7 Applicabilità della normativa urbanistica e delle di
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7 Applicabilità della normativa urbanistica e delle di
7 Applicabilità della normativa urbanistica e delle disposizioni in tema di beni ambientali e culturali È di tutta evidenza che gli impianti, diversi da quelli utilizzati in determinate lavorazioni e terapie mediche, dai quali normalmente vengono generati campi elettromagnetici e cioè ripetitori radiotelevisivi, antenne per telefonia cellulare ed elettrodotti, per dimensioni e modalità di collocazione possono incidere in modo rilevante sull’assetto urbanistico, paesaggistico e storico architettonico del territorio. Non è dunque un caso che proprio alla normativa urbanistica facesse riferimento la prima applicazione di una disposizione penale in materia di inquinamento elettromagnetico con conseguente condanna, per violazione dell’articolo 20 lettera A) Legge 47/1985, di un direttore dei lavori dell’ENEL per aver promosso e realizzato la costruzione di un elettrodotto con tracciato non previsto dai piani urbanistici dei Comuni sul territorio da esso attraversato e non stabilito d’intesa tra lo Stato e la Regione, sentiti i Comuni medesimi1. È altrettanto evidente che su tale caratteristica si è pure incentrata, come vedremo, l’attenzione di alcuni giudici di merito per conseguire, indirettamente, quella protezione della salute che altre disposizioni specifiche non offrivano quando ancora non si era pervenuti all’interpretazione estensiva dell’articolo 674 c.p. di cui si è detto in precedenza. La questione è stata considerata anche nella Legge-quadro 36/2001 dove, nell’articolo 5, si prevede l’emanazione, mediante decreto ministeriale, di specifiche misure relative agli aspetti tecnici degli impianti e la collocazione dei tracciati per la progettazione, la costruzione di nuovi impianti e la modifica di quelli esistenti. Sempre con riferimento agli impianti in esame, deve ricordarsi il rilievo che ora assume sulla materia urbanistica il D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 198 recante “Disposizioni volte ad accelerare la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni strategiche per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 21 dicembre 2001, n. 443”2 con il quale le infrastrutture di telecomunicazioni considerate strategiche (ai sensi dell’articolo 1, comma 1, L. 21 dicembre 2001, n. 443), sono dichiarate opere di interesse nazionale; quelle di telecomunicazioni per impianti radioelettrici (ad esclusione delle torri e dei tralicci relativi alle reti di televisione digitale terrestre) sono dichiarate compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e realizzabili in ogni parte del territorio comunale, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad ogni altra disposizione di legge o di 1 Pret. Pietrasanta sent. 23-2-1987. 2 Per un primo commento v. MURATORI “Il D.Lgs. 198/2002: ‘antenna selvaggia’?” in Ambiente Consulenza e pratica per l’impresa n. 11/2002 pag. 1021. 173 7. Applicabilità della normativa urbanistica e delle disposizioni in tema di beni ambientali e culturali ■ 174 regolamento. Le altre infrastrutture, delle quali si occupano gli art. 7, 8 e 9 del D.Lgs., sono invece assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria. L’installazione delle infrastrutture di telecomunicazioni per impianti radioelettrici di cui all’articolo 4 viene autorizzata dagli Enti locali, previo accertamento, da parte delle ARPA ovvero dall’organismo indicato dalla Regione, della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, stabiliti ai sensi della Legge quadro sull’inquinamento elettromagnetico n. 36/2001. Vengono comunque fatte salve le disposizioni a tutela dei beni ambientali e culturali di cui al D.Lgs. 490/1999 e quelle a tutela delle servitù militari di cui alla legge 24 dicembre 1976, n. 898. Parte Terza - La tutela penale Rinviando alla più approfondita disamina del D.Lgs. 198/2002 effettuata in altra parte di questo volume (unitamente all’analisi della giurisprudenza amministrativa in tema di titolo abilitativo richiesto per l’installazione degli impianti, gli aspetti igienico-sanitari indirettamente connessi con l’installazione, la necessità della valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) ora esclusa dal predetto decreto legislativo ecc.) va detto che lo stesso, ad una prima non condivisibile lettura dei giudici di merito3, è stato utilizzato per escludere tout court la necessità della concessione edilizia per l’installazione di impianti del tipo di quelli contemplati nel decreto senza tuttavia considerare che, dalla semplice lettura delle disposizioni in esso contenute, non sembra essere stata del tutto eliminata la necessità di un procedimento amministrativo di autorizzazione che il legislatore dichiara soltanto di voler rendere più spedito. Lo si ricava, infatti, dalla previsione di una preventiva verifica della compatibilità con i limiti di legge e dalla attenzione manifestata verso le esigenze di tutela del patrimonio paesaggistico e culturale di cui tratta il T.U. 490/1999 espressamente richiamato. Ferme restando, dunque, le puntuali riserve che hanno accompagnato la promulgazione del discusso provvedimento, deve concludersi che lo stesso non può comunque essere letto come un totale disimpegno del legislatore dalle problematiche connesse con l’impatto urbanistico e paesaggistico degli impianti. Ciò posto, vale la pena ricordare come, in campo penale, non vi sia una copiosa produzione giurisprudenziale in tema di installazione di elettrodotti ed antenne e normativa urbanistica. Sebbene in un primo tempo la Corte di Cassazione, con riferimento ad un’antenna montata su traliccio di notevoli dimensioni, abbia riconosciuto la necessità della concessione edilizia per l’installazione4, in altra decisione ha evidenziato che la sistemazione di una antenna per trasmissioni radiotelevisive sul tetto di un cascinale isolato non richiede la concessione edilizia5. 3 Tribunale Venezia Sez. riesame Ord. 23-10-2002, Minervini. La pronuncia è stata confermata da Cass. Sez. III, 4-3-2003. 4 Cass. Sez. III, n. 569 del 16-1-1988 in Riv. Giur. Ed. 1989, I, pag. 438. 5 Cass. Sez. III, 2-4-1990, Del Prete. Sullo stesso piano delle Sezioni Unite si muove poi la successiva giurisprudenza che ha ripetutamente affermato il principio condiviso anche dalla dottrina. Al fine di valutare dunque l’incidenza, sotto il profilo urbanistico, di un determinato impianto occorrerà valutare se lo stesso, per dimensioni e ubicazione, sia idoneo a determinare una trasformazione edilizia e urbanistica del territorio richiedendo così la preventiva valutazione della competente amministrazione comunale che prelude al rilascio della concessione edilizia (o permesso di costruire, secondo la terminologia utilizzata dal T.U.). Tale valutazione, peraltro, è stata utilizzata dalla giurisprudenza di legittimità anche con riferimento ad altre tipologie di impianti osservando, ad esempio, che “qualsiasi impianto costituito da strutture fisse, saldamente ancorate al suolo, la cui installazione comporta una indubbia modifica dell’assetto del territorio, necessita del rilascio della concessione edilizia, mentre a nulla rileva, in contrario, che tale impianto sia integrato o prevalentemente costituito da un macchinario semovente”8. Al contrario, qualora l’impianto non determini una incidenza effettiva sull’assetto urbanistico o, comunque, abbia natura di semplice pertinenza o presenti caratteristi6 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia” originariamente pubblicato nel supplemento ordinario n. 239/L alla G.U. serie gen. n. 245 del 20 ottobre 2001 con successive correzioni e rettifiche cui ha fatto seguito la ripubblicazione con le relative note, ai sensi dell’art. 10, comma 3, del D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092. L’entrata in vigore del T.U. è stata differita al giugno 2003 e successivamente, ma solo per una parte, al gennaio 2004. Esso è stato inoltre modificato ed integrato con il D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 301 (in G.U. n. 16 del 21 gennaio 2003). 7 Cass. S.U. 21-12-1993, (ud. 12-11-1993), n. 11635, Borgia in Riv. Giur. Edil. 1994, I, pag. 405 e ss. 8 Cass. Sez. III, n. 9138 del 22-8-2000, P.M. in proc. Migliorini e altro in Riv. Pen. n. 7-8-2001 pag. 662. La vicenda riguardava la costruzione di un carro-ponte semovente su binario. 175 7. Applicabilità della normativa urbanistica e delle disposizioni in tema di beni ambientali e culturali Va tuttavia rilevato che, mentre la legge 28 febbraio 1985 n. 47 non faceva espresso riferimento agli impianti di cui si tratta, il nuovo T.U. in materia edilizia6 colloca, tra gli interventi di “nuova costruzione” (subordinati al “permesso di costruire” che prende ora il posto della concessione edilizia prevista dalla legge 47/1985), “l’installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione”. Tale precisazione, dunque, sembra propendere verso l’orientamento più rigoroso espresso dalla giurisprudenza di legittimità. La questione relativa alla necessità o meno della concessione edilizia per gli impianti di cui si tratta sembra essere risolvibile, per quanto attiene gli aspetti penali che qui interessano, tenendo presente, oltre il dato normativo laddove detti impianti vengono espressamente menzionati, anche i principi generali in base ai quali viene individuato l’interesse protetto dalla normativa urbanistica. Illuminante appare, a tale proposito, quanto indicato dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione7 le quali hanno precisato che il bene tutelato è quello relativo ad un corretto sviluppo del territorio in conformità alla normativa urbanistica e non più il semplice controllo dell’attività edificatoria da parte della pubblica amministrazione cui si riferivano, invece, le disposizioni previgenti. Parte Terza - La tutela penale 176 che di precarietà, non sarà ravvisabile alcuna violazione penale per l’assenza di concessione edilizia. A tale proposito occorre ricordare che riguardo alla “pertinenza” la giurisprudenza della Corte di cassazione ha affermato che essa “…ha caratteristiche diverse da quella contemplata dal codice civile. Si fonda su dati, desumibili anche dalla normativa catastale; comporta l’impossibilità di destinazioni ed utilizzazioni autonome; si sostanzia nei requisiti della destinazione strumentale alle esigenze dell’immobile principale, risultante sotto il profilo funzionale da elementi oggettivi, dalla ridotta dimensione sia in senso assoluto sia in relazione a quella al cui servizio È complementare, dall’ubicazione, dal valore economico rispetto alla cosa principale e dall’assenza del cosiddetto carico urbanistico”9. Va inoltre aggiunto che il regime normalmente previsto per le pertinenze non opera nel caso in cui le stesse siano realizzate in zona soggetta a vincolo paesaggistico o storico architettonico10. Per quanto riguarda invece gli interventi “precari”, va detto che gli stessi non vengono quasi mai espressamente menzionati dal legislatore11 e sono stati prevalentemente considerati, con estremo rigore, dalla giurisprudenza di legittimità che ha precisato come l’intervento edilizio “precario” deve essere destinato oggettivamente ad un uso temporaneo e limitato e per tali sue caratteristiche non determina una trasformazione permanente dell’originario assetto del territorio. L’atteggiamento della giurisprudenza in tema di manufatti precari è ancor più rigoroso laddove gli stessi insistano in zone sottoposte a vincolo paesaggistico e ciò in considerazione della particolarità dei luoghi ove la condotta viene posta in essere. Tale indirizzo, peraltro applicabile anche con riferimento alle zone sottoposte a vincolo storico-architettonico ed ora prese in considerazione, unitamente a quelle aventi rilevanza paesaggistica dal D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo Unico sui Beni Culturali e Ambientali), prescinde dalla precarietà o meno dell’opera. La Corte di cassazione12 ha infatti osservato a tale proposito che “la nozione restrittiva di manufatto precario si riverbera sui suoi requisiti, sicché la temporaneità non può essere desunta dalla subiettiva destinazione dell’opera data dal costruttore o dall’installatore, ma deve ricollegarsi ad un uso realmente precario o temporaneo, per fini specifici e cronologicamente delimitabili, risultanti dai più svariati elementi”, ed ha accolto una nozione di opera precaria “basata sul criterio c.d. funzionale, onde le opere devono essere realizzate per far fronte ad esigenze tipicamente transitorie e destinate ad essere rimosse in breve termine, anche se il criterio “strutturale”, basato 9 Cass. Sez. III 21-3-1997, n. 4056, Fera. V. anche Sez. III 2-2-2001, Di Francesco ed altre conf. 10 Si veda a tale proposito l’articolo 7 del D.L. 9/1982 convertito nella legge 25 marzo 1982 n. 84. In giurisprudenza v. Cass. Sez. III sent. 3145 del 18-12-2000, Gialli in Rivistambiente n. 2/2001 pag. 188 e Cass. Sez. III 31-1-1994, Paolillo in Riv. Pen. 1995 pag. 232. 11 Tranne che nell’articolo 3 comma primo, lettera e.5 T.U. laddove si fa riferimento agli interventi che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee ed a quelli per attività di ricerca descritti nell’articolo 6. 12 Cass. Sez. III, 7-3-1997, Arcucci in Riv. Pen. 10/1997 pag. 937. In altra occasione si è invece richiamata la irrilevanza della precarietà dell’intervento ai fini della configurazione del reato ed osservato, tra l’altro, come la preventiva autorizzazione sia comunque richiesta non solo perché possa verificarsi la effettiva temporaneità dell’intervento, ma anche per un necessario controllo circa l’adozione delle dovute cautele nella fase della esecuzione e della rimozione13. La questione relativa ai c.d. interventi precari assume estrema rilevanza con riferimento ad una particolare tipologia di impianti generanti campi elettromagnetici: i ripetitori per telefonia cellulare. È sempre più frequente, infatti, l’utilizzazione di impianti, anche di rilevanti dimensioni, montati su carrelli o rimorchi su ruote gommate, il più delle volte regolarmente immatricolati ed idonei alla circolazione stradale ed indicati come destinati ad un uso temporaneo ovvero a semplici “prove tecniche di trasmissione”. Tali accorgimenti, peraltro non dissimili ad altri utilizzati per dissimulare abusi edilizi (come nel caso delle c.d. “case mobili” montate su ruote o rotaie) sono stati ripetutamente oggetto di esame da parte dei giudici di merito e di legittimità. In un primo caso, infatti, è stata riconosciuta la necessità della concessione edilizia e, qualora il manufatto insista su area vincolata, anche della preventiva autorizzazione dell’ente preposto alla tutela del vincolo per un carrello su ruote sormontato da un’antenna per la telefonia cellulare14. Il provvedimento veniva tuttavia annullato dalla Corte di cassazione15 la quale precisava come fosse del tutto irrilevante il riferimento effettuato dal Tribunale alle nozioni di “precarietà” e “stagionalità” in quanto il punto nodale della vicenda era rappresentato dall’assenza di alterazioni del territorio conseguenti alla collocazione del carrello all’interno di un’area adibita a campeggio ove tale veicolo, se non per le dimensioni, non differiva dagli altri veicoli che legittimamente stazionavano in loco. In altre occasioni, al contrario, la giurisprudenza è giunta — con riferimento a diverse fattispecie dove la destinazione non precaria risultava ampiamente dimostrata — a conclusioni ben diverse. In un caso16 la necessità della concessione edilizia e del “nulla osta” paesaggistico veniva riconosciuta con riferimento ad un carrello sormontato da un palo di 25 metri 13 Cass. Sez. III, 1-12-1999 (ud. 15-10-1999), n. 13716, Di Tommaso in Riv. Pen. 5/2000 pag. 477. 14 Trib. Venezia - Sez. Distrett. Riesame Ord. 26-7-2001, Canale in Rivistambiente 4-5-2002 pag. 460. 15 Cass. Sez. III, n. 397 del 8-3-2002, Canale ed altro. 16 Trib. Venezia, ord. 27-2-2002, Pucci. 177 7. Applicabilità della normativa urbanistica e delle disposizioni in tema di beni ambientali e culturali sulle caratteristiche dei materiali, sulla loro consistenza e tipologia, sull’essere il manufatto stabilmente infisso al suolo e di notevoli dimensioni, costituisce un indice di assenza di precarietà”. 178 di altezza avente sulla sommità tre antenne di forma rettangolare ed una di forma circolare e saldamente ancorato su una piattaforma formata da lastre prefabbricate di calcestruzzo armato poggiate sul terreno. I giudici richiamavano l’attenzione sulla natura “stabile e continuativa” dell’intervento e sulla conseguente assenza di qualsivoglia requisito di precarietà che determinava una permanente compromissione dell’equilibrio urbanistico del territorio. L’ordinanza veniva successivamente confermata dalla Corte di Cassazione17 che sottolineava la correttezza dell’iter logico e giuridico seguito dai giudici di primo grado, specie con riferimento alla natura di costruzione in senso tecnico di quanto realizzato (ed alla conseguente necessità dell’autorizzazione) ed all’assenza del requisito della precarietà per il fatto che il manufatto non era destinato ad uso momentaneo, predeterminato e circoscritto nel tempo. Parte Terza - La tutela penale Sempre sul difetto di “precarietà” degli impianti montati su carrelli interveniva successivamente, in modo molto netto, una nuova pronuncia della Corte di cassazione18 la quale richiama un precedente indirizzo interpretativo, definito consolidatissimo, secondo il quale “rientrano nella previsione delle norme urbanistiche e richiedono la concessione dell’autorità comunale non solo i manufatti tradizionalmente compresi nelle attività murarie, ma anche le opere di qualsiasi genere, nel suolo o sul suolo, senza che abbia rilevanza giuridica il mezzo tecnico con cui si sia assicurata la stabilità del manufatto (infissione o appoggio al suolo) i quanto la stabilità non va confusa con l’inamovibilità della struttura o con la perpetuità della funzione ad essa assegnata dal costruttore, ma si estrinseca nell’oggettiva destinazione dell’opera a soddisfare un bisogno non provvisorio, ossia nell’attitudine ad una destinazione che non abbia il carattere della precarietà, cioè non sia temporanea o contingente”. Nel caso trattato, osservava la Corte, i requisiti che rendono necessaria la concessione edilizia erano presenti, mentre era assente ogni elemento di precarietà come si desumeva dall’assenza di veicoli idonei al trasporto del carrello ove era installato l’impianto e dal periodo di permanenza sul posto iniziato circa tre anni prima. Veniva anche precisato come le diverse conclusioni cui era giunta la Corte in altra occasione19 fossero rappresentative non già di un diverso orientamento interpretativo, bensì di mera valutazione di fattispecie del tutto diversa. A conclusioni pressoché analoghe perveniva altra successiva pronuncia20 sempre escludendo la rilevanza delle caratteristiche costruttive e la precarietà dell’impianto. A tale ultimo proposito, veniva evidenziata non soltanto la consistenza non indif17 Cass. Sez. III, n. 1114 del 7-11-2002, Nokia Italia S.p.a. cit. 18 Cass. Sez. III, n. 1337 del 10-12-2002, Gro. 19 Il riferimento era a Cass. Sez. III, n. 397 del 8-3-2002, Canale ed altro, cit. che trattava, come si è detto, di un carrello collocato in un campeggio unitamente ad altri veicoli (roulotte e camper). 20 Cass. Sez. III, n. 1235 del 13-11-2002, Minervini. Nello stesso senso si è orientata la giurisprudenza con riferimento alle violazioni in zone ove vige il vincolo paesaggistico, ponendo l’accento sul fatto che la l’attività soggetta ad autorizzazione (e quindi penalmente rilevante) è solo quella idonea ad incidere in modo apprezzabile sull’assetto (paesaggistico) del territorio23. La casistica, sul punto, è molto ampia e l’orientamento — univoco — della Corte di Cassazione ha trovato anche conferma da parte del giudice delle leggi24. È dunque evidente che, con riferimento all’installazione di impianti di dimensioni ridotte in aree in cui è applicabile la disciplina stabilita dal T.U. 490/1999 (e per i quali, al momento, non risultano pronunce note) occorrerà fare riferimento ai sud21 Vedi Cass. Sez. III, n. 6421 del 25-6-1993; Sez. III, 20-11-1998, n. 12003, Ferrari ; Sez. III, 10-5-1999, n. 5834, Buono in Riv. Giur. Ed. 5/2000 pag. 986; Sez. III, n. 14446 del 23-12-1999, Mariani. 22 Così Cass. Sez. III n. 22733 del 7-3-2000, Gajo cit.; Sez. III 1-6-2001, P.M. in proc. Pinarello in Cass. Pen. n. 12/ 2002 pag. 3851 con nota di P. TANDA “Principio di offensività e reati in materia di beni culturali e ambientali”. 23 V. ad es. Cass. Sez. III, 28-5-2001, Gavagnin ed altre prec. conf. 24 Corte Cost. n. 247 del 18-7-1997 in G.U. n. 30 del 23-7-1997. 179 7. Applicabilità della normativa urbanistica e delle disposizioni in tema di beni ambientali e culturali ferente delle dimensioni dell’impianto ma anche la destinazione dello stesso ad essere utilizzato in via permanente o, comunque, a tempo indeterminato come era desumibile, tra l’altro, anche dal fatto che il ricorrente a sua difesa aveva affermato che la destinazione dell’impianto era quella di ottenere la “copertura” della parte di territorio ove l’impianto insisteva a completamento della rete di telefonia cellulare. Va infine aggiunto che, verosimilmente, non mancheranno ulteriori pronunce della Corte, che sembra comunque aver individuato un criterio di valutazione univoca, stante la diffusa utilizzazione delle antenne su carrello. Non meno rilevanti appaiono, inoltre, le questioni che possono sorgere in merito alla presenza di impianti stabilmente presenti in zone sottoposte a vincolo paesaggistico o storico architettonico ma aventi dimensioni tali da non richiedere il rilascio di concessione edilizia. Le differenze, ormai pacificamente riconosciute in dottrina e giurisprudenza, tra la disciplina urbanistica e quella sui beni ambientali e culturali (che giustificano, ad esempio, il concorso tra i reati previsti dalle diverse disposizioni che regolano le materie) rendono evidente che il problema, in tal caso, è rappresentato dalla necessità di individuare la offensività in concreto della condotta posta in essere. Tanto il reato previsto dall’articolo 118 del D.Lgs. 490/1999, quanto quello previsto dall’articolo 163 del medesimo T.U., sono reati formali di pericolo presunto. Nel caso di intervento eseguito su immobile sottoposto a vincolo storico-architettonico, si è osservato che lo stesso si perfeziona con mera realizzazione degli interventi non autorizzati, indipendentemente dal pregiudizio arrecato al bene tutelato (e senza che assuma rilievo il rilascio della prescritta autorizzazione in un momento successivo all’esecuzione delle opere)21 purché sussista un minimo di idoneità offensiva della condotta tale da incidere sul bene tutelato nel senso della diminuzione del godimento estetico complessivo22. 180 detti principi generali, tenendo tuttavia conto di una importante precisazione della Corte di Cassazione25 sulla necessità di prendere in considerazione l’incidenza complessiva dell’intervento sull’area soggetta a protezione valutando il contesto ambientale in cui la stessa si colloca. Tale valutazione deve essere effettuata considerando anche il pericolo di reiterazione di un intervento, pur se modesto (quello preso in considerazione dalla Corte riguardava lo spostamento di una canna fumaria e la installazione di una unità di raffreddamento di un sistema di condizionamento in area sottoposta a vincolo paesaggistico). Parte Terza - La tutela penale Successivamente si è ulteriormente precisato che “il riferimento al criterio di concreta offensività può essere accettato solo in ambiti estremamente marginali che, secondo l’elaborazione giurisprudenziale, possono riguardare casi in cui l’assenza di pericolo di lesione del bene tutelato sia verificabile ictu oculi e, cioè, al di là di ogni ragionevole dubbio. Sicché non può apparire compatibile con la rigorosa disciplina normativa, appena richiamata, il riconoscimento di inoffensività, sul piano concreto, di una nuova opera, che, in quanto tale, al di là delle dimensioni, per il solo fatto di essere introdotta in un paesaggio rigorosamente tutelato nella sua integrità, ne determina inevitabilmente una modifica e, quindi, un “pericolo di alterazione”; pericolo che, con riferimento alla sua sussistenza, al momento della consumazione dell’abuso, non può ritenersi vanificato da successiva autorizzazione in sanatoria”26. 25 Cass. Sez. III, 11-12-1998, Zane; Cass. Sez. III 16-2-2000 P.M. in proc. Roglioni ed altro. 26 Cass. Sez. III, n. 1401 del 31-5-2000, P.M. in proc. Padovan. La vicenda riguardava la realizzazione in zona vincolata di un gazebo con formazione di lastricato con quadroni di ghiaino e copertura in P.V.C.