RITRATTO DI DONNA ARABA
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RITRATTO DI DONNA ARABA
Teatro Comunale San Teodoro di Cantù presenta Sabato 3 dicembre ore 21.00 RITRATTO DI DONNA ARABA CHE GUARDA IL MARE Spettacolo Vincitore del Premio Riccione 2013 alla Drammaturgia DEBUTTO NAZIONALE Sabato 3 dicembre alle ore 21.00 Un uomo europeo e una donna nordafricana, spinti rispettivamente dalla curiosità e dalla speranza, si incontrano cambiando così il destino di ognuno. Un testo sulla condizione della donna e sul potere dell’uomo, una lotta verbale che genera distanza e alimenta l’incomprensione tra esseri umani già diversi tra loro. Un ritratto, un incontro casuale tra le vie del vecchio quartiere, una pausa a un tavolino della città vecchia mentre uno sconosciuto accanto ti racconta la sua vita, brandelli di una possibile realtà che provano a prende corpo, che provano a diventare storia. Il tempo di un’ illusione. COSTO DEL BIGLIETTO INTERO | 15 € RIDOTTO (under 25, over 65, Soci Coop/ Arci / Parolario/ Coop AttivaMente/ Musicisti di Como/Arte&Arte) | 13 € RIDOTTO 50% (under 14, portatori di handicap)| 7.50 € RIDOTTO SOCI BCC (presentando tesserino soci in biglietteria) | 12 € PRENOTAZIONI E ACQUISTO BIGLIETTI Mail: [email protected] Biglietteria: lun/giov dalle 17 alle 20; merc/ven dalle 10 alle 13) Sito: www.teatrosanteodoro.it INFOLINE [email protected] | +39 3319780855 RITRATTO DI DONNA ARABA CHE GUARDA IL MARE Testo Davide Carnevali Regia Claudio Autelli con Alice Conti, Michele Di Giacomo, Giacomo Ferraù e Giulia Viana Scene e costumi Maria Paola Di Francesco Organizzazione Monica Giacchetto e Camilla Galloni Comunicazione Cristina Pileggi Produzione LAB121 con il sostegno di Premio Riccione per il Teatro, NEXT/laboratorio delle idee 2015 A tu per tu con Davide Carnevali: qualche curiosità in più sul testo Il paese a cui si fa riferimento nel testo è un paese imprecisato ma sicuramente nordafricano-mediterraneo, può essere Marocco, Algeria, Tunisia o Libia. Noi spesso diciamo che questi sono paesi arabi ma, in realtà, quella araba è una dominazione culturale che ha imposto nei secoli una lingua e una religione comuni. Nello stesso modo in cui il colonialismo europeo più recentemente ha imposto un’organizzazione della società economica e dell’apparato statale. La lingua araba è per loro una lingua della cultura, così come il francese è la lingua commerciale, ma tutti quei paesi parlano nel quotidiano anche lingue proprie. Il nostro punto di vista “appiattisce” tutte le differenze, per noi sono semplicemente arabi, stranieri, barbari; per questo motivo ogni lingua o dialetto parlato nell’opera viene formalmente percepito come una sola lingua. In definitiva questo è un testo sulla nostra incapacità o non volontà di approfondire la conoscenza dell’estraneo e indagare nelle differenze culturali – dunque linguistiche. Quindi il nostro termine “arabo” applicato a quel contesto è in parte un errore, che nasce dalla nostra poca conoscenza di quei paesi. Il titolo dell’opera riflette questo errore, come dice ad un certo punto la Donna: «Non siamo arabi, anche se è quello che si dice, anche se è quello che si scrive, anche se è quello che uno straniero pensa di noi. Ma uno straniero che non conosce davvero questo paese di solito dice cose sbagliate e scrive cose sbagliate. Anche se forse questo per lui non significa niente». Diciamo che il titolo ammette la mia ignoranza, o quantomeno sintetizza l’approccio superficiale del punto di vista europeo sulla questione. L’uomo europeo va, prende quello che vuole e se ne va, proprio come ha fatto l’Europa durante il colonialismo, senza aver davvero capito il valore delle sue azioni e le conseguenze disastrose del suo comportamento. La parola a Claudio Autelli: note di regia Un uomo e una donna appartenenti a culture differenti, una sera al tramonto davanti il mare. Questa fotografia o meglio questo disegno, tratteggiato in fretta, è il principio della storia. Come contemplando un quadro di Hopper, immaginiamo i pensieri di quelle figure cristallizzate in un istante della loro vita, così di fronte questo primo incontro l’immaginazione comincia a fare il suo lavoro. La parola non risolve le domande dello sguardo di chi ascolta, ma al contrario alimenta altre domande. Attraverso il susseguirsi dei loro incontri tra le strade della vecchia città e poi in differenti stanze di un hotel, permane la sensazione di una sospensione del tempo; possono essere passati pochi minuti, giorni, o settimane tra un frammento e l’altro. Il tempo è scandito non dall’orologio ma dai movimenti della parola nel suo tentativo di farsi ponte tra culture tra loro lontane. IL PREMIO RICCIONE E’ considerato unanimemente il più autorevole riconoscimento teatrale alla drammaturgia. Viene attribuito al migliore autore di opera originale in lingua italiana mai rappresentata in pubblico. Fondato nel 1947, viene assegnato per la prima volta ad un appena ventiquattrenne Italo Calvino.