rassegna stampa - Associazione Agenti Allianz
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rassegna stampa - Associazione Agenti Allianz
23 Settembre 2013 23 Settembre 2013 RASSEGNA STAMPA 16 FEBBRAIO 2015 Sede Milano – Corso Italia 22 Sede Trieste – Via Fabio Filzi 21/1 INDICE DAL MERCATO ASSICURATIVO INTERMEDIARI ASSICURATIVI, REVOCHE SOTTO IL FARO AGCM AUTO AVANTI TUTTA CON SISTEMI INNOVATIVI VAGNONE «UNA NUOVA RETE PER LE MULTINAZIONALI TASCABILI» È CACCIA APERTA A POLIZZE E GESTIONI ASSICURAZIONI GENERALI, ECCO PERCHÉ SFONDANO LE POLIZZE ANTI CATASTROFI IN ITALIA NON BANCA E DINTORNI BANCHE & POLIZZE GARA DELLE IDEE QUANDO IL BANKER COLTIVA I PATRIMONI CHE CRESCONO RECUPERO DEI CREDITI, ORA C'È LA NEGOZIAZIONE ASSISTITA PREVIDENZA E DINTORNI DEDUCIBILE IL TFM NON DELIBERATO RCAUTO- DECRETO CONCORRENZA DDL CONCORRENZA: SNA E COMITATO GRUPPO AGENTI RIBADISCONO FERMA CONTRARIETÀ AD OGNI IPOTESI DI NUOVI OBBLIGHI PER GLI AGENTI DAL MERCATO ASSICURATIVO INTERMEDIARI ASSICURATIVI, REVOCHE SOTTO IL FARO AGCM L’Antitrust verifica l’attuazione degli impegni assunti dalle compagnie leader. Ma le altre che fanno? A un poco meno di un anno dell’entrata in vigore di Solvency II le compagnie italiane hanno un altro grattacapo da affrontare. L’Autorità garante delle concorrenza e del mercato nei giorni scorsi ha inviato una richiesta di informazioni alle compagnie coinvolte nel procedimento sulla violazione delle norme della libera concorrenza (conclusosi con la delibera del maggio 2014) a cui i gruppi dovranno dare risposta entro 15 giorni. La missiva è stata recapitata a Allianz, Axa, Cattolica, Generali, Groupama, Reale Mutua e Ugf che da sole contano 9.725 agenzie. La richiesta è di fornire informazioni sulla reale messa in pratica degli impegni presi con l’Autority presieduta da Giovanni Pitruzzella che era intervenuta con l’apertura dell’indagine nel giugno 2013. L’Authority chiede alle sette imprese di comunicare se ci siano state revoche di mandato per gli agenti iscritti nella sezione A del Rui in forza alla compagnia nel periodo che va da giugno 2014 a oggi e di specificarne le motivazioni. In sostanza si vuole controllare che non vi siano stati allontanamenti di chi ha scelto il plurimandato o la collaborazione tra intermediari. L’indagine era stata avviata per «evitare la messa in atto di ostacoli al plurimandato assicurativo e incentivare la concorrenza nel danni, a partire dal settore Rc Auto», come spiegava l’Agcm a giugno 2013 avendo rilevato l’esistenza di clausole contrattuali che rendevano difficile per gli agenti la gestione di più mandati. Per schivare la multa le compagnie hanno presentato degli impegni a rimuovere tali ostacoli che l’Agcm, nella riunione del 20 maggio 2014, ha deciso di rendere vincolanti. Nel dettaglio sono state eliminate disposizioni sull’esclusiva nei contratti agenziali e l’obbligo di informativa preventiva alla compagnia mandante dell’assunzione di altri mandati. Sono stati poi rimossi gli ostacoli di natura operativa (locali agenziali, utenze, dotazioni informatiche) ed economica (rivalsa, provvigioni) all’assunzione di mandati da più compagnie. Vista la determinazione dell’Antitrust, in molti si chiedono se anche le altre compagnie, non coinvolte nell’indagine, per che hanno conferito mandato a oltre 3.200 agenzie, si adegueranno a queste richieste. Non vi è alcun obbligo, tuttavia sarebbe anomalo che sul mercato assicurativo si creassero due diversi modi di operare nei confronti degli agenti. Un primo, espressione delle principali compagnie operanti, in cui si rispettano le regole di concorrenza, in particolare sul fronte della possibilità di operare in plurimandato e con la libertà di collaborazione con colleghi iscritti anche ad altre lettere del Rui, e un secondo mercato, dove operano anche grosse realtà come Sara, in cui tali presidi di garanzia per gli agenti non sono previsti. In sostanza, gli impegni presi, sono direttamente vincolanti per le sole compagnie indagate, o possono essere estesi, come moral suasion all’intero mercato? Si stanno creando quindi due diversi mondi, uno regolato e l’altro dove vige assoluta libertà di violare i medesimi principi a tutela del plurimandato e del servizio ai consumatori? E che ne pensa l’Antitrust? È corretto che ci siano due pesi e due misure? PLUS 24 AUTO AVANTI TUTTA CON SISTEMI INNOVATIVI Nonostante la predominanza di prodotti assicurativi ramo vita venduti allo sportello, le banche stanno cercando di spingere sull'acceleratore per aumentare la quota di polizze danni vendute in filiale. Soprattutto sul fronte delle assicurazioni auto proponendo sistemi innovativi rispetto alla polizza tradizionale. È così che Intesa Sanpaolo Assicura si è attrezzata lanciando la nuova offerta, ViaggiaConMe, un'assicurazione auto con dispositivo satellitare che combina la tradizionale copertura assicurativa Rca, con vantaggi di un servizio di assistenza immediato, basato su un sistema di tecnologia satellitare: ViaggiaConMe Box. Acquistando la polizza in banca, viene consegnato un dispositivo Gps/Gsm che identifica l'esatta posizione del veicolo e comunica con una centrale operativa 24 ore su 24 per offrire assistenza e supporto in tutte le emergenze di viaggio rappresentando uno strumento importante anche per la ricostruzione delle dinamiche di un sinistro, facilitando e velocizzando i tempi dei processi. Non solo. Per i clienti che fanno pochi chilometri all'anno, Intesa Sanpaolo consente di scegliere anche la formula 5.000 prevedendo uno sconto del 25% rispetto alla formula Km Illimitati. Punta tutto sulla rateizzazione, invece, la nuova formula proposta da Unicredit ai propri correntisti con il prodotto Guida Protetta Auto. Si tratta di una polizza assicurativa di CreditRas Assicurazioni riservata ai titolari di conto corrente Unicredit o di Genius Card attivabile allo sportello o tramite Internet banking. La banca offre la possibilità di pagare il premio annuale anche mediante finanziamento a tasso zero in 12 mesi e senza spese da un minimo di 200 a un massimo di 4 mila euro. E inoltre l'auto sostitutiva e la tutela legale sono incluse. Per i correntisti del Monte dei Paschi di Siena, invece, Axa ha messo a punto un prodotto denominato Axa Mps Guidare Protetti. Si tratta di una nuova soluzione modulare che permette di personalizzare la copertura, in base alle proprie esigenze, attraverso un diverso abbinamento di garanzie per la tutela del veicolo e della persona garantendo le coperture indipendentemente da chi sia alla guida del veicolo. La compagnia mette a disposizione un numero verde per tutte le informazioni relative al proprio contratto, effettuare variazioni e rinnovare la polizza da casa. Ma anche un servizio dedicato alla gestione dei sinistri auto attraverso una semplice telefonata. Infine, una rete di carrozzerie di fiducia presenti su tutto il territorio nazionale a cui rivolgersi in caso di sinistro. Si rivolge invece soprattutto ai soci Bpm la polizza Multiprotezione auto proposta dalla Banca Popolare di Milano che prevede facilitazioni economiche per i propri soci. Anche in questo caso, la formula è modulabile e sono previste tariffe più vantaggiose per gli automobilisti più virtuosi. ITALIA OGGI VAGNONE «UNA NUOVA RETE PER LE MULTINAZIONALI TASCABILI» Un business da 4,5 miliardi di euro che prima, semplicemente, non emergeva, annacquato nei conti corporate . Una nuova divisione che occupa tutto il primo piano del palazzo milanese delle Assicurazioni Generali, in piazza Cordusio, affidata a Paolo Vagnone, l’ex ceo di Ras a cui Mario Greco ha affidato l’insieme dei business sovranazionali, quelli non riconducibili a un determinato territorio. Con un obiettivo ben definito: portare redditività al gruppo del Leone. Per Vagnone, 51 anni, 4 figli, torinese e juventino, con origini teutoniche da parte di madre e una innata vocazione a essere il primo della classe, una sfida che ha come competitor i big mondiali del settore, da Allianz ad Axa, fino agli americani di Aig. Vagnone, un input chiaro e sfidante: fare business . « Il focus è chiaro: ci concentriamo sulla bottom line, sull’ultima cifra in basso a destra. Nel mercato corporate sarebbe facile fare leva sui prezzi per conquistare quote di mercato, ma non faremmo gli interessi dei nostri azionisti. Per cui, sebbene si sia partiti in ritardo sui concorrenti, stiamo recuperando terreno puntando più sulla capacità tecnica che sui volumi». È chiamato a portare denaro nella gabbia del Leone. E poi? «Quello che personalmente vorrei è che la nostra divisione Global corporate and commercial venisse riconosciuta per la qualità del servizio in favore delle aziende che operano soprattutto nell’Europa orientale e occidentale, dove possiamo essere uno dei leader, e in Asia». Veniamo al business. Cosa sono i prodotti sovranazionali, le cosiddette Global business lines, a cui lavorate? «Sono tutti quei servizi, in particolare rivolti alla clientela business, che possono interessare le aziende chiamate a lavorare su più mercati. Le Global business lines si compongono di tre rami di attività: Generali Employee benefits Network, Global corporate and commercial e Europ Assistance». Il target? «Le medie e grandi imprese ma anche le cosiddette ‘multinazionali tascabili’, quello che io chiamo International middle market . Imprese dinamiche, anche di media-piccola dimensione (ad esempio da un centinaio di milioni di euro di fatturato) e che si trovano esposte, dalla globalizzazione, a mercati vasti e a problematiche totalmente nuove». B usiness molto differenti. Dalla assicurazione dei viaggi alla pensione integrativa… «In verità sono business integrabili. L’ottica è quella di aziende che vogliono espandersi e sono presenti in diversi Paesi. Generali si è strutturata per rispondere a tutte le esigenze che si possono venire a creare. Global corporate and commercial si occupa delle coperture assicurative danni più tradizionali. Generali Employee Benefit Network, leader a livello mondiale, invece pensa alla tutela dei manager e delle loro famiglie che possono trovarsi a vivere un’esperienza lontano dalla sede di origine anche per molti anni e necessitano di tutele previdenziali e sanitarie, a cui provvede in tutto o in parte l’azienda. Europ Assistance è il marchio più noto, il più antico operatore al mondo nel settore dell’assistenza, si occupa di tutte le problematiche legate al viaggio, all’assistenza stradale, alla salute e alla casa, con oltre 300 milioni di persone assistite nel mondo. Oggi opera prevalentemente nel retail ma pensiamo di estendere di più i suoi servizi anche alle imprese». Veniamo ai competitor. In questi settori Allianz ha iniziato ben prima di voi. «Generali è ben posizionata su tutti i mercati in cui si trova a operare. Nell’Europa occidentale ha leadership riconosciute in molti Paesi. Nell’Europa orientale è uno dei primi tre operatori, con grande tradizione e un marchio molto riconoscibile. Il gruppo ha poi una strategia ben chiara anche lontano da casa: in Asia siamo operativi a Hong Kong e stiamo studiano l’opportunità di espanderci a Singapore. Siamo presenti in Sudamerica e, negli Stati Uniti, Europ Assistance – nonostante un marchio che su quel mercato viene vissuto un po’ come straniero – è il secondo operatore nel settore, con basi a Washington, in Canada, in Florida e California». In tutto fatturate circa 4,5 miliardi di euro. Una minima parte nel consolidato del Leone… «Sì, il valore complessivo del business espresso è di circa il 6 per cento del totale del gruppo e contribuiamo per circa il 6 per cento anche al risultato operativo. È una divisione piccola, con circa 9 mila dipendenti nel mondo, ma siamo consci di avere interessanti opportunità di crescita. Come ho detto, non ci interessa realizzare una crescita nelle quote di mercato a scapito della profittabilità. Vogliamo invece badare al sodo e garantire al nostro cliente un’assistenza riconoscibile, ad alto valore aggiunto, all’interno di un segmento che si sta popolando di molti operatori». Ha parlato di riconoscibilità e di valore aggiunto. In cosa siete più innovativi nelle Global business lines? «Abbiamo affrontato ogni aspetto nell’ambito delle tutele dei cosiddetti expatriates . Viviamo un mondo globalizzato, le aziende sono chiamate ad avere orizzonti larghi, sono esigenze note. Meno noti sono gli aspetti pratici che interessano chi per quelle aziende lavora. Ecco il ruolo di Generali Global business lines: affiancare con competenza e le aziende, anche le pmi, soprattutto le ‘multinazionali tascabili’». Corriere Economia È CACCIA APERTA A POLIZZE E GESTIONI Di fronte al crollo dei tassi, anche gli inossidabili, escono dal recinto del debito pubblico e scrutano nuovi orizzonti, alla ricerca del rendimento. È quanto sta succedendo nel mondo private, secondo quanto rilevato dall’ufficio studi di Aipb (Associazione italiana di private banking) e confermato dagli stessi operatori. I super ricchi, sloggiati della storica spiaggia tranquilla, dove parcheggiavano i capitali, sono costretti a una drastica ristrutturazione dei portafogli. Si taglia l’amministrato per far posto ai prodotti di risparmio gestito e assicurativi che, nel frattempo, l’innovazione ha reso più efficienti. «Il cambiamento in atto, che noi abbiamo cavalcato — spiega Paolo Molesini, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo private banking, — è a nostro avviso positivo, perché gli italiani, obbligati a valutare forme alternative d’impiego dei capitali, si sono trasformati da risparmiatori a investitori». Il fatto è che, nell’attuale contesto, per conseguire il rendimento, si deve rischiare di più e sono necessarie maggiori competenze. «Dunque, — spiega Manuela D’Onofrio, head of global investments di Unicredit, — se si vogliono raggiungere buoni risultati, è indispensabile affidarsi a professionisti, scegliendo i migliori gestori per ogni singolo mercato». Seguendo questa strategia, le gestioni patrimoniali amministrate da Unicredit, nel 2014, hanno reso dal 5% al 20%, a seconda del peso della componente azionaria. Risultati non disprezzabili nell’attuale contesto di tassi bassi. Diversificazione Grazie alla diversificazione, che consente il contenimento del rischio, i fondi comuni, oggi, sono ritenuti la soluzione principe per investire sui mercati azionari, i meno accessibili. «Ma, — aggiunge Molesini,— sono le gestioni patrimoniali, i prodotti più apprezzati dai clienti private, soprattutto quelli con capitali più consistenti, perché sono altamente personalizzabili. Nelle nostre, quando risulta efficiente ed efficace per il cliente, utilizziamo i fondi comuni, per investimenti tattici e puntare su asset class di nicchia». Spezza una lancia a favore delle gestioni patrimoniali anche Giuseppe Rovani, direttore generale di Banca Euromobiliare, che dice: «Le nostre total return, dedicate alla clientela top, nel 2014, nonostante la forte volatilità, sono state in grado di generare valore, mantenendo la volatilità su livelli contenuti». «La strategia di ritorno assoluta — ricorda Luca De Biasi, asset allocator, a capo del business investment in Mercer Italia (specializzata negli investimenti per gli istituzionali) — è una caratteristica tipica anche dei fondi di ultima generazione che, potendo investire in diverse asset class che non seguono l’andamento classico dei mercati, prima accessibili solo agli investitori istituzionali, generano rendimenti indipendentemente dall’andamento dei listini». Un aspetto molto apprezzato dagli investitori private che, in cima ai pensieri, hanno la preservazione del capitale. Assicurazioni Accanto a fondi e gestioni patrimoniali stanno imponendosi anche i prodotti assicurativi, perché incorporano una serie di vantaggi. In particolare, la polizza private insurance. «Prima di tutto, — spiega Michele De Michelis, responsabile degli investimenti di Frame (asset manager specializzato in gestioni patrimoniali e consulenza) — per questa polizza il pagamento del capital gain è differito al momento del riscatto, inoltre è possibile il conguaglio delle plusvalenze e minus valenze dei fondi sottostanti». Ma non solo. Tra i vantaggi ci sono anche l’elevato grado di personalizzazione dell’investimento; la garanzia di rendimento, la protezione e il controllo del patrimonio, grazie alla reversibilità della scelta; la impignorabilità e insequestrabilità; la possibilità di ottenere rimborsi parziali e totali senza particolari vincoli e penali. Più trasparente e meno costosa rispetto ai prodotti assicurativi tradizionali, secondo i private banker, la polizza private insurance, non è solo un’ alternativa alle soluzioni d’investimento di risparmio gestito, ma essendo esente dalla tassa di successione, è anche uno strumento ideale per gestire il passaggio generazionale. Un problema molto comune nelle famiglie. Corriere economia BANCHE & POLIZZE GARA DELLE IDEE Ancora pochi giorni e prenderà il via l’undicesima edizione del Convegno annuale sull’innovazione nel settore bancario e assicurativo. L’appuntamento è fissato per il 26 febbraio a Milano, all’hotel Grand Visconti Palace. L’evento, organizzato dall’ AIFIn (Associazione italiana financial innovation), metterà al centro del dibattito i temi normativi, le nuove tecnologie, il cambiamento delle esigenze della clientela e le new entry sul mercato. Come di consueto saranno selezionati i progetti più innovativi del 2014. Al premio Cerchio d’Oro, istituito da AIFIn per stimolare l’innovazione nel mondo finanziario, quest’anno i concorrenti in lizza sono novantacinque. «L’alto numero di candidature — dice Sergio Spaccavento, presidente dell’Associazione — è la testimonianza che il mondo finanziario fa leva sull’innovazione per recuperare efficienza e per diversificare le fonti di ricavo». Rientrano fra i criteri di valutazione dei progetti il grado di innovazione, le motivazioni e gli obiettivi, la capacità di creazione di valore per l’intermediario e per il cliente. Per i dettagli del programma www.aifin.org Corriere Economia ASSICURAZIONI GENERALI, ECCO PERCHÉ IN ITALIA NON SFONDANO LE POLIZZE ANTI CATASTROFI Cat bond, perché in Italia non decollano? Formiche.net lo ha chiesto a Generali, la prima società domestica ad aver lanciato un prodotto con sottostante un rischio catastrofale, legato però ad eventi che si verificano in Europa e non nel nostro Paese. Il che già la dice lunga sull’attuale livello di diffusione e successo del prodotto in Italia. IL CAT BOND CHE NON DECOLLA IN ITALIA Cos’è un cat bond? Risponde Mirko Sartori, responsabile della Insurance Liability Management (Group Corporate Finance): “E’ un’obbligazione che ha come sottostante rischio assicurativo, quindi invece di esserci solo il rischio default dell’emittente, c’è il rischio del verificarsi di catastrofi, che sia un’alluvione, una tempesta, un terremoto. L’obbligazione viene emessa a un certo nozionale che viene rimborsato a scadenza – tipicamente a tre-cinque anni – se la catastrofe connessa non si è verificata. In cambio l’investitore riceve una cedola che va dal 2 al 18% su base annuale a seconda del rischio connesso allo strumento. Se si verifica l’evento, il nozionale rimborsato sarà inferiore a quello di partenza, perché in parte è stato usato per coprire i danni sofferti dalla compagnia assicurativa sponsor dell’emissione. Si tratta dunque di un modo per riassicurare il rischio. L’obbligazione viene acquistata in prevalenza da investitori professionali (società e fondi specializzati) che hanno così accesso a una asset class decorrelata dai mercati finanziari tradizionali. La compagnia di assicurazione riceve in cambio capacità riassicurativa da operatori diversi rispetto a quelli a cui si rivolge normalmente”. Sgombriamo subito il campo da pregiudizi: il cat bond non è un’architettura finanziaria opaca e non è necessariamente uno strumento con un profilo di rischio/rendimento elevato – il range delle cedole tra il 2 il 18% ne è la dimostrazione. Tuttavia il “rischio è molto specifico e il compratore deve avere una cultura altrettanto specifica, e per questo l’investitore è solo professionale”. MANCA CAPACITÀ ASSICURATIVA Cosa manca all’Italia per cui questa interessante soluzione assicurativa non viene usata? Non certo gli eventi catastrofali, ma forse proprio una base di investitori adeguata e specializzata? “Le ragioni sono diverse – continua Alberto Valenti, head of P&C Treaty Retrocession (Group Reinsurance) –. La prima è il tipo di rischio. In nord Europa e Usa il rischio catastrofale vale diversi multipli rispetto a quello italiano. E c’è difficoltà a reperire capitali sul mercato tradizionale, cosa che invece non accade per i rischi italiani. In Italia non ci sono molto assicuratori che chiedono questa capacità. Perché il rischio terremoto, tempesta, inondazione è percepito dal cittadino come garantito dallo Stato. Dunque c’è poca domanda e poca offerta di polizze assicurative per il privato cittadino e l’assicuratore trova il capitale necessario sul mercato tradizionale. Il rischio italiano inoltre costituisce un elemento di diversificazione che viene offerto ai riassicuratori che sono in grado già di garantire condizioni economiche competitive difficilmente aggredibili dai mercati dei capitali”. DISCUSSIONI IN CORSO TRA GOVERNO E ASSICURATORI Eppure negli ultimi anni qualcosa si sta muovendo. Proprio perché l’Italia è un Paese a elevato rischio idrogeologico e le spese vengono coperte dagli enti pubblici, è in corso una discussione con il governo per trovare una soluzione assicurativa, come avviene appunto in nord Europa e Usa dove le municipalità stesse cartolarizzano il rischio cedendolo a riassicuratori di ultima istanza. Ovviamente senza una base di assicurazioni contro le catastrofi il discorso cade prima di iniziare. “Di assicurazioni e cartolarizzazioni del rischio catastrofale – prosegue Valenti – si parla da venti anni sebbene ad oggi una soluzione non sia stata ancora adottata ma devo dire che oggi il governo italiano è sempre più sensibile a questa tematica anche considerata l’entità della spesa pubblica annua per coprire i danni causati da catastrofi naturali, in particolare i piccoli eventi con scarsa risonanza mediatica, alluvioni locali, smottamenti, frane, che ogni anno pesano sul bilancio dello Stato. Trovare una soluzione assicurativa può essere interessante, i temi che emergono vanno dalla percezione del rischio del cittadino, alla percepita imposizione di una forma assicurativa”. IL PRIMO CAT BOND EMESSO DA UN’ITALIANA Generali, intanto, lo scorso aprile ha lanciato il primo cat bond emesso da un soggetto italiano. “Si tratta di Lion1 – racconta Sartori – un prodotto che copre il rischio tempesta in Europa, Italia esclusa: dopo un po’ di anni in cui Generali investigava il mercato abbiamo trovato condizioni soddisfacenti. Di fatto abbiamo portato verso la capogruppo centralizzandolo il rischio – più costoso sul mercato tradizionale – per conto, tra le altre, delle nostre compagnie presenti in Francia, Germania, Repubblica Ceca e Austria. È stata la prima emissione per uno sponsor italiano di tipo indemnity, ossia che va a coprire completamente le perdite subite dalla compagnia se si verifica un evento delle caratteristiche prestabilite nelle condizioni contrattuali”. INTERMEDIA CHANNEL BANCHE E DINTORNI BANCHE & POLIZZE GARA DELLE IDEE Ancora pochi giorni e prenderà il via l’undicesima edizione del Convegno annuale sull’innovazione nel settore bancario e assicurativo. L’appuntamento è fissato per il 26 febbraio a Milano, all’hotel Grand Visconti Palace. L’evento, organizzato dall’ AIFIn (Associazione italiana financial innovation), metterà al centro del dibattito i temi normativi, le nuove tecnologie, il cambiamento delle esigenze della clientela e le new entry sul mercato. Come di consueto saranno selezionati i progetti più innovativi del 2014. Al premio Cerchio d’Oro, istituito da AIFIn per stimolare l’innovazione nel mondo finanziario, quest’anno i concorrenti in lizza sono novantacinque. «L’alto numero di candidature — dice Sergio Spaccavento, presidente dell’Associazione — è la testimonianza che il mondo finanziario fa leva sull’innovazione per recuperare efficienza e per diversificare le fonti di ricavo». Rientrano fra i criteri di valutazione dei progetti il grado di innovazione, le motivazioni e gli obiettivi, la capacità di creazione di valore per l’intermediario e per il cliente. Per i dettagli del programma. CORRIERE ECONOMIA. QUANDO IL BANKER COLTIVA I PATRIMONI CHE CRESCONO Intercettare i nuovi clienti potenziali è una priorità per le società di private banking. Una mission che deve però fare i conti con la gestione del patrimonio che è strettamente personale per ogni investitore: età, composizione familiare, situazione lavorativa, ammontare, esigenze di spesa, tolleranza al rischio, ricerca della performance e numerosi altri fattori influenzano la pianificazione e la gestione della ricchezza con l’obiettivo di raggiungere e mantenere il miglior livello di benessere personale e familiare. Presente e futuro. Ambiente Negli ultimi anni, inoltre, il contesto è stato caratterizzato da un’alternanza inaspettata di scenari in ogni ambito: di mercato, normativo, fiscale. Non deve stupire quindi che gli investimenti più strettamente finanziari forniti tramite i servizi di wealth management si integrino sempre più con la consulenza sull’asset allocation e sull’analisi del rischio relativi al portafoglio complessivo ancorché depositato presso più intermediari. «Per noi è fondamentale l’individuazione di nuovi potenziali clienti private e quindi la valutazione prospettica dell’evoluzione patrimoniale di coloro che saranno coinvolti nel passaggio generazionale, così come dei professionisti o gli imprenditori all’inizio della loro carriera ma con importanti prospettive di crescita in termini reddituali e di patrimonio», fa presente Franco Dentella vice direttore generale e responsabile private banking Banca Aletti. Le soglie di accesso ai servizi di wealth management non sono quindi rigide e il banker è in grado di affiancare e supportare questi clienti nel loro percorso di crescita, mettendo a disposizione know how, esperienza e servizi dedicati. E a questi soggetti, più sensibili alle nuove tecnologie e alla necessità di ottimizzare i tempi e lavorare in mobilità, sono dedicati gli importanti investimenti di Banca Aletti finalizzati a sviluppare un modello di relazione cliente/private banker che colga appieno le nuove opportunità. Modelli Anche Intesa Sanpaolo private banking è da sempre molto attenta ai clienti prospect, intesi sia come le nuove generazioni di gruppi familiari già clienti della banca, sia come clienti ad elevato potenziale quali sportivi, nuovi imprenditori e giovani professionisti. Per questi clienti i private banker di Intesa Sanpaolo si propongono di confezionare soluzioni di portafoglio che tengano conto degli obiettivi di investimento e del profilo di rischio di ciascuno e delle prospettive di crescita del suo patrimonio. «In particolare è disponibile un’ampia gamma di prodotti accessibili anche per chi dispone di importi contenuti: si va dall’offerta multimanager, che comprende i migliori fondi delle principali case di investimento internazionali, alle gestioni patrimoniali della casa, disponibili per queste esigenze», precisa Paolo Molesini, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo private banking. Per chi ha esigenze di natura assicurativa sono disponibili polizze unit linked con diversi orizzonti temporali e profili di rischio e con sottostanti fondi multimanager. Considerando inoltre l’età dei clienti possibili, solitamente più bassa rispetto a quelli già serviti, un appeal particolare del servizio Intesa Sanpaolo è l’offerta di prodotti bancari e di investimento via Internet. E’ stato invece studiato per la parte di portafoglio destinata a investimenti con un orizzonte temporale ridotto (che mediamente non dovrebbe superare il 20% del patrimonio) il nuovo servizio Market assist di UniCredit private banking. Tali clienti tendono infatti ad affidare alla banca parti via via crescenti del loro patrimonio, prima di instaurare un rapporto fiduciario che li porti a condividere le esigenze di vita e la ricerca di più articolate soluzioni di lungo periodo. Il servizio consente inoltre di familiarizzare con le nuove generazioni dei clienti, abituati ad una rapporto più attivo con la tecnologia e la banca. CORRIERE ECONOMIA RECUPERO DEI CREDITI, ORA C'È LA NEGOZIAZIONE ASSISTITA È partita la negoziazione assistita obbligatoria. Si tratta di una procedura, operativa dal 9 febbraio 2015, alternativa alle cause in tribunale, che mette in prima linea gli avvocati. I legali delle parti cercano un'intesa tra i loro assistiti e alla fine ufficializzano l'accordo, che sostituisce la sentenza. Ci sono alcuni casi in cui la negoziazione è una fase necessaria, che non si può saltare per andare direttamente davanti al giudice. In due casi, si dice, che la negoziazione assistita è condizione di procedibilità dell'azione, nel senso che non posso fare la causa se non ho dimostrato di avere tentato la strada della conciliazione con gli avvocati. Si tratta di due ipotesi. Una di essi interessa molto le imprese: è il pagamento somme fino a 50 mila euro. L'altro caso è di interesse generale anche per le persone fisiche: riguarda i risarcimenti da sinistri stradali e da natanti. In sostanza se una piccola impresa deve fare causa per ottenere la condanna del proprio cliente a pagare la fattura (tranne che chieda un decreto ingiuntivo) non può iniziare subito la causa, ma deve andare dall'avvocato che inizierà la procedura di negoziazione assistita. Oltre alla negoziazione assistita obbligatoria c'è anche la negoziazione assistita volontaria, che si può esercitare in tutte le controversie civili e commerciali, tranne le controversie di lavoro. Vediamo come si sviluppa la procedura. Fase 1/L'invito alla negoziazione. Si parte dall'invito a trattare rivolto da un avvocato alla controparte del proprio cliente. Nell'invito si deve spiegare l'oggetto della controversia e deve avvisare controparte sulle conseguenze negative in caso di mancato accordo. A questo proposito è previsto che debba contenere, oltre all'indicazione dell'oggetto della controversia, lo specifico avvertimento che la mancata risposta all'invito entro 30 giorni dalla ricezione o il suo rifiuto può essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio e di quanto previsto dagli articoli 96 e 642, primo comma, del codice di procedura civile. Si tratta di norma finalizzata con evidenza a favorire la serietà del tentativo di conclusione dell'accordo. L'avvocato che formula l'invito ha poteri di certificazione dell'autografia della firma apposta all'invito stesso. Il destinatario dell'invito ha 30 giorni per rispondere. Se non arriva niente, allora non si può fare altro che iniziare la causa. Se la controparte aderisce, allora bisogna stipulare una convenzione di negoziazione, con l'assistenza di un avvocato. La convenzione non è, beninteso, l'accordo: si mette per iscritto l'impegno di trattare al fine di stipulare un futuro accordo e, quindi, di non farsi causa per un determinato periodo. La convenzione di negoziazione assistita può essere stipulata esclusivamente con l'assistenza di uno o più avvocati iscritti all'albo. Nel testo della convenzione si deve esplicitare che le parti sono d'accordo a cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere la controversia tramite l'assistenza dei propri avvocati in via amichevole. Contenuto essenziale del predetto accordo è costituita dal termine per l'espletamento della procedura (in ogni caso non inferiore ad un mese e non superiore a tre mesi, prorogabile per ulteriori 30 giorni) e dall'oggetto della controversia. Per la negoziazione volontaria l'accordo può riguardare solo diritti disponibili e non deve neppure vertere in materia di lavoro. Fase 2/La trattativa. Durante la trattativa gli avvocati e le parti hanno l'obbligo di comportarsi con lealtà e di tenere riservate le informazioni ricevute. Le informazioni acquisite nel corso del procedimento non possono essere utilizzate nel giudizio avente in tutto o in parte il medesimo oggetto. Inoltre i difensori delle parti e coloro che partecipano al procedimento non possono essere tenuti a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite. Sempre a garanzia della libertà delle trattative è previsto che a tutti coloro che partecipano al procedimento si applicano le disposizioni dell'articolo 200 del codice di procedura penale (facoltà di astenersi dal deporre) e si estendono le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell'articolo 103 del medesimo codice di procedura penale (divieto di sequestro di atti e documenti) in quanto applicabili. Fase 3/L'accordo Se le trattative non sortiscono un esito favorevole la dichiarazione di mancato accordo è certificata dagli avvocati designati. Se si raggiunge l'accordo, il documento essere firmato dalle parti e dagli avvocati, che autenticano le firme, ma soprattutto certificano la conformità dell'accordo a norme imperative e all'ordine pubblico. L'accordo è titolo esecutivo e quindi può essere posto a base di una esecuzione; può essere utilizzato anche per iscrivere ipoteca a garanzia dell'adempimento delle obbligazioni contenute (come una sentenza o un decreto ingiuntivo). Bisognerà, però, sempre passare da un notaio quando l'accordo implica trasferimento di diritti per cui è prevista la trascrizione nei registri pubblici. Inoltre l'accordo, se si deve procedere a esecuzione forzata, e dovrà essere integralmente trascritto nel precetto ai sensi dell'articolo 480, secondo comma, del codice di procedura civile. Copia degli accordi dovrà essere spedita all'ordine degli avvocati. ITALIA OGGI PREVIDENZA E DINTORNI DEDUCIBILE IL TFM NON DELIBERATO Il trattamento di fine mandato (Tfm) va dedotto per competenza anche in assenza di una specifica delibera assembleare che lo prevede se dalla lettura dello statuto sociale emerge una stretta connessione tra lo stesso e il compenso agli amministratori appositamente deliberato. Ad affermarlo è la sentenza 1869/15/2014 della Ctr Lombardia (presidente e relatore Izzi). La vicenda scaturisce dagli avvisi di accertamento notificati a una società in accomandita semplice e ai suoi soci a seguito delle riprese fiscali operate dal fisco per l’anno 2006. Alla società, tra l’altro, è stato contestato il diritto alla deduzione del Tfm riconosciuto ai soci amministratori e accantonato in bilancio secondo il principio della competenza economica. Secondo l’agenzia delle Entrate le indennità non potevano essere dedotte nell’esercizio di competenza in quanto non erano previste in nessuno specifico atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto. Esisteva, infatti, un unico verbale dei soci risalente al 2003 nel quale, però, risultavano quantificati i soli compensi annuali e non anche il Tfm. La Ctp di Como, dopo averli riuniti, accoglieva i ricorsi presentati dalla società e dai soci , limitatamente al Tfm. L’ufficio, allora, proponeva appello sostenendo la deducibilità per cassa e non per competenza dell’indennità di fine mandato. La Ctr della Lombardia respinge il ricorso confermando la decisione dei giudici di primo grado. Secondo il collegio l’articolo 105, comma 4, del Dpr 917/1986 nel richiamare l’articolo 17, comma 1 lettera c) del Tuir ammette la deducibilità per competenza del Tfm a condizione che il diritto alla sua percezione derivi da un atto di data certa anteriore all’inizio della carica di amministratore. Nel caso specifico i giudici di secondo grado ritengono che l’atto legittimante sia il verbale dei soci del 2003, anche se nel documento nulla è detto in merito al Tfm. Il contenuto del verbale, però, deve essere letto anche alla luce dello statuto socetario. Se è vero, osserva la commissione, che nello statuto è prevista la possibilità (e non la doverosità) della corresponsione ai soci accomandatari (amministratori) di una indennità annuale (compenso) e di una indennità per la cessazione della loro carica (Tfm) è altrettanto vero che queste due indennità sono tra di loro collegate. Per cui, istituirne una (compenso) automaticamente porta anche l’stituzione della seconda (Tfm). Lo statuto della società stabilisce, infatti, che ai soci amministratori «potrà essere inoltre assegnata un’indennità annuale in misura fissa, unica o periodica, nonché un’indennità per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa pari al 10% dell'indennità annuale stessa». Una volta, quindi, che è stato stabilito il compenso annuo, automaticamente matura anche il diritto al Tfm secondo la percentuale individuata nello statuto. Secondo la norma di comportamento dell’Associazione italiana dottori commercialisti ed esperti contabili 180/2011, la deducibilità per competenza del Tfm sarebbe ammessa anche in assenza di un atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto. In modo conforme si segnala la sentenza 90/1/2012 della Ctp di Brescia. Di parere contrario, invece, la Corte di cassazione 18752/2014 secondo cui la deducibilità degli accantonamenti ai fondi per le indennità di fine mandato richiede che il diritto risulti da un atto con data certa anteriore all’inizio del rapporto. IL SOLE 24 ORE. RCAUTO- DDL CONCORRENZA DDL CONCORRENZA: SNA E COMITATO GRUPPO AGENTI RIBADISCONO FERMA CONTRARIETÀ AD OGNI IPOTESI DI NUOVI OBBLIGHI PER GLI AGENTI Quando è troppo è troppo! Gli agenti di assicurazione, la cui attività è già semiparalizzata da una quantità di adempimenti, ormai soprattutto formali, che sottraggono tempo alle attività produttive, non possono tollerare l’imposizione di ulteriori carichi insostenibili, oltre che palesemente privi di ogni utilità per i consumatori. E’ trasversale la ribellione degli intermediari assicurativi dopo le notizie sui contenuti delle nuove norme che il Governo si appresta ad emanare con il DDL sulla concorrenza. In una nota ufficiale, SNA ha osservato che l’obbligo di informare il cliente sui premi RcAuto praticati da tutte le Compagnie rappresentate dall’intermediario e, in aggiunta, su quelli praticati da due altre Compagnie non rappresentate è un’assurdità che non trova riscontro in alcun settore professionale né commerciale e che costringerà gli intermediari assicurativi a un lavoro smisurato ed economicamente deficitario. Sussiste già per gli intermediari, come previsto dal Codice delle assicurazioni, l’obbligo di proporre all’assicurato un contratto adeguato alle sue specifiche esigenze e la nuova norma non garantirebbe una maggior tutela al consumatore, che, al contrario, si troverebbe a dover gestire un eccesso di informazioni che probabilmente potrebbe non interpretare correttamente. SNA intende mettere in campo tutta la propria forza per contrastare quello che viene considerato un clamoroso errore legislativo. Ne è convinto il Presidente Nazionale SNA, Claudio Demozzi, secondo il quale “ancora una volta rileviamo che, nell’intento di garantire la trasparenza e l’informazione ai consumatori, il legislatore adotta norme che producono l’effetto diametralmente opposto a quello voluto. Sarebbe sempre opportuno un confronto preventivo con chi rappresenta il mondo della distribuzione assicurativa ed in questo senso il Sindacato Nazionale Agenti non ha mai fatto venir meno la propria disponibilità”. Gli fa eco Tonino Rosato, presidente del Comitato dei Gruppi Agenti aderenti a SNA: “E’ necessario che il diritto dei consumatori alla trasparenza ed all’informazione sia garantito attraverso norme realmente coerenti con l’obiettivo che si pongono e non, ancora una volta, con il ricorso ad un sovraccarico di adempimenti sulle spalle degli agenti di assicurazione che non ha altro effetto che quello di mettere a rischio il futuro di un settore già colpito da una grave crisi di redditività”. Nei prossimi giorni SNA chiederà un’audizione al Ministero dello Sviluppo Economico.