REFLEKTOR

Transcript

REFLEKTOR
REFLEKTOR
“Let’s Find a Way to Enter!”
Guida alla comprensione del quarto album degli Arcade Fire
A cura di Andrea Miletti
Dedicato agli amici storici del forum
“Coldplayzone”, senza i quali questo
manuale non esisterebbe.
Premessa
“Reflektor” è il quarto album della band canadese Arcade Fire, pubblicato il giorno 28 ottobre
2013. La guida che stringete tra le mani è un atto d’amore, nato da un “colpo di fulmine”, e non
pretende di essere altro. Sono stato indeciso fino all’ultimo sulla possibilità di utilizzare questo
termine, “guida”. Non credo esista infatti un metodo per ascoltare musica, e se esistesse, non avrei
la presunzione di insegnarvelo io. La verità è un'altra: “Reflektor” non è solo una raccolta di inediti,
ma un’opera straripante, varia, ambiziosa e piena di poesia. Per chi scrive, quello degli Arcade Fire
è semplicemente uno degli album più belli mai ascoltati. A poco a poco che scoprivo i suoi tesori
nascosti, sentivo sempre più la necessità di raccontarli. Ed è così che ho cominciato questo lavoro di
ricerca. Se vorrete seguirmi, daremo ampio risalto al contenuto artistico dell’album. Questo
significa che non troverete cenni biografici sulla band, e neppure estenuanti comparazioni con la
discografia precedente. Lascio il gravoso compito a chi ha avuto la fortuna di aver vissuto le attese e
i “rumours”, le anteprime e i concerti dal vivo, con maggiore costanza di quanto abbia fatto io negli
ultimi anni. Un’ultima nota riguarda infine le traduzioni di testi e interviste: ho cercato di rendere
certi passaggi più naturali, personalizzando, quando serviva, alcune espressioni. Sperando che il
risultato finale sia di vostro gradimento, vi auguro una buona lettura. Che il viaggio abbia inizio!
Let’s find a way to enter! Let’s go!
Andrea Miletti
“Black Orpheus” (1959) Regia di Marcel Camus
Capitolo 1
Mitologia, Esoterismo e Filosofia*
Prima di entrare nel vivo è opportuno approfondire il substrato mitologico, esoterico e filosofico
che ha ispirato l’opera. In particolare ci soffermeremo sul racconto di Orfeo ed Euridice, sulla
religione Vodou, sul Rara, e infine sulla definizione di “età moderna” in Søren Kierkegaard.
I. Orfeo ed Euridice
Partiamo dal mito di Orfeo ed Euridice. Sulla copertina di “Reflektor” campeggia la scultura di
Auguste Rodin, raffigurante i due amanti. La citazione non è casuale. La presenza dei brani “Awful
Sound (Oh Eurydice)” e “It’s Never over (Hey Orpheus)” può confermarlo. Ma il richiamo al mito
non finisce qui. “Black Orpheus” (per chi se lo fosse perso) è il film del 1959, col quale gli Arcade
Fire hanno presentato in streaming il nuovo album. Ricordare dunque il racconto mitologico, può
fornire all’ascoltatore/lettore un’arma in più per comprendere l’opera.
Il Mito. Orfeo, figlio della musa Calliope, viveva in Tracia. La sua fama di poeta e musicista non
aveva confini. Accompagnava i suoi versi con il suono della lira, strumento che egli padroneggiava
come pochi. Chiunque veniva estasiato dalla sua musica. Un giorno il cantore, vagando per i boschi
in cerca di ispirazione, vide per caso una ninfa bellissima, intenta a raccogliere fiori: Euridice.
Orfeo dunque le si avvicinò. Le parlò. Bastò veramente poco perché se ne innamorasse. E fu un
amore violento. Euridice non seppe resistere al sensibile fascino del suo spasimante, e i due, in
breve, decisero di convolare a nozze. Il matrimonio si celebrò in un bosco della Tracia. Era tutto
pronto. Un oscuro presagio rendeva sinistra l’atmosfera di quel pomeriggio, ma i due giovani erano
troppo felici per curarsene. Eppure qualcosa di terribile stava per accadere. E accadde. Un urlo
*
Copertina dell’album “Reflektor” - Auguste Rodin – “Orfeo ed Euridice”
spaventoso. Euridice stramazzò al suolo: una vipera l'aveva morsa. Orfeo accorse disperato, si chinò
sulla sposa che giaceva esanime. La chiamò con tutte le sue forze, ma era troppo tardi. Euridice era
morta. “Quando Orfeo si fu saziato di piangerla all’aria e alla luce, volle fare un tentativo anche nel
regno delle ombre”. «Scenderò nell'Averno e pregherò le potenze infernali di restituirmi la mia
dolce sposa» disse. L’Averno è il lago campano (Pozzuoli) attraverso cui, nella tradizione classica,
è possibile accedere al regno dei morti, di cui Ade è signore. E scese nell’oltretomba.
“Fendendo la folla delle ombre inconsistenti e dei fantasmi dei defunti, (Orfeo) giunse al cospetto
di Ade, re del triste regno, e della sua consorte Persefone; (...) così si rivolse loro: «O divinità di
quel mondo sotterraneo in cui inesorabilmente finiamo tutti noi (…) Sono venuto per mia moglie,
(…) che è morta nel fiore degli anni. Ho cercato con tutte le mie forze di adattarmi alla sua perdita,
ma l’amore è stato più forte di tutto! (…) In nome di questi luoghi che incutono tanta paura, di
questo abisso immenso, di questo regno dal terribile silenzio, vi imploro: ritessete le fila spezzate
del destino di Euridice! In fondo è già tutto vostro: noi siamo solo di passaggio, e prima o poi ci
affrettiamo tutti verso quest’unica dimora. Questa è la meta, questa la suprema destinazione per
tutto il genere umano, su cui voi esercitate il vostro dominio per un tempo infinito. Anche Euridice,
quando avrà compiuto la sua vita,(…) sarà in vostro potere. Non è dunque un dono quello che vi
chiedo. Se poi il fato non sarà indulgente con lei, neppure io tornerò tra i vivi; due saranno i morti:
godetene!» A queste parole e al suono della lira, piangevano le anime pallide.”
(Ovidio, “Le Metamorfosi”, libro X )
“La regina ed il re degli inferi non ebbero il coraggio di opporre rifiuto alla preghiera di Orfeo e
mandarono a chiamare Euridice” perché gli fosse restituita. Nonostante la commozione, Ade dettò
le regole del “gioco”: «Orfeo, sarai tu stesso a condurre la tua sposa fuori dall'Averno. Ma bada:
non dovrai né guardarla, né toccarla finché non avrai raggiunto la luce del sole. Se ti volterai, la
perderai per sempre». A questo punto “si avviarono veloci i due, in mezzo ad un impressionante
silenzio, per un sentiero erto, faticoso, coperto dalle tenebre opache di una fitta nebbia”. Ce
l’avevano quasi fatta. La luce del sole cominciava a filtrare tra le tenebre. Ma in Orfeo si insinuò
l’atroce sospetto dell’inganno, e non fu più capace di resistere alla tentazione di voltarsi. E si voltò.
La fanciulla gli stava di fronte e con le mani si tolse il velo che ancora la ricopriva. Era bella più che
mai, ma gli occhi erano tristi. Fu un attimo. Pronunciò solo un ultimo addio, tendendo le braccia
verso l’amato consorte. Una fitta nebbia la avvolse, e scomparve negli abissi per sempre. “Moriva
così per la seconda volta”. La sofferenza di Orfeo fu atroce: nulla poté fare per riavere la sua
Euridice. E il dolore, col tempo, lo consumò fino alla morte.
II. Haiti, la tradizione Vodou e il Rara
"Going to Haiti for the first time with Regine was
the beginning of a major change in the way that I
thought about the world.”
“Visitare Haiti per la prima volta con Regine, ha
segnato l’inizio di un cambiamento importante nel
mio modo di considerare il mondo”
Win Butler
E’ necessario partire da qui, dalle parole di Win Butler, per comprendere in che misura la cultura
haitiana abbia influenzato “Reflektor” nella forma, nei contenuti e nell’iconografia.
"I mean, it's not like our band trying to play
Haitian music. I just felt like we were opened up
to a new influence. Bob Marley probably felt the
same way the first time he heard Curtis Mayfield."
“Voglio dire, non è che la nostra band abbia
provato a riprodurre musica Haitiana. Credo più
che la nostra sia stata una forma di apertura ad una
nuova influenza. Bob Marley probabilmente avrà
provato le stesse sensazioni ascoltando per la
prima volta Curtis Mayfield”
Vodou. Una delle fonti di ispirazione per gli Arcade Fire è stata senz’altro la religione Haitiana del
Vodou (Vudù o Voodoo). Innanzitutto è bene precisare che siamo di fronte ad una religione
sincretica. Essa è cioè il risultato della sovrapposizione di credenze, riti, superstizioni appartenenti a
fedi diverse, che sono state assimilate nel corso dei secoli. Il Vodou trae origine, in piena età
coloniale, dall’animismo africano, esportato con la tratta di schiavi nelle Americhe. Tale religione si
espanse fino alle isole caraibiche, per tutta l'America centrale. Solo in seguito si ibridò con la fede
Cattolica, abbracciando l’idea di un Dio supremo e di numerosi intermediari. La religione vuduista
che conosciamo oggi combina infatti elementi ancestrali della tradizione africana, con principi
ispirati al Cattolicesimo, ponendosi a metà tra panteismo e monismo: Dio è unico e unitario, è la
fonte primordiale di tutte le cose che esistono, ma non può essere compreso dalla mente umana se
non attraverso la molteplicità delle sue manifestazioni. Non stupisce quindi la presenza di una
schiera di varie divinità, chiamate loa (letteralmente,"misteri"), spiriti della natura attraverso i quali
Dio si rivela al mondo.
Loa. Due delle divinità loa sono citate all’interno dell’album, nella canzone “Awful Sound (oh
Eurydice)”. In particolare il coro sul finale scandisce i nomi di Damballa Wedo e Ayda Wedo. Il
primo è il padre di tutti i loa. Ayda Wedo è invece la sua sposa, nonché “signora del cielo”.
Raffigurati come serpenti, sono i due spiriti della creazione.
Veve. Ad ogni loa è associato un particolare simbolo, il veve, usato nei riti e nelle divinazioni come
tramite con la divinità. Questa simbologia, come noterete ha sicuramente qualcosa di familiare.
A sinistra troviamo due veve Haitiani. A destra sono riportati, in successione, il logo che gli Arcade
Fire hanno utilizzato per promuovere il primo singolo (la title track “Reflektor”) e a fianco, la
nuova “firma” del gruppo canadese. Per quanto riguarda la simbologia utilizzata durante la
campagna pubblicitaria di “Reflektor”, è stato lo stesso Win Butler ad ammettere l’influenza.
“The "Reflektor" logos showed up in cities all
over the world were inspired by Haitian veve
drawings, which are done in chalk or in the dirt.”
“Il logo “Reflektor” mostrato per le città di tutto il
mondo, è ispirato alle raffigurazioni veve haitiane,
disegnate in gesso o in terra”.
Per il secondo simbolo invece, non abbiamo prove certe. Esso consiste in un simmetrico gioco di
riflessi, costruito attorno alle iniziali AF (“Arcade Fire”), che fungono da “riflettori” al centro del
disegno. E’ evidente il forte richiamo al titolo dell’album. Tuttavia chi scrive ha rilevato una certa
similitudine iconografica con i veve. L’idea è che non si tratti di una suggestione casuale.
Rara. Veniamo alla più importante delle fonti di ispirazione per gli Arcade Fire: il Rara haitiano. Il
Rara è una folle processione di colori, musica e danze. In pratica è il carnevale di Haiti. Durante
questa manifestazione si esibiscono diversi musicisti. Talvolta a suonare sono vere e proprie bande.
Tipici del Rara sono i vaksen, strumenti a fiato cilindrici. Accanto ad essi troviamo trombe e
soprattutto una varietà incredibile di percussioni.
«In questo carnevale band, di otto o dieci
musicisti, suonavano per ore la sola canzone
provata durante l’anno. E in pratica questa
canzone consisteva negli stessi identici venti
minuti di musica, riprodotti di volta in volta
con arrangiamenti diversi! Ora, potrebbe
sembrare ossessiva come cosa. Invece io ho
amato ogni minuto di quell'esperienza»
Win Butler
In “Reflektor”, questa folgorazione per il Rara è stata però “contaminata” da sonorità appartenenti
al folklore Giamaicano. Gran parte dell’album è stata registrata proprio in Giamaica, e il risultato
finale è un’armonica coesistenza tra le due fonti di ispirazione. Il substrato “esotico” che ne deriva,
contribuisce all’allestimento scenico di tutta l’opera, senza mai risultare ingombrante: poliritmie
tribali, percussioni afro e atmosfere caraibiche arricchiscono il sound, senza monopolizzare
l’ascolto. Non si ha mai la sensazione di trovarsi di fronte ad un album “etnico”. La
sperimentazione è sobria e coraggiosa al tempo stesso. Gli Arcade Fire osano, senza snaturarsi.
Miscelano sapientemente tutti gli ingredienti come solo grandi “chef” sono in grado di fare. Questa
almeno è la nostra idea.
III. L’età moderna secondo Søren Kierkegaard
“I studied the Bible and philosophy in college and
I think in a certain sense that's the kind of stuff
that still makes my brain work. There's an essay
by Kierkegaard called The Present Age that I was
reading a lot that's about the reflective age. This is
like in [1846], and it sounds like he's talking about
modern times. He's talking about the press and
alienation, and you kind of read it and you're like,
"Dude, you have no idea how insane it's gonna
get.”
“Al college ho studiato la Bibbia, la filosofia, e
penso che in un certo senso questo sia ancora il
tipo di materiale che mette in moto il mio
cervello. C’è un’opera di Kierkegaard chiamata
“L’Età Presente”, che ho letto a lungo, sul tema
dell’iper-riflessione*. E’ del 1846 eppure sembra
descrivere i tempi moderni. (L’autore) parla (già)
di stampa, alienazione, ed è un po’ come se
leggendolo ti venisse da dirgli “amico, e non hai
idea di come sarà!”
“He basically compares the reflective age to a
passionate age. Like, if there was a piece of gold
out on thin ice, in a passionate age, if someone
went to try and get the gold, everyone would
cheer them on and be like, "Go for it! Yeah you
can do it!" And in a reflective age, if someone
tried to walk out on the thin ice, everyone would
criticize them and say, "What an idiot! I can't
believe you're going out on the ice to try and risk
something."
“In sostanza (Kierkegaard) confronta l’era
dell’iper-riflessione con quella della passione.
Facciamo un esempio. Mettiamo che vi sia un
frammento d’oro lì fuori, su una lastra di ghiaccio
molto sottile; nell’era della passione, se qualcuno
avesse provato ad avventurarsi nell’impresa di
raccoglierlo, tutti avrebbero fatto il tifo per lui
“Vai ce la puoi fare! Coraggio!” Nell’era
dell’iper-riflessione, no. Piuttosto gli avrebbero
detto: “Che idiota! Non posso credere tu voglia
farlo davvero!”
* “Era dell’iper-riflessione” sembra essere, sul piano dottrinale, la traduzione più attendibile di “Reflective Age”.
“So it would kind of paralyze you to even act
basically, and it just kind of resonated with me —
wanting to try and make something in the world
instead of just talking about things.”
“Ecco, è un po’ come se ad un certo punto la cosa
ti paralizzasse, e mi ritrovavo in questo - essendo
tra quelli che al parlare e basta, preferisce l’idea di
poter fare qualcosa nel mondo.”
Le parole di Win Butler ci introducono nell’era dell’iper-riflessione e della mistificazione: la
“Reflective Age”. Il filosofo danese Søren Kierkegaard la descrive ne “L’Età Presente” (1846), che
possiamo considerare il manifesto ideologico dell’album. Tra tutte le citazioni contenute in
“Reflektor”, questa è sicuramente quella più complessa e ambiziosa. L’era dell’iper-riflessione
coincide con i tempi moderni. L’uomo moderno è riflesso in sé, nella propria soggettività.
L’individuo diventa cioè creatore di sé stesso, e tutto ciò che non è riferito al “sé” perde significato.
Conseguenza inevitabile di ciò è il nichilismo: crisi della ragione, perdita del “centro” e decadenza
dei valori. Nulla conta davvero all’infuori dei propri interessi.
“Kierkegaard vede nell’epoca moderna l’epoca in cui si afferma il principio della soggettività
assolutamente riflessa in sé, ovvero, in termini hegeliani, il momento del puro essere per sé della
soggettività. (...) L’epoca moderna è anche essenzialmente nichilista: quando la soggettività
assolutamente riflessa in sé si volge verso l’oggettività, scopre inevitabilmente l’«essere per lei» di
tale oggettività (la sua autosufficienza) e dunque la sua nullità. Il dubbio e l’ironia sono pertanto
gli atteggiamenti esistenziali tipici dell’epoca moderna.”
(Simonella Davini - “Arte e Critica nell’estetica di Kierkegaard”)
L’individualità iper-riflessa è anche “adusa alla mistificazione”; il suo «esterno» é in costante
contraddizione con l’«interno». Ed è qui che il riflesso diviene illusione. Non esiste verità. Non
esiste sentimento. Non esiste solidarietà. In questo scenario ideologico si consuma il dramma
dell’alienazione e dell’isolamento. “L’amore ai tempi della Reflective Age” (parafrasando Gabriel
García Marquez) ha un prezzo alto da pagare. L’era moderna non conosce eccezioni. Chi sfugge
alla dittatura dell’estetica e della dissimulazione, è condannato alla sofferenza. E “Reflektor”
racconta anche questa storia. La storia dell’uomo che infrange gli specchi del proprio tempo, per
sfuggire all’inganno dei suoi riflessi. La disperata ricerca della verità.
Capitolo 2
Un album chiamato “Reflektor”
“I think we spend more time sequencing records
than most people spend making records. Our
process takes forever to the point where it's crazy.
We lived with the songs for a while and just tried
to figure out how they were gonna work together.
The record is really long. We intended to make a
short record and we ended up with 18 songs that
were all between six and eight minutes and we
were like, "Uh oh, I think we screwed up making
a short record." Splitting it over the two halves
enables you to get into the different worlds of the
records.”
“Penso che il tempo che abbiamo speso per
decidere la tracklist sia molto più di quanto la
gente normale impieghi per registrare. Il nostro
lavoro finisce sempre col rasentare la follia. Per
un po’ viviamo (in simbiosi) con le canzoni, così
proviamo ad immaginare come potrebbero
funzionare insieme. L’album (in effetti) è proprio
lungo. All’inizio volevamo farlo breve, poi siamo
arrivati a 18 canzoni, tutte tra i sei e gli otto
minuti, (ci siamo guardati in faccia) e “Ops.. mi sa
che l’album breve ce lo siamo bruciato”. La scelta
comunque di dividerlo in due metà permette
l’immersione in mondi (e atmosfere) differenti”
Win Butler
Reflektor è diviso in due parti: “Volume 1” e “Volume 2” (oppure se preferite, “Lato A” e “Lato B”).
E’ un doppio album, e i suoi due dischi sono prospettive diverse dello stesso paesaggio di musica.
La scelta di suddividere l’opera in due “atti”, si è rivelata felice, non solo sul piano artistico, ma
anche su quello dell’ascolto vero e proprio. I suoi 75 minuti e 14 secondi avrebbero potuto risultare
un po’ “forti” per essere assimilati d’un fiato; senza dimenticare che la durata media dei 13 brani è
piuttosto elevata. Diventava pertanto necessario, oltre che funzionale, un giro di boa, un punto di
rottura tra i due “mondi” (Butler docet). La scelta del doppio album in tal senso è anche
esteticamente efficace: sublima, nella forma, il contenuto bivalente e speculare di “Reflektor”.
I. Reflektor: Track Listing
Reflektor: Volume 1
No. Title
Reflektor: Volume 2
Length
No. Title
Length
1. "Reflektor"
7:34
1. "Here Comes the Night Time II"
2:52
2. "We Exist"
5:44
2. "Awful Sound (Oh Eurydice)”
6:14
3. "Flashbulb Eyes"
2:42
3. "It’s Never Over (Hey Orpheus)"
6:43
4. "Here Comes the Night Time"
6:31
4. "Porno"
6:03
5. "Normal Person"
4:22
5. "Afterlife"
5:53
6. "You Already Know"
3:59
6. "Supersymmetry"
7. "Joan of Arc"
5:27
11:17
II. Reflektor: Stile ed influenze
Definire il genere di appartenenza di “Reflektor” non è un’impresa, no. E neppure qualcosa di
difficile. Semplicemente è un errore, qualcosa di limitativo e sommario. L’album che abbiamo tra le
mani è invero un microuniverso di suoni, colori, stili differenti, accomunati dalle stesse “leggi
fisiche”. In questo grande variopinto puzzle, ogni singola canzone si incastra con devozione alle
altre. Non c’è rischio di smarrirsi: la sceneggiatura di “Reflektor” è ispirata, coerente, mai
dispersiva. Ritenendo fondamentali queste premesse, proveremo ora a tracciare un identikit
musicale dell’album.
Produzione e Registrazione. Il processo di registrazione cominciò in Louisiana (USA) nel 2011, e
proseguì l’anno successivo in Giamaica, dove la band si trasferì col produttore Markus Dravs. Qui
diverse sessioni furono eseguite all’interno di un sontuoso castello abbandonato, il Trident Castle.
L’eccentrico ricco che lo commissionò nel 1979, non riuscì più a pagarne il fitto e lo abbandonò.
Ecco come Win Butler, riferendosi al castello, racconta quei giorni.
“I met a dude who was planning on turning it into
a hotel, so we just rented it off him for cheap and
there was nothing in there. We brought in some
beds and a piano and some gear.”
“Conobbi questo tipo che voleva farne un albergo,
così glielo chiedemmo in fitto ad un prezzo
ragionevole; dentro non c’era nulla. Ci portammo
allora dei letti, un pianoforte, e qualcosa per
registrare.”
La maggior parte dell’album è stata registrata su nastro. Nell’Agosto 2012 gli Arcade Fire
cominciarono a lavorare anche col produttore James Murphy, frontman degli LCD Soundsystem.
Erano anni che la band sognava di lavorarci insieme.
Caratteri distintivi e Sonorità. Nonostante la complessa varietà di suoni al suo interno, “Reflektor”
offre delle “linee guida”, delle coordinate, degli elementi distintivi che orientano l’ascoltatore per
tutta la durata dell’album. Cominciamo col ritmo: “Reflektor” ne ha da vendere. Poliritmie,
variazioni di tempo, suggestioni tribali e ritmica sincopata. Le percussioni incalzano. Si balla. Lo
ammette lo stesso Butler con un pizzico di ironia.
“Regine is kind of the person who dances. At any
given minute, if you can get Regine to dance,
you're kind of on the right track, so I think we
just wanted to make a record that Regine could
dance to.”
“Regine è il tipo di persona che balla. In
qualunque momento, se puoi portare Regine a
ballare, sei sulla strada giusta. Credo volessimo
creare proprio della musica cui Regine potesse
danzare.”
Il ritmo cattura, coinvolge, stordisce, ma è l’Elettronica la colonna portante di tutta l’opera (almeno
per chi scrive). Synth ed altre soluzioni ingegnose (in gran parte targate “Murphy”), dilagano tra le
crepe, le insenature dell’album, come acqua viva. La loro presenza non è “ornamentale”, e neppure
invadente: è necessaria. Necessaria per amalgamare il tutto. Ritmo, elettronica, ma non
dimentichiamo il Rock. Il lato A (il primo disco, per capirci) racchiude gli esempi più eclatanti.
“Normal Person” strizza l'occhio ai Clash, con chitarre che ricordano i Weezer di “Buddy Holly”;
l’introduzione di “Joan of Arc” sfiora addirittura il punk-rock. A parte questi acuti però, a dominare
è una garbata sperimentazione “vintage”. Tra classico e moderno, riecheggiano alcune intuizioni
felici degli anni ’80, a metà tra David Bowie e Talking Heads (quelli di “Seen and Not Seen”), come
accade nell’ipnotica title-track, “Reflektor” (nella quale, manco a farlo apposta, c’è un cameo del
“duca bianco”). “We exist”, col suo provocante giro di basso, segue lo stesso filone “nostalgico”
(qualcuno sul web la accosta addirittura a “Billie Jean” di Michael Jackson, anche se troviamo un
po’ audace il paragone). Stessa sorte tocca a “Here Comes The Night Time I” travolgente carnevale
fatto musica: irrompe dal nulla con un ritmo ossesso ed ubriacante, frana su di sé, e cambia passo;
dondola scanzonata su una spiaggia esotica (per stessa ammissione di Butler ricorda vagamente
“Close to me” dei Cure), per poi farsi nuovamente indiavolata e folle. Quantità e qualità.
Arrangiamenti grondanti musica, strumenti inesauribili: questi sono gli Arcade Fire. C’è persino
spazio per un momento Dub con “Flashbulb Eyes”, una delle tracce più brevi dell’album: leggera e
spettrale, risente più di tutte dell’influenza giamaicana, ammiccando vagamente a “Listening Wind”
dei Talking Heads. In “You Already Know” la band si ispira invece alle atmosfere anni ’50 dello
swing e del boogie. Il risultato finale è una canzone tutta da cantare e ballare: al concerto ne
vedremo delle belle. Tocca al Lato B, tocca alle emozioni. L’elettronica spiazza e seduce; la ritmica
si fa ricca di pathos, mentre una dolce malinconia prende il sopravvento. “Here Comes The Night
Time II” è un’eco nella notte: rarefatta e delicata. La successione “Awful Sound (Oh Eurydice)” ,
“It’s Never Over (Hey Orpheus)” è semplicemente uno dei momenti più toccanti di tutto l’album.
Nonostante vi sia un richiamo ai Beatles di “Hey Jude” nella prima delle canzoni citate, questi sono
due brani da ascoltare ad occhi chiusi, senza badare ad altro. Si tratta probabilmente dell’episodio
musicale più spontaneo e originale in “Reflektor”. Seguono la murphiana “Porno” (l’arrangiamento
ricorda “Dance Yrself Clean” degli LCD Soundsystem) e “Afterlife” (che cita i New Order di
“Temptation”): entrambe di qualità molto elevata. Infine i titoli di coda, la quiete dopo la tempesta
(di emozioni): “Supersymmetry”, delicata e serena. Ed è tanta musica.
Hidden tracks. Capitolo a parte meritano le cosiddette ghost-tracks. Reflektor dovrebbe possederne
due: una traccia 0 (pre-gap track) di 10 minuti, che precede la traccia 1 sul primo disco; e dunque
una traccia alla fine di “Supersymmetry”. Cominciamo col dire che non sono due canzoni
convenzionali, ma la versione “reverse” di alcuni spunti di tutte le tracce dell’album: in particolare
la prima traccia fantasma dovrebbe essere il “riflesso” del primo disco; la seconda invece il
“riflesso” di tutto album. L’uso del condizionale è legato al fatto che sulla versione acquistata da chi
vi scrive, non c’è modo di ascoltare questa fantomatica traccia 0, ma solo la seconda hidden track.
In molti hanno segnalato la stessa anomalia. Mistero. Su internet, si legge anche di un ipotetico
titolo: “Reflektive Age”. In tutta onestà, speculazioni a parte, ciò che più conta è il significato
artistico dietro la scelta di inserire tracce “reverse”: il gioco di riflessi è ora forma (doppio album),
contenuto (testi) e anche musica (hidden track).
Capitolo 3
Love in The Reflective Age
Il substrato culturale dell’album, il suo linguaggio musicale sono ormai compresi. Ma solo
attraverso i testi potremo dare un senso al nostro viaggio. C’è una storia da raccontare. Una poesia
da ascoltare. Trapped in a prism, in a prism of light…
Reflektor: Volume I
1:1 Reflektor
If this is heaven
I don’t know what it’s for
If I can’t find you there
I don’t care
Se questo è il paradiso
non so cosa esista a fare
se non posso trovarti lì
non mi interessa
I thought I found a way to enter
It's just a reflector (It's just a reflector)
I thought I found the connector
It's just a reflector (It's just a reflector)
Pensavo di aver trovato un modo di entrare,
è solo un riflesso
pensavo di aver trovato il “connettore”,
è solo un riflesso
“Reflektor” racchiude il senso di tutta l’opera, nonostante il testo si presti a svariate interpretazioni.
La traduzione stessa di “reflector”, in italiano, è ambigua, a metà tra “riflettore”, “specchio” e
“riflesso”. Per orientarci tra le diverse prospettive di lettura, abbiamo provato a tracciarne una che
da sola riesca a sintetizzarle tutte. Facciamo un passo indietro. Orfeo ed Euridice. Esiste un altro
film ispirato al racconto mitologico. Si tratta di “Orfeo”, del 1948, diretto da Jean Cocteau. Il film
in questione, come “Black Orpheus”, rilegge in chiave moderna il mito tradizionale, ma (a
differenza del primo) non è stato in alcun modo di ispirazione per gli Arcade Fire. Un dettaglio
nella trama offre però un intrigante spunto interpretativo. In questa pellicola Orfeo accede al regno
dei morti attraverso uno specchio. Esoterismo e mitologia. Nella religione Vodou Haitiana infatti,
gli specchi sono portali attraverso cui i sacerdoti (houngan) stabiliscono un contatto col mondo
degli spiriti.
Vodou. Art and Cult from Haiti © Photo - Haupt & Binder
350 objects from the collection of M. Lehmann in Port-au-Prince.
Extensive information and photo tour through the exhibition in Berlin, 2010.
“Reflektor” quindi apre l’album, e ci trascina con sé, nel suo folle ed esaltante riflesso. Forse un
accesso, un “connector” con l’aldilà è proprio lì, nell’ammaliante e ambiguo gioco di specchi che
abbiamo davanti. Ma è solo un’illusione. Questa angosciosa tensione tra vita e “afterlife”, tra “ciò
che sembra” e “ciò che é”, persisterà per tutta l’opera.
Entre la nuit, la nuit et l'aurore.
Entre le royaume des vivants et des morts
Di notte, di notte e all'alba.
Tra il regno dei vivi e dei morti
I riferimenti non sono pochi. Ma “Reflektor” non è un “concept-album” sul mito di Orfeo ed
Euridice. La storia dei due innamorati è al contempo pretesto narrativo e allegoria. Lì nel
sentimento sospeso tra due mondi speculari ed opposti, intrappolata “in un prisma di luce”,
l’esistenza assume una connotazione più drammatica e claustrofobica della morte stessa. L’amore
diventa l’unica verità, in mezzo alle accecanti distorsioni della società contemporanea. L’età della
mistificazione, questa è la Reflective Age.
Trapped in a prism, in a prism of light
Alone in the darkness, darkness of white
We fell in love, alone on a stage
In the reflective age
Intrappolati in un prisma, un prisma di luce
Soli nel buio, nel buio bianco
Ci siamo innamorati, da soli su un palco
nell’era della riflessione/mistificazione
L’atmosfera struggente che pervade i testi di tutto il lato A, si contrappone al vigore (persino
scanzonato) della musica, dipingendo un magnifico ed alienante ossimoro. L’esistenza, la verità,
sono immagini riflesse e contorte. La normalità è un’ambigua illusione. Cercare una risposta in
questo labirinto di specchi, conduce all’isolamento e alla dannazione.
1:2 We Exist
They’re down on their knees
Begging us please
Praying that we don’t exist
Daddy it’s fine, I’m used to ‘em now
But tell me why they treat me like this
It’s ’cause we do it like this?
Sono in ginocchio
Ad implorarci,
A pregare che non esistiamo.
Papà, va bene, ormai ci sono abituato
Ma dimmi, perché mi trattano così?
È per come ci comportiamo?
1:5 Normal Person
Is anything as strange as a normal person?
Is anyone as cruel as a normal person?
(...)
If you’re normal too, well, are you?
Are you? I’m so confused.
Am I a normal person?
You know, I can’t tell if I’m a normal person,
it’s true.
I think I’m cool enough,
but am I cruel enough?
Am I cruel enough for you?
(...)
And they will break you down
Till everyone is normal now,
I know.
If that’s what’s normal now
I don’t want to know.
C’è niente di più strano di una persona normale?
C’è qualcuno più crudele di una persona normale?
(...)
Se anche tu sei normale, Beh, lo sei?
Lo sei? Sono molto confuso.
Sono una persona normale?
Sai, non so dirti se sono una persona normale,
davvero.
Credo di essere alquanto attraente,
ma sono abbastanza crudele?
Sono abbastanza crudele per te?
(...)
E ti faranno crollare
Finché tutti non saranno normali,
lo so.
Se il “normale” adesso è questo,
Non voglio saperlo.
1:7 Joan of Arc
Now they tell you that you're their muse
Yeah, they're so inspired
But where were they
when they called your name
And they lit the fire?
(...)
First they love you
Then they kill you
Then they love you again
And then they love you
Then they kill you
Then they love you again
Ora sostengono che sei la loro musa
Già, sono molto ispirati
Ma dov’erano loro
quando chiamavano il tuo nome
E accendevano il fuoco?
(...)
Prima ti amano
Poi ti uccidono
Quindi ti amano di nuovo
E allora ti amano
E ti uccidono
E ti amano ancora
Menzione a parte meritano “Flashbulb Eyes” e “Here Comes the Night Time I”. Qui i temi
dell’illusione e della dannazione raggiungono il loro punto più elevato. Nella prima delle canzoni
citate vi è un riferimento alla tradizione magica, per la quale lo scatto fotografico può catturare
l’anima del soggetto ritratto. Questa superstizione è comune a diverse popolazioni native americane,
ed è possibile che abbia contaminato, tra le altre, anche la cultura Haitiana.
1:3 Flashbulb Eyes
What if the camera really do take your soul?
Oh no!
What if the camera really do take your soul?
Oh no!
Cosa accadrebbe se la macchina fotografica
catturasse davvero la tua anima? Oh no!
Cosa accadrebbe se la macchina fotografica
catturasse davvero la tua anima? Oh no!
Hit me with your flashbulb eyes
Hit me with your flashbulb eyes
You know I've got nothing to hide
You know I got nothing
No I got, nothing
Colpiscimi con gli occhi del tuo flash
Colpiscimi con gli occhi del tuo flash
Lo sai, non ho nulla da nascondere
Lo sai, non ho nulla
No, non ho nulla
Illusione. Cos’è una fotografia? Un momento rubato alla verità, o piuttosto una sua mistificazione?
“That is the question” (Shakespeare non ce ne voglia). In bilico tra Estetica ed Esistenzialismo: è
l’era moderna, l’età dell’iper-riflessione. Ed ecco che arriva la notte.
1:4 Here comes the night time I
When the sun goes down
When the sun goes down, you head inside
Cause the lights don’t work
Yeah nothing works- they say you don’t mind
But here comes the night time
Here comes the night time
Here comes the night time
And the missionaries
They tell us we will be left behind
Been left behind
A thousand times, a thousand times
If you want to be righteous
If you want to be righteous, get in line
Cause here comes the night time
(...)
They say heaven’s a place
Yeah, heaven’s a place and they know where it is
But you know where it is?
It’s behind the gate, they won’t let you in
And when they hear the beat, coming from the
street, they lock the door. But if there’s no music
up in heaven, then what’s it for?
When I hear the beat, the spirit’s on like a livewire.
A thousand horses running wild in a city on fire
It starts in your feet, then it goes to your head
And if you can’t feel it, then the rules are dead
And if you’re the judge, what is our crime?
(...)
Now the preachers they talk up on the satellite
If you’re looking for Hell, just try looking inside
Quando cala il sole
Quando cala il sole, ci finisci dentro
perché le luci non si accendono,
nulla funziona – non t’importa, dicono
ma ecco che arriva la notte
Ecco che arriva la notte
Ecco che arriva la notte
E i missionari
sostengono che saremo abbandonati
dimenticati
mille volte e altre mille volte
Se vuoi essere virtuoso
Se vuoi essere virtuoso, mettiti in riga
Ché arriva la notte
(...)
Dicono il paradiso esista
Sì, il paradiso è un posto e loro sanno dov’è
Ma tu sai dove si trova?
E’ oltre il cancello, non ti faranno entrare.
Quando sentono il ritmo salire dalla strada,
serrano la porta. Ma se non c’è musica in
paradiso, che esiste a fare?
Quando sento il ritmo, il mio spirito è come su un
cavo ad alta tensione.
Migliaia di cavalli che corrono selvaggi tra le
fiamme della città. Inizia dai piedi, e sale alla testa
E se non riesci a sentirlo, non ci sono regole.
Se tu sei il giudice, qual è il nostro crimine?
(...)
Ora i predicatori parlano più forte via satellite,
Se cerchi l’inferno prova a guardare dentro di te.
Haiti. In alcuni piccoli centri non arriva neppure la corrente elettrica; l’oscurità divora ogni anfratto;
la notte incanta e fa paura. Se il paradiso è quello dei missionari e della facile elemosina, allora
questo è l’inferno. Qui Dio non è arrivato. Il Dio della carità e del benessere, quello del moralismo e
della benevolenza, “il vostro Dio qui non c’è”. E il Carnevale (il rara) diventa la messa delle anime
dannate. Ma cos’é la verità? Un ordine superiore, qualcosa da imporre, insegnare? E se Dio invece
si nascondesse proprio qui, nel buio della notte, tra i suoi figli dimenticati che danzano e gridano
vita? Capovolgimento di prospettive. Ancora una volta.
“There’s a line in it that says “The missionaries,
they tell us we'll be left behind, we've been left
behind a thousand times”. What was I thinking
when I wrote that? Just the absurdity that you can
go to a place like Haiti and teach people
something about God. Like, the opposite really
seems to be true, in my experience. I've never
been to a place with more belief and more
knowledge of God.”
“C’è un verso che recita “I missionari sostengono
che saremo abbandonati, dimenticati mille volte”.
Cosa pensavo quando l’ho scritto? All’idea
assurda che si possa andare in un posto come
Haiti ad insegnare alla gente qualcosa su Dio.
Quando poi, stando alla mia esperienza, dovrebbe
essere esattamente il contrario. Non ho mai visto
un posto con più fede e conoscenza di Dio.”
Win Butler
C’è anche spazio per l’intimità, il confronto e i sentimenti. Come dichiarato dagli Arcade Fire in
una recente intervista, il lato A affronta anche temi legati al rapporto con i propri vicini ed i propri
familiari.
1:6 You Already Know
When your love is right
You can't sleep at night
You've been sleeping just fine
But when your love is bad
When your love is bad
I don't know why you're so sad
But it's time to go
You already know
Quando il tuo amore è puro
Non puoi dormirci la notte
Hai dormito appena bene
Ma quando il tuo amore è cattivo
Quando il tuo amore è cattivo
Non so perché sei così triste
Ma è tempo di andare
E lo sai (già)
Reflektor: Volume II
2:1 Here comes the night time II
I hurt myself again
Along with all my friends
Feels like it never ends
Here comes the night again
Here comes the night time
Mi sono ferito di nuovo
Insieme a tutti i miei amici
Sembra non finire mai
Eccola, arriva di nuovo la notte
Ecco che arriva la notte
Sta arrivando. E quando arriverà, non risparmierà nulla. E’ ancora la notte, e questa volta si
intrufolerà fin dentro l’anima. Non c’è scampo. Un angoscioso e dolce sussurro apre il lato B. Ed ha
inizio la poesia di Orfeo ed Euridice. Da leggere d’un fiato.
2:2 Awful Sound (Oh Eurydice)
I know you can see
Things that we can’t see
But when I say I love you
Your silence covers me
Oh, Eurydice, It’s an awful sound
Lo so, puoi vedere
cose che non riusciamo a vedere
Ma quando dico d’amarti
Il tuo silenzio mi assale,
Oh Euridice, ed è un suono orrendo
I was so disappointed
You didn’t want me
Oh, how could it be, Eurydice
I was standing beside you
By a frozen sea
Will you ever get free?
Just take all your pain
Just put it on me
So that you can breathe
Ero sconvolto
Non mi volevi
Com’era possibile, Euridice?
Ero al tuo fianco
in un mare ghiacciato
Riuscirai mai a liberarti?
Raccogli tutto il tuo dolore
Riversalo su di me
Perché tu possa respirare
When you fly away
Will you hit the ground?
It’s an awful sound
E quando volerai via
colpirai il suolo?
E’ un suono orrendo
I know there’s a way
We can make ‘em pay
Think it over and say
“I’m never going back again.”
I know there’s a way
We can leave today
Think it over and say
“I’m never going back again.”
So che esiste un modo
Per fargliela pagare.
Pensaci e (prova a dire)
“Non tornerò più indietro”
So che esiste un modo
Per andarcene oggi.
Pensaci e (prova a dire)
“Non tornerò più indietro”
You were born in the little town
Before the awful sound
Started coming down
There's so much inside you
That you won't let me see
You fly away from me
But it's an awful sound
When you hit the ground
It's an awful sound
When you hit the ground
Sei nata nella piccola città
Prima che l’orrendo suono
cominciasse a svanire
Ci sono così tante cose in te
che non mi farai vedere mai
Sei volata via da me
Ma è un suono orrendo
quando cadi al suolo
è un suono orrendo
quando cadi al suolo
We know there’s a price to pay
For love in the reflective age
I met you up upon a stage
Our love in a reflective age
Sappiamo che c’è un prezzo da pagare
per l’amore nell’era della riflessione
Ti ho conosciuta su un palco
Il nostro amore in un’era “di riflessi”
Oh no, now you’re gone
Oh no, sei volata via
Mentre la vita la abbandonava, il suo corpo cadeva e colpiva il suolo. Un rumore sordo, un tonfo,
“an awful sound”. Euridice morì ed esplodeva il silenzio. Anche quello, si sa, è un suono orrendo,
addirittura assordante. Eppure c’era ancora una speranza per Orfeo, un’ultima speranza: «So che
esiste un modo per andarcene di qui, senza più guardarci indietro.» E scese attraverso le acque
gelide dello Stige, oltre i confini della vita, per strappare Euridice al suo triste destino. “Awful
Sound (Oh Eurydice)” è il canto di Orfeo, del suo dolore. E’ una canzone fondamentale all’interno
dell’album. Il richiamo al testo di “Reflektor” è un ponte necessario, sospeso tra narrazione e
metafora. “We know there’s a price to pay for love in the reflective age. I met you up upon a stage,
our love in a reflective age”. In chiusura, in bilico tra disperazione e fede, i cori scandiscono i nomi
di Damballa Wedo e Ayda Wedo, divinità haitiane della creazione (cfr. Capitolo 1). Misticismo,
ritualità e culto della morte.
2:3 It’s Never Over (Hey Orpheus)
Hey, Orpheus!
I'm behind you
Don't turn around
I can find you
Hey, Orfeo!
Sono dietro di te
Non voltarti
Riuscirò a trovarti
Just wait until it's over
Wait until it's through
And if I call for you
Oh, Orpheus!
Just sing for me all night
We'll wait until it's over
Wait until it's through
(...)
And if I shout for you
Never doubt
Don't turn around too soon
Just wait until it's over
Wait until it's through
Aspetta solo che finisca
Aspetta che sia tutto passato
E se ti chiamerò
Oh, Orfeo!
Canta per me tutta la notte
Aspetteremo che finisca
Aspetteremo che sia tutto passato
(...)
E se grido per te
Non avere dubbi
Non voltarti così presto
Aspetta solo che finisca
Aspetta che sia tutto passato
It seems so important now
But you will get over
It seems so important now
But you will get over
And when you get over
When you get older
Then you will remember
Why it was so important then
Adesso sembra così importante
Ma andrai avanti
Adesso sembra così importante
Ma andrai avanti
E quando ti passerà
Quando sarai più vecchio
Allora ricorderai
Perché era così importante
Seems like a big deal now
But you will get over
Seems like a big deal now
But you will get over
When you get over
And when you get older
Then you will discover
That it's never over
Adesso sembra impossibile
Ma andrai avanti
Adesso sembra impossibile
Ma andrai avanti
E quando ti passerà
Quando sarai più vecchio
Allora scoprirai
Che non è mai finita
2
Hey, Eurydice!
Can you see me?
I will sing your name
'Til you're sick of me
Just wait until it's over
Just wait until it's through
(...)
He told you he'd wake you up*
When it was over
He told you he'd wake you up
When it was over
Now that it's over
Now that you're older
Then you will discover
That it's never over
* “He told you”: He/Egli è Ade, Re degli Inferi.
Hey, Euridice!
Puoi vedermi?
Canterò il tuo nome
Fino a stancarti
Aspetta solo che finisca
Aspetta che sia tutto passato
(...)
Ha detto che ti avrebbe svegliato*
Quando fosse finita
Ha detto che ti avrebbe svegliato
Quando fosse finita
Adesso che è finita
Adesso che sei più vecchio
Allora scoprirai
Che non è mai finita
Sometime (Sometime)
Sometime (Sometime)
Boy, they're gonna eat you alive (eat you alive)*
But it's never gonna happen now
We'll figure it out somehow
Un giorno (Un giorno)
Un giorno (Un giorno)
Ragazzo mio, ti mangeranno vivo*
Ma non potrà mai accadere ora
Lo scopriremo in qualche modo
Cause it's never over
It's never over (it's never over)
Perché non è mai finita
Non è mai finita (non è mai finita)
We stood beside
A frozen sea
I saw you out
In front of me
Reflected light
A hollow moon
Oh Orpheus, Eurydice
It's over too soon
Separati
da un mare ghiacciato
Ti salutai
Davanti a me
Luce riflessa
Una luna irreale
Oh Orfeo, Euridice
E’ finita troppo presto
3
“Hey, Orpheus! I'm behind you Don't turn around”. Euridice è proprio lì alle sue spalle, ma Orfeo
non può voltarsi, o la perderà per sempre. Paura, speranza, sospetto, desiderio: il lungo cammino
verso la felicità è una prova di resistenza. Manca poco. Attraverso gli inferi il passo dei due
innamorati si fa svelto. La voce di Euridice risuona dolce tra le ombre vacue “Don't turn around too
soon, Just wait until it's over”. Eppure in Orfeo il senso di inquietudine è troppo grande. Un
presagio. “Solo un giorno capirai davvero l’importanza di tutto questo” canta la sua amata. Non ci
sarà lieto fine, e forse lo aveva capito. “Quando un giorno penserai d’aver superato tutto l’amore,
tutto il dolore, ti accorgerai invece che sono sempre lì, dentro di te e non finiranno mai”. Poesia. Le
parole di Euridice. “When you get over, and when you get older, then you will discover that it's
never over”. Orfeo si voltò. Troppo presto. Finì troppo presto. “Oh Orpheus, Eurydice, It's over too
soon”. Ma non finirà mai.
Christian Gottlieb Kratzenstein, “Orpheus and Eurydice” (1806)
* “They're gonna eat you alive”: riferimento ad una delle versioni esistenti sulla morte di Orfeo, secondo cui egli fu
ucciso e divorato della Menadi (o Baccanti) per averle rifiutate.
2:4 Porno
Take the makeup
Off your eyes
I've got to see you
Hear your sacred sighs
Via il trucco
dai tuoi occhi
ho bisogno di vederti
di sentire i tuoi sacri sospiri
(...)
You can cry, I won't go
You can scream, I won't go
Every man that you know
Would have run at the word go
(...)
Puoi piangere, non ti lascerò
Puoi urlare, non ti lascerò
Qualunque uomo tu conosca
Alla parola “andare” avrebbe corso
Little boys with their porno
Oh, I know they hurt you so
They don't know that we know
Never know what we know
I ragazzini con i loro porno
Oh, lo so quanto ti facciano male
Non (possono comprendere quello che siamo),
non conosceranno mai quello che noi conosciamo
(...)
But the cup it overflows
Little boys with their porno
But this is their world
Where can we go?
Makes me feel like something's wrong with me
Makes me feel like something's wrong with me
Can you see me?
(...)
La misura è colma
ragazzini con i loro porno
ma questo è il loro mondo
Dove potremmo andare?
Sento come ci fosse qualcosa di sbagliato in me
Sento come ci fosse qualcosa di sbagliato in me
Puoi vedermi?
(...)
Yeah, something's wrong
Little boys with their porno
And boys they learn
Some selfish shit
Until the girl
Won't put up with it
On and on and on we go
I just have to know
I'm not over it
I'm not over it
You say love is real
Like a disease
Come on tell me please
I'm not over it
I'm not over it
Wait
(...)
Sì, c’è qualcosa di sbagliato
I ragazzini con i loro porno,
e i ragazzi apprendono
merdate egoiste/narcisiste
fino a quando la donna
non può più tollerarlo.
Ancora, ancora e ancora noi andiamo.
Ho bisogno di scoprire.
Non ne ho abbastanza
Non ne ho abbastanza
Tu dici che l’amore è proprio
Come una malattia
Ti prego, vieni qui e dimmelo ancora
Non ne ho abbastanza
Non ne ho abbastanza
Aspetta...
In “Porno” è invece affrontato il tema della sessualità nell’era moderna. Gli uomini sono raffigurati
come ragazzini attirati dal sesso facile, educati alla “pornografia”, simbolo di un edonismo frenetico
e narcisista. Intimità, condivisione, unione, “They never know what we know”, canta Butler. Amarsi
nella Reflective Age, farlo pienamente, totalmente, è un’eccezione, un viaggio complesso e
meraviglioso. E il sesso, questo modo di concepire la sessualità, è una scoperta profonda, infinita,
della persona amata, che nulla a che vedere con i “little boys with their porno”. E anche se il
mondo, questo mondo, sembra fatto per loro (“But this is their world, Where can we go?”), “noi
resisteremo, fidati di me” sembra cantare Butler, “non sono come tutti gli altri”(“You can cry, I
won't go, you can scream, I won't go”). L’amore è un errore dell’era moderna, un’imperfezione.
Solo chi ha il coraggio di “sbagliare” troverà la salvezza.
Ma cosa succede se questi sentimenti, rifugio nelle tenebre, vengono spezzati per sempre? Se Orfeo
perde la sua Euridice, tutto l’amore dov’è che finisce? E le lacrime, le gioie, i dolori, le vittorie, le
sconfitte? Che fine fa tutta questa vita dopo la morte? “Ce la faremo?”
2:5 Afterlife
Afterlife, oh my God, what an awful word
After all the breath and the dirt
and the fires that burn
And after all this time, and after all the
ambulances go
And after all the hangers-on are done hanging on
to the dead light of the afterglow.
I’ve gotta know!
L’Aldilà, oh mio Dio, che parola orrenda
Dopo tutti i respiri, lo sporco e le fiamme che
sono bruciate
E dopo tutto questo tempo, dopo tutte le
ambulanze che sono partite
Quando persino chi si aggrappa alla luce di morte
dell’ultimo bagliore, avrà smesso di farlo
Devo sapere!
Can we work it out? If we scream and shout ’till
we work it out? Can we just work it out?
Scream and shout ’till we work it out?
(...) ’till we work it out
Ce la faremo? Se urliamo, gridiamo fino a
riuscirci? Funzionerà davvero? Urleremo,
grideremo fino a quando non ce l’avremo fatta.
(...) Fino a quando non ce l’avremo fatta.
Afterlife, I think I saw what happens next
It was just a glimpse of you,
like looking through a window
Or a shallow sea
Could you see me?
And after all this time
It’s like nothing else we used to know
After all the hangers-on are done hanging on to
the dead light of the afterglow
I’ve gotta know!
L’Aldilà, credo d’aver visto cosa accadrà dopo
Era solo un’immagine sbiadita di te,
come guardare attraverso una finestra
o il mare poco profondo
Potevi vedermi?
E dopo tutto questo tempo
Non somiglia a nient’altro che abbiamo visto prima
Quando persino chi si aggrappa alla luce di morte
dell’ultimo bagliore, avrà smesso di farlo
Devo sapere!
Can we work it out? Let’s scream and shout ’till
we work it out! Can we just work it out?
Scream and shout ’till we work it out?
Ce la faremo? Urliamo, gridiamo fino a riuscirci!
Funzionerà davvero? Se urleremo, grideremo fino
a quando non ce l’avremo fatta?
But you say
Oh, When love is gone
Where does it go?
(...) And where do we go?
Ma tu dici
Oh, Quando l’amore se ne va
Che fine fa?
(...) E noi che fine facciamo?
And after this
Can it last another night?
After all the bad advice
Had nothing at all to do with life
I’ve gotta know!
E dopo tutto questo,
Può durare (almeno) un’altra notte?
Dopo tutti i cattivi consigli
Che non hanno nulla a che fare con la vita.
Devo sapere!
(...)
It’s just an afterlife
It’s just an afterlife
It’s just an afterlife with you
It’s just an afterlife
(...)
E’ solo un’aldilà
E’ solo una vita dopo la morte
E’ solo l’aldilà con te
Una vita dopo la morte
2:6 Supersymmetry
I know you're living in my mind
But it's not the same as being alive
I know you're living in my mind
But it's not the same as being alive
So che abiti i miei pensieri
Ma non è come essere vivi
So che abiti nella mia testa
Ma non è come essere vivi
Supersymmetry
Supersymmetry
Supersimmetria
Supersimmetria
If telling the truth is not polite
Then I guess we'll have to fight
If telling the truth is not polite
Then I guess we'll have to fight
Se dire la verità non è corretto
Penso che dovremo combattere
Se dire la verità non è corretto
Penso che dovremo combattere
(...)
Lived for a year, in the bed by the window
Reading books, better than memories
Wanna feel the seasons passing
Wanna feel the spring
(...)
Ho vissuto per un anno a letto, accanto alla finestra
Leggendo libri meglio di quanto leggessi ricordi
Volevo sentire il passaggio delle stagioni
Volevo sentire la primavera
Of supersymmetry
Supersymmetry
Della supersimmetria
Supersimmetria
(...)
It's been a while since I've been to see you
I don't know where, but you're not with me
Heard a voice, like an echo
But it came from me
(...)
E’ passato del tempo da quando ti ho vista
Non so dove, ma non sei con me,
Sentivo una voce, come un’eco
Ma veniva da me...
In un mondo supersimmetrico, per ogni particella che osserviamo, esiste una particella "ombra", un
partner identico in tutto e per tutto. E’ la teoria fisica della Supersimmetria. Siamo ai titoli di coda. I
conflitti contenuti in “Reflektor” si armonizzano secondo un ordine superiore. Vita, morte, luci,
ombre, verità, illusione, si incontrano come immagini riflesse tra due specchi, e nella compiuta
simmetria dei propri contorni, finalmente si fondono. C’è qualcosa di catartico nella rassegnata
malinconia di “Supersymmetry”. E’ come se la canzone sussurrasse “non ci arrenderemo mai,
continueremo a combattere, nonostante tutto” Neanche la morte può separare due anime create da
sempre l’una per l’altra. “I know you're living in my mind (...) I don't know where, but you're not
with me”. “Averti dentro di me, non è come averti qui” sembra voler dire Butler, “ma se esiste
davvero un ordine primordiale e simmetrico per tutte le cose, allora siamo destinati ad appartenerci
per sempre”. Supersimmetria. E non ci sono contraddizioni. Esistiamo solo noi. Esistono le nostre
emozioni, il nostre amore. Ed esiste il nostro coraggio. Il coraggio di cambiare il mondo.
“I guess we'll have to fight”
Capitolo 4
Black Orpheus
“Black Orpheus” (Orfeu negro, Orphée Noir) è un film del 1959 diretto dal regista francese Marcel
Camus. Come è stato già accennato nel Capitolo 1, la pellicola opera una trasposizione del mito di
Orfeo ed Euridice in chiave moderna. Orfeo è un giovane tranviere di Rio de Janeiro, con la
passione per il canto. Siamo alla vigilia del Carnevale, e proprio durante i convulsi giorni di festa,
Euridice fa il suo arrivo in città, per sfuggire ad un uomo misterioso che la perseguita. Come è
facile intuire, tra lei ed Orfeo, fidanzato intanto con un’altra donna (Mira), sboccerà l’amore.
Fermiamoci qui. Il 26 settembre 2013 gli Arcade Fire, per presentare in streaming integrale il nuovo
album, scelgono di accompagnare la musica alle immagini di questo film. Una scelta per nulla
casuale.
The film Black Orpheus is one of my favourite
films of all time, which is set in Carnival in
Brazil. The Orpheus myth is the original love
triangle, Romeo-and-Juliet kind of story.
Il film Black Orpheus è uno dei miei preferiti in
assoluto, ed è ambientato nel carnevale in Brasile.
Il mito di Orfeo è il primo triangolo d’amore, la
prima storia alla “Romeo e Giulietta”.
Win Butler
Il video originale purtroppo non è più disponibile sul web, e questo rende complicato, per chi vi
scrive, raccontare l’esperienza che gli Arcade Fire ci hanno regalato. Ascoltare “Reflektor” per la
prima volta attraverso il film “Black Orpheus” è qualcosa che non si può dimenticare. L’impatto
emotivo è stato spiazzante, inatteso, devastante. Siamo davanti ad una delle più belle “narrazioni”
dell’ultimo ventennio di musica. Confidando nel fatto che la band renda di nuovo accessibile questo
video, consigliamo ai lettori, che non ne avessero avuto la possibilità, di vedere comunque il film
originale, “Black Orpheus”. “Reflektor” non può prescindere dalla sua visione, per almeno cinque
motivi. Li analizzeremo insieme, senza svelare troppi dettagli sulla trama.
I. Orfeo ed Euridice
Ci siamo soffermati a lungo sull'importanza del mito per la comprensione dell'album. C'è però un
momento toccante nel film. Durante la follia del carnevale, Orfeo cerca disperatamente Euridice,
nel cuore della notte. E’ una discesa negli inferi, una ricerca disperata e di speranza (permetteteci il
gioco di parole). Ci avviciniamo lentamente all'epilogo. L'amore tra i due vive il suo momento più
drammatico. Nel “lungometraggio” degli Arcade Fire è proprio durante questa fase dell’intreccio
che ascoltiamo "Awful Sound (Oh Eurydice)" e "It's Never Over (Hey Orpheus)". E sono lacrime.
Non riuscirete più ad ascoltare i due brani senza avere davanti agli occhi le immagini del film.
II. Carnevale
Il Carnevale di Rio sposa il Rara di Haiti. Canzoni come “Here Comes the Night Time I” dipingono
di musica le danze notturne e ubriache del film. Follia, dannazione, senso della vita. In quelle note,
in quei fotogrammi, c'è tutto questo.
III. Esoterismo
Come mostrato nel video di “Afterlife” (unico frammento del film degli Arcade Fire ancora
disponibile sul web), Orfeo confida di ritrovare Euridice anche attraverso l’esoterismo Vodou.
Magia, oltretomba, possessione. La religione haitiana raccontata dalla band canadese, rivive nel
film in tutto il suo mistico fascino. Siamo davanti all'ennesimo parallelismo tra pellicola e album.
IV. Era Moderna
C’è spazio anche per la Reflective Age. Trattandosi di una trasposizione moderna del mito di Orfeo
ed Euridice, il film mostra i canoni, i pregiudizi, le ambiguità della società contemporanea. Quella
che dovrebbe essere la storia d’amore tra una ninfa e il figlio di una musa, si trasforma in un
triangolo amoroso, in un “noi contro tutti” che diventa poesia durante le scene che accompagnano
“Porno”.
V. Supersimmetria
La conclusione del film (che preferiamo non
svelare nei dettagli) è toccante e catartica,
come il finale di “Reflektor”. E’ la
supersimmetria. Pur nella malinconia, ogni
cosa torna al proprio posto. Ed il sole sorge
ancora, tra un sorriso ed una chitarra.
Bibliografia
1) http://www.rollingstone.com/music/news/win-butler-reveals-secret-influences-behindarcade-fires-reflektor-20131022
2) http://en.wikipedia.org/wiki/Haitian_Vodou
3) http://en.wikipedia.org/wiki/Veve
4) http://en.wikipedia.org/wiki/Rara
5) “la Repubblica”, 01/11/2013 , “Arcade Fire: va in scena la canzone infinita di Haiti”,
articolo di C. Moretti
6) Simonella Davini - “Arte e Critica nell’estetica di Kierkegaard”
7) http://www.fisicaparticelle.altervista.org/super.html
8) http://www.chartattack.com/features/2013/10/30/arcade-fire-caribbean-drag-haiti/
9) http://www.elicriso.it/it/mitologia_ambiente/orfeo_euridice/
10) http://www.riflessioni.it/miti-leggende-fiabe/orfeo-euridice.htm
11) Ovidio, “Le Metamorfosi”, libro X