GM cellulare e reperibilità - Ordine dei Medici di Ferrara

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GM cellulare e reperibilità - Ordine dei Medici di Ferrara
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11.01.2007 TRIBUNALE di GENOVA - Continuità Assistenziale ( il reato di
interruzione di pubblico servizio per il medico di guardia con cellulare spento).
§ - Integra il reato di interruzione di pubblico servizio, previsto dall'art. 340 codice penale la
mancata immotivata risposta alla chiamata del pubblico ufficiale, tenuto in ragione del servizio
svolto, a rispondere a chiunque lo interpelli per motivi attinenti alla sua funzione. Rientra
infatti nei doveri di ufficio del medico di continuità assistenziale rendersi reperibile. Per cui
grava sul pubblico ufficiale l'onere di provvedere in tal senso, non allontanandosi dal recapito
telefonico ovvero lasciando attivo e raggiungibile altro recapito. Proprio la delicatezza di tali
funzioni deve porre l'obbligato in stato di allerta tale da escludere che possa distrarsi o
assopirsi al punto da vanificare il dovere di reperibilità. (Avv. Ennio Grassini –
www.dirittosanitario.net )
Trib. Genova Sez. I, 11-07-2006
omissis
Svolgimento del processo e Motivi della decisione
Il dibattimento si celebrava alla presenza dell'imputato. Acquisite le produzioni delle Parti,
esaminati i testi dell'accusa e della difesa nonché i testi B., C. e G., dei quali era stata disposta
l'escussione ai sensi dell'art. 507 C.P.P., esaminato l'imputato, le Parti concludevano come da
verbale in atti. L'isp. S. della Sezione di PG esponeva sommariamente le indagini svolte, su
richiesta del Pubblico Ministero, fondate prevalentemente sul contenuto delle dichiarazioni
raccolte dalle persone interpellate, il figlio di M.R., il di lui genero, il presidente e militi della
Croce Rossa-sez. […], il medico curante della predetta, che ne constatò il decesso. Presso
l'Unità Operativa Assistenza Sanitaria di Base il teste raccolse notizie sulle modalità di
espletamento del servizio di guardia medica. Raccolse documentazione, prodotta agli atti.
O.G., figlio della deceduta, ha dichiarato che verso le ore 5.10 del giorno xxx percepì
provenire un lamento dalla camera della madre, adiacente alla propria e corrispondente ad
altro alloggio sito nello stesso caseggiato. Sentendo l'anziana signora bussare sul muro, il
figlio comprese che aveva bisogno di aiuto. Si precipitò in casa di lei e la trovò in stato di
grave sofferenza. Provò dapprima a contattare il medico curante, dott. P., ma non fu possibile,
perché, data l'ora notturna, composto il suo numero, si attivò la segreteria telefonica. Sempre
dall'abitazione dell'ammalata, il sig. O. cercò di chiamare la guardia medica, ma al primo
squillo rispose una voce che informava che la segreteria telefonica era disattivata.
Il signor O., assai preoccupato, chiese aiuto al proprio genero, anch'egli abitante in quello
stabile. Si decise di chiedere l'intervento del servizio di assistenza domiciliare del 118.
Giunsero l'ambulanza e l'automedica. Non fu più possibile alcun soccorso, perché l'ammalata
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nel frattempo era deceduta. Il genero del teste verso le 7.30-8.00 si recò presso la sede della
guardia medica, senza trovare alcuno. Anche il dr. P. riferì al sig. O. di non avere trovato il
medico: gli lasciò un biglietto con preghiera di contattarlo. Alle ore 9.30-10.00 si presentò al
teste una persona sconosciuta, la quale disse di essere il medico in servizio di guardia medica
la notte precedente e si scusò dell'accaduto, senza aggiungere spiegazioni.
P.A., genero di O.G., ha confermato di essere intervenuto al capezzale della moribonda. Il
suocero gli riferì di avere tentato invano con la guardia medica. Provò anche il genero, con lo
stesso risultato. Intorno alle 7.30 il P. si recò personalmente nella sede della guardia medica,
sita in una palazzina ove si trovano anche gli uffici della Croce Rossa. Suonò il campanello al
portone, aprì un ragazzo che lo accompagnò. Il teste non ricorda se suonò o bussò alla porta
della stanza del medico, rammenta tuttavia che costui non era presente ed anche il milite riferì
di non averlo proprio visto.
Il dr. P.G., medico di base della deceduta, ha ricordato di essere stato contattato presso la sua
abitazione dalla famiglia della paziente (non ha saputo indicare esattamente la persona che
suonò al suo citofono) verso le ore 6.30. Si recò in casa della signora M., ove erano presenti i
militi dell'autoambulanza ed il medico del 118, che gli riferì l'ipotesi di decesso a causa di
edema polmonare. Il dr. P. redasse la certificazione di morte. I parenti riferirono che non erano
riusciti a contattare la guardia medica. Il teste, poiché in quel periodo aveva raccolto le
lamentele di alcune persone che lamentavano problemi di comunicazione con tale servizio,
compose il numero egli stesso: sentì attivarsi la segreteria telefonica ed interruppe la
comunicazione. Al ritorno, prima del rientro a casa verso le 7.10-7.15, il dottore cercò
personalmente il collega della guardia medica, recandosi nello stabile ove era sito tale servizio
ed anche gli uffici della Croce Rossa. Ha ricordato di avere azionato il campanello e di averlo
sentito suonare. Non era presente nessuno. Né il medico, né i militi, che probabilmente erano
in casa della deceduta. Il dr. P. affisse allora questo biglietto sulla porta: "prego il collega di
guardia medica di contattarmi in studio dopo le ore 9.00". Davanti alla porta dell'ambulatorio
il dottore trovò una persona che non conosceva: era l'attuale imputato (che ha riconosciuto in
aula), al quale spiegò l'accaduto.
P.A. e B.G., da molti anni militi della Croce Rossa di […], in servizio nelle ore 20-24 della
serata in questione hanno dichiarato di non avere conservato un ricorda preciso in merito alla
presenza o meno dell'imputato. Rammentavano, in particolare, una serata che quel medico
trascorse con loro nei locali della Croce Rossa, senza saperla collocare nel tempo. B.
descriveva l'ubicazione nel caseggiato della stanza in uso alla guardia medica: era un locale di
modeste dimensioni, arredato con un letto ed una scrivania, sito all'interno di un piccolo
appartamento. Accanto alla porta della stanza era affisso un campanello, che il teste utilizzava,
quando si rivolgeva al medico. Non rammentava invece quello posto accanto alla porta di
ingresso dell'appartamento, sul pianerottolo, probabilmente – spiegava - perché d'abitudine
veniva lasciata aperta. F.D., responsabile dell'Ambito 1 della […], ha confermato che redasse
una segnalazione in riferimento al mancato intervento della guardia medica nelle prime ore del
giorno xxx. Alle ore 8.30-9.00 il dr. L. segnalava alla ASL il malfunzionamento della
segreteria telefonica della guardia medica, senza aggiungere altro. Verso le 11.00 la dott. O.,
collaboratrice del dott. F., riferiva che quella mattina la guardia medica era stata cercata al fine
di occuparsi di una paziente, poco dopo deceduta, ma il medico non aveva ricevuto la
chiamata. La dott. O. si recò nei locali della guardia medica ed apprese dai militi che il medico
curante della malata aveva lasciato un biglietto sulla porta per il collega di guardia medica.
La dottoressa controllò il registro delle chiamate, riscontrando che non era stata effettuato
alcun intervento durante la notte precedente da parte della guardia medica. Effettuò alcune
prove sull'apparecchio con segreteria attivata e disattivata, utilizzando il proprio cellulare. Nel
primo caso, dopo qualche squillo, si sentiva un messaggio di invito a cercare il medico su un
numero di utenza cellulare, nel secondo caso, dopo sette-otto squilli si sentivano le parole
"segreteria disattivata" o simili. Lasciò un biglietto, diretto al medico di guardia della notte,
con preghiera di segnalare eventuali anomalie nel funzionamento della segreteria telefonica,
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che inserì. Il dott. F. in persona compose il numero della guardia medica e rispose la segreteria
telefonica. Contattò il medico del turno della notte successiva al fatto, raccomandandogli di
segnalare eventuali anomalie. Per mero scrupolo, il teste chiese il controllo della T., che
avvenne il xxx. Non venne riscontrato alcun difetto e per mero scrupolo il vecchio apparecchio
fu sostituito. Il xxx il dr. F. tornò sul posto, eseguì esperimenti e confermò che tutto
funzionava correttamente.
Nel xxx erano stati segnalati malfunzionamenti, l'ASL ricevette la lettera del dr. C., datata xxx,
prodotta in atti, che solleva in generale la problematica relativa all'opportunità del servizio di
segreteria telefonica per il medico di guardia. La dott.ssa O.L. ha confermato l'esposizione dei
fatti da parte del dott. F.: ricevette disposizione di recarsi presso la sede della guardia medica
di […] allo scopo di sottoporre a controllo l'apparecchio telefonico, con particolare riguardo
alla segreteria telefonica. Fu ricevuta da un milite della Croce Rossa che si prestò ad aiutarla.
La teste eseguì prove incrociate fra l'utenza della guardia medica, la propria cellulare e quella
fissa dell'ufficio del dott. F.: non emerse alcuna irregolarità. Il controllo fu ripetuto in ora
notturna, quando era in servizio il dott. M., con esito sempre negativo. […] fu una delle prime
sedi ove venne introdotto l'uso della segreteria telefonica, in ragione della conformazione del
territorio. In occasione del G8 a Genova, quindi nel corso del mese xxx, l'apparecchiatura
telefonica di […] fu sottoposta a controllo, che non evidenziò alcuna anomalia.
Il dott. R.M. ha spiegato che svolse quel servizio di guardia medica nei mesi di xxx. La sera
del xxx il dott. F. gli rappresentò la necessità di effettuare prove in ordine al funzionamento
del telefono con particolare riguardo per la segreteria telefonica. Le verifiche incrociate non
evidenziarono alcuna anomalia. I medici del servizio erano quattro o cinque. Alcuni di loro,
incontrati occasionalmente al cambio di turno - dr. G. (il giorno xxx), B., C. - gli segnalarono
che sporadicamente e raramente la segreteria si attivava da sola immotivatamente. Per tale
ragione il teste redasse una relazione in data xxx, benché non avesse mai riscontrato tale
inconveniente. In ogni caso tale anomalia non comportava alcun concreto inconveniente,
poiché se, per qualche motivo, alla chiamata rispondeva la segreteria telefonica, questa
emetteva un messaggio che invitava il chiamante a contattare il medico su un numero di
cellulare che indicava. Questi era pertanto sempre reperibile, sia che si trovasse nella sede sia
altrove. Nei giorni successivi il dr. M. si recò nell'ufficio della dott. O. per sollecitare la
sostituzione dell'apparecchio, benché funzionante regolarmente.
Il teste ha dichiarato che apprese dai quotidiani qualche giorno dopo del decesso di una
signora di […], alla quale era mancato il soccorso della guardia medica. Il teste ha descritto i
locali: il medico di guardia disponeva di una stanza, munita di campanello elettrico posto
accanto alla porta di entrata. La porta dell'appartamento ove era sita tale stanza era lasciata
aperta, in modo da consentire e chi ne avesse avuto necessità, di raggiungere prontamente il
medico suonando il campanello della stanza. Talvolta il medico si affacciava sulla strada dalla
finestra della stanza. R.D., presidente del comitato locale della Croce Rossa in […] nel xxx, ha
dichiarato che la notte tra il xxx era in servizio volontario. Verso le ore 5.00 ricevette la
chiamata dal 118 che richiedeva una ambulanza per una signora anziana del paese. Il teste si
recò nella di lei abitazione, stava arrivando anche l'automedica. I parenti dell'ammalata
informavano che avevano ripetutamente cercato il contatto col medico di guardia, senza
ottenere risposta. Lo stesso sig. R. compose invano quel numero. Pur non conservando un
ricordo preciso, dichiarava che probabilmente la voce annunciava "segreteria non abilitata".
Anche il dr. P., presente nell'abitazione, provò a comporre il numero e si disse stupefatto di
non avere risposta.
Il dr. S.C., presidente dell'Ordine dei Medici di […] dal xxx, dichiarava di avere raccolto le
lagnanze di colleghi addetti al servizio di guardia medica, inoltrando conseguentemente nel
corso dell'anno xxx una lettera alla Unità Sanitaria Locale. Lo scopo era la segnalazione di
disservizi di carattere generale, al fine di alleviare il loro disagio. Ricordava il teste che, ad
esempio, alcune sedi erano particolarmente anguste, in talune erano presenti calderine che
emettevano pericolose esalazioni. Segnalò in particolare le difficoltà che incontravano i medici
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operanti presso sedi particolarmente disagiate, sollecitando l'acquisto di apparecchi di
segreteria telefonica, affinché ne fosse agevolato il rintraccio. Il dr. D.E., direttore sanitario
dell'ASL 3 dal xxx al xxx, ha spiegato di non aver avuto conoscenza diretta dei fatti oggetto di
imputazione. Il dr. P.F., dirigente della ASL genovese, svolgeva funzioni amministrative. Ha
spiegato che i medici addetti al servizio di guardia medica dovevano compilare un registro,
utilizzato per la liquidazione degli onorari. La dott. B.P. evidenziava il carattere di urgenza di
tale servizio.
I medici B., C. e G., colleghi dell'imputato, citati ex art. 507 C.P.P., hanno dichiarato che il
servizio di guardia medica si attivava al di fuori degli orari di servizio dei medici di famiglia e
pertanto dalle h. 20.00 alle 8.00 dei giorni feriali e nei giorni festivi e prefestivi. Il telefono
della stanza del medico di […] fu dotato di una segreteria telefonica, poiché non collegato con
il servizio del 118. Se il medico si allontanava, attivava la segreteria in modo da registrare i
messaggi dei chiamanti ed anche lasciare il recapito del telefono cellulare, fornito dalla ASL,
al fine di consentirgli di essere rintracciato anche altrove. Escludevano i testi di avere
segnalato precisi e ripetuti episodi di malfunzionamento della segreteria telefonica, pur
ipotizzando che sporadicamente ciò potesse essere avvenuto. Il dr. C. per esempio ha ricordato
che gli capitò che il telefono funzionasse, ma quando rispondeva era muto. Poco dopo la
persona richiamava e riusciva a mettersi in contatto con lui. L'imputato ha negato la propria
penale responsabilità, sostenendo di essersi recato con la propria auto quella sera prima a
timbrare il cartellino in altra struttura, poi nella stanza presso il caseggiato della Croce Rossa.
Vi rimase ininterrottamente, tenendo acceso il proprio telefono cellulare, anche per ragioni
private. Si diceva convinto di non avere sentito suonare il campanello della porta
dell'appartamento. Era diventata sua abitudine chiudere quella porta, dopo un'aggressione ad
opera di ignoti, subita qualche giorno prima. Al mattino era uscito per timbrare, senza
accorgersi del biglietto lasciato dal dott. P., che trovò al rientro. Per questo motivo di recò nel
suo studio. Quando apprese la notizia della morte della anziana signora, si presentò ai parenti,
che non vollero riceverlo. Non si scusò con loro, convinto di non avere alcuna responsabilità.
L.G. è accusato di una condotta ben determinata: non avere risposto della ripetuta chiamata di
soccorso nell'interesse di M.R., avvenuta nelle primissime ore del mattino del xxx.
L'omissione è dimostrata dalle testimonianze accolte e non è negata dall'imputato: cercato dal
figlio e dal medico dell'ammalata, non rispose al telefono dalle ore 5,10 circa in poi. Non
rispose neppure al genero del figlio ed allo stesso medico, i quali si recarono separatamente
alla sede della guardia medica di […] verso le ore 7.30. La porta dell'appartamento ove era sita
la stanza era chiusa. Non è possibile - come sostiene il L. - che si fosse assopito: come è
visibile dalla planimetria acquisita, l'immobile di dimensioni talmente modeste da poter
escludere che il suono insistente del campanello, avvertito dalle persone che lo azionavano,
non sia stato udito anche da chi si trovava all'interno. Per lo stesso motivo non è neppure
credibile che il L., se si fosse trovato nella sua stanza, ove era collocato l'apparecchio
telefonico, non lo abbia potuto sentire. Le prove tecniche effettuate prima dalla dottoressa O.
della ASL, con l'ausilio di un milite della Croce Rossa di […] nonché del dott. M., medico di
guardia, collega dell'imputato, hanno dato esito negativo in ordine ad anomalie nel
funzionamento dell'apparecchio.
I molteplici infruttuosi tentativi, sia telefonici sia soprattutto di persona, di rintracciare il
medico dimostrano che questi non era proprio presente nella sua stanza. La sua assenza è del
tutto ingiustificata, poiché - dal controllo eseguito dalla dott.ssa O. della ASL - è emerso che
quella notte il L. non esegui alcuna visita esterna.
Integra il reato di interruzione di pubblico servizio, previsto dall'art. 340 C.P. – come osserva
la giurisprudenza - la mancata immotivata risposta alla chiamata del pubblico ufficiale, tenuto
in ragione del servizio svolto, a rispondere a chiunque lo interpelli per motivi attinenti alla sua
funzione. Si ricorda una pronuncia della Suprema Corte (Cass. sent. n. 37459 del 23/9/04 imp.
B.) che riguarda vicenda analoga a quella oggi in giudizio e così decisa: "integra il reato di
interruzione di pubblico servizio la condotta del medico in turno di reperibilità presso una
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struttura ospedaliera che si renda irraggiungibile al recapito fornito disattivando il telefono
cellulare". Rientra infatti nei doveri di tale ufficio rendersi reperibile, per cui grava sul
pubblico ufficiale l'onere di provvedere in tal senso, non allontanandosi dal recapito telefonico
ovvero lasciando attivo e raggiungibile altro recapito. Proprio la delicatezza di tali funzioni
deve porre l'obbligato in stato di allerta tale da escludere che possa distrarsi o assopirsi al
punto da vanificare il dovere di reperibilità. Come osserva la giurisprudenza (Cass. sent. n.
33062 del 5/8/03 imp. R.) l'elemento soggettivo del reato di cui all'art. 340 C.P. non consiste
esclusivamente nel dolo diretto, corrispondente alla condotta volta a provocare l'interruzione,
essendo rilevante altresì il dolo indiretto o eventuale, "fondato sulla consapevolezza che
l'azione o omissione è idonea a cagionare l'evento dell'interruzione o della turbativa e
sull'accettazione del rischio della sua verificazione".
Il reato di cui all'art. 328 C.P. deve pertanto essere escluso, poiché configurabile solo
nell'ipotesi che il pubblico ufficiale avesse opposto rifiuto alla chiamata dell'utente, negando il
proprio servizio. Tale condotta presuppone però il ricevimento della richiesta e pertanto la
risposta alla chiamata, benché negativa, mentre L. non manifestò alcun rifiuto, poiché si mise
in condizione di non poter essere nemmeno interpellato. Deve dunque pronunciarsi
assoluzione dal reato di cui al capo A) della rubrica perché il fatto non sussiste.
Si impone invece la condanna in ordine al reato di cui al capo B) della rubrica. Lo stato di
incensuratezza consente la concessione delle attenuanti generiche. Valutati i criteri di cui
all'art. 133 C.P., pena equa stimasi quella di mesi 3 di reclusione p.b. = mesi 4 giorni 15,
ridotta di un terzo ex art. 62 bis C.P.).
La presente condanna comporta l'obbligo del pagamento delle spese processuali nonché la
condanna dell'imputato al risarcimento dei danni subiti dalla Parte Civile, la cui immagine è
stata compromessa dalla illecita condotta del medico col quale aveva stipulato convenzione e
che pertanto operava per suo conto. Tali danni dovranno essere liquidati in separato giudizio.
L. viene ancora condannato alla rifusione delle spese di costituzione e rappresentanza
sostenute dalla Parte Civile, che si liquidano in complessivi Euro 2.500,00, visto l'impegno
dedicato dal difensore alla causa, di non particolare complessità ed articolatasi nella
celebrazione di un numero limitato di udienze. Lo stato di incensuratezza e la particolarità
della vicenda consentono di confidare nell'efficacia deterrente del presente giudizio e pertanto
di escludere la reiterazione della condotta criminosa. Sono concedibili pertanto i benefici della
sospensione condizionale della pena e non menzione della condanna sul certificato penale.
P.Q.M.
Visti gli artt. 533, 535 C.P.P.
DICHIARA L.G. responsabile del reato di cui al capo B) della rubrica e, concesse le
attenuanti generiche, lo condanna alla pena di mesi tre di reclusione nonché al pagamento
delle spese processuali. Condanna il predetto L. a risarcire i danni subiti dalla Parte Civile, da
liquidarsi in separato giudizio, nonché a rimborsare alla stessa le spese di rappresentanza e
assistenza, che liquida in complessivi Euro 2.500,00, oltre ad IVA e CPA come per legge.
Concede al predetto entrambi i benefici di legge. Visto l'art. 530 C.P.P. ASSOLVE L.G. dal
reato di cui al capo A) perché il fatto non sussiste. Così deciso in Genova il 3 luglio 2006.
Depositata in Cancelleria l'11 luglio 2006.
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