirebbe,
sarei condannata da tutti e lui, miserabile porco, figlio di papà la farebbe franca, con i soldi si compra
tutto!
Se potessi tornare indietro. Mi basterebbero solo poche ore e qualche minuto e il sole tornerebbe
luminoso, il cielo azzurro, la vita una splendida avventura appena incominciata.
Mi sono imbottigliata in un tubo di cemento: il buio mi divora, l’aria mi manca, non sono padrona di
me stessa, ho perso il controllo della mia vita. I miei sogni – - - dove sono andati a finire i miei
stramaledetti sogni: una donna sicura, intraprendente, libera da paure e pregiudizi.
Maledetta la mia testa che sta sulle spalle degli altri, devo imparare a pensare da sola, ma ormai quel
che fatto è fatto ed è inutile piangere sul latte versato.
Devo riprendere in mano la mia vita, riprendere i miei sogni, la mia sicurezza,la mia libertà. Ce la
posso fare, ce la devo fare.
Ma come?? Come potrei mai riuscire a fare tutto ciò da sola?? Devo chiedere aiuto, ma aiuto a chi??
Mi sento sola!! Svuotata da ogni emozione tranne una, la paura, la paura che mi accompagna in
questo viaggio che sembra non aver fine, senza un barlume di luce. Una spalla su cui piangere…
qualcuno con cui sfogarmi e confidarmi…rimango qui seduta, sola, con i miei pensieri che vagano in
questo inferno di domande senza risposte.
Le soluzioni sarebbero tante, ma difficili e lontane per poter essere realizzate. Potrei iniziare dalla mia
famiglia!!! spiegargli l’accaduto, chissà forse mi capiranno e mi sosterranno, sono pur sempre la loro
figlia. In questo caos di emozioni non riesco a pensare lucidamente sul da farsi e penso ad
Alessandro!! a quello che potrebbe pensare e dire su di me. Lui mi aveva avvertita, ma io non l’ho
ascoltato, non gli ho dato retta ed ora ne pago le conseguenze a caro prezzo.
Mi devo fare forza e raccontare tutto, da chi inizio??? Forse da me stessa, mi sento tragicamente
cresciuta, più sicura o forse semplicemente più cinica. Sì, dovrò valutare l’accaduto con un pizzico di
coraggio. Gli uomini…forti, sensibili, bruti, non potranno assolutamente mai più impaurirmi. Domani
andrò sicuramente a denunciare e non sarò sola, mi rivolgerò a qualche associazione. Sì, devo poter
credere che qualcuno mi potrà aiutare.
Inizio a dirlo ai miei, ma sì, mi capiranno, loro mi vogliono bene. Una mamma deve poter capire, una
donna ha sempre la giusta sensibilità. Per Lei la vita è stata dura, in fondo si è sposata perché era
incinta di me...!
A quanti sogni ha dovuto rinunciare, quanta dipendenza dagli uomini della sua vita; un padre
padrone e quattro fratelli che esercitavano la loro autorevolezza su di lei. Io non posso sbagliare, devo
impadronirmi della mia vita, non devo vivere questa esperienza come una tragedia, avrò la forza di
testimoniare questa mia femminilità in “un universo maschile”.
Ecco!! Sto per dirlo a mia madre, mi batte forte il cuore, ho paura!! La solita paura che sorge all’
ultimo minuto, ho il cuore a mille, mi sta salendo in gola, mamma mia!!! Che paura!!
Mi sono tolta un peso finalmente, l’ho detto, mi sento sollevata e anche meno triste grazie a mia
madre che mi ha capita. Domani mi accompagnerà lei stessa a denunciare questo porco, gliela farò
pagare, deve soffrire e umiliarsi per quello che mi ha fatto .
Eccomi qua davanti la caserma, di nuovo la paura ma per fortuna con me c’è mia madre.
Sono entrata, mi ritornano in mente quei bruttissimi momenti, io per terra e quel porco che mi mette
le mani addosso, mi tocca, io che grido aiuto ma nessuno sente le mie urla disperate.
Racconto tutto ai carabinieri, sporgo denuncia e faccio l’identikit di quel porco e partono le ricerche
per trovarlo.
Passano i giorni ma non ci sono notizie, sembra che si sia volatilizzato. Io sempre con la paura che mi
possa ritrovare, e farmi ancora più male di quanto me ne abbia già fatto.
Ma sono pronta ad affrontare tutto anche perché ho un grande aiuto, la solidarietà della mia famiglia
e di Alessandro che sembra che mi abbia capita e che di nuovo si è avvicinato.
Sto aspettando inutilmente notizie su quel brutto porco .
Finalmente!! I carabinieri mi avvisano che hanno trovato quel maledetto “bastardo”.
Adesso pagherà tutto; testimonierò contro di lui con coraggio senza aver paura, nessuno mi potrà
fermare né intimorire.
Sembra che tutto si stia risolvendo per il meglio, che di nuovo il cielo stia diventando azzurro e che il
sole risplenda nuovamente. Ora posso ricominciare a vivere, continuare i miei sogni a realizzare
quello che avevo intrapreso.
Ho la mia vita nella mie mani. Ho capito che bisogna pensare con la propria testa, non fidarsi di
nessuno tranne che di sé stessi e dei propri genitori .
“Oggi sono rinata “.
Ferite - Elena
di Viola, Tulipano
Spero che Dio sia femmina e gliela faccia pagare a quel porco. Sorridere a un ragazzo, ballare con lui,
bere assieme: messaggi di simpatia, voglia di amicizia - - - nient’altro. Un bravo ragazzo, gente per
bene. Che faccio ora? Lo dico ai miei? Vado a denunciarlo o vado in ospedale? Ma io sto bene, non
sono sconvolta, non sento dolore. Ho solo tanta rabbia con me stessa. Non dovevo vestirmi come fa
Giusy, truccarmi, fumare - - - e poi il Rainbow, lo dicono tutti che circola droga.
E’ tutta colpa mia, diranno che ero d’accordo, che sono sballata, una prostituta da bollare per sempre.
Alessandro come la prenderà? Non gli ho detto della discoteca, non mi avrebbe dato il permesso, è
cosi geloso e possessivo.
Tacere, tenermi tutto dentro. Così devo fare! Parino è un paese troppo arretrato, nessuno capirebbe,
sarei condannata da tutti e lui, miserabile porco, figlio di papà la farebbe franca, con i soldi si compra
tutto!
Se potessi tornare indietro. Mi basterebbero solo poche ore e qualche minuto e il sole tornerebbe
luminoso, il cielo azzurro, la vita una splendida avventura appena incominciata.
Mi sono imbottigliata in un tubo di cemento: il buio mi divora, l’aria mi manca, non sono padrona di
me stessa, ho perso il controllo della mia vita. I miei sogni – - - dove sono andati a finire i miei
stramaledetti sogni: una donna sicura, intraprendente, libera da paure e pregiudizi.
...oggi invece sono una donna che non ha il coraggio di urlare al mondo tutta la rabbia che ha dentro e
che è priva di sogni!!
Vorrei avere una vita come tutti gli altri, vorrei terminare gli studi e laurearmi in giurisprudenza, ma
invece vivo ogni giorno con un peso dentro che mi divora. Sono passati alcuni mesi da quella notte ma
ancora non riesco a superare questo trauma...
Ora vorrei riprendere in mano la mia vita cancellando dalla mia mente quel maledetto giorno…
Le uniche persone che mi sono state vicine sono state le mie amiche che mi hanno sempre capita e
spronata ad andare avanti.
Oltre al supporto dei miei amici vorrei soprattutto quello della mia famiglia, ma loro non capirebbero,
non ora…
Era da quel giorno che stavo sempre chiusa dentro a pensare e ripensare a quei momenti tragici. Un
giorno una mia amica, Sara, mi ha convinto a farmi uscire da casa e le ho spiegato tutto quello che era
successo. Il consiglio che mi dava era quello di andare a denunciarlo e di parlare con i miei: per lei era
normale, per me no!
Perché la paura che ho dentro è tanta. I miei genitori avevano captato che qualcosa non andava. Un
giorno, mentre eravamo a tavola, loro cercavano di capire cosa avevo e ad un certo punto ho deciso di
raccontargli tutto. Mi hanno subito capita, mentre io credevo il contrario; subito hanno cercato di
rallegrarmi e aiutarmi a superare quell' evento. Anche loro mi dicevano di andarlo subito a
denunciare, che non mi avrebbe fatto più del male perché c'erano loro a proteggermi.
Ma io ancora non ero pronta. Con il passare del tempo sono riuscita a risollevarmi da questa brutta
situazione. Ho iniziato ad uscire di nuovo senza preoccuparmi minimamente del giudizio della gente.
Finalmente un giorno mi sono convinta e sono riuscita, accompagnata dai miei, ad andare alla
caserma e fare giustizia contro quell’uomo. Già da quel giorno mi sentivo più libera. Il giorno del
processo avevo paura che non lo incriminassero. Ho pensato: essendo ricco e conosciuto avrebbe
fatto il possibile per corrompere o minacciare il giudice. Ma non è stato così: lo hanno condannato
per 8 anni e finalmente giustizia è stata fatta.
Da quel giorno tutto è cambiato, ho ricominciato a vivere normalmente e sono riuscita a terminare gli
studi.
Ho iniziato a frequentare associazioni contro la violenza sulle donne, tra le quali "Doppia Difesa", cioè
un'associazione che oltre alla violenza fisica punisce anche la violenza psicologica.
Grazie a queste associazioni sono riuscita a rendermi utile per altre donne che purtroppo erano nella
mia stessa condizione..
Infine voglio far capire a tutte le ragazze che bisogna stare molto attente perché spesso il traditore si
nasconde tra gli amici più fidati!!
Quindi è bene non fidarsi subito di un ragazzo, ma bisogna conoscerlo bene...
Questa è la mia storia e il motto è " LA FORZA STA IN CHI CADE E SI RIALZA"
Ferite - Elena
di Iaia, Bones
Spero che Dio sia femmina e gliela faccia pagare a quel porco. Sorridere a un ragazzo, ballare con lui,
bere assieme: messaggi di simpatia, voglia di amicizia - - - nient’altro. Un bravo ragazzo, gente per
bene. Che faccio ora? Lo dico ai miei? Vado a denunciarlo o vado in ospedale? Ma io sto bene, non
sono sconvolta, non sento dolore. Ho solo tanta rabbia con me stessa. Non dovevo vestirmi come fa
Giusy, truccarmi, fumare - - - e poi il Rainbow, lo dicono tutti che circola droga.
E’ tutta colpa mia, diranno che ero d’accordo, che sono sballata, una prostituta da bollare per sempre.
Alessandro come la prenderà? Non gli ho detto della discoteca, non mi avrebbe dato il permesso, è
cosi geloso e possessivo.
Tacere, tenermi tutto dentro. Così devo fare! Parino è un paese troppo arretrato, nessuno capirebbe,
sarei condannata da tutti e lui, miserabile porco, figlio di papà la farebbe franca, con i soldi si compra
tutto!
Se potessi tornare indietro. Mi basterebbero solo poche ore e qualche minuto e il sole tornerebbe
luminoso, il cielo azzurro, la vita una splendida avventura appena incominciata.
Mi sono imbottigliata in un tubo di cemento: il buio mi divora, l’aria mi manca, non sono padrona di
me stessa, ho perso il controllo della mia vita. I miei sogni – - - dove sono andati a finire i miei
stramaledetti sogni: una donna sicura, intraprendente, libera da paure e pregiudizi.
Davanti a me non c’è più niente, solo muri che mi imprigionano nel mio dolore.
Vorrei reagire, ma come faccio? Ho paura del mondo, di quello che potrebbe pensare raccontando la
mia storia, LUI, la mia paura più grande, ma non solo lui tutti gli uomini… Nella mia mente ci sono
solamente flashback di quella notte,sento le sue mani sul mio corpo. Ossessioni, paure e soprattutto
lacrime si impossessano di me lacerando la mia anima,il mio orgoglio,la mia autostima e soprattutto
le mie forze per cercare di andare avanti.
Si, sicuramente devo andare avanti, gli uomini, le donne, la forza fisica; cosa conta nella vita, giuro
che non dovrò mai più aver paura di un uomo. In fondo cosa potrà mai essere un uomo del genere?
Devo poter credere che uomini e donne sono in fondo due facce diverse della stessa luna.
Vorrei sfogarmi su di lui come lui ha sfogato il suo impulso sessuale su di me, vorrei andare da lui e
fargliela pagare ma ho paura …
Voglio urlare a squarcia gola in una stanza vuota, visto che nessuno mi comprende o mi capisce.
SONO SOLA…
Notte fonda, guardo che ora si è fatta sul mio telefono: sono le 3:30, ormai sono ore che piango
ripensando a quel momento. Ho voglia di alzarmi e di urlare al mondo quello che mi è stato fatto.
BASTA ripensare a quei brutti momenti, raccoglierò tutte le mie poche forze rimaste per poter
cambiare vita. Domani mattina racconterò tutto ai miei genitori,così potrò iniziare a dare una svolta
alla mia vita con il loro aiuto. Il mio sonno è stato tormentato da incubi…sento un suono, la sveglia
risuona come ogni giorno alle 9.00 ed è ora di andare dai miei. Mi alzo e mi dirigo verso la cucina,
penso a come potrei spiegare la cosa. Non trovo le parole per esprimermi però DEVO farcela. Li
guardo, gli occhi sono ancora lucidi e arrossati, mi sento sicura e forte, non so come o perché ma
SENTO che ce la farò. Mi siedo, e le parole iniziano ad uscire assieme alle lacrime e inizio a
raccontare quello che mi è stato fatto.
I miei genitori mi guardano, ascoltando la mia storia o almeno quello che mi è successo.
I loro occhi sono pieni di rabbia e lacrime, mio padre vuole uccidere lo stupratore, ma la mamma
raccogliendo tutte le sue forze cerca di far ragionare papà, convincendolo a denunciare lo stupratore e
farlo marcire in carcere anziché ucciderlo, in modo che una figlia non veda il padre in galera per una
persona indegna e non meritevole di tale spreco. Dopo ore passate a parlare di questa orribile storia
papà inizia a ragionare e capire, e decidiamo di andare a denunciare la cosa. Ci rechiamo dai
carabinieri e inizio a raccontare tutto vergognandomi, ma adesso non mi importa di quello che
potrebbero pensare. L’unica cosa che mi sta realmente a cuore è la mia felicità! Voglio giustizia,voglio
vedere quel verme in galera e sapere che non farà più del male ad altre ragazze indifese come me!
Dentro di me mi sento forte,ma lo sono realmente? Si! Mi sento fragile ma non darò la soddisfazione
a quel verme e ai suoi amici di vedermi cadere in questa solitudine, in questa tempesta di dolore. Farò
vedere che niente e nessuno potrà distruggere la mia anima, la mia autostima e soprattutto la mia
felicità. Anche se dovrò lottare pubblicamente, esporrò la mia storia al mondo sperando che giustizia
sia fatta. Dopo la sua testimonianza sto meglio, mi sono liberata di un peso,anzi no! Mi sono liberata
di quello che lui mi ha fatto. Dopo un paio di ore viene annunciato il suo arresto alla TV, grazie a
questa notizia ho ripreso il controllo della mia vita!
Come si dice..."dopo una tempesta esce sempre il sole", ed ora è arrivato il mio sole, forse è poco ma
la cosa importante è che sono riuscita a ritrovare la fiducia in me stessa e la mia felicità. Il mio
stupratore è andato in galera grazie alle testimonianze di altre ragazze che sono state violentate da lui.
L’unica cosa che ho fatto dopo questo è stato fare la valigia e partire, partire perché i miei sogni non si
sono spenti, Ho deciso di aiutare quelle ragazze che come me hanno subito violenza. In questo viaggio
ho incontrato un ragazzo meritevole di me. Dopo molto tempo gli ho raccontato la mia storia, Lui
reagì come mio padre ma riuscì a calmarlo. Adesso la mia vita è completa, con un uomo sincero e un
cassetto pieno di sogni che sono pronta a realizzare, con lui al mio fianco…