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La preghiera nella storia della salvezza
2568. La rivelazione della preghiera nell'Antico Testamento si iscrive tra la caduta e il riscatto
dell'uomo, tra la domanda accorata di Dio ai suoi primi figli: “dove sei?… che hai fatto”? (Gen
3,9; Gen 3,13) e la risposta del Figlio unigenito al suo entrare nel mondo: “Ecco io vengo…
per fare, o Dio, la tua volontà” (Eb 10,5-7). La preghiera in tal modo è legata alla storia degli
uomini, è la relazione a Dio nelle vicende della storia.
L’uomo ha una storia, vive nella storia, cioè vive modificando se stesso e il proprio mondo,
migliorandosi o regredendo. È noto a tutti il cammino di allontanamento da Dio come indicato
e descritto dalla Sacra Scrittura. Ma pure conosciamo il cammino di rientro in Dio. Lo affermo
senza commentare. Dio è venuto a cercare l'uomo che si era allontanato da lui. Il testo del
Catechismo che abbiamo letto lo accenna riportando i due momenti veramente storici:
l'allontanamento del primo uomo Adamo e il rientro in Dio del nuovo primo uomo Gesù.
Adamo si è allontanato disobbedendo. Gesù invece è venuto nel mondo per fare la volontà
del Padre. Innanzitutto per noi occorre ci sia chiaro il significato di questi due momenti
fondamentali della storia dell'umanità. Dopo il peccato di disobbedienza è Dio che ricerca
Adamo. Adamo e sua moglie si erano nascosti. Dio chiama: dove sei? La risposta: ho avuto
paura e mi sono nascosto perché mi sono accorto di essere nudo. Il testo letterale di questo
racconto è molto significativo. Adamo non dice di essere stato visto o considerato nudo da
Eva, dice che è lui stesso che si vede così. È quindi uno sguardo su se stesso che lo rivela a
se stesso. Di che cosa si è accorto, di che cosa ha preso consapevolezza. Non certo per una
scoperta in qualche modo nuova del proprio corpo. Ma Dio ancora insiste: chi ti ha fatto
sapere di essere nudo? Vuol dire ad Adamo che quella novità non poteva venire se non
dall'esterno e anche che era giunta al suo interno, alla sua personale considerazione di se
stesso. Qualcun altro l’aveva indotto a fare qualcosa e lui l’aveva fatto. Questa sua azione ne
aveva mutato la condizione precedente, originaria, per la quale nessuna nudità sarebbe stata
possibile né la paura, né il bisogno di nascondersi. In breve, che cosa è successo? La
disobbedienza al comando divino ha realizzato un cambiamento non solo nell’uomo ma anche
nello sguardo dell'uomo su se stesso: l'uomo si vede diverso perché è diverso da come era
stato fatto da Dio, nel piano dell'innocenza originaria.
Nel prosieguo del racconto si ha anche chiara la reazione di Dio alla caduta. Subito dopo la
sentenza di condanna, Dio fa per Adamo ed Eva dei vestiti. Bisognerà rifletterci a fondo,
perché è il primo atto di compassione e di misericordia verso l'uomo decaduto. Qual è il
valore di questo atto divino? Vuole forse solo che l'uomo non abbia più paura, non si vergogni
più, vuole solo ripararlo da occhi indiscreti, dallo sguardo non più innocente dell’altro?
Certamente ritenere che Dio abbia voluto per prima cosa, quasi la più importante, insegnare
o indurre al pudore corporale è fuorviante o quantomeno riduttivo. In realtà è l'animo
dell'uomo e la coscienza del singolo uomo che Dio vuole preservare e in qualche maniera
nascondere agli occhi dell'altro, di qualsiasi altro, anche della propria moglie. È Dio che fa il
vestito all'uomo. È il primo tentativo di Dio di limitare gli effetti della disobbedienza e quasi di
rinchiuderli nella loro fonte, nella loro origine nel profondo dell'uomo. Ma è anche di più: è
preservare l’intimità dell’uomo dal contatto con l’esterno, ormai, per esperienza vissuta,
capace di contaminarlo. È anche un invito a riservare tale intimità a Lui, al Dio che tutto vede
e tutto sa e per il quale quel vestito non ha senso. E lì Dio può chiamare ancora l'uomo: dove
sei, che hai fatto? L'uomo potrà vedere se stesso, riconoscere la propria disobbedienza e
rispondere alla chiamata di Dio che ancora lo chiama all’incontro e alla comunione con se’.
Possiamo riconoscere nella parola di Dio: dove sei? l’accoratezza del Creatore che cerca la
propria creatura e la chiama al colloquio. Il colloquio sarà personale quando l’uomo uscirà dal
nascondiglio e si mostrerà a Dio, a quel Dio che gli ricorda che a Lui può mostrarsi così come
è, nudo, impaurito e disobbediente. Il vestito gli è dato da Dio, ma è per gli altri, per
proteggerne l’intimità.
Quanta difficoltà per l'uomo a riconoscere di essere nudo davanti a Dio! In verità che cosa
significa essere nudo? La nudità è la mancanza di una copertura che ci dovrebbe essere, di
una copertura che è la protezione di una nostra intimità verso qualcuno o qualcosa che rischia
di farci del male o quantomeno schernirci. Vedete come l'esperienza stessa della nudità
comporta l'esperienza di una inimicizia, di una possibile indebita intromissione che forza il
nostro spirito innanzitutto e poi il nostro cuore. Da questa esperienza profonda dell’uomo, di
ogni uomo, viene il desiderio del superamento, il desiderio di ritrovare l’innocenza nel cuore
dell’altro. Come io mi vedo e mi amo, compatendomi e guardandomi con occhi di
misericordia, così vorrei che anche gli altri mi vedessero, come un padre o una madre, senza
ombra di inimicizia o cattiveria nel cuore.
La coscienza di noi e la verità di ciò che noi siamo spesso cammina insieme al nostro scorgere
Dio che ci chiama ad un rapporto intimo e personale con Lui, cioè alla nostra invocazione e
alla nostra preghiera. Il nostro deciderci per la verità verso noi stessi, sembra scontato che ci
sia, ma non lo è affatto. Nascondiglio, nudità e paura sono un tutt’uno nel racconto biblico.
Così anche in noi e per noi. Abbiamo bisogno di una liberazione da noi stessi e più ancora di
un liberatore che non accresca il livello della paura, che non ci faccia vergognare di noi stessi,
che non ci rinfacci la disobbedienza e non rida di noi. Un cammino aspro a volte, tormentato
come ogni storia umana, ma che nel cuore sentiamo possibile.
Questo è lo spazio dove entra il Signore Gesù come liberatore. Nella storia della salvezza Egli
si è aperto la strada, si è fatto desiderare come l’Atteso. Poi ha sciolto il nodo fondamentale,
che era stato l’origine di tutti i mali, la disobbedienza, cioè il rifiuto del piano primitivo del
Creatore. E come poteva presentarsi se non come bambino, come uomo, come sofferente e
ucciso da innocente? Dio, da sempre ricco di misericordia, ha riportato l’uomo all’innocenza
primigenia e vuole che, nel cammino, non abbiamo paura della nostra povertà e nudità
davanti a Lui.