rassegna stampa - Associazione Agenti Allianz

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rassegna stampa - Associazione Agenti Allianz
23 Settembre 2013
23 Settembre 2013
RASSEGNA STAMPA
16 FEBBRAIO 2015
Sede Milano – Corso Italia 22
Sede Trieste – Via Fabio Filzi 21/1
INDICE
DAL MERCATO ASSICURATIVO
 INTERMEDIARI ASSICURATIVI, REVOCHE SOTTO IL FARO AGCM
 AUTO AVANTI TUTTA CON SISTEMI INNOVATIVI
 VAGNONE «UNA NUOVA RETE PER LE MULTINAZIONALI TASCABILI»
 È CACCIA APERTA A POLIZZE E GESTIONI
 ASSICURAZIONI GENERALI, ECCO PERCHÉ
SFONDANO LE POLIZZE ANTI CATASTROFI
IN
ITALIA
NON
BANCA E DINTORNI
 BANCHE & POLIZZE GARA DELLE IDEE
 QUANDO IL BANKER COLTIVA I PATRIMONI CHE CRESCONO
 RECUPERO DEI CREDITI, ORA C'È LA NEGOZIAZIONE ASSISTITA
PREVIDENZA E DINTORNI
 DEDUCIBILE IL TFM NON DELIBERATO
RCAUTO- DECRETO CONCORRENZA
 DDL CONCORRENZA: SNA E COMITATO GRUPPO AGENTI
RIBADISCONO FERMA CONTRARIETÀ AD OGNI IPOTESI DI
NUOVI OBBLIGHI PER GLI AGENTI
DAL MERCATO ASSICURATIVO
INTERMEDIARI ASSICURATIVI, REVOCHE SOTTO IL FARO AGCM
L’Antitrust verifica l’attuazione degli impegni assunti dalle compagnie leader. Ma le altre che fanno?
A un poco meno di un anno dell’entrata in vigore di Solvency II le compagnie italiane hanno un altro
grattacapo da affrontare. L’Autorità garante delle concorrenza e del mercato nei giorni scorsi ha
inviato una richiesta di informazioni alle compagnie coinvolte nel procedimento sulla violazione delle
norme della libera concorrenza (conclusosi con la delibera del maggio 2014) a cui i gruppi dovranno
dare risposta entro 15 giorni. La missiva è stata recapitata a Allianz, Axa, Cattolica, Generali,
Groupama, Reale Mutua e Ugf che da sole contano 9.725 agenzie. La richiesta è di fornire
informazioni sulla reale messa in pratica degli impegni presi con l’Autority presieduta da Giovanni
Pitruzzella che era intervenuta con l’apertura dell’indagine nel giugno 2013.
L’Authority chiede alle sette imprese di comunicare se ci siano state revoche di mandato per gli agenti
iscritti nella sezione A del Rui in forza alla compagnia nel periodo che va da giugno 2014 a oggi e di
specificarne le motivazioni. In sostanza si vuole controllare che non vi siano stati allontanamenti di chi
ha scelto il plurimandato o la collaborazione tra intermediari. L’indagine era stata avviata per «evitare
la messa in atto di ostacoli al plurimandato assicurativo e incentivare la concorrenza nel danni, a
partire dal settore Rc Auto», come spiegava l’Agcm a giugno 2013 avendo rilevato l’esistenza di
clausole contrattuali che rendevano difficile per gli agenti la gestione di più mandati. Per schivare la
multa le compagnie hanno presentato degli impegni a rimuovere tali ostacoli che l’Agcm, nella
riunione del 20 maggio 2014, ha deciso di rendere vincolanti. Nel dettaglio sono state eliminate
disposizioni sull’esclusiva nei contratti agenziali e l’obbligo di informativa preventiva alla compagnia
mandante dell’assunzione di altri mandati. Sono stati poi rimossi gli ostacoli di natura operativa (locali
agenziali, utenze, dotazioni informatiche) ed economica (rivalsa, provvigioni) all’assunzione di mandati
da più compagnie.
Vista la determinazione dell’Antitrust, in molti si chiedono se anche le altre compagnie, non coinvolte
nell’indagine, per che hanno conferito mandato a oltre 3.200 agenzie, si adegueranno a queste
richieste. Non vi è alcun obbligo, tuttavia sarebbe anomalo che sul mercato assicurativo si creassero
due diversi modi di operare nei confronti degli agenti. Un primo, espressione delle principali
compagnie operanti, in cui si rispettano le regole di concorrenza, in particolare sul fronte della
possibilità di operare in plurimandato e con la libertà di collaborazione con colleghi iscritti anche ad
altre lettere del Rui, e un secondo mercato, dove operano anche grosse realtà come Sara, in cui tali
presidi di garanzia per gli agenti non sono previsti. In sostanza, gli impegni presi, sono direttamente
vincolanti per le sole compagnie indagate, o possono essere estesi, come moral suasion all’intero
mercato? Si stanno creando quindi due diversi mondi, uno regolato e l’altro dove vige assoluta libertà
di violare i medesimi principi a tutela del plurimandato e del servizio ai consumatori? E che ne pensa
l’Antitrust? È corretto che ci siano due pesi e due misure?
PLUS 24
AUTO AVANTI TUTTA CON SISTEMI INNOVATIVI
Nonostante la predominanza di prodotti assicurativi ramo vita venduti allo sportello, le banche
stanno cercando di spingere sull'acceleratore per aumentare la quota di polizze danni vendute in
filiale. Soprattutto sul fronte delle assicurazioni auto proponendo sistemi innovativi rispetto alla
polizza tradizionale. È così che Intesa Sanpaolo Assicura si è attrezzata lanciando la nuova offerta,
ViaggiaConMe, un'assicurazione auto con dispositivo satellitare che combina la tradizionale
copertura assicurativa Rca, con vantaggi di un servizio di assistenza immediato, basato su un sistema
di tecnologia satellitare: ViaggiaConMe Box. Acquistando la polizza in banca, viene consegnato un
dispositivo Gps/Gsm che identifica l'esatta posizione del veicolo e comunica con una centrale
operativa 24 ore su 24 per offrire assistenza e supporto in tutte le emergenze di viaggio
rappresentando uno strumento importante anche per la ricostruzione delle dinamiche di un sinistro,
facilitando e velocizzando i tempi dei processi. Non solo. Per i clienti che fanno pochi chilometri
all'anno, Intesa Sanpaolo consente di scegliere anche la formula 5.000 prevedendo uno sconto del
25% rispetto alla formula Km Illimitati. Punta tutto sulla rateizzazione, invece, la nuova formula
proposta da Unicredit ai propri correntisti con il prodotto Guida Protetta Auto. Si tratta di una polizza
assicurativa di CreditRas Assicurazioni riservata ai titolari di conto corrente Unicredit o di Genius Card
attivabile allo sportello o tramite Internet banking. La banca offre la possibilità di pagare il premio
annuale anche mediante finanziamento a tasso zero in 12 mesi e senza spese da un minimo di 200 a
un massimo di 4 mila euro. E inoltre l'auto sostitutiva e la tutela legale sono incluse. Per i correntisti
del Monte dei Paschi di Siena, invece, Axa ha messo a punto un prodotto denominato Axa Mps
Guidare Protetti. Si tratta di una nuova soluzione modulare che permette di personalizzare la
copertura, in base alle proprie esigenze, attraverso un diverso abbinamento di garanzie per la tutela
del veicolo e della persona garantendo le coperture indipendentemente da chi sia alla guida del
veicolo. La compagnia mette a disposizione un numero verde per tutte le informazioni relative al
proprio contratto, effettuare variazioni e rinnovare la polizza da casa. Ma anche un servizio dedicato
alla gestione dei sinistri auto attraverso una semplice telefonata. Infine, una rete di carrozzerie di
fiducia presenti su tutto il territorio nazionale a cui rivolgersi in caso di sinistro. Si rivolge invece
soprattutto ai soci Bpm la polizza Multiprotezione auto proposta dalla Banca Popolare di Milano che
prevede facilitazioni economiche per i propri soci. Anche in questo caso, la formula è modulabile e
sono previste tariffe più vantaggiose per gli automobilisti più virtuosi.
ITALIA OGGI
VAGNONE «UNA NUOVA RETE PER LE MULTINAZIONALI TASCABILI»
Un business da 4,5 miliardi di euro che prima, semplicemente, non emergeva, annacquato nei conti
corporate . Una nuova divisione che occupa tutto il primo piano del palazzo milanese delle
Assicurazioni Generali, in piazza Cordusio, affidata a Paolo Vagnone, l’ex ceo di Ras a cui Mario Greco
ha affidato l’insieme dei business sovranazionali, quelli non riconducibili a un determinato territorio.
Con un obiettivo ben definito: portare redditività al gruppo del Leone. Per Vagnone, 51 anni, 4 figli,
torinese e juventino, con origini teutoniche da parte di madre e una innata vocazione a essere il
primo della classe, una sfida che ha come competitor i big mondiali del settore, da Allianz ad Axa,
fino
agli
americani
di
Aig.
Vagnone,
un
input
chiaro
e
sfidante:
fare
business
.
« Il focus è chiaro: ci concentriamo sulla bottom line, sull’ultima cifra in basso a destra. Nel mercato
corporate sarebbe facile fare leva sui prezzi per conquistare quote di mercato, ma non faremmo gli
interessi dei nostri azionisti. Per cui, sebbene si sia partiti in ritardo sui concorrenti, stiamo
recuperando terreno puntando più sulla capacità tecnica che sui volumi».
È
chiamato
a
portare
denaro
nella
gabbia
del
Leone.
E
poi?
«Quello che personalmente vorrei è che la nostra divisione Global corporate and commercial venisse
riconosciuta per la qualità del servizio in favore delle aziende che operano soprattutto nell’Europa
orientale e occidentale, dove possiamo essere uno dei leader, e in Asia».
Veniamo al business. Cosa sono i prodotti sovranazionali, le cosiddette Global business lines, a cui
lavorate?
«Sono tutti quei servizi, in particolare rivolti alla clientela business, che possono interessare le
aziende chiamate a lavorare su più mercati. Le Global business lines si compongono di tre rami di
attività: Generali Employee benefits Network, Global corporate and commercial e Europ Assistance».
Il
target?
«Le medie e grandi imprese ma anche le cosiddette ‘multinazionali tascabili’, quello che io chiamo
International middle market . Imprese dinamiche, anche di media-piccola dimensione (ad esempio da
un centinaio di milioni di euro di fatturato) e che si trovano esposte, dalla globalizzazione, a mercati
vasti
e
a
problematiche
totalmente
nuove».
B usiness molto differenti. Dalla assicurazione dei viaggi alla pensione integrativa…
«In verità sono business integrabili. L’ottica è quella di aziende che vogliono espandersi e sono
presenti in diversi Paesi. Generali si è strutturata per rispondere a tutte le esigenze che si possono
venire a creare. Global corporate and commercial si occupa delle coperture assicurative danni più
tradizionali. Generali Employee Benefit Network, leader a livello mondiale, invece pensa alla tutela
dei manager e delle loro famiglie che possono trovarsi a vivere un’esperienza lontano dalla sede di
origine anche per molti anni e necessitano di tutele previdenziali e sanitarie, a cui provvede in tutto o
in parte l’azienda. Europ Assistance è il marchio più noto, il più antico operatore al mondo nel settore
dell’assistenza, si occupa di tutte le problematiche legate al viaggio, all’assistenza stradale, alla salute
e alla casa, con oltre 300 milioni di persone assistite nel mondo. Oggi opera prevalentemente nel
retail ma pensiamo di estendere di più i suoi servizi anche alle imprese».
Veniamo ai competitor. In questi settori Allianz ha iniziato ben prima di voi.
«Generali è ben posizionata su tutti i mercati in cui si trova a operare. Nell’Europa occidentale ha
leadership riconosciute in molti Paesi. Nell’Europa orientale è uno dei primi tre operatori, con grande
tradizione e un marchio molto riconoscibile. Il gruppo ha poi una strategia ben chiara anche lontano
da casa: in Asia siamo operativi a Hong Kong e stiamo studiano l’opportunità di espanderci a
Singapore. Siamo presenti in Sudamerica e, negli Stati Uniti, Europ Assistance – nonostante un
marchio che su quel mercato viene vissuto un po’ come straniero – è il secondo operatore nel
settore,
con
basi
a
Washington,
in
Canada,
in
Florida
e
California».
In tutto fatturate circa 4,5 miliardi di euro. Una minima parte nel consolidato del Leone…
«Sì, il valore complessivo del business espresso è di circa il 6 per cento del totale del gruppo e
contribuiamo per circa il 6 per cento anche al risultato operativo. È una divisione piccola, con circa 9
mila dipendenti nel mondo, ma siamo consci di avere interessanti opportunità di crescita. Come ho
detto, non ci interessa realizzare una crescita nelle quote di mercato a scapito della profittabilità.
Vogliamo invece badare al sodo e garantire al nostro cliente un’assistenza riconoscibile, ad alto
valore aggiunto, all’interno di un segmento che si sta popolando di molti operatori».
Ha parlato di riconoscibilità e di valore aggiunto. In cosa siete più innovativi nelle Global business
lines?
«Abbiamo affrontato ogni aspetto nell’ambito delle tutele dei cosiddetti expatriates . Viviamo un
mondo globalizzato, le aziende sono chiamate ad avere orizzonti larghi, sono esigenze note. Meno
noti sono gli aspetti pratici che interessano chi per quelle aziende lavora. Ecco il ruolo di Generali
Global business lines: affiancare con competenza e le aziende, anche le pmi, soprattutto le
‘multinazionali tascabili’».
Corriere Economia
È CACCIA APERTA A POLIZZE E GESTIONI
Di fronte al crollo dei tassi, anche gli inossidabili, escono dal recinto del debito pubblico e scrutano
nuovi orizzonti, alla ricerca del rendimento. È quanto sta succedendo nel mondo private, secondo
quanto rilevato dall’ufficio studi di Aipb (Associazione italiana di private banking) e confermato dagli
stessi
operatori.
I super ricchi, sloggiati della storica spiaggia tranquilla, dove parcheggiavano i capitali, sono costretti
a una drastica ristrutturazione dei portafogli. Si taglia l’amministrato per far posto ai prodotti di
risparmio gestito e assicurativi che, nel frattempo, l’innovazione ha reso più efficienti.
«Il cambiamento in atto, che noi abbiamo cavalcato — spiega Paolo Molesini, amministratore
delegato di Intesa Sanpaolo private banking, — è a nostro avviso positivo, perché gli italiani, obbligati
a valutare forme alternative d’impiego dei capitali, si sono trasformati da risparmiatori a investitori».
Il fatto è che, nell’attuale contesto, per conseguire il rendimento, si deve rischiare di più e sono
necessarie maggiori competenze. «Dunque, — spiega Manuela D’Onofrio, head of global investments
di Unicredit, — se si vogliono raggiungere buoni risultati, è indispensabile affidarsi a professionisti,
scegliendo i migliori gestori per ogni singolo mercato». Seguendo questa strategia, le gestioni
patrimoniali amministrate da Unicredit, nel 2014, hanno reso dal 5% al 20%, a seconda del peso della
componente azionaria. Risultati non disprezzabili nell’attuale contesto di tassi bassi.
Diversificazione
Grazie alla diversificazione, che consente il contenimento del rischio, i fondi comuni, oggi, sono
ritenuti la soluzione principe per investire sui mercati azionari, i meno accessibili. «Ma, — aggiunge
Molesini,— sono le gestioni patrimoniali, i prodotti più apprezzati dai clienti private, soprattutto
quelli con capitali più consistenti, perché sono altamente personalizzabili. Nelle nostre, quando
risulta efficiente ed efficace per il cliente, utilizziamo i fondi comuni, per investimenti tattici e
puntare
su
asset
class
di
nicchia».
Spezza una lancia a favore delle gestioni patrimoniali anche Giuseppe Rovani, direttore generale di
Banca Euromobiliare, che dice: «Le nostre total return, dedicate alla clientela top, nel 2014,
nonostante la forte volatilità, sono state in grado di generare valore, mantenendo la volatilità su
livelli contenuti». «La strategia di ritorno assoluta — ricorda Luca De Biasi, asset allocator, a capo del
business investment in Mercer Italia (specializzata negli investimenti per gli istituzionali) — è una
caratteristica tipica anche dei fondi di ultima generazione che, potendo investire in diverse asset
class che non seguono l’andamento classico dei mercati, prima accessibili solo agli investitori
istituzionali, generano rendimenti indipendentemente dall’andamento dei listini». Un aspetto molto
apprezzato dagli investitori private che, in cima ai pensieri, hanno la preservazione del capitale.
Assicurazioni
Accanto a fondi e gestioni patrimoniali stanno imponendosi anche i prodotti assicurativi, perché
incorporano una serie di vantaggi. In particolare, la polizza private insurance. «Prima di tutto, —
spiega Michele De Michelis, responsabile degli investimenti di Frame (asset manager specializzato in
gestioni patrimoniali e consulenza) — per questa polizza il pagamento del capital gain è differito al
momento del riscatto, inoltre è possibile il conguaglio delle plusvalenze e minus valenze dei fondi
sottostanti». Ma non solo. Tra i vantaggi ci sono anche l’elevato grado di personalizzazione
dell’investimento; la garanzia di rendimento, la protezione e il controllo del patrimonio, grazie alla
reversibilità della scelta; la impignorabilità e insequestrabilità; la possibilità di ottenere rimborsi
parziali e totali senza particolari vincoli e penali. Più trasparente e meno costosa rispetto ai prodotti
assicurativi tradizionali, secondo i private banker, la polizza private insurance, non è solo un’
alternativa alle soluzioni d’investimento di risparmio gestito, ma essendo esente dalla tassa di
successione, è anche uno strumento ideale per gestire il passaggio generazionale. Un problema
molto comune nelle famiglie.
Corriere economia
BANCHE & POLIZZE GARA DELLE IDEE
Ancora pochi giorni e prenderà il via l’undicesima edizione del Convegno annuale sull’innovazione nel
settore bancario e assicurativo. L’appuntamento è fissato per il 26 febbraio a Milano, all’hotel Grand
Visconti Palace. L’evento, organizzato dall’ AIFIn (Associazione italiana financial innovation), metterà
al centro del dibattito i temi normativi, le nuove tecnologie, il cambiamento delle esigenze della
clientela
e
le
new
entry
sul
mercato.
Come di consueto saranno selezionati i progetti più innovativi del 2014. Al premio Cerchio d’Oro,
istituito da AIFIn per stimolare l’innovazione nel mondo finanziario, quest’anno i concorrenti in lizza
sono novantacinque. «L’alto numero di candidature — dice Sergio Spaccavento, presidente
dell’Associazione — è la testimonianza che il mondo finanziario fa leva sull’innovazione per
recuperare
efficienza
e
per
diversificare
le
fonti
di
ricavo».
Rientrano fra i criteri di valutazione dei progetti il grado di innovazione, le motivazioni e gli obiettivi,
la capacità di creazione di valore per l’intermediario e per il cliente. Per i dettagli del programma
www.aifin.org
Corriere Economia
ASSICURAZIONI GENERALI, ECCO PERCHÉ IN ITALIA NON SFONDANO LE POLIZZE ANTI CATASTROFI
Cat bond, perché in Italia non decollano? Formiche.net lo ha chiesto a Generali, la prima società
domestica ad aver lanciato un prodotto con sottostante un rischio catastrofale, legato però ad eventi
che si verificano in Europa e non nel nostro Paese. Il che già la dice lunga sull’attuale livello di
diffusione e successo del prodotto in Italia.
IL CAT BOND CHE NON DECOLLA IN ITALIA
Cos’è un cat bond? Risponde Mirko Sartori, responsabile della Insurance Liability Management (Group
Corporate Finance): “E’ un’obbligazione che ha come sottostante rischio assicurativo, quindi invece di
esserci solo il rischio default dell’emittente, c’è il rischio del verificarsi di catastrofi, che sia un’alluvione,
una tempesta, un terremoto. L’obbligazione viene emessa a un certo nozionale che viene rimborsato a
scadenza – tipicamente a tre-cinque anni – se la catastrofe connessa non si è verificata. In cambio
l’investitore riceve una cedola che va dal 2 al 18% su base annuale a seconda del rischio connesso allo
strumento. Se si verifica l’evento, il nozionale rimborsato sarà inferiore a quello di partenza, perché in
parte è stato usato per coprire i danni sofferti dalla compagnia assicurativa sponsor dell’emissione. Si
tratta dunque di un modo per riassicurare il rischio. L’obbligazione viene acquistata in prevalenza da
investitori professionali (società e fondi specializzati) che hanno così accesso a una asset class
decorrelata dai mercati finanziari tradizionali. La compagnia di assicurazione riceve in cambio capacità
riassicurativa da operatori diversi rispetto a quelli a cui si rivolge normalmente”.
Sgombriamo subito il campo da pregiudizi: il cat bond non è un’architettura finanziaria opaca e non è
necessariamente uno strumento con un profilo di rischio/rendimento elevato – il range delle cedole
tra il 2 il 18% ne è la dimostrazione. Tuttavia il “rischio è molto specifico e il compratore deve avere una
cultura altrettanto specifica, e per questo l’investitore è solo professionale”.
MANCA CAPACITÀ ASSICURATIVA
Cosa manca all’Italia per cui questa interessante soluzione assicurativa non viene usata? Non certo gli
eventi catastrofali, ma forse proprio una base di investitori adeguata e specializzata? “Le ragioni sono
diverse – continua Alberto Valenti, head of P&C Treaty Retrocession (Group Reinsurance) –. La prima è
il tipo di rischio. In nord Europa e Usa il rischio catastrofale vale diversi multipli rispetto a quello
italiano. E c’è difficoltà a reperire capitali sul mercato tradizionale, cosa che invece non accade per i
rischi italiani. In Italia non ci sono molto assicuratori che chiedono questa capacità. Perché il rischio
terremoto, tempesta, inondazione è percepito dal cittadino come garantito dallo Stato. Dunque c’è
poca domanda e poca offerta di polizze assicurative per il privato cittadino e l’assicuratore trova il
capitale necessario sul mercato tradizionale. Il rischio italiano inoltre costituisce un elemento di
diversificazione che viene offerto ai riassicuratori che sono in grado già di garantire condizioni
economiche competitive difficilmente aggredibili dai mercati dei capitali”.
DISCUSSIONI IN CORSO TRA GOVERNO E ASSICURATORI
Eppure negli ultimi anni qualcosa si sta muovendo. Proprio perché l’Italia è un Paese a elevato rischio
idrogeologico e le spese vengono coperte dagli enti pubblici, è in corso una discussione con il governo
per trovare una soluzione assicurativa, come avviene appunto in nord Europa e Usa dove le
municipalità stesse cartolarizzano il rischio cedendolo a riassicuratori di ultima istanza. Ovviamente
senza una base di assicurazioni contro le catastrofi il discorso cade prima di iniziare. “Di assicurazioni e
cartolarizzazioni del rischio catastrofale – prosegue Valenti – si parla da venti anni sebbene ad oggi una
soluzione non sia stata ancora adottata ma devo dire che oggi il governo italiano è sempre più sensibile
a questa tematica anche considerata l’entità della spesa pubblica annua per coprire i danni causati da
catastrofi naturali, in particolare i piccoli eventi con scarsa risonanza mediatica, alluvioni locali,
smottamenti, frane, che ogni anno pesano sul bilancio dello Stato. Trovare una soluzione assicurativa
può essere interessante, i temi che emergono vanno dalla percezione del rischio del cittadino, alla
percepita imposizione di una forma assicurativa”.
IL PRIMO CAT BOND EMESSO DA UN’ITALIANA
Generali, intanto, lo scorso aprile ha lanciato il primo cat bond emesso da un soggetto italiano. “Si
tratta di Lion1 – racconta Sartori – un prodotto che copre il rischio tempesta in Europa, Italia esclusa:
dopo un po’ di anni in cui Generali investigava il mercato abbiamo trovato condizioni soddisfacenti. Di
fatto abbiamo portato verso la capogruppo centralizzandolo il rischio – più costoso sul mercato
tradizionale – per conto, tra le altre, delle nostre compagnie presenti in Francia, Germania, Repubblica
Ceca e Austria. È stata la prima emissione per uno sponsor italiano di tipo indemnity, ossia che va a
coprire completamente le perdite subite dalla compagnia se si verifica un evento delle caratteristiche
prestabilite nelle condizioni contrattuali”.
INTERMEDIA CHANNEL
BANCHE E DINTORNI
BANCHE & POLIZZE GARA DELLE IDEE
Ancora pochi giorni e prenderà il via l’undicesima edizione del Convegno annuale sull’innovazione nel
settore bancario e assicurativo. L’appuntamento è fissato per il 26 febbraio a Milano, all’hotel Grand
Visconti Palace. L’evento, organizzato dall’ AIFIn (Associazione italiana financial innovation), metterà al
centro del dibattito i temi normativi, le nuove tecnologie, il cambiamento delle esigenze della clientela
e
le
new
entry
sul
mercato.
Come di consueto saranno selezionati i progetti più innovativi del 2014. Al premio Cerchio d’Oro,
istituito da AIFIn per stimolare l’innovazione nel mondo finanziario, quest’anno i concorrenti in lizza
sono novantacinque. «L’alto numero di candidature — dice Sergio Spaccavento, presidente
dell’Associazione — è la testimonianza che il mondo finanziario fa leva sull’innovazione per recuperare
efficienza
e
per
diversificare
le
fonti
di
ricavo».
Rientrano fra i criteri di valutazione dei progetti il grado di innovazione, le motivazioni e gli obiettivi, la
capacità di creazione di valore per l’intermediario e per il cliente. Per i dettagli del programma.
CORRIERE ECONOMIA.
QUANDO IL BANKER COLTIVA I PATRIMONI CHE CRESCONO
Intercettare i nuovi clienti potenziali è una priorità per le società di private banking. Una mission che
deve però fare i conti con la gestione del patrimonio che è strettamente personale per ogni
investitore: età, composizione familiare, situazione lavorativa, ammontare, esigenze di spesa,
tolleranza al rischio, ricerca della performance e numerosi altri fattori influenzano la pianificazione e la
gestione della ricchezza con l’obiettivo di raggiungere e mantenere il miglior livello di benessere
personale
e
familiare.
Presente
e
futuro.
Ambiente
Negli ultimi anni, inoltre, il contesto è stato caratterizzato da un’alternanza inaspettata di scenari in
ogni ambito: di mercato, normativo, fiscale. Non deve stupire quindi che gli investimenti più
strettamente finanziari forniti tramite i servizi di wealth management si integrino sempre più con la
consulenza sull’asset allocation e sull’analisi del rischio relativi al portafoglio complessivo ancorché
depositato
presso
più
intermediari.
«Per noi è fondamentale l’individuazione di nuovi potenziali clienti private e quindi la valutazione
prospettica dell’evoluzione patrimoniale di coloro che saranno coinvolti nel passaggio generazionale,
così come dei professionisti o gli imprenditori all’inizio della loro carriera ma con importanti
prospettive di crescita in termini reddituali e di patrimonio», fa presente Franco Dentella vice direttore
generale e responsabile private banking Banca Aletti. Le soglie di accesso ai servizi di wealth
management non sono quindi rigide e il banker è in grado di affiancare e supportare questi clienti nel
loro percorso di crescita, mettendo a disposizione know how, esperienza e servizi dedicati. E a questi
soggetti, più sensibili alle nuove tecnologie e alla necessità di ottimizzare i tempi e lavorare in mobilità,
sono dedicati gli importanti investimenti di Banca Aletti finalizzati a sviluppare un modello di relazione
cliente/private
banker
che
colga
appieno
le
nuove
opportunità.
Modelli
Anche Intesa Sanpaolo private banking è da sempre molto attenta ai clienti prospect, intesi sia come le
nuove generazioni di gruppi familiari già clienti della banca, sia come clienti ad elevato potenziale quali
sportivi, nuovi imprenditori e giovani professionisti. Per questi clienti i private banker di Intesa
Sanpaolo si propongono di confezionare soluzioni di portafoglio che tengano conto degli obiettivi di
investimento e del profilo di rischio di ciascuno e delle prospettive di crescita del suo patrimonio. «In
particolare è disponibile un’ampia gamma di prodotti accessibili anche per chi dispone di importi
contenuti: si va dall’offerta multimanager, che comprende i migliori fondi delle principali case di
investimento internazionali, alle gestioni patrimoniali della casa, disponibili per queste esigenze»,
precisa Paolo Molesini, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo private banking. Per chi ha
esigenze di natura assicurativa sono disponibili polizze unit linked con diversi orizzonti temporali e
profili di rischio e con sottostanti fondi multimanager. Considerando inoltre l’età dei clienti possibili,
solitamente più bassa rispetto a quelli già serviti, un appeal particolare del servizio Intesa Sanpaolo è
l’offerta
di
prodotti
bancari
e
di
investimento
via
Internet.
E’ stato invece studiato per la parte di portafoglio destinata a investimenti con un orizzonte temporale
ridotto (che mediamente non dovrebbe superare il 20% del patrimonio) il nuovo servizio Market assist
di UniCredit private banking. Tali clienti tendono infatti ad affidare alla banca parti via via crescenti del
loro patrimonio, prima di instaurare un rapporto fiduciario che li porti a condividere le esigenze di vita
e la ricerca di più articolate soluzioni di lungo periodo. Il servizio consente inoltre di familiarizzare con le nuove
generazioni dei clienti, abituati ad una rapporto più attivo con la tecnologia e la banca.
CORRIERE ECONOMIA
RECUPERO DEI CREDITI, ORA C'È LA NEGOZIAZIONE ASSISTITA
È partita la negoziazione assistita obbligatoria. Si tratta di una procedura, operativa dal 9 febbraio
2015, alternativa alle cause in tribunale, che mette in prima linea gli avvocati. I legali delle parti
cercano un'intesa tra i loro assistiti e alla fine ufficializzano l'accordo, che sostituisce la sentenza.
Ci sono alcuni casi in cui la negoziazione è una fase necessaria, che non si può saltare per andare
direttamente davanti al giudice. In due casi, si dice, che la negoziazione assistita è condizione di
procedibilità dell'azione, nel senso che non posso fare la causa se non ho dimostrato di avere tentato
la strada della conciliazione con gli avvocati. Si tratta di due ipotesi. Una di essi interessa molto le
imprese: è il pagamento somme fino a 50 mila euro. L'altro caso è di interesse generale anche per le
persone fisiche: riguarda i risarcimenti da sinistri stradali e da natanti.
In sostanza se una piccola impresa deve fare causa per ottenere la condanna del proprio cliente a
pagare la fattura (tranne che chieda un decreto ingiuntivo) non può iniziare subito la causa, ma deve
andare dall'avvocato che inizierà la procedura di negoziazione assistita.
Oltre alla negoziazione assistita obbligatoria c'è anche la negoziazione assistita volontaria, che si può
esercitare in tutte le controversie civili e commerciali, tranne le controversie di lavoro. Vediamo come
si sviluppa la procedura.
Fase 1/L'invito alla negoziazione. Si parte dall'invito a trattare rivolto da un avvocato alla controparte
del proprio cliente. Nell'invito si deve spiegare l'oggetto della controversia e deve avvisare controparte
sulle conseguenze negative in caso di mancato accordo.
A questo proposito è previsto che debba contenere, oltre all'indicazione dell'oggetto della
controversia, lo specifico avvertimento che la mancata risposta all'invito entro 30 giorni dalla ricezione
o il suo rifiuto può essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio e di quanto previsto dagli
articoli 96 e 642, primo comma, del codice di procedura civile. Si tratta di norma finalizzata con
evidenza a favorire la serietà del tentativo di conclusione dell'accordo.
L'avvocato che formula l'invito ha poteri di certificazione dell'autografia della firma apposta all'invito
stesso.
Il destinatario dell'invito ha 30 giorni per rispondere. Se non arriva niente, allora non si può fare altro
che iniziare la causa.
Se la controparte aderisce, allora bisogna stipulare una convenzione di negoziazione, con l'assistenza
di un avvocato. La convenzione non è, beninteso, l'accordo: si mette per iscritto l'impegno di trattare
al fine di stipulare un futuro accordo e, quindi, di non farsi causa per un determinato periodo.
La convenzione di negoziazione assistita può essere stipulata esclusivamente con l'assistenza di uno o
più avvocati iscritti all'albo.
Nel testo della convenzione si deve esplicitare che le parti sono d'accordo a cooperare in buona fede e
con lealtà per risolvere la controversia tramite l'assistenza dei propri avvocati in via amichevole.
Contenuto essenziale del predetto accordo è costituita dal termine per l'espletamento della procedura
(in ogni caso non inferiore ad un mese e non superiore a tre mesi, prorogabile per ulteriori 30 giorni) e
dall'oggetto della controversia.
Per la negoziazione volontaria l'accordo può riguardare solo diritti disponibili e non deve neppure
vertere in materia di lavoro.
Fase 2/La trattativa. Durante la trattativa gli avvocati e le parti hanno l'obbligo di comportarsi con
lealtà e di tenere riservate le informazioni ricevute.
Le informazioni acquisite nel corso del procedimento non possono essere utilizzate nel giudizio avente
in tutto o in parte il medesimo oggetto.
Inoltre i difensori delle parti e coloro che partecipano al procedimento non possono essere tenuti a
deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite.
Sempre a garanzia della libertà delle trattative è previsto che a tutti coloro che partecipano al
procedimento si applicano le disposizioni dell'articolo 200 del codice di procedura penale (facoltà di
astenersi dal deporre) e si estendono le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell'articolo
103 del medesimo codice di procedura penale (divieto di sequestro di atti e documenti) in quanto
applicabili.
Fase 3/L'accordo
Se le trattative non sortiscono un esito favorevole la dichiarazione di mancato accordo è certificata
dagli avvocati designati.
Se si raggiunge l'accordo, il documento essere firmato dalle parti e dagli avvocati, che autenticano le
firme, ma soprattutto certificano la conformità dell'accordo a norme imperative e all'ordine pubblico.
L'accordo è titolo esecutivo e quindi può essere posto a base di una esecuzione; può essere utilizzato
anche per iscrivere ipoteca a garanzia dell'adempimento delle obbligazioni contenute (come una
sentenza o un decreto ingiuntivo).
Bisognerà, però, sempre passare da un notaio quando l'accordo implica trasferimento di diritti per cui
è prevista la trascrizione nei registri pubblici.
Inoltre l'accordo, se si deve procedere a esecuzione forzata, e dovrà essere integralmente trascritto nel
precetto ai sensi dell'articolo 480, secondo comma, del codice di procedura civile.
Copia degli accordi dovrà essere spedita all'ordine degli avvocati.
ITALIA OGGI
PREVIDENZA E DINTORNI
DEDUCIBILE IL TFM NON DELIBERATO
Il trattamento di fine mandato (Tfm) va dedotto per competenza anche in assenza di una specifica
delibera assembleare che lo prevede se dalla lettura dello statuto sociale emerge una stretta
connessione tra lo stesso e il compenso agli amministratori appositamente deliberato. Ad affermarlo è
la
sentenza
1869/15/2014
della
Ctr
Lombardia
(presidente
e
relatore
Izzi).
La vicenda scaturisce dagli avvisi di accertamento notificati a una società in accomandita semplice e ai
suoi soci a seguito delle riprese fiscali operate dal fisco per l’anno 2006. Alla società, tra l’altro, è stato
contestato il diritto alla deduzione del Tfm riconosciuto ai soci amministratori e accantonato in bilancio
secondo il principio della competenza economica. Secondo l’agenzia delle Entrate le indennità non
potevano essere dedotte nell’esercizio di competenza in quanto non erano previste in nessuno
specifico atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto. Esisteva, infatti, un unico verbale dei soci
risalente al 2003 nel quale, però, risultavano quantificati i soli compensi annuali e non anche il Tfm.
La Ctp di Como, dopo averli riuniti, accoglieva i ricorsi presentati dalla società e dai soci , limitatamente
al Tfm. L’ufficio, allora, proponeva appello sostenendo la deducibilità per cassa e non per competenza
dell’indennità
di
fine
mandato.
La Ctr della Lombardia respinge il ricorso confermando la decisione dei giudici di primo grado.
Secondo il collegio l’articolo 105, comma 4, del Dpr 917/1986 nel richiamare l’articolo 17, comma 1
lettera c) del Tuir ammette la deducibilità per competenza del Tfm a condizione che il diritto alla sua
percezione derivi da un atto di data certa anteriore all’inizio della carica di amministratore.
Nel caso specifico i giudici di secondo grado ritengono che l’atto legittimante sia il verbale dei soci del
2003, anche se nel documento nulla è detto in merito al Tfm. Il contenuto del verbale, però, deve
essere letto anche alla luce dello statuto socetario. Se è vero, osserva la commissione, che nello
statuto è prevista la possibilità (e non la doverosità) della corresponsione ai soci accomandatari
(amministratori) di una indennità annuale (compenso) e di una indennità per la cessazione della loro
carica (Tfm) è altrettanto vero che queste due indennità sono tra di loro collegate. Per cui, istituirne
una (compenso) automaticamente porta anche l’stituzione della seconda (Tfm).
Lo statuto della società stabilisce, infatti, che ai soci amministratori «potrà essere inoltre assegnata
un’indennità annuale in misura fissa, unica o periodica, nonché un’indennità per la cessazione dei
rapporti di collaborazione coordinata e continuativa pari al 10% dell'indennità annuale stessa». Una
volta, quindi, che è stato stabilito il compenso annuo, automaticamente matura anche il diritto al Tfm
secondo
la
percentuale
individuata
nello
statuto.
Secondo la norma di comportamento dell’Associazione italiana dottori commercialisti ed esperti
contabili 180/2011, la deducibilità per competenza del Tfm sarebbe ammessa anche in assenza di un
atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto. In modo conforme si segnala la sentenza 90/1/2012
della Ctp di Brescia. Di parere contrario, invece, la Corte di cassazione 18752/2014 secondo cui la
deducibilità degli accantonamenti ai fondi per le indennità di fine mandato richiede che il diritto risulti
da un atto con data certa anteriore all’inizio del rapporto.
IL SOLE 24 ORE.
RCAUTO- DDL CONCORRENZA
DDL CONCORRENZA: SNA E COMITATO GRUPPO AGENTI RIBADISCONO FERMA CONTRARIETÀ AD
OGNI IPOTESI DI NUOVI OBBLIGHI PER GLI AGENTI
Quando è troppo è troppo! Gli agenti di assicurazione, la cui attività è già semiparalizzata da una
quantità di adempimenti, ormai soprattutto formali, che sottraggono tempo alle attività produttive,
non possono tollerare l’imposizione di ulteriori carichi insostenibili, oltre che palesemente privi di ogni
utilità per i consumatori. E’ trasversale la ribellione degli intermediari assicurativi dopo le notizie sui
contenuti delle nuove norme che il Governo si appresta ad emanare con il DDL sulla concorrenza. In
una nota ufficiale, SNA ha osservato che l’obbligo di informare il cliente sui premi RcAuto praticati da
tutte le Compagnie rappresentate dall’intermediario e, in aggiunta, su quelli praticati da due altre
Compagnie non rappresentate è un’assurdità che non trova riscontro in alcun settore professionale né
commerciale e che costringerà gli intermediari assicurativi a un lavoro smisurato ed economicamente
deficitario. Sussiste già per gli intermediari, come previsto dal Codice delle assicurazioni, l’obbligo di
proporre all’assicurato un contratto adeguato alle sue specifiche esigenze e la nuova norma non
garantirebbe una maggior tutela al consumatore, che, al contrario, si troverebbe a dover gestire un
eccesso di informazioni che probabilmente potrebbe non interpretare correttamente.
SNA intende mettere in campo tutta la propria forza per contrastare quello che viene considerato un
clamoroso errore legislativo. Ne è convinto il Presidente Nazionale SNA, Claudio Demozzi, secondo il
quale “ancora una volta rileviamo che, nell’intento di garantire la trasparenza e l’informazione ai
consumatori, il legislatore adotta norme che producono l’effetto diametralmente opposto a quello
voluto. Sarebbe sempre opportuno un confronto preventivo con chi rappresenta il mondo della
distribuzione assicurativa ed in questo senso il Sindacato Nazionale Agenti non ha mai fatto venir
meno la propria disponibilità”. Gli fa eco Tonino Rosato, presidente del Comitato dei Gruppi Agenti
aderenti a SNA: “E’ necessario che il diritto dei consumatori alla trasparenza ed all’informazione sia
garantito attraverso norme realmente coerenti con l’obiettivo che si pongono e non, ancora una volta,
con il ricorso ad un sovraccarico di adempimenti sulle spalle degli agenti di assicurazione che non ha
altro effetto che quello di mettere a rischio il futuro di un settore già colpito da una grave crisi di
redditività”.
Nei prossimi giorni SNA chiederà un’audizione al Ministero dello Sviluppo Economico.