e spuntano i “colpevoli”

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e spuntano i “colpevoli”
ANNO LXII N.34
Il governo Berlusconi cadde
vittima di un complotto:
e spuntano i “colpevoli”
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Gli italiani non sono stupidi:
lo sappia chi ha nascosto la verità
su foibe e golpe bianco
Girolamo Fragalà
Gli italiani non sono più un popolo
di santi, di poeti e di navigatori.
Per una certa “casta” – la vera
“casta”, quella che muove i burattini da dietro le quinte, oscura e
complottista – siamo invece un
popolo di ingenui, da plasmare
come la creta, pronti ad essere
imboccati cucchiaino dopo cucchiaino. Ma bisogna stare attenti,
perché prima o poi anche chi è
sotto ipnosi finisce per svegliarsi.
In poche ore si sono alternate vicende che la dicono lunga su
come si sia voluto e si continua a
voler anestetizzare la gente. Il
caso del “golpe bianco” contro il
governo Berlusconi è di per sé
gravissimo, non solo perché viviamo (o almeno crediamo di vivere) in un Paese che si
autodefinisce democratico ma
che permette a due o tre persone,
a porte chiuse, di decidere chi devʼessere il premier e in che data
deve accettare di esserlo, alla
faccia di chi ha votato eleggendo i
propri rappresentanti in Parla-
d’Italia
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mento. Ma colpisce lʼatteggiamento
di chi, una volta smascherato, invece di chiudersi nel silenzio e arrossire, mostra indifferenza manco
fosse ancora seduto in cattedra:
«Nellʼestate del 2011 ho avuto dal
presidente della Repubblica dei segnali: mi aveva fatto capire che che
in caso di necessità dovevo essere
disponibile», ha infatti detto Monti.
Che male cʼè? Niente di male, se
vista nella sua ottica, e cioè nellʼottica di chi crede di essere lʼuomo
della provvidenza, lʼintoccabile, il
genio. Che probabilmente ha un
concetto distorto di democrazia.
Unʼaltra ipnosi, che dura da decenni, riguarda la tragedia delle
Foibe: tra telegiornali e giornali
radio, dichiarazioni ufficiali e ceri-
martedì 11/2/2014
monie, tutti ribadiscono la necessità del ricordo. Ma il ricordo presuppone che sia fatta chiarezza
sulle responsabilità, altrimenti accade come nei fatti cruenti degli
anni di piombo, dove si piangono le
vittime ma i colpevoli non sono stati
mai individuati. Non a caso nessuno dice chiaramente che le atrocità delle Foibe furono fatte dai
comunisti di Tito, con lʼ«aiuto» dei
comunisti italiani. Non è una cosa
di poco conto, anche per una forma
di giustizia nei confronti di quegli
italiani uccisi senza aver commesso nulla e per troppo tempo dimenticati dai libri di storia. Ma il
giochino della sinistra continua,
basti pensare alle parole del presidente del Senato proprio sulle
Foibe: «Dobbiamo dire che per
troppo tempo si è cercato di far dimenticare e questo non deve più
avvenire». Giustissimo. Ma
avrebbe dovuto dire “chi” ha cercato di far dimenticare e “perché”.
Lui si è fermato a una frase che
allʼapparenza può sembrare di
svolta, ma che invece resta nel
solco del non detto, una frase tanto
furba quanto insidiosa. Il motivo è
facile da capire. Tra il quasi non
detto di Monti-Napolitano sul golpe
e il non detto della sinistra sulle
Foibe cʼè sempre quella convinzione che gli italiani siano un popolo di creduloni. Ma attenti a non
svegliare il can che dorme.
Paolo Di Nella, 31 anni dalla morte e nessun colpevole.
Da Marino una corona di fiori, dopo i silenzi su Acca Larenzia
Gloria Sabatini
Il compagno Marino ha reso
omaggio a Paolo Di Nella, il militante del Fronte della Gioventù
morto il 9 febbraio 1983 fa in seguito a unʼemorragia celebrale
causata dallʼaggressione del 2
febbraio a piazza Gondar.
Il sindaco di Roma ha deposto
ieri mattina a villa Chigi una corona per ricordare il giovane assassinato da due esponenti di
Autonomia operai, nostalgici dei
cupi anni di piombo. Paolo morì
dopo sette giorni di coma, vegliato dai suoi amici che, giorno
e notte, nei corridoi del Policlinico
Umberto I di Roma, avevano atteso invano che riaprisse gli
occhi. Una morte assurda sulla
quale brucia la ferita di indagini
lentissime e a dir poco “lacunose” che non hanno dato ancora un nome e un cognome agli
assassini. È stato Valter Veltroni
nel 2003 a inaugurare la nuova
stagione di apertura quando, su
proposta di An, decise di intitolargli il viale centrale di Villa
Chigi. «È importante – ha detto il
primo cittadino – al di là degli
schieramenti ideologici ricordare
insieme lʼomicidio di Paolo Di
Nella, lʼultima persona uccisa in
quella spirale di violenza». Presenti alla cerimonia di ieri anche
la madre di Paolo e lʼex sindaco
Gianni Alemanno, amico perso-
nale di Di Nella, un militante sui
generis, lontanissimo dagli stereotipi del neo-fascista, ambientalista “ante litteram” impegnato
per la restituzione del parco di
Villa Chigi alla comunità del quartiere. Un ragazzo “normale” che
ricevette al suo capezzale la visita dellʼallora presidente della
Repubblica, il partigiano Sandro
Pertini, un gesto coraggioso per
lʼepoca che avrebbe dovuto segnare il primo passo di una svolta
civile per una pacificazione nazionale. Ma che ancora tarda a
venire come dimostra la distruzione, solo un anno fa, della lapide intitolata a Di Nella. «Ho
molto apprezzato la presenza di
Marino perché è il segnale che le
istituzioni, al di là del colore politico, riescono a ricordare con una
memoria condivisa i ragazzi morti
in quegli anni – ha commentato
Alemanno – sono sempre ricordati i ragazzi di sinistra uccisi ed
è giusto che per quelli di destra
avvenga lo stesso». Forse una
“riparazione”, quella di Marino,
per il silenzio dellʼamministrazione per lʼanniversario della
strage di Acca Larenzia dello
scorso 7 gennaio in cui persero la
vita Franco Bigonzetti, Francesco
Ciavatta e Stefano Recchioni,
“colpevoli” di militare a destra ai
tempi in cui “uccidere un fascita
non era reato”.
Svelata la farsa: la manovra per chiamare Monti iniziò
a giugno 2011. Su consiglio di Prodi e De Benedetti…
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Luca Maurell
Erano i giorni dei “responsabili”
che entravano in pompa magna
al governo per puntellare una
maggioranza fragile, lo spread
iniziava a salire a livelli di guardia, la Merkel ci osservava severa, lʼItalia sbandava sui
mercati dei bond e sui campi di
calcio, dove rimediava quattro
gol dal Brasille mentre in Parlamento Berlusconi si riprendeva
la fiducia, Tremonti saliva al
Colle per tranquillizzare Napolitano sulla manovra e Bersani attaccava il governo nel tentativo
di mandarlo a casa. Ma tutto, o
quasi, era già deciso.
Giugno 2001. Erano i giorni in
cui, nel segreto più assoluto, nei
luoghi più chic dei vacanzieri di
una certa sinistra, Mario Monti si
recava in pellegrinaggio dai big
del Pd e si confidava sul possibile incarico che da lì a qualche
mese (13 novembre) avrebbe ricevuto da Napolitano per sostituire Berlusconi e il governo
democraticamente eletto e mai
sfiduciato. Il primo passo dellʼarrivo di Monti a Palazzo Chigi
fu la nomina, avvenuta il 6 novembre, a senatore a vita. Ma
tutto era iniziato molto prima,
come si scopre dalle anticipazioni di “Ammazziamo il gattopardo“, del giornalista Alan
Friedman, volume accompagnato da una video inchiesta sul
Secolo
d’Italia
sito del Corriere in cui Carlo De
Benedetti e Romano Prodi svelano retroscena molto interessanti.
A fine agosto 2011, la “tessera
numero 1″ del Pd vide a Saint
Moritz lʼamico Monti (su richiesta
del prof…) per una sorta di consultazione preventiva: «Si parla
di un incarico, ma tu accetta solo
se te lo chiede a settembre, a dicembre sarebbe tardi…», spiegò
De Benedetti al professore della
Bocconi. Ma due mesi prima, nel
buen ritiro di Prodi, a Castiglion
della Pescaia, Monti aveva visto
anche lʼex premier dellʼUlivo e insieme avevamo parlato proprio
di una possibile “missione” del
bocconiano: «Sei nella condizione di non poter chiedere nulla,
ma allo stesso tempo se Napolitano te lo chiede, non puoi dire
di no», gli aveva spiegato Prodi,
come egli stesso racconta nel-
lʼintervista. Monti, oggi, conferma: «Sì, se ne parlava, ma
erano solo ipotesi…». Però conferma di aver parlato con Prodi
e con De Benedetti della sua
possibile nomina e di aver discusso con Napolitano un documento programmatico per il
rilancio dellʼeconomia, preparato per il Capo dello Stato dallʼallora banchiere Corrado
Passera tra lʼestate e lʼautunno
del 2011. Intanto Monti e Napolitano, come svela Friedman, allʼinsaputa di Berlusconi, si
parlavano in continuazione,
mentre il Colle ostentava imparzialità e assisteva alle difficoltà
del governo, che però continuava a incassare la fiducia.
Non fu manovra di Palazzo, ha
sempre ribadito Napolitano, fino
a qualche giorno fa, quando durante un incontro con gli eurodeputati italiani al Parlamento
europeo di Strasburgo, e riferendosi ai governi Monti e Letta,
aveva detto che «sono stati presentati quasi come inventati per
capriccio dalla persona del presidente della Repubblica». Questo, aveva tenuto a precisare il
presidente della Repubblica,
non è vero perché non si tratta
di nomi diversi da quelli indicati
nel corso delle «consultazioni
con tutti i gruppi politici e parlamentari, come si conviene».
La verità, però, è che almeno in
tre già sapevano come sarebbe
andata a finire, durante quella
torrida estate del 2001. Due di
loro erano del Pd. E un terzo,
Monti, andava da loro a chiedere consigli. «Un incarico? Sì,
Napolitano mi diede segnali in
quel senso», ammette Monti,
uscito politicamente distrutto da
quella esperienza di cui oggi,
suo malgrado, qualcuno ha voluto svelare i veri retroscena.
Retroscena che inevitabilmente
danno corpo ai sospetti dei berlusconiani, secondo cui “le rivelazioni di Alan Friedman
destano forti dubbi sul modo di
intendere lʼaltissima funzione di
Presidente della Repubblica da
parte di Napolitano”, dicono i
capigruppo di FI di Camera e
Senato, Renato Brunetta e
Paolo Romani, che chiedono
“urgenti chiarimenti e convincenti spiegazioni”.
stanti ha invece occupato la chiesa
di Santa Maria in Aquino, dopo
avere transitato davanti a via Uffici
del Vicario a pochi passi da Montecitorio. Al grido di «Assassini», «Vergogna» e «Ladri» il gruppo è arrivato
ai piedi del palazzo dei gruppi parlamentari. Alcuni momenti di tensione
si sono registrati con le forze dellʼordine.
Calvani si è invece dissociato la protesta che si era registrata in mattinata sempre nella Capitale da parte
di un altro gruppo di manifestanti del
gruppo “9 dicembre”, saliti sulla Piramide Cestia, a Roma, per manife-
stare contro governo e parlamento
ritenuti “illegittimi”. Ai piedi del monumento alcuni manifestanti hanno
anche alzato il braccio destro simboleggiando il saluto romano. Gesto
subito stigmatizzato dallo stesso
Calvani. «Alcuni elementi di Socialismo Nazionale (che si stanno mascherando sotto il nome di
associazione Resistenza Italiana) –
ha spiegato il leader del coordinamento 9 dicembre – hanno fatto
unʼazione impropria facendo il saluto
romano, fotografati anche da alcuni
giornalisti. Loro si presentano come
associazione Resistenza Italiana,
che come Coordinamento 9 dicembre non riconosciamo, perché appartengono di fatto a Socialismo
Nazionale che è unʼorganizzazione
di estrema destra. Il Coordinamento
9 dicembre non rappresenta nessun
partito politico».
Due chiese occupate nel centro di Roma:
la protesta dei Forconi cambia bersaglio
Redazione
Una quarantina di militanti del coordinamento 9 dicembre, la frangia intransigente del movimento dei
Forconi guidata dallʼagricoltore pontino Danilo Calvani, sono entrati
nella basilica di Santa Maria Maggiore e promette di accamparsi allʼinterno. Unʼaltra decina è entrata in
Santa Maria in Aquiro, a pochi passi
da Montecitorio. «Passeremo la
notte qui – dicono entrambi i gruppi
– Il sindaco Marino si è rifiutato di
dare assistenza a dei cittadini italiani
che chiedevano solo di mettere delle
tende e quindi abbiamo deciso di
entrare nella “nostra casa” visto che
siamo credenti, chiedendo la benedizione di Papa Francesco». «I politici – ha detto il portavoce Calvani,
che ha guidato il gruppo entrato
nella basilica di Santa Maria Maggiore – non ci rappresentano, le istituzioni non ci rappresentano. Le
forze dellʼordine non ci difendono o
non possono difenderci. Hanno reso
la nostra vita invivibile, e molte persone stanno perdendo la cosa più
sacra, la vita appunto. Si stanno suicidando perché non hanno altra via
dʼuscita, non riescono a vedere un
futuro». Unʼaltra decina di manife-
MARTEDì 11 FEBBRAIO 2014
Il Giorno della Memoria tra amnesie e polemiche.
Imbrattato il monumento a Roma. Calerà di nuovo lʼoblio?
MARTEDì 11 FEBBRAIO 2014
Secolo
3
d’Italia
Giglielmo Federici
A dieci anni dall'istituzione della
legge di Stato che dedica il 10 febbraio alla commemorazione degli
italiani gettati e dimenticati nelle
foibe, bisogna dire che i risultati non
sono lusinghieri sullo stato di salute
della nostra memoria e dell'onestà
intellettuale. Fino all'ultimo si è tentato di mettere il silenziatore a questa ricorrenza relegandola a una
memoria storica di serie B. L'abolizione dei Viaggi della Memoria del
sindaco Marino, il basso profilo
delle celebrazioni in molte amministrazioni italiane, i furiosi attacchi al
“Magazzino 18” di Simone Cristicchi, spettacolo coraggioso su una
ferita tutta italiana, la dicono lunga
su quanto poco è stato comunque
fatto per risarcire le atrocità commesse su tanti italiani, andati incontro a un destino infame solo
perché italiani. Del resto le foibe finirono nell'omertà sin da quando furono perpetrate. Perché tiravano in
ballo le responsabilità del Pci e di
un'ala cospicua della lotta partigiana nei massacri, perché incrinavano il rapporto con la vicina
Jugoslavia di Tito, perché c'era il
tabù della cortina di ferro che spartiva i due mondi, l'occidente filoamericano e l'Est filosovietico. Fu
taciuto l'orrore degli infoibati e degli
italiani messi in fuga dalla pulizia etnica dei comunisti di Tito. Una comunità di profughi, un patrimonio di
memorie oscurato e tenuto in vita
per anni da pubblicazioni coraggiose, dalle testimonianze di sopravvissuti di cui il Secolo d'Italia
negli anni si è fatto custode. Solo
mezzo secolo dopo cominciò lentamente a riaffiorare la memoria dal
buio, con libri di testo, commemorazioni, fiction (sia pure edulcorate)
fino ad arrivare all'istituzione della
giornata della Memoria. Ora sembra tutto tornato nell'indifferenza. Le
pagine strappate raccontano di una
prima ondata di violenza esplosa
subito dopo la firma dell'armistizio
dell' 8 settembre 1943: in Istria e in
Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli italiani
non comunisti, che sono la maggior
parte. Torturano, massacrano, affamano e poi gettano nelle foibe circa
un migliaio di persone. Ma la violenza aumenta nella primavera del
1945, quando la Jugoslavia occupa
Trieste, Gorizia e l'istria. Le truppe
del Maresciallo Tito si scatenano
contro gli italiani. A cadere dentro le
foibe ci sono fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di
chiesa, donne, anziani e bambini. I
racconti dei superstiti parlano di
una carneficina che testimonia
l'odio politico-ideologico e la pulizia
etnica voluta da Tito per eliminare
dalla futura Jugoslavia i non comunisti. La persecuzione prosegue
fino alla primavera del 1947, fino a
quando, cioè, viene fissato il confine fra l'italia e la Jugoslavia. Ma il
dramma degli istriani e dei dalmati
non finisce. Nel febbraio del 1947
l'italia ratifica il trattato di pace che
pone fine alla Seconda guerra mondiale: l'istria e la Dalmazia vengono
cedute alla Jugoslavia. Trecentocinquantamila persone si trasformano in esuli. La sinistra italiana li
ignora: non suscita solidarietà chi
sta fuggendo dalla Jugoslavia, da
un paese comunista alleato dell'Urss. Ma non è solo il Pci a lasciar
cadere l'argomento nel disinteresse. Anche la stessa classe dirigente democristiana lascia cadere
nel buio la tragedia delle foibe. Il silenzio della storiografia ha fatto il
resto. L'elaborazione di una delle
pagine più angoscianti della nostra
storia è purtroppo ancora agli inizi.
L'oltraggio al monumento alle Foibe
a Roma desta sconcerto. Chissà se
basterà la messa in onda, ieri sera.
di Magazzini 18 s Rai Uno, dopo
vari tentennamenti? Chissà cosa lascerà il convegno rabberciato di
fretta ieri dal sindaco di Roma, Marino, in Campidoglio ?
Redazione
La tanto auspicata ripresa è lontana. La produzione industriale nel
2013 è scesa del 3% rispetto al
2012 e a dicembre è tornata a calare dello 0,7% rispetto allo stesso
mese dell'anno precedente, dopo il
+1,5% di novembre. Lo rileva l'Istat
che registra una contrazione su
base mensile dello 0,9%. È in aumento, invece, il dato relativo al
quarto trimestre (+0,7% rispetto al
terzo). Rispetto al dicembre 2012
sono in aumento solo i beni intermedi (+5,6%), mentre calano quelli
strumentali (-5,6%), l'energia (3,2%) e, in misura più contenuta, i
beni di consumo (-1%). I settori che
registrano i cali maggiori sono i
macchinari e le attrezzature n.c.a (9,9%), le industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-6,9%) e
la fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi
di misurazione e orologi (-6,5%). I
maggiori incrementi sono infine nei
prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+8,0%), nella
fabbricazione di apparecchiature
elettriche e apparecchiature per
uso domestico non elettriche
(+7,5%) e della metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo,
esclusi macchine e impianti
(+7,4%). I dati Istat sulla produzione industriale, secondo il Codacons, confermano la tesi
dell'associazione che «i rialzi positivi dei mesi scorsi non erano indicativi di una inversione del trend e,
men che meno, di una ripresa economia». Il Codacons ha chiesto al
premier Enrico Letta di commentare questi dati, «visto che nei
giorni scorsi aveva detto: la crisi è
finita». «Gli italiani si sono stufati di
sentir parlare, anche perché è dal
2009, l'anno più buio della crisi, che
i politici dichiarano, ad ogni segno
più registrato, che la crisi è finita».
Secondo Federconsumatori e Adusbef la «nuova, allarmante, frenata» della produzione industriale
rilevata dall'Istat era ''quasi inevitabile'', perché «va di pari passo con
la preoccupante contrazione dei
consumi». Secondo quanto rilevato
dall'Onf-Osservatorio Nazionale
Federconsumatori la contrazione
dei consumi nel triennio 2012-2014
toccherà il -9,2% (con una minore
spesa di 2.638 euro a famiglia).
Dopo il calo del -4,7% nel 2012 e
del -3,4% nel 2013, si prevede nel
2014 un'ulteriore frenata del -1,1%.
LʼIstat conferma: la produzione industriale 2013 crolla del 3%
I forconi irrompono
nella Basilica di Santa
Maria Maggiore:
è la nostra casa
Redazione
Continua a sprazzi la battaglia
politica dei forconi che, con blitz
improvvisi, cercano di agitare le
acque in forme di protesta. Una
quarantina di militanti del coordinamento 9 dicembre, la frangia
intransigente del movimento dei
Forconi guidata dall'agricoltore
pontino Danilo Calvani, sono entrati nella basilica di Santa Maria
Maggiore promettendo di accamparsi all'interno. «Passeremo la notte qui – hanno
annunciato non appena fatta irruzione – Il sindaco Marino si è
rifiutato di dare assistenza a dei
cittadini italiani che chiedevano
solo di mettere delle tende e
quindi abbiamo deciso di entrare
nella “nostra casa” visto che
siamo credenti, chiedendo la benedizione di Papa Francesco».
Siamo tutti bagnati fradici – ha
poi spiegato Calvani – non abbiamo potuto dormire, nonostante ciò siamo qui, siamo stati
trattati malissimo, ora siamo qui
nella “nostra casa” e continueremo la nostra lotta civile nel
pieno rispetto delle leggi e della
Costituzione e soprattutto della
“casa che ci ospita”...».
Siria, i qaedisti aiutati da finte ong occidentali.
Nuovo massacro perpetrato dai ribelli
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Secolo
d’Italia
Antonio Pannullo
Era un segreto di Pulcinella. Solo
i nemici del governo siriano fingevano di ignorare che gli jihadisti
da tutto il mondo, in molti casi dall'Occidente, ricorrono a finte organizzazioni non governative
(ong) per superare il confine con
la Turchia e unirsi alle milizie che
combattono nella guerra civile in
Siria contro il regime di Damasco.
È quanto si legge sul prestigioso
e solitamente en informato Times,
che cita funzionari britannici, secondo cui il fenomeno è in rapido
aumento. Si tratta di piccole associazioni umanitarie, che dovrebbero portare il loro aiuto alle
popolazioni colpite dal conflitto,
ma che in verità vengono usate
come mezzi per il reclutamento e
l'invio al fronte di volontari. Si era
visto anche nei Balcani, ma tutti
preferirono tacere. Per contrastare questo fenomeno, sempre
secondo i funzionari britannici, il
confine fra Turchia e Siria è presidiato da sempre più agenti della
Cia e dell'MI6, il servizio segreto
per l'estero di Sua Maestà. Secondo gli esperti, infatti, arriva da
lì la nuova minaccia terroristica
per l'Occidente: si temono attac-
chi portati da qualche reduce jihadista in Europa o negli Stati
Uniti. Intanto il vice ministro degli
Esteri siriano Faysal Miqdad ha
detto che 50 persone, molte
donne e bambini, sono state uccise in un massacro compiuto da
terroristi. Miqdad sembrava riferirsi ad un massacro a Maan,
nella provincia di Hama, che secondo l'ong Osservatorio nazionale per i diritti umani, ha
provocato almeno 21 morti. Secondo la ong, citata dall'agenzia
Afp, 21 civili e 20 miliziani alawiti
pro-regime sono stati uccisi nel
villaggio di Maan. Il vice ministro
Miqdad, che parlava a Ginevra
dove sono ripresi i negoziati tra
governo e opposizione, ha invece
affermato che le vittime sono tutte
civili uccisi a sangue freddo, per
ribadire che il primo argomento di
cui si deve occupare la conferenza di pace è quello della lotta
al terrorismo. Una definizione
usata dal governo siriano per indicare tutti i ribelli armati, migliaia
dei quali sono mercenari stranieri.
Si è appreso poi che gli jihadisti
dello Stato islamico dell'Iraq e del
Levante (Eiil) si sono ritirati dalla
provincia, ricca di petrolio, di Deir
Ezzor, nell'est della Siria, dopo
aspri combattimenti contro altre
brigate ribelli: lo ha reso noto l'Osservatorio siriano per i diritti
umani (Osdh). «L'Eiil si è ritirato
da tutto Deir Ezzor dopo aver
combattuto il Fronte al-Nosra (affiliato ad al-Qaeda) e una decina
di brigate ribelli che hanno attaccato le posizioni del gruppo e arrestato decine dei suoi membri»,
ha spiegato l'Osservatorio, che
ha una vasta rete di fonti civili,
mediche e militari in tutto il
Paese. Sembra ormai evidente
che potenze occidentali foraggiano i "ribelli" per mettere le
mani sulle ricchezze naturali della
Siria.
Redazione
Fallisce anche il modello Bosnia: dopo
Iraq, Afghanistan, Libia, adesso anche
quello che sembrava uno degli esperimenti più riusciti, quello dei Balcani,
sta mostrando tutti i suoi limiti. La Bosnia sta per crollare, e tutto lascia pensare che il Kosovo, ancora più debole
dal punto di vista infrastrutturale e sociale, la seguirà tra breve. Non si placa
infatti l'ondata di proteste popolari in
Bosnia dove, dopo gli scontri e le violenze dei giorni scorsi, nuove manifestazioni pacifiche sono in programma
in diverse città della Federazione Bh,
l'entità a maggioranza croato musulmana. I dimostranti sono già scesi in
piazza a Gorazde, Livno, Mostar e a
Brcko dove, a rinnovare le proteste
contro crisi economica e corruzione,
sono in tremila. A Sarajevo il palazzo
della Presidenza, incendiato in parte
sabato, è stato evacuato nel timore di
nuovi assalti dei manifestanti. Domenica il capo della Direzione di coordi-
namento delle forze di polizia, Himzo
Selimovic, si è dimesso perché, come
ha spiegato, non dispone di poteri necessari, per via del farraginoso assetto
istituzionale, e non può garantire la sicurezza alla presidenza del Paese. Intanto, dalla sede del governo della
Federazione i dipendenti stanno portando via fascicoli di documenti dopo
che diversi ministri hanno lasciato il
palazzo. A Mostar, nonostante il divieto di manifestare imposto dalle autorità, nella piazza centrale si sono
radunate alcune centinaia di persone
che manifestano in modo pacifico.
Proprio nella capitale Sarajevo migliaia di manifestanti, che prima si
erano riuniti davanti alla presidenza
bosniaca, hanno protestato davanti
alla poco distante sede del governo
della Federazione Bh per chiedere le
dimissioni del premier della Federazione, Nermin Niksic, e di tutto l'esecutivo. Su cartelli e striscioni si
leggono richieste per l'abolizione dei
cantoni, la riduzione del 50% degli stipendi dei parlamentari, l'aumento delle
pensioni. Agenti dell'unità antisommossa della polizia hanno formato un
cordone tra il palazzo, una parte del
quale è la sede del Partito socialdemocratico di cui Niksic è un esponente,
e i manifestanti. Un funzionario di polizia ha chiesto ai dimostranti di isolare
un gruppo di giovani incappucciati e in
possesso di molotov. Si è formata una
rappresentanza dei manifestanti per
trattare con il governo, che è in seduta
permanente, ma i dimostranti chiedono
prima le dimissioni. Intanto a Brcko i
manifestanti insistono che si dimetta il
sindaco, Ante Domic, mentre ha presentato le dimissioni, su richiesta della
piazza, il sindaco di Bugojno. Si è nel
frattempo conclusa senza incidenti la
manifestazione di centinaia di persone
a Mostar, nonostante il divieto delle autorità Nei giorni scorsi si sono dimessi
gli esecutivi cantonali di Tuzla, Zenica,
Sarajevo e Bihac.
Fallisce anche il modello Bosnia: il popolo
in piazza chiede le dimissioni del governo
MARTEDì 11 FEBBRAIO 2014
Ucraina, i nazionalisti
si dicono pronti
a imbracciare le armi
Redazione
Il gruppo paramilitare ucraino
nazionalista "Pravii Sektor", in
prima fila nei recenti scontri tra
manifestanti e polizia a Kiev, è
pronto a entrare in politica «non
appena la rivoluzione avrà successo». Lo ha detto il leader del
movimento, Dmitro Iarosh. «Se
ci sarà la pace - ha detto
l'uomo, indicato dai suoi come
il "comandante" - il movimento
entrerà nella vita politica. Poi
vedremo se avanzare una nostra candidatura alla presidenza o appoggiare uno dei
politici esistenti». Una cosa è
chiara, però, per loro: «L'ingresso nell'Unione europea
non è una buona scelta per
Kiev perché minaccia i valori
tradizionali
cristiani
dell'Ucraina», ha detto ancora. Iarosh ha aggiunto di essere
contro i matrimoni tra persone
dello stesso sesso e ha definito
l'immigrazione
di
massa
«un'occupazione». Il gruppo
paramilitare Pravii Sektor è
pronto a imbracciare i fucili se
necessario. Iarosh ha affermato che «se il governo deciderà di assaltare Maidan (la
piazza al centro delle proteste
antigovernative a Kiev, ndr) e
usare armi da fuoco, il nostro
gruppo sarà costretto a difendere la gente pacifica che c'è in
Maidan. Questa - ha aggiunto non è solo la nostra posizione,
ma è la posizione di tutta l'opposizione». Secondo Iarosh, infine, «difendere la sovranità e
l'integrità
territoriale
dell'Ucraina è un dovere costituzionale e se ci sarà una
minaccia alla nostra indipendenza o al nostro territorio, non
solo Pravii Sektor ma tante
altre persone in Ucraina imbracceranno le armi».
Concordia, si ipotizza una gara di “inchini"
tra Schettino e gli altri comandanti
MARTEDì 11 FEBBRAIO 2014
Secolo
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d’Italia
Luca Maurelli
La rotta della Costa Concordia la
sera del naufragio del 13 gennaio
2012 fu molto simile a quella percorsa il 14 agosto 2011 per un analogo passaggio vicino al Giglio che,
però, riuscì. Lo mostra un documento della compagnia Lloyd's
portato ieri in aula a Grosseto da
parti civili e difesa di Francesco
Schettino. Nel 2011 il comandante
della nave era Massimo Garbarino
e non Schettino. Per parti civili e difesa era consuetudine di Costa
Crociere fare passaggi ravvicinati.
La compagnia assicurativa Lloyd's
registra i tragitti delle navi assicurate in un sistema “listing tracking
data” che monitora rotte e posizioni. In una mappa trovata dalle
parti, e mostrata in aula come
prova, si vede che la rotta della
Concordia la sera del 14 agosto
2011 è rasente al Giglio in modo
molto simile al tragitto seguito la
sera del naufragio pochi mesi
dopo. Dal documento si evince che
nel 2011 la nave passa dallo
stesso punto dell'impatto, impegnando una direttrice leggermente
diversa, più parallela all'isola rispetto a quella tenuta da Schettino
il 13 gennaio 2012. Il collegio dei
giudici ha ammesso l'acquisizione
del documento dei Lloyd's agli atti
del processo, insieme a un articolo
di Giglionews che annunciava il
passaggio al Giglio del 14 agosto
2011, alle ore 22. Ma non tutti leggono il documento della compagnia britannica come un elemento
utile alla difesa di Schettino. “C'era
in atto una gara fra comandanti per
dimostrare chi fosse più abile a
passare più vicino possibile all'isola
del Giglio”, attaccano gli avvocati di
parte civile. «Prima Palombo, poi
Garbarino e poi Schettino sono
passati come tutti sanno, praticamente nello stesso punto del naufragio del 2013», ha detto
Massimiliano Gabrielli, del pool
Giustizia per la Concordia, in una
pausa dell'udienza dopo che le
parti hanno consegnato al tribunale
un documento della compagnia assicurativa Lloyd's in cui si vedono
le rotte della Costa Concordia accanto al Giglio quasi coincidenti. I
passaggi precedenti, continua il legale, "hanno preparato la bravata
di Schettino". «Come mai la compagnia assicurativa Lloyd's ha catalogato come mancato incidente il
passaggio del 14 agosto 2011, con
comandante Garbarino - conclude
Gabrielli -, mentre la compagnia
Costa Crociere no? L'inchino era
una consuetudine». La rotta tenuta
da Garbarino riuscì con un passaggio a 230 metri dalla punta
della Gabbianara dove invece oggi
c'è il relitto della Concordia. Intanto
il Comune del Giglio, parte civile
nel processo sul naufragio del 13
gennaio 2012, ha presentato ai
giudici articoli del sito Giglionews
firmati dall'ex comandante di Costa
Crociere spa Mario Palombo in cui,
per due date diverse si annunciano
passaggi ravvicinati serali all'isola.
Quello relativo al 2011 è stato acquisito agli atti del processo come
prova.
Roberto Mariotti
Il 14% dei ragazzi ha incontrato le
persone conosciute su Internet e il
13% dei quelli tra i 14 e i 20 anni
ha scambiato il suo numero di cellulare con estranei contatti tramite
chat. Di contro solo uno su 10 si
connette a Internet per studiare.
Più pericoli o opportunità dalla
rete? A leggere i dati della ricerca
promossa dal Moige, il Movimento
italiano genitori, e presentata alla
vigilia del Safer Internet Day, la
giornata voluta dalla Commissione
Europea per la sicurezza dei giovani in Rete, «i minori sul web non
studiano e fanno ricerche senza
verificare le fonti; giocano e chattano con sconosciuti; scambiano
foto hot, prendono in giro i coetanei» tutte «pericolose abitudini dei
nostri figli sulla rete». Il computer
è uno strumento di uso quasi uni-
versale tra i ragazzi, dicono i dati
dell'indagine, svolta nelle scuole
su mille studenti dai 6 ai 20 anni,
dalla elementari alle superiori,
circa la metà dei quali del Sud Italia: il 95,% ne ha uno in casa e
l'87,8% lo utilizza ogni giorno per
andare sul web. Uno su tre ha il
computer in camera e di questi il
38% è giovanissimo, hanno tra gli
11 e i 13 anni. Un ragazzo su cinque cerca di nascondere le tracce
di quello che ha fatto al pc eliminando la cronologia del browser,
l'11% dichiara di visitare siti per
adulti. E ancora, il 28% ha fatto
amicizia con estranei, consapevole di trasgredire, e il 30% non
usa la propria identità quando è
collegato in chat. Sei su 10 "non
hanno problemi a dichiarare di essersi divertito nel ricevere o inviare
foto o video hot (il cosiddetto sex-
ting)", di questi il 22,7% li ha ricevuto da sconosciuti che inviano
materiale imbarazzante. Di tutto
ciò – sottolinea il Moige – i genitori
spesso sono ignari. Uno su tre perché «poco attrezzato» all'utilizzo
delle nuove tecnologie. Ma in generale gli adulti controllano – secondo la ricerca – in maniera
«molto blanda»: solo il 18,6% in famiglia impone dei limiti ai propri figli
sul tempo trascorso al computer e
il 35% non si è mai posto problema. "
Allarme chat: troppi minorenni incontrano
“sconosciuti” contattati sul web
Nella blacklist una valanga
di siti pedopornografici:
quasi tutti
hanno i server allʼestero
Redazione
Nel 2013 la Polizia postale e
delle Comunicazioni ha censito
e inserito nella blacklist 1.641
siti pedopornografici, 28.063
sono in totale quelli conosciuti.
«Hanno tutti i server all'estero –
spiega il direttore della Polposta Antonio Apruzzese – in Italia ce ne sono pochi, quando li
troviamo li sequestriamo e chiudiamo». Le persone arrestate
dal servizio della Polizia che
sonda la Rete sono state 55,
mentre 344 sono state denunciate. Inoltre ci sono state 430
perquisizioni. «Stiamo verificando che molto spesso gli
adulti in Rete si fingono minori
per iniziare contatti con gli adolescenti», ha detto in una conferenza stampa alla vigilia del
Safer Internet Day, la giornata
voluta dalla Commissione Europea per la sicurezza dei giovani in Rete. «Il web è qualcosa
di nuovo e rivoluzionario, è un
mondo in cui siamo dentro,
dobbiamo trovare delle regole
di utilizzo», ha aggiunto mettendo in guardia gli adolescenti:
«Dà ai ragazzi la sensazione di
poter parlare al mondo, senza
farsi vedere. Ma devono capire
che non è sempre possibile nascondersi, che la sciocchezza
fatta su Internet diventa mondiale». Il computer dà la sensazione di rimanere invisibili e
anonimi, ma non è così: «Solo
apparentemente ci si può nascondere. Fare i furbi in Rete
per esempio rubando i dati, essere molesti nei confronti dei
propri compagni o parlare con
degli sconosciuti non significa
farlo in un altro mondo».
«Zingaretti non può cancellare
il centro trasfusionale di Formia»
6
Secolo
d’Italia
Redazione
«Il centro trasfusionale di Formia deve essere salvato. Lʼassemblea pubblica che si è
svolta a Formia, a cui oltre me
hanno partecipato tantissimi cittadini, il sindaco, operatori, consiglieri comunali, ha messo in
evidenza, ancora una volta, il
ruolo strategico che il centro
rappresenta per la sanità non
solo nel comprensorio ma nell'intera provincia di Latina, contribuendo a garantire servizi
efficienti in tutto il Lazio». Lo dichiara il consigliere di Forza Italia alla Regione Lazio Giuseppe
Simeone, che spiega: «Il centro
trasfusionale
dellʼospedale
“Dono Svizzero" di Formia è
unʼeccellenza che offre servizi
qualificati ad oltre 120 persone
affette da patologie molto gravi
che richiedono, anche ogni due
giorni, una trasfusione. È il
punto di riferimento per un bacino di migliaia di utenti, tra cui
tanti malati oncoematologici o
che necessitano di terapie specifiche come la salassoterapia.
È il punto nevralgico per servizi
di emergenza come per esempio Medicina, Rianimazione,
Ostetricia, Ginecologia, Dialisi,
Cardiologia e Chirurgia del Dea
di I livello di Formia, dellʼospedale “San Giovanni di Dio" a
Fondi, del presidio di Gaeta e
della clinica “Casa del Sole" di
Formia. La chiusura del centro,
come chiaramente indicato
nella delibera che assegna gli
obiettivi da raggiungere ai direttori generali delle Asl, dovrebbe
avvenire entro tre mesi, creando disagi evidenti a tutti i pazienti che dovrebbero affrontare
un viaggio quasi quotidiano di
circa 100 chilometri per raggiungere, con tutte le incognite
della viabilità, il centro dellʼospedale “Santa Maria Goretti" di Latina con aggravi sia
per le famiglie che sul piano
economico a carico di chi sta
già affrontando una situazione
difficilissima. Lʼassemblea a
chiusura dei lavori ha dato
mandato al sindaco e al presidente Zingaretti di chiedere un
incontro urgente a cui siano
presenti il direttore generale
della Asl di Latina, Michele Caporossi, e i quattro consiglieri
regionali della provincia di Latina per definire tutte le azioni
necessarie volte a valorizzare e
mantenere operativa la struttura. Il nostro obiettivo deve essere far comprendere al
presidente Zingaretti i disagi ed
i disservizi che la chiusura del
centro trasfusionale di Formia
comporta per i pazienti affetti da
patologie estremamente gravi e
per le loro famiglie e, insieme,
procedere alla modifica di
quanto previsto dal decreto 480
e dai successivi atti che ne impongono la chiusura».
Redazione
«Bene l'intervento del cardinale
Scola, che ha posto l'accento
sulla necessità di un nuovo umanesimo. Mettere al centro l'uomo
significa anche impegnarsi per
una solidarietà concreta. Il cardinale sa che la Lombardia e Milano conoscono il valore
dell'accoglienza. Sa che Milano
è una città che ha sempre aperto
le braccia a chi proviene da altre
regioni e da altri Paesi, una città
tradizionalmente ospitale, che integra e accoglie. Lo dimostrano i
numeri del recente Rapporto Immigrazione Caritas Migrantes
2013: quasi un quarto (23%)
degli stranieri presenti in Italia si
trova in Lombardia». Lo afferma
Riccardo De Corato, capogruppo
di Fratelli d'Italia in Regione e vicepresidente del Consiglio comunale,
a
commento
dell'intervento del cardinale
Scola in Consiglio regionale.
«Siamo la Regione con la più
alta presenza di stranieri, con
oltre un milione di presenze –
continua De Corato – A Milano gli
stranieri regolari sono 261.412,
con un'incidenza sul totale della
popolazione del 19%. Sono dati
che il cardinale conosce, così
come conosce la disponibilità dei
lombardi e dei milanesi. Ma,
quando il fenomeno dell'immigrazione diviene ingestibile a
causa del numero soverchiante
di stranieri, a causa della crisi, a
causa del venir meno di occasioni di lavoro per tutti, non solo
per gli immigrati, allora nascono
tensioni sociali che mettono a rischio la stessa convivenza civile. Ricordo che in Lombardia ci
sono 90mila clandestini, 23mila
solo a Milano. Nelle periferie il
rapporto tra italiani e stranieri è
di uno a dieci. Sono soprattutto
gli anziani e i meno abbienti a
sobbarcarsi la parte più difficile
in fatto di integrazione. Piuttosto
che offrire condizioni di vita non
dignitose, è preferibile da un lato
regolare i flussi e dall'altro aiutare gli immigrati nei loro Paesi.
Non si tratta di essere intolleranti o egoisti – conclude De Corato – si tratta semplicemente di
affrontare il tema con razionalità
e senza ipocrisia».
De Corato: Milano accoglie gli immigrati
ma è necessario regolare i flussi
MARTEDì 11 FEBBRAIO 2014
Anche il Consiglio di Stato
contro la nomina
alla Asl di Frosinone
Redazione
«Una recentissima pronuncia del
Consiglio di Stato (dec. n.300 del
22 gennaio 2014) ribadisce che la
Fondazione Policlinico Tor Vergata
deve essere considerata un soggetto di diritto privato. E quindi,
oltre al presidente Zingaretti (dichiarazione espressa il 19 novembre 2013 in Consiglio regionale),
anche la magistratura afferma che
si ha a che fare con un ente di diritto privato. Ne consegue, semmai
ci fossero stati dubbi, che le perplessità sollevate in merito alla nomina
della
dottoressa
Mastrobuono presso la Asl di Frosinone risulterebbero più che fondate, avendo ricoperto negli ultimi
due anni incarichi in enti di diritto
privato, quale appunto è la Fondazione Policlinico Tor Vergata. Dunque quella nomina, violando
lʼarticolo 5, comma 1, del decreto
legislativo 39/2013, deve essere
immediatamente revocata per inconferibilità», così dichiara Fabrizio Santori, consigliere di La
Destra alla Regione Lazio e componente della commissione Salute. «Dieci giorni fa abbiamo
rivolto le prime cinque domande al
presidente Zingaretti e al dottor
D'Amato, responsabile della cabina di regia sulla sanità, in merito
alle nomine del dottor D'Alba
presso la Asl Roma H e della dottoressa Mastrobuono presso la Asl
di Frosinone. In attesa di pubblicare le ulteriori cinque domande,
ad oggi non è giunta ancora alcuna risposta, nonostante la Regione possa ormai avvalersi di
numerosi consulenti e dirigenti
esterni profumatamente retribuiti».
Alex Britti, ingiustamente snobbato dal Sanremo
di Fazio, si rifà con il tour invernale
Secolo
MARTEDì 11 FEBBRAIO 2014
d’Italia
Priscilla Del Ninno
Fazio lo snobba, e lo esclude da Sanremo,
ma le piazze lo attendono con ansia. E lui,
Alex Britti, si prepara al bagno di folla. «Sono
una sorta di Soldini, un navigatore solitario, e
sul palco canto e suono da solo. Ma faccio
più casino di un intero complesso». Il cantautore romano, dunque, si sta preparando
per Chitarra Voce Piede, il tour invernale nei
teatri, che prenderà il via il 27 febbraio, da
Brindisi, durante il quale porterà in giro l'ultimo album di inediti Bene così, uscito a giugno scorso. «Farò tutto da solo, da qui il
nome del tour. Sarà uno spettacolo intimo,
colloquiale. Mi piace pensare di ricreare
un'atmosfera casalinga, come essere in un
grande salone con gli amici», racconta Britti.
E gli amici, in effetti, non mancheranno. «A
seconda di dove farò tappa, chiamerò a partecipare qualcuno, per delle vere e proprie
jam session». A Roma, il 6 marzo, ad esempio, ci dovrebbero essere Pier Davide Carone, Stefano Di Battista e il comico Dado.
Del resto, nel curriculum di Alex le collabo-
razioni non si contano più: da Joe Cocker a
Pavarotti, da Patti Smith a Edoardo Bennato,
solo per citarne alcuni. E allora Soldini, che
fine fa? «Be', quando si naviga, ci si ferma
anche in porto per cena. E in mare si incontrano anche altre barche. La navigazione
non è fine a se stessa». E allora, tra le “barche” che Britti ha incontrato, c'è anche
Bianca Atzei. Nel toto-nomi che ha preceduto l'ufficializzazione dei 14 big del prossimo Sanremo, la loro coppia artistica era
data quasi per certa. «È vero, abbiamo un
pezzo che uscirà a fine febbraio, Vero mai.
Lo abbiamo presentato a tante trasmissioni,
Sanremo compresa. Ma non è stato selezionato. Se mi dispiace? Non tanto – ammette
candidamente –. Al festival tornerò un'altra
volta. Per questa edizione evidentemente
non ero allineato. Fazio? Una figura un po'
strana, lontana dai miei gusti». Così, in attesa del Sanremo che verrà, Britti si concentra sul tour. «Sono un cantante pop, ma
suono jazz e blues. E utilizzerò la tecnologia,
registrandomi in tempo reale e costruendo
basi sonore». Per un nuovo disco, invece,
bisognerà attendere: «Non pianifico – rivela
Britti – altrimenti diventa routine anche il mestiere del musicista. Dopo il tour invernale ci
sarà quello estivo. Poi forse potrei tornare in
studio»...
Gli Europei si riscoprono “pirati” per necessità:
il 70% di loro scarica i film da Internet
Bianca Conte
La crisi – complice la pigrizia – riscrive la lista delle priorità: e il cinema finisce in fondo all'elenco. A
dirlo è un sondaggio a campione
realizzato dalla Commissione Europea, che evidenzia come buona
parte dei suoi cittadini allora, costretta a scegliere tra frutta e verdura, tra necessità e virtù, ha
imparato a ottimizzare costi e benefici. E dato che il cinema è sì,
arte popolare per eccellenza, ma
ormai anche intrattenimento entrato dalla porta di servizio nelle
stanze della fruizione casalinga, il
compromesso è fatto: piuttosto
che spendere denaro in benzina,
parcheggio e costo dei biglietti, il
cittadino europeo smaliziato dalla
recessione ha imparato ad attrezzarsi anche per il godimento dei
cosiddetti beni di lusso; complice
anche – va detto – un articolato
modo, sempre in più in voga, di
fruire dello strumento televisivo tra
canali a pagamento, on demand e
l'abusatissimo sistema in streaming. E l'industria di celluloide del
“vecchio continente” sprofonda
così, sempre di più, nel gorgo del
deficit. E allora, pirati sì, ma per
necessità: il 70% dei cittadini europei scarica film da Internet o se li
guarda in streaming, per lo più illegalmente. Un numero «non sorprendente» per la Commissione
Ue che ha effettuato lo studio,
visto che, spiega Bruxelles, «mentre il pubblico ha grande interesse
per i film», le sale sono spesso
lontane, e l'offerta di titoli «piuttosto limitata». E l'industria cinematografica europea perde una
grande occasione di introiti,
quando invece «potrebbe sfruttare
diversi tipi di piattaforme online di
tipo commerciale per accrescere
la disponibilità di film», venendo incontro ad una domanda che oggi è
soddisfatta solo dal mercato illegale. Lo studio Ue sugli europei
che guardano film è condotto su
circa 5.000 persone tra i 4 e 50
anni in dieci Stati membri, Regno
Unito, Francia, Italia, Spagna, Germania, Polonia, Croazia, Romania, Lituania e Danimarca.
«L'indagine conferma che l'industria cinematografica europea non
Quotidiano della Fondazione di Alleanza Nazionale
Editore
SECOLO DʼITALIA SRL
Fondatore
Franz Turchi
d’Italia
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Consiglio di Amministrazione
Tommaso Foti (Presidente)
Alberto Dello Strologo (Amministratore delegato)
Alessio Butti
Antonio Giordano
Antonio Triolo
Ugo Lisi
7
sfrutta appieno le potenzialità per
raggiungere un nuovo pubblico o
per valorizzare i partenariati transfrontalieri», spiega la Commissione. I risultati dicono infatti che
l'Europa produce oltre mille film all'anno, che per la maggior parte restano dentro i confini nazionali, e
che il 68% degli interpellati scaricano film gratuitamente dalla rete.
L'industria cinematografica che
naviga in brutte acque, allora,
forse dovrebbe imparare dalla lezione imposta dai “pirati”, e come
diversificare l'offerta distributiva e
la rotta attraverso cui raggiungere
il più alto numero di utenti. Insomma, dovrebbe apprendere
come riuscire a fare di necessità
virtù...
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7 agosto 1990 n. 250