CONVEGNO IGI SUBAPPALTO E QUALIFICAZIONE AD UNA

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CONVEGNO IGI SUBAPPALTO E QUALIFICAZIONE AD UNA
CONVEGNO IGI SUBAPPALTO E QUALIFICAZIONE AD UNA SVOLTA 24 settembre 2013 Relazione Dr. Rangone INDICE PRIMA PARTE Il subappalto nella nuova disciplina dell’Unione e suo rapporto con l’istituto della suddivisione in lotti ( “allotissement”) SECONDA PARTE Il subappalto e la qualificazione delle imprese negli ordinamenti nazionali TERZA PARTE Conclusioni PRIMA PARTE Il subappalto nella nuova disciplina dell’Unione e suo rapporto con l’istituto della suddivisione in lotti (“ allotissement”) Per una piena comprensione dell’evoluzione qualitativa della disciplina del subappalto nel diritto dell’Unione, occorre stabilire un nesso con la parallela introduzione dell’istituto della suddivisione in lotti: infatti, l’allotissement si presenta quale mezzo teso a contenere il subappalto qualificando la fase esecutiva attraverso la diretta partecipazione delle PMI in veste di appaltatrici esecutrici delle prestazioni. Inoltre va evidenziato, che l’accennato processo di qualificazione normativa nel diritto UE del subappalto già avvenuto in molti ordinamenti di Stati membri si abbina anche ad un progressivo ampliamento, ad opera degli ordinamenti nazionali, delle procedure semplificate nel sottosoglia, sia con riferimento in generale agli affidamenti degli appalti che, nello specifico, all’affidamento dei singoli contratti dell’allotissement. Nel merito, la disciplina del subappalto nelle due direttive riformate e nella nuova direttiva concessioni si presenta analogo: sarà dunque sufficiente analizzare l’art. 71 della direttiva classica, così come si presenta nel testo inglese delle negoziazioni trilogue del luglio scorso, i cui contenuti risultano così sintetizzabile: 1) rispetto dei principi del procurement fissati dall’art. 15 (par. 1°) con misure specifiche per evitare elusioni (par. 4°) in materia ambientale, sociale e del diritto del lavoro; 2) pagamento diretto del subappaltatore a scelta degli Stati membri (par. 3°); 3) obbligo di previa comunicazione da parte dell’appaltatore della denominazione e dei legali rappresentanti dei subappaltatori con facoltà di autorizzazione dell’Ente (par. 5°). Va sottolineato che la normativa UE concede ampia facoltà agli Stati circa l’applicazione della disciplina Ue, in ragione delle diversità tuttora presenti nei vari ordinamenti nazionali, anche se la strada per la qualificazione e il contenimento del subappalto è ormai segnata. Quanto poi al correlato istituto della suddivisione in lotti degli appalti, la nuova norma Ue, presente da tempo ( e da tempo praticata) in vari ordinamenti nazionali (tra cui Germania, Olanda, Belgio, Svezia, Regno unito ecc) ed addirittura principio base nel vigente Code des marchés publics francese, rappresenta una novità assoluta per il diritto UE. Fortemente voluta da Commissione e Consiglio, è stata oggetto di accesi contrasti quanto alla sua natura obbligatoria o semplicemente facoltativa, pur nella prevalente convinzione della sua utilità per favorire le PMI nel più ampio accesso al procurement. In merito all’istituto, il testo dell’art. 44 della direttiva classica prevede nei suoi 4 paragrafi: 1. la facoltà in capo alle amministrazioni aggiudicatrici di aggiudicare per lotti separati, determinando la taglia e la natura dei lotti e delle prestazioni; 2. l’obbligo per le amministrazioni aggiudicatrici di fornire “un’indicazione delle principali ragioni della loro decisione di non suddividere in lotti; tale indicazione deve essere inclusa nei documenti dell’appalto o nel rapporto specifico di cui all’art. 85”; 3. l’indicazione obbligatoria nel bando o nell’invito, del lotto o dei lotti (tutti o solo alcuni) a cui l’offerta può essere diretta; 4. la facoltà per le amministrazioni aggiudicatrici di limitare il numero di lotti da aggiudicare ad un solo offerente, anche quando consentono l’affidamento plurimo, indicandolo nel bando; 5. l’obbligo per le amministrazioni aggiudicatrici di indicare nel bando i criteri oggettivi che utilizzeranno per determinare quali lotti aggiudicare nel caso di assegnazione di un numero di lotti superiore a quello massimo previsto; 6. la facoltà per gli Stati membri di prevedere che, quando più di un lotto può essere affidato allo stesso offerente, le amministrazioni aggiudicatrici possono abbinare alcuni o tutti gli altri lotti, se ciò sia stato previsto nel bando con le relative modalità; 7. la facoltà degli Stati membri di rendere obbligatoria la suddivisione in lotti degli appalti secondo le condizioni da specificare nella loro legge nazionale di recepimento e in accordo con il diritto UE. A supporto dell’articolata disciplina di questo nuovo istituto UE, il Considerando 30 chiarisce che le stazioni appaltanti sono incoraggiate 1) a seguire, per favorire l’accesso delle PMI, il “Codice Ue delle migliori pratiche” (Documento di lavoro degli Uffici della Commissione pubblicato il 25 giugno 2008) e 2) a suddividere in lotti i grandi appalti che per dimensione possano meglio corrispondere (criterio quantitativo) alla capacità delle PMI ovvero a suddividerli ( criterio qualitativo) in rapporto alle diverse capacità commerciali e specializzazioni produttive della PMI, adattando il contenuto di ogni contratto alle caratteristiche delle stesse. A questo fine, il 2° paragrafo del medesimo Considerando afferma che le Amministrazioni aggiudicatrici potranno determinare liberamente dimensioni e caratteristiche dei lotti, decidendo sulla possibilità di affidamento di un solo o di più lotti allo stesso offerente: tale libera facoltà di decisione delle amministrazioni aggiudicatrici sulla suddivisione o meno in lotti degli appalti e sulle caratteristiche stesse dei lotti è definita testualmente (2° capoverso del 2° sottoparagrafo del Considerando 30) “autonoma” e assunta “sulla base di qualsiasi ragione ritenuta pertinente, senza essere assoggettata a supervisione amministrativa o giurisdizionale”. Il quart’ultimo capoverso del 2° paragrafo del medesimo Considerando affronta l’ipotesi in cui le Amministrazioni aggiudicatrici decidano di non suddividere l’appalto in lotti “in quanto non appropriato”: in tal caso, il rapporto specifico previsto dall’art. 85 per ogni aggiudicazione ovvero i documenti di gara devono contenere “una indicazione delle principali ragioni” che giustificano tale scelta. Il terz’ultimo capoverso contiene poi un’esplicitazione articolata (ma in termini meramente esemplificativi: “for instance”) di tali ragioni: 1) rischio di restringimento della concorrenza; 2) rischio di rendere l’esecuzione delle offerte eccessivamente difficile sul piano tecnico e onerosa sul piano economico; 3) rischio che la necessità di coordinamento dei differenti appaltatori dei diversi lotti mini la corretta esecuzione del contratto. Il penultimo capoverso, infine, conferma la libertà degli Stati membri di andare oltre le disposizioni UE, decidendo di 1) ampliare l’obbligo della suddivisione in lotti degli appalti; 2) prevedere l’obbligo di motivazione nel caso di non suddivisione in lotti; 3) generalizzare l’obbligo della suddivisione in lotti “a determinate condizioni”. SECONDA PARTE Subappalto e qualificazione delle imprese negli ordinamenti nazionali L’indicato processo Ue di qualificazione, di maggiore trasparenza e di contenimento del subappalto trova riscontro nell’ultimo decennio in un trend normativo analogo sviluppatosi in molti ordinamenti degli Stati membri, tanto tra quelli di tipo amministrativo, con sistema di qualificazione preventivo come Grecia, Spagna, Belgio e Portogallo, quanto tra quelli che pur ad ordinamento amministrativo ne sono sprovvisti (Francia), così come tra i paesi retti da ordinamento civilistico/common law quale la Germania, l’Olanda, la Danimarca, il Regno Unito ecc. A dimostrazione di tale evoluzione ( avvenuta in quasi tutti gli Stati membri, anche in quelli di più recente ingresso nell’Unione, come la Polonia) può essere citato il caso della Danimarca (paese minore, dotato di un sistema civilistico con la prevalenza di gare ristrette ove la forcella prevede non meno di 3 e non più di 5 imprese e caratterizzato da estrema precisione e completezza progettuale), che, all’art. 4, 3º par. della legge sulle licitazioni n. 216 del 8/6/1964 in vigore fino agli anni ’90, prevedeva la piena facoltà di subappaltare senza previa autorizzazione se ciò avviene “per consuetudine o fatto naturale”. Tale disciplina del subappalto si collocava (e in parte si colloca ancora oggi, almeno nel sottosoglia), in un contesto in cui “la suddivisione in lotti è pratica molto diffusa, che si concretizza nell’attribuzione a trattativa privata con uno o due appaltatori specializzati di fiducia” e dove, naturalmente, il subappalto è marginale e tendenzialmente malvisto. Oggi invece la disciplina del subappalto è organica e tendenzialmente omogenea in quasi tutti i paesi della UE, compresa la Danimarca, per cui ovunque si richiede la preventiva autorizzazione del Committente pubblico, la qualificazione adeguata del subappaltatore e sono posti limiti, di diritto e/o di fatto, più o meno stringenti all’entità e alla natura delle prestazioni subappaltabili; inoltre, la maggior parte dei paesi UE prevede la possibilità del pagamento diretto del subappaltatore in presenza di inadempienze dell’appaltatore o per scelta autonoma del Committente pubblico. Diversa resta, invece, nei diversi paesi la possibilità del subappalto “a cascata”, con la Francia e il Regno Unito che sono i più liberali in questo senso: in Francia, ad esempio, il subappalto a cascata è la regola sopratutto nel batiment e risulta legalizzato fino al terzo livello, anche se solo il primo ha il privilegio del pagamento diretto. Al contrario, il paese più refrattario al subappalto (anche solo di primo livello!) pare essere la Germania che da sempre prevede il principio (art. 4 del VOB/A) per cui “l’appaltatore aggiudicatario deve effettuare le opere con la propria impresa”: ciò implica la previa autorizzazione della stazione appaltante al subappalto, ma anche una valutazione di merito tecnico, dato che “di norma” viene concessa “per quelle parti specialistiche per cui l’azienda appaltatrice non è organizzata”. La riprova dell’approccio restrittivo verso il subappalto è dato dal fatto che nelle varie versioni del VOB/A succedutesi negli anni è affermato il criterio per cui “l’idoneità dell’appaltatore offerente dipende anche dall’entità delle opere che intende subappaltare”, in quanto “… le offerte in cui l’offerente fa presente di voler trasferire a subappaltatori lavorazioni che potrebbe eseguire nella propria azienda, possono essere prese in considerazione soltanto nel caso in cui il ricorso a subappaltatori faccia presumere un’esecuzione tecnicamente più adeguata …”. Troviamo la stessa logica in Spagna, dove gli artt. 115 e 116 della legge di recepimento della D. 18, considerano tra i criteri di selezione delle offerte anche la percentuale di subappalto dichiarato in sede di gara (La nueva ley de Contratos del Sector Público del prof. Josè Antonio Moreno Molina – 2010 – pag. 791), e dove la stessa legge fissa il tetto massimo del 50% del valore del contratto. Di fatto, i dati del subappalto in Germania (e in Spagna, anche se in modo meno netto) tendono tradizionalmente ad essere tra i meno elevati tra i grandi paesi UE, oscillando nell’arco degli ultimi 3 decenni all’incirca tra il 25 e il 35%, inferiori in media del 30 ed anche 40% al Regno Unito. Questo dato può anche essere in parte attribuito alla vasta estensione della pratica della suddivisione in lotti degli appalti, che vede la Germania capofila accanto all’Olanda, alla Danimarca, alla Francia e, tra i paesi dell’est di più recente ingresso, alla Polonia. Se poi facciamo un salto oltre Atlantico, troviamo che la disciplina federale USA è rigorosa in materia di subappalto: infatti, tradizionalmente, le norme del Federal Construction Contracting prevedono limiti quantitativi e qualitativi per accedere all’autorizzazione preventiva della stazione appaltante e sono imposti all’appaltatore aggiudicatario quali limiti di legge, cui le stazioni appaltanti devono attenersi nel bandire le gare. Quanto ai limiti quantitativi, risulta da sempre affermato il principio base per cui il contraente aggiudicatario deve eseguire in proprio le opere: tuttavia, riconoscendo la diffusione della prassi dell’affidamento in subappalto, la legge federale prevede che per ciascun diverso tipo di opera sia preventivamente indicata la percentuale massima di subappalto, che la stazione appaltante deve esporre tassativamente nel bando di gara. Ad ulteriore rafforzamento del principio base dell’esecuzione delle opere direttamente da parte dell’appaltatore, la legge federale prevede, quale soglia massima non superabile in nessun caso, che almeno il 15% nell’edilizia e il 20% nelle infrastrutture sia eseguito direttamente dall’appaltatore: di fatto, però, tali soglie massime di legge sono spesso fissate in modo molto più restrittivo dalle stazioni appaltanti. Inoltre, nel caso di subappalto autorizzato per un valore compreso tra il 50 e il 70% dell’importo dell’appalto (considerato un valore molto elevato), è fatto obbligo all’appaltatore di nominare un coordinatore esperto dei subappaltatori che deve essere accettato dalla stazione appaltante ed essere sempre presente in cantiere. Se poi il subappalto in caso particolari supera il limite assoluto del 70%, devono esserci due coordinatori esperti e accettati dal committente sempre presenti nel cantiere. Per quanto riguarda gli aspetti qualitativi, la disciplina sancisce l’obbligo in capo all’appaltatore, nel caso degli appalti maggiori che prevedono una parte importante di subappalti, di presentare preliminarmente al committente, accanto alla richiesta di autorizzazione, il Piano degli affidamenti dei subappalti, in cui devono essere indicati i criteri qualitativi di scelta dei subappaltatori, tra cui: 1) il grado di concorrenzialità tra i nominativi dei subappaltatori indicati; 2) la politica dei prezzi praticata verso i subappaltatori; 3) la valutazione del grado di responsabilità di ciascun subappaltatore; 4) il trattamento riservato alle società controllate e partecipate dell’appaltatore nella loro veste di subappaltatori; 5) l’adeguatezza del tipo di contratto utilizzato con i subappaltatori; 6) l’attenzione prestata ai piani operativi e alla qualifica del management dei principali subappaltatori; 7) l’attenzione ai programmi sociali verso le maestranze dei subappaltatori. Tale piano deve essere sottoposto a revisione ogni 3 anni. Venendo ora al tema della qualificazione delle imprese e, più specificamente, a quello della modalità di attribuzione formale delle referenze da suddividersi nel caso di prestazioni subappaltate, tra appaltatore e subappaltatore, troviamo che nei paesi privi di sistema preventivo di qualificazione, la stessa risulta normalmente rapportata alla regola base per cui chi esegue le prestazioni ha diritto all’attestazione delle stesse: di conseguenza, in caso di subappalto, l’impresa generale acquisisce le sole referenze attinenti il c.d. lotto tecnico di coordinamento (oltre naturalmente a quelle per la parte di opere eseguite direttamente). Questo però è vero nel caso di lavori specialistici, dato che nell’ipotesi di opere totalmente o parzialmente prive di tali aspetti, la regola generale subisce un’eccezione, nel senso cioè che l’impresa generale aggiudicataria non deve specificare la parte subappaltata e normalmente ottiene la qualifica sull’intero valore del contratto. In conclusione, il criterio di attribuzione prevalente delle referenze nei paesi privi di sistema preventivo di qualificazione fa riferimento all’esecutore reale se ci si riferisce ad opere specialistiche e comunque si concretizza in una percentuale solo caso per caso secondo l’autonoma valutazione della stazione appaltante. Analoga situazione si riscontra nel caso degli indicati paesi dotati di sistemi di qualificazione preventiva obbligatoria come quella del nostro ex Albo Costruttori. In via preliminare, va precisato al proposito che i principali sistemi di qualificazione preventiva (e segnatamente quelli di Belgio, Spagna, Portogallo e Grecia) prevedono tutti il principio della c.d. contestuale esecuzione delle prestazioni, per cui l’iscrizione nelle classi di importo oltre a non prevedere il c.d. illimitato, fa riferimento a plafond massimi di importi annuali medi sia per le classi relative alle categorie generali che per quelle specialistiche o subcategorie (c.d. criterio del doppio plafond: di iscrizione nella classe di importo annuo medio e nella categoria di lavori). In pratica, è fissato un tetto di lavori pubblici, privati ed esteri, eseguibili contestualmente, in parte differente per i diversi paesi: in Grecia, ad esempio, è pari a non più di tre volte la classe di iscrizione; in Spagna il tetto dei lavori acquisibili per classe di iscrizione viene calcolato in modo più sofisticato con riferimento ad una pluralità di criteri che riguardano, tra l’altro, l’entità del personale tecnico e i relativi curricula; il parco macchinari; il capitale operativo dell’anno in corso e quello degli ultimi 5 anni; il numero di anni di esperienza e la somma di lavori degli ultimi 10 anni: l’applicazione di tali criteri potrà portare ad un incremento massimo di circa tre volte il valore della classe di iscrizione ovvero ad un minimo del 20% circa. Analoga la disciplina del Portogallo, anch’essa basata su una pluralità di criteri, particolarmente articolati per gli aspetti finanziari). In Belgio, l’applicazione del criterio della contestuale esecuzione, che resta un pilastro importante del sistema d’agréation, è sempre stato oggetto di critiche e di polemiche soprattutto da parte delle maggiori imprese generali qualificate nelle classi superiori, data la difficoltà di una sua concreta valutazione e applicazione, essendo anche necessario determinare il valore su base annua dei singoli contratti (e dunque suddividere il valore dei contratti in anni e mesi e, nei lavori complessi, rapportarli alle varie categorie e sottocategorie richieste nel bando e specificate nel capitolato tecnico!). Altro aspetto delicato e controverso riguarda la necessità di eliminare dal calcolo le parti subappaltate: queste varie difficoltà hanno aperto la via all’istituto della deroga, che consente al Ministro (ma non alla Commission d’agréation) di decretare, in via continuativa o temporanea per una singola opera, la qualifica della “impresa per un importo maggiore di quanto prevede la sua iscrizione” ( istituto limitato nell’applicazione, ma ricco di contenzioso a partire dalla sua costituzione). Quanto poi alla problematica dell’agréation dell’impresa generale rispetto ai subappaltatori, la disciplina belga ha visto un’evoluzione che si è sviluppata in parallelo rispetto alle tematiche delle referenze delle filiali societarie, nel senso che tradizionalmente la Commission d’agréation, in accordo con la Loi 20 marzo 1991 e l’Arrêté Royale di applicazione costitutiva dell’Albo, tuttora in vigore, ha seguito il criterio dell’attribuzione delle referenze all’esecutore effettivo della prestazione specialistica (senza alcuna possibilità di duplicazione e quindi senza attribuzione anche a favore dell’impresa generale contraente). La Francia costituisce poi un caso a parte: qui troviamo un ordinamento amministrativo classico iper‐regolamentato, che però non contempla la preventiva qualificazione obbligatoria degli imprenditori: in realtà, a livello nazionale operano due organismi a carattere semiprivato che gestiscono i sistemi di qualificazione per il settore delle costruzioni, senza prevedere il principio della contestuale esecuzione delle opere: ‐
L’Ufficio Pubblico di Qualificazione per la Costruzione di Edifici (OPQCB) per le imprese edili, che fa parte della Federazione nazionale dell’Edilizia (FNB). ‐
Il Servizio di Qualificazione delle imprese dei Lavori Pubblici (SRTP), per i lavori di ingegneria civile, che fa parte della Federazione Nazionale dei Lavori Pubblici (FTP). Tuttavia, tali certificati di qualificazione non sono obbligatori per legge, anche se in pratica risultano normalmente richiesti dalle stazioni appaltanti pubbliche: da notare anche che la Francia presenta, fin dagli anni ’70, un’organica disciplina del subappalto ed una prassi diffusa di scorporo delle opere in lotti specialistici autonomi (allotissement) ovvero di semplici lotti accessori al contratto da affidare in subappalto. Ora, in questo caso di affidamento con unico contratto (lotto principale e lotti accessori: c.d. procedura di gara d’appalto combinata, cioè gestita fin dall’inizio in combinazione tra lotto principale e lotti accessori), il Capitolato d’appalto specificherà “l’importo dei lavori di ciascun lotto e, con riferimento al lotto principale, la percentuale che sarà applicata al totale degli importi dei lotti accessori per stabilire la remunerazione speciale dell’imprenditore titolare del contratto in ragione delle spese di coordinamento interno e del margine per eventuale inadempienza dei subappaltatori”. Trattandosi del margine per eventuali inadempienze di subappaltatori incaricati dell’esecuzione dei lotti accessori, la percentuale che figurerà nell’atto di impegno per remunerare il margine totale così definito sarà quindi superiore alla percentuale che potrebbe remunerare i compiti di coordinamento esterno nel caso di contratti separati, poiché le ripercussioni finanziarie dell’inadempienza di un imprenditore sono, in questo secondo caso, a carico del titolare dell’opera. Anche in questo caso, la ripartizione nell’assegnazione delle referenze si fa sempre più rigorosa in aderenza al principio dell’attribuzione al titolare dell’esecuzione dei lavori man mano che ci si riferisce ad opere specialistiche. A questo punto risulta interessante addentrarci nello specifico della prassi belga, dato che forse rappresenta la gestione più attenta e completa. Innanzitutto, va detto che l’attribuzione delle referenze non è sorretta da nessuna previsione normativa specifica ovvero da percentuali di riferimento fissate in via normativa: quando un’impresa generale invoca determinate referenze per ottenere l’agréation, deve produrre i certificati di buona esecuzione lavori effettuati nella categoria o sottocategorie richieste con i relativi importi in evidenza. La Commission d’Agréation (composta da 24 membri espressi pariteticamente da Autorità federale, Regioni, Rappresentanze imprenditoriali e sindacali e presieduta da un magistrato), in linea generale, non richiederà la ripartizione delle opere certificate tra appaltatore e subappaltatori e quindi la quantificazione delle opere subappaltate, riconoscendo valida la totalità dell’importo a favore dell’impresa generale titolare del contratto. Tuttavia, se la domanda di agréation dell’impresa generale riguarda opere specialistiche (es. dragaggi a mare, per le opere di genio civile ovvero impianti elettrici o sanitari speciali, per le opere di edilizia), allora sarà richiesta nei certificati di buona esecuzione la specificazione analitica con relativa quantificazione dei lavori ricadenti nella categoria e/o sottocategoria corrispondente effettivamente svolti. L’indicato criterio emerge dalla prassi usualmente seguita dalla Commission d’agréation, ma non pare esservi sul punto né giurisprudenza né dottrina particolare, dato che la questione è pacifica: si veda al riguardo la perentoria affermazione del Prof. Flamme nel “Commentaire pratique de la réglementation des marches publics, Tomo 1B, pag. 1733, punto3: “Il va de soi qu’en tout cas les références de travaux spéciaux exécutés en sous­
traitance par d’autres entrepreneurs pour compte de l’entrepreneur adjudicataire appartiennent aux entrepreneurs sous­traitants”. CONCLUSIONE In materia di subappalto, l’Unione tende a far passare un duplice messaggio, nel presupposto della piena collaborazione degli Stati membri: in primo luogo, la necessità di qualificare il subappalto sottoponendolo da un lato ad un più stretto controllo del committente, dall’altro imponendo anche nella catena esecutiva, l’applicazione di regole analoghe a quelle proprie dell’appalto circa il rispetto ambientale, sociale e di diritto del lavoro. Allo stesso tempo, l’Unione introduce (ed è il secondo aspetto), un istituto giuridico da tempo praticato in alcuni dei principali ordinamenti nazionali, che si palesa essere antitetico al subappalto: la suddivisione in lotti degli appalti. Si tratta dunque di un’azione a largo raggio dell’Unione che tende a qualificare e contenere il subappalto, in una logica di “emersione” dalla sua tradizionale zona grigia non normata, per riaffermare il principio dell’eseguire il più possibile in proprio da parte dell’appaltatore. Questo sforzo di riqualificare la catena dei rapporti derivati poggia sull’idea di elevare le PMI, tradizionalmente subappaltatrici, al ruolo di appaltatori mediante la suddivisione in lotti, senza perdere, anzi valorizzando, la dimensione concorrenziale del procurement. La direzione è chiaramente desunta dai sistemi francese e tedesco (ma pure olandese, danese e svedese) ed ha quale conseguenza quella di riaffermare che a livello di accreditamento dei requisiti, il principio base è quello per cui “chi esegue la prestazione ottiene la qualifica corrispondente”. Si potrebbe dire che nella riforma delle direttive prevale complessivamente il concetto di impresa organica alla tedesca, che molto esegue in proprio (salvo ciò che risulta più efficiente affidare a ditte specializzate subappaltatrici), mentre è perdente l’idea anglosassone del main contractor, quale soggetto che ha prevalentemente competenze tecnico‐progettuali‐gestionali, ma poco o nulla direttamente esecutive, salvo il c.d. lotto tecnico di coordinamento. Va pure rilevato che una spinta al contenimento del subappalto può derivare anche, nei sistemi a qualificazione preventiva obbligatoria, dalla richiamata regola della contestuale esecuzione annuale delle opere, dato che l’impresa generale sa che non potrà contrarre oltre il limite attribuito. Tuttavia, l’indicata tendenza Ue che si sforza di fare emergere la qualificazione.ne dei rapporti derivati e di affermare il loro diretto antidoto, l’allotissement, non si traduce in una prassi così lineare, dato che (ormai da un decennio) è in atto in molti ordinamenti ( dalla Francia alla Spagna, dalla Germania al Regno Unito ) una forte deregolamentazione procedurale e sostanziale che ha investito il sottosoglia e che la norma Ue sulla suddivisione in lotti potrebbe perfino rafforzare ulteriormente, rappresentando una sorta di via di fatto all’incremento “occulto” delle soglie Ue. Alla luce di quanto evidenziato sulle tendenze non sempre concordanti nella Ue che nei singoli Stati membri, si può concludere in sintesi che, in tutti gli ordinamenti, anche in quelli amministrativi più regolamentati, permane in capo alle singole stazioni appaltanti un ampio margine di autonomia decisionale, tale per cui, l’eventuale limite generale di percentuale subappaltabile fissato per legge come pure l’attribuzione delle referenze tra appaltatore e subappaltatore nel caso di lavorazioni specialistiche, rappresenta un dato solo orientativo ( e a volte addirittura poco significativo) rispetto al prevalere della valutazione caso per caso effettuata dalla stazione appaltante alla luce della realtà tecnica della singola opera da eseguire.