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Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
Indagine sulle strategie decisionali dei manager:
settore pubblico vs. settore privato
Rapporto conclusivo
Progetto di ricerca SSPA
Responsabile del Progetto
Prof. Riccardo Viale, SSPA – ROMA
Coordinatori della ricerca
Dott. Linda Lanzillotta ([email protected]), Università di Roma 3 e Prof. Rino
Rumiati,([email protected]), Università di Padova
Gruppo di ricerca
Prof. Nicolao Bonini ([email protected]), Dott. Lucia Savadori ([email protected]), Dott. Katya Tentori
([email protected]), Dott. Davide Diamantini ([email protected]) Università di Trento e Università di
Milano-Bicocca
Dicembre 2004
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Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
Indice
1. Introduzione
p.3
1.1. Le decisioni nei manager
p. 4
1.2. La rappresentazione del rischio
p. 7
1.3. L’ottimismo “ingiustificato” (optimistic bias)
p. 9
1.4. Lo stile decisionale
p. 11
1.5. Bias ed euristiche nella strategia decisionale
p. 12
1.5.1. L'incorniciamento del problema ed il principio dell’invarianza
p.13
1.5.2. L’euristica della rappresentatività
p. 16
1.5.3. Bilanci mentali focalizzati ed il principio di dominanza
p. 17
1.5.4. Valutazione e previsione: l’effetto dell’ancoraggio
p. 19
1.5.5. I manager i bias e le euristiche
p. 21
1.6. Riassunto degli obiettivi della ricerca
2. Metodo
p. 24
p. 25
2.1. Lo strumento
p. 25
2.2. La procedura di raccolta dati
p. 26
2.3. Il campione
p. 26
3. Risultati
p.32
3.1. Il potere gestionale dei manager nel settore pubblico e nel settore privato
p.32
3.2. La dinamicità dei manager nel settore pubblico e privato
p. 36
3.3. La rappresentazione del rischio
p. 37
3.4. L’ottimismo ingiustificato (optimistic bias)
p. 40
3.5. Stile decisionale
p. 43
3.6. Suscettibilità all’effetto “framing” (incorniciamento)
p. 44
3.7. La fallacia del giocatore (o euristica della rappresentatività)
p. 45
3.8. Bilanci mentali focalizzati ed il principio di dominanza
p. 47
3.9. Effetto ancoraggio
p. 48
4. Conclusioni dell’indagine
p.49
Bibliografia
p.51
Appendice: Questionario
p.54
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Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
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1. Introduzione
Il manager pubblico costituisce uno “snodo” cruciale del processo di formazione delle
politiche di settore, della loro implementazione e attuazione da parte dell'organismo politicoistituzionale di riferimento. Il management pubblico include tutti quei soggetti e quei ruoli ai quali
viene demandato l’espletamento delle funzioni direzionali e operative nei diversi settori in cui si
articola l’attività della pubblica amministrazione centrale e periferica.
Il manager pubblico svolge, quindi, una funzione direzionale e operativa subordinata alla
funzione strategica generale prevalentemente espletata dalla direzione politica. Tale funzione deve
perciò essere fortemente orientata al servizio e al raggiungimento degli obiettivi definiti e proposti
dalla direzione politica, ossia deve essere in grado di:
a)
interpretare volontà, aspettative e indicazioni del decisore politico;
b)
fornire gli input necessari alla struttura operativa;
c)
valutare l'impatto delle politiche implementate dall’organismo politico-istituzionale.
Si tratta dunque di una figura caratterizzata da abilità generali che consentano di prospettare
comportamenti ed azioni strategiche coerenti con gli obiettivi dell’organismo politico-istituzionale.
Il manager è quindi un attivo “costruttore e selezionatore di strategie decisionali”, orientato a
risolvere in modo originale situazioni che possono presentare un elevato grado di complessità,
conflittualità ed incertezza.
Dal momento che l’attività decisionale costituisce un momento centrale dell’attività
manageriale vi è stato da sempre un forte interesse per tale tematica, non accompagnato tuttavia da
ricerche specifiche che abbiano avuto per oggetto i processi decisionali nei manager pubblici.
Inoltre gli stessi modelli in genere proposti come riferimento normativo si sono rivelati spesso
inadeguati nella descrizione e, soprattutto, nella previsione del comportamento effettivamente
attuato dai manager loro funzioni decisionali.
La definizione di manager nell’ambito della pubblica amministrazione insiste sul potere
discrezionale nella scelte degli strumenti e nella gestione delle risorse umane/finanziarie per il
raggiungimento degli obiettivi imposti dalla direzione politica che sono propri di tale figura e che la
rendono per certi versi simile al ruolo del manager privato. Tuttavia rispetto a quest’ultimo, il
potere decisionale del manager pubblico è condizionato da quelle stesse norme che lo affermano,
così come la sua discrezionalità decisionale è vincolata dalle disposizioni di legge che stabiliscono
le modalità formali e sostanziali entro cui può espletarsi.
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Infine, il management pubblico si caratterizza per due aspetti fondamentali: un rapporto di
lavoro conforme alle regole generali del pubblico impiego e un’autorità riferita allo status
professionale distinto dallo status politico.
1.1. Le decisioni nei manager
Le decisioni manageriali sia in ambito pubblico che in ambito privato dovrebbero essere prese
seguendo una sequenza di fasi che garantirebbe una razionalità di processo qualsiasi sia il dominio
entro il quale tali decisioni vengono prese (Friedman, 1957).
Il modello in base al quale le decisioni manageriali dovrebbero essere prese prevede sei fasi
principali.
La prima fase si riferisce alla definizione del problema. In questa fase il decisore delinea il
problema decisionale valutandone la complessità, l’ampiezza e definendo l’obiettivo da
raggiungere. Spesso i manager commettono l’errore di definire il problema nei termini di una
soluzione proposta o diagnosticando il problema sulla base dei sintomi espressi dal problema stesso.
La seconda fase riguarda l’identificazione dei criteri in base ai quali la decisione verrà presa.
Il manager razionale dovrebbe individuare tutti i criteri rilevanti che gli consentano, alla fine del
processo di analisi, di scegliere l’opzione che meglio soddisfa le sue attese.
La terza fase riguarda la ponderazione dei criteri. Infatti gli stessi criteri possono essere
diversamente pesati dai manager a seconda dell’ambito nel quale operano. Ad esempio il rischio
associato a certe operazioni può essere diversamente valutato dallo stesso manager a seconda della
cultura aziendale dell’organizzazione nella quale lavora.
La quarta fase si riferisce alla generazione delle alternative. In questa fase del processo
decisionale devono essere individuati i diversi corsi di azione e molto spesso i manager, come i
normali decisori, sono incapaci di produrre un numero apprezzabile di alternative di scelta a causa
di una serie di vincoli, come la pressione temporale, a cui sono spesso sottoposti.
La quinta fase è quella in cui il decisore effettua la comparazione tra le diverse alternative su
ciascun criterio. Spesso questa è la fase più complessa e difficile poiché al manager viene richiesto
di fare delle previsioni sulle conseguenze associate alle alternative.
La sesta fase, infine, riguarda la computazione della decisione ottimale che prelude
l’espressione della preferenza. Le operazioni che il decisore razionale dovrebbe effettuare
consistono nel moltiplicare le conseguenze attese di ogni alternativa per il valore di ciascun criterio
ponderato come indicato nella fase tre. Alla fine di queste operazioni il manager che si comporti in
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maniera perfettamente razionale dovrebbe scegliere il corso di azione che riporta il più elevato
valore atteso.
Le decisioni difficilmente vengono prese dal manager seguendo questo processo dato che il
sistema cognitivo umano è condizionato da una serie di vincoli come ad esempio le quantità e la
qualità delle informazioni disponibili, dai limiti della memoria e dai vincoli dei processi inferenziali
che rendono praticamente impossibile l’adozione di una soluzione ottimale.
Anche l’adozione di una strategia decisionale è alquanto problematica. Razionalmente i
manager dovrebbero adottare delle regole decisionali cosiddette compensatorie, ovverosia quelle
strategie che permettono di controbilanciare tra loro i valori di attrattività delle opzioni in relazione
ai diversi criteri. Per fare un esempio, la scelta di acquistare un appartamento molto costoso più
essere motivata dal fatto che è in una posizione da noi giudicata molto apprezzabile, i valori rispetto
ai due criteri si controbilanciano. In base a tali regole un individuo sceglie un'alternativa che
presenta un valore elevato rispetto ad un certo criterio tale da compensare “il sacrificio” rispetto ad
altri criteri che in sé potrebbero essere apprezzabili.
Per poter applicare tali procedure è necessario, però, che le opzioni o gli attributi che le
descrivono siano tra loro commensurabili. Nell’esempio precedente la difficoltà sta nel grado con
cui riesco a rappresentarmi su di un’unica dimensione il costo e la posizione dell’appartamento, in
modo da poterli confrontare.
Le strategie di tipo non-compensatorio vengono generalmente utilizzate da un individuo per
quei problemi decisionali in cui non è possibile la commensurabilità delle opzioni o dei criteri,
oppure quando non è possibile la compensazione tra le attrattività delle singole opzioni o criteri
presi in considerazione. In altre parole l'attrattività limitata di un'opzione rispetto ad un certo criterio
non può venir compensata con la maggior attrattività della stessa opzione rispetto ad un altro
criterio.
Un esempio tipico di strategie non compensatorio è la strategia denominata "eliminazione per
aspetti". In base a questa strategia ogni criterio viene selezionato con una probabilità proporzionale
alla sua importanza. Dopo tale selezione, tutte le alternative vengono confrontate rispetto al criterio
individuato e quelle con un valore basso vengono via via eliminate. Si procede quindi
all’individuazione di un altro criterio; il procedimento si conclude quando resta una sola opzione.
Per fare un esempio, se stiamo valutando l’acquisto di un appartamento potremmo scegliere di
prendere in considerazione solo quelli che costano meno di una certa cifra. In questo modo,
imporremmo un cut-off sul criterio “prezzo”, attraverso cui operare una veloce scrematura delle
possibili alternative. Da un lato questa procedura semplifica il problema di scelta, dall’altro però,
impedisce definitivamente ad una certo numero di opzioni di essere potenziali candidati. Potremmo
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scoprire invece che alcune caratteristiche molto particolari di un’opzione sarebbero state in grado di
compensare un costo maggiore e saremmo stati più soddisfatti se avessimo chiesto, ad esempio, un
mutuo più grande, ma avessimo considerato l’acquisto di un appartamento anche se costava più del
cut-off da noi stabilito.
Diversi studi hanno rilevato differenze tra i manager e le persone appartenenti ad altre
categorie. Queste differenze riguardano prevalentemente la percezione del rischio (MacCrimmon e
Wehrung, 1986; Shapira, 1994). In generale, ciò che i manager si aspettano da situazioni rischiose
sono dei risultati negativi, non positivi.
E’ stato anche visto che i manager non considerano il rischio come un concetto
probabilistico, nel senso che la grandezza della possibile perdita assume tanta importanza quanta ne
assume l’incertezza legata al rischio stesso. L’esposizione al rischio non viene valutata con calcoli
statistici e stime probabilistiche, ma con pochi concetti che permettono al manager di “percepire” la
grandezza del rischio, senza, però, il bisogno di quantificarlo. L’esigenza dei dirigenti, infatti, non è
di definire la quantità del rischio (cosa che considerano molto difficile per l’impossibilità di tenere
in considerazione tutte le variabili coinvolte), ma di percepirne la grandezza, in modo da poter
decidere, qualora questa fosse troppo estesa, di non assumerlo.
Shapira considera i manager come degli agenti attivi che esercitano una forma di controllo
sulle scelte rischiose grazie alle loro capacità professionali, limitando i possibili danni. Nonostante
questo, riconosce anche due fattori che sembrano influenzare l’atteggiamento di un manager verso il
rischio, ovvero, l’incentivazione e l’esperienza. Shapira parte dal presupposto che ogni persona ha
delle motivazioni intrinseche che la rendono incline al rischio e che diventano parte della
personalità determinando, così, i successivi comportamenti. Queste motivazioni sono dettate
probabilmente anche dagli incentivi e dai codici di comportamento dirigenziali dell’organizzazione
nella quale il manager è impiegato, determinando, così, un differente atteggiamento.
Alcuni dati, non ancora pubblicati, suggeriscono che l’approccio al rischio dei manager
appartenenti al settore pubblico possa essere diverso da quello dei manager appartenenti al settore
privato (Sechi, 1999/00). Questi dati rivelano che i manager tanto del settore pubblico quanto di
quello privato credono che esista una relazione tra rischio e incertezza, ma questa convinzione è
maggiore nei primi rispetto ai secondi. Entrambi considerano il rischio molto simile al gioco
d’azzardo, con la differenza che ritengono di avere un buon controllo sul rischio grazie alle loro
abilità professionali, ma sentono di non aver nessun tipo di controllo sul gioco d’azzardo, sul quale
è efficace, invece, solamente la fortuna. Entrambi ritengono, inoltre, che il rischio sia associato
sempre positivamente al profitto, il quale, però, può essere indipendente dal rischio stesso.
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Una percentuale maggiore di manager che operano nel privato, associa al rischio soprattutto
risultati positivi, anche se la maggior parte delle due categorie lo associa sia a risultati positivi che
negativi. Il comportamento più frequente che manager pubblici e privati dichiarano di adottare in
situazioni considerate rischiose è di cercare il modo di ridurre il rischio stesso o di renderlo più
“calcolabile”.
1.2. La rappresentazione del rischio
La percezione del grado di rischio (Risk Perception) associato a diverse attività, tecnologie e
sostanze compiuta dalle persone che non hanno una conoscenza di settore specifica si discosta
normalmente da quella basata sui dati statistici epidemiologici (Risk Assessment o Risk Analysis).
La percezione del rischio è infatti frutto di un ragionamento intuitivo che si basa sulla
rappresentazione che l’individuo ha in quel momento del problema, sulle informazioni possedute e
sul grado di rilevanza attribuito alle informazioni, nonché sulle strategie cognitive di elaborazione
adottate che sono per lo più implicite, ovvero automatiche e non necessariamente coscienti.
Nell’analisi di rischio (Risk Assessment), viceversa, è il tentativo di quantificare le possibili
conseguenze negative di un’azione o di uno stato di cose.
Nonostante il termine rischio si adatti a descrivere fenomeni fisici di natura ben solida e
concreta (es. il rischio di terremoto, il rischio di incidente, il rischio di pioggia, il rischio di
contagio), non vi è una operazionalizzazione universalmente valida e precisa di questo concetto. In
questo senso l’analisi di rischio (Risk Assessment) è come altri concetti astratti quali il benessere di
un’economia, per il quale non c’è un unico indicatore e l’indice finale varia al variare degli
indicatori che si utilizzano per calcolarlo. Tuttavia, a livello generale, la maggior parte delle
definizioni fa riferimento al rischio come alla probabilità che accada una conseguenza negativa x la
gravità della possibile conseguenza negativa.
Un rischio può essere quindi descritto come una funzione della probabilità e della gravità
delle possibili conseguenze future. Di solito per non incorrere in polemica circa gli indicatori usati
per la stima, si sceglie di utilizzare, quando possibile, la conseguenza più facilmente quantificabile e
chiaramente indesiderabile, ovvero, “costi monetari”. Tuttavia, ciascuno di noi sa che il rischio può
anche riferirsi alla perdita di posti di lavoro, o alla perdita di immagine per l’azienda o ad altri
fattori ancora che non sono tutti monetarizzabili. Analogamente, esistono diverse forme di
probabilità che possono essere usate: la probabilità media individuale di subire un certo costo, la
probabilità che un certo numero di persone possa subire un costo, la probabilità in un certo
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intervallo di tempo o in base ad un certo grado di esposizione, per citarne alcune. Una volta definita
la probabilità questa, a volte, viene moltiplicata per la gravità della conseguenza per dare un “valore
atteso” di danno entro un certo periodo di tempo. Questi modi diversi di misurare il rischio
discendono da diverse definizioni del costrutto che vengono usate a seconda degli obiettivi e del
settore di indagine. La scelta di una misura piuttosto che un’altra è un elemento che riduce
l’oggettività della misurazione del rischio.
La ricerca psicologica sulla percezione del rischio ha come obiettivo quello di raccogliere i
giudizi intuitivi del grado di rischio “percepito” e di determinare le ragioni che spingono le persone
comuni a giudicare alcuni rischi più o meno pericolosi di altri. Spesso si è costatato che vi è
disaccordo tra gli esperti e la gente comune sul livello di rischio associato a diverse attività (es.
nucleare, biotecnologie) (Vlek e Stallen, 1980; Slovic, Fischhoff, Lichtenstein, 1984; Savadori,
Rumiati, Bonini, 1998). Tali divergenze sono imputabili per lo più al fatto che, diversamente dagli
altri individui, gli esperti possono far ricorso a dati obiettivi.
Ciò che si è appreso da vent’anni di ricerca sul rischio è che le persone (anche gli esperti)
quando percepiscono il rischio non si basano sui parametri prima menzionati di probabilità e gravità
del danno ma lo fanno sulla base di un insieme di fattori cognitivi che, a seconda del tipo di rischio,
mediano in misura maggiore o minore la sensibilità individuale. In questo senso il rischio è un
concetto multi-dimensionale (Savadori et al., 2004). Ad esempio, alcuni rischi sono giudicati
elevati perché non possiamo controllarli personalmente (es. volare in aereo vs. guidare la
macchina), altri perché l’assunzione non è volontaria ma ci viene imposta da altri (es. fumo da
sigaretta vs. onde elettromagnetiche), altri ancora perché producono dei danni “catastrofici”
piuttosto che cronici (es. 11 settembre vs. vittime incidenti stradali). Le dimensioni, che fino ad
oggi sono risultati essere degli importanti mediatori della percezione del rischio sono elencati in
tabella 1.
Dimensioni della percezione del rischio
1.
Il grado in cui la sostanza o attività suscita reazioni di paura
2.
Il grado in cui l’attività o la sostanza pone a rischio le generazioni future
3.
La gravità delle possibili conseguenze negative
4.
Il grado in cui le conseguenze negative colpiscono molte persone tutte insieme, piuttosto che molte
persone ma isolate ed a distanza di tempo
5.
Il grado in cui noi ci sentiamo personalmente esposti al rischio
6.
Il numero di persone esposte al rischio
7.
Quanto la scienza conosce il rischio specifico
8.
Quanto l’assunzione è volontaria o imposta da terzi
9.
Quanto gli effetti sono immediati o differiti nel tempo
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10. Quanto gli effetti sono osservabili
11. Quanto riteniamo di conoscere il rischio
12. Quanto il rischio è nuovo
13. Quanto riteniamo di poter controllare personalmente il rischio
14. Il grado in cui il rischio pone problemi di etica/morale
15. La misura in cui l’attività o sostanza offre dei benefici
1.3. L’ottimismo “ingiustificato” (optimistic bias)
La stima del grado di rischio è una delle componenti principali di ogni processo decisionale.
Le stime di rischiosità utilizzate intuitivamente nella vita di tutti i giorni si basano per lo più su
giudizi soggettivi, definiti in letteratura come “percezione del rischio” (Slovic, 1987). Si può
supporre che una stima intuitiva venga utilizzata tanto più frequentemente in quelle situazioni che
richiedono valutazioni specifiche e contingenti: ad esempio quando si devono condurre interventi
complessi ed eterogenei in situazione di stress temporale, come nell’attività del manager.
La percezione del rischio è quindi una stima di natura soggettiva e perciò esposta a
distorsioni. La ricerca in quest’ambito ha rilevato un nutrito repertorio di queste distorsioni o bias.
Ad esempio, vi é la tendenza a sovrastimare la probabilità di eventi negativi ad alto impatto emotivo
e quindi facilmente evocabili come le morti violente; questa distorsione é determinata dall’euristica
della disponibilità (Tversky e Kahneman, 1974). Un’altra tendenza sistematica, definita “illusione
di controllo”, consiste nella sottostima della probabilità che un’evento abbia conseguenze negative
se si ritiene di avere un controllo personale su di esso (Vlek e Hendrix, 1988). Ciò si verifica ad
esempio quando stimando il rischio di incidente diamo una stima minore se siamo noi alla guida del
veicolo anziché nei panni del passeggero (McKenna,1993).
Weinstein (1980) è stato il primo ad osservare un bias che emerge quando si formulano
giudizi comparativi tra la propria vulnerabilità ad un evento negativo e quella di altre persone. In
queste stime di rischio emerge la tendenza a sottostimare la probabilità personale di incorrere in una
situazione negativa rispetto alla media delle altre persone. In altre parole, ci si ritiene personalmente
meno esposti ad eventi negativi rispetto agli altri. Questo fenomeno pervasivo è stato denominato
bias ottimistico, (Weinstein, 1980). Il bias ottimistico, non é un tratto di personalità come
l’ottimismo disposizionale (Scheier e Carver, 1987) bensì una distorsione cognitiva sistematica
della valutazione della propria probabilità di incorrere in un evento negativo.
Il bias ottimistico è stato spiegato come frutto dell’opera congiunta di due meccanismi. Il
primo di questi consiste nel sovrastimare la numerosità e l’efficacia dei comportamenti
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precauzionali messi in atto da se stessi, rispetto a quelli messi in atto dagli altri. I comportamenti
messi in atto dalla persona, infatti, sono più “visibili” e disponibili in fase di ricordo, rispetto a
quelli messi in atto dagli altri. Al momento di giudicare il proprio grado di esposizione al rischio,
quindi, la valutazione viene effettuata sulla base di un ricordo degli eventi distorto a favore della
propria persona (Weinstein, 1980; 1984).
Il secondo meccanismo è di carattere motivazionale. Se da un lato, il giudizio comparativo è
un’operazione adattiva che l’individuo compie per misurarsi con i rischi presenti nel suo ambiente,
dall’altro lato, proprio per questo suo carattere adattivo deve anche rispondere al bisogno di
mantenere una visione positiva di sé e proteggere l’autostima. L’immagine di sé sarebbe sminuita se
venissero percepiti senza distorsioni ottimistiche i rischi impliciti in attività pericolose che si
compiono deliberatamente e gratuitamente come fumare o guidare senza cinture (Segerstrom,
McCarthy, Carvey, Gross, Jarvik, 1993; Kunda 1987). Rimanendo in ambito motivazionale, anche
la tendenza al “pensiero desiderativo” (wishfull thinking) potrebbe contribuire a ridurre la
percezione del rischio personale.
Il bias ottimistico è quindi spiegabile come effetto di processi sia cognitivi che
motivazionali. Numerose ricerche si sono orientate a definire in quali condizioni questo bias viene
amplificato ed in quali esso viene ridotto. La letteratura ha mostrato che il bias cresce quando si
stimano attività messe in atto in modo attivo, cioè attività le cui conseguenze negative possono
essere limitate dalla nostra abilità nel gestire la situazione (es. guidare). Il bias diminuisce invece
quando si valutano situazioni passive verso le quali sentiamo di non avere alcun potere (es. vivere
in una zona ad elevato inquinamento atmosferico), (Perloff, 1983 e 1987). Si tende quindi a
manifestare con maggior forza il bias se si percepiscono le attività rischiose come personalmente
controllabili e se si ritiene di possedere abilità adeguate per controllarle efficacemente; in altri
termini, il bias cresce se, relativamente a quella situazione, si ha un “locus of control” interno unito
ad una elevata stima di auto-efficacia (Horrens e Buunk, 1993; Otten e Van Der Plight, 1996).
Viceversa, il bias ottimistico diminuisce o sparisce quando si valutano situazioni in cui non si ha la
possibilità di agire per ridurre il rischio e quando il target di confronto, cioè il gruppo con cui si
confronta il rischio personale, è percepito come simile, vicino o affettivamente legato a sé (Quadrel,
Fischhoff, Doris, 1993).
Infine è stato rilevato che in alcune condizioni il bias ottimistico non solo sparisce ma viene
sostituito da una tendenza opposta denominata “bias pessimistico” (Dolinsky, Gromsky e Zawinsza,
1986). Questa tendenza sembra dipendere dalla natura della situazione rischiosa. Il bias ottimistico
sembra emergere per rischi di natura incidentale, potenziale e familiare mentre il bias contrario
sembra comparire per rischi percepiti come comuni, reali e non familiari (es. effetti sulla salute
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legati a radiazioni a seguito di un incidente nucleare realmente accaduto). Nel primo caso, infatti, un
atteggiamento ottimistico può aiutare a liberarsi dall’ansia e quindi ad affrontare più
tranquillamente le attività quotidiane, nel secondo caso, invece risulterebbe più adattivo attuare un
comportamento di ricerca di informazioni per poter mettere in pratica le dovute precauzioni contro i
rischi reali e presenti. Il bias pessimistico sarebbe quindi funzionale ed adattivo perché induce la
persona in pericolo a prestare più attenzione ai rischi e ad impegnarsi maggiormente nelle azioni
preventive (Norem e Cantor, 1986).
Tra i fattori che influenzano le stime di rischio la ricerca ha spesso segnalato il fattore
“esperienza” (expertise), (Slovic, 1987; Savadori, Rumiati e Bonini, 1998; Weinstein, 1989).
Confrontando le stime di rischio prodotte da soggetti esperti con quelle di soggetti inesperti emerge
che i primi tendono a fondare le loro valutazioni su una quantificazione delle perdite di vite umane
potenziali mentre i secondi si basano prevalentemente su caratteristiche della situazione percepite
soggettivamente (Savadori et al.,1998). Le ricerche che hanno studiato il fattore “expertise” tuttavia,
studiano le stime di persone “esperte” nel senso di individui che per professione stimano il grado di
rischio (es. assicuratori, analisti della decisione, responsabili delle tecnologie rischiose ecc.) ed
attraverso questa occupazione hanno acquisito una facilità di accesso ad informazioni statistiche
legate ai rischi. L’expertise non viene quindi intesa come “esperienza reale di situazioni di pericolo”
ma come conoscenza statistica astratta (Hendrickx e Vlek, 1991).
Questa limitazione risulta tanto più evidente quanto più la ricerca sul rischio mette in luce
come le stime di rischio associato ad eventi complessi si basano più su considerazioni riguardo ai
processi che conducono ad un esito negativo, piuttosto che sulla frequenza con cui questi si sono
verificati nel passato (Hendrickx e Vlek, 1991). In altri termini, nelle situazioni complesse i soggetti
tendono a valutare il rischio costruendo, sulla base di elementi derivati dalla loro personale
esperienza, degli scenari mentali in cui anticipano lo svolgersi di un evento negativo figurandosi
così la plausibilità delle varie conseguenze possibili (“euristica della simulazione”, Kahneman e
Tversky, 1982).
1.4. Lo stile decisionale
La presa di decisione è un processo intellettivo che porta a dare delle risposte
comportamentali in determinate circostanze che si concretizzano con la scelta di una alternativa o
corso di azione. Ciascun individuo raggiunge una scelta tra alternative usando procedure diverse.
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Lo stile decisionale descrive il modo con il quale un manager prende decisioni. Lo stile decisionale
di un manager si riflette nel modo con il quale agisce in determinati contesti.
Per poter decidere in maniera efficace, come anticipato dell’introduzione, si ritiene
necessario seguire una serie di passi:
1. definizione del problema
2. generazione delle alternative
3. definire i costi ed i benefici di ciascuna alternativa
4. selezionare l’alternativa
5. valutare la decisione
Come ciascun individuo esegue queste cinque fasi determina il grado in cui lo stile
decisionale che ha adottato è analitico oppure impulsivo (Rowe e Boulgarides, 1994). Lo stile
analitico implica una ricerca accurata per le informazioni, una considerazione di un volume elevato
di informazioni, una tolleranza minore per l’ambiguità. Naturalmente lo stile analitico comporta
anche tempi maggiori di decisione e maggiore costo in termini di attenzione e ragionamento. Lo
stile analitico è il più adatto per gestire le situazioni nuove, non familiari e inaspettate. I decisori
che adottano uno stile analitico prediligono le informazioni scritte e sono molto orientati ai dettagli,
a scapito della velocità, ma a vantaggio dell’accuratezza.
Diversamente il manager con uno stile decisionale impulsivo tende a richiedere molta meno
informazione quando decide, tende a basarsi sull’intuito e su una serie di “euristiche” che a volte
sono moto funzionali e a volte inducono in errore. Questo stile decisionale si adatta bene per quelle
situazioni dove il problema che si presenta è assimilabile a problemi già affrontati prima, per i quali
il manager ha già una serie di strategie disponibili o ha già un’opinione intuitiva al riguardo. Questo
stile ha il vantaggio di essere veloce, ma lo svantaggio di essere poco accurato.
1.5. Bias ed euristiche nella strategia decisionale
Lo studio della presa di decisione risale agli inizi degli anni cinquanta (Edwards, 1954). Però,
l’”approccio psicologico” allo studio della decisione è dovuto agli studi pionieristici di Tversky,
Slovic, Lichtenstein, Kahneman e colleghi compiuti tra gli anni sessanta e settanta (Kahneman e
Tversky, 1979; Lichtenstein e Slovic, 1971; Tversky, 1969). L’approccio psicologico allo studio
della decisione è noto come teoria delle “euristiche e degli errori di giudizio e decisione”.
Con la teoria delle euristiche ed errori, contrariamente agli studi precedenti, non solo si
cercava di controllare se ed in quali condizioni le preferenze espresse dagli individui violassero la
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teoria dell’agente razionale ma, si cercava soprattutto di elaborare un’ipotesi od un modello
psicologico a cui attribuire tali violazioni. L’accento era dunque posto sull’elaborazione di un
modello psicologico del processo decisionale, poiché si riteneva la teoria della scelta razionale non
fosse in grado di assolvere tale compito.
La teoria delle euristiche e dei relativi errori di giudizio descrive come le persone prendono
decisioni e formulano giudizi in maniera intuitiva. Inoltra, questa teoria ha fornito delle
dimostrazioni empiriche di come la decisione basata sulle euristiche sottenda degli errori
decisionali.
Le euristiche sono descritte come delle procedure psicologiche che permettono al decisore di
semplificare un compito di decisione. Spesso, il loro utilizzo è inconsapevole. Secondo questi
autori, decidere intuitivamente significa prendere una decisione in base ad una euristica di giudizio.
Si noti come la decisione intuitiva, presa in base al così detto “sesto senso”, contraddistingua
anche le decisioni degli esperti. In particolare, si è rilevato come anche i manager siano propensi
all'uso dell'intuizione nella loro attività decisionale (Isenberg, 1988; Mintzeberg, 1975). Isenberg,
che ha studiato per un paio d’anni le decisioni di dodici manager esperti, ritiene che essi raramente
usano procedure analitiche di decisione e, quando viene fatto, lo fanno congiuntamente con le loro
intuizioni. Ad esempio, Isenberg sostiene che “di rado [i manager] adottano una procedura
sistematica nella formulazione dei loro obiettivi e nella valutazione degli stessi. Inoltre, raramente
valutano le probabilità delle conseguenze delle opzioni di scelta per il raggiungimento di obiettivi
oppure utilizzano un criterio decisionale in base al quale viene selezionata l'opzione che consente la
massimizzazione del ritorno atteso. I manager di solito evitano l'uso di una pianificazione analitica e
rigorosa, soprattutto quando si trovano a dover affrontare problemi difficili, nuovi o connessi tra
loro” (p. 526).
L'intuizione è dunque una componente cruciale del modo con cui i manager affrontano i
problemi di decisione. Nei successivi paragrafi saranno illustrate alcune tra le principali euristiche
di giudizio ed i relativi errori decisionali con particolare riferimento ai problemi di decisione usati
nel questionario.
1.5.1. L'incorniciamento del problema ed il principio dell’invarianza
Per la teoria della scelta razionale vi è un solo modo di rappresentarsi il dilemma di decisione.
In base a tale rappresentazione, la preferenza è funzione delle conseguenze che derivano dalla scelta
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
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(principio del consequenzialismo), indipendentemente da come le opzioni sono presentate o dal
modo in cui la stessa preferenza viene espressa.
Nell’analisi psicologica, la preferenza è anche funzione delle conseguenze che derivano dalla
scelta. Il modo con cui il dilemma di decisione viene linguisticamente presentato o la modalità con
cui la decisione deve essere comunicata influiscono sulla scelta. Queste “anomalie decisionali”
rispetto all’analisi economica standard si hanno poiché i fattori contestuali, di compito o
comunicazionali attivano diverse rappresentazioni del problema. Un concetto centrale dell’analisi
psicologica è dunque quello di elaborazione della rappresentazione mentale. Nel ragionare attorno
ad un problema le persone utilizzano delle prospettive mentali “spontanee” che possono indurre a
compiere delle scelte che si discostano da quelle ritenute razionali.
In base al principio razionale di invarianza, l’espressione di una preferenza è indipendente dal
modo con cui le opzioni di scelta sono presentate. Inoltre, l’espressione di una preferenza è
indipendente dal modo con cui viene espressa.
Ad esempio, se un individuo preferisce l’opzione terapeutica B alla A, allora tale ordine di
preferenza non deve mutare a seconda che le conseguenze delle due opzioni terapeutiche siano
presentate in termini di percentuale di sopravvivenza piuttosto che in base alla complementare
percentuale di mortalità. Oppure, se un individuo preferisce il candidato B al candidato A, allora
dovrebbe mantenere tale preferenza indipendentemente da come gli viene chiesto di esprimerla. Se,
ad esempio, in un compito di scelta il decisore sceglie B, allora dovrebbe essere disposto a pagare di
più per avere B che non A, oppure dovrebbe fissare un punteggio per B maggiore di quello
assegnato ad A.
Uno studio sperimentale in cui si mostra la violazione del principio di invarianza è il classico
problema della “chiusura della fabbrica” (da Russo e Schoemaker, 1989).
"Immagina di essere il responsabile regionale di una grande unione sindacale. A causa di cambiamenti
strutturali nell'economia di alcuni settori, alcune imprese manifatturiere della regione hanno minacciato
di chiudere totalmente i loro stabilimenti. Esse impiegano 600 lavoratori appartenenti alla tua
rappresentanza sindacale.
Il direttore della divisione manifatturiera e il relativo management hanno individuato due opzioni per
affrontare la situazione di crisi. I delegati del sindacato a livello nazionale ritengono che questi due piani
di intervento siano le sole azioni economicamente accettabili. Sia il direttore della divisione imprese
manifatturiere che i rappresentanti sindacali a livello nazionale vogliono sapere quale alternativa
preferisci tra le due.
L'opzione 1 implica una chiusura parziale ed il licenziamento di alcuni salariati. L'opzione 2 consiste, in
pratica, nell'accettazione di una scommessa in cui vi è la possibilità di un incremento di 600 posti di
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
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lavoro oppure di nessun incremento. Queste, in dettaglio, sono le caratteristiche dei due piani di
intervento:
Se l'opzione 1 sarà scelta, esattamente 200 posti di lavoro saranno salvati.
Se l'opzione 2 sarà scelta, vi è un terzo di probabilità che 600 posti di lavoro saranno salvati e due terzi
di probabilità che nessun posto sarà salvato.
Quale opzione sceglieresti?"
Russo e Schoemaker hanno rilevato come la maggioranza dei manager a cui è stato
presentato questo problema preferisca non assumere rischi scegliendo l'opzione 1. Tale preferenza,
però, si rovescia se le due opzioni sono presentate tramite una formulazione negativa delle stesse
conseguenze. Ad esempio:
"Se l'opzione 1 sarà scelta, esattamente 400 posti di lavoro saranno persi.
Se l'opzione 2 sarà scelta, vi è un terzo di probabilità che nessun posto di lavoro sarà perso e
due terzi di probabilità che tutti e 600 i posti di lavoro saranno persi".
Si noti come le opzioni 1 e 2 siano identiche nelle due versioni del problema. Infatti, rispetto
ad una stima di perdita di 600 posti di lavoro, dire che 200 posti di lavoro saranno salvati equivale a
dire che gli altri 400 posti saranno persi.
Ciònonostante, quando le conseguenze sono presentate in termini negativi i manager
preferiscono assumere un rischio scegliendo l'opzione 2. Evitano però di assumere dei rischi e
scelgono l'opzione 1 quando le conseguenze sono presentate in termini positivi.
L'effetto della formulazione linguistica (positiva vs. negativa) delle conseguenze delle opzioni
sulla propensione ad assumere un rischio è stato rilevato in numerosi esperimenti. Questo effetto è
stato mostrato sia con individui esperti che inesperti. Inoltre, è stato rilevato con problemi
decisionali in cui alle opzioni di scelta erano associate diversi tipi di conseguenze come, ad
esempio, somme di denaro, posti di lavoro, vite umane, eccetera (si veda Barazza, Legrenzi e
Warglien 1994; Bohm e Lind 1992; Schneider 1992).
Il Problema 1 del questionario è una versione originale di questo classico problema
decisionale ed adattato allo scopo del progetto di ricerca. Coerentemente con i risultati riportati in
letteratura, ci aspettiamo che nel frame positivo i manager preferiscano l’opzione 1 (avversione al
rischio) mentre nel frame negativo preferiscano l’opzione 2 (ricerca del rischio). Il rovesciamento
nella preferenza e la ricerca o l’evitamento di un’opzione a rischio in funzione di come le opzioni
vengono presentate costituisce una violazione del principio di invarianza. Infatti, dal punto di vista
delle conseguenze che derivano dalla scelta, le due opzioni non differiscono nei due frames.
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
16
1.5.2. L’euristica della rappresentatività
Molto spesso, gli individui fanno delle inferenze sull'appartenenza di un oggetto A alla classe
B, oppure sulla probabilità che l'evento A sia causato dal fatto B valutando quanto A è
rappresentativo di B, adottano cioè un processo cognitivo denominato "euristica della
rappresentatività".
Quando si utilizza questa euristica si valuta la probabilità di un evento incerto oppure un
campione in base al grado con cui quell’evento o quel campione è simile alla popolazione dalla
quale è tratto oppure riflette le caratteristiche salienti del processo che l'ha generato (Kahneman e
Tversky 1972).
Si consideri il seguente compito:
In una città sono state sottoposte ad osservazione tutte le famiglie che hanno sei figli. In 72 famiglie
l'ordine esatto delle nascite di bambini e bambine è stato FMFMMF. Qual è la stima del numero di
famiglie osservate in cui l'ordine esatto delle nascite è stato MFMMMM?
La stragrande maggioranza giudica la sequenza con 5 bambini e 1 bambina molto meno
probabile della sequenza standard. In realtà le due sequenze delle nascite sono equiprobabili.
Tuttavia la gente le considera non egualmente rappresentative della popolazione. Il risultato
ottenuto, infatti, dimostra che per gli individui la prima sequenza riflette meglio della seconda la
proporzione di bambini e bambine nella popolazione. In altre parole la sequenza standard presenta
più caratteristiche simili a quelle della popolazione dalla quale è tratta di quanto non ne possegga la
sequenza critica.
Oltre ad essere simile per certe caratteristiche alla popolazione da cui è tratto, un evento
incerto per essere rappresentativo di quella popolazione, dal punto di vista soggettivo, dovrebbe
anche rispettare il processo che l'ha generato, dovrebbe cioè apparire casuale. Prendiamo, ad
esempio, il seguente problema:
Ad ogni tornata del gioco vengono distribuiti, a caso 20, gettoni tra cinque ragazzi: Alan, Ben, Carl,
Dan e Ed. Considerate le seguenti distribuzioni:
Tipo I
Alan 4
Ben 4
Carl 5
Dan 4
Ed 3
Tipo II
Alan 4
Ben 4
Carl 4
Dan 4
Ed 4
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
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Se il gioco si svolgesse in molte tornate, ci sarebbero più risultati di Tipo I o di Tipo II?
La previsione fatta dai soggetti intervistati dei 2/3 dei soggetti sottoposti alla prova da Kahneman e
Tversky prevedevano che la distribuzione del Tipo I fosse quella più probabile, dal momento che la
non uniformità dei valori sembrava rendere la sequenza più rappresentativa di sequenze di eventi
prodotte dal caso.
Nel caso specifico, la distribuzione uniforme (Tipo II) dei gettoni è, invece, obiettivamente
più probabile della distribuzione non uniforme (Tipo I). Quest'ultima infatti presenta delle
"perturbazioni" tali da apparire più un artefatto che il risultato dell'intervento del caso. E' vero,
tuttavia, che l'euristica di rappresentatività può essere "viziata" da una distorta concezione del
concetto di casualità. A molti di noi sarà successo, se abbiamo giocato alla roulette al casinò oppure
in casa di amici, di aver pensato anche solo per un istante che dopo alcune uscite di un colore o di
una serie di numeri sarebbe toccato all'altro colore o ad un altro numero non ancora uscito.
1.5.3. Bilanci mentali focalizzati ed il principio di dominanza
Dal punto di vista della razionalità economica se si deve scegliere tra due opzioni che sono
ugualmente buone su alcune caratteristiche ma una è migliore dell’altra su un’altra caratteristica, il
decisore dovrebbe scegliere la prima, ovvero l’opzione che domina l’altra. Ad esempio,
considerando alcune abitazioni A, B...n che si differenziano in base agli attributi prezzo, numero dei
vani, vetustà dell'edificio e collocazione, chi deve prendere una decisione per l'acquisto di
un’abitazione può esprimere le proprie preferenze su ciascun attributo che descrive le varie opzioni
in esame. In base a tale principio si afferma che se l’abitazione A è valutato migliore della B su un
attributo (ad esempio, il numero di vani) e altrettanto buona di B sugli altri attributi (ad esempio, il
prezzo, la vetustà, ecc.) l'abitazione A deve essere scelto in quanto dominante.
Questo principio si applica ad ogni tipo di dilemma di decisione ove sia possibile discriminare
le opzioni per il valore riportato su ciascun attributo. Ad esempio, si consideri il seguente problema
decisionale:
“Ti saranno presentate due scommesse, X e Y. Per favore, indica quale scommessa tra le due
preferisci.
X: .25 di guadagnare 240 € e .75 di perdere 760 €
Y: .25 di guadagnare 250 € e .75 di perdere 750 €”.
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
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In base al principio di dominanza, il decisore razionale dovrebbe scegliere la lotteria Y
poichè con la stessa probabilità di X offre una vincita maggiore ed una perdita minore.
Questa predizione è confermata dal comportamento decisionale di molte persone che
dichiarano di preferire l’opzione dominante Y.
Questo risultato può non sorprendere. E’ però interessante notare come lo stesso principio di
dominanza sia disatteso in altre condizioni. Si consideri, a questo proposito, il seguente dilemma di
decisione.
“Ti saranno presentate due scommesse. Per ciascuna scommessa dovrai scegliere un’opzione:
SCOMMESSA 1°:
A: un guadagno sicuro di 240 €
B: .25 di probabilità di guadagnare 1.000 € e .75 di probabilità di non guadagnare nulla
SCOMMESSA 2°:
C: una perdita sicura di 750 €
D: .75 di probabilità di perdere 1.000 € e .25 di probabilità di non perdere nulla”.
In situazioni simili alla condizione di cui sopra, le persone tendono a scegliere la
combinazione A e D rispetto alle altre possibili combinazioni. Ciò però equivale a preferire la
lotteria X alla lotteria Y. Infatti, in termini di valore aggregato, la scelta delle lotterie A e D
corrisponde alla scelta della lotteria X, mentre la scelta delle lotterie B e C corrisponde alla scelta
della lotteria Y.
Questo comportamento decisionale mostra come le persone tendano ad affrontare problemi
decisionali consecutivi indipendentemente l’uno dall’altro, ovvero decidendo problema per
problema.
L’uso di bilanci mentali focalizzati sul singolo problema impedisce al decisore di ragionare
sul “portafoglio” delle decisioni prese, come prescritto dalla teoria della scelta razionale.
Lo scopo del Problema 3 utilizzato nel questionario è di controllare se la violazione del
principio di dominanza sia rilevabile anche con i manager in situazioni in cui devono affrontare
problemi di scelta consecutivi.
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
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1.5.4. Valutazione e previsione: l’effetto dell’ancoraggio
La teoria delle euristiche e degli errori ha mostrato come la valutazione sia influenzata sia dal
contesto in cui viene formulata sia dal modo con cui viene espressa (si veda Gilovich, Griffin &
Kahneman, 2002). Naturalmente, se la valutazione è sensibile ad una molteplicità di fattori e, in
particolare, a quelli irrilevanti, si pone allora il problema della affidabilità e validità del giudizio. Si
consideri, a tale proposito, l'esperimento di Northcraft e Neale (1987).
Ad un gruppo di agenti immobiliari e studenti universitari veniva chiesto di valutare il valore
commerciale di una casa residenziale in vendita nella città di Tucson, in Arizona. Ai partecipanti
all'esperimento veniva consegnato un opuscolo di circa dieci pagine dove erano contenute delle
informazioni utili per la valutazione di un immobile come, ad esempio, il prospetto delle vendite
immobiliari effettuate nello stesso quartiere negli ultimi sei mesi, la dimensione della casa, le
caratteristiche dell'immobile, il prezzo di vendita, eccetera. Ciascun soggetto aveva inoltre la
possibilità di ispezionare la casa e di visitare il quartiere in cui era situato l'immobile.
Dopo aver letto l'opuscolo e terminato il sopralluogo, ai partecipanti allo studio venivano chieste
alcune valutazioni: il valore commerciale dell'immobile, il prezzo di acquisto e, nel caso in cui ne
fossero stati i proprietari, a quanto lo avrebbero venduto. Inoltre, veniva loro chiesto di specificare
le tre principali informazioni in base alle quali avevano formulato le valutazioni.
Si noti come la situazione sia del tutto familiare agli agenti immobiliari. Essi avevano a
disposizione molteplici informazioni e, soprattutto, la possibilità di ricercarle attivamente
nell'ambiente tramite ispezioni e sopralluoghi. Inoltre, tutti i partecipanti all'esperimento
risiedevano da diversi anni nella città e, conseguentemente, potevano considerare informazioni
rilevanti che non erano state loro presentate come, ad esempio, la vicinanza dell'immobile a
parcheggi, centri commerciali, eccetera.
L'esperimento era congegnato in maniera tale che lo stesso immobile veniva valutato in due
diverse condizioni di giudizio. A parità di tutte le altre informazioni presentate nell'opuscolo, in una
condizione compariva un basso prezzo di vendita dell'immobile mentre nella seconda condizione
veniva presentato un alto prezzo di vendita. Sia gli agenti immobiliari che gli studenti non erano a
conoscenza del prezzo effettivo con cui era posta in vendita la casa. La valutazione di mercato
dell'immobile era di $74.900 mentre il prezzo di vendita presentato nelle due condizioni di giudizio
era rispettivamente di $65.900 e $83.900.
I risultati mostrano come le valutazioni dell'immobile differiscano in funzione della condizione
di giudizio. La stima del valore commerciale dell'immobile era significativamente più alta nella
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
20
condizione in cui veniva presentato un alto piuttosto che un basso prezzo di vendita. Ad esempio,
gli agenti immobiliari stimavano il valore commerciale dell'immobile nelle due condizioni di
giudizio pari a $75.190 e $67.811. Gli studenti universitari nelle due stesse condizioni di giudizio
lo stimavano pari a $72.196 e $63.571.
Northcraft e Neale ritengono che gli esperti e gli studenti abbiano utilizzato l'euristica
dell'ancoraggio e dell'aggiustamento nel formulare le loro valutazioni. In base a questa euristica,
l'individuo, innanzitutto, formula una prima valutazione sulla base di un'informazione (denominata
informazione-àncora). Successivamente, in base alla considerazione di altre informazioni, apporta
delle modifiche o aggiustamenti alla valutazione iniziale. Dato che tali aggiustamenti sono di solito
insufficienti, la valutazione finale è fortemente influenzata dal valore dell'àncora. Dunque,
nell'esperimento di Northcraft e Neale i soggetti avrebbero utilizzato l'informazione "prezzo di
vendita" come àncora e, successivamente, avrebbero modificato l'iniziale valutazione in
considerazione di altre informazioni. La modificazione della valutazione iniziale sarebbe stata però
insufficiente e, conseguentemente, la stima del valore commerciale dell'immobile sarebbe stata
eccessivamente influenzata dal prezzo di vendita.
Un'obiezione a questo esperimento concerne il tipo di informazione-àncora manipolata. Per
quanto concerne gli studenti universitari, il prezzo di vendita dell'immobile è un'informazione
rilevante ai fini del giudizio. Se la modificazione dell'informazione-àncora si riferisse ad una
informazione irrilevante, questi effetti sarebbero ancora rilevabili? La riposta è affermativa. In
alcuni studi si è rilevato come la valutazione di un evento sia influenzata anche dalla manipolazione
di àncore irrilevanti o addirittura del tutto casuali come, ad esempio, le ultime tre cifre del proprio
numero di telefono (Russo e Schoemaker, 1989; Tversky e Kahneman, 1974).
Il vantaggio principale dell'euristica dell'ancoraggio e dell'aggiustamento è la sua facilità di
impiego in compiti di valutazione probabilistica. Un manager che cercasse di prevedere il livello
delle vendite di un prodotto tra un anno, potrebbe utilizzare come informazione-àncora l'ammontare
delle vendite del prodotto nell'anno precedente e, successivamente, aggiustare tale previsione in
considerazione di altre informazioni, come, ad esempio, le variazioni che si sono avute negli ultimi
due anni riguardo al numero di aziende concorrenti operanti sul mercato, l'ammontare della forza di
vendita dell'azienda nello stesso periodo, eccetera. La letteratura sperimentale sul ragionamento
probabilistico mostra come l'euristica dell'ancoraggio ed aggiustamento sia utilizzata dagli studenti
universitari, che costituiscono il campione privilegiato negli esperimenti di psicologia (Slovic e
Lichtenstein 1971; Tversky e Kahneman 1974) e dagli esperti, tra cui quelli economici (si veda
Smith e Kida (1991) per una rassegna sulle valutazioni probabilistiche dei certificatori di bilancio).
Il limite principale dell'euristica dell'ancoraggio e dell'aggiustamento è la facilità con cui la
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
21
previsione può essere modificata. Ad esempio, individui a conoscenza dell'uso di tale euristica
potrebbero controllare il tipo di àncora presentando inizialmente certe informazioni piuttosto di
altre. Oppure, potrebbero presentare informazioni-àncora irrilevanti o poco diagnostiche al fine di
indirizzare la previsione su certi valori. A tale proposito, Russo e Schoemaker (1989) riportano
l'aneddoto di un funzionario dell'ufficio prestiti di una banca che, quando doveva negoziare con i
clienti il tasso di interesse sui prestiti, utilizzava una strategia simile a quella dell'ancoraggio e
dell'aggiustamento. Il funzionario, se voleva concedere un tasso di interesse pari allo 0,5% sopra il
tasso di sconto avviava la negoziazione con una richiesta maggiore (ad esempio, il 2% sopra il tasso
di sconto) sapendo che sarebbe stato costretto, nel corso della negoziazione, ad abbassare la
richiesta iniziale. Dato che la trattativa era stata ancorata su un elevato valore, il tasso di interesse
accordato alla fine della negoziazione sarebbe stato prossimo a quello desiderato.
Il Problema 4 utilizzato nel Questionario è una versione originale ed adattata allo scopo del
progetto di ricerca del problema della stima del valore immobiliare di un’immobile di Northcraft &
Neale (1987).
1.5.5. I manager i bias e le euristiche
Gli individui nei compiti di giudizio e di decisione spesso utilizzano procedure che si basano
su meccanismi del normale repertorio cognitivo dell'uomo, procedure che il più delle volte
inducono all'errore assumendo come parametro di valutazione della prestazione quella che si
otterrebbe se fossero applicate le regole normative della statistica o dell'economia. Un manager, ad
esempio, dovendo fare un’assunzione riterrà che vi siano alcuni tratti di personalità e certe
caratteristiche attitudinali con una diversa capacità predittiva. Data la necessità di procedere
speditamente all'assunzione potrebbe non poter ricorrere a procedure matematiche o a sofisticate
misure in grado di "pesare" le informazioni relative a questi aspetti. Cercherà di far ricorso alla sua
esperienza e riterrà plausibile che quanto più gli verranno in mente circostanze in cui l'assunzione
ha avuto successo tanto più sarà probabile che alcuni tratti abbiano un peso determinante nel
favorire il successo. Ma la decisione finale potrebbe essere viziata da una distorsione imputabile al
fatto che
non sempre tanto più viene alla mente un evento tanto più è più quell’evento è
obiettivamente frequente. Infatti è noto che la frequenza di "disponibilità" al recupero mentale degli
eventi può essere fortemente condizionata dalla "salienza" di quegli eventi, cioè da elementi
"superficiali" che connotano gli eventi e che nulla hanno a che vedere con la loro occorrenza
obiettiva (Kahneman e Tversky, 1982).
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
22
Le procedure normative derivabili dall’impianto della teoria standard della decisione sono per
lo più disattese non già per mancanza di esperienza, poichè esperti come i manager sono stati
esposti anche se in misura differenziata a corsi di base o avanzati in cui venivano insegnati modelli
statistici e i principi della teoria della probabilità. Più plausibilmente le procedure normative
appaiono di difficile applicazione nella vita di tutti i giorni proprio a causa dei limiti della "ragione
umana" illustrati da Simon (1977).
Esaminando il comportamento dei manager e degli impiegati in situazioni reali di lavoro,
Simon ha osservato che le decisioni e i giudizi piuttosto che rispondere a principi razionali di
ottimizzazione si conformavano a criteri tutt'al più di plausibilità o tendevano al raggiungimento di
livelli accettabili di soddisfazione.
Nelle organizzazioni private ma anche nelle pubbliche risorse come il tempo, quantità di
informazioni, disponibilità di risorse umane ecc. non sono illimitate. Così le risorse cognitive
dell'essere umano quali l'attenzione, la memoria di lavoro non sono tali da consentire di manipolare
a piacimento le informazioni nell'unità di tempo. In considerazione di questi vincoli appare quasi
inevitabile che il decisore si esponga ad errori sistematici di giudizio o a scelte distorte a seguito
dell'applicazione delle euristiche di giudizio o di procedure decisionali intuitive (si veda Kahneman,
Slovic e Tversky 1982).
Ad esempio, è stato osservato che informazioni spesso irrilevanti per la formulazione del
giudizio, per il solo fatto di essere state presentate, possono assumere il ruolo di informazioneàncora per la costruzione del giudizio medesimo e condizionare la valutazione finale anche se
informazioni acquisite successivamente vengono utilizzate per “aggiustare” la valutazione iniziale.
L’esito dell’applicazione di questa procedura denominata di “ancoraggio e aggiustamento” è che il
giudizio finale è comunque meno distante dalla prima valutazione di quanto ci si potrebbe aspettare
dall’utilizzo di ulteriori informazioni.
Il vantaggio principale dell'euristica dell'ancoraggio e dell'aggiustamento è la sua facilità di
impiego in compiti di valutazione probabilistica. Un dirigente d’azienda che cercasse di prevedere il
livello delle vendite di un prodotto tra un anno, potrebbe utilizzare come informazione-àncora
l'ammontare delle vendite del prodotto nell'anno precedente e, successivamente, aggiustare tale
previsione in considerazione di altre informazioni, come, ad esempio, le variazioni che si sono
avute negli ultimi due anni riguardo al numero di aziende concorrenti operanti sul mercato,
l'ammontare della forza di vendita dell'azienda nello stesso periodo, eccetera. Anche il manager
pubblico potrebbe utilizzare questa euristica se gli venisse rischiato di stimare il budget che potrà
avere a disposizione per il prossimo anno.
Il limite principale dell'euristica dell'ancoraggio e dell'aggiustamento è la facilità con cui la
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
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previsione può essere modificata. Ad esempio, individui a conoscenza dell'uso di tale euristica
potrebbero controllare il tipo di àncora presentando inizialmente certe informazioni piuttosto di
altre. Oppure, potrebbero presentare informazioni-àncora irrilevanti o poco diagnostiche al fine di
indirizzare la previsione su certi valori. Ad esempio un funzionario dell'ufficio prestiti di una banca
dovendo negoziare con i clienti il tasso di interesse sui prestito potrebbe utilizzare una strategia
simile a quella appena citata. Se, ad esempio, volesse concedere un tasso di interesse pari allo 0,5%
sopra il tasso di sconto potrebbe avviare la negoziazione con una richiesta maggiore (ad esempio, il
2% sopra il tasso di sconto) sapendo che sarebbe stato costretto, nel corso della negoziazione, ad
abbassare la richiesta iniziale. In tal modo essendo la trattativa stata ancorata su un elevato valore, il
tasso di interesse accordato alla fine della negoziazione potrebbe essere prossimo a quello
desiderato.
Le decisioni dipendono non soltanto dal modo con sui le informazioni vengono acquisite, da
come le valutazioni o le stime vengono effettuate ma anche dal modo con cui i dilemmi vengono
formulati. E molte volte i manager come del resto, gli individui in genere, spesso si affrettano ad
analizzare i dettagli di uno specifico problema decisionale senza prima averlo valutato in termini
più globali. Ad esempio, Russo e Schoemaker (2002) hanno analizzato una vicenda che ha visto
coinvolti gli esperti di marketing della Pepsi Cola alle prese con l'elaborazione di una strategia
competitiva. Per molti anni i manager della società ritenevano che il formato tipico "a forma di
clessidra" della bottiglia di Coca Cola fosse il maggior vantaggio competitivo che la Coca potesse
vantare nei confronti dei concorrenti. I manager della Pepsi Cola per molto tempo rimasero
invischiati in una molteplicità di tentativi volti a ideare un contenitore per la Pepsi in grado
competere con la confezione della Coca Cola e ciò non portò ad alcun risultato apprezzabile. Tali
tentativi, in realtà, rispecchiavano una debole strategia imitativa, cioè erano effettuati entro il
"frame del concorrente", quindi il problema era stato affrontato in maniera erronea. Un modo
corretto di affrontare il problema consisteva nell'approntare una riflessione meta-decisionale. Ad
esempio, valutare come problemi analoghi erano stati affrontati in passato. Il vice presidente
marketing di allora, Sculley, constatò che la Pepsi non era in possesso di dati relativi alle aspettative
o alle abitudini dei consumatori di Coca e perciò la direzione marketing non poteva sviluppare il
processo decisionale in maniera corretta. Perciò, prima di occuparsi del problema "confezione"
bisognava capire le modalità e le abitudini di consumo domestico di Pepsi Cola e di altre bevande
analcoliche da parte delle famiglie. Una prova, ad esempio, consistette nel permettere ad un
campione di 350 famiglie di acquistare il prodotto in una certa quantità a prezzo scontato. Dai
risultati ottenuti emerse che la gente consumava sempre la quantità di Pepsi ordinata. La soluzione
del dilemma era, quindi, che le confezioni dovevano essere ridisegnate in maniera tale da facilitare
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
24
l'acquisto e lo stoccaggio di una quantità maggiore di bibita.
Una ricerca pionieristica, in ambito amministrativo, sugli effetti che la diversa "percezione"
del problema può avere sulle decisioni è stata condotta da Dearborn e Simon (1958). Gli autori
hanno rilevato come lo stesso problema amministrativo fosse strutturato e valutato diversamente a
seconda della funzione aziendale ricoperta dall'individuo a cui veniva proposto. Ad esempio,
l'addetto al marketing valutava il problema come principalmente un problema di marketing,
l'addetto al personale lo riteneva un problema di gestione e di formazione del personale mentre
l'addetto alla contabilità tendeva ad inquadrarlo come un problema di gestione di bilancio. I risultati
di questo studio hanno mostrato, dunque, come i decisori non affrontino lo stesso problema bensì
uno diverso in base alle loro aspettative e formazione professionale. Vi sono però situazioni in cui
lo "stesso" problema viene diversamente valutato non a causa delle diverse conoscenze dei decisori,
ma per il modo con cui le conseguenze delle opzioni di scelta sono presentate. Anche quando le
conseguenze diversamente presentate sono oggettivamente le stesse e perciò in base alla teoria
standard della decisione dovrebbero produrre la stessa scelta. Un’ampia letteratura, invece, su
questo tema ha messo in luce quanto i deciso anche esperti siano sensibili al modo con cui le
conseguenze sono state incorniciate (Russo e Schoemaker, 2002).
1.6. Riassunto degli obiettivi della ricerca
L'obiettivo generale della ricerca è quello di approfondire le conoscenze sulle modalità con
cui i manager pubblici affrontano e risolvono i problemi decisionali e quali possono essere le
peculiarità della loro condotta decisionale rispetto alle caratteristiche della condotta decisionale dei
manager privati.
La ricerca condotta ha quindi un duplice obiettivo:
a)
descrivere e classificare i profili di rischio caratteristici delle differenti figure
manageriali assumendo che manager che ricoprono ruoli differenti presentino modalità
caratteristiche di affrontare le situazioni decisionali in condizioni di incertezza;
b)
comprendere in che misura le decisioni manageriali siano esposte ad alcuni fra i bias
più significativi descritti nella letteratura di settore decisionale.
L’indagine empirica ha focalizzato l’attenzione sul confronto fra manager che svolgono la
loro attività nel pubblico impiego e manager che operano nel settore privato, assumendo che la
cultura organizzativa nella quale i due tipi di decisori operano, i vincoli legislativi cui le loro
decisioni devono sottostare, il grado di responsabilità derivante dal loro ruolo e il tipi di controllo al
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
25
quale devono rispondere possano caratterizzare la modalità decisionale e la propensione al rischio
associato alla presa di decisone.
2. Metodo
2.1. Lo strumento
Lo strumento utilizzato è stato un questionario (si veda Appendice) composto da 5 sezioni:
(a) Rappresentazione del rischio: 16 domande intendono misurare la rappresentazione del
rischio. In particolare, si è voluto studiare quali dimensioni differenziano un’operazione rischiosa da
un’operazione non rischiosa. Le 16 domande infatti sono domande del tipo: “ ritengo che
un’operazione sia rischiosa soprattutto quando mi mancano informazioni che invece altre persone
hanno”, oppure “Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto quando ho la sensazione che lo
sia”. I manager potevano rispondere scegliendo una tra 5 alternative che misuravano il grado di
accordo con l’affermazione (1 = per niente d’accordo; 5 = estremamente d’accordo). Con questo
strumento si intende evidenziare le differenze tra i manager pubblici ed i manager privati
relativamente alla loro rappresentazione mentale del concetto di “operazione rischiosa”.
(b) Bias ottimistico: sette domande misurano il grado con il quel si ritiene di essere “di più” o
“di meno” rispetto alla media dei manager del proprio settore. Le domande facevano riferimento a
diversi aspetti legati alla presa di decisone come ad esempio “rispetto alla media dei manager del
mio settore (con la stessa età, nazionalità e sesso, le idee che propongo sono più o meno
innovative”. La risposta poteva essere data su di una scala a 7 punti ( 1= da molto di meno; 4 =
nella media; 7 = molto di più).
(c) tre domande misurano rispettivamente il grado con il quale il manager deve giustificare le
proprie decisioni ad altri, il grado in cui è sotto pressione temporale, ed il grado con cui sente il
parere di altre persone.
(d) stile decisionale: 19 domande misurano lo stile decisionale analitico-impulsivo. Le
domande erano del tipo “ quando decido agisco senza rifletter sui problemi”, la risposta era su di
una scala a 5 punti (1 = mai, 5 = sempre).
(e) bias ed euristiche: quattro problemi misurano il grado con cui i manager utilizzano le
euristiche e queste li inducono a commettere degli errori (bias) di giudizio. Il primo fa riferimento
all’incorniciamento della decisione (frame), il secondo problema fa riferimento all’euristica della
rappresentatività, il terzo all’invarianza, il quarto all’euristica dell’ancoraggio e aggiustamento.
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
26
(f) caratteristiche personali: in questa sezione al manager vengono chieste diverse
caratteristiche individuali quali l’età, l’anzianità di professione, il grado di istruzione, il livello di
inquadramento, il numero di dipendenti dell’organizzazione etc.
2.2. La procedura di raccolta dati
I questionari sono stati compilati direttamente dai manager. I manager sono stati contattati
nella loro sede di lavoro ed è stata chiesta la loro volontaria adesione ad una ricerca sulla presa di
decisone. Ai manager è stato assicurato l’anonimato.
2.3. Il campione
Il questionario è stato compilato da 159 manager operanti nel settore privato e da 169
manager operanti nel settore pubblico. Sono stati considerate nell’indagine diverse tipologie di
manager e diverse grandezze e tipologie di azienda. Il manager poteva essere sia il proprietario di
una azienda privata di piccole dimensioni come il direttore di una importante azienda nel settore
pubblico (es. azienda sanitaria) o poteva essere un impiegato a capo di un servizio (es. manager
marketing) di una azienda pubblica o privata.
Le aziende presso cui i manager sono stati contattati risiedono in diverse province italiane del
Nord (Alessandria, Lecco, Milano, Padova, Trento, Trieste, Venezia, Verona, Vicenza) e del
Centro-Sud (Bologna, Latina, Modena, Parma, Pesaro, Reggio Emilia, Roma). La maggioranza
delle aziende studiate sono residenti al Nord (N = 207) mentre un numero inferiore è residente al
Centro-Sud (N = 114). Delle aziende residenti al nord, circa metà (N = 97) erano impegnate nel
settore pubblico e l’altra metà nel settore privato (N = 110); così come le aziende residenti al
Centro-Sud (N = 67 vs. N = 47).
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
27
Luogo di residenza delle aziende pubbliche e private che hanno partecipato alla ricerca
Categoria
Residenza
Settore Pubblico
Settore Privato
Totale
Non risposte
5
2
7
Alessandria
0
1
1
Ancona
0
6
6
Bologna
0
2
2
Latina
1
0
1
Lecco
0
6
6
Milano
1
6
7
Modena
0
14
14
Padova
44
43
87
Parma
0
1
1
Pesaro
0
1
1
Reggio Emilia
0
1
1
Roma
67
22
89
Trento
51
37
88
Trieste
0
7
7
Venezia
0
8
8
Verona
0
1
1
Vicenza
0
1
1
169
159
328
Totale
Residenza dell’azienda raggruppata in funzione del Nord e del Centro-Sud
Categoria
Settore
Settore
Pubblico
Privato
Totale
Nord
97
110
207
Centro-Sud
67
47
114
164
157
321
Residenza
Totale
La maggioranza dei manager che hanno partecipato alla ricerca sono sposati (N = 135 per il
settore pubblico; N = 114 per il settore privato), mentre un numero inferiore è nubile/celibe (N =
14; N = 29), separato o divorziato (N = 5; N = 13) oppure vedovo (N = 2; N = 1).
Il numero di componenti il nucleo familiare escluso il rispondente varia da nessuno a 7 per il
settore pubblico, con una media di 2.38, e da nessuno a 6 per il settore privato, con una media di
2.35. Quindi i manager avevano, i media, una famiglia composta da una moglie e da 1 a 2 figli.
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
28
Per quanto riguarda l’età, i manager impiegati presso aziende pubbliche hanno un’età media
di 50 anni (con un minimo di 32 anni e un massimo di 72 anni), mentre i manager impiegati presso
aziende private hanno un’età media di 44 anni (con un minimo di 26 anni e un massimo di 74 anni).
I manager del settore privato sono quindi mediamente un po’ più giovani di quelli del settore
pubblico e la differenza è significativa [t (311) = -7,081; p = ,0001].
Nella tabella seguente è possibile notare che, per quanto riguarda la scolarità, la maggior
parte dei manager impiegati nel settore pubblico possiede una laurea (N = 100), o una laurea con
specializzazione (N = 40), pochi coloro che hanno solo un diploma o un attestato (N = 14), pochi
anche coloro che hanno una laurea ed un dottorato (N = 10); mentre molti dei manager impiegati
nel settore privato possiede solo un diploma o un attestato (N = 70), o una laurea (N = 64), pochi
coloro che hanno una laurea con specializzazione (N = 24) e nessuno possedeva una laurea ed un
dottorato.
Scolarità dei manager che hanno partecipato alla ricerca
Categoria
Scolarità
Settore Pubblico
Settore Privato
Totale
Diploma o attestato
14
70
84
Laurea
100
64
164
Laurea e specializzazione
40
24
64
Laurea e dottorato
10
0
10
164
158
322
Totale
Diverso è anche l’ambito di studi tra i due gruppi. La maggioranza dei manager impiegati
nel settore pubblico ha svolto gli studi in ambito socio – economico (N = 49) ed una parte piuttosto
consistente in ambito giuridico (N = 42) e scientifico (N = 35). Il maggior numero di manager
impiegati nel settore privato, invece, ha svolto gli studi in ambito tecnologico (N = 56), seguito
dall’ambito socio – economico (N = 49) e scientifico (N =23).
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
29
Ambito di studi dei manager che hanno partecipato alla ricerca
Categoria
Ambito di studi
Settore Pubblico
Settore Privato
Totale
Scientifico
35
23
58
Tecnologico
13
56
69
Socio - economico
49
49
98
Giuridico
42
10
52
Umanistico
11
7
18
Tecnologico - scientifico
3
4
7
Scientifico – umanistico
1
0
1
Tecnologico – socio – economico
0
1
1
Tecnologico – giuridico
3
0
3
Tecnologico – umanistico
0
1
1
Socio – economico – giuridico
5
2
7
Giuridico – umanistico
1
0
1
163
153
316
Totale
Nella tabella seguente si presentano le medie, con i valori minimi e massimi, delle variabili
che indicano il numero rispettivamente di, dipendenti dell’azienda presso la quale lavora il
manager, persone alle sue dipendenze, dipendenti manager, anni lavorativi totali, anni lavorati
ricoprendo il ruolo di manager; anni lavorati nella posizione attuale e anni lavorati presso l’azienda
o ente in cui era impiegato. Infine, il numero di gradi gerarchici (livelli) che separano il manager
dall’amministratore delegato/direttore generale.
Numero di dipendenti, e anzianità professionale dei manager che hanno partecipato all’indagine
Categoria
Settore Pubblico
Settore Privato
Totale
Media
Min
Max
Media
Min
Max
Media
Min
Max
5751,37
11
300000
2186,58
2
85000
3896,72
2
300000
84,41
0
7000
56,72
0
1300
70,92
0
7000
2,7
0
4,0
2,4
0
3,0
2,15
0
4,0
Anni lavorativi del manager
25,43
3
53
19,90
1
55
22,70
1
55
Anni ruolo di manager
11,13
0
34
9,73
0
40
10,44
0
40
Anni professione attuale
12,78
1
42
10,21
1
40
11,51
1
42
18,37
1
45
10,19
1
40
14,40
1
45
1,31
0
5
1,43
0
8
1,36
0
8
Numero di dipendenti dell’azienda
Persone alle dipendenze del manager
Dipendenti manager alle sue dipendenze
Anni lavorativi nell’azienda o ente in cui è
impiegato
Livelli o gradi gerarchici che lo separano
dall’amm. delegato/dir. generale
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
30
Per quanto riguarda l’area professionale, la maggioranza dei manager impiegati nel settore
pubblico ha svolto la sua carriera soprattutto nell’area della contabilità e dell’amministrazione (N =
38), area professionale in cui la gran parte del campione era impiegata anche al momento della
ricerca (N = 43). Molti hanno svolto la propria carriera anche nell’area della progettazione e
programmazione (N = 34) e la svolgevano anche al momento della ricerca (N = 39).
I manager impiegati nel settore privato, invece, hanno svolto la maggior parte della loro
carriera soprattutto nell’area del marketing e della comunicazione (N = 41), area professionale in
cui molti erano ancora impiegati al momento della ricerca (N = 44).
Area professionale in cui il manager ha svolto la maggior parte della carriera
Settore
Pubblico
38
Settore
Privaro
12
Marketing / comunicazione
0
41
41
Finanza / bilancio
22
6
28
Produzione
15
26
41
Progettazione / programmazione
34
21
55
Risorse umane
20
8
28
Area tecnica (ricerca e assistenza tecnica)
1
1
2
Contabilità / amministrazione / marketing / comunicazione
1
1
2
Contabilità / amministrazione / finanza / bilancio
9
4
13
Contabilità / amministrazione / produzione
0
5
5
Contabilità / amministrazione / progettazione / programmazione
4
0
4
Contabilità / amministrazione / risorse umane
4
0
4
Marketing /comunicazione / finanza / bilancio
1
0
1
Marketing / comunicazione / produzione
0
2
2
Marketing / comunicazione / progettazione / programmazione
0
2
2
Marketing / comunicazione / risorse umane
0
1
1
Finanza / bilancio / produzione
0
5
5
Produzione / progettazione / programmazione
3
11
14
Produzione / risorse umane
0
3
3
Progettazione / programmazione / risorse umane
1
1
2
Contabilità / amministrazione /finanza / bilancio / progettazione / programmazione
1
1
2
Contabilità / amministrazione /finanza / bilancio / risorse umane
2
1
3
Marketing / comunicazione /finanza / bilancio / risorse umane
0
2
2
Marketing /comunicazione / progettazione / programmazione / risorse umane
0
1
1
0
1
1
156
156
312
Contabilità / amministrazione
Marketing / comunicazione / produzione / progettazione / programmazione / risorse
umane
Totali
Totatli
50
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
31
Area professionale in cui il manager era impiegato al momento della ricerca
Settore
Settore
Pubblico
Privato
43
11
54
Marketing / comunicazione
4
44
48
Finanza / bilancio
20
9
29
Produzione
15
32
47
Progettazione / programmazione
39
23
62
Risorse umane
18
9
27
Area tecnica (ricerca e assistenza tecnica)
1
0
1
Contabilità / amministrazione / finanza / bilancio
5
6
11
Contabilità / amministrazione / produzione
0
4
4
Contabilità / amministrazione / progettazione / programmazione
1
0
1
Contabilità / amministrazione / risorse umane
1
0
1
Marketing / comunicazione / produzione
1
2
3
Marketing (comunicazione / progettazione / programmazione
0
2
2
Finanza / bilancio / produzione
0
2
2
Finanza / bilancio / progettazione / programmazione
1
0
1
Finanza / bilancio / risorse umane
0
1
1
Produzione / progettazione / programmazione
3
3
6
Produzione / risorse umane
0
1
1
Progettazione / programmazione / risorse umane
1
1
2
1
0
1
Contabilità / amministrazione / finanza / bilancio / risorse umane
0
1
1
Contabilità / amministrazione / progettazione / programmazione / risorse umane
1
0
1
Marketing / comunicazione / produzione / progettazione / programmazione
0
1
1
Finanza / bilancio / produzione / progettazione / programmazione
0
1
1
0
1
1
155
154
309
Contabilità / amministrazione
Contabilità / amministrazione / marketing / comunicazione / progettazione /
programmazione
Marketing / comunicazione / produzione / progettazione / programmazione / risorse
umane
Totale
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
32
La maggior parte dei manager coinvolti nell’indagine hanno un inquadramento di dirigente (N
= 125 settore pubblico e N = 75 settore privato), quindi medio-alto, come si osserva nella tabella
seguente.
Inquadramento lavorativo dei manager che hanno partecipato alla ricerca
Categoria
Inquadramento
Settore Pubblico
Settore Privato
Totale
Funzionario / Dirigente responsabile 1° livello
20
22
42
Quadro / Funzionario direttivo
11
32
43
Dirigente
125
75
200
8
23
31
164
152
316
Amministratore delegato / Direttore generale
Totale
3. Risultati
3.1. Il potere gestionale dei manager nel settore pubblico e nel settore privato
Il potere che i manager hanno sulla carriera dei sottoposti, in termini di licenziamento,
assunzione o spostamento di ruolo, è rappresentato nella tabella seguente. Non stupisce notare che i
manager impiegati nel settore privato avevano più potere nell’influenzare la carriera dei sottoposti
(Molto: N = 51; Abbastanza: N = 50) rispetto ai manager impiegati nel settore pubblico (Poco: N =
64; Per nulla: N = 60).
Potere dei manager sulla carriera dei sottoposti
Categoria
Potere
Settore Pubblico
Settore Privato
(frequenze)
(frequenze)
Totale
1 = Per nulla
60
13
73
2 = Poco
64
20
84
3 = Abbastanza
28
50
78
4 = Molto
8
51
59
5 = Moltissimo
2
19
21
162
153
315
Totale
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
33
Se facciamo una media delle risposte si ottiene la tabella seguente in cui si osserva appunto
che i manager del settore privato dichiarano di avere in media più (abbastanza-molto) potere di
licenziare, assumere o spostare di ruolo i dipendenti rispetto i manager nel settore pubblico (per
nulla-poco) [t-test(313) = -11,70; p = ,0001; Test U Mann-Whitney = 4641,0; Z = -9,86; p =
0,0001].
Potere di licenziare, assumere o spostare di ruolo
Categoria
Media
Minimo
Massimo
Settore Pubblico
1,94
1
5
Settore Privato
3,28
1
5
Totale
2,59
1
5
Così come non stupisce il fatto che la spesa più grande per beni capitali che i manager hanno
dichiarato di poter fare senza chiedere l’autorizzazione di altri è in media superiore per i manager
impiegati nel settore privato che per quelli impiegati nel settore pubblico, anche se il valore
massimo (100.000.000 = nessun limite di spesa) ed il valore minimo sono uguali. Queste risposte
andrebbero comunque inquadrate in un’ottica di più ampio respiro che vede la libertà di spesa del
manager pubblico come fortemente dipendente dal cotesto e dalla situazione. Esistono infatti
diverse tipologie di impresa pubblica (es. completamente pubbliche vs. parzialmente pubbliche) che
corrispondono anche a diversi gradi di libertà di spesa dei manager ed esistono diverse tipologie di
decisioni di spesa che vanno da decisioni più di carattere politico a decisioni più di carattere
tecnico. La libertà di spesa (sempre tenuto conto dell’obbligo di indire una gara pubblica) sono
maggiori per le seconde piuttosto che le prime.
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
Frequenza della spesa più grande che il manager può fare senza chiedere l’autorizzazione di altri
Categoria
Spesa (in Euro)
Totale
Settore Pubblico
Settore Privato
(numero di manager)
(numero di manager)
0
78
36
114
200
0
1
1
500
1
1
2
1000
0
1
1
1500
0
3
3
2000
0
1
1
2500
1
1
2
5000
1
3
4
8000
1
0
1
10000
3
7
10
13000
0
1
1
15000
1
3
4
16000
0
1
1
20000
1
9
10
25000
1
5
6
30000
0
1
1
40000
0
1
1
50000
3
7
10
70000
0
1
1
100000
6
1
7
109000
1
0
1
130000
1
0
1
150000
0
3
3
154000
3
0
3
200000
1
1
2
250000
0
1
1
300000
1
1
2
412000
1
0
1
500000
1
4
5
1000000
1
1
2
1200000
1
0
1
1400000
1
0
1
2000000
2
0
2
40000000
0
1
1
Nessun limite
6
10
16
Totale
117
106
223
Mancanti
52
53
105
34
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
35
Media della spesa più grande che il manager può fare senza chiedere l’autorizzazione di altri
(escluso il valore “nessun limite”)
Categoria
Media
Settore Pubblico
95216,22
Settore Privato
471507,29
Totale
269728,02
Correlato con il potere gestionale è il grado in cui ciascun manager deve giustificare ad altri le
proprie decisioni. In media, i manager del settore pubblico devono giustificare le proprie decisioni
con maggiore frequenza rispetto ai manager del settore privato (media = 3,49 vs. 3,23) e questa
differenza è statisticamente significativa sia usando un t-test [t-test(324) = 2,423; p = 0,016] che
usando un test non parametrico [Mann-Whitney test per ranghi = 11403,000, Z = -2,311, sign.
=,021].
Quanto i manager devono giustificare le loro decisioni ad altri
Percentuale
Percentuale
Frequenza
Percentuale
valida
cumulata
1 = mai
2
1,2
1,2
1,2
Quanto deve giustificare le decisioni ad
Categoria
Settore
altri?
Risposte
Pubblico
Settore Privato
Risposte
2 = raramente
21
12,4
12,6
13,8
3 = qualche volta
64
37,9
38,3
52,1
4 = spesso
54
32,0
32,3
84,4
5 = sempre
26
15,4
15,6
100,0
Totale
167
98,8
100,0
Mancanti
2
1,2
Totale
169
100,0
1 =mai
2
1,3
1,3
1,3
2 = raramente
36
22,6
22,6
23,9
3 = qualche volta
57
35,8
35,8
59,7
4 = spesso
51
32,1
32,1
91,8
5 = sempre
13
8,2
8,2
100,0
Totale
159
100,0
100,0
In definitiva, i manager del settore pubblico hanno più potere di licenziare, assumere o
spostare di ruolo propri dipendenti, hanno più denaro da utilizzare in modo autonomo e devono
giustificare meno ad altri le proprie decisioni.
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
36
3.2. La dinamicità dei manager nel settore pubblico e privato
Ai manager del campione è stato chiesto quante volte avevano dato volontariamente le
dimissioni da un’azienda o amministrazione, nei quindici anni precedenti la ricerca. Le variabili, in
questo caso, erano due: una che indicava le dimissioni volontarie avendo già una proposta di
passaggio da un’altra azienda o amministrazione; l’altra le dimissioni volontarie non avendo
nessuna proposta di passaggio da un’altra azienda o amministrazione. Sia per manager che lavorano
nel settore pubblico che per manager che lavorano nel settore privato le dimissioni sono state date
volontariamente soprattutto nel caso in cui era presente una proposta da parte di un’altra azienda o
amministrazione. Questo è dimostrato anche dalle risposte che indicano ”nessuna volta” (cioè lo
zero), che sono superiori nel caso dell’assenza di un’altra proposta (N = 250) rispetto a quando,
invece, la proposta è presente (N = 155).
Dimissioni negli ultimi 15 anni avendo un’altra una proposta
Dimissioni
con
altra
proposta
Numero
Categoria
Settore Pubblico
Settore Privato
101
54
155
1
37
37
74
2
16
22
38
3
1
19
20
4
1
6
7
5
0
2
2
156
140
296
0
di volte
Totale
Totale
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
37
Dimissioni negli ultimi 15 anni non avendo un’altra proposta
Dimissioni
Categoria
senza altra
proposta
Settore Pubblico
Settore Privato
Totale
Numero
0
142
108
250
di volte
1
11
21
32
2
2
3
5
3
1
1
2
4
0
1
1
156
134
290
Totale
Media del numero di volte in cui sono state date le dimissioni
Categoria
Settore Pubblico
Dimissioni con altra proposta
Dimissioni senza altra proposta
0,49
0,12
156
156
1,23
0,25
140
134
0,84
0,18
296
290
Media
N
Settore Privato
Media
N
Totale
Media
N
Il settore pubblico e quello privato tuttavia differiscono nel numero di volte che ciascun
manager ha cambiato o ha “rischiato”. Nel settore privato infatti, mediamente un manager si è
licenziato il doppio delle volte rispetto ad un manager pubblico quando aveva un’altra offerta, e
questa differenza è significativa [t-test(294) = -6,10; p = ,0001]. Lo stesso vale per il numero di
volte che un manager si è licenziato nel settore privato non avendo un’altra proposta [t-test(288) = 2,29; p = ,022].
3.3. La rappresentazione del rischio
I manager del settore pubblico ritengono che un’operazione sia rischiosa soprattutto quando
espone l’organizzazione a rischi futuri, quando si ha poca informazione circa l’operazione, quando
le conseguenze non sono prevedibili, quando ci sono molte persone coinvolte, quando è immorale,
quando io non ho le informazioni ma gli altri le hanno (asimmetria) e quando procura dei danni
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
38
all’ambiente. Si veda il grafico per un’esatta collocazione di tutte le descrizioni. Anche per i
manager privati il fattore che conta di più nel definire un’operazione come rischiosa è in ordine, il
rischio futuro che può comportare all’azienda, la scarsa informazione, le conseguenze poco
prevedibili, i danni ambientali, il numero di persone coinvolte, il fatto che sia immorale,
l’asimmetria di informazioni, la mancanza di controllo degli effetti. I fattori meno rilevanti sono
quelli relativi agli effetti differiti nel tempo, al fatto che non sia un’operazione annunciata ma sia
piuttosto capitata tra “capo e collo”, all’opinione esterna all’azienda che la giudica rischiosa, e
all’opinione interna per la stessa questione.
Tra i manager dei due settori, tuttavia esistono delle differenze che riguardano soprattutto il
sentire “emozionale” ed intuitivo circa il fatto che un’operazione sia rischiosa: sono i manager del
settore privato che fanno più affidamento a questi segnali intuitivi ed emozionali nel giudicare il
rischio associato ad un’operazione. I due tipi di manager differiscono anche per il peso che
attribuiscono al fatto che l’operazione sia capitata “tra capo e collo”, che essa riveli i suoi effetti in
un tempo molto lontano, che la posta in gioco sia alta, e che l’opinione pubblica (sia interna che
esterna) all’azienda giudichi l’operazione rischiosa. Tutti questi elementi di giudizio sono
considerati più rilevanti dai manager privati che dai manager pubblici (significatività minori di p =
0,05).
Rappresentazione di una operazione rischiosa (Settore Pubblico)
Settore Pubblico
Ritengo che un’operazione sia rischiosa quando.....
Grado di accordo percentuale
1
2
3
4
5
Per niente Poco Mediamente Molto Estremamente
1
…non riesco a prevedere tutte le possibili conseguenze
4,2
12,7
28,3
36,7
18,1
2
…mi mancano informazioni che invece altre persone hanno
7,2
18,1
29,5
34,3
10,8
3
…ho poca informazione (e nemmeno gli altri ne hanno)
1,8
15,0
27,5
34,1
21,6
4
…non sono io che l’ho promossa ma mi è piuttosto “capitata tra capo e collo”
39,2
34,9
15,1
7,8
3,0
5
…passerà molto tempo prima che se ne vedano gli effetti
36,1
35,5
21,1
6,0
1,2
6
…so che non potrò controllare, grazie alla mia abilità gli effetti negativi
10,2
26,3
27,5
25,1
10,8
7
…“ho la sensazione” che lo sia
31,5
28,5
23,6
10,3
6,1
8
…la posta in gioco è alta
19,8
22,2
29,0
23,5
5,6
9
…le ricadute negative coinvolgeranno molte persone tutte insieme
6,1
18,2
25,5
33,9
16,4
10 …espone l’azienda o l’organizzazione a rischi futuri (es. equilibrio finanziario).
1,8
4,2
14,5
43,0
36,4
11 …comporta qualcosa generalmente considerato immorale, non etico
15,8
16,4
17,0
20,6
30,3
12
36,1
28,3
23,5
9,0
3,0
13 …comporta dei danni all’ambiente (o si scontra con i valori ambientalisti)
9,8
14,6
31,7
30,5
13,4
14 …l’opinione pubblica interna all’azienda pensa che lo sia
28,9
41,6
21,1
7,2
1,2
15
25,7
47,9
21,0
4,2
1,2
29,3
28,1
25,7
13,2
3,6
…si scontra con i valori religiosi dominanti
…l’opinione pubblica esterna all’azienda pensa che lo sia
16 …comporta situazioni nuove, mai affrontate prima
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
39
Rappresentazione di un’operazione rischiosa (Settore Privato)
Settore Privato
Grado di accordo percentuale
Ritengo che un’operazione sia rischiosa quando…
1
2
3
4
5
Per niente Poco Mediamente Molto Estremamente
1
…non riesco a prevedere tutte le possibili conseguenze
0,6
12,1
29,9
36,9
20,4
2
…mi mancano informazioni che invece altre persone hanno
2,5
22,2
28,5
29,7
17,1
3
…ho poca informazione (e nemmeno gli altri ne hanno)
1,9
12,1
21,7
31,8
32,5
4
…non sono io che l’ho promossa ma mi è piuttosto “capitata tra capo e collo”
26,1
37,6
23,6
6,4
6,4
5
…passerà molto tempo prima che se ne vedano gli effetti
17,8
47,8
24,2
7,0
3,2
6
…so che non potrò controllare, grazie alla mia abilità gli effetti negativi
4,5
25,6
30,1
26,3
13,5
7
…“ho la sensazione” che lo sia
9,0
29,7
27,7
25,2
8,4
8
…la posta in gioco è alta
10,9
23,1
31,4
23,7
10,9
9
…le ricadute negative coinvolgeranno molte persone tutte insieme
4,4
17,0
24,5
36,5
17,6
2,5
15,2
40,5
41,8
14,7
22,4
22,4
28,2
10 …espone l’azienda o l’organizzazione a rischi futuri (es. equilibrio finanziario).
11 …comporta qualcosa generalmente considerato immorale, non etico
12,2
12
29,1
32,9
21,5
15,2
1,3
13 …comporta dei danni all’ambiente (o si scontra con i valori ambientalisti)
…si scontra con i valori religiosi dominanti
6,4
13,5
24,4
37,2
18,6
14 …l’opinione pubblica interna all’azienda pensa che lo sia
17,1
38,0
28,5
14,6
1,9
15
18,4
41,8
31,0
6,3
2,5
22,8
29,1
30,4
13,3
4,4
…l’opinione pubblica esterna all’azienda pensa che lo sia
16 …comporta situazioni nuove, mai affrontate prima
Accordo medio per ciascuna dimensione (Settore Pubblico e Privato)
4,5
4
3,5
Settore pubblico
3
Settore privato
2,5
2
1,5
1
0,5
iff
er
iti
ne
lt
em
po
ef
fe
tti
d
ov
a
al
or
ir
el
ig
io
si
nu
iv
co
nt
ro
po
co
ns
ris
ch
i
fu
tu
ri
x
c
eg
a
ai
ue
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a
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m
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n
p
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,
t
n
ho non e
et
in
i
fo
rm co
az
io
no
ni
n
co
nt
ro
llo
ef
fe
tti
0
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
40
Un’analisi fattoriale condotta sulle risposte alle domande dalla 1 alla 16 ha messo in luce la
presenza di 5 fattori (si veda tabella). Il primo fattore descrive i fattori di rischio associati agli
aspetti morali ed etici, il secondo fa riferimento alla componente emozionale, il terzo alla mancanza
di informazione, il quarto all’opinione pubblica e l’ultimo è quello che si potrebbe definire il rischio
oggettivo economico, ovvero la posta in gioco, il numero di persone coinvolte ed i rischi futuri.
Risultato dell’analisi fattoriale sulle dimensioni del rischio: matrice ruotata delle componenti (Settore pubblico e privato)
Componenti
1
Operazione rischiosa quando:
2
3
4
5
Morale Emozionale Informazioni Opinione pubblica Rischio economico
15%
12%
12%
11%
11%
Risk 11 Immorale, non etica
0,82
0,15
0,06
-0,03
-0,03
Risk 13 Danni all’ambiente
0,75
-0,05
0,15
0,08
0,22
Risk 12 Contro i valori religiosi
0,75
0,05
0,01
0,21
0,08
Risk 4
Mi è “capitata tra capo e collo”
0,07
0,69
0,38
0,01
-0,24
Risk 7
“Ho la sensazione” che sia rischiosa
0,00
0,66
-0,12
0,17
0,24
Risk 6
Non controllo effetti
0,02
0,58
0,13
0,00
0,28
Risk 5
Effetti differiti nel tempo
0,19
0,54
0,30
0,20
0,08
Risk 3
Poca informazione
0,00
0,01
0,74
-0,07
0,18
Risk 1
Conseguenze non prevedibili
0,03
0,10
0,72
0,07
0,08
Risk 2
Io non ho informazioni
0,16
0,23
0,68
0,07
-0,09
Risk 14 Lo pensa l’opinione pubblica interna
0,31
0,27
0,03
0,73
0,06
Risk 15
0,39
0,23
-0,03
0,72
0,03
Lo pensa l’opinione pubblica esterna
Risk 16 Comporta una situazione nuova
-0,31
-0,07
0,17
0,60
0,36
Risk 9
Molte persone coinvolte
0,29
0,04
0,12
0,07
0,75
Risk 8
La posta in gioco è alta
-0,08
0,30
0,02
0,25
0,69
0,30
0,27
0,08
-0,41
0,50
Risk 10 Rischi futuri per l'azienda
3.4. L’ottimismo ingiustificato (o bias ottimistico)
Come già riscontrato in altri ambiti, il fenomeno dell’ottimismo ingiustificato è molto
persistente, infatti troviamo che sia i manager pubblici che quelli privati si considerano più propensi
all’innovazione rispetto alla media, meno propensi ad essere conservatori rispetto alla media, più
propensi ad assumere rischi rispetto alla media, più abili rispetto agli altri manager, ritengono di
usare più informazioni, di decidere più velocemente, e di avere idee più innovative (tutte le
differenze sono significative rispetto al punto medio “4” per p < 0,05).
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
41
Quando si va ad osservare se sussistono delle differenze tra i manager pubblici ed i manager
privati in relazione all’intensità del bias ottimistico si riscontra una tendenza sistematica da parte dei
manager pubblici a manifestare il bias in maniera più marcata. Questa differenza nella presenza del
bias diventa significativamente differente nel caso in cui si chieda di valutare, “paradossalmente”, la
propria propensione ad assumere rischi: i manager del settore pubblico ritengono di assumere non
solo più rischi della media degli altri manager pubblici ma addirittura dei manager privati. La
presenza del bias in misura significativamente più marcata nei manager del settore pubblico si
riscontra anche quando valutano la propria abilità, il numero d’informazioni utilizzate, la velocità
con cui decidono e l’innovazione delle idee proposte (si veda il grafico).
Risposte in percentuale alle domande che misurano l’ottimismo ingiustificato (Settore pubblico)
1
Ott 1
Propensione all’innovazione rispetto alle
altre aziende
Ott 2
Conservatori rispetto alle altre aziende
Ott 3
Propenso ad assumere rischi rispetto alla
media dei manager
Ott 4
Abile rispetto alla media dei manager
Ott 5
Fa uso di più o di meno informazioni
rilevanti rispetto alla media dei manager
Ott 6
2
3
4
5
6
7
Molto di
Di
meno
meno
Un po’ di
Nella
Un po’
Di più
Molto di
meno
media
di più
1,8%
5,4%
3,0%
28,1%
24,6%
25,7%
11,4%
6,0%
19,8%
21,6%
33,5%
9,6%
7,8%
1,8%
2,4%
18,6%
30,5%
38,3%
9,6%
,6%
34,3%
34,3%
23,5%
7,2%
3,6%
39,5%
30,5%
19,8%
6,0%
4,8%
24,1%
33,1%
29,5%
8,4%
24,4%
34,5%
29,8%
10,1%
0,6%
0,6%
Decidere più o meno velocemente rispetto
alla media dei manager
Ott 7
Le idee che lei propone sono più o meno
innovative rispetto alla media dei manager
1,2%
più
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
42
Risposte in percentuale alle domande che misurano l’ottimismo ingiustificato (Settore privato)
Ott 1
Propensione all’innovazione rispetto alle
altre aziende
Ott 2
Conservatori rispetto alle altre aziende
Ott 3
Propenso ad assumere rischi rispetto alla
1
2
3
4
5
6
7
Molto di
Di
Un po’ di
Nella
Un po’
Di più
Molto di
meno
meno
meno
media
di più
,6%
6,3%
7,5%
31,4%
25,2%
20,1%
8,8%
3,8%
17,6%
18,2%
41,5%
13,2%
5,0%
,6%
3,8%
6,3%
26,4%
33,3%
23,9%
6,3%
1,3%
3,1%
42,1%
27,7%
23,3%
2,5%
,6%
8,9%
41,8%
27,8%
19,0%
1,9%
3,1%
6,9%
25,2%
37,7%
20,8%
6,3%
2,5%
1,9%
37,1%
31,4%
23,3%
3,8%
media dei manager
Ott 4
Abile rispetto alla media dei manager
Ott 5
Fa uso di più o di meno informazioni
rilevanti rispetto alla media dei manager
Ott 6
Decidere più o meno velocemente rispetto
alla media dei manager
Ott 7
più
Le idee che lei propone sono più o meno
innovative rispetto alla media dei manager
T test per rilevare le differenze significative rispetto al punto medio “4” ( Settore Pubblico)
Intervallo di confidenza della differenza: 95%
t
gdl
Sig. (2 code)
Differenza media
Minimo
Massimo
Ott 1
8,557
166
,000
,910
,70
1,12
Ott 2
-4,559
166
,000
-,485
-,70
-,28
Ott 3
16,620
166
,000
1,317
1,16
1,47
Ott 4
13,936
165
,000
1,024
,88
1,17
Ott 5
10,431
166
,000
,826
,67
,98
Ott 6
14,120
165
,000
1,127
,97
1,28
Ott 7
15,729
167
,000
1,220
1,07
1,37
T test per rilevare le differenze significative rispetto al punto medio “4” (Settore Privato)
Intervallo di confidenza della differenza: 95%
t
gdl
Sig. (2 code)
Differenza media
Minimo
Massimo
Ott 1
6,642
158
,000
,698
,49
,91
Ott 2
-4,123
158
,000
-,396
-,59
-,21
Ott 3
9,403
158
,000
,862
,68
1,04
Ott 4
9,884
158
,000
,761
,61
,91
Ott 5
7,909
157
,000
,614
,46
,77
Ott 6
9,555
158
,000
,849
,67
1,02
Ott 7
10,226
158
,000
,824
,66
,98
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
43
Differenza rispetto al punto medio "4" per i manager dei due settori
1,6
1,4
1,2
1
0,8
0,6
Privati
Pubblici
0,4
0,2
0
de
in
no
va
tiv
e
id
en
te
io
ni
er
ev
el
oc
em
fo
rm
in
us
o
de
ci
d
az
ab
ile
isc
hi
o
er
on
as
su
nz
i
ns
er
va
to
ri
in
no
va
zi
on
e
-0,6
co
-0,4
az
ie
nd
a
-0,2
3.5. Stile decisionale
Lo stile decisionale è stato calcolato facendo una media degli item che compongono la scala
che misura appunto lo stile decisionale, previa inversione degli item formulati in termini negativi
(item 1,2,7,11,14,15,16). La media indica il grado in cui lo stile decisionale adottato è uno stile
sistematico-ragionato piuttosto che uno stile impulsivo-intuitivo. Più elevato il punteggio ottenuto
sulla scala più lo stile decisionale è sistematico-ragionato.
Il punteggio medio ottenuto dai due gruppi di manager è rappresentato in tabella. Come si può
osservare, i manager provenienti dal settore pubblico hanno uno stile decisionale più sistematico e
ragionato ( per lo meno così dichiarano), mentre i manager provenienti dal settore privato hanno
uno stile più impulsivo ed intuitivo. La differenza tra i punteggi medi dei due gruppi è
statisticamente significativa [t-test (324) = 3,144; p = ,002].
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
44
Media dello stile decisionale (valutato su scala a cinque punti). Un punteggio elevato indica uno stile decisionale sistematico,
un punteggio basso indica uno stile decisionale impulsivo-intuitivo.
Categoria
N
Media
Settore Pubblico
167
4,0148
Settore Privato
159
3,8976
3.6. Suscettibilità all’effetto “framing” (incorniciamento)
Non a tutti manager è stata data la stessa versione del problema n. 1. A circa la metà dei
manager (63 pubblici e 90 privati) è stata data una versione in cui il problema era presentato con un
frame positivo, mentre ad un altro gruppo di manager è stata data una versione in cui il problema
era presentato con un frame negativo (105 pubblici e 69 privati). Lo scopo era quello di osservare la
suscettibilità all’effetto framing nei manager del settore pubblico ed in quelli del settore privato.
I risultati delle scelte mostrano che in entrambi i gruppi di manager (sia pubblici che privati)
si osserva un robusto effetto framing. Più precisamente, quando le informazioni sono presentate in
termini di guadagno (frame positivo) la maggioranza dei manager pubblici (72,1%) e la
maggioranza dei manager privati (71,6%) sceglie l’opzione 1, ovvero, l’opzione certa (senza
rischio). Le scelte cambiano però se il problema viene presentato in termini di perdite (frame
negativo). In quest’ultimo caso, l’opzione 1, ovvero la scelta certa, viene preferita solo dal 50,5%
dei manager del settore pubblico e dal 55,9% dei manager del settore privato. Questo spostamento
di preferenze verso l’opzione 2, ovvero l’opzione rischiosa, è il segnale che la formulazione
linguistica della frase in termini positivi o negativi ha avuto l’effetto previsto (l’effetto è
significativo per entrambi i gruppi: χ2 (1) = 7,39; p = 0,007 e χ2 (1) = 4,14; p = 0,042).
Le analisi successive sono volte ad individuare se esista una differenza nel grado di
suscettibilità all’effetto framing nei due gruppi. Per verificare quest’ipotesi abbiamo utilizzato un
modello Log lineare ed osservato se fosse significativa l’interazione a tre vie frame (pos vs. neg) x
settore (pubblico vs. privato) x opzione (1 vs. 2). I risultati, come si può facilmente osservare nel
grafico qui di seguito riportato, mostrano che i due settori non si comportano in maniera
significativa, ovvero, che sono suscettibili al rischio in eguale misura, tenuto conto del framing
indotto dalla formulazione del problema. In altri termini quello che si osserva è un forte effetto della
formulazione, ma questo effetto sembra essere di eguale intensità nei due settori pubblico e privato
[χ2 (3) = 0,25; n.s.]
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
45
Scelte delle opzioni 1 (certa) e opzione 2 (rischiosa) per i due tipi di Frame nelle due diverse categorie di manager
80,00%
72,10%
71,60%
70,00%
55,90%
60,00%
50,50% 49,50%
50,00%
44,10%
40,00%
27,90%
30,00%
Opzione
certa (1)
Opzione
rischiosa
(2)
28,40%
20,00%
10,00%
0,00%
Frame positivo
Settore pubblico
Frame positivo
Settore privato
Frame negativo
Settore pubblico
Frame negativo
Settore privato
3.7. La fallacia del giocatore (o euristica della rappresentatività)
Il problema n. 2 misura il grado in cui le persone possiedono delle credenze non
statisticamente valide circa l’uscita dei numeri in una estrazione casuale. Come è stato già detto, il
fatto che alla roulette sia uscito per 4 volte il colore “rosso” non implica nulla circa la probabilità di
uscita del colore “rosso” o “nero” al prossimo giro della roulette, infatti il risultato proviene da una
estrazione casuale con reinserimento (ovvero, al momento di girare la ruota tutte le caselle possono
ospitare la pallina, sia quelle nere che quelle rosse, indipendentemente dalle caselle che l’hanno
ospitata in precedenza). In termini più colloquiali si dice che la roulette “non ha memoria”.
Le tre risposte fornite ai manager erano le seguenti:
È più probabile che esca il colore “nero”;
È più probabile che esca il colore “rosso”;
Ci sono uguali probabilità che esca il colore “rosso” o il colore “nero”.
L’unica risposta corretta è l’ultima, ovvero, che il colore rosso ha uguali probabilità di uscire
rispetto al colore nero. Osservando la percentuale di risposte corrette nei due gruppi di manager
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
46
osserviamo che l’82% dei manager del settore pubblico ha risposto correttamente contro il 70% dei
manager del settore privato (differenza statisticamente significativa: [χ2 (2) = 9,58; p = .008].
Percentuale media delle risposte dei manager al problema n.2
Settore Pubblico Settore Privato
E’ più probabile che esca il colore “nero”
16,77%
24,20%
E’ più probabile che esca il colore “rosso”
0,60%
5,10%
Ci sono uguali probabilità che esca il colore “rosso” o il colore “nero”
82,63%
70,70%
TOTALE
100,00%
100,00%
Si potrebbe supporre che questo risultato sia legato al maggior grado medio di istruzione dei
manager del settore pubblico rispetto ai manager del settore privato. E’ stata, quindi, condotta
un’analisi per verificare questa ipotesi. Come esemplificato nei grafici la percentuale di risposte
errate e corrette non è significativamente diversa tra coloro che hanno un diploma o attestato e
coloro che hanno conseguito una laurea o più, né per i manager del settore pubblico [χ2 (1) = 1,217;
p = ,27] né per quelli del settore privato [χ2 (1) = 0,015; p = ,90].
Percentuali di risposte errate e corrette al Problema n.2 in funzione
del grado di istruzione (Settore Pubblico)
90%
83,2%
80%
70%
71,4%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
Diploma o Attestato
Laurea o più
28,6%
16,8%
0%
Risposta Errata
Risposta Corretta
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
47
Percentuali di risposte errate e corrette al Problema n.2 in funzione
del grado di istruzione (Settore Privato)
80%
71,0% 70,1%
70%
60%
50%
40%
30%
Diploma o Attestato
29,0% 29,9%
Laurea o più
20%
10%
0%
Risposta Errata
Risposta Corretta
Ulteriori analisi sono state compiute per verificare se gli errori al problema n.2 potessero
essere riconducibili ad uno stile decisionale meno sistematico e ragionato. L’analisi della
regressione logistica, tuttavia, ha mostrato che lo stile decisionale non determina la capacità di
rispondere correttamente al problema [Test di Bontà del modello “Hosmer e Lemeshow” χ2 (8) =
13,32; p = ,10, β = ,477; p = ,214].
3.8. Bilanci mentali focalizzati ed il principio di dominanza
Le risposte al problema numero 3 sono state ricodificate a seconda che fossero “razionali” o
“irrazionali”. In specifico, se un manager rispondeva “A & C” oppure “A & D” la risposta è stata
considerata “sbagliata”, mentre se un manager rispondeva “B & C” oppure “B & D” la risposta è
stata considerata “corretta”. Questo perché il valore atteso delle prime due è inferiore al valore
atteso delle seconde.
Nella tabella seguente sono riportate le frequenze con cui i manager del settore pubblico e i
manager del settore privato hanno risposto al problema numero 3.
La differenza tra le risposte corrette e le risposte sbagliate dei manager dei due settori non è
significativa [χ2 (1) = 0,757; p = ,384].
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
48
Frequenza di risposte sbagliate e corrette al problema n. 3
Settore Pubblico
Risposta
Sbagliata
Corretta
(A&C, A&D)
(B&C, B&D )
71
63
N
Percentuale
Categoria
Settore Privato
53,0%
47,0%
Totale
134
100,0%
N
58
64
122
Percentuale
47,5%
52,5%
100,0%
Totale
N
129
127
256
Percentuale
50,4%
49,6%
100,0%
3.9. Effetto ancoraggio
Di seguito sono espresse le frequenze di persone che in ciascun gruppo hanno ricevuto le due
ancore:
Numero di casi nelle condizioni “ancora bassa “ ed “ancora alta” nei due gruppi di manager
Categoria
Ancora
Settore Pubblico
Settore Privato
Totale
Alta (2500)
38
58
96
Bassa (1500)
130
101
231
168
159
327
Totale
Facendo un’ANOVA 2 (categoria) x 2 (ancora bassa vs. alta) sul valore medio espresso da
ciascun manager si ottiene un effetto del fattore ancora [F (1,259) = 29,04; p = ,000] ma nessuna
interazione con il settore di provenienza. L’effetto ancoraggio viene confermato, ovvero, il prezzo
che si è disposti a corrispondere per l’appartamento è di 1430 euro mensili nel caso di ancora bassa
(1500), mentre è di 1890 mensili nel caso di ancora alta (2500).
Effetto dell’ancora (alta vs. bassa) sulle risposte al problema n. 4
Categoria
Ancora
Media
N
Settore Pubblico
Alta (2500)
1936,21
29
Bassa (1500)
1452,38
105
Totale
1557,09
134
Alta (2500)
1862,77
47
Bassa (1500)
1402,20
82
Totale
1570,00
129
Alta (2500)
1890,79
76
Bassa (1500)
1430,37
187
Totale
1563,42
263
Settore Privato
Totale
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
49
4. Conclusioni dell’indagine
I risultati più significativi emersi dall’indagine sono riassunti qui di seguito:
•
I manager pubblici hanno un livello di istruzione superiore rispetto ai manager privati.
•
I manager del settore pubblico sono mediamente un po’ più anziani di quelli del settore
privato.
•
La maggioranza dei manager impiegati nel settore pubblico ha svolto studi in ambito socio –
economico, giuridico e scientifico. I manager impiegati nel settore privato, invece, hanno
svolto studi in ambito tecnologico, socio – economico e scientifico.
•
I manager del settore privato hanno più potere di licenziare, assumere o spostare, hanno un
budget maggiore di cui disporre liberamente e deve giustificare di meno agli altri le proprie
scelte.
•
I manager pubblici sono meno dinamici (cambiano meno frequentemente lavoro) rispetto ai
manager del settore privato.
•
I manager privati valutano il rischio associato ad un’operazione in forza della loro risposta
emotiva ed intuitiva alla situazione, in misura maggiore di quanto non facciano i manager
pubblici.
•
I manager del settore pubblico mostrano un bias ottimistico più accentuato riguardo alle
proprie qualità. In particolare, ritengono di assumere non solo più rischi della media degli
altri manager pubblici ma addirittura rispetto ai manager privati. Il bias è maggiore nei
manager pubblici anche quando valutano la propria abilità, il numero d’informazioni
utilizzate, la velocità con cui decidono, e l’innovazione delle idee proposte.
•
I manager provenienti dal settore pubblico hanno uno stile decisionale più sistematico e
ragionato (per lo meno così dichiarano), mentre i manager provenienti dal settore privato
hanno uno stile più impulsivo ed intuitivo.
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
•
50
In entrambi i gruppi di manager (sia pubblici che privati) si osserva un robusto effetto
framing.
•
L’82% dei manager del settore pubblico ha risposto correttamente al problema della roulette
contro il 70% dei manager del settore privato.
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
51
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Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
54
Appendice
Questionario utilizzato nell’indagine
Il questionario
Il questionario che le proponiamo di compilare è rigorosamente anonimo ma contiene alcune
domande sulla sua attività lavorativa concernenti argomenti potenzialmente delicati, come ad esempio il
denaro. Siamo consapevoli del carattere riservato di questo tipo di dati e le assicuriamo che le informazioni
che ci fornirà saranno mantenute del tutto confidenziali ed utilizzate al solo scopo di ricerca.
Il suo nome o il suo indirizzo di posta elettronica non compariranno in alcuno dei resoconti, né privati
né pubblici, così come il nome della azienda per cui lei lavora. Potrà riconsegnare in busta chiusa il
questionario che le consegniamo, garantendo così l’assoluto anonimato.
I dati, comunque, saranno utilizzati al solo scopo di ricerca e non verranno ceduti a terzi.
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
55
Nella sua attività professionale, le decisioni che lei è chiamato a prendere possono comportare un
certo grado di rischio. Che cosa intende quando reputa che una certa operazione professionale sia
“rischiosa”?
Per rispondere, indichi quanto è d’accordo con ciascuna delle seguenti affermazioni mettendo una
crocetta sulla casella corrispondente.
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto
quando non riesco a prevedere tutte le possibili
conseguenze
Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto
quando mi mancano informazioni che invece altre
persone hanno
Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto
quando ho poca informazione (e nemmeno gli altri ne
hanno)
Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto
quando non sono io che l’ho promossa ma mi è
piuttosto “capitata tra capo e collo”
Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto
quando passerà molto tempo prima che se ne vedano
gli effetti
Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto
quando so che non potrò controllare, grazie alla mia
abilità gli effetti negativi, nel caso andasse male
Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto
quando “ho la sensazione” che lo sia
Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto
quando la posta in gioco è alta
Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto
quando le ricadute negative coinvolgeranno molte
persone tutte insieme
Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto
quando espone l’azienda o l’organizzazione a rischi
futuri (es. equilibrio finanziario).
Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto
quando comporta qualcosa generalmente considerato
immorale, non etico
Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto
quando si scontra con i valori religiosi dominanti
Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto
quando comporta dei danni all’ambiente (o si scontra
con i valori ambientalisti)
Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto
quando l’opinione pubblica interna all’azienda pensa
che lo sia
Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto
quando l’opinione pubblica esterna all’azienda pensa
che lo sia
Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto
quando comporta situazioni nuove, mai affrontate
prima
Per niente
d’accordo
†
poco mediamente molto
†
†
estremamente
d’accordo
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
56
Come descriverebbe la propensione all’innovazione della sua organizzazione rispetto alle altre
aziende o organizzazioni del settore?
Molto di meno
†
di meno
†
un po’ di meno
†
nella media
†
un po’ di più
†
di più
†
molto di più
†
Come descriverebbe la tendenza ad essere conservatori nella sua organizzazione rispetto alle altre
aziende o organizzazioni del settore?
Molto di meno
†
di meno
†
un po’ di meno
†
nella media
†
un po’ di più
†
di più
†
molto di più
†
Secondo la sua opinione, lei si considera più o meno propenso ad assumere rischi per
l’organizzazione al fine di realizzarne gli obiettivi, rispetto alla media dei manager del suo settore
(con la stessa età, nazionalità e sesso)?
Molto di meno
†
di meno
†
un po’ di meno
†
nella media
†
un po’ di più
†
di più
†
molto di più
†
Secondo la sua opinione, lei si considera un manager più o meno abile rispetto alla media dei
manager del suo settore (con la stessa età, nazionalità e sesso)?
Molto di meno
†
di meno
†
un po’ di meno
†
nella media
†
un po’ di più
†
di più
†
molto di più
†
Secondo la sua opinione, quando prende una decisione fa uso di più o di meno informazioni
rilevanti rispetto alla media dei manager del suo settore (con la stessa età, nazionalità e sesso)?
Molto di meno
†
di meno
†
un po’ di meno
†
nella media
†
un po’ di più
†
di più
†
molto di più
†
Secondo la sua opinione, ritiene di decidere più o meno velocemente rispetto alla media dei
manager del suo settore (con la stessa età, nazionalità e sesso)?
Molto di meno
†
di meno
†
un po’ di meno
†
nella media
†
un po’ di più
†
di più
†
molto di più
†
Rispetto alla media dei manager del suo settore (con la stessa età, nazionalità e sesso), le idee che
lei propone sono più o meno innovative?
Molto di meno
†
di meno
†
un po’ di meno
†
nella media
†
un po’ di più
†
di più
†
molto di più
†
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
57
Pensi alle decisioni che normalmente prende nel corso della sua attività professionale
Quanto deve giustificare le decisioni ad altri?
†
mai
†
raramente
†
qualche volta
†
spesso
†
sempre
Quante volte è obbligato a prendere una decisione nonostante avrebbe bisogno di più tempo per
valutare gli aspetti del problema?
†
mai
†
raramente
†
qualche volta
†
spesso
†
sempre
Quando decide su questioni per le quali ha la piena autonomia, sente il parere di altre persone?
†
mai
†
raramente
†
qualche volta
†
spesso
†
sempre
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
58
Di seguito le verranno elencate una serie di affermazioni che la descrivono. Esprima il suo giudizio
per ognuna delle affermazioni indicando quanto spesso compie ciascuno dei comportamenti
descritti mettendo una crocetta sulla casella corrispondente.
†
mai
Agisco senza riflettere sui problemi
Non chiedo a nessuno di aiutarmi a definire i problemi che mi si
presentano
Discuto le scelte con i miei amici o colleghi
Cerco di trovare gli aspetti positivi delle possibili scelte
Prendo le decisioni in base a quello che mi dicono i miei
superiori
Faccio una graduatoria delle scelte prima di prendere una
decisione
Quando prendo una decisione non penso alle scelte prese in
passato
Riesco a definire i problemi che mi si presentano con facilità
Cerco informazioni che mi aiutino a comprendere i problemi
Penso ai diversi modi di affrontare i problemi
Non sono solito discutere le scelte con i membri della mia
famiglia
Considero i rischi di una scelta prima di prendere una decisione
Quando sono di fronte ad una decisione, mi rendo conto che
alcune scelte sono meglio di altre
Quando prendo una decisione non considero tutta
l’informazione che ho sulle diverse scelte
Prima di prendere una nuova decisione non penso a come è
andata quella precedente
Faccio una scelta senza pensarci sopra
Cerco di trovare gli aspetti negativi delle possibili scelte
Considero i benefici di una scelta prima di prendere una
decisione
Se le conseguenze di una decisone sono state negative, la volta
successiva cambio decisione
†
†
raramente qualche volta
†
†
spesso sempre
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
59
PROBLEMA N 1
Immagini di essere il responsabile del personale di una grande società che si avvale della
collaborazione di professionisti esterni, le cui prestazioni vengono retribuite attraverso
finanziamenti provenienti dalla comunità europea. A causa di alcuni tagli a tali finanziamenti, 600
contratti Co.Co.Co sono a rischio. Il management ha individuato due opzioni per affrontare tale
situazione di crisi.
Se l'opzione 1 sarà scelta, esattamente 400 contratti di lavoro verranno persi
[Se l'opzione 1 sarà scelta, esattamente 200 contratti di lavoro verranno preservati]
Se l'opzione 2 sarà scelta, vi è un terzo di probabilità che nessun contratto sarà perso e due
terzi di probabilità che tutti i 600 contratti di lavoro saranno persi.
[Se l'opzione 2 sarà scelta, vi è un terzo di probabilità che tutti i 600 contratti verranno
preservati e due terzi di probabilità che nessun contratto verrà preservato]
Quale opzione sceglierebbe? _______
PROBLEMA N 2
Immagini che un suo amico sia andato al casinò. Al tavolo della roulette esce per quattro volte di
seguito il colore “rosso”. Fra i seguenti pensieri che il suo amico potrebbe formulare riguardo alla
quinta estrazione, qual è a suo parere quello corretto?
È più probabile che esca il colore “nero”;
È più probabile che esca il colore “rosso”;
Ci sono uguali probabilità che esca il colore “rosso” o il colore “nero”.
PROBLEMA N 3
Le saranno presentate due scommesse. Per ciascuna scommessa dovrà scegliere un’opzione:
SCOMMESSA 1:
A: un guadagno sicuro di 240 €
B: 25% di probabilità di guadagnare 1.000 € e 75% di probabilità di non guadagnare nulla
SCOMMESSA 2:
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
60
C: una perdita sicura di 750 €
D: 75% di probabilità di perdere 1.000 € e 25% di probabilità di non perdere nulla
Scelgo le seguenti due opzioni: ________ e _______
PROBLEMA N 4
Immagini di essere stato incaricato dal suo superiore di trovare un locale da prendere in affitto.
Sta valutando la seguente offerta: un locale di 200 metri quadri (sufficiente per le mansioni cui
dovrà essere adibito), molto luminoso, provvisto di condizionamento dell’aria, a 3 km dalla sede
amministrativa. Il canone di affitto chiesto dal proprietario è pari a 1.500 euro mensili [2500 euro
mensili].
Il suo superiore vuole sapere quale, a suo avviso, è il canone massimo che potrebbe essere
corrisposto mensilmente.
A mio avviso, si dovrebbe corrispondere mensilmente non più di €___________
Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
DATI ANAGRAFICI
a. Anno di nascita: _________
b. Stato civile:
† sposato
† non sposato
† separato/divorziato
† vedovo
c. Numero di componenti il nucleo familiare escluso lei: _____
d. Provincia di residenza: ______________________________
e. Scolarità:
†
†
†
†
diploma di maturità
laurea
laurea e specializzazione
laurea e dottorato
f. Ambito di studi:
† scientifico
† tecnologico
† socio-economico
† giuridico
† umanistico
DATI PROFESSIONALI
a. Provincia in cui risiede l’azienda:
______________________________
b. Numero di dipendenti dell’azienda:
______________________________
c. Numero di persone alle sue dipendenze: ____________________________
d. Da quanti anni lavora? ____
e. Da quanti anni ricopre il ruolo di manager? ____
f. Da quanti anni svolge la sua professione attuale? ____
g. Da quanti anni è impiegato presso l’azienda/ente in cui attualmente lavora? ____
h. Quanti gradi gerarchici (livelli) la separano dall’ amministratore delegato/direttore generale?
____
i. In quale area professionale ha svolto la maggior parte della sua carriera?
†
†
†
†
†
†
contabilità / amministrazione
marketing / comunicazione
finanza / bilancio
produzione
progettazione / programmazione
risorse umane
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Strategie decisionali manager pubblici vs. privati
j. In quale area professionale attualmente è impiegato?
†
†
†
†
†
†
contabilità / amministrazione
marketing / comunicazione
finanza / bilancio
produzione
progettazione / programmazione
risorse umane
k. Qual è il suo inquadramento?
†
†
†
†
funzionario / dirigente responsabile 1° livello
quadro / funzionario direttivo
dirigente
amministratore delegato/direttore generale
l. Qual è la più grande spesa per beni capitali che lei può fare senza chiedere l’autorizzazione di
altri? €_______________________
m. Qual è il numero di dipendenti manager alle sue dipendenze? ______
n. In che misura lei ha il potere di influire sulla carriera dei sottoposti (es. assumere, spostare di
ruolo e licenziare)?
†
Per nulla
†
†
†
†
poco
abbastanza
molto
moltissimo
o. Quante volte, negli ultimi 15 anni, lei ha dato volontariamente le dimissioni da una azienda o
amministrazione:
1. avendo già una proposta di passaggio da un’altra azienda o amministrazione: ____
2. non avendo nessuna proposta di passaggio da un’altra azienda o amministrazione: ____
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