“novita` fiscali 2006” la fiscalita` immobiliare nella finanziaria 2006 la

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“novita` fiscali 2006” la fiscalita` immobiliare nella finanziaria 2006 la
CONVEGNO di STUDIO
organizzato dall’A.N.T.I. - Associazione Nazionale Tributaristi Italiani
su
“NOVITA’ FISCALI 2006”
Bologna, giovedì 30 marzo 2006
LA FISCALITA’
IMMOBILIARE NELLA FINANZIARIA 2006
(L. 266/2005 e D.L. 203/2005)
a cura di Roberto Lunelli, dottore commercialista e tributarista in Udine
Sommario:
I.
Premessa ……………………………………………………………………………. pag. 1
II. La fiscalità immobiliare nelle imprese …………………………………………. pag. 1
A. La rivalutazione (fra gli altri beni)
-
dei fabbricati
-
delle aree edificabili
B. Il leasing immobiliare …………………………………………………………… pag. 6
C. La deducibilità delle spese (e degli interessi passivi) nella determinazione
dei proventi dei beni immobili d’investimento (locati) ………………………… pag. 7
III. La fiscalità immobiliare per le persone fisiche ……………………………….. pag. 10
A. Le compravendite immobiliari ………………………………………………….. pag. 10
- le nuove modalità di tassazione delle plusvalenze ai fini Irpef
- la nuova (possibile) base imponibile nell’imposizione sui trasferimenti
B. La detrazione IRPeF per gli interventi di manutenzione …………………….. pag. 12
C. La rideterminazione del valore di riferimento (di acquisto) dei terreni
edificabili e con destinazione agricola …………………………………………. pag. 15
1
IV.
Conclusione ……………………………………………………………………... pag. 18
2
I.
Premessa
Del settore immobiliare si interessa sia la Legge Finanziaria 2006 (L. n. 266 del 23.12.2005) che il cd. Collegato (D.L. n.
203 del 30.09.2005, conv. nella L. n. 248 del 2.12.2005), in parte innovando ed in parte riproponendo provvedimenti
passati (prorogati e opportunamente modificati); e questo tanto per le imprese quanto per le persone fisiche (privati).
Le principali novità possono essere così schematizzate:
Provvedimento
Soggetti
Articolo/Comma
Disposizione
legislativo
Imprese
Art. 1,
L. 266/2005
Persone fisiche
D.L. 203/2005
conv. in
L. 248/2005
469– 476
Imprese
Persone fisiche
Co.
121
495
498
Rivalutazione dei beni d’impresa (in particolare dei fabbricati) e delle
aree fabbricabili
Proroga della detrazione per gli interventi edilizi
Contrasto all’evasione nelle vendite immobiliari
496
Modalità di tassazione della plusvalenza
497
Determinazione della base imponibile ai fini dell’imposta di registro
Art. 5-ter
Leasing immobiliare
Art. 7
Spese di manutenzione degli immobili di proprietà delle imprese
Art.11-quaterdecies
Rideterminazione del valore di acquisto (in particolare) dei terreni
II. La fiscalità immobiliare nelle imprese
A.
La rivalutazione (fra gli altri beni) dei fabbricati e delle aree fabbricabili (L. 266/2005,
art. 1, co. 469 – 476)
La riapertura dei termini per effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa - e, nello specifico, dei
fabbricati e delle aree fabbricabili - assume notevole rilievo ai fini del “reddito (imponibile) di
impresa”, per cui va considerata con la massima attenzione.
Anche perché, se è vero che la relativa disciplina si riporta a quella stabilita nella L. 342/2000, è
anche da rilevare che essa presenta una serie di novità, quali
•
la riduzione dell’aliquota dell’imposta sostitutiva
•
la possibilità di affrancare la riserva di rivalutazione (con il pagamento di altra imposta
sostitutiva)
•
la facoltà di procedere, oltre che alla “rivalutazione” propriamente detta (a valere in termini
civilistici e tributari), anche al cd. “riallineamento” dei maggiori valori iscritti in bilancio (rispetto
a quelli fiscali)1 ; e, soprattutto
►
il differimento (del riconoscimento fiscale della rivalutazione) al terzo esercizio successivo a
quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita.
La “nuova” rivalutazione va effettuata, nella generalità dei casi, per i beni iscritti nel bilancio
chiuso al 31.12.2004 e va eseguita nel bilancio dell’esercizio successivo (31.12.2005); e produce
effetti tributari (per le imprese il cui esercizio corrisponde all’anno solare) solo a partire dal periodo
d’imposta 2008.
1
Cfr. Circ. A.E. del 13.02.2006, n. 6.
3
1.
Soggetti ammessi: società di capitali ed enti commerciali residenti; enti non commerciali, per i beni relativi alle
attività commerciali; società di persone e imprese individuali residenti; stabili organizzazioni in Italia di società ed
enti non residenti, quale che sia il tipo di contabilità adottato (ordinaria o semplificata).
Sono invece escluse le Società semplici e coloro che determinano il reddito – anche se d’impresa – forfetariamente.
Tra i soggetti che possono usufruire delle nuove disposizioni rientrano anche i soggetti in liquidazione volontaria,
nonché l’affittuario o l’usufruttuario in ipotesi di affitto o usufrutto di azienda (qualora il calcolo e la deduzione degli
ammortamenti siano stati agli stessi attribuiti).
2.
2
Beni rivalutabili: quelli (immobili) ammortizzabili o quelli d’investimento, non anche i beni-merce (cioè quelli
alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa), che siano iscritti nel bilancio relativo all’esercizio in
corso al 31.12.2004 e alla fine dell’esercizio successivo, in cui si procede alla rivalutazione.
3
La rivalutazione deve essere effettuata per tutti i beni appartenenti ad una determinata categoria omogenea . In
base a quanto stabilito nel D.M. 162/2001, per gli immobili vanno individuate le seguenti categorie (omogenee):
- aree non fabbricabili
- fabbricati non strumentali
4
- fabbricati strumentali per destinazione
- fabbricati strumentali per natura.
La esclusione (anche per errore) dalla rivalutazione di un bene appartenente ad una categoria omogenea
determina il disconoscimento degli effetti fiscali della rivalutazione per tutti i beni appartenenti a quella categoria
5
omogenea , con conseguente recupero a tassazione dei maggiori ammortamenti effettuati o delle minori
plusvalenze dichiarate (e con applicazione delle ordinarie sanzioni previste per la “infedele dichiarazione”).
3.
Modalità di effettuazione della rivalutazione: sono previste tre modalità alternative:
• rivalutazione del solo costo storico. Comporta un allungamento del periodo di ammortamento e consente di
dedurre maggiori quote di ammortamento e di usufruire di un maggiore plafond sul quale calcolare le spese di
manutenzioni deducibili (ex art. 102, co. 6 del T.U.II.RR.);
• rivalutazione sia del costo storico sia del fondo ammortamento. Se periodo di ammortamento resta invariato: si
6
deve individuare un coefficiente di adeguamento , volto a quantificare gli importi da aggiungere, rispettivamente,
all’attivo lordo e al fondo di ammortamento;
• riduzione totale o parziale del fondo ammortamento. Comporta un allungamento del periodo dell’ammortamento
(fiscale); in passato, tale metodo era stato utilizzato per eliminare la quota di ammortamento anticipato effettuata
in esercizi precedenti ai soli fini fiscali.
4.
Limite massimo di rivalutazione. Indipendentemente dal metodo utilizzato, la rivalutazione non può comportare
l'attribuzione, ai beni, di un valore superiore al cd. limite economico, costituito – ex art. 11, co. 2 della L. 342/2000
– dal valore realizzabile nel mercato o dal maggior valore che può essere fondatamente attribuito in base alla
valutazione della capacità produttiva e della possibilità di utilizzazione economica (del bene stesso) nell'impresa.
La rivalutazione dei beni che appartengono ad una medesima categoria omogenea va effettuata utilizzando un
unico criterio (valore di mercato ovvero valore di utilizzo).
2
Compresi quelli completamente ammortizzati, nonché i beni in corso di costruzione, per la parte iscritta in contabilità. Sono inoltre
rivalutabili i beni acquisiti per effetto di fusione o scissione; in tal caso si fa riferimento alla data in cui i beni sono stati acquisiti da parte
della società fusa, incorporata o scissa.
Non possono invece essere oggetto di rivalutazione i beni in leasing, in quanto non sono iscritti in bilancio (Cfr. C.M. 18.06.2001, n.
57/E); né i beni ricevuti nell’ambito di un conferimento successivo al 2004 (cfr. C.M. 26.01.2001, n. 5/E).
3
Individuata in ragione delle caratteristiche e della destinazione che i beni hanno alla chiusura dell’esercizio con riferimento al quale
viene eseguita la rivalutazione.
4
Compresi quelli strumentali per natura, ma utilizzati dall’impresa.
5
Sebbene il precedente orientamento dell’Amministrazione finanziaria (cfr. Circ. 9/E/1991) ricollegasse alla irregolarità in esame la
conseguenza di disconoscerne l’effetto per i soli beni appartenenti alla categoria omogenea, esclusi dalla rivalutazione, ora valgono le
più rigorose specificazioni (di cui si è detto sopra) contenute nella Circ. A.E. del 18.06.2001 n. 57.
6
Calcolato, secondo le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate (Circ. 57/E/2001), rapportando l’importo della rivalutazione al valore
residuo del bene (calcolato prima della rivalutazione e degli ammortamenti dell’anno 2005).
4
5. Imposta sostitutiva (delle imposte sui redditi e dell’IRAP): del 12% per i beni ammortizzabili e
del 6% per i beni non ammortizzabili: aliquote inferiori a quelle previste nelle precedenti leggi di
rivalutazione.
Tale imposta, da corrispondere in un’unica soluzione (senza possibilità di rateizzazione),
dovrà essere versata entro il termine per il versamento del saldo delle imposte sui redditi del
periodo nel quale la rivalutazione è eseguita; essa non va imputata a conto economico, ma
riduce il saldo attivo risultante dalla rivalutazione.
6. Effetti fiscali della rivalutazione: differiti al terzo esercizio successivo a quello rispetto al
quale la rivalutazione è eseguita, mentre gli effetti civilistici sono immediati.
Ne deriva che, se la rivalutazione viene eseguita nel bilancio 2005, si dovrà attendere il 20087
per procedere ad un ammortamento fiscale sulla nuova base; per disporre di un più ampio
plafond per il calcolo delle spese di manutenzione e riparazione del 5%; per determinare minori
plusvalenze o maggiori minusvalenze fiscali in caso di cessione a titolo oneroso, assegnazione
ai soci o destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa8… Nel frattempo – per il
periodo 2005-2006-2007 – si avrà un “doppio binario”: sia per le differenti quote di
ammortamento civilistiche e fiscali9, sia per la diversa entità della plus/minusvalenza; sarà
necessario stanziare in bilancio le imposte anticipate connesse con le differenze temporanee
esistenti.
7. Saldo attivo di rivalutazione: è dato dalla differenza tra il maggior valore del bene e l’imposta
sostitutiva dovuta; esso può essere accantonato ad apposita riserva o imputato a capitale.
Agli ordinari vincoli civilistici previsti per la distribuzione o riduzione del saldo attivo, si aggiunge
la previsione fiscale per cui, in caso di distribuzione ai soci, l'importo dello stesso, aumentato
dell'imposta sostitutiva, concorre alla formazione del reddito imponibile del soggetto che ha
effettuato la rivalutazione (nonché dei soci)10, pur se con diritto ad un credito d'imposta pari
all'ammontare dell'imposta sostitutiva versata11.
7
Le precedenti leggi di rivalutazione prevedevano differimenti temporali meno ampi ai fini degli effetti fiscali e, in particolare:
- per la L. 342/2000: il periodo successivo (2000 – 2001);
- per la L. 448/2001: il secondo periodo successivo (2001 – 2003);
- per la L. 350/2003: nuovamente il periodo successivo (2003 – 2004).
8
Oltre ai suddetti, la rivalutazione può sortire effetti anche in relazione alla deducibilità degli interessi passivi, alla luce degli istituti della
thin capitalizzation e del pro-rata patrimoniale, in quanto entrambi, per il calcolo dei limiti di cui agli artt. 98 e 97 del T.U., guardano al
valore del patrimonio netto, che viene qui incrementato a seguito dell’iscrizione del saldo attivo di rivalutazione.
9
Gli ammortamenti temporaneamente non dedotti potranno essere recuperati alla fine del processo di ammortamento. Per le cessioni
di beni rivalutati effettuate prima della decorrenza degli effetti fiscali, al cedente è attribuito un credito d’imposta pari all’ammontare
dell’imposta sostitutiva corrisposta per la rivalutazione.
10
Per i soggetti in contabilità semplificata le predette disposizioni relative all'utilizzo del saldo attivo non si applicano in quanto gli stessi
non possono procedere ad accantonamento di riserve. Se l'impresa, dopo la rivalutazione, modifica il proprio regime di contabilità –
passando dalla contabilità ordinaria alla semplificata – la riserva di rivalutazione aumentata dell'imposta sostitutiva concorre a formare il
reddito imponibile nel primo esercizio di applicazione del nuovo regime di contabilità; nell’ipotesi opposta, l'iscrizione in contabilità dei
beni rivalutati non comporta la ricostituzione di alcuna riserva di rivalutazione .
11
Se il saldo attivo deriva dalla rivalutazione tanto di beni assoggettati all’aliquota del 12% quanto di beni assoggettati all’aliquota del
6%, occorrerà individuare l’aliquota media ponderata da utilizzare ai fini della determinazione dell’imposta sostitutiva a suo tempo
pagata, nel cui limite è attribuito il credito d’imposta.
5
L’attribuzione ai soci del saldo attivo prima che decorrano gli effetti fiscali della rivalutazione comporta un
riconoscimento fiscale anticipato dei maggiori valori attribuiti ai beni, a partire dall’inizio del periodo d’imposta nel
quale il saldo attivo distribuito ha concorso a formare il reddito imponibile.
L’utilizzo del saldo attivo accantonato a copertura di perdite, invece, è fiscalmente irrilevante;
ma, in tal caso, non si può procedere alla distribuzione di utili fino al reintegro o alla riduzione
della riserva in misura corrispondente da parte dell'assemblea.
8. Affrancamento del saldo attivo di rivalutazione: è una novità rispetto alle precedenti norme
di rivalutazione e consiste nella possibilità di “liberare” (con effetto immediato) il saldo attivo
di rivalutazione generato dalla (presente) rivalutazione, assoggettandolo ad una imposta
sostitutiva12 (delle imposte sui redditi e dell’IRAP) nella misura del 7%, da versare in tre rate
annuali, senza pagamenti di interessi: il 10% nel 2006 ed il 45% nel 2007 e nel 2008 (la Circ.
6/E/2006 ha precisato che è ammesso anche il versamento in unica soluzione entro il prossimo 20 giugno).
In tal caso, il saldo attivo di rivalutazione viene sottratto all’ordinario regime impositivo, ma non
spetta il credito d’imposta a fronte dell’imposta sostitutiva versata al momento della
costituzione della riserva (in quanto non si verifica alcuna duplicazione d’imposta).
9. Riallineamento del valore fiscale al valore civile: dato che il comma 469 della Finanziaria
richiama le disposizioni della sezione I, capo II della L. 342/2000, risulterà applicabile anche
l’art. 14 di tale Legge, che consente il cd. riallineamento del valore fiscale (più basso) al
valore civile (più alto) dei beni (per quei beni, ad esempio, il cui valore fiscale è inferiore a
quello civile per effetto della deduzioni extracontabili effettuate). Le modalità sono le stesse
viste per la rivalutazione, con due differenze (peraltro rilevanti):
-
non è consentito il riallineamento solo parziale delle differenze di valore;
-
non è necessario applicare il riallineamento a tutti i beni appartenenti ad una stessa
categoria omogenea.
10. La rivalutazione delle aree fabbricabili (non edificate) presenta una disciplina specifica,
rispetto a quella “generale” di rivalutazione dei beni d’impresa (di cui si è detto finora).
Nel bilancio 2005 è consentito rivalutare le aree fabbricabili non ancora edificate o risultanti
tali a seguito di demolizione degli edifici esistenti – siano esse iscritte tra le immobilizzazioni
o tra le rimanenze (cioè i beni-merce) nel bilancio relativo all’esercizio in corso al 31.12.200413
– a condizione che l’utilizzazione edificatoria dell’area avvenga entro 5 anni dalla
rivalutazione (nella generalità dei casi, pertanto, entro il 2010).
12
L’imposta sostitutiva si applica sull’ammontare del saldo attivo: pertanto, posto 100 il valore lordo della rivalutazione ed 88 (100-12)
quello della riserva di rivalutazione, l’imposta dovuta per l’affrancamento è pari al 6,16% (7% dell’88%) del valore rivalutato.
13
A tale data non deve essere iniziata nessuna opera di edificazione (tra le stesse non rientrano le opere di urbanizzazione) e deve
essere già stata completata l’opera di demolizione degli edifici preesistenti.
6
Quanto ai soggetti, al limite massimo di rivalutazione ed al saldo attivo di rivalutazione si
rinvia, in generale, a quanto già detto, ma con le seguenti differenze:
-
gli effetti fiscali si producono dall’esercizio successivo a quello in cui viene effettuata;
-
l’imposta sostitutiva è del 19% e va corrisposta in tre rate annuali senza interessi (40% nel
2006, 35% nel 2007 e 25% nel 2008)
ovvero in un’unica soluzione (Cfr. Circ. 6/E/2006) entro il
termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi;
-
non essendo i terreni suscettibili di ammortamento, è possibile applicare soltanto il metodo
che prevede l’incremento del valore del terreno;
-
il saldo attivo di rivalutazione non può essere affrancato;
-
le categorie omogenee vanno individuate in base alla destinazione urbanistica (ai sensi
del D.M. 1444/1968).
Gli aspetti maggiormente problematici sono collegati alla nozione di area fabbricabile non
ancora edificata e all’interpretazione del concetto di utilizzazione edificatoria dell’area che deve
avvenire entro 5 anni dalla rivalutazione.
►
Quanto al primo punto, premesso che la qualificazione di area fabbricabile assume
connotazione diversa nell’ordinamento tributario a seconda che si riferisca alle imposte sui
redditi, all’IVA, all’imposta di registro o all’ICI (pur facendosi sempre riferimento alle risultanze
degli strumenti urbanistici, ossia del piano regolatore), è dubbio se - ai fini della rivalutazione il terreno possa essere considerato edificabile quando risulti tale nel piano regolatore generale
(PRG) o solo in presenza di un piano attuativo ed esecutivo del piano generale14.
►
Quanto al concetto di utilizzazione edificatoria dell’area non è chiaro se entro 5 anni sia
sufficiente l’inizio dei lavori oppure se sia necessario il completamento dell’edificio15. In
relazione all’ipotesi di edificio preesistente sull’area (e alla sua successiva demolizione),
invece, l’Agenzia (cfr. Circ. 11/E/2002) ha ritenuto necessaria la demolizione e ricostruzione
integrale dell’edificio, non essendo sufficiente un’opera incisiva di ristrutturazione in cui le
porzioni non demolite rappresentano soltanto un accessorio dell’edificio.
► Dovrebbe, infine, essere possibile che l’utilizzo edificatorio (entro i termini predetti) avvenga da parte di un terzo,
successivamente alla cessione dell’area; la norma infatti non richiede che l’edificio venga realizzato da parte del
soggetto che ha effettuato la rivalutazione; in tal caso è prevista la responsabilità solidale del soggetto che
acquista l’area per il pagamento delle imposte dovute dal cedente per l’anno in cui è avvenuta la cessione e per i
precedenti.
* * *
14
Ai fini dell’ICI, a seguito di una serie di pronunce giurisprudenziali divergenti, è intervenuto il Legislatore il quale nell’art. 11quaterdecies, co. 16 del D.L. 203/2005 ha stabilito che un’area è considerata edificabile quando risulti tale dal PRG, anche in assenza
di un piano attuativo; ai fini dell’imposta di registro sono note le contrastanti pronunce della Cassazione; e ai fini delle imposte sui redditi
delle persone fisiche (redditi diversi) si fa riferimento agli strumenti urbanistici “vigenti”.
15
In proposito con la Circ.11/E/2002, l’Agenzia delle Entrate aveva precisato che “perché si integri l'ipotesi di utilizzazione edificatoria
dell'area non è sufficiente che i lavori siano stati iniziati solo formalmente e poi sospesi, occorre, invece, che - entro il termine stabilito di
cinque anni - la costruzione sia iniziata ed esista un edificio significativo dal punto di vista urbanistico, cioè sia stato eseguito il rustico
comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità e sia stata completata la copertura (art. 2645-bis, co. 6 del c.c.)”.
7
B. Il leasing immobiliare (D.L. 203/2005, art. 5-ter)
1. Il periodo minimo di durata del leasing immobiliare richiesto ai fini della deducibilità dei
canoni di locazione (rispetto alle originarie previsioni dell’art. 102, co. 7 del D.P.R. 917/1986,
che prevedeva una durata minima di 8 anni) è stato allungato; per i contratti conclusi a partire
dal 4 dicembre 2005 (data successiva a quella - 3 dicembre 2005 - di entrata in vigore della
Legge che ha convertito il decreto) la durata del contratto di leasing è quantomeno uguale alla
metà del periodo di ammortamento (come per i beni mobili) ma comunque compresa fra un
minimo di 8 anni e un massimo di 15 anni16
Per i beni immobili, pertanto, una durata del contratto inferiore alla metà del periodo di
ammortamento e, in ogni caso, a 8 anni, rende indeducibili tutti i canoni di leasing immobiliare;
il termine massimo (15 anni) opera invece a favore del contribuente, nel senso che,
nell’eventualità che la durata del contratto sia superiore a tale limite, è comunque possibile
portare in deduzione i canoni di locazione in un periodo di tempo inferiore (cfr. Circ. A.E.
10/E/2006).
2. Sull’argomento, l’Agenzia delle Entrate si è espressa con la Circ. n. 10 del 13 marzo 2006, per
affermare che:
-
i
nuovi
vincoli
sulla
deducibilità
dei
canoni
di
locazione
finanziaria
operano
indipendentemente dai criteri di contabilizzazione adottati dal locatario (pertanto anche
nei confronti dei soggetti che, avendo adottato i principi contabili internazionali, abbiano
contabilizzato il bene in leasing secondo il “metodo finanziario” anziché secondo il “metodo
patrimoniale”);
-
ai fini della determinazione del periodo di ammortamento occorre avere riguardo ai
coefficienti di ammortamento previsti per il settore di attività nel quale opera il locatario
(finanziario)17, anche quando il bene in leasing fosse eventualmente utilizzato in un settore
di attività diverso (prescindendo, pertanto, dal settore di effettivo utilizzo del bene);
16
La nuova disposizione deve applicarsi senza tener conto del fatto che nell’esercizio di entrata in funzione del bene i coefficienti di
ammortamento devono essere ridotti alla metà ai sensi dell’art. 102, co. 2 del T.U..
17
Cfr. in proposito la Ris. A.E. del 09.04.2004 n. 56, in cui l’Agenzia, in riferimento ad un immobile di proprietà di una società
immobiliare, specifica che “ai fini dell'ammortamento dell'immobile da concedere in locazione, la costituenda società immobiliare è
tenuta ad applicare l'aliquota del 3% come stabilito nel D.M. del 31 dicembre 1988, (…)a prescindere dall'effettivo utilizzo dello stesso
da parte del suo possessore o dalla sua eventuale locazione a terzi, non rilevando la circostanza che la società utilizzatrice del bene
operi in un diverso settore di attività”. Tale conclusione si ricollega alla “strumentalità” dell’immobile (richiesta ai fini della deducibilità
delle quote di ammortamento, ai sensi dell’art. 102 del T.U), ed in particolare alla strumentalità “per natura” (come definita co. 2 dell'art.
43 del T.U.), la quale “ha carattere oggettivo, non rilevando l'utilizzazione o meno del bene per l'esercizio dell'impresa. Gli immobili
rientranti in tale categoria (strumentali per natura), infatti, proprio in virtù delle loro caratteristiche strutturali, sono da considerare
comunque strumenti dell'attività commerciale del soggetto possessore anche quando gli stessi non sono impiegati nel ciclo produttivo
dell'impresa o non lo sono direttamente, perché dati a terzi in locazione o comodato. In sostanza, con riferimento a tali immobili, esiste
una presunzione assoluta di strumentalità che giustifica la deducibilità delle relative quote di ammortamento in capo al possessore –
indipendentemente dall'effettivo utilizzo e dalla modalità con cui i beni in parola partecipano al processo produttivo – e fa sì che la
deducibilità debba essere in tutti i casi riconosciuta in misura non superiore a quella risultante dall'applicazione al costo dei beni dei
coefficienti stabiliti con D.M. per il settore di attività in cui opera il soggetto possessore, anche qualora lo stesso abbia assunto la veste
di locatore o comodante”.
8
-
in presenza di cessione del contratto di leasing da un locatario finanziario ad altro,
continueranno ad applicarsi i coefficienti riferibili al primo locatario, sempre che la modifica
negoziale non sia tale da dare luogo ad un nuovo contratto di locazione finanziaria;
-
in relazione ai contratti di “leasing-appalto”, nei quali cioè l’impresa concedente acquista
l’area su istruzioni dell’utilizzatore e, in accordo con questo, sottoscrive l’appalto per la
costruzione, ai fini della durata del contratto occorre avere riguardo alla data (successiva)
dalla quale le parti hanno convenuto di far decorrere il contratto di locazione finanziaria
(con obbligo di corrispondere i canoni a fronte della disponibilità del bene oggetto del
contratto). Ne deriva che, per i contratti stipulati dal 4 dicembre 2005, la durata minima del
contratto dovrà essere computata a partire (normalmente) dalla consegna del bene, o,
comunque, dalla data in cui si dà corso allo specifico negozio.
Nel rispetto delle condizioni indicate, la deducibilità dei canoni di leasing finanziario per i beni
immobili si estende anche all’ipotesi di riscatto anticipato del contratto: è infatti sufficiente
che la condizione temporale del contratto di leasing sussista al momento della nascita del
rapporto di locazione; ciò che conta, pertanto, non è la durata effettiva, bensì quella prevista
nel contratto.
Lo scopo cui mira l’introduzione di un termine minimo è infatti quello di evitare manovre elusive da parte dell’impresa
utilizzatrice, che potrebbe dedurre i canoni per l’acquisto del bene in un arco temporale “troppo” inferiore rispetto a
quello occorrente per l’ammortamento; nel caso del riscatto anticipato tale intento elusivo viene a mancare, dato
che, successivamente al riscatto, gli ammortamenti richiedono comunque un arco temporale più lungo.
* * *
C. La deducibilità delle spese (e degli interessi) dei beni immobili d’investimento locati
(D.L. 203/2005, art. 7, che modifica l’art. 90, co. 1 del T.U.II.RR. - Proventi immobiliari)
1. A partire dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del D.L. 203/2005
(03.10.2005) - e, pertanto, per le imprese con esercizio coincidente con l’anno solare, dal 2005
- muta la tassazione sugli immobili di investimento (o patrimoniali)18 locati 19
* dalle imprese, siano esse soggetti passivi IReS e IRPeF (indipendentemente dal tipo di
contabilità: ordinaria o semplificata): in questo caso ci si riferisce agli immobili locati ad uso
abitativo;
* dagli Enti non commerciali20, sia per gli immobili ad uso abitativo che commerciale.
2. In base al previgente testo dell’art. 90, co. 1, del T.U., il reddito derivante dalla locazione degli
immobili non strumentali era determinato (quantum) applicando la disciplina sui redditi fondiari
18
diversi da quelli strumentali e da quelli costituenti beni-merce.
La Circ. 10/E/2006 ha precisato che la disposizione si riferisce ai fabbricati situati nel territorio dello Stato, considerato che a quelli
situati all’estero non è possibile applicare le tariffe d’estimo necessarie per il calcolo del reddito medio ordinario. Per questi ultimi,
pertanto, il reddito continua ad essere determinato a norma dell’art. 70 , co. 2 del T.U.. Sono inoltre esclusi dall’applicazione della nuova
disciplina i redditi dei terreni, dominicali e agrari, derivanti dall’esercizio di attività agricole.
20
Per effetto del rinvio di cui all’art. 144, co. 1 del T.U.II.RR., come modificato dall’art. 7, co. 1, lett. b) del D.L,. 203/2005. La Circ.
10/E/2006 precisa che la novellata disposizione trova applicazione anche con riguardo agli immobili concessi in locazione dalle ONLUS,
ai sensi dell’art. 26 del D.Lgs. 460/1997.
19
9
(e, in particolare, dei fabbricati), pur nel contesto di un reddito che era qualificato “di impresa”
(natura).
In particolare, il reddito (imponibile) dell’immobile ad uso abitativo concorreva alla formazione
del reddito d’impresa nell’ammontare maggiore fra
* la rendita catastale rivalutata del 5%;
* il canone di locazione ridotto della deduzione forfetaria del 15%21.
Le spese “relative” all’immobile d’investimento (es. spese condominiali, servizi di portineria e
custodia, di stipula dei contratti, ecc.) erano considerate indeducibili, avuto riguardo al co. 2
dello stesso art. 90.
3. Il “nuovo” co. 1 dell’art. 90 stabilisce che “in caso di immobili locati, qualora il canone risultante
del contratto di locazione ridotto, fino ad un massimo del 15% del canone medesimo,
dell’importo delle spese documentate sostenute ed effettivamente rimaste a carico della
realizzazione degli interventi di cui alla lett. a) del co. 1 dell’art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n.
380, risulti superiore al reddito medio ordinario dell’unità immobiliare, il reddito è determinato in
misura pari a quella del canone di locazione al netto di tale riduzione”.
La lettera, in chiaro, della disposizione porta ad affermare che, per i beni d’investimento locati,
il reddito (imponibile) dell’immobile è costituito - a partire, normalmente, dal 2005 - dal maggior
ammontare fra
* la rendita catastale rivalutata del 5%;
* il canone di locazione ridotto delle spese di manutenzione ordinaria analiticamente
documentate, nei limiti (peraltro) del 15% del canone stesso22.
Ne deriva che
* le spese di manutenzione straordinaria (così come alcune spese “relative”) non solo non
sono deducibili (come, del resto, in precedenza, dato che il co. 2 dell’art. 90 è rimasto
immutato), ma non possono rientrare neanche nel forfait del 15% (che riduce il canone di
locazione), con evidente penalizzazione dei soggetti passivi, se si tiene conto che,
generalmente, le spese di manutenzione ordinaria sono contrattualmente a carico del
locatario e non del proprietario degli immobili; il quale, spesso, non potrà dedurre alcunché,
dato che le spese di manutenzione straordinaria (che sono, più di frequente, a carico del
locatario) erano e sono indeducibili (anche se, in passato, potevano rientrare nel forfait del
15%);
* le spese di manutenzione ordinaria [art. 3, co. 1, lett. a) del D.P.R. 380/2001 in materia di
edilizia, cioè le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e
quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti,
ecc.] per essere deducibili (peraltro nella misura massima del 15%) devono essere
21
Misura elevata al 25% per gli immobili situati a Venezia, Giudecca, Murano e Burano.
Per gli immobili situati a Venezia, Giudecca, Murano e Burano, a differenza di quanto stabilito dalla previgente disciplina, non sono
state introdotte particolari disposizioni e, pertanto, anche per essi si dovrebbe rendere applicabile, in base al nuovo testo legislativo, il
22
10
analiticamente documentate ed effettivamente rimaste a carico dell’impresa.
In altre parole, rispetto alla previgente normativa23
il limite del 15%24 non costituisce più una deduzione forfetaria del canone di locazione
comunque riconosciuta (ex art. 37, co. 4-bis del T.U.), ma diventa il limite massimo di
deduzione analitica delle sole spese di manutenzione ordinaria25.
la deduzione entro il suddetto limite riguarda solo le spese di manutenzione ordinaria
“documentate” ed “effettivamente rimaste a carico” dell’impresa26, dato che per le altre
spese e gli altri componenti negativi “relativi” agli immobili d’investimento locati
(ammortamenti, spese di manutenzione e riparazione straordinaria, spese di gestione, compreso il personale
addetto alla portineria, amministrazione) permane
la (già prevista) indeducibilità di cui al co. 2 del
medesimo art. 90.
4. Quanto agli interessi passivi (pagati sui mutui contratti per l'acquisizione degli immobili e,
soprattutto, su conti correnti ordinari) non si dovrebbe trattare di costi “relativi” ad uno o più
immobili, per cui la loro disciplina dovrebbe essere quella “propria” di tale componente negativo
di reddito.
In proposito - e pur riferendosi ad una normativa diversa da quella vigente - l’allora Ministero
delle Finanze aveva emanato, nel 1977, due Risoluzioni (la n. 9/2089 e la n. 9/903) per
distinguere fra
-
interessi di finanziamento;
-
interessi di funzionamento.
E aveva ritenuto non deducibili gli interessi passivi sostenuti da una impresa in relazione a
spese di manutenzione ordinaria (dirette a mantenere in efficienza i beni e garantire la loro vita
utile, capacità e produttività originarie), qualificandoli “di funzionamento”; e, viceversa,
deducibili, sia pure - s’intende - con i limiti “propri” relativi alla specifica disciplina degli interessi
passivi, gli interessi passivi “di finanziamento”, anche se concernenti l’acquisizione di immobili
o spese di manutenzione straordinaria (come i costi di ampliamento, ammodernamento o
miglioramento degli elementi strutturali di una immobilizzazione).
Sennonché, con la Ris. 9 novembre 2001, n. 178/E, si è fatto strada il diverso principio per cui
gli interessi passivi non possono ritenersi “collegati” con un cespite o altri oneri (nesso di
accessorietà), essendo impossibile - se non eccezionalmente - stabilire un nesso tra
finanziamento ed utilizzo delle risorse finanziarie27.
limite del 15% quale tetto massimo di deduzione della spesa.
23
E con valenza dal 2005, in quanto le nuove disposizioni si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in
vigore del D.L. 203/2005 (3 dicembre 2005).
24
Il suddetto limite si applica anche agli immobili situati a Venezia, Giudecca, Murano e Burano, in quanto, rispetto al passato (era
prevista una deduzione del 25%), non sono state introdotte disposizioni speciali.
25
Le spese di manutenzione ordinaria che, in un determinato periodo, risultino superiori al limite del 15%, non rilevano nei periodi
d’imposta successivi.
26
Se, pertanto, le parti stabiliscono nel contratto di locazione che le spese di manutenzione ordinaria siano addebitate al conduttore
anziché al locatore, quest’ultimo non potrà dedurre gli importi delle spese in argomento e il canone rileverà per l’intero ammontare
contrattualmente previsto.
27
Del resto, lo stesso art. 109, co. 5 del T.U.I.R. riconosce un trattamento differenziato agli interessi passivi rispetto agli altri componenti
11
Ora, però, pare profilarsi un diverso orientamento.
Con Circ. n. 6/E/2006, p. 7.5, l’Agenzia delle Entrate, in risposta a un quesito - che non aveva
mancato di richiamare l’orientamento (della stessa Amministrazione finanziaria) a valutare
“l’assenza di ogni relazione tra gli interessi passivi pagati da una impresa ed il correlato
fenomeno che li ha generati” - ha
-
da un lato, confermato che “l’innovazione in questione ha riguardato le modalità da seguire
per la determinazione dei proventi immobiliari imponibili, limitando il novero delle spese
computabili in diminuzione del canone di locazione contrattuale, fino ad un massimo del
15% del canone medesimo, alle spese per la realizzazione di interventi di manutenzione
ordinaria degli immobili”;
-
dall’altro rilevato che “la disposizione di cui al co. 2 del predetto art. 90 ha carattere
speciale e derogatorio rispetto al principio generale di inerenza dei componenti negativi di
reddito [e] contiene un divieto assoluto di deducibilità di tutti i componenti negativi relativi
agli immobili, compresi gli interessi passivi ad essi relativi, siano essi di funzionamento o
di finanziamento”.
Se è così, ai fini dell’applicazione della disciplina generale di deducibilità degli interessi passivi (di cui agli art. 96, 97
e 98 del T.U.), occorre prima depurare gli interessi passivi di quelli relativi agli immobili, la cui indeducibilità
deriverebbe, appunto, dalla norma specifica citata... ma è lecito dubitare della correttezza delle più recenti
conclusioni della Agenzia delle Entrate, dato che non è facile qualificare “relativi ai beni immobili” gli interessi
passivi, se non in casi particolari.
III. La fiscalità immobiliare per le persone fisiche
A. Le compravendite immobiliari
La Legge 266/2005 (Finanziaria 2006) ha introdotto importanti novità nella tassazione dei trasferimenti immobiliari,
proseguendo quella attività di contrasto all’evasione fiscale che aveva caratterizzato anche la precedente Finanziaria (L.
311/2004): da un lato, vengono previsti controlli mirati, da parte dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza;
dall’altro, misure volte a orientare i contribuenti verso un nuovo sistema di tassazione: sia delle plusvalenze derivanti
dalla cessione onerosa di immobili, ai fini delle imposte sui redditi, sia assumendo come base imponibile - ai fini delle
imposte di registro, ipotecaria e catastale - i valori catastali.
1. Modalità di tassazione della plusvalenza (L. 266/2005, art. 1, co. 496)
Le plusvalenze derivanti da alienazioni effettuate a titolo oneroso da persone fisiche (al di fuori
dell’esercizio di impresa) possono essere tassate - su richiesta della parte venditrice resa al
notaio28 - in alternativa rispetto alla tassazione dei “redditi diversi” di cui all’art. 67, co. 1, lett. b)
del T.U. (che confluiscono nel reddito complessivo soggetto a Irpef progressiva)
negativi del reddito, per cui essi non dovrebbero essere considerati “relativi” ad un immobile.
28
Il notaio, pertanto, deve
- recepire l’opzione nel rogito notarile di compravendita;
- provvedere, previa provvista fornita dal cliente, al versamento dell’imposta sostitutiva (per il versamento va compilato il mod. F24
nella sezione Erario, utilizzando il codice-tributo 1107);
- comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle cessioni per le quali è stata esercitata l’opzione per l’assoggettamento della
plusvalenza ad imposta sostitutiva.
12
►
con una imposta sostitutiva del 12,5%.
Si tratta, pertanto, di una forma di tassazione opzionale (rispetto a quella ordinaria) che
riguarda le plusvalenze realizzate a seguito di trasferimenti a titolo oneroso di
•
fabbricati acquistati o costruiti da non più di cinque anni (esclusi gli immobili acquisiti per
successione/donazione e quelli adibiti ad abitazione del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte del
periodo intercorso tra l'acquisto/costruzione e la cessione)
•
e di
terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al
momento della cessione.
L’Agenzia delle Entrate con la Circ. n. 6 del 13 febbraio 2006 (p. 11) ha precisato che la tassazione sostitutiva non
è applicabile
* né alle plusvalenze realizzate "mediante la lottizzazione di terreni, o l'esecuzione di opere intese a renderli
edificabili, e la successiva vendita, anche parziale, dei terreni e degli edifici" [lett. a), co. 1, art. 67];
* né alle plusvalenze realizzate a seguito della cessione di un immobile ricevuto in corrispettivo per l'opera
prestata a favore dell'impresa costruttrice (la plusvalenza derivante dalla successiva cessione dell’immobile
rappresenta, infatti, un componente positivo del reddito d’impresa), a meno che l’immobile non sia acquisito nella
sfera personale dell’imprenditore.
Ed ha precisato che la (nuova) disposizione si applica solo “agli immobili di uso abitativo e relative pertinenze e,
pertanto, ai soli fabbricati censiti nel catasto dei fabbricati nella tipologia abitativa”; precisando che “rimangono
esclusi dal campo di applicazione della norma gli immobili che, pur avendo i requisiti di fatto per essere destinati ad
uso abitativo, sono iscritti in una categoria catastale diversa (ad esempio fabbricati accatastati come uffici o
negozi)”.
Ai fini della determinazione della plusvalenza da tassare, relativamente ai terreni edificabili, l’indice ISTAT è
applicabile non solo al costo d’acquisto, ma anche agli oneri inerenti (spese notarili, imposta di registro, ipotecaria e
catastale…), nonché al valore del terreno eventualmente rivalutato (per effetto dell’applicazione delle norme
specifiche in materia); ed è possibile rivalutare, sulla base “della variazione dell’indice ISTAT il valore iniziale dei
terreni acquisiti per successione o donazione, indicato nelle relative denunce o atti registrati, da assumere quale
termine di raffronto per determinare la plusvalenza tassabile”.
Se la cessione viene effettuata da una pluralità di cedenti (è il caso, ad esempio, di un immobile intestato a più
proprietari), ciascuno di essi può scegliere autonomamente, in relazione alla plusvalenza ad esso imputabile, di
utilizzare o meno la tassazione sostitutiva; in altre parole “l’opzione può essere esercitata solo dai soggetti che
abbiano interesse ad avvalersene”.
2. Determinazione della base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e
catastale (L. 266/2005, art. 1, co. 497)
Sempre relativamente alle compravendite immobiliari poste in essere tra persone fisiche
private (che agiscono, pertanto, al di fuori di una attività imprenditoriale) ed aventi ad oggetto
immobili ad uso abitativo29 e relative pertinenze30, è prevista la possibilità per l’acquirente,
29
E’ necessario verificare la categoria catastale dell'immobile e della relativa pertinenza, in quanto gli stessi devono essere censiti nella
tipologia “abitativa” del Catasto dei fabbricati; non assume invece alcuna rilevanza l'uso effettivo dell'immobile.
30
La Circ. 6/E/2006, rileva che l'assunzione del valore catastale quale base imponibile ai fini dell’imposta di registro è possibile:
- anche con riferimento all'acquisto di una pertinenza effettuato autonomamente rispetto all'abitazione (in questo caso è richiesto che
nell'atto risulti la destinazione pertinenziale dell'immobile);
- per tutti gli atti di acquisto di immobili pertinenziali, per cui non sussiste un limite (né quantitativo né qualitativo) in relazione alla
tipologia di pertinenza cui è applicabile la nuova disposizione,
purché tra i due beni (abitazione e pertinenza) sussista un rapporto pertinenziale di "destinazione durevole e funzionale di un immobile
a servizio o ad ornamento di un altro di maggiore importanza (c.d. bene principale) per il miglior uso di quest'ultimo"; e la pertinenza sia
13
in deroga a quanto disposto dall’art. 43 del D.P.R. 131/1986 e previa richiesta al notaio, di
assumere come base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecaria, e catastale, non
già il valore indicato nell’atto di compravendita, ma la rendita catastale rivalutata31.
Viene prevista, così, una "scissione" tra il corrispettivo pattuito tra le parti e la base imponibile
delle cd. “imposte indirette” sui trasferimenti, consentendo alle parti di indicare, nell'atto,
l'effettivo corrispettivo pattuito senza il “condizionamento” tributario che, finora (molto spesso),
aveva indotto le stesse a “concordare” un valore da dichiarare “in atti”.
La dichiarazione, nell'atto di compravendita, di un "corrispettivo" inferiore rispetto a quello effettivamente pattuito
(ancorché pari almeno al valore catastale) avveniva, spesso, nell’interesse
sia dell'acquirente: minori imposte di registro, ipotecarie e catastali (ponendosi, peraltro, al riparo da eventuali
accertamenti di valore);
sia del venditore: minore IRPeF da corrispondere, sussistendone i presupposti - sulla (minore) plusvalenza (in
ipotesi, tassabile).
Dato che la nuova disposizione - che induce le parti ad indicare nell’atto di compravendita il
valore reale della cessione dell’immobile - potrebbe portare ad un aumento della parcella del
notaio, il legislatore ha stabilito che, nei casi di esercizio dell’opzione per la tassazione in base
al valore catastale, gli onorari notarili debbano essere ridotti del 20%.
3. Limitazione dei poteri di accertamento (L. 266/2005, art. 1, co. 495 e 498)
Alla già indicata “razionalizzazione” della tassazione (ai fini delle imposte sui redditi e sui
trasferimenti),
si
aggiunge
la
limitazione
dei
poteri
di
accertamento
da
parte
dell’Amministrazione finanziaria nei confronti dei “contribuenti che si avvalgono delle (predette)
disposizioni”: Essi sono esclusi dai controlli mirati sul settore delle vendite immobiliari e nei loro
confronti non trovano applicazione le disposizioni
-
né dell’art. 38, co. 3 del D.P.R. 600/1973, in materia di rettifica, ai fini delle imposte sui
redditi, del valore dichiarato, e
-
né dell’art. 52, co. 1 del D.P.R. 131/1986, in materia di rettifica, ai fini dell'imposta di
registro, del valore dichiarato32.
* * *
B. La detrazione Irpef per gli interventi di manutenzione (L. 266/2005, art. 1, co. 121)
E’ prevista la proroga della detrazione IRPeF relativa alle spese di recupero del patrimonio
edilizio sostenute dall’1.1 al 31.12.200633, con la novità dell’innalzamento dal 36% al 41% della
posto, dunque in un "rapporto di strumentalità funzionale con la cosa principale".
31
Il valore catastale per le unità immobiliari ad uso abitativo e relative pertinenze è determinato moltiplicando la rendita catastale
rivalutata del 5% per i seguenti coefficienti:
- Immobili "prima casa": 110
- Immobili non "prima casa": 120
- Pertinenze: 120.
32
Non è tuttavia chiaro se l’operatività della suddetta limitazione ai poteri di accertamento sia circoscritta all’ipotesi in cui cedente e
acquirente si avvalgano contestualmente dei commi 496 e 497, ovvero se gli stessi possano considerarsi autonomamente (ed
indipendentemente dalla scelta della controparte) “al sicuro” dai controlli dell’Ufficio.
33
La detrazione nella misura del 41% è applicabile alle spese sostenute dall’1.1.2006, anche se riferite ad interventi iniziati (o conclusi)
14
misura della detrazione stessa (non è stata, invece, mantenuta - come vedremo - l’agevolazione
dell’aliquota IVA al 10%, nonostante il “via libera comunitario”).
1. Soggetti beneficiari: sono le persone fisiche assoggettate ad IRPeF, residenti o meno in
Italia, che possiedono o detengono, sulla base di titolo idoneo, l’immobile - situato in Italia sul quale sono effettuati gli interventi di recupero edilizio.
Ne deriva che sono destinatari della detrazione non solo il proprietario ed il nudo proprietario, ma anche:
-
il titolare di un diritto reale di godimento sull’immobile (usufrutto, uso, abitazione o superficie);
-
chi occupa l’immobile a titolo di locazione o comodato (purché la detenzione del bene sussista prima dell’inizio
delle opere di ristrutturazione, in forza di contratto registrato);
-
il familiare convivente del possessore o detentore dell’immobile oggetto dell’intervento, purché la condizione di
convivenza sussista al momento dell’invio della comunicazione di inizio lavori (e il familiare sostenga
personalmente le spese e sia l’intestatario delle fatture e dei bonifici);
-
34
l’acquirente , in ipotesi di cessione dell’immobile, e il donatario, in ipotesi di donazione, limitatamente alle
detrazioni non utilizzate dal venditore o dal donante;
-
i soci di cooperative divise ed indivise e i soci delle società semplici;
-
gli imprenditori individuali, anche agricoli, limitatamente agli immobili che non rientrano fra quelli strumentali o
fra i beni-merce (cfr. Circ. Min. Fin. del 24.02.1998 n. 57).
2. Interventi agevolabili: si devono distinguere due tipi di agevolazioni
a) quelle inerenti agli interventi di recupero del patrimonio edilizio eseguiti su case di
abitazione e parti comuni di edifici residenziali situati nel territorio dello Stato; sono
quelli riconducibili alle tipologie di cui all’art. 31, lett. a), b), c), d) della L. 457/1978, ossia
interventi di manutenzione ordinaria35, di manutenzione straordinaria, di restauro e
risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia36;
b) quelle in favore degli acquirenti e degli assegnatari di unità abitative collocate in
fabbricati interamente ristrutturati da imprese di costruzione o ristrutturazione
immobiliare o da cooperative edilizie, a condizione che gli interventi siano eseguiti entro
il 31.12.2006 e la cessione o l’assegnazione dell’unità immobiliare avvenga entro il
30.6.2007.
L’agevolazione riguarda esclusivamente immobili a destinazione abitativa, comprese le
eventuali pertinenze acquistate contestualmente all’unità abitativa.
nel 2005. Pagando nel 2006 le spese relative ai lavori effettuati nel 2005, il contribuente può quindi usufruire di una maggiore (5%)
detrazione IRPeF.
34
È possibile beneficiare della detrazione anche a fronte di pagamenti in acconto del corrispettivo, quindi prima della stipulazione
dell’atto notarile di compravendita, purché sia stato stipulato un contratto preliminare di vendita e che lo stesso sia stato registrato
presso l’ufficio delle Entrate competente. L’atto di compravendita dovrà in ogni caso essere stipulato entro il 30 giugno 2006.
35
Questa tipologia di intervento è ammessa all’agevolazione solo quando riguarda le parti comuni di un edificio residenziale e non
anche le singole unità immobiliari (di qualsiasi categoria catastale), per le quali trovano applicazione le successive agevolazioni.
36
Alle suddette tipologie di intervento si aggiungono:
- la realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali, anche a proprietà comune;
- la eliminazione delle barriere architettoniche, sia sulle parti comuni degli immobili che nei singoli appartamenti;
- la realizzazione di opere finalizzate alla cablatura degli edifici, al contenimento dell’inquinamento acustico, al conseguimento di
risparmi energetici, all’adozione di misure antisismiche;
- le spese sostenute al fine di adottare misure di manutenzione e salvaguardia dei boschi (queste ultime sono previste dall’art. 1, co.
117 della Finanziaria, il quale ha prorogato per il 2006 l’agevolazione concernente la detrazione IRPEF per tali spese, nel limite di €
100.000. La detrazione, per il 2006, spettante in misura pari al 41%, può essere ripartita in 5 ovvero 10 rate annuali di pari importo).
15
3. La misura della detrazione e le spese detraibili. Il contribuente persona fisica (come sopra
identificato) che sosterrà, nel 2006, le spese di cui sopra - e che pagherà, obbligatoriamente,
a mezzo bonifico bancario o postale - ha diritto di portare in detrazione, nella
determinazione dell’IRPeF dovuta, il 41% dell’ammontare delle stesse (in conformità a quanto
previsto in precedenza) entro determinati limiti di spesa e in un arco temporale predeterminato.
•
Il limite massimo di spesa è pari a 48.000 euro. Esso va riferito alla singola persona fisica
per ogni unità immobiliare sulla quale sono effettuati gli interventi e spetta per ogni singolo
periodo d’imposta37.
Relativamente alle spese sostenute nel 2006, ma riferite a lavori di recupero iniziati in anni precedenti (dal
1998 in poi), è necessario tener conto anche delle spese sostenute in precedenza per il medesimo intervento;
in tal caso, infatti, il calcolo della detrazione deve essere fatto sulla quota di spesa residua, ovvero non
utilizzata, pari alla differenza tra il limite massimo di 48.000 euro e l’ammontare delle spese sostenute in
precedenza relativamente al medesimo intervento.
Per i lavori realizzati nel 2006 e non costituenti la prosecuzione di interventi iniziati in anni precedenti, il
contribuente ha a disposizione l’importo di 48.000 euro;
•
L’ arco temporale nel quale vanno effettuate le detrazioni è, in generale, di 10 anni38;
tuttavia sono previsti rispettivamente 5 e 3 anni per i soggetti di età superiore a 75 o 80
anni.
Le spese che danno diritto alla detrazione comprendono le spese di progettazione dei lavori e
le altre prestazioni professionali connesse richieste dall’intervento; la relazione di conformità
dei lavori alle leggi vigenti; le perizie ed i sopralluoghi; l’acquisto dei materiali; l’esecuzione dei
lavori; l’IVA, l’imposta di bollo ed i diritti pagati per le concessioni, autorizzazioni e denunce di
inizio lavori; gli oneri di urbanizzazione; altri eventuali costi strettamente inerenti la
realizzazione degli interventi.
Per le agevolazioni a favore degli acquirenti o assegnatari di immobili ristrutturati [di cui alla
precedente lettera b)], l’ammontare sul quale calcolare la detrazione del 41% è determinato
forfetariamente nel 25% del prezzo di acquisto o di assegnazione (comprensivi dell’IVA
pagata), sempre entro il limite massimo di 48.000 euro, ma indipendentemente dal valore degli
interventi eseguiti da parte del cedente.
4. La comunicazione preventiva al Centro Operativo di Pescara. Per poter beneficiare della
suddetta detrazione bisogna inviare, tramite raccomandata, la comunicazione di inizio
lavori39 all’Agenzia delle Entrate, Centro operativo di Pescara, redatta su apposito modello; ad
37
Per gli interventi eseguiti sulle proprietà comuni, il limite massimo di spesa è riferito non all’intero condominio ma, pro-quota, ad ogni
condomino, il quale, pertanto, potrà beneficiare della detrazione in base alla quota millesimale delle spese sostenute dal condominio.
38
Ne deriva che l’importo massimo della detrazione IRPeF, da ripartire in tale arco temporale, è pari ad € 19.680 (corrispondente al
41% del limite massimo di spesa), per ogni immobile sul quale vengono eseguiti gli interventi di recupero edilizio e per ciascun soggetto
che ha sostenuto le spese. Si tratta, in ogni caso, di una detrazione d’imposta e non di un rimborso, per cui il contribuente ha diritto a
detrarre annualmente la quota spettante nei limiti dell’imposta dovuta per quell’anno. Ne consegue che, se la quota annua detraibile è
superiore all’imposta da pagare, sempre con riferimento a quell’anno, l’importo eccedente non può essere chiesto a rimborso, né
conteggiato in diminuzione dell’imposta dovuta per l’anno successivo.
39
La predetta comunicazione non è prevista per le agevolazioni in favore degli acquirenti/assegnatari di immobili ristrutturati.
Per i lavori che comportano una spesa complessiva superiore ad € 51.645,69, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei
16
esso vanno allegati la copia della concessione e dell’autorizzazione (se previste), la
documentazione relativa ai dati catastali, la ricevuta dei pagamenti Ici, eventuali copie di
delibere assembleari e, se i lavori sono eseguiti dal locatario o comodatario, la dichiarazione di
consenso del proprietario all’esecuzione dei lavori; nonché, ove prevista, la notifica preliminare
alla ASL competente per territorio.
5. Aliquote IVA applicabili. A fronte della (maggiore) agevolazione ai fini IRPeF si riscontra il
venir meno della precedente agevolazione Iva. L’aliquota IVA applicabile agli interventi di
manutenzione ordinaria e straordinaria è passata, dal 1° gennaio 2006, dal 10% al 20% per
effetto della mancata proroga dell’agevolazione di cui all’art. 7, co. 1 e 2 della L. 488/1999 (tale
maggiore aliquota è applicabile alle fatture emesse nel 2006, anche se riferite a prestazioni
iniziate o ultimate nel 2005).
L’aliquota più favorevole del 10% continua a trovare applicazione per gli interventi di ristrutturazione edilizia,
nonché di restauro e risanamento conservativo di cui all’art. 31, co. 1, lett. c) e d) della L. 457/1978: sia per le
prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto sia per le cessioni di beni finiti (cioè diversi dalle materie
prime e dai semilavorati) ai sensi dei nn. 127- quaterdecies e 127-terdecies, Tab. A, parte III del D.P.R. 633/1972.
* * *
C. La rideterminazione del valore di riferimento (di acquisto) dei terreni edificabili e con
destinazione agricola (D.L. 203/2005, art. 11-quaterdecies, co. 4)
La possibilità di rivalutare il costo dei terreni (e delle partecipazioni) è stata oggetto di un
ennesimo intervento legislativo: si tratta di una riproposizione40 della norma sulla rivalutazione
dei predetti beni – che aveva fatto il suo ingresso con la Finanziaria 2002 (L. 448/2001) ed era stata, da ultimo,
prorogata con la Finanziaria 2005
-
– ma
la data di riferimento alla quale devono essere posseduti i terreni viene fissata
all’1.1.2005; e
-
il termine entro il quale perfezionare l’operazione attraverso la predisposizione della
perizia e il versamento dell’imposta sostitutiva viene stabilito al 30.6.2006.
1. Ambito oggettivo: in base alle previsioni della norma, possono essere rivalutati i terreni
edificabili e con destinazione agricola posseduti a titolo di proprietà , usufrutto, superficie
ed enfiteusi alla data del 1° gennaio 2005.
Possono essere rivalutate anche le aree possedute in regime di comunione pro indiviso quando soltanto alcuni dei
comproprietari intendano rivalutare. In tal caso, per determinare la quota di terreno da affrancare, il singolo
comproprietario deve determinare (mediante la perizia di stima) il valore dell’intera area, in modo da assoggettare
ad imposta sostitutiva del 4% la parte (di tale valore) corrispondente alla propria quota.
redditi va trasmessa una attestazione di esecuzione lavori sottoscritta da un professionista abilitato.
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In realtà si tratta di una “nuova” rivalutazione, in quanto non proroga i precedenti termini (scaduti al 30 giugno 2005), ma li modifica
spostandoli in avanti. Tant’è che per i contribuenti che si sono avvalsi delle precedenti rivalutazioni è ammessa la facoltà di usufruire
della nuova norma agevolativa per determinare il valore dei beni al 1° gennaio 2005 mediante una nuova perizia di stima e procedendo
al versamento dell’intera imposta sostitutiva dovuta in base al nuovo valore. L’imposta già versata non può essere compensata con
quella dovuta per la nuova rivalutazione, ma potrà essere chiesta a rimborso ex art. 38 del D.P.R. 602/1973.
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Nell’ipotesi in cui gli strumenti urbanistici prevedano che solo una porzione della particella catastale risulti edificabile,
è possibile la rivalutazione della sola parte dell’area edificabile, senza procedere preventivamente al frazionamento
dell’area. Nell’atto di perizia deve essere fatto riferimento allo strumento urbanistico che delimita la parte edificabile.
Non è invece possibile rivalutare i terreni ceduti prima della data di riferimento (il 1° gennaio
2005), né quelli acquistati successivamente.
2. Ambito soggettivo: i soggetti che possono avvalersi della nuova norma agevolativa sono:
-
le persone fisiche che detengono i terreni non in regime d’impresa;
-
le società semplici, associazioni professionali e soggetti equiparati ex art. 5 del T.U.;
-
i soggetti non residenti le cui plusvalenze sono imponibili in Italia.
La rivalutazione del terreno può riguardare sia il nudo proprietario, sia l’usufruttuario; in questo caso il valore
dell’usufrutto può essere determinato nella perizia di stima avuto riguardo all’art. 48 del D.P.R. 131/1986 in materia
di imposta di registro.
Non possono invece rivalutare
-
gli eredi e donatari che hanno acquisito il terreno dopo l’1.1.2005, in quanto a tale data non
erano in possesso dello stesso;
-
i soggetti non residenti per i quali le plusvalenze non sono imponibili in Italia per effetto
delle previsioni contenute nelle convenzioni contro le doppie imposizioni.
3. Imposta sostitutiva e versamento: la rivalutazione avviene mediante il versamento di
un’imposta sostitutiva, che viene determinata applicando al valore del terreno, così come
risulta dalla perizia di stima, l’aliquota del 4% e dovrà essere versata alternativamente:
- in un’unica soluzione entro il 30 giugno p.v.;
- in tre rate annuali di uguale importo alle seguenti scadenze: 30 giugno 2006, 30 giugno 2007
e 30 giugno 2008 (le ultime due maggiorate di interessi al tasso del 3% annuo)41.
In ipotesi di rivalutazione di una pluralità di terreni posseduti dal medesimo contribuente, è possibile il
versamento cumulativo dell’imposta sostitutiva agli stessi riferita, ma in tal caso – essendo necessario ricollegare il
valore di ciascun terreno all’imposta versata – sarà necessario indicare nella dichiarazione dei redditi il valore di
ciascun terreno.
L’omesso o insufficiente versamento dell’imposta sostitutiva in unica soluzione o della prima
rata, in caso di versamento rateale, comporta l’inefficacia della rivalutazione; viceversa, il
mancato versamento delle rate successive alla prima determina la iscrizione a ruolo degli
importi non versati, in base all’art. 10 del D.P.R. 602/1973 (fatta salva la possibilità di ricorrere
al ravvedimento operoso entro i termini prescritti).
4. Perizia di stima. Oltre al versamento dell’imposta sostitutiva, per il perfezionamento della
rivalutazione è necessaria la redazione (sempre entro il 30 giugno 2006) di una perizia
giurata di stima che individui il valore del nuovo costo del terreno alla data dell’1.1.2005.
41
Per i soggetti che hanno effettuato la rivalutazione in base alle precedenti norme, rimangono invariati i termini entro i quali versare le
rate non ancora scadute. Non sono invece tenuti al versamento delle rate ancora dovute i contribuenti che ora rivalutano i medesimi
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I professionisti che possono redigere detta perizia sono gli iscritti all’albo degli ingegneri, architetti, geometri,
dottori agronomi, agrotecnici, periti agrari e periti industriali edili, nonché i periti regolarmente iscritti alle Camere di
commercio ai sensi del R.D. 2011/1934.
Il costo sostenuto per la stessa aumenta il valore iniziale da assumere ai fini del calcolo della
plusvalenza in caso di cessione.
5. Effetti della rivalutazione: sono i seguenti
-
il valore dei terreni rideterminato – come sopra – costituisce valore minimo, che come
tale può assumere rilievo sia agli effetti del calcolo della plusvalenza (ai fini sia delle
imposte sui redditi) sia del valore (ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e
catastale);
-
ai fini IVA, invece, la base imponibile è costituita dall’ammontare complessivo dei
corrispettivi dovuti dal cedente (a prescindere, pertanto, dal valore rideterminato);
-
in presenza di terreni acquisiti per successione o donazione il costo d’acquisto, ai fini
della determinazione della plusvalenza, è quello risultante dalle relative denunce e atti
registrati, o quello in seguito “definito” (con l’Ufficio) e liquidato (ex art. 68, co. 2 del T.U.);
-
la rivalutazione ha effetto anche qualora il terreno sia successivamente oggetto di
provvedimento di esproprio, nel caso in cui il contribuente opti per la tassazione secondo
le regole dell’art. 67, co. 1, lett. b) del T.U.. Il pagamento dell’imposta sostitutiva non fa venire meno
l’obbligo dell’ente che eroga l’indennità di esproprio di operare la ritenuta del 20%;
-
in caso di decesso dell’usufruttuario dopo l’1.1.2005 il consolidamento dell’usufrutto in
capo al nudo proprietario che ha effettuato la rivalutazione non retroagisce alla data di
acquisizione della nuda proprietà (e quindi la rivalutazione ha effetto solo con riferimento a
quest’ultima).
6. Valutazioni di convenienza: non va trascurata, in proposito, la nuova opportunità (di cui si è
detto) di tassare le plusvalenze derivanti dalla cessione dei terreni con un’imposta sostitutiva
del 12,5%, dato che - in molti casi - potrebbe essere più conveniente scegliere il nuovo regime
di tassazione in luogo della rivalutazione.
E’ pertanto opportuno confrontare il costo, in termini di imposte dovute, derivante dalla
applicazione della tassazione ordinaria o della tassazione sostitutiva e anche della tassazione
separata (nel caso di terreni edificabili), con o senza rivalutazione, tenendo conto del fatto che
l’imposta sostitutiva sulla plusvalenza e la rivalutazione del valore del terreno non sono istituti
“alternativi”; potrebbe, pertanto, risultare conveniente rivalutare il terreno e richiedere
successivamente, in sede di cessione, l'applicazione dell'imposta sostitutiva sulla plusvalenza
(che, in questo caso, risulterebbe, ovviamente, ridotta).
beni in base alla nuova disposizione e che, in relazione alla precedente rivalutazione, avevano scelto il versamento rateale dell'imposta
sostitutiva.
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IV. Conclusione
La fiscalità immobiliare continua a costituire uno degli obiettivi del Legislatore, avuto riguardo al
contenuto delle due ultime Leggi finanziarie.
Con la L. 311/2004 si erano varati provvedimenti diretti alla “lotta al sommerso, alla evasione, alla elusione” nel campo
delle locazioni immobiliari; si era cercato di dar corso a controlli più diffusi e, soprattutto, più incisivi; a una (seppur
parziale) revisione del classamento delle unità immobiliari e ad un aggiornamento delle rendite catastali; e si era cercato
di favorire lo “smobilizzo” dei terreni edificabili e agricoli prevedendo una riduzione della plusvalenza tassabile attraverso
un previo “adeguamento del valore fiscale” degli stessi.
Con la L. 266/2005 si è proseguita l’opera: sia in sede di accertamento, programmando verifiche
mirate nel settore immobiliare (seppure con qualche eccezione); sia sul piano “sostanziale”, non
solo riproponendo istituti giuridici (come la “rivalutazione”) che erano già stati adottati negli anni
precedenti, ma intervenendo anche con disposizioni del tutto “nuove”, sia a favore delle imprese
che delle “persone fisiche”.
Nel campo delle imprese, va ricordata la più severa regolamentazione (fiscale) del leasing
immobiliare (che viene “collegato”, come quello sui beni mobili, al periodo di ammortamento
fiscale, pur con un limite temporale minimo e uno massimo) e una penalizzazione (assai rilevante)
nell’imposizione dei “proventi immobiliari” (sui beni locati) che elimina la deduzione forfetaria del
15% (e del 25%, in specifici territori) per assumere tale percentuale come limite alla deducibilità
delle spese ordinarie; con la conseguenza di far concorrere (spesso) il canone di locazione per
intero, nella determinazione del reddito di impresa (ma anche per gli Enti non commerciali).
Penalizzazioni, queste, che sembrano poco meditate e che vengono aggravate da un (nuovo)
orientamento negativo anche in ordine alla deducibilità degli interessi passivi, sia di finanziamento
che di funzionamento (ad es. per le cd. Società immobiliari).
Nel campo dei “privati”, invece, va accolta con soddisfazione non solo la proroga (anche per l’anno
in corso) della detrazione, ai fini Irpef, per gli interventi di manutenzione, con una maggiorazione
che la riporta all’originaria misura del 41% (pur accompagnata dal ripristino dell’Iva alla aliquota
ordinaria), ma soprattutto le disposizioni - di tipo “sostanziale” - che consentono alle persone
fisiche di optare per una tassazione sostitutiva dell’Irpef sulle eventuali plusvalenze imponibili da
trasferimento degli immobili a titolo oneroso e di richiedere (al notaio), in sede di acquisto degli
immobili ad uso abitativo (e relative pertinenze), di essere tassati, ai fini delle imposte di registro,
ipotecarie e catastali, sulla rendita catastale rivalutata (anziché sul “valore” dichiarato / venale);
perseguendo, in tal modo, quella “veridicità” del contenuto degli atti che in molti casi era
compromessa (con conseguenze talora assai gravi) dalla volontà delle parti di dichiarare “meno
del vero” per sottrarsi, da parte del compratore, ad una parte delle imposte indirette; e da parte del
venditore, alla (eventuale) Irpef sulle plusvalenze. Questi ultimi provvedimenti, anche se dovranno
essere “verificati” sul campo, sembrano aver recepito le istanze che molti operatori immobiliari e
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tributari avevano, da tempo, avanzato e vanno, in ogni caso, nella “giusta direzione” diretta a una
tassazione “semplice” e senza discussioni.