Jet russo abbattuto dalla Turchia, le mosse di Putin
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Jet russo abbattuto dalla Turchia, le mosse di Putin
Jet russo abbattuto dalla Turchia, le mosse di Putin Mosca, 26 novembre – Fonti USA fanno sapere che lo sconfinamento del Su-24 russo sarebbe durato 17 secondi, entrando nello spazio aereo turco per una distanza di 2 chilometri. In quel momento un caccia F-16 turco avrebbe sparato un missile, colpendo il jet russo quando questo già si trovava in territorio siriano. Nonostante le scuse del governo di Ankara, lo stato maggiore dell’esercito russo ha annunciato che verranno prese le seguenti misure di sicurezza per proteggere le proprie forze armate in Siria: 1. Dislocamento dell’incrociatore lanciamissili Moskva della flotta del Mar Nero, nel porto di Tartus (Siria) 2. Scorta di caccia armati per tutte le future missioni di bombardamento 3. Dislocamento sul territorio siriano controllato dalle forze armate russe, del sistema missilistico anti-aereo S-400 Triumph. Freddie Mercury, la Leggenda a 24 anni dalla morte Londra, 24 novembre 2015- Parlare di morte in questi casi, sembra quasi una bestemmia: nonostante siano passati 24 anni ormai da quel 24 novembre del 1991, il mito, il volto, la voce e la poesia di Freddie Mercury sono più vive che mai. Nato a Zanzibar il 5 settembre del 1946 col nome di Farrokh Bulsara, nel 1970 fondò i Queen, la storica band britannica composta dal batterista Roger Taylor, il bassista John Deacon e dal chitarrista Brian May, con la quale ha venduto centinaia di milioni di dischi in tutto il mondo. Personaggio eccentrico, dotato di una voce graffiante e struggente, un animale da palco in tutti i sensi. Contrae il virus dell’HIV e pochi giorni dopo l’annuncio ufficiale su l’aggravarsi del suo stato di salute, peggiorato a causa di una broncopolmonite, arriva la notizia che lascia milioni di fans nel mondo nello sconforto più totale: Freddie Mercury non ce l’ha fatta. Album postumi, filmati inediti, concerti rivisitati, dvd, tshirt, cinema...Freddie Mercury vive ancora nei cuori di tutti gli appassionati dei Queen, ma non solo: è stato un uomo simbolo di un cambiamento epocale, di un’era convulsa, sia musicalmente che socialmente parlando. La sua voce, continuerà a vivere per sempre. Di Nicola Iacopetti Ruby ter, nuovo processo a Milano per Berlusconi Roma, 23 novembre 2015 – Comincerà a Milano il c.d. processo Ruby ter, ovvero l’ultimo filone dell’inchiesta che coinvolge, dal 2009, Berlusconi. Si ricorderà che che l’ex Cavaliere, dopo essere stato condannato a ben sette anni per prostituzione minorile e concussione, è stato assolto con formula piena in appello, (sentenza confermata in Cassazione). È nota l’accusa di allora: Berlusconi avrebbe intrattenuto rapporti sessuali con la minorenne Ruby, ed avrebbe fatto pressioni su un funzionario della Questura di Milano per liberarla. Appello e Cassazione smontano la tesi della Procura meneghina: non è provato il reato sessuale e non c’è stata alcuna costrizione del funzionario di polizia. Un conto è, ovviamente, il giudizio (personale e morale) sul comportamento del personaggio pubblico, un altro è la sussistenza del reato penale. Ma non finisce qui: infatti, il Tribunale di Milano, pronunciando la condanna per Berlusconi, trasmette gli atti alla Procura ipotizzando i reati di falsa testimonianza e corruzione di testimone: in altre parole, Berlusconi è “colpevole” e chi ha sostenuto il contrario (testimoni della difesa compresi) deve essere processato. Nel frattempo, come abbiamo detto, sull’inchiesta madre la magistratura ha detto la parola fine. La Procura, a suo dire, ha in mano prove evidenti di dazioni di denaro da parte dell’ex Cavaliere alle c.d. olgettine e di altri soggetti: staremo a vedere. Spesso in questo tipo di vicende, come si suol dire, il tempo è galantuomo. di Luca Benedetti Allarme terrorismo a Bruxelles. Capitale blindata Bruxelles, Massimo 22 novembre livello 2015 d’allarme – a Bruxelles. Aumenta la paura nella capitale belga dove secondo fonti attendibili sarebbe nascosto, forse munito di cintura esplosiva, Salah Abdeslam, ricercato per la strage di Parigi. Alcuni complici e amici di Salah, arrestati proprio a Bruxelles avrebbero prelevato il pericoloso terrorista da Parigi per portarlo in Belgio. A preoccupare ancora di più le autorità sarebbe però la presenza nella città di altri uomini legati allo Stato Islamico, forse dieci, pronti a colpire. Il premier belga Michel ha annunciato la chiusura delle scuole e dalla metropolitana per la giornata di lunedi 23 novembre. Il ministro della Giustizia Koen Geens d’altro canto ha espresso il suo rifiuto a bloccare la città affermando che, sicurezza permettendo, deve essere garantita l’attività lavorativa per non causare danni economici. Intanto sale l’allarme terrorismo anche in Italia, dove sui social network dilagano le minacce al nostro paese e alla capitale, proprio in vista del Giubileo. Anche oggi Papa Francesco ha rilanciato il suo appello alla pace e ha dichiarato che non annullerà il viaggio “a rischio”, previsto nei prossimi giorni in Africa. Perché la Russia ha bisogno di una Siria alleata Latakia, 22 novembre 2015 – Per capire il perché il presidente Vladimir Putin abbia deciso di intervenire militarmente in un teatro bellico drammaticamente difficile come quello siriano, è necessario analizzare la situazione geopolitica del Medio Oriente e della Federazione Russa. Anzitutto la Siria è l’alleato più antico che la Russia abbia nella zona mediorientale dai primi anni 70, tempi in cui governava Hafiz Al-Assad (padre dell’attuale presidente siriano). Sin dall’inizio della guerra civile (giugno 2011) il presidente Bashar Al-Assad ha ricevuto appoggio diplomatico e forniture militari dal governo russo ed è proprio grazie a queste che può ancora giocare un ruolo politico attivo in Siria, visto che la maggior parte delle altre potenze mondiali (fatta eccezione per la Cina) si sono dichiarate favorevoli ad un regime change. In secondo luogo la Siria è un paese con un modesto, ma importante, sbocco sul Mar Mediterraneo. Questo permette il trasporto del prezioso petrolio, di cui il Golfo Persico è ricco, direttamente sulle coste del Mediterraneo, bypassando così il canale di Suez. Inoltre, il porto siriano di Tartus costituisce l’unica base nel Mediterraneo che la marina militare russa può utilizzare. Insomma, con la Siria le forze armate russe perderebbero qualsiasi capacità di operare nel mediterraneo, o quanto meno queste sarebbero pesantemente limitate. Purtroppo per le forze governative siriane la protezione diplomatica e le forniture militari non sono state sufficienti. Le forze ribelli (ISIS, al-Nusra e le forze coalizzate dell’opposizione anti-Assad) con il passare dei mesi hanno preso il controllo della maggior parte del territorio e delle vie di comunicazione, costringendo i governativi in una stretta fascia di terra tra il Libano e la costa. E’ a questo punto che il governo russo decide di inviare mezzi aerei nella base aerea di Lakatia, nell’ovest dellla Siria, per fermare l’avanzata dei ribelli ed evitare la disfatta definitiva delle forze di Assad. L’intervento militare viene giustificato agli occhi del mondo come una lotta contro il terrorismo islamico dell’Islamic State, dando così un fine nobile all’operazione. Con questa mossa Putin ha così rivendicato il ruolo di protettore dell’occidente, dell’Europa e della cristianità. Appare però logico che l’intento di Putin sia quello di riavvicinarsi all’Unione Europea e far revocare le sanzioni economiche che stanno danneggiando l’economia russa, successivamente alla crisi ucraina. Lo schieramento dei russi non è certo imponente. A Latakia vengono schierati per lo più aerei da attacco al suolo: 12 Su-25, 12 Su-24 (equivalente russo del Tornado europeo), più alcuni Su-30, Su-34, droni da ricognizione (mezzi moderni di recente produzione) ed elicotteri d’assalto Mi-24. Da non dimenticare le navi da guerra della Flotta del Mar Caspio e i bombardieri strategici di base nel Caucaso, che sin dall’inizio hanno preso parte all’operazione con il lancio di nuovi missili cruise a lungo raggio. Completano lo schieramento in Siria una squadra dei reparti speciali Spetsnaz e uomini adibiti alla logistica e alla difesa della base. E’ ancora troppo presto per dire se queste forze saranno sufficienti a far prevalere Assad. Molto probabilmente no. Un intervento con la sola aeronautica militare potevano salvarlo, fermando l’avanzata dei ribelli , ma per riconquistare i territori servono tanti uomini (addestrati alla guerra in zona urbana) e mezzi terrestri, che Assad non ha, ed è ancora tutto da vedere se i governi di Russia e degli altri paesi che stanno portano avanti la guerra al terrorismo islamico, avranno veramente il coraggio di introdurre migliaia di soldati in Siria ed prendersi la responsabilità del futuro di questo paese. Ad ogni modo l’intervento russo sta assestando duri colpi alle forze dell’ISIS in Siria e sta dimostrando come le riforme volute dal presidente Putin siano state efficaci anche nel settore della Difesa; riorganizzando l’esercito, facendolo diventare una macchina moderna, efficace e pronta ad eseguire i compiti che il governo russo e la comunità internazionale vorrà affidargli, per il mantenimento della pace nel mondo. di Emanuele Bazzichi Attacco a Parigi: il terrore non deve cambiarci Parigi, 16 novembre 2015 – Quello che è successo venerdì scorso a Parigi ha scosso tutti noi: ci ha toccato nel profondo, ci ha fatto immedesimare in chi in questo momento soffre, ci ha posto degli interrogativi: chi? E perché? La verità è che ci siamo scoperti vulnerabili, non solo dal punto di vista della sicurezza nelle nostre città, ma anche emotivamente. La ruotine quotidiana, la settimana che stancamente entra nel weekend, gli impegni o la noia di ogni giorno: tutto si ferma, e la nostra mente viaggia tra rabbia, sconforto e domande. Tante domande che non avranno risposta. Cosa fare, e come? In un certo senso ci riscopriamo umani, ci guardiamo tra di noi nei treni e nelle metropolitane, e si innesca un grande processo di empatia globale che ci coinvolge in prima persona, online e offline. Parallelamente, si alza anche il gran chiasso delle dichiarazioni politiche, i proclami, le promesse, le minacce. Sembra che in momenti come questo l’opinione pubblica necessiti immediatamente di fagocitare risposte, possibilmente molto semplici e il più possibile speculari a quello che vuole sentirsi dire, quasi come se un segretario di partito che parla di fronte ai microfoni possa risultare rassicurante. “Loro sono più forti perché credono in qualcosa, noi invece ormai non abbiamo più niente per cui combattere”, si sente dire quando si parla di immigrazione islamica. Quasi come se la libertà di cui beneficiamo ogni giorno non sia costata nulla, quasi come se dessimo per scontato ciò di cui godiamo: ed è proprio questo che è necessario evitare, dare per scontato, guardare con superficialità ai diritti che ci sono stati garantiti, fino ad abusarne ipocritamente. “Non abbiamo più valori in occidente”, sostiene l’uomo qualunque che tutti conosciamo. Ma cosa sono le libertà di pensiero, di credo religioso e di partecipazione politica per tutti se non valori fondanti della nostra convivenza libera? Esiste un valore più forte di tutto questo? Tanto forte è l’onda pervasiva della libertà, da non avere bisogno di armi per affermarsi: l’uomo ne possiede la scintilla già dentro di sé, connaturata e inevitabile, fin dall’alba dei tempi. Certo, nella storia sono state diverse le interpretazioni date al concetto di “libertà”, e nonostante le armi possano non servire per diffonderla, spesso sono invece necessarie per difenderla. Ma questo non deve cambiarci, non deve trasformarci in ciò che chi ha sparato venerdì vuole che diventiamo: ostili, impauriti, insicuri. Al punto da dubitare delle stesse basi di convivenza che ci siamo liberamente dati, e che hanno garantito progresso e speranza non solo per noi, ma per tutto il mondo. Ma non esiste libertà senza responsabilità: pensare che il nostro sistema politico democratico e rappresentativo fosse replicabile in altre realtà così lontane da noi, non tanto geograficamente quanto culturalmente, è stato un errore che non dobbiamo ripetere. Con troppa superficialità -e talvolta complicità- si è guardato a ciò che, negli scorsi anni, stava succedendo in Medio Oriente e Nord Africa. Con troppa sufficienza sono state assecondate le rischiose fughe in avanti della mai fiorita “primavera araba”, piuttosto che valutare i possibili -e forse annunciati- sviluppi futuri con maggiore oculatezza. Con grave irresponsabilità si è lasciato che Paesi come Iraq e Siria, da dove pare siano stati coordinati gli attacchi, subissero la distruzione totale delle proprie istituzioni, smettendo di fatto di esistere come stati sovrani tramutandosi in terre di nessuno che non esistono più sulle cartine. Oggi la politica rincorre facili soluzioni, perfette per essere scandite durante toccanti conferenze stampa. Ma le soluzioni, se esistono, non sono né facili, né elettoralmente convenienti. Quando si minaccia la “guerra”, si cade nello stesso errore già fatto, già visto, e di cui continuiamo a pagare il prezzo. Sono stati anche dieci anni di guerre più o meno dichiarate in Medio Oriente a portarci a tutto questo: si è destabilizzata un’area del mondo già critica e che adesso implode, tra morte, terrore ed emergenze umanitarie che arrivano fino alle nostre coste. La società europea è cambiata però già da tempo: diversità culturali, etniche e religiose sono ormai realtà decennali in tanti Paesi. Ciò pone degli interrogativi, ma soprattutto ci spaventa in quanto esseri umani: il diverso fa paura, chiunque esso sia. Sta a noi “restare umani”, sta a noi non avere paura: possono odiarci, non per questo dovremo essere noi a cambiare ciò che ci ha uniti finora e di cui tutti abbiamo finora beneficiato. La nostra libertà, che paradossalmente è anche la loro, non può pagare un prezzo così alto: difendere la libertà significa difenderla anche per loro, altrimenti non è più libertà, è privilegio. Le risposte stanno nel far capire al diverso che non ha nulla da temere; così facendo, impareremo anche noi, a nostra volta, a non avere timore. E’ inevitabile però considerare come non possa esistere libertà che non si accompagni a responsabilità, che deve essere condivisa da tutti e concretizzarsi nel rispetto della legge, delle istituzioni, della laicità dello Stato, della parità dei sessi, dell’autodeterminazione individuale. A chi arriva nei nostri Paesi dev’essere chiesto molto in questo senso, perché lo stato di diritto si fonda sulla reciproca responsabilità, che non è mai unilaterale. La responsabilità unilaterale è il capovolgimento della libertà e di conseguenza della legge, che nel nostro ordinamento scaturisce direttamente dal rispetto delle rispettive sfere di libertà. Come europei, siamo indignati di fronte a questa violenza. Ma come europei dobbiamo anche continuare a vivere: lo dobbiamo a chi ha dato se stesso, in passato, per la causa di libertà in cui ha creduto. Continuare ad essere noi stessi è un dovere prima di tutto verso noi stessi. Mangiare al ristorante, prendere l’aereo, andare a teatro, visitare un museo, spostarsi con la metropolitana, leggere un quotidiano, ballare in discoteca, preferire un partito ad un altro, divertirci allo stadio, studiare all’università, dire una preghiera: chiunque siano, non smetteremo mai di vivere a causa loro. di Andrea Di Nino Il cappotto, un’icona guardaroba maschile del Milano, 14 novembre 2015 – In lana color cammello, nelle tinte del beige, del grigio e dell’arancio, doppiopetto oppure oversize, quello del cappotto è un trend del guardaroba maschile ormai consolidato. Alla fine del Settecento in Inghilterra, si diffuse la moda del carrick, nato dall’evoluzione della marsina, il più esterno dei tre pezzi dell’abito maschile. Soprabito comodo, confortevole e lungo, indossato come indumento da viaggio per proteggersi dalla polvere e dalle intemperie, è inizialmente usato dai gentiluomini inglesi. Riaggiornato secondo i criteri della moda 2.0, il cappotto si sta per affermare come un capo must per questo inverno ormai alle porte, sia esso interpretato da un brand di lusso o da uno più low-coast. di Cristiano Gassani Belstaff insieme capsule. e Native per una Sons nuova Milano 22 luglio 2015 – Azienda inglese fondata nel 1924, Belstaff, nasce come brand specializzato in abbigliamento per motociclisti e aviatori. Lawrence d’ Arabia, Che Guevara, Arthur Miller, sono alcune delle celebrità che hanno indossato capi del marchio, reso unico e particolare grazie all’ uso di cotoni di origini egiziane lavorato con oli naturali che permettono al tessuto di respirare. A febbraio 2005 l’azienda debutta nel mondo dell’ alta moda sulle passerelle milanesi. Oggi Belstaff in collaborazione con Native Sons, brand giapponese specializzato in eyewear di alta classe, hanno creato una collezione limitatissima di 70 occhiali modello Thompson. Una lega di titanio che rende robusta e comoda allo stesso tempo la montatura di questo occhiale, viene accostata a tre diverse colorazioni. I 4 store del brand, Londra, New York, Milano e Monaco, avranno ciascuno 10 paia di occhiali, mentre i rimanenti 30 si potranno comprare solo online sul sito www.belstaff.com. L’ occhiale siamo sicuro diventerà un Icon per tutti gli amanti del Fashion System. di Cristiano Gassani Semplicemente Gianni Versace Milano 15 luglio 2015 – Se si pensa al “Fashion System”, nella mente non può che apparire la figura del suo genio indiscusso: Gianni Versace. Stilista morto il 15 luglio 1997 nella sua villa di Miami Beach, nasce a Reggio Calabria il 2 dicembre 1946, e proprio nella città d’origine ebbe i suoi primi contatti con la moda lavorando nell’ atelier della madre, dove oggi sorge la boutique Versace. Siamo nel marzo 1978 a Milano, quando al Palazzo della Permanente, presenta la sua prima collezione donna. Da qui in poi, lo stilista collezionò una serie d’ innumerevoli successi e collaborazioni con famosi fotografi e modelle. Tra i primi ricordiamo Richard Avedon, Bruce Weber, Steven Meisel e Mario Testino, tra le seconde, Linda Evangelista, Naomi Campbell, Claudia Schiffer, Cindy Crawford e Karen Mulder. Grazie alle sue doti indiscusse e genialità, nel 1986 il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, conferì a Versace il titolo di Commendatore della Repubblica italiana. Sempre continuamente ispirato dal mondo dei giovani e di conseguenza della musica, tra le sue creazioni più famose si ricorda quelle per Madonna ed Elton John, ma non solo perché personaggi quali Lady Diana erano suoi sostenitori. Oggi il marchio è tornato a registrare utili e successi grazie al lavoro di Donatella Versace, sorella, musa e braccio destro dello stilista. di Cristiano Gassani Pro&Contro: “I nodi di Renzi, scuola e pensioni” Roma, 15 luglio 2015 – IL PUNTO DI LUCA BENEDETTI. “Il Parlamento approvato ha la definitivamente riforma sulla “buona scuola”, che ha scatenato moltissime polemiche e dissensi, sopratutto all’interno delle forze di sinistra e tra gli operatori del settore. Un progetto di riforma ambizioso, ma forse introdotto nel momento e nel modo sbagliato. Si possono condividere alcuni punti: superamento del sistema delle graduatorie, aumento dei fondi anche per l’edilizia scolastica, potenziamento del potere dei presidi (norma che ha destato scandalo, ma che esiste già da tempo in tutti i principali paesi europei). Nota dolente, come al solito, l’incentivazione della scuola paritaria a scapito di quella pubblica. Certo questa riforma pare sia costata molto al premier in termini di consenso, e questo dovrebbe spingere Renzi, in futuro, ad usare maggiore equilibrio, soprattutto se intende toccare settori delicati della vita del paese, con interessi forti e radicati.” IL PUNTO DI ANDREA CELLA. “Il governo Renzi tenta di mettere una toppa alla riforma Fornero sulle pensioni: è chiaro che bisogna ritoccare molti privilegi assurdi come quelli dei grandi burocrati, giudici e le alte cariche statali e dell’esercito. Questi personaggi, calcolando la pensione rispetto all’ultimo stipendio percepito, sono andati ad assicurarsi pensioni che non corrispondono realmente a quanto era stato versato. Ma non solo, la riforma Fornero non va rattoppata: va completamente eliminata! Infatti prima di tale riforma, l’età pensionabile degli Italiani era nella media europea. Inoltre è stato un vero atto criminale quello di creare gli esodati, nel contempo rendendo più difficile l’entrata dei giovani nel mondo del lavoro.”