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SENTENZE IN SANITÀ – TRIBUNALE DI GENOVA
TRIBUNALE DI GENOVA – Sezione I - 11 luglio 2006
Rientra nei doveri di ufficio del medico di continuità assistenziale rendersi reperibile. Integra il reato di
interruzione di pubblico servizio, previsto dall'art. 340 codice penale la mancata immotivata risposta alla
chiamata del pubblico ufficiale, tenuto in ragione del servizio svolto, a rispondere a chiunque lo interpelli per motivi attinenti alla sua funzione.
omissis
Svolgimento del processo e Motivi della decisione
Il dibattimento si celebrava alla presenza dell'imputato. Acquisite le produzioni delle Parti, esaminati i testi dell'accusa e della difesa nonché i testi B., C. e G., dei quali era stata disposta l'escussione ai sensi dell'art. 507 C.P.P., esaminato l'imputato, le Parti concludevano come da verbale in atti. L'isp. S. della Sezione di PG esponeva sommariamente le indagini svolte, su richiesta del Pubblico Ministero, fondate prevalentemente sul contenuto delle dichiarazioni raccolte
dalle persone interpellate, il figlio di M.R., il di lui genero, il presidente e militi della Croce
Rossa-sez. […], il medico curante della predetta, che ne constatò il decesso. Presso l'Unità Operativa Assistenza Sanitaria di Base il teste raccolse notizie sulle modalità di espletamento del
servizio di guardia medica. Raccolse documentazione, prodotta agli atti.
O.G., figlio della deceduta, ha dichiarato che verso le ore 5.10 del giorno xxx percepì provenire
un lamento dalla camera della madre, adiacente alla propria e corrispondente ad altro alloggio
sito nello stesso caseggiato. Sentendo l'anziana signora bussare sul muro, il figlio comprese che
aveva bisogno di aiuto. Si precipitò in casa di lei e la trovò in stato di grave sofferenza. Provò
dapprima a contattare il medico curante, dott. P., ma non fu possibile, perché, data l'ora notturna, composto il suo numero, si attivò la segreteria telefonica. Sempre dall'abitazione dell'ammalata, il sig. O. cercò di chiamare la guardia medica, ma al primo squillo rispose una voce che informava che la segreteria telefonica era disattivata.
Il signor O., assai preoccupato, chiese aiuto al proprio genero, anch'egli abitante in quello stabile. Si decise di chiedere l'intervento del servizio di assistenza domiciliare del 118. Giunsero
l'ambulanza e l'automedica. Non fu più possibile alcun soccorso, perché l'ammalata nel frattempo era deceduta. Il genero del teste verso le 7.30-8.00 si recò presso la sede della guardia medica, senza trovare alcuno. Anche il dr. P. riferì al sig. O. di non avere trovato il medico: gli lasciò
un biglietto con preghiera di contattarlo. Alle ore 9.30-10.00 si presentò al teste una persona
sconosciuta, la quale disse di essere il medico in servizio di guardia medica la notte precedente e
si scusò dell'accaduto, senza aggiungere spiegazioni.
P.A., genero di O.G., ha confermato di essere intervenuto al capezzale della moribonda. Il suocero gli riferì di avere tentato invano con la guardia medica. Provò anche il genero, con lo stesso
risultato. Intorno alle 7.30 il P. si recò personalmente nella sede della guardia medica, sita in
una palazzina ove si trovano anche gli uffici della Croce Rossa. Suonò il campanello al portone,
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aprì un ragazzo che lo accompagnò. Il teste non ricorda se suonò o bussò alla porta della stanza
del medico, rammenta tuttavia che costui non era presente ed anche il milite riferì di non averlo
proprio visto.
Il dr. P.G., medico di base della deceduta, ha ricordato di essere stato contattato presso la sua
abitazione dalla famiglia della paziente (non ha saputo indicare esattamente la persona che suonò al suo citofono) verso le ore 6.30. Si recò in casa della signora M., ove erano presenti i militi
dell'autoambulanza ed il medico del 118, che gli riferì l'ipotesi di decesso a causa di edema
polmonare. Il dr. P. redasse la certificazione di morte. I parenti riferirono che non erano riusciti
a contattare la guardia medica. Il teste, poiché in quel periodo aveva raccolto le lamentele di alcune persone che lamentavano problemi di comunicazione con tale servizio, compose il numero
egli stesso: sentì attivarsi la segreteria telefonica ed interruppe la comunicazione. Al ritorno,
prima del rientro a casa verso le 7.10-7.15, il dottore cercò personalmente il collega della guardia medica, recandosi nello stabile ove era sito tale servizio ed anche gli uffici della Croce Rossa. Ha ricordato di avere azionato il campanello e di averlo sentito suonare. Non era presente
nessuno. Né il medico, né i militi, che probabilmente erano in casa della deceduta. Il dr. P. affisse allora questo biglietto sulla porta: "prego il collega di guardia medica di contattarmi in studio
dopo le ore 9.00". Davanti alla porta dell'ambulatorio il dottore trovò una persona che non conosceva: era l'attuale imputato (che ha riconosciuto in aula), al quale spiegò l'accaduto.
P.A. e B.G., da molti anni militi della Croce Rossa di […], in servizio nelle ore 20-24 della serata in questione hanno dichiarato di non avere conservato un ricorda preciso in merito alla presenza o meno dell'imputato. Rammentavano, in particolare, una serata che quel medico trascorse
con loro nei locali della Croce Rossa, senza saperla collocare nel tempo. B. descriveva l'ubicazione nel caseggiato della stanza in uso alla guardia medica: era un locale di modeste dimensioni, arredato con un letto ed una scrivania, sito all'interno di un piccolo appartamento. Accanto
alla porta della stanza era affisso un campanello, che il teste utilizzava, quando si rivolgeva al
medico. Non rammentava invece quello posto accanto alla porta di ingresso dell'appartamento,
sul pianerottolo, probabilmente – spiegava - perché d'abitudine veniva lasciata aperta. F.D., responsabile dell'Ambito 1 della […], ha confermato che redasse una segnalazione in riferimento
al mancato intervento della guardia medica nelle prime ore del giorno xxx. Alle ore 8.30-9.00 il
dr. L. segnalava alla ASL il malfunzionamento della segreteria telefonica della guardia medica,
senza aggiungere altro. Verso le 11.00 la dott. O., collaboratrice del dott. F., riferiva che quella
mattina la guardia medica era stata cercata al fine di occuparsi di una paziente, poco dopo deceduta, ma il medico non aveva ricevuto la chiamata. La dott. O. si recò nei locali della guardia
medica ed apprese dai militi che il medico curante della malata aveva lasciato un biglietto sulla
porta per il collega di guardia medica.
La dottoressa controllò il registro delle chiamate, riscontrando che non era stata effettuato alcun
intervento durante la notte precedente da parte della guardia medica. Effettuò alcune prove
sull'apparecchio con segreteria attivata e disattivata, utilizzando il proprio cellulare. Nel primo
caso, dopo qualche squillo, si sentiva un messaggio di invito a cercare il medico su un numero
di utenza cellulare, nel secondo caso, dopo sette-otto squilli si sentivano le parole "segreteria disattivata" o simili. Lasciò un biglietto, diretto al medico di guardia della notte, con preghiera di
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segnalare eventuali anomalie nel funzionamento della segreteria telefonica, che inserì. Il dott. F.
in persona compose il numero della guardia medica e rispose la segreteria telefonica. Contattò il
medico del turno della notte successiva al fatto, raccomandandogli di segnalare eventuali anomalie. Per mero scrupolo, il teste chiese il controllo della T., che avvenne il xxx. Non venne riscontrato alcun difetto e per mero scrupolo il vecchio apparecchio fu sostituito. Il xxx il dr. F.
tornò sul posto, eseguì esperimenti e confermò che tutto funzionava correttamente.
Nel xxx erano stati segnalati malfunzionamenti, l'ASL ricevette la lettera del dr. C., datata xxx,
prodotta in atti, che solleva in generale la problematica relativa all'opportunità del servizio di
segreteria telefonica per il medico di guardia. La dott.ssa O.L. ha confermato l'esposizione dei
fatti da parte del dott. F.: ricevette disposizione di recarsi presso la sede della guardia medica di
[…] allo scopo di sottoporre a controllo l'apparecchio telefonico, con particolare riguardo alla
segreteria telefonica. Fu ricevuta da un milite della Croce Rossa che si prestò ad aiutarla. La teste eseguì prove incrociate fra l'utenza della guardia medica, la propria cellulare e quella fissa
dell'ufficio del dott. F.: non emerse alcuna irregolarità. Il controllo fu ripetuto in ora notturna,
quando era in servizio il dott. M., con esito sempre negativo. […] fu una delle prime sedi ove
venne introdotto l'uso della segreteria telefonica, in ragione della conformazione del territorio.
In occasione del G8 a Genova, quindi nel corso del mese xxx, l'apparecchiatura telefonica di
[…] fu sottoposta a controllo, che non evidenziò alcuna anomalia.
Il dott. R.M. ha spiegato che svolse quel servizio di guardia medica nei mesi di xxx. La sera del
xxx il dott. F. gli rappresentò la necessità di effettuare prove in ordine al funzionamento del telefono con particolare riguardo per la segreteria telefonica. Le verifiche incrociate non evidenziarono alcuna anomalia. I medici del servizio erano quattro o cinque. Alcuni di loro, incontrati occasionalmente al cambio di turno - dr. G. (il giorno xxx), B., C. - gli segnalarono che sporadicamente e raramente la segreteria si attivava da sola immotivatamente. Per tale ragione il teste
redasse una relazione in data xxx, benché non avesse mai riscontrato tale inconveniente. In ogni
caso tale anomalia non comportava alcun concreto inconveniente, poiché se, per qualche motivo, alla chiamata rispondeva la segreteria telefonica, questa emetteva un messaggio che invitava
il chiamante a contattare il medico su un numero di cellulare che indicava. Questi era pertanto
sempre reperibile, sia che si trovasse nella sede sia altrove. Nei giorni successivi il dr. M. si recò
nell'ufficio della dott. O. per sollecitare la sostituzione dell'apparecchio, benché funzionante regolarmente.
Il teste ha dichiarato che apprese dai quotidiani qualche giorno dopo del decesso di una signora
di […], alla quale era mancato il soccorso della guardia medica. Il teste ha descritto i locali: il
medico di guardia disponeva di una stanza, munita di campanello elettrico posto accanto alla
porta di entrata. La porta dell'appartamento ove era sita tale stanza era lasciata aperta, in modo
da consentire e chi ne avesse avuto necessità, di raggiungere prontamente il medico suonando il
campanello della stanza. Talvolta il medico si affacciava sulla strada dalla finestra della stanza.
R.D., presidente del comitato locale della Croce Rossa in […] nel xxx, ha dichiarato che la notte
tra il xxx era in servizio volontario. Verso le ore 5.00 ricevette la chiamata dal 118 che richiedeva una ambulanza per una signora anziana del paese. Il teste si recò nella di lei abitazione, stava
arrivando anche l'automedica. I parenti dell'ammalata informavano che avevano ripetutamente
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cercato il contatto col medico di guardia, senza ottenere risposta. Lo stesso sig. R. compose invano quel numero. Pur non conservando un ricordo preciso, dichiarava che probabilmente la
voce annunciava "segreteria non abilitata". Anche il dr. P., presente nell'abitazione, provò a
comporre il numero e si disse stupefatto di non avere risposta.
Il dr. S.C., presidente dell'Ordine dei Medici di […] dal xxx, dichiarava di avere raccolto le lagnanze di colleghi addetti al servizio di guardia medica, inoltrando conseguentemente nel corso
dell'anno xxx una lettera alla Unità Sanitaria Locale. Lo scopo era la segnalazione di disservizi
di carattere generale, al fine di alleviare il loro disagio. Ricordava il teste che, ad esempio, alcune sedi erano particolarmente anguste, in talune erano presenti calderine che emettevano pericolose esalazioni. Segnalò in particolare le difficoltà che incontravano i medici operanti presso sedi particolarmente disagiate, sollecitando l'acquisto di apparecchi di segreteria telefonica, affinché ne fosse agevolato il rintraccio. Il dr. D.E., direttore sanitario dell'ASL 3 dal xxx al xxx, ha
spiegato di non aver avuto conoscenza diretta dei fatti oggetto di imputazione. Il dr. P.F., dirigente della ASL genovese, svolgeva funzioni amministrative. Ha spiegato che i medici addetti
al servizio di guardia medica dovevano compilare un registro, utilizzato per la liquidazione degli
onorari. La dott. B.P. evidenziava il carattere di urgenza di tale servizio.
I medici B., C. e G., colleghi dell'imputato, citati ex art. 507 C.P.P., hanno dichiarato che il servizio di guardia medica si attivava al di fuori degli orari di servizio dei medici di famiglia e pertanto dalle h. 20.00 alle 8.00 dei giorni feriali e nei giorni festivi e prefestivi. Il telefono della
stanza del medico di […] fu dotato di una segreteria telefonica, poiché non collegato con il servizio del 118. Se il medico si allontanava, attivava la segreteria in modo da registrare i messaggi
dei chiamanti ed anche lasciare il recapito del telefono cellulare, fornito dalla ASL, al fine di
consentirgli di essere rintracciato anche altrove. Escludevano i testi di avere segnalato precisi e
ripetuti episodi di malfunzionamento della segreteria telefonica, pur ipotizzando che sporadicamente ciò potesse essere avvenuto. Il dr. C. per esempio ha ricordato che gli capitò che il telefono funzionasse, ma quando rispondeva era muto. Poco dopo la persona richiamava e riusciva a
mettersi in contatto con lui. L'imputato ha negato la propria penale responsabilità, sostenendo di
essersi recato con la propria auto quella sera prima a timbrare il cartellino in altra struttura, poi
nella stanza presso il caseggiato della Croce Rossa. Vi rimase ininterrottamente, tenendo acceso
il proprio telefono cellulare, anche per ragioni private. Si diceva convinto di non avere sentito
suonare il campanello della porta dell'appartamento. Era diventata sua abitudine chiudere quella
porta, dopo un'aggressione ad opera di ignoti, subita qualche giorno prima. Al mattino era uscito
per timbrare, senza accorgersi del biglietto lasciato dal dott. P., che trovò al rientro. Per questo
motivo di recò nel suo studio. Quando apprese la notizia della morte della anziana signora, si
presentò ai parenti, che non vollero riceverlo. Non si scusò con loro, convinto di non avere alcuna responsabilità. L.G. è accusato di una condotta ben determinata: non avere risposto della
ripetuta chiamata di soccorso nell'interesse di M.R., avvenuta nelle primissime ore del mattino
del xxx. L'omissione è dimostrata dalle testimonianze accolte e non è negata dall'imputato: cercato dal figlio e dal medico dell'ammalata, non rispose al telefono dalle ore 5,10 circa in poi.
Non rispose neppure al genero del figlio ed allo stesso medico, i quali si recarono separatamente
alla sede della guardia medica di […] verso le ore 7.30. La porta dell'appartamento ove era sita
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la stanza era chiusa. Non è possibile - come sostiene il L. - che si fosse assopito: come è visibile
dalla planimetria acquisita, l'immobile di dimensioni talmente modeste da poter escludere che il
suono insistente del campanello, avvertito dalle persone che lo azionavano, non sia stato udito
anche da chi si trovava all'interno. Per lo stesso motivo non è neppure credibile che il L., se si
fosse trovato nella sua stanza, ove era collocato l'apparecchio telefonico, non lo abbia potuto
sentire. Le prove tecniche effettuate prima dalla dottoressa O. della ASL, con l'ausilio di un milite della Croce Rossa di […] nonché del dott. M., medico di guardia, collega dell'imputato,
hanno dato esito negativo in ordine ad anomalie nel funzionamento dell'apparecchio.
I molteplici infruttuosi tentativi, sia telefonici sia soprattutto di persona, di rintracciare il medico
dimostrano che questi non era proprio presente nella sua stanza. La sua assenza è del tutto ingiustificata, poiché - dal controllo eseguito dalla dott.ssa O. della ASL - è emerso che quella
notte il L. non esegui alcuna visita esterna.
Integra il reato di interruzione di pubblico servizio, previsto dall'art. 340 C.P. – come osserva la
giurisprudenza - la mancata immotivata risposta alla chiamata del pubblico ufficiale, tenuto in
ragione del servizio svolto, a rispondere a chiunque lo interpelli per motivi attinenti alla sua
funzione. Si ricorda una pronuncia della Suprema Corte (Cass. sent. n. 37459 del 23/9/04 imp.
B.) che riguarda vicenda analoga a quella oggi in giudizio e così decisa: "integra il reato di interruzione di pubblico servizio la condotta del medico in turno di reperibilità presso una struttura ospedaliera che si renda irraggiungibile al recapito fornito disattivando il telefono cellulare".
Rientra infatti nei doveri di tale ufficio rendersi reperibile, per cui grava sul pubblico ufficiale
l'onere di provvedere in tal senso, non allontanandosi dal recapito telefonico ovvero lasciando
attivo e raggiungibile altro recapito. Proprio la delicatezza di tali funzioni deve porre l'obbligato
in stato di allerta tale da escludere che possa distrarsi o assopirsi al punto da vanificare il dovere
di reperibilità. Come osserva la giurisprudenza (Cass. sent. n. 33062 del 5/8/03 imp. R.) l'elemento soggettivo del reato di cui all'art. 340 C.P. non consiste esclusivamente nel dolo diretto,
corrispondente alla condotta volta a provocare l'interruzione, essendo rilevante altresì il dolo indiretto o eventuale, "fondato sulla consapevolezza che l'azione o omissione è idonea a cagionare
l'evento dell'interruzione o della turbativa e sull'accettazione del rischio della sua verificazione".
Il reato di cui all'art. 328 C.P. deve pertanto essere escluso, poiché configurabile solo nell'ipotesi
che il pubblico ufficiale avesse opposto rifiuto alla chiamata dell'utente, negando il proprio servizio. Tale condotta presuppone però il ricevimento della richiesta e pertanto la risposta alla
chiamata, benché negativa, mentre L. non manifestò alcun rifiuto, poiché si mise in condizione
di non poter essere nemmeno interpellato. Deve dunque pronunciarsi assoluzione dal reato di
cui al capo A) della rubrica perché il fatto non sussiste.
Si impone invece la condanna in ordine al reato di cui al capo B) della rubrica. Lo stato di incensuratezza consente la concessione delle attenuanti generiche. Valutati i criteri di cui all'art.
133 C.P., pena equa stimasi quella di mesi 3 di reclusione p.b. = mesi 4 giorni 15, ridotta di un
terzo ex art. 62 bis C.P.).
La presente condanna comporta l'obbligo del pagamento delle spese processuali nonché la condanna dell'imputato al risarcimento dei danni subiti dalla Parte Civile, la cui immagine è stata
compromessa dalla illecita condotta del medico col quale aveva stipulato convenzione e che
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pertanto operava per suo conto. Tali danni dovranno essere liquidati in separato giudizio. L.
viene ancora condannato alla rifusione delle spese di costituzione e rappresentanza sostenute
dalla Parte Civile, che si liquidano in complessivi Euro 2.500,00, visto l'impegno dedicato dal
difensore alla causa, di non particolare complessità ed articolatasi nella celebrazione di un numero limitato di udienze. Lo stato di incensuratezza e la particolarità della vicenda consentono
di confidare nell'efficacia deterrente del presente giudizio e pertanto di escludere la reiterazione
della condotta criminosa. Sono concedibili pertanto i benefici della sospensione condizionale
della pena e non menzione della condanna sul certificato penale.
P.Q.M.
Visti gli artt. 533, 535 C.P.P.
DICHIARA L.G. responsabile del reato di cui al capo B) della rubrica e, concesse le attenuanti
generiche, lo condanna alla pena di mesi tre di reclusione nonché al pagamento delle spese processuali. Condanna il predetto L. a risarcire i danni subiti dalla Parte Civile, da liquidarsi in separato giudizio, nonché a rimborsare alla stessa le spese di rappresentanza e assistenza, che liquida in complessivi Euro 2.500,00, oltre ad IVA e CPA come per legge. Concede al predetto
entrambi i benefici di legge. Visto l'art. 530 C.P.P. ASSOLVE L.G. dal reato di cui al capo A)
perché il fatto non sussiste. Così deciso in Genova il 3 luglio 2006.
Depositata in Cancelleria l'11 luglio 2006.
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