il digitale terrestre, tecnologia gia` morta

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il digitale terrestre, tecnologia gia` morta
IL DIGITALE TERRESTRE, TECNOLOGIA GIA' MORTA
Media Entro il 2011, forte di circa 80 milioni di euro di contributi pubblici l'anno, il Dtt sarà in
tutto il Paese. Ma per gli esperti del settore è un sistema di transizione, perché il futuro della
televisione è via cavo, anche tramite internet
Il digitale terrestre non è ancora operativo in tutta Italia e c'è già chi sostiene che in poco tempo
diventerà obsoleto. La battaglia per la tv del futuro si trasferirà su altri mezzi: internet e fibra
ottica.
L'Italia si è data un calendario così fitto e veloce per spegnere la tv analogica tradizionale e
passare prepotentemente al digitale terrestre (Dtt) solo per un annoso problema italiano.
Si chiama conflitto d'interessi e richiama il duplice ruolo di Berlusconi editore e presidente del
consiglio.
Il passaggio alla nuova tecnologia è costato ai cittadini centinaia di milioni di euro di contributi
pubblici per dotare 21 milioni di abitazioni e 50 milioni di televisori (entro il 2012) della scatola
magica per il Dtt. Infatti entro quella data la tv normale sarà spenta e non esisterà più.
Fondi pubblici messi in Finanziaria dal 2004, quando la Gasparri diventò legge facendo
sbarcare in Italia la nuova tecnologia, al ritmo in media di 80 milioni di euro l'anno.
L'obiettivo era chiaro a tutti: evitare che Rete4 finisse sul satellite, perdendo ascolti e pubblicità.
Meglio ancora. Raddoppiare i canali, al posto di ridurli, creando un'offerta a pagamento per
eliminare il monopolio Sky. Magari arrivando sul Dtt per primi, conservando la propria posizione
dominante acquistando i diritti di cinema, serie tv, sport.
Il futuro della televisione, però, è la web tv che non necessita di installare ripetitori, comprare
frequenze e trasmettitori. La tv via internet è economica ma soprattutto non produce onde e
inquinamento elettromagnetico.
I numeri parlano chiaro: entro il 2011 gli utenti di questa tecnologia raddoppieranno in tutto il
mondo, raggiungendo quota 47 milioni. Il più alto tasso di penetrazione d'Europa, con numeri in
costante aumento, è in Francia, Italia e Germania. Nonostante l'assenza di grandi contributi
pubblici. Del resto solo nel nostro Paese, secondo il rapporto Censis 2009, la web tv è utilizzata
dal 15,2 per cento dei telespettatori che nella fascia d'età tra 14 e 29 anni salgono al 41,3. In
pratica un ragazzo su due. Nonostante in Italia la banda larga (internet veloce) sia disponibile in
poco più del 50 per cento del territorio.
«Il digitale terrestre è una tecnologia di transizione, in un mondo estremamente mutevole, in cui
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il futuro è certamente l'Iptv», ha spiegato il vicepresidente esecutivo di Telecom Italia media,
Giovanni Stella. Il gruppo Telecom sta puntando molto su questo sistema.
I portali televisivi online raccolgono grandi consensi. Offrono la diretta dei canali tv ma
soprattutto la possibilità di rivedere a richiesta i programmi delle varie reti. L'ultimo in ordine di
tempo è proprio quello de La7. Il 4 dicembre ha debuttato il nuovo portale La7.tv che si
aggiunge a La7.it.
Il nuovo servizio consente di rivedere comodamente sul proprio computer tutti i programmi
prodotti dalla rete televisiva e trasmessi nell'ultima settimana. I numeri pagano la scelta.
Il classico sito della rete (La7.it) lanciato nel 2001, secondo Biz information, azienda leader
nelle stime online, vale 725mila euro. Oltre 7.000 persone lo usano ogni giorno.
Il nuovo portale per vedere i programmi de La7 online, nonostante sia nato da poco, ha invece
già raggiunto quasi un milione di euro di valore, grazie a 10mila visitatori giornalieri. Il leader del
settore video e dirette tv è Yalp, portale di Telecom nato nel lontano 1996, ma completamente
rinnovato due anni fa. Offre video realizzati dagli utenti, in stile You- Tube, ma anche le dirette
dei principali canali televisivi italiani e internazionali. Yalp è utilizzato ogni giorno da mezzo
milione di persone, tanto da raggiungere un valore da capogiro: oltre 40 milioni di euro.
Anche Mediaset, per non restare esclusa, vuole un nuovo portale con i programmi televisivi
delle sue reti. Anche perché ha recentemente vinto la causa con YouTube ottenendo la
rimozione di tutti i suoi prodotti dal portale video, per farli ritornare a uso esclusivo dei portali del
gruppo.
Già da tempo esiste Mediaset video, con una selezione di brevi video tratti dai programmi
prodotti in casa, e Rivideo, servizio a pagamento per fiction e serie tv. Rivideo, però, non è stato
un successo tanto che Mediaset l'ha chiuso poche settimane fa.
Anche la Rai ha da tempo i propri contenuti in Rete. Fino al 2009 il servizio era diviso in diversi
portali: Rai click, frutto di un contratto con Fastweb, e Rai media, per tutti gli altri contenuti del
servizio pubblico. Finito il legame con Fastweb la Rai ha creato nei primi mesi del 2009 il nuovo
Rai.tv.
Anche in questo caso 2,26 milioni di euro di valore, con 33mila visitatori che scelgono ogni
giorno il portale del servizio pubblico per rivedere programmi, telegiornali, serie tv cui si
aggiungono le dirette televisive. Tutte le televisioni Rai, anche quelle tematiche, sono infatti
trasmesse in diretta anche online assieme a quelle del digitale terrestre e appositi canali
realizzati per il web.
Secondo gli esperti è questo il futuro della televisione, non il digitale terrestre che agli italiani è
costato milioni di euro di contributi pubblici.
La guerra dei grandi colossi editoriali intanto continua. Sul digitale terrestre e sul
satellite.
Come sempre, però, con il gioco delle tre carte tra i grandi big. Del resto la nascita del digitale
terrestre (Dtt) è servita proprio a questo: salvare da morte certa le tv generaliste, aumentare il
numero di canali, combattere il monopolio Sky. Come ha fatto Mediaset nel 2005, attivando il
primo servizio televisivo a pagamento d'Europa sul digitale terrestre.
Un grande successo: a novembre Mediaset premium ha raggiunto 3,4 milioni di abbonati.
Grazie alla collaborazione con Disney, Time Warner, Nbc Universal, Mediaset ha costruito una
piattaforma molto più limitata di quella del concorrente Sky, una decina di canali contro 100 (cui
si aggiungerà Italia2), ma a prezzi molto competitivi.
In più, anche grazie allo spegnimento per legge della tv analogica cui si aggiungono i contributi
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pubblici per i decoder, è accessibile a tutti.
Con questa operazione Berlusconi ha salvato il suo gruppo editoriale, rompendo il monopolio
Sky e rallentandone la crescita. Una ricetta che ora vuole esportare anche nella Penisola
Iberica. L'unico mercato estero in cui il Biscione è rimasto, dopo la fallita conquista dell'Europa
da parte di Canale 5.
L'ammiraglia Mediaset era infatti sbarcata in Francia nel 1986 (La Cinq), emittente oggi nelle
mani della tv pubblica d'Oltralpe, due anni dopo in Germania (Tele 5) e infine in Spagna nel
1989 con Telecinco. Oggi la Penisola Iberica è il mercato di riferimento estero di Mediaset.
Grazie a una legge approvata tre mesi fa dal governo socialista di José Luis Rodríguez
Zapatero, sulle fusioni tra gruppi editoriali, Cologno Monzese ha acquistato lo scorso 18
dicembre un secondo canale generalista (Cuatro) che diventerà simile a Italia 1 e il 22 per cento
della pay tv satellitare iberica (Digital +). Un affare da oltre un miliardo di euro.
A vendere è stato il Gruppo Prisa, editore de El País, sommerso dai debiti.
L'obiettivo di Mediaset è conquistare una posizione dominante anche sul digitale terrestre
iberico per «replicare anche in Spagna la strategia multicanale generalista e l'offerta integrata
free tv più pay tv già sperimentata in Italia».
In pratica mettendo assieme le piattaforme digitali dei due canali generalisti, Cologno Monzese
moltiplicherà i canali sul Dtt spagnolo facendo sbarcare anche a Madrid, Mediaset premium.
I player italiani non restano a guardare. Tentano di ritagliarsi un loro spazio, in segmenti
diversi.
La Rai, ridotto il buco di bilancio, dovrà razionalizzare i canali sul digitale terrestre.
Da qualche mese sono arrivati quelli Raisat, scesi dal satellite di Sky. Perdendo i quasi 60
milioni di euro l'anno che Murdoch pagava al servizio pubblico.
Nel riorganizzare l'offerta nascerà un secondo canale di sport, quello di cinema sarà fuso con
Raisat Extra, verrà rafforzato quello di storia dando spazio anche alle teche Rai e ne nascerà
uno nuovo di zecca dedicato agli stili di vita, un altro per l'alta definizione.
In tutto, compresi quelli esistenti, saranno tredici le tv digitali del servizio pubblico. Ma nessuna
rete sarà dedicata alla cultura. A differenza del resto d'Europa, Francia, Germania e Inghilterra
in primis, dove almeno due canali pubblici sono dedicati alla conoscenza.
Telecom, invece, dopo aver venduto nel 2008 agli svedesi di AirPlus il suo servizio a
pagamento Cartapiù, oggi diventato Dahlia, ha abbandonato il mercato delle pay tv e sta
puntando tutto sulla web tv. Il vero futuro della televisione.
Il gruppo de La7 resta invece sul satellite, brindando assieme a Rai e Mediaset per i grandi
risultati raggiunti dalla piattaforma Tivù sat che va a gonfie vele.
Un successo sopra le aspettative, quello di Tivù sat, con oltre mezzo milione di schede vendute,
rispetto all'obiettivo fissato a 300mila. La piattaforma offre sul satellite tutti i canali gratuiti del
digitale terrestre, senza costi di abbonamento: serve solo comprare la scheda. E in futuro,
nonostante i vertici Tivù sat lo smentiscano categoricamente, potrebbe ospitare anche i canali a
pagamento di Mediaset premium facendo concorrenza diretta a Sky.
Già la grande tv dello squalo Murdoch, fino a pochi anni fa unica televisione a pagamento
italiana. Oggi la terza più importante d'Europa, dopo Sky inglese e la nuova azienda nata in
Francia dalla recente fusione di Canal Plus e Tps, ex concorrenti.
Nonostante la concorrenza di Mediaset premium e Dahlia, continua ad andare bene. Nel 2009
con il suo fatturato ha superato sia Rai che Mediaset. È il primo gruppo televisivo italiano.
Anche se Sky non riesce a raggiungere 5 milioni di abbonati, nonostante sia partita due anni
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prima di Premium.
A conti fatti aumentano le disdette, sono più dei nuovi abbonamenti e per correre ai ripari Sky
punta tutto sull'alta definizione.
Ora anche Murdoch è entrato sul digitale terrestre con il suo nuovo canale generalista Cielo.
Il ministero ha provato a bloccarlo vista la norma che impedisce a Sky di andare sul Dtt fino al
2011. Ma alla fine ha dovuto cedere perché, tecnicamente, Murdoch è un fornitore di contenuti
per il gruppo L'Espresso.
Deejay tv è sommersa dai debiti e con un fatturato dimezzato in 12 mesi (da 20 milioni di euro
ai 10 del 2008) e così Carlo De Benedetti, anche con i soldi di Murdoch, sta rilanciando la
televisione della prima radio privata italiana sul Dtt.
Alessandro De Pascale da Terra
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