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Community Lab
Il progetto “Più delle sentinelle…..l’aurora”
Welfare dell’aggancio
Non insegnate ai bambini
non insegnate la vostra morale
È così stanca e malata
potrebbe far male
forse una grave imprudenza
e lasciarci in balia di una falsa coscienza
Non elogiate il pensiero
che è sempre più raro
non indicate per loro
una via conosciuta
ma se proprio volete
insegnate soltanto la magia della vita.
Non insegnate ai bambini
non divulgate illusioni sociali
non gli riempite il futuro
di vecchi ideali
l’unica cosa sicura è tenerli lontano
dalla nostra cultura.
Non esaltate il talento
che è sempre più spento
non li avviate al bel canto, al teatro
alla danza
ma se proprio volete
raccontategli il sogno
di un’antica speranza.
Non insegnate ai bambini
ma coltivate voi stessi il cuore clementi
stategli sempre vicini
dategli fiducia all’amore
il resto è niente.
(Giorgio Gaber)
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La salute produce cittadinanza
La società contemporanea ed ogni nostra singola comunità territoriale ha bisogno di una politica
capace di riformulare paradigmi differenti di comunicazione con i cittadini, arricchendo
l’intelaiatura della democrazia con un nuovo immaginario ed una nuova lettura, per invertire la
naturale tendenza attuale all’oligarchia.
Si ha dunque bisogno, per uscire da questa crisi, sociale e culturale innanzitutto, di
cittadinanza, di un desiderio di cittadinanza, quale condizione di appartenenza di un individuo
ad una comunità nazionale o locale.
Oggi all’inizio del terzo millennio, il concetto di salute, che già nel 1946 l’Organizzazione
Mondiale della Sanità aveva definito come “stato di completo benessere fisico, mentale e
sociale e non semplicemente “assenza di malattia e di infermità”, si è ampliato coinvolgendo
approcci più olistici della vita di un individuo con uno sguardo unitario ad un insieme di
condizioni: naturali, ambientali, climatiche ed abitative, la vita lavorativa, economica, sociale e
culturale, tutto ciò che in qualche nodo interagisce in senso positivo o negativo con l’esistenza
dell’essere umano.
Ciò di cui si interessano le politiche tutte ed anche quelle per la salute, è la persona, non il
malato, è l’uomo contemporaneo nella sua città, nella sua condizione oggettiva e professionale.
Vogliamo infatti un uomo colto e sano, paradossalmente anche con malattie proprio per
l’accezione più ampia di salute, ma appassionato alla vita, disponibile a dare cittadinanza a
sapori nascosti, a donare il proprio talento alla comunità, ad essere punto cardine di una
differente mappa dei cittadini promotori di coesione nella rete delle risorse.
La democrazia e la politica lavorano dunque perché la salute produca cittadinanza, che
possono di volta in volta tradursi in nuove partecipazioni, in ri-articolazioni dal basso di servizi e
di percorsi, con messa in discussione degli schemi rappresentativi grazie a nuove competenze
e desideri rinnovati.
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La comunità come Casa della Salute
I determinanti della salute sono quegli elementi che influenzano lo stato di salute di un individuo
e di una comunità: già nel 1993 Dehlgree e Whitehead rappresentavano l’insieme di tali
determinanti in questa serie di strati concentrici, corrispondenti ciascuno a differenti livelli di
influenza.
I DETERMINANTI DI SALUTE
Dahlgren G and Whitehead M (1991)
Al centro c’è l’individuo, con le sue caratteristiche biologiche, sesso, età, patrimonio genetico,
ovvero i determinanti non modificabili della salute. I determinanti modificabili, quelli cioè che
sono suscettibili di perfezionamento corretti e trasformati, vanno dagli strati interni verso
l’esterno e sono gli stili di vita individuali, le reti sociali e comunitarie, l’ambiente di vita e di
lavoro, il contesto politico, sociale, economico e culturale. Questi ultimi hanno dunque una
ricaduta di valore importante sulla salute del singolo, con una gerarchia evidente rispetto agli
altri determinanti; ne consegue che la salute e le politiche per la salute non stanno nella
responsabilità di alcune Istituzioni e di pochi professionisti della sanità e del sociale, ma
risiedono necessariamente nell’intera organizzazione della comunità perché ogni
soggetto, ogni corpo intermedio ha su di sé la responsabilità di modificare verso il meglio un
determinante di salute o parte di esso.
Il cittadino colto e sano sa dunque contestualizzare il proprio “diritto alla salute” nel contesto dei
diversi determinanti ed impara anche ad inserire il proprio talento esperienziale in tale visione.
Secondo la legislazione dell’Emilia Romagna le “Case della Salute” sono strutture sanitarie e
socio sanitarie pensate per essere luoghi di riferimento per i cittadini, dove i servizi di assistenza
primaria si integrano con quelli specialistici, della sanità pubblica e con i servizi sociali: un luogo
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dove si sviluppi un maggior coordinamento fra i professionisti del benessere ed una più efficace
integrazione dei servizi.
Se però farsi carico della salute di un individuo e di una collettività significa avere attenzione per
tutti i determinanti della salute, compresi quelli su cui agiscono altri attori (non solo i
professionisti del sociale e della sanità), allora possiamo dire che la reale grande Casa della
Salute è la comunità, l’intera comunità che comprende in sé i professionisti, ma anche i singoli
portatori di esperienze mai valorizzate nel welfare, i gruppi sportivi, gli invisibili, solo per fare
alcuni esempi.
La Comunità come grande casa della salute ha quindi bisogno di nuovi spazi, nuove
competenze e nuove parole; ha necessità anche di contorni meno netti e rigide, di saper
divergere e divertirsi, di avere sguardi capaci di riconoscere i talenti e di rilegittimare chi fa
politica e chi lavora nel welfare.
La comunità come grande Casa della Salute non può generare disuguaglianze dalle differenze,
ha un ruolo di facilitatore capace di valorizzare ogni risorsa, sa riconoscere ad ognuno, solito
noto o nuovo protagonista un ruolo di sentinella in attesa dell’aurora.
Il progetto “Più delle sentinelle…l’aurora – Welfare dell’aggancio”
Il progetto nasce all’interno del percorso Comunity lab 2013, promosso dalla Regione Emilia
Romagna, quale occasione di riflessione sulle modalità di programmazione partecipata di un
territorio, non sede di Distretto, nella costruzione dei Piani di Zona.
Gli stimoli del percorso formativo e l’incontro con altre buone prassi del territorio regionale,
nonché il desiderio di pensare e di lavorare per una visione grande su un territorio bello e
coeso, hanno modificato di molto il progetto nel suo evolversi ed è giunto a porsi un obbiettivo
strategico di salute territoriale.
La comunità per il proprio benessere ha bisogno di sentinelle, cioè di persone capaci di uno
sguardo di attenzione verso la fragilità e la patologia; già ora i servizi, i ruoli istituzionali, le
associazioni svolgono questo ruolo di attenzione, ma la sfida del progetto è quella di
riconoscere valore sociale anche a contesti lontani dal Welfare. La Sentinella è dunque un
talento sociale che può essere riconosciuto a singoli cittadini, a gruppi organizzati e ai
professionisti del Welfare, dove tutti sono coinvolti e responsabili del ben vivere e benessere
della propria comunità, perché consapevoli di agire su uno o più determinanti della salute e con
la capacità di trasformare le fragilità in risorse, utilizzando il quotidiano quale allenamento verso
il futuro.
Il progetto prevede un’Assemblea di avvio dell’interno percorso con la metodologia del Teatro
dell’Oppresso con l’obbiettivo di far emotivamente comprendere il significato di talento sociale
della sentinella; a seguire una serie di percorsi di attivazione di sentinelle negli insegnanti, fra i
sacerdoti, fra gli Amministratori di condominio, nei professionisti sanitari, fra gli operatori della
cura del corpo (estetiste e parrucchieri) e fra i volontari di gruppi sociali e culturali.
Con la stessa visione di agganciare il bisogno in modo olistico e il più vicino possibile a dove
viene espresso, si avvia la sperimentazione dello Sportello Sociale all’interno della Casa della
Salute del territorio gestito direttamente dal Team sanitario della struttura ed il corso per
Amministratori di sostegno volontari . Tali corsi di sensibilizzazione debbono essere in grado di
creare gemmazione e contagio perché lo scenario futuro immaginato, l’aurora, è la grande casa
della salute della comunità in cui l’umanità di uomini e donne, che sono innanzitutto persone,
guarda con attenzione alle persone incontrate nella vita e nella professione.
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La cultura e l’organizzazione del progetto “Più delle sentinelle … l’aurora”
Gli obiettivi specifici del progetto, all’interno della cornice delineata, possono essere così
sintetizzati:
- creare una sensibilità diffusa verso la salute, la fragilità e l’autocura;
- stimolare un atteggiamento di pro attività verso le criticità della comunità;
- attivare livelli ampi di attenzione olistica alla persona intesa nella sua totalità fisica, sociale
ed intellettuale;
- dare consapevolezza di talento sociale a categorie non sempre valorizzate;
- creare percorsi caldi di aggancio con le fragilità, che possono restare nel tempo;
- determinare reti formali ed informali di sentinelle sul territorio, capaci di dare valore
all’immaterialità dell’essere sentinelle;
- costruire contesti di integrazione istituzionale, professionale e interpersonale.
Modello organizzativo e professionale: il progetto vede la presenza di una cabina di regia con i
rappresentanti dell’Amministrazione Comunale, del Comitato di Distretto e dei professionisti
impegnati sul territorio come responsabili della Casa della Salute e dei Servizi alla Persona
integrata con i collaboratori che si occupano di sportelli al cittadino e di comunicazione sul web.
La cabina di regia presidia l’evoluzione del progetto, fa il monitoraggio dei diversi percorsi, è
punto di riferimento della promozione e dell’attivazione dei percorsi; cura una newsletter
gestisce l’archivio delle sentinelle e si attiva per cogliere le disponibilità.
È un organismo “a porte girevoli”, capaci di gestire l’entrata e l’uscita di collaboratori a seconda
dei percorsi; deve sapere utilizzare parole nuove per la sperimentazione che sta portando
avanti ha un ruolo di facilitazione per i processi politici e culturali che sottendono al progetto, ma
si avvale di facilitatori professionisti per l’avvio dei singoli percorsi.
Ogni anno parte un certo numero di percorsi non di formazione, ma di sensibilizzazione emotiva
e culturale ad essere sentinella, percorsi che vanno a toccare settori, a volte anche limitati, della
società, a sollecitare disponibilità e a muovere uno sguardo di responsabilità proattive verso la
propria comunità.
Tali percorsi di sensibilizzazione, che pure hanno una componente informativa sulla rete dei
servizi e sulle professionalità, sono condotti da agenzie formative legate alla facilitazione, al
Teatro dell’oppresso, al Teatro d’impresa, che paiono essere modalità più adeguate all’esito
finale.
Al termine nella città e nella comunità agiranno un numero sempre maggiore di sentinelle,
rispetto alle quali la cabina di regia ha il compito di attivare percorsi di “manutenzione” della
relazione e di creazione di rapporti più stretti con i servizi.
I contenuti
Il progetto “Più delle sentinelle….l’aurora” si muove nei contenuti del welfare, del sociale e del
sanitario, della cura della persona nella sua interezza. Pur in presenza di percorsi più specifici
quale lo Sportello Sociale all’interno della Casa della Salute o la formazione di amministratori si
sostegno volontari e sottolineando che la trattazione delle specificità non può che essere gestita
dai professionisti, i contenuti di cui la sentinella è chiamata ad essere protagonista attiva sono
quelli della fragilità e della salute della persona.
Non è un progetto per il quale si pensa a protocolli d’intesa, atti amministrativi che tendono a
fissare ogni aspetto in modo netto e spigoloso, ma ad una sorta di codice immateriale che viene
condiviso e a cui si guarda nell’agire quotidiano.
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Vantaggi per i professionisti, per i servizi e per la comunità
L’aurora del progetto è il cambiamento che nasce da un modificato atteggiamento dei singoli,
sempre più numerosi, capaci di questo sguardo di attenzione impegnati nel compiere
segnalazioni pertinenti e di agganciare chi ai servizi non si avvicina.
La comunità nel suo insieme è dunque il soggetto che trae il maggior vantaggio dal progetto; i
servizi ed i professionisti possono lavorare con maggior appropriatezza perché il loro
atteggiamento olistico nasce da un’integrazione alla base dei processi di tutela della salute. Non
solo, i dirigenti di tali servizi hanno la possibilità di conoscere più precisamente l’evolversi del
bisogno sociale, le mutazioni degli atteggiamenti verso i servizi e, da questo, muoversi verso
nuove progettualità e nuove sperimentazioni.
La cultura e l’organizzazione dello “Sportello Sociale Diffuso” nella Casa della Salute –
Isotta Gervasi di Cervia
Partendo dai presupposti del Chronic Care Model, orientato alla gestione delle malattie
croniche, ed assumendone i valori di fondo per il benvivere (o benessere) di una comunità, il
modello culturale della sperimentazione si basa su:
- promuovere la cooperazione fra tutti i produttori di servizi per il benessere e la salute;
- favorire un approccio globale per un trattamento delle fragilità e delle patologie ad uno
stato precoce ed indifferenziato ed un governo della presa in carico e della cura;
- favorire un approccio olistico, cioè un volgersi ai problemi di salute nella loro dimensione
biomedica, sociale, psicologica, culturale ed esistenziale;
- promuovere un orientamento alla comunità, ossia verso una responsabilità diffusa per la
salute ed il benvivere del gruppo di uomini e donne che hanno in quel territorio il loro
punto di riferimento;
- affidare la prevenzione e la cura a team multidisciplinari, nei quali l’integrazione di
competenze non rappresenti una giustapposizione a priori o a posteriori ma una sinergia
positiva al momento dell’evidenziarsi del problema e capace di creare una più adeguata
e discreta risposta alle fragilità che si ritrovano nelle pieghe della cronicità, ottimizzando
anche la sostenibilità economica;
- promuovere l’autocura sulle proprie fragilità e le proprie patologie da parte dei singoli,
guidati nel cogliere le risorse disponibili della comunità.
Modello organizzativo e professionale: il team multidisciplinare (medici e infermieri) della Casa
della Salute, e in particolare il personale infermieristico, in quanto impegnato sia in servizi di
front-office che nei follow up medico-infermieristici, è il soggetto gestore dello sportello sociale
in essa presente.
La formazione necessaria prima dell’avvio della sperimentazione e l’aggiornamento permanente
viene assicurato dai professionisti sociali dello Sportello Sociale del Comune di Cervia.
Contenuti
La sperimentazione parte ponendo l’attenzione su tre contesti:
- costruzione di una griglia di accesso, condivisa coi professionisti sociali, gestita dal
personale del front-office della Casa della Salute e finalizzata alla rilevazione
documentata del bisogno;
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capacità di tale personale di gestire un quadro informativo completo ed aggiornato sulla
rete dei servizi (pubblici e privati) del territorio, sulle modalità di accesso e sulla
modulistica da utilizzare;
capacità di tale personale di gestione autonoma di alcuni procedimenti amministrativi a
rilevanza sociale, che, nella fase di avvio, potrebbero essere quelli legati in particolare ai
servizi con forte rilevanza sanitaria (Casa Protetta, Centro Diurno, Comunità Alloggio,
…).
Lo “sportello sociale diffuso” è in costante contatto diretto con lo Sportello Sociale comunale per
garantire tempestività e approccio globale.
La gestione delle patologie croniche secondo il Chronic Care Model, attuata dalla Casa della
Salute Isotta Gervasi, e la proattività della Medicina di iniziativa ad essa correlata assicurano
quasi naturalmente l’innestarsi dello Sportello Sociale nell’approccio complessivo della cura,
assicurando innovazione nelle maglie di un servizio sanitario teso alla cronicità.
Le fragilità che si nascondono, o sono evidenti, nelle persone in genere e ancor più in coloro
che hanno malattie croniche non possono essere “processate” in modo burocratico.
La risposta alle fragilità è possibile integrando competenze e funzioni, ma diventa più efficace
quando il bisogno è accolto discretamente al momento del suo evidenziarsi, predisponendo già
percorsi empatici di sostegno.
Le fragilità è necessario che siano “processate” empaticamente e l’empatia non è solo un dono
che si ha o non si ha, ma si può imparare tanto da poter diventare un metodo. E se l’empatia
diventa metodo genera cultura. La presa in carico se diventa empatica, se genera risonanze
positive in se e con la comunità facilita i processi di autocura.
Il metodo empatico, più facile che rappresenti la cultura delle relazioni, ma evolvendosi può
diventare “empatia di sistema”. Questa è la strada che vogliamo esplorare.
Vantaggi per i professionisti, per i servizi e per la Comunità
Il Modello dello Sportello Sociale nella Casa della Salute, così come descritto, supera quello
della giustapposizione di spazi e di professionisti e mira al raggiungimento di vantaggi sia
economici che culturali, quali in particolare:
- integrazione reale di competenze in team già multidisciplinari capace di assicurare un
approccio olistico e globale alla fragilità e alla patologia verso un benvivere di comunità;
- diffusione e integrazione delle informazioni utili alla salute della comunità con
coinvolgimento di professionisti differenti ed interessamento di spazi di cura diversi;
- interazione fra saperi differenti per favorire il dialogo fra i diversi produttori di servizi per
la fragilità e la patologia;
- coinvolgimento rafforzato della comunità nella promozione di percorsi di autocura;
- inserimento della Casa della Salute in progetti di benessere della comunità e
rafforzamento del proprio ruolo di punto di riferimento per ogni problema di salute e di
uso efficiente ed efficace delle risorse del territorio.
Conclusioni
L’attenzione alla fragilità è sostanzialmente il talento della sentinella, è la capacità di avere uno
sguardo di ascolto e di rimando ai professionisti del welfare, è la tensione all’aggancio, al creare
cioè una relazione positiva volta a percorsi di tutela e di autocura, e, in fondo, far maturare nel
singolo la consapevolezza di poter agire su uno o più determinanti di salute.
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Il progetto Sentinelle intende generare risorse di salute, vuole muovere un atteggiamento
dell’andare verso e coinvolgere tutte le disponibilità nella costruzione di un bene pubblico, che è
la salute di un territorio.
Per tutto questo le parole di Giorgio Gaber sono un faro ed insieme una culla: in essa si ritrova
la fatica ad abbandonare i saperi consolidati, la cultura che ci rende sicuri, gli spazi pubblici che
ci danno poteri; in esse troviamo la consolazione di nuove parole, di antiche speranze e di ciò
che scalda il cuore.
Il lavoro che col progetto Sentinelle ci accingiamo a fare non potrà essere lineare, avrà alcune
ricadute, non può avere già tutti i percorsi segnati perché siamo, con consapevolezza, nella
sperimentazione col desiderio di poter incidere sui processi di salute di un territorio.
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