REFLEKTOR
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REFLEKTOR “Let’s Find a Way to Enter!” Guida alla comprensione del quarto album degli Arcade Fire A cura di Andrea Miletti Dedicato agli amici storici del forum “Coldplayzone”, senza i quali questo manuale non esisterebbe. Premessa “Reflektor” è il quarto album della band canadese Arcade Fire, pubblicato il giorno 28 ottobre 2013. La guida che stringete tra le mani è un atto d’amore, nato da un “colpo di fulmine”, e non pretende di essere altro. Sono stato indeciso fino all’ultimo sulla possibilità di utilizzare questo termine, “guida”. Non credo esista infatti un metodo per ascoltare musica, e se esistesse, non avrei la presunzione di insegnarvelo io. La verità è un'altra: “Reflektor” non è solo una raccolta di inediti, ma un’opera straripante, varia, ambiziosa e piena di poesia. Per chi scrive, quello degli Arcade Fire è semplicemente uno degli album più belli mai ascoltati. A poco a poco che scoprivo i suoi tesori nascosti, sentivo sempre più la necessità di raccontarli. Ed è così che ho cominciato questo lavoro di ricerca. Se vorrete seguirmi, daremo ampio risalto al contenuto artistico dell’album. Questo significa che non troverete cenni biografici sulla band, e neppure estenuanti comparazioni con la discografia precedente. Lascio il gravoso compito a chi ha avuto la fortuna di aver vissuto le attese e i “rumours”, le anteprime e i concerti dal vivo, con maggiore costanza di quanto abbia fatto io negli ultimi anni. Un’ultima nota riguarda infine le traduzioni di testi e interviste: ho cercato di rendere certi passaggi più naturali, personalizzando, quando serviva, alcune espressioni. Sperando che il risultato finale sia di vostro gradimento, vi auguro una buona lettura. Che il viaggio abbia inizio! Let’s find a way to enter! Let’s go! Andrea Miletti “Black Orpheus” (1959) Regia di Marcel Camus Capitolo 1 Mitologia, Esoterismo e Filosofia* Prima di entrare nel vivo è opportuno approfondire il substrato mitologico, esoterico e filosofico che ha ispirato l’opera. In particolare ci soffermeremo sul racconto di Orfeo ed Euridice, sulla religione Vodou, sul Rara, e infine sulla definizione di “età moderna” in Søren Kierkegaard. I. Orfeo ed Euridice Partiamo dal mito di Orfeo ed Euridice. Sulla copertina di “Reflektor” campeggia la scultura di Auguste Rodin, raffigurante i due amanti. La citazione non è casuale. La presenza dei brani “Awful Sound (Oh Eurydice)” e “It’s Never over (Hey Orpheus)” può confermarlo. Ma il richiamo al mito non finisce qui. “Black Orpheus” (per chi se lo fosse perso) è il film del 1959, col quale gli Arcade Fire hanno presentato in streaming il nuovo album. Ricordare dunque il racconto mitologico, può fornire all’ascoltatore/lettore un’arma in più per comprendere l’opera. Il Mito. Orfeo, figlio della musa Calliope, viveva in Tracia. La sua fama di poeta e musicista non aveva confini. Accompagnava i suoi versi con il suono della lira, strumento che egli padroneggiava come pochi. Chiunque veniva estasiato dalla sua musica. Un giorno il cantore, vagando per i boschi in cerca di ispirazione, vide per caso una ninfa bellissima, intenta a raccogliere fiori: Euridice. Orfeo dunque le si avvicinò. Le parlò. Bastò veramente poco perché se ne innamorasse. E fu un amore violento. Euridice non seppe resistere al sensibile fascino del suo spasimante, e i due, in breve, decisero di convolare a nozze. Il matrimonio si celebrò in un bosco della Tracia. Era tutto pronto. Un oscuro presagio rendeva sinistra l’atmosfera di quel pomeriggio, ma i due giovani erano troppo felici per curarsene. Eppure qualcosa di terribile stava per accadere. E accadde. Un urlo * Copertina dell’album “Reflektor” - Auguste Rodin – “Orfeo ed Euridice” spaventoso. Euridice stramazzò al suolo: una vipera l'aveva morsa. Orfeo accorse disperato, si chinò sulla sposa che giaceva esanime. La chiamò con tutte le sue forze, ma era troppo tardi. Euridice era morta. “Quando Orfeo si fu saziato di piangerla all’aria e alla luce, volle fare un tentativo anche nel regno delle ombre”. «Scenderò nell'Averno e pregherò le potenze infernali di restituirmi la mia dolce sposa» disse. L’Averno è il lago campano (Pozzuoli) attraverso cui, nella tradizione classica, è possibile accedere al regno dei morti, di cui Ade è signore. E scese nell’oltretomba. “Fendendo la folla delle ombre inconsistenti e dei fantasmi dei defunti, (Orfeo) giunse al cospetto di Ade, re del triste regno, e della sua consorte Persefone; (...) così si rivolse loro: «O divinità di quel mondo sotterraneo in cui inesorabilmente finiamo tutti noi (…) Sono venuto per mia moglie, (…) che è morta nel fiore degli anni. Ho cercato con tutte le mie forze di adattarmi alla sua perdita, ma l’amore è stato più forte di tutto! (…) In nome di questi luoghi che incutono tanta paura, di questo abisso immenso, di questo regno dal terribile silenzio, vi imploro: ritessete le fila spezzate del destino di Euridice! In fondo è già tutto vostro: noi siamo solo di passaggio, e prima o poi ci affrettiamo tutti verso quest’unica dimora. Questa è la meta, questa la suprema destinazione per tutto il genere umano, su cui voi esercitate il vostro dominio per un tempo infinito. Anche Euridice, quando avrà compiuto la sua vita,(…) sarà in vostro potere. Non è dunque un dono quello che vi chiedo. Se poi il fato non sarà indulgente con lei, neppure io tornerò tra i vivi; due saranno i morti: godetene!» A queste parole e al suono della lira, piangevano le anime pallide.” (Ovidio, “Le Metamorfosi”, libro X ) “La regina ed il re degli inferi non ebbero il coraggio di opporre rifiuto alla preghiera di Orfeo e mandarono a chiamare Euridice” perché gli fosse restituita. Nonostante la commozione, Ade dettò le regole del “gioco”: «Orfeo, sarai tu stesso a condurre la tua sposa fuori dall'Averno. Ma bada: non dovrai né guardarla, né toccarla finché non avrai raggiunto la luce del sole. Se ti volterai, la perderai per sempre». A questo punto “si avviarono veloci i due, in mezzo ad un impressionante silenzio, per un sentiero erto, faticoso, coperto dalle tenebre opache di una fitta nebbia”. Ce l’avevano quasi fatta. La luce del sole cominciava a filtrare tra le tenebre. Ma in Orfeo si insinuò l’atroce sospetto dell’inganno, e non fu più capace di resistere alla tentazione di voltarsi. E si voltò. La fanciulla gli stava di fronte e con le mani si tolse il velo che ancora la ricopriva. Era bella più che mai, ma gli occhi erano tristi. Fu un attimo. Pronunciò solo un ultimo addio, tendendo le braccia verso l’amato consorte. Una fitta nebbia la avvolse, e scomparve negli abissi per sempre. “Moriva così per la seconda volta”. La sofferenza di Orfeo fu atroce: nulla poté fare per riavere la sua Euridice. E il dolore, col tempo, lo consumò fino alla morte. II. Haiti, la tradizione Vodou e il Rara "Going to Haiti for the first time with Regine was the beginning of a major change in the way that I thought about the world.” “Visitare Haiti per la prima volta con Regine, ha segnato l’inizio di un cambiamento importante nel mio modo di considerare il mondo” Win Butler E’ necessario partire da qui, dalle parole di Win Butler, per comprendere in che misura la cultura haitiana abbia influenzato “Reflektor” nella forma, nei contenuti e nell’iconografia. "I mean, it's not like our band trying to play Haitian music. I just felt like we were opened up to a new influence. Bob Marley probably felt the same way the first time he heard Curtis Mayfield." “Voglio dire, non è che la nostra band abbia provato a riprodurre musica Haitiana. Credo più che la nostra sia stata una forma di apertura ad una nuova influenza. Bob Marley probabilmente avrà provato le stesse sensazioni ascoltando per la prima volta Curtis Mayfield” Vodou. Una delle fonti di ispirazione per gli Arcade Fire è stata senz’altro la religione Haitiana del Vodou (Vudù o Voodoo). Innanzitutto è bene precisare che siamo di fronte ad una religione sincretica. Essa è cioè il risultato della sovrapposizione di credenze, riti, superstizioni appartenenti a fedi diverse, che sono state assimilate nel corso dei secoli. Il Vodou trae origine, in piena età coloniale, dall’animismo africano, esportato con la tratta di schiavi nelle Americhe. Tale religione si espanse fino alle isole caraibiche, per tutta l'America centrale. Solo in seguito si ibridò con la fede Cattolica, abbracciando l’idea di un Dio supremo e di numerosi intermediari. La religione vuduista che conosciamo oggi combina infatti elementi ancestrali della tradizione africana, con principi ispirati al Cattolicesimo, ponendosi a metà tra panteismo e monismo: Dio è unico e unitario, è la fonte primordiale di tutte le cose che esistono, ma non può essere compreso dalla mente umana se non attraverso la molteplicità delle sue manifestazioni. Non stupisce quindi la presenza di una schiera di varie divinità, chiamate loa (letteralmente,"misteri"), spiriti della natura attraverso i quali Dio si rivela al mondo. Loa. Due delle divinità loa sono citate all’interno dell’album, nella canzone “Awful Sound (oh Eurydice)”. In particolare il coro sul finale scandisce i nomi di Damballa Wedo e Ayda Wedo. Il primo è il padre di tutti i loa. Ayda Wedo è invece la sua sposa, nonché “signora del cielo”. Raffigurati come serpenti, sono i due spiriti della creazione. Veve. Ad ogni loa è associato un particolare simbolo, il veve, usato nei riti e nelle divinazioni come tramite con la divinità. Questa simbologia, come noterete ha sicuramente qualcosa di familiare. A sinistra troviamo due veve Haitiani. A destra sono riportati, in successione, il logo che gli Arcade Fire hanno utilizzato per promuovere il primo singolo (la title track “Reflektor”) e a fianco, la nuova “firma” del gruppo canadese. Per quanto riguarda la simbologia utilizzata durante la campagna pubblicitaria di “Reflektor”, è stato lo stesso Win Butler ad ammettere l’influenza. “The "Reflektor" logos showed up in cities all over the world were inspired by Haitian veve drawings, which are done in chalk or in the dirt.” “Il logo “Reflektor” mostrato per le città di tutto il mondo, è ispirato alle raffigurazioni veve haitiane, disegnate in gesso o in terra”. Per il secondo simbolo invece, non abbiamo prove certe. Esso consiste in un simmetrico gioco di riflessi, costruito attorno alle iniziali AF (“Arcade Fire”), che fungono da “riflettori” al centro del disegno. E’ evidente il forte richiamo al titolo dell’album. Tuttavia chi scrive ha rilevato una certa similitudine iconografica con i veve. L’idea è che non si tratti di una suggestione casuale. Rara. Veniamo alla più importante delle fonti di ispirazione per gli Arcade Fire: il Rara haitiano. Il Rara è una folle processione di colori, musica e danze. In pratica è il carnevale di Haiti. Durante questa manifestazione si esibiscono diversi musicisti. Talvolta a suonare sono vere e proprie bande. Tipici del Rara sono i vaksen, strumenti a fiato cilindrici. Accanto ad essi troviamo trombe e soprattutto una varietà incredibile di percussioni. «In questo carnevale band, di otto o dieci musicisti, suonavano per ore la sola canzone provata durante l’anno. E in pratica questa canzone consisteva negli stessi identici venti minuti di musica, riprodotti di volta in volta con arrangiamenti diversi! Ora, potrebbe sembrare ossessiva come cosa. Invece io ho amato ogni minuto di quell'esperienza» Win Butler In “Reflektor”, questa folgorazione per il Rara è stata però “contaminata” da sonorità appartenenti al folklore Giamaicano. Gran parte dell’album è stata registrata proprio in Giamaica, e il risultato finale è un’armonica coesistenza tra le due fonti di ispirazione. Il substrato “esotico” che ne deriva, contribuisce all’allestimento scenico di tutta l’opera, senza mai risultare ingombrante: poliritmie tribali, percussioni afro e atmosfere caraibiche arricchiscono il sound, senza monopolizzare l’ascolto. Non si ha mai la sensazione di trovarsi di fronte ad un album “etnico”. La sperimentazione è sobria e coraggiosa al tempo stesso. Gli Arcade Fire osano, senza snaturarsi. Miscelano sapientemente tutti gli ingredienti come solo grandi “chef” sono in grado di fare. Questa almeno è la nostra idea. III. L’età moderna secondo Søren Kierkegaard “I studied the Bible and philosophy in college and I think in a certain sense that's the kind of stuff that still makes my brain work. There's an essay by Kierkegaard called The Present Age that I was reading a lot that's about the reflective age. This is like in [1846], and it sounds like he's talking about modern times. He's talking about the press and alienation, and you kind of read it and you're like, "Dude, you have no idea how insane it's gonna get.” “Al college ho studiato la Bibbia, la filosofia, e penso che in un certo senso questo sia ancora il tipo di materiale che mette in moto il mio cervello. C’è un’opera di Kierkegaard chiamata “L’Età Presente”, che ho letto a lungo, sul tema dell’iper-riflessione*. E’ del 1846 eppure sembra descrivere i tempi moderni. (L’autore) parla (già) di stampa, alienazione, ed è un po’ come se leggendolo ti venisse da dirgli “amico, e non hai idea di come sarà!” “He basically compares the reflective age to a passionate age. Like, if there was a piece of gold out on thin ice, in a passionate age, if someone went to try and get the gold, everyone would cheer them on and be like, "Go for it! Yeah you can do it!" And in a reflective age, if someone tried to walk out on the thin ice, everyone would criticize them and say, "What an idiot! I can't believe you're going out on the ice to try and risk something." “In sostanza (Kierkegaard) confronta l’era dell’iper-riflessione con quella della passione. Facciamo un esempio. Mettiamo che vi sia un frammento d’oro lì fuori, su una lastra di ghiaccio molto sottile; nell’era della passione, se qualcuno avesse provato ad avventurarsi nell’impresa di raccoglierlo, tutti avrebbero fatto il tifo per lui “Vai ce la puoi fare! Coraggio!” Nell’era dell’iper-riflessione, no. Piuttosto gli avrebbero detto: “Che idiota! Non posso credere tu voglia farlo davvero!” * “Era dell’iper-riflessione” sembra essere, sul piano dottrinale, la traduzione più attendibile di “Reflective Age”. “So it would kind of paralyze you to even act basically, and it just kind of resonated with me — wanting to try and make something in the world instead of just talking about things.” “Ecco, è un po’ come se ad un certo punto la cosa ti paralizzasse, e mi ritrovavo in questo - essendo tra quelli che al parlare e basta, preferisce l’idea di poter fare qualcosa nel mondo.” Le parole di Win Butler ci introducono nell’era dell’iper-riflessione e della mistificazione: la “Reflective Age”. Il filosofo danese Søren Kierkegaard la descrive ne “L’Età Presente” (1846), che possiamo considerare il manifesto ideologico dell’album. Tra tutte le citazioni contenute in “Reflektor”, questa è sicuramente quella più complessa e ambiziosa. L’era dell’iper-riflessione coincide con i tempi moderni. L’uomo moderno è riflesso in sé, nella propria soggettività. L’individuo diventa cioè creatore di sé stesso, e tutto ciò che non è riferito al “sé” perde significato. Conseguenza inevitabile di ciò è il nichilismo: crisi della ragione, perdita del “centro” e decadenza dei valori. Nulla conta davvero all’infuori dei propri interessi. “Kierkegaard vede nell’epoca moderna l’epoca in cui si afferma il principio della soggettività assolutamente riflessa in sé, ovvero, in termini hegeliani, il momento del puro essere per sé della soggettività. (...) L’epoca moderna è anche essenzialmente nichilista: quando la soggettività assolutamente riflessa in sé si volge verso l’oggettività, scopre inevitabilmente l’«essere per lei» di tale oggettività (la sua autosufficienza) e dunque la sua nullità. Il dubbio e l’ironia sono pertanto gli atteggiamenti esistenziali tipici dell’epoca moderna.” (Simonella Davini - “Arte e Critica nell’estetica di Kierkegaard”) L’individualità iper-riflessa è anche “adusa alla mistificazione”; il suo «esterno» é in costante contraddizione con l’«interno». Ed è qui che il riflesso diviene illusione. Non esiste verità. Non esiste sentimento. Non esiste solidarietà. In questo scenario ideologico si consuma il dramma dell’alienazione e dell’isolamento. “L’amore ai tempi della Reflective Age” (parafrasando Gabriel García Marquez) ha un prezzo alto da pagare. L’era moderna non conosce eccezioni. Chi sfugge alla dittatura dell’estetica e della dissimulazione, è condannato alla sofferenza. E “Reflektor” racconta anche questa storia. La storia dell’uomo che infrange gli specchi del proprio tempo, per sfuggire all’inganno dei suoi riflessi. La disperata ricerca della verità. Capitolo 2 Un album chiamato “Reflektor” “I think we spend more time sequencing records than most people spend making records. Our process takes forever to the point where it's crazy. We lived with the songs for a while and just tried to figure out how they were gonna work together. The record is really long. We intended to make a short record and we ended up with 18 songs that were all between six and eight minutes and we were like, "Uh oh, I think we screwed up making a short record." Splitting it over the two halves enables you to get into the different worlds of the records.” “Penso che il tempo che abbiamo speso per decidere la tracklist sia molto più di quanto la gente normale impieghi per registrare. Il nostro lavoro finisce sempre col rasentare la follia. Per un po’ viviamo (in simbiosi) con le canzoni, così proviamo ad immaginare come potrebbero funzionare insieme. L’album (in effetti) è proprio lungo. All’inizio volevamo farlo breve, poi siamo arrivati a 18 canzoni, tutte tra i sei e gli otto minuti, (ci siamo guardati in faccia) e “Ops.. mi sa che l’album breve ce lo siamo bruciato”. La scelta comunque di dividerlo in due metà permette l’immersione in mondi (e atmosfere) differenti” Win Butler Reflektor è diviso in due parti: “Volume 1” e “Volume 2” (oppure se preferite, “Lato A” e “Lato B”). E’ un doppio album, e i suoi due dischi sono prospettive diverse dello stesso paesaggio di musica. La scelta di suddividere l’opera in due “atti”, si è rivelata felice, non solo sul piano artistico, ma anche su quello dell’ascolto vero e proprio. I suoi 75 minuti e 14 secondi avrebbero potuto risultare un po’ “forti” per essere assimilati d’un fiato; senza dimenticare che la durata media dei 13 brani è piuttosto elevata. Diventava pertanto necessario, oltre che funzionale, un giro di boa, un punto di rottura tra i due “mondi” (Butler docet). La scelta del doppio album in tal senso è anche esteticamente efficace: sublima, nella forma, il contenuto bivalente e speculare di “Reflektor”. I. Reflektor: Track Listing Reflektor: Volume 1 No. Title Reflektor: Volume 2 Length No. Title Length 1. "Reflektor" 7:34 1. "Here Comes the Night Time II" 2:52 2. "We Exist" 5:44 2. "Awful Sound (Oh Eurydice)” 6:14 3. "Flashbulb Eyes" 2:42 3. "It’s Never Over (Hey Orpheus)" 6:43 4. "Here Comes the Night Time" 6:31 4. "Porno" 6:03 5. "Normal Person" 4:22 5. "Afterlife" 5:53 6. "You Already Know" 3:59 6. "Supersymmetry" 7. "Joan of Arc" 5:27 11:17 II. Reflektor: Stile ed influenze Definire il genere di appartenenza di “Reflektor” non è un’impresa, no. E neppure qualcosa di difficile. Semplicemente è un errore, qualcosa di limitativo e sommario. L’album che abbiamo tra le mani è invero un microuniverso di suoni, colori, stili differenti, accomunati dalle stesse “leggi fisiche”. In questo grande variopinto puzzle, ogni singola canzone si incastra con devozione alle altre. Non c’è rischio di smarrirsi: la sceneggiatura di “Reflektor” è ispirata, coerente, mai dispersiva. Ritenendo fondamentali queste premesse, proveremo ora a tracciare un identikit musicale dell’album. Produzione e Registrazione. Il processo di registrazione cominciò in Louisiana (USA) nel 2011, e proseguì l’anno successivo in Giamaica, dove la band si trasferì col produttore Markus Dravs. Qui diverse sessioni furono eseguite all’interno di un sontuoso castello abbandonato, il Trident Castle. L’eccentrico ricco che lo commissionò nel 1979, non riuscì più a pagarne il fitto e lo abbandonò. Ecco come Win Butler, riferendosi al castello, racconta quei giorni. “I met a dude who was planning on turning it into a hotel, so we just rented it off him for cheap and there was nothing in there. We brought in some beds and a piano and some gear.” “Conobbi questo tipo che voleva farne un albergo, così glielo chiedemmo in fitto ad un prezzo ragionevole; dentro non c’era nulla. Ci portammo allora dei letti, un pianoforte, e qualcosa per registrare.” La maggior parte dell’album è stata registrata su nastro. Nell’Agosto 2012 gli Arcade Fire cominciarono a lavorare anche col produttore James Murphy, frontman degli LCD Soundsystem. Erano anni che la band sognava di lavorarci insieme. Caratteri distintivi e Sonorità. Nonostante la complessa varietà di suoni al suo interno, “Reflektor” offre delle “linee guida”, delle coordinate, degli elementi distintivi che orientano l’ascoltatore per tutta la durata dell’album. Cominciamo col ritmo: “Reflektor” ne ha da vendere. Poliritmie, variazioni di tempo, suggestioni tribali e ritmica sincopata. Le percussioni incalzano. Si balla. Lo ammette lo stesso Butler con un pizzico di ironia. “Regine is kind of the person who dances. At any given minute, if you can get Regine to dance, you're kind of on the right track, so I think we just wanted to make a record that Regine could dance to.” “Regine è il tipo di persona che balla. In qualunque momento, se puoi portare Regine a ballare, sei sulla strada giusta. Credo volessimo creare proprio della musica cui Regine potesse danzare.” Il ritmo cattura, coinvolge, stordisce, ma è l’Elettronica la colonna portante di tutta l’opera (almeno per chi scrive). Synth ed altre soluzioni ingegnose (in gran parte targate “Murphy”), dilagano tra le crepe, le insenature dell’album, come acqua viva. La loro presenza non è “ornamentale”, e neppure invadente: è necessaria. Necessaria per amalgamare il tutto. Ritmo, elettronica, ma non dimentichiamo il Rock. Il lato A (il primo disco, per capirci) racchiude gli esempi più eclatanti. “Normal Person” strizza l'occhio ai Clash, con chitarre che ricordano i Weezer di “Buddy Holly”; l’introduzione di “Joan of Arc” sfiora addirittura il punk-rock. A parte questi acuti però, a dominare è una garbata sperimentazione “vintage”. Tra classico e moderno, riecheggiano alcune intuizioni felici degli anni ’80, a metà tra David Bowie e Talking Heads (quelli di “Seen and Not Seen”), come accade nell’ipnotica title-track, “Reflektor” (nella quale, manco a farlo apposta, c’è un cameo del “duca bianco”). “We exist”, col suo provocante giro di basso, segue lo stesso filone “nostalgico” (qualcuno sul web la accosta addirittura a “Billie Jean” di Michael Jackson, anche se troviamo un po’ audace il paragone). Stessa sorte tocca a “Here Comes The Night Time I” travolgente carnevale fatto musica: irrompe dal nulla con un ritmo ossesso ed ubriacante, frana su di sé, e cambia passo; dondola scanzonata su una spiaggia esotica (per stessa ammissione di Butler ricorda vagamente “Close to me” dei Cure), per poi farsi nuovamente indiavolata e folle. Quantità e qualità. Arrangiamenti grondanti musica, strumenti inesauribili: questi sono gli Arcade Fire. C’è persino spazio per un momento Dub con “Flashbulb Eyes”, una delle tracce più brevi dell’album: leggera e spettrale, risente più di tutte dell’influenza giamaicana, ammiccando vagamente a “Listening Wind” dei Talking Heads. In “You Already Know” la band si ispira invece alle atmosfere anni ’50 dello swing e del boogie. Il risultato finale è una canzone tutta da cantare e ballare: al concerto ne vedremo delle belle. Tocca al Lato B, tocca alle emozioni. L’elettronica spiazza e seduce; la ritmica si fa ricca di pathos, mentre una dolce malinconia prende il sopravvento. “Here Comes The Night Time II” è un’eco nella notte: rarefatta e delicata. La successione “Awful Sound (Oh Eurydice)” , “It’s Never Over (Hey Orpheus)” è semplicemente uno dei momenti più toccanti di tutto l’album. Nonostante vi sia un richiamo ai Beatles di “Hey Jude” nella prima delle canzoni citate, questi sono due brani da ascoltare ad occhi chiusi, senza badare ad altro. Si tratta probabilmente dell’episodio musicale più spontaneo e originale in “Reflektor”. Seguono la murphiana “Porno” (l’arrangiamento ricorda “Dance Yrself Clean” degli LCD Soundsystem) e “Afterlife” (che cita i New Order di “Temptation”): entrambe di qualità molto elevata. Infine i titoli di coda, la quiete dopo la tempesta (di emozioni): “Supersymmetry”, delicata e serena. Ed è tanta musica. Hidden tracks. Capitolo a parte meritano le cosiddette ghost-tracks. Reflektor dovrebbe possederne due: una traccia 0 (pre-gap track) di 10 minuti, che precede la traccia 1 sul primo disco; e dunque una traccia alla fine di “Supersymmetry”. Cominciamo col dire che non sono due canzoni convenzionali, ma la versione “reverse” di alcuni spunti di tutte le tracce dell’album: in particolare la prima traccia fantasma dovrebbe essere il “riflesso” del primo disco; la seconda invece il “riflesso” di tutto album. L’uso del condizionale è legato al fatto che sulla versione acquistata da chi vi scrive, non c’è modo di ascoltare questa fantomatica traccia 0, ma solo la seconda hidden track. In molti hanno segnalato la stessa anomalia. Mistero. Su internet, si legge anche di un ipotetico titolo: “Reflektive Age”. In tutta onestà, speculazioni a parte, ciò che più conta è il significato artistico dietro la scelta di inserire tracce “reverse”: il gioco di riflessi è ora forma (doppio album), contenuto (testi) e anche musica (hidden track). Capitolo 3 Love in The Reflective Age Il substrato culturale dell’album, il suo linguaggio musicale sono ormai compresi. Ma solo attraverso i testi potremo dare un senso al nostro viaggio. C’è una storia da raccontare. Una poesia da ascoltare. Trapped in a prism, in a prism of light… Reflektor: Volume I 1:1 Reflektor If this is heaven I don’t know what it’s for If I can’t find you there I don’t care Se questo è il paradiso non so cosa esista a fare se non posso trovarti lì non mi interessa I thought I found a way to enter It's just a reflector (It's just a reflector) I thought I found the connector It's just a reflector (It's just a reflector) Pensavo di aver trovato un modo di entrare, è solo un riflesso pensavo di aver trovato il “connettore”, è solo un riflesso “Reflektor” racchiude il senso di tutta l’opera, nonostante il testo si presti a svariate interpretazioni. La traduzione stessa di “reflector”, in italiano, è ambigua, a metà tra “riflettore”, “specchio” e “riflesso”. Per orientarci tra le diverse prospettive di lettura, abbiamo provato a tracciarne una che da sola riesca a sintetizzarle tutte. Facciamo un passo indietro. Orfeo ed Euridice. Esiste un altro film ispirato al racconto mitologico. Si tratta di “Orfeo”, del 1948, diretto da Jean Cocteau. Il film in questione, come “Black Orpheus”, rilegge in chiave moderna il mito tradizionale, ma (a differenza del primo) non è stato in alcun modo di ispirazione per gli Arcade Fire. Un dettaglio nella trama offre però un intrigante spunto interpretativo. In questa pellicola Orfeo accede al regno dei morti attraverso uno specchio. Esoterismo e mitologia. Nella religione Vodou Haitiana infatti, gli specchi sono portali attraverso cui i sacerdoti (houngan) stabiliscono un contatto col mondo degli spiriti. Vodou. Art and Cult from Haiti © Photo - Haupt & Binder 350 objects from the collection of M. Lehmann in Port-au-Prince. Extensive information and photo tour through the exhibition in Berlin, 2010. “Reflektor” quindi apre l’album, e ci trascina con sé, nel suo folle ed esaltante riflesso. Forse un accesso, un “connector” con l’aldilà è proprio lì, nell’ammaliante e ambiguo gioco di specchi che abbiamo davanti. Ma è solo un’illusione. Questa angosciosa tensione tra vita e “afterlife”, tra “ciò che sembra” e “ciò che é”, persisterà per tutta l’opera. Entre la nuit, la nuit et l'aurore. Entre le royaume des vivants et des morts Di notte, di notte e all'alba. Tra il regno dei vivi e dei morti I riferimenti non sono pochi. Ma “Reflektor” non è un “concept-album” sul mito di Orfeo ed Euridice. La storia dei due innamorati è al contempo pretesto narrativo e allegoria. Lì nel sentimento sospeso tra due mondi speculari ed opposti, intrappolata “in un prisma di luce”, l’esistenza assume una connotazione più drammatica e claustrofobica della morte stessa. L’amore diventa l’unica verità, in mezzo alle accecanti distorsioni della società contemporanea. L’età della mistificazione, questa è la Reflective Age. Trapped in a prism, in a prism of light Alone in the darkness, darkness of white We fell in love, alone on a stage In the reflective age Intrappolati in un prisma, un prisma di luce Soli nel buio, nel buio bianco Ci siamo innamorati, da soli su un palco nell’era della riflessione/mistificazione L’atmosfera struggente che pervade i testi di tutto il lato A, si contrappone al vigore (persino scanzonato) della musica, dipingendo un magnifico ed alienante ossimoro. L’esistenza, la verità, sono immagini riflesse e contorte. La normalità è un’ambigua illusione. Cercare una risposta in questo labirinto di specchi, conduce all’isolamento e alla dannazione. 1:2 We Exist They’re down on their knees Begging us please Praying that we don’t exist Daddy it’s fine, I’m used to ‘em now But tell me why they treat me like this It’s ’cause we do it like this? Sono in ginocchio Ad implorarci, A pregare che non esistiamo. Papà, va bene, ormai ci sono abituato Ma dimmi, perché mi trattano così? È per come ci comportiamo? 1:5 Normal Person Is anything as strange as a normal person? Is anyone as cruel as a normal person? (...) If you’re normal too, well, are you? Are you? I’m so confused. Am I a normal person? You know, I can’t tell if I’m a normal person, it’s true. I think I’m cool enough, but am I cruel enough? Am I cruel enough for you? (...) And they will break you down Till everyone is normal now, I know. If that’s what’s normal now I don’t want to know. C’è niente di più strano di una persona normale? C’è qualcuno più crudele di una persona normale? (...) Se anche tu sei normale, Beh, lo sei? Lo sei? Sono molto confuso. Sono una persona normale? Sai, non so dirti se sono una persona normale, davvero. Credo di essere alquanto attraente, ma sono abbastanza crudele? Sono abbastanza crudele per te? (...) E ti faranno crollare Finché tutti non saranno normali, lo so. Se il “normale” adesso è questo, Non voglio saperlo. 1:7 Joan of Arc Now they tell you that you're their muse Yeah, they're so inspired But where were they when they called your name And they lit the fire? (...) First they love you Then they kill you Then they love you again And then they love you Then they kill you Then they love you again Ora sostengono che sei la loro musa Già, sono molto ispirati Ma dov’erano loro quando chiamavano il tuo nome E accendevano il fuoco? (...) Prima ti amano Poi ti uccidono Quindi ti amano di nuovo E allora ti amano E ti uccidono E ti amano ancora Menzione a parte meritano “Flashbulb Eyes” e “Here Comes the Night Time I”. Qui i temi dell’illusione e della dannazione raggiungono il loro punto più elevato. Nella prima delle canzoni citate vi è un riferimento alla tradizione magica, per la quale lo scatto fotografico può catturare l’anima del soggetto ritratto. Questa superstizione è comune a diverse popolazioni native americane, ed è possibile che abbia contaminato, tra le altre, anche la cultura Haitiana. 1:3 Flashbulb Eyes What if the camera really do take your soul? Oh no! What if the camera really do take your soul? Oh no! Cosa accadrebbe se la macchina fotografica catturasse davvero la tua anima? Oh no! Cosa accadrebbe se la macchina fotografica catturasse davvero la tua anima? Oh no! Hit me with your flashbulb eyes Hit me with your flashbulb eyes You know I've got nothing to hide You know I got nothing No I got, nothing Colpiscimi con gli occhi del tuo flash Colpiscimi con gli occhi del tuo flash Lo sai, non ho nulla da nascondere Lo sai, non ho nulla No, non ho nulla Illusione. Cos’è una fotografia? Un momento rubato alla verità, o piuttosto una sua mistificazione? “That is the question” (Shakespeare non ce ne voglia). In bilico tra Estetica ed Esistenzialismo: è l’era moderna, l’età dell’iper-riflessione. Ed ecco che arriva la notte. 1:4 Here comes the night time I When the sun goes down When the sun goes down, you head inside Cause the lights don’t work Yeah nothing works- they say you don’t mind But here comes the night time Here comes the night time Here comes the night time And the missionaries They tell us we will be left behind Been left behind A thousand times, a thousand times If you want to be righteous If you want to be righteous, get in line Cause here comes the night time (...) They say heaven’s a place Yeah, heaven’s a place and they know where it is But you know where it is? It’s behind the gate, they won’t let you in And when they hear the beat, coming from the street, they lock the door. But if there’s no music up in heaven, then what’s it for? When I hear the beat, the spirit’s on like a livewire. A thousand horses running wild in a city on fire It starts in your feet, then it goes to your head And if you can’t feel it, then the rules are dead And if you’re the judge, what is our crime? (...) Now the preachers they talk up on the satellite If you’re looking for Hell, just try looking inside Quando cala il sole Quando cala il sole, ci finisci dentro perché le luci non si accendono, nulla funziona – non t’importa, dicono ma ecco che arriva la notte Ecco che arriva la notte Ecco che arriva la notte E i missionari sostengono che saremo abbandonati dimenticati mille volte e altre mille volte Se vuoi essere virtuoso Se vuoi essere virtuoso, mettiti in riga Ché arriva la notte (...) Dicono il paradiso esista Sì, il paradiso è un posto e loro sanno dov’è Ma tu sai dove si trova? E’ oltre il cancello, non ti faranno entrare. Quando sentono il ritmo salire dalla strada, serrano la porta. Ma se non c’è musica in paradiso, che esiste a fare? Quando sento il ritmo, il mio spirito è come su un cavo ad alta tensione. Migliaia di cavalli che corrono selvaggi tra le fiamme della città. Inizia dai piedi, e sale alla testa E se non riesci a sentirlo, non ci sono regole. Se tu sei il giudice, qual è il nostro crimine? (...) Ora i predicatori parlano più forte via satellite, Se cerchi l’inferno prova a guardare dentro di te. Haiti. In alcuni piccoli centri non arriva neppure la corrente elettrica; l’oscurità divora ogni anfratto; la notte incanta e fa paura. Se il paradiso è quello dei missionari e della facile elemosina, allora questo è l’inferno. Qui Dio non è arrivato. Il Dio della carità e del benessere, quello del moralismo e della benevolenza, “il vostro Dio qui non c’è”. E il Carnevale (il rara) diventa la messa delle anime dannate. Ma cos’é la verità? Un ordine superiore, qualcosa da imporre, insegnare? E se Dio invece si nascondesse proprio qui, nel buio della notte, tra i suoi figli dimenticati che danzano e gridano vita? Capovolgimento di prospettive. Ancora una volta. “There’s a line in it that says “The missionaries, they tell us we'll be left behind, we've been left behind a thousand times”. What was I thinking when I wrote that? Just the absurdity that you can go to a place like Haiti and teach people something about God. Like, the opposite really seems to be true, in my experience. I've never been to a place with more belief and more knowledge of God.” “C’è un verso che recita “I missionari sostengono che saremo abbandonati, dimenticati mille volte”. Cosa pensavo quando l’ho scritto? All’idea assurda che si possa andare in un posto come Haiti ad insegnare alla gente qualcosa su Dio. Quando poi, stando alla mia esperienza, dovrebbe essere esattamente il contrario. Non ho mai visto un posto con più fede e conoscenza di Dio.” Win Butler C’è anche spazio per l’intimità, il confronto e i sentimenti. Come dichiarato dagli Arcade Fire in una recente intervista, il lato A affronta anche temi legati al rapporto con i propri vicini ed i propri familiari. 1:6 You Already Know When your love is right You can't sleep at night You've been sleeping just fine But when your love is bad When your love is bad I don't know why you're so sad But it's time to go You already know Quando il tuo amore è puro Non puoi dormirci la notte Hai dormito appena bene Ma quando il tuo amore è cattivo Quando il tuo amore è cattivo Non so perché sei così triste Ma è tempo di andare E lo sai (già) Reflektor: Volume II 2:1 Here comes the night time II I hurt myself again Along with all my friends Feels like it never ends Here comes the night again Here comes the night time Mi sono ferito di nuovo Insieme a tutti i miei amici Sembra non finire mai Eccola, arriva di nuovo la notte Ecco che arriva la notte Sta arrivando. E quando arriverà, non risparmierà nulla. E’ ancora la notte, e questa volta si intrufolerà fin dentro l’anima. Non c’è scampo. Un angoscioso e dolce sussurro apre il lato B. Ed ha inizio la poesia di Orfeo ed Euridice. Da leggere d’un fiato. 2:2 Awful Sound (Oh Eurydice) I know you can see Things that we can’t see But when I say I love you Your silence covers me Oh, Eurydice, It’s an awful sound Lo so, puoi vedere cose che non riusciamo a vedere Ma quando dico d’amarti Il tuo silenzio mi assale, Oh Euridice, ed è un suono orrendo I was so disappointed You didn’t want me Oh, how could it be, Eurydice I was standing beside you By a frozen sea Will you ever get free? Just take all your pain Just put it on me So that you can breathe Ero sconvolto Non mi volevi Com’era possibile, Euridice? Ero al tuo fianco in un mare ghiacciato Riuscirai mai a liberarti? Raccogli tutto il tuo dolore Riversalo su di me Perché tu possa respirare When you fly away Will you hit the ground? It’s an awful sound E quando volerai via colpirai il suolo? E’ un suono orrendo I know there’s a way We can make ‘em pay Think it over and say “I’m never going back again.” I know there’s a way We can leave today Think it over and say “I’m never going back again.” So che esiste un modo Per fargliela pagare. Pensaci e (prova a dire) “Non tornerò più indietro” So che esiste un modo Per andarcene oggi. Pensaci e (prova a dire) “Non tornerò più indietro” You were born in the little town Before the awful sound Started coming down There's so much inside you That you won't let me see You fly away from me But it's an awful sound When you hit the ground It's an awful sound When you hit the ground Sei nata nella piccola città Prima che l’orrendo suono cominciasse a svanire Ci sono così tante cose in te che non mi farai vedere mai Sei volata via da me Ma è un suono orrendo quando cadi al suolo è un suono orrendo quando cadi al suolo We know there’s a price to pay For love in the reflective age I met you up upon a stage Our love in a reflective age Sappiamo che c’è un prezzo da pagare per l’amore nell’era della riflessione Ti ho conosciuta su un palco Il nostro amore in un’era “di riflessi” Oh no, now you’re gone Oh no, sei volata via Mentre la vita la abbandonava, il suo corpo cadeva e colpiva il suolo. Un rumore sordo, un tonfo, “an awful sound”. Euridice morì ed esplodeva il silenzio. Anche quello, si sa, è un suono orrendo, addirittura assordante. Eppure c’era ancora una speranza per Orfeo, un’ultima speranza: «So che esiste un modo per andarcene di qui, senza più guardarci indietro.» E scese attraverso le acque gelide dello Stige, oltre i confini della vita, per strappare Euridice al suo triste destino. “Awful Sound (Oh Eurydice)” è il canto di Orfeo, del suo dolore. E’ una canzone fondamentale all’interno dell’album. Il richiamo al testo di “Reflektor” è un ponte necessario, sospeso tra narrazione e metafora. “We know there’s a price to pay for love in the reflective age. I met you up upon a stage, our love in a reflective age”. In chiusura, in bilico tra disperazione e fede, i cori scandiscono i nomi di Damballa Wedo e Ayda Wedo, divinità haitiane della creazione (cfr. Capitolo 1). Misticismo, ritualità e culto della morte. 2:3 It’s Never Over (Hey Orpheus) Hey, Orpheus! I'm behind you Don't turn around I can find you Hey, Orfeo! Sono dietro di te Non voltarti Riuscirò a trovarti Just wait until it's over Wait until it's through And if I call for you Oh, Orpheus! Just sing for me all night We'll wait until it's over Wait until it's through (...) And if I shout for you Never doubt Don't turn around too soon Just wait until it's over Wait until it's through Aspetta solo che finisca Aspetta che sia tutto passato E se ti chiamerò Oh, Orfeo! Canta per me tutta la notte Aspetteremo che finisca Aspetteremo che sia tutto passato (...) E se grido per te Non avere dubbi Non voltarti così presto Aspetta solo che finisca Aspetta che sia tutto passato It seems so important now But you will get over It seems so important now But you will get over And when you get over When you get older Then you will remember Why it was so important then Adesso sembra così importante Ma andrai avanti Adesso sembra così importante Ma andrai avanti E quando ti passerà Quando sarai più vecchio Allora ricorderai Perché era così importante Seems like a big deal now But you will get over Seems like a big deal now But you will get over When you get over And when you get older Then you will discover That it's never over Adesso sembra impossibile Ma andrai avanti Adesso sembra impossibile Ma andrai avanti E quando ti passerà Quando sarai più vecchio Allora scoprirai Che non è mai finita 2 Hey, Eurydice! Can you see me? I will sing your name 'Til you're sick of me Just wait until it's over Just wait until it's through (...) He told you he'd wake you up* When it was over He told you he'd wake you up When it was over Now that it's over Now that you're older Then you will discover That it's never over * “He told you”: He/Egli è Ade, Re degli Inferi. Hey, Euridice! Puoi vedermi? Canterò il tuo nome Fino a stancarti Aspetta solo che finisca Aspetta che sia tutto passato (...) Ha detto che ti avrebbe svegliato* Quando fosse finita Ha detto che ti avrebbe svegliato Quando fosse finita Adesso che è finita Adesso che sei più vecchio Allora scoprirai Che non è mai finita Sometime (Sometime) Sometime (Sometime) Boy, they're gonna eat you alive (eat you alive)* But it's never gonna happen now We'll figure it out somehow Un giorno (Un giorno) Un giorno (Un giorno) Ragazzo mio, ti mangeranno vivo* Ma non potrà mai accadere ora Lo scopriremo in qualche modo Cause it's never over It's never over (it's never over) Perché non è mai finita Non è mai finita (non è mai finita) We stood beside A frozen sea I saw you out In front of me Reflected light A hollow moon Oh Orpheus, Eurydice It's over too soon Separati da un mare ghiacciato Ti salutai Davanti a me Luce riflessa Una luna irreale Oh Orfeo, Euridice E’ finita troppo presto 3 “Hey, Orpheus! I'm behind you Don't turn around”. Euridice è proprio lì alle sue spalle, ma Orfeo non può voltarsi, o la perderà per sempre. Paura, speranza, sospetto, desiderio: il lungo cammino verso la felicità è una prova di resistenza. Manca poco. Attraverso gli inferi il passo dei due innamorati si fa svelto. La voce di Euridice risuona dolce tra le ombre vacue “Don't turn around too soon, Just wait until it's over”. Eppure in Orfeo il senso di inquietudine è troppo grande. Un presagio. “Solo un giorno capirai davvero l’importanza di tutto questo” canta la sua amata. Non ci sarà lieto fine, e forse lo aveva capito. “Quando un giorno penserai d’aver superato tutto l’amore, tutto il dolore, ti accorgerai invece che sono sempre lì, dentro di te e non finiranno mai”. Poesia. Le parole di Euridice. “When you get over, and when you get older, then you will discover that it's never over”. Orfeo si voltò. Troppo presto. Finì troppo presto. “Oh Orpheus, Eurydice, It's over too soon”. Ma non finirà mai. Christian Gottlieb Kratzenstein, “Orpheus and Eurydice” (1806) * “They're gonna eat you alive”: riferimento ad una delle versioni esistenti sulla morte di Orfeo, secondo cui egli fu ucciso e divorato della Menadi (o Baccanti) per averle rifiutate. 2:4 Porno Take the makeup Off your eyes I've got to see you Hear your sacred sighs Via il trucco dai tuoi occhi ho bisogno di vederti di sentire i tuoi sacri sospiri (...) You can cry, I won't go You can scream, I won't go Every man that you know Would have run at the word go (...) Puoi piangere, non ti lascerò Puoi urlare, non ti lascerò Qualunque uomo tu conosca Alla parola “andare” avrebbe corso Little boys with their porno Oh, I know they hurt you so They don't know that we know Never know what we know I ragazzini con i loro porno Oh, lo so quanto ti facciano male Non (possono comprendere quello che siamo), non conosceranno mai quello che noi conosciamo (...) But the cup it overflows Little boys with their porno But this is their world Where can we go? Makes me feel like something's wrong with me Makes me feel like something's wrong with me Can you see me? (...) La misura è colma ragazzini con i loro porno ma questo è il loro mondo Dove potremmo andare? Sento come ci fosse qualcosa di sbagliato in me Sento come ci fosse qualcosa di sbagliato in me Puoi vedermi? (...) Yeah, something's wrong Little boys with their porno And boys they learn Some selfish shit Until the girl Won't put up with it On and on and on we go I just have to know I'm not over it I'm not over it You say love is real Like a disease Come on tell me please I'm not over it I'm not over it Wait (...) Sì, c’è qualcosa di sbagliato I ragazzini con i loro porno, e i ragazzi apprendono merdate egoiste/narcisiste fino a quando la donna non può più tollerarlo. Ancora, ancora e ancora noi andiamo. Ho bisogno di scoprire. Non ne ho abbastanza Non ne ho abbastanza Tu dici che l’amore è proprio Come una malattia Ti prego, vieni qui e dimmelo ancora Non ne ho abbastanza Non ne ho abbastanza Aspetta... In “Porno” è invece affrontato il tema della sessualità nell’era moderna. Gli uomini sono raffigurati come ragazzini attirati dal sesso facile, educati alla “pornografia”, simbolo di un edonismo frenetico e narcisista. Intimità, condivisione, unione, “They never know what we know”, canta Butler. Amarsi nella Reflective Age, farlo pienamente, totalmente, è un’eccezione, un viaggio complesso e meraviglioso. E il sesso, questo modo di concepire la sessualità, è una scoperta profonda, infinita, della persona amata, che nulla a che vedere con i “little boys with their porno”. E anche se il mondo, questo mondo, sembra fatto per loro (“But this is their world, Where can we go?”), “noi resisteremo, fidati di me” sembra cantare Butler, “non sono come tutti gli altri”(“You can cry, I won't go, you can scream, I won't go”). L’amore è un errore dell’era moderna, un’imperfezione. Solo chi ha il coraggio di “sbagliare” troverà la salvezza. Ma cosa succede se questi sentimenti, rifugio nelle tenebre, vengono spezzati per sempre? Se Orfeo perde la sua Euridice, tutto l’amore dov’è che finisce? E le lacrime, le gioie, i dolori, le vittorie, le sconfitte? Che fine fa tutta questa vita dopo la morte? “Ce la faremo?” 2:5 Afterlife Afterlife, oh my God, what an awful word After all the breath and the dirt and the fires that burn And after all this time, and after all the ambulances go And after all the hangers-on are done hanging on to the dead light of the afterglow. I’ve gotta know! L’Aldilà, oh mio Dio, che parola orrenda Dopo tutti i respiri, lo sporco e le fiamme che sono bruciate E dopo tutto questo tempo, dopo tutte le ambulanze che sono partite Quando persino chi si aggrappa alla luce di morte dell’ultimo bagliore, avrà smesso di farlo Devo sapere! Can we work it out? If we scream and shout ’till we work it out? Can we just work it out? Scream and shout ’till we work it out? (...) ’till we work it out Ce la faremo? Se urliamo, gridiamo fino a riuscirci? Funzionerà davvero? Urleremo, grideremo fino a quando non ce l’avremo fatta. (...) Fino a quando non ce l’avremo fatta. Afterlife, I think I saw what happens next It was just a glimpse of you, like looking through a window Or a shallow sea Could you see me? And after all this time It’s like nothing else we used to know After all the hangers-on are done hanging on to the dead light of the afterglow I’ve gotta know! L’Aldilà, credo d’aver visto cosa accadrà dopo Era solo un’immagine sbiadita di te, come guardare attraverso una finestra o il mare poco profondo Potevi vedermi? E dopo tutto questo tempo Non somiglia a nient’altro che abbiamo visto prima Quando persino chi si aggrappa alla luce di morte dell’ultimo bagliore, avrà smesso di farlo Devo sapere! Can we work it out? Let’s scream and shout ’till we work it out! Can we just work it out? Scream and shout ’till we work it out? Ce la faremo? Urliamo, gridiamo fino a riuscirci! Funzionerà davvero? Se urleremo, grideremo fino a quando non ce l’avremo fatta? But you say Oh, When love is gone Where does it go? (...) And where do we go? Ma tu dici Oh, Quando l’amore se ne va Che fine fa? (...) E noi che fine facciamo? And after this Can it last another night? After all the bad advice Had nothing at all to do with life I’ve gotta know! E dopo tutto questo, Può durare (almeno) un’altra notte? Dopo tutti i cattivi consigli Che non hanno nulla a che fare con la vita. Devo sapere! (...) It’s just an afterlife It’s just an afterlife It’s just an afterlife with you It’s just an afterlife (...) E’ solo un’aldilà E’ solo una vita dopo la morte E’ solo l’aldilà con te Una vita dopo la morte 2:6 Supersymmetry I know you're living in my mind But it's not the same as being alive I know you're living in my mind But it's not the same as being alive So che abiti i miei pensieri Ma non è come essere vivi So che abiti nella mia testa Ma non è come essere vivi Supersymmetry Supersymmetry Supersimmetria Supersimmetria If telling the truth is not polite Then I guess we'll have to fight If telling the truth is not polite Then I guess we'll have to fight Se dire la verità non è corretto Penso che dovremo combattere Se dire la verità non è corretto Penso che dovremo combattere (...) Lived for a year, in the bed by the window Reading books, better than memories Wanna feel the seasons passing Wanna feel the spring (...) Ho vissuto per un anno a letto, accanto alla finestra Leggendo libri meglio di quanto leggessi ricordi Volevo sentire il passaggio delle stagioni Volevo sentire la primavera Of supersymmetry Supersymmetry Della supersimmetria Supersimmetria (...) It's been a while since I've been to see you I don't know where, but you're not with me Heard a voice, like an echo But it came from me (...) E’ passato del tempo da quando ti ho vista Non so dove, ma non sei con me, Sentivo una voce, come un’eco Ma veniva da me... In un mondo supersimmetrico, per ogni particella che osserviamo, esiste una particella "ombra", un partner identico in tutto e per tutto. E’ la teoria fisica della Supersimmetria. Siamo ai titoli di coda. I conflitti contenuti in “Reflektor” si armonizzano secondo un ordine superiore. Vita, morte, luci, ombre, verità, illusione, si incontrano come immagini riflesse tra due specchi, e nella compiuta simmetria dei propri contorni, finalmente si fondono. C’è qualcosa di catartico nella rassegnata malinconia di “Supersymmetry”. E’ come se la canzone sussurrasse “non ci arrenderemo mai, continueremo a combattere, nonostante tutto” Neanche la morte può separare due anime create da sempre l’una per l’altra. “I know you're living in my mind (...) I don't know where, but you're not with me”. “Averti dentro di me, non è come averti qui” sembra voler dire Butler, “ma se esiste davvero un ordine primordiale e simmetrico per tutte le cose, allora siamo destinati ad appartenerci per sempre”. Supersimmetria. E non ci sono contraddizioni. Esistiamo solo noi. Esistono le nostre emozioni, il nostre amore. Ed esiste il nostro coraggio. Il coraggio di cambiare il mondo. “I guess we'll have to fight” Capitolo 4 Black Orpheus “Black Orpheus” (Orfeu negro, Orphée Noir) è un film del 1959 diretto dal regista francese Marcel Camus. Come è stato già accennato nel Capitolo 1, la pellicola opera una trasposizione del mito di Orfeo ed Euridice in chiave moderna. Orfeo è un giovane tranviere di Rio de Janeiro, con la passione per il canto. Siamo alla vigilia del Carnevale, e proprio durante i convulsi giorni di festa, Euridice fa il suo arrivo in città, per sfuggire ad un uomo misterioso che la perseguita. Come è facile intuire, tra lei ed Orfeo, fidanzato intanto con un’altra donna (Mira), sboccerà l’amore. Fermiamoci qui. Il 26 settembre 2013 gli Arcade Fire, per presentare in streaming integrale il nuovo album, scelgono di accompagnare la musica alle immagini di questo film. Una scelta per nulla casuale. The film Black Orpheus is one of my favourite films of all time, which is set in Carnival in Brazil. The Orpheus myth is the original love triangle, Romeo-and-Juliet kind of story. Il film Black Orpheus è uno dei miei preferiti in assoluto, ed è ambientato nel carnevale in Brasile. Il mito di Orfeo è il primo triangolo d’amore, la prima storia alla “Romeo e Giulietta”. Win Butler Il video originale purtroppo non è più disponibile sul web, e questo rende complicato, per chi vi scrive, raccontare l’esperienza che gli Arcade Fire ci hanno regalato. Ascoltare “Reflektor” per la prima volta attraverso il film “Black Orpheus” è qualcosa che non si può dimenticare. L’impatto emotivo è stato spiazzante, inatteso, devastante. Siamo davanti ad una delle più belle “narrazioni” dell’ultimo ventennio di musica. Confidando nel fatto che la band renda di nuovo accessibile questo video, consigliamo ai lettori, che non ne avessero avuto la possibilità, di vedere comunque il film originale, “Black Orpheus”. “Reflektor” non può prescindere dalla sua visione, per almeno cinque motivi. Li analizzeremo insieme, senza svelare troppi dettagli sulla trama. I. Orfeo ed Euridice Ci siamo soffermati a lungo sull'importanza del mito per la comprensione dell'album. C'è però un momento toccante nel film. Durante la follia del carnevale, Orfeo cerca disperatamente Euridice, nel cuore della notte. E’ una discesa negli inferi, una ricerca disperata e di speranza (permetteteci il gioco di parole). Ci avviciniamo lentamente all'epilogo. L'amore tra i due vive il suo momento più drammatico. Nel “lungometraggio” degli Arcade Fire è proprio durante questa fase dell’intreccio che ascoltiamo "Awful Sound (Oh Eurydice)" e "It's Never Over (Hey Orpheus)". E sono lacrime. Non riuscirete più ad ascoltare i due brani senza avere davanti agli occhi le immagini del film. II. Carnevale Il Carnevale di Rio sposa il Rara di Haiti. Canzoni come “Here Comes the Night Time I” dipingono di musica le danze notturne e ubriache del film. Follia, dannazione, senso della vita. In quelle note, in quei fotogrammi, c'è tutto questo. III. Esoterismo Come mostrato nel video di “Afterlife” (unico frammento del film degli Arcade Fire ancora disponibile sul web), Orfeo confida di ritrovare Euridice anche attraverso l’esoterismo Vodou. Magia, oltretomba, possessione. La religione haitiana raccontata dalla band canadese, rivive nel film in tutto il suo mistico fascino. Siamo davanti all'ennesimo parallelismo tra pellicola e album. IV. Era Moderna C’è spazio anche per la Reflective Age. Trattandosi di una trasposizione moderna del mito di Orfeo ed Euridice, il film mostra i canoni, i pregiudizi, le ambiguità della società contemporanea. Quella che dovrebbe essere la storia d’amore tra una ninfa e il figlio di una musa, si trasforma in un triangolo amoroso, in un “noi contro tutti” che diventa poesia durante le scene che accompagnano “Porno”. V. Supersimmetria La conclusione del film (che preferiamo non svelare nei dettagli) è toccante e catartica, come il finale di “Reflektor”. E’ la supersimmetria. Pur nella malinconia, ogni cosa torna al proprio posto. Ed il sole sorge ancora, tra un sorriso ed una chitarra. Bibliografia 1) http://www.rollingstone.com/music/news/win-butler-reveals-secret-influences-behindarcade-fires-reflektor-20131022 2) http://en.wikipedia.org/wiki/Haitian_Vodou 3) http://en.wikipedia.org/wiki/Veve 4) http://en.wikipedia.org/wiki/Rara 5) “la Repubblica”, 01/11/2013 , “Arcade Fire: va in scena la canzone infinita di Haiti”, articolo di C. Moretti 6) Simonella Davini - “Arte e Critica nell’estetica di Kierkegaard” 7) http://www.fisicaparticelle.altervista.org/super.html 8) http://www.chartattack.com/features/2013/10/30/arcade-fire-caribbean-drag-haiti/ 9) http://www.elicriso.it/it/mitologia_ambiente/orfeo_euridice/ 10) http://www.riflessioni.it/miti-leggende-fiabe/orfeo-euridice.htm 11) Ovidio, “Le Metamorfosi”, libro X