La produzione e la commercializzazione dei prodotti biologici

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La produzione e la commercializzazione dei prodotti biologici
 La produzione e la commercializzazione dei
prodotti biologici
Monica Sciarroni
Foro di Roma e‐mail [email protected] Riassunto
“L’agricoltura biologica è uno strumento tra i più importanti per ottenere prodotti di qualità compati‐
bili con l’ambiente” (Piano di azione Europea 2004). Da tali parole emergono pacificamente gli obiettivi che attraverso il metodo biologico si intendono perseguire, ovvero: la sostenibilità e la qualità della produzione agricola. Alla luce della preoccupa‐
zione destata da taluni fenomeni di inquinamento alimentare quali: BSE, latte radioattivo, polli alla diossina, il settore del biologico ha avuto una forte crescita in tutta Europa. Ciò in ragione della circo‐
stanza che viene considerato più sicuro, più genuino, è supportato, infatti, da un clima di sostanziale fiducia. Dacchè il consumatore è sempre più indirizzato verso tali prodotti che evocano la semplicità, il sapore dei piatti tradizionali e garantiscono il rispetto per l’ambiente. Il legislatore Europeo ha adottato una serie di atti e di normative al fine di disciplinare la produzione, la commercializzazione, il controllo e la presentazione degli alimenti biologici. In prima istanza si se‐
gnala il Reg. CEE 2092/1991, con il quale si è effettuato il riconoscimento ufficiale dell’agricoltura bio‐
logica. Siffatto Regolamento ometteva, però, di legiferare in materia di zootecnia, la cui normativa è stata introdotta successivamente. L’aumento esponenziale della produzione non convenzionale, non‐
ché la crescita del numero di produttori bio, ha comportato la formulazione di un nuovo Regolamento del Consiglio Europeo il n. 834/2007, già modificato dal Reg. CE 967/2008, con il quale si è inteso ride‐
finire la disciplina precedente. Allo scopo di ottimizzare lo sviluppo di questo settore, sempre più ri‐
volto a realizzare sistemi colturali sostenibili, la Commissione Europea ha approvato il Reg. CE 889/2008, recante modalità di applicazione del Reg. CE 834/2007 del Consiglio; e il Reg. CE 1235/2008, il quale detta norme precise riguardo l’importazione dei prodotti biologici provenienti da paesi terzi. Grande cura è diretta alla presentazione degli alimenti di cui si discute, allo scopo di una maggiore tu‐
tela del consumatore e degli scambi commerciali. Ciò risulta comprovato dal fatto che l’etichettatura e la pubblicità relative a tali prodotti possono riferirsi al metodo biologico soltanto a condizione che sia‐
no rispettate tutte le procedure e le prescrizioni della normativa comunitaria. È opportuno sottolineare che anche nell’ambito della ristorazione collettiva e di quella commerciale ha suscitato particolare interesse l’espansione del biologico, il quale ben si adatta a esigenze di educazio‐
ne alimentare e di promozione di campagne sanitarie indirizzate alla diffusione di pratiche nutriziona‐
li corrette e sane. Con il presente articolo si è esaminata la disciplina legislativa relativa ai prodotti biologici. In seguito si sono sviluppate alcune riflessioni inerenti alle modalità di produzione e di distribuzione dei stessi prodotti. 29 LA RIVISTA DI SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE, NUMERO IV, OTTOBRE-DICEMBRE 2011, ANNO 40
Introduzione
L’agricoltura biologica propone un modello di col‐
tivazione e di allevamento inteso alla valorizza‐
zione del suolo e alla produzione di prodotti senza l’uso di sostanze chimiche di sintesi (antiparassita‐
ri, diserbanti). Vige, altresì, il divieto di utilizzo di fattori transgenici e di radiazioni ionizzanti. Inve‐
ro, non sono previsti interventi con fungicidi, erbi‐
cidi, vengono usati esclusivamente elementi di ti‐
po organico, i quali risultano facilmente biodegra‐
dabili. Al riguardo l’assenza di erbicidi, di fitofar‐
maci permette di ottenere alcuni benefici nutrizio‐
nali. Ad esempio, secondo studi dell’INRAN, la mancanza di ormoni vegetali consente ai prodotti biologici di essere più poveri di acqua, di converso più ricchi di sostanze nutritive di cui l’organismo umano ha fortemente bisogno. Il primo assetto normativo relativo alla produ‐
zione biologica si deve al Regolamento CEE 2092/ 1991, il quale trae origine nell’ambito della rifor‐
ma della Politica Agricola Comune avvenuta in‐
torno agli anni ’90. Attraverso questo primo Re‐
golamento l’Unione Europea ha voluto uniforma‐
re la disciplina inerente al metodo biologico, pre‐
vedendo specifiche regole per la coltivazione e favorendo quanto più possibile le tecniche natu‐
rali. Successivamente è stato adottato il Reg. CE n. 1804/1998, oggi abrogato, il quale ha integrato per le produzioni animali il Reg. CEE 2092/1991, poiché quest’ultimo ometteva di regolare il setto‐
re della zootecnia biologica. Indubbia l’importanza del Regolamento del 1991 che ha il pregio di avere introdotto canoni comuni e criteri validi per tutto il territorio del‐
l’Unione Europea, in tal modo i consumatori han‐
no potuto avere la certezza e la sicurezza di ac‐
quistare prodotti conformi alle qualità e ai requi‐
siti previsti dalla legislazione comunitaria. Il notevole successo commerciale ottenuto da tali prodotti ha fatto emergere la necessità di re‐
visionare e di riformulare alcune norme relative alla produzione agro‐zootecnica. Il Regolamento CE 834/2007, in vigore dal 1 gen‐
naio 2009, abroga la precedente normativa e in‐
sieme al Regolamento di attuazione n. 889/2008, rappresenta il nuovo quadro legislativo, volto ad armonizzare l’intera disciplina sulla produzione 30 e sulla commercializzazione degli alimenti di cui si discute. Il Regolamento del 2007 trova applica‐
zione: per i prodotti agricoli, compresi quelli pro‐
venienti da acquacoltura, non trasformati o de‐
stinati all’alimentazione umana; per i mangimi; per il materiale di propagazione vegetativa e le sementi per la coltivazione; per i lieviti utilizzati come alimenti o come mangimi. Del pari non vengono considerati provenienti da produzione biologica i prodotti della caccia e della pesca rela‐
tivi ad animali selvatici. Dal punto di vista sog‐
gettivo il Regolamento si riferisce a qualsiasi ope‐
ratore che esercita attività inerente alla produ‐
zione, alla preparazione e alla distribuzione dei prodotti suindicati. Si precisa che non risultano, invece, assoggettate alle norme regolamentari le operazioni di ristorazione collettiva, peraltro vie‐
ne specificato “gli Stati membri possono applicare norme nazionali o, in mancanza di queste, norme pri‐
vate, sull’etichettatura e il controllo dei prodotti pro‐
venienti da operazioni di ristorazione collettiva nella misura in cui tali norme sono conformi alla normativa comunitaria” (art. 1 Reg. CE 384/2007). La ratio posta a fondamento del Regolamento è ben chiarita dal 5° considerando dello stesso: “è pertanto opportuno esplicitare maggiormente gli obiettivi, i principi e le norme applicabili alla pro‐
duzione biologica, in modo da favorire la traspa‐
renza, la fiducia del consumatore e una percezio‐
ne armonizzata del concetto di produzione bio‐
logica”. Va evidenziato che soltanto attraverso il rispet‐
to degli obiettivi, dei principi generali e di quelli specifici, l’adempimento delle “regole di produ‐
zione” e di tutte le prescrizioni poste in essere, nonché attraverso le certificazioni di conformità degli organi preposti, un prodotto può essere de‐
finito e qualificato come biologico. Premesso che gli obiettivi sono diretti sia al perseguimento di un sistema di gestione sosteni‐
bile, e sia all’ottenimento di prodotti di qualità al fine di rispondere alle esigenze dei consumatori, ai sensi dell’articolo 4 del Reg. 834 /2007, la pro‐
duzione biologica si basa sui seguenti principi generali: a) “la progettazione e la gestione appropria‐
te dei processi biologici fondate su sistemi ecologici che impiegano risorse naturali interne ai sistemi stessi con M. Sciarroni
metodi che: i) utilizzano organismi viventi e metodi di produzione meccanici; ii) praticano la coltura di vege‐
tali e la produzione animale legate alla terra o l’acqua‐
coltura che rispettano il principio dello sfruttamento sostenibile della pesca; iii) escludono l’uso di OGM e dei prodotti derivati o ottenuti da OGM ad eccezione dei medicinali veterinari; iv) si basano su valutazione del rischio e, se del caso, si avvalgono di misure di pre‐
cauzione e di prevenzione; b) la limitazione dell’uso di fattori di produzione esterni. Deve essere sottolineato, inoltre, che qualora si ricorra all’ uso di risorse esterne questo sia limi‐
tato: a fattori di produzione derivanti da metodi biologici provenienti da altre aziende agricole; a sostanze naturali o ottenute con sistemi naturali; infine, a fertilizzanti minerali a scarsa solubilità. Viene previsto l’utilizzo di risorse ottenute con sintesi chimica solo in casi eccezionali, come ad esempio nel caso non esistano le pratiche di ge‐
stione appropriate. Si è provveduto, altresì, ad adattare e a contemperare le norme che discipli‐
nano la produzione biologica alle diverse condi‐
zioni climatiche, culturali e sanitarie che diffe‐
renziano la struttura dell’Unione Europea. Gli articoli 5, 6 e 7 del Regolamento sopra ri‐
chiamato enunciano i “principi specifici” in tema di agricoltura e di trasformazione di alimenti bio‐
logici e di mangimi biologici. Si accenna breve‐
mente ad alcuni di essi riguardo l’agricoltura: a) mantenere e potenziare la vita e la fertilità naturale del suolo, la stabilità del suolo e la sua biodiversità, prevenire e combattere la compattazione e l’erosione del suolo e nutrire le piante soprattutto attraverso l’ecosistema del suolo; b) ridurre al minimo le risorse non rinnovabili e di fattori di produzione di origine esterna; (…) e) tutelare la salute degli animali stimo‐
lando le difese immunologiche naturali degli animali, nonché la selezione di razze e varietà adatte a pratiche zootecniche; f) tutelare la salute delle piante mediante misure profilattiche, quali la scelta di specie appropria‐
te e di varietà resistenti ai parassiti e alle malattie ve‐
getali, appropriate rotazioni delle colture, metodi mec‐
canici e fisici e protezione dei nemici naturali dei pa‐
rassiti. Proseguendo l’esame del Regolamento CE 834/2007, il titolo III dello stesso descrive i sistemi e le norme di produzione biologica agricola, ve‐
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getale e animale. Dapprima vengono stabiliti i divieti di uso di qualsiasi radiazione ionizzante per il trattamento degli alimenti e di qualunque tipo di organismo geneticamente modificato. Al proposito, attraverso l’affidamento alla normati‐
va relativa all’etichettatura, si consente agli ope‐
ratori del settore di controllare e di verificare il rispetto di tale divieto. Il sistema di produzione inerente al metodo biologico vegetale risulta connotato dalle seguen‐
ti caratteristiche: la gestione della fertilità del suolo, i trattamenti devono rispettarne la vita, altresì de‐
vono prevenire l’erosione, la compattazione e ac‐
crescere la biodiversità; la scelta delle specie e delle varietà; il riciclaggio delle materie organiche e le tecni‐
che colturali; la rotazione pluriennale delle colture e la concimazioni con materiali naturali di origine animale o con materia organica. Quest’ultimi, peraltro, pos‐
sono essere usati soltanto se siano autorizzati dalle buone pratiche biologiche (oltre al letame, es. alghe, torba, segatura e trucioli di legno, sale grezzo di potassio, zolfo elementare). La preven‐
zione dei danni causati dai parassiti e dalle ma‐
lattie è fondata su rimedi naturali. Si ricorre il meno possibile all’impiego di prodotti fitosanita‐
ri, il cui utilizzo è previsto solo nell’eventualità di un pericolo imminente che possa pregiudicare le colture. Di palmare evidenza che l’intera azienda agrico‐
la e tutti gli stadi del suo ciclo produttivo debbano essere improntati sul criterio e sul metodo biologi‐
co. Laddove gli operatori prevedano la coesistenza dei due tipi di produzione: la convenzionale e quella biologica, devono adoperarsi per mantener‐
le separate. Qualora, inoltre, l’operatore voglia at‐
tuare il passaggio da un’agricoltura convenzionale a una biologica, è necessario che trascorra il cosid‐
detto “periodo di conversione”, diverso per ogni tipologia di coltura, il cui decorso non può avere luogo prima della data della notifica dell’attività alle autorità competenti e, comunque, dopo aver effettuato i dovuti controlli. In merito alla produzione biologica animale, il metodo prevede espressamente che le fasi relati‐
ve all’allevamento siano effettuate in ottemperan‐
za alle norme di legge. Vengono, dunque, con‐
template regole inerenti: 1) l’origine degli animali, i 31 LA RIVISTA DI SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE, NUMERO IV, OTTOBRE-DICEMBRE 2011, ANNO 40
quali devono essere nati e allevati in aziende bio‐
logiche; 2) le pratiche zootecniche, si segnala il di‐
vieto di stabulazione fissa, sono esplicitate, altre‐
sì, norme specifiche riguardo la struttura delle stalle, dei recinti delle attrezzature al fine di evi‐
tare contaminazioni; 3) le misure speciali di preven‐
zione delle malattie, improntate ad elevare e a po‐
tenziare le difese immunologiche naturali; 4) la pulizia e la disinfezione che vanno effettuate con prodotti autorizzati dalla normativa; 5) i mangimi, i quali sono esclusivamente di origine biologica vige, invero, il divieto di qualunque tipo di ali‐
mento di origine animale. Ciò detto, nei successivi titoli IV e V del Rego‐
lamento in esame vengono indicate le prescrizio‐
ni relative all’etichettatura e al controllo dei pro‐
dotti biologici vegetali e animali. Nell’etichetta può essere usata la dicitura “bio‐
logico” soltanto se almeno il 95% degli ingredien‐
ti agricoli proviene dalla medesima produzione. Mentre riguardo gli ingredienti biologici presenti nei prodotti trasformati, questi possono essere in‐
dicati come “biologici” nell’elenco dei stessi in‐
gredienti e nella denominazione di vendita a con‐
dizione che siano stati realizzati secondo i detta‐
mi legislativi. Dal 1 luglio 2010 nell’etichetta viene riportato anche il nuovo logo di produzione biologica Eu‐
ropea, denominato Euro‐leaf, al quale viene af‐
fiancata l’ulteriore indicazione “Agricoltura UE”, oppure “Agricoltura non UE”. Merita un accenno il Decreto del MIPAF del 28.05.2010 “Modifica del decreto del 27.11.2009 n. 18354 sulle “Disposizioni per l’attuazione dei Regolamenti (CE) n. 834/2007, n. 889/2008, n. 1235/2008 e successive modifiche riguar‐
danti la produzione biologica e l’etichettatura dei pro‐
dotti biologici”, che ha sancito l’obbligatorietà del‐
la menzione in etichetta del numero del codice dell’organismo di controllo, preceduto dal termi‐
ne “bio” e dalla sigla “IT”, altresì ha statuito che su tutti i prodotti preconfezionati venga inserito anche il nome e la ragione sociale dell’operatore che ha realizzato la produzione più recente. Il controllo sul rispetto dei requisiti e delle normative al fine della qualificazione di un pro‐
dotto come biologico risulta essenziale in ragione delle numerose attività di produzione, di prepa‐
32 razione e di commercializzazione che accompa‐
gnano tutte le fasi del processo di filiera. L’art. 27 del Regolamento del 2007 stabilisce l’istituzione di un sistema di controllo da parte degli Stati membri “in conformità del Reg. 882/2004”, il quale è rivolto a prevenire eventuali rischi per la salute umana e a garantire la correttezza degli scambi commerciali. In Italia la disciplina di rife‐
rimento è quella stabilita dal D.Lgs. n. 220/1995 che riconosce al MIPAF il ruolo di “Autorità pre‐
posta al controllo e al coordinamento delle attivi‐
tà amministrative e tecnico scientifiche inerenti l’applicazione della regolamentazione comunita‐
ria in materia di agricoltura biologica”. Il Mini‐
stero opera attraverso un Comitato di Valutazio‐
ne sugli Organismi di Controllo a cui è attribuito il compito di esprimere pareri riguardo le auto‐
rizzazioni relative ai stessi organismi, nonché sul‐
la loro revoca. L’Autorità può, infatti, delegare i compiti di verifica e di esame ad organismi ac‐
creditati che certificano e attestano il rispetto dei parametri e delle condizioni di legge. Ferma restando, però, la competenza esclusiva della medesima Autorità in materia di supervi‐
sione e di delega. Il procedimento attinente i con‐
trolli segue una procedura standardizzata, inizia con la notifica dell’avvio di attività da parte di tutti gli operatori del settore, i quali sono tenuti ad assoggettarsi al relativo regime. Sono esonera‐
ti dall’obbligo della notifica soltanto coloro che “ rivendono i prodotti agricoli ottenuti con il me‐
todo biologico al consumatore in imballaggio preconfezionato e pre‐etichettato e che non li pro‐
ducono, non li preparano, li immagazzinano solo in connessione con il punto vendita ovvero non li importano da un Paese terzo”(Decreto MIPAF del 07.07.2005). Di regola i controlli e le verifiche sono effettuati almeno una volta l’anno, tuttavia la loro cadenza può essere aumentata in base alla valutazione del rischio di irregolarità e di infra‐
zioni. Qualora vengano constatate delle non con‐
formità si esegue il procedimento di “declassa‐
mento” delle singole partite interessate, pertanto le stesse non possono essere più commercializza‐
te e presentate con l’indicazione di prodotti bio‐
logici. Laddove l’infrazione venga ripetuta o sia più grave si può giungere anche al divieto asso‐
M. Sciarroni
luto di produzione nei confronti dell’operatore. A seguito di controlli sempre più pressanti, negli ultimi anni ha avuto luogo un intensificarsi della repressione delle pratiche commerciali sleali aventi ad oggetto prodotti falsamente biologici. A tale proposito appare significativa la sentenza della Cassazione Civile n. 6234/2009, la quale re‐
cita: “in tema di confezionamento e di pubblicità degli alimenti, costituisce violazione dell’art. 2 D.lgs. 27 gennaio 1992 n. 109 (disciplina nazionale orizzontale sull’etichettatura alimentare), la produzione e vendita di prodotti alimentari vegetali, provenienti da agricol‐
tura convenzionale, con un marchio registrato, recante il suffisso “bio”, idoneo ad indurre in errore il consu‐
matore sull’origine biologica degli prodotti”. Un breve accenno merita la disciplina relativa all’importazione dei prodotti biologici che risulta regolata dagli articoli 32 e 33 del Regolamento del 2007, in seguito è stata integrata dalle dispo‐
sizioni del Reg. CE 1235/2008. L’immissione di tali prodotti sul mercato del‐
l’Unione Europea è subordinata alla conformità di tutti i requisiti previsti, oltreché dalla regolari‐
tà della documentazione richiesta per l’operatore. Nell’ipotesi, invece, di prodotti giudicati equi‐
valenti devono essere fornite apposite garanzie da parte del Paese terzo, oppure le stesse devono essere certificate da organismi di controllo co‐
munitari; dacché vengono iscritti nell’apposito elenco dei Paesi terzi a cui è stato conferito il ri‐
conoscimento a seguito della procedura di legge. Discussione e Conclusioni
La distribuzione e la produzione di alimenti e di prodotti biologici è ormai sempre più diffusa, rappresenta uno dei pochissimi settori in espan‐
sione, ottenendo, altresì anche un vasto consenso da parte dei consumatori. In guisa di ciò, secondo un’analisi condotta dalla Coldiretti su dati Ismea Ac Nielsen, nel 2011 gli acquisti di siffatti prodot‐
ti da parte degli Italiani sono aumentati di circa l’11,5%, ponendo alla luce, pertanto, il netto con‐
trasto con il generale calo dei consumi. Un dato incontestabile, considerando che il nostro Paese mantiene il primato in Europa per il numero de‐
gli operatori certificati che svolgono la propria La produzione e la commercializzazione dei prodotti biologici
attività secondo il metodo biologico. Si sottolinea che risultano quasi 50.000 produttori che coltiva‐
no il bio su un milione di ettari di terreno. L’agricoltura biologica, oltre a essere suffragata da una rigida normativa nazionale e comunitaria, è sottoposta a severi controlli. Entrambi gli aspetti garantiscono al consumatore la riscoperta di pro‐
dotti genuini, sani con forti connotati tradizionali. Nonostante l’incremento della produzione e della commercializzazione, tuttavia, si palesa un dato rilevante, ovvero: il prezzo del prodotto bio‐
logico è ancora piuttosto alto. Ciò è dovuto a co‐
sti di realizzazione maggiori rispetto ai prodotti convenzionali, in ragione dell’onere rappresenta‐
to dalla certificazione, dell’esigenza di strutture logistiche atte ad assicurare la separazione dei processi di produzione e anche della necessità della distribuzione con canali appositamente de‐
dicati. Tali fattori influiscono in maniera deter‐
minante sul prezzo del prodotto finale. Al fine di favorire la commercializzazione e adeguare que‐
st’ultima alle esigenze economiche dei consuma‐
tori, soluzione appropriata è apparsa quella di promuovere la filiera corta. Attraverso tale filiera si auspica di ottenere un prezzo finale più van‐
taggioso per il consumatore, “accorciando” il nu‐
mero degli operatori commerciali presenti lungo tutto il processo che accompagna il prodotto “dal campo alla tavola”. Un sistema, dunque, diretto al contenimento dei prezzi e al contempo a man‐
tenere inalterati i requisiti e gli standard propri del metodo biologico. La filiera corta è un modello di distribuzione e di produzione che prevede un rapporto immedia‐
to e diretto tra produttori e consumatori, con il chiaro intento di privilegiare l’impiego e l’acquisto di prodotti locali e, quindi, incentivare lo sviluppo di alcune zone rurali. Non deve essere trascurata, inoltre, la particolare attenzione verso i produttori di piccole e medie imprese, troppo spesso fuori dal circuito della grande distribuzione. Il modello trova larga diffusione proprio nel‐
l’ambito dell’agricoltura biologica, offre, infatti, molteplici soluzioni di gestione commerciale allo scopo di diminuire i costi che a tutt’oggi, si riba‐
disce, rappresentano il maggiore impedimento all’ulteriore ampliamento del settore. 33 LA RIVISTA DI SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE, NUMERO IV, OTTOBRE-DICEMBRE 2011, ANNO 40
Il Piano di Azione Europea per il biologico del 2004, già richiamato in precedenza, manifesta chia‐
ramente gli scopi verso cui è orientato e, nel‐
l’indicare i mezzi per il loro raggiungimento, un ruolo preponderante viene attribuito al sistema della filiera corta: “la diffusione delle forme di filiera corta mira infatti da un lato ad accrescere la disponibili‐
tà di prodotti biologici, rendendone più capillare la pre‐
senza sul mercato, dall’altro a migliorare l’informazione, visto che i consumatori Europei sono bene informati sui principi e sui benefici dell’agricoltura biologica”. Particolare interesse suscitano le diverse tipo‐
logie di filiera corta, tra le quali distinguiamo: • Vendita diretta aziendale; • Mercatini; • Gruppi di acquisto; • Vendita di prodotti on‐line; • Cooperative di consumo. Senza dubbio la principale forma di filiera corta è la vendita diretta aziendale che si verifica qualora il produttore decida di aprire nella propria azien‐
da uno spaccio per la compravendita dei prodotti. Nel settore del biologico tale fattispecie investe prettamente nei prodotti freschi, poiché il produt‐
tore riesce a mettere in risalto le stagionalità. Ap‐
pare chiaro che tale schema presenta anche alcuni aspetti sfavorevoli, si cita a esempio: la localizza‐
zione e l’ubicazione delle aziende in campagna. Non sempre, infatti, per i consumatori è possi‐
bile raggiungere le località extraurbane, le quali possono essere situate in zone non facilmente ac‐
cessibili. Per ovviare a simili inconvenienti nume‐
rose aziende si avvalgono della vendita on‐line per distribuire e per presentare i propri prodotti. Ciò risulta di grande praticità per il consumatore, ma determina il venir meno del contatto diretto con il produttore che predispone un sito e un ca‐
talogo sul web attraverso il quale si possono co‐
noscere i prodotti e procedere all’acquisto. Un ulteriore esempio di “accorciamento” della fi‐
liera di vendita si rinviene nel Gruppo di acquisto. Quest’ultimo è composto da organizzazioni di consumatori che in via informale decidono di rag‐
grupparsi e di acquistare la merce direttamente dal produttore o da alcuni produttori associati (piattaforme), senza alcuna intermediazione di al‐
34 tri operatori e usufruendo, così, di un notevole ab‐
bassamento del prezzo. Nondimeno, l’obiettivo non è soltanto ottenere un sensibile calo del prez‐
zo, ma vengono considerati anche aspetti etici e sociali come: la tutela dell’ambiente, lo stretto le‐
game territorio‐prodotto, la valorizzazione delle colture tradizionali. Ai produttori, inoltre, viene assicurato il riconoscimento del giusto prezzo di vendita, scongiurando il pericolo che le grandi or‐
ganizzazioni commerciali possano rivendicare condizioni a loro più favorevoli. Le modalità operative del gruppo di acquisto sono semplici: i partecipanti stilano una lista di prodotti che intendono acquistare collettivamen‐
te, in seguito viene compilato un ordine basato sulla predetta lista. L’ordine è trasmesso da parte del capo‐gruppo al produttore, il quale provvede alla consegna delle merci richieste. Diversa articolazione hanno le Cooperative di consumo, le quali sono costituite da soci consu‐
matori che intendono, essi stessi, fornire i prodot‐
ti agli altri soci a un prezzo conveniente. Il contenimento del prezzo è reso possibile dal contatto diretto tra produttori e consumatori, an‐
che in questo caso, senza alcuna intermediazione di ulteriori operatori commerciali. La natura di cooperativa permette di realizzare, altresì, lo sco‐
po mutualistico di garantire ai soci il migliora‐
mento della qualità della vita, garantendo i servi‐
zi previsti dallo Statuto e realizzando una siner‐
gia tra i produttori e i consumatori. Appare evidente il carattere professionale della Cooperativa di consumo rispetto al Gruppo di acquisto che opera con lavoro in prevalenza vo‐
lontario e non retribuito. Da ultimo, si registra un forte sviluppo dei mer‐
catini di prodotti biologici con cadenza settimana‐
le o mensile, anche in abbinamento a mercati agri‐
coli di vendita diretta convenzionale. Il mercatino consente di conoscere le caratteristiche degli ali‐
menti biologici in modo chiaro e immediato. A tale proposito si sottolinea che l’aspetto della comunicazione delle prerogative e degli obiettivi dell’agricoltura biologica è un elemento di essen‐
ziale importanza, poiché attraverso alcune attivi‐
tà legate alla loro promozione si sono sviluppati progetti di educazione alimentare e ambientale. M. Sciarroni
In virtù di quest’ultima considerazione i pro‐
dotti di cui ci occupiamo sono visti con favore anche nell’ambito della ristorazione commerciale e collettiva. Si pongono, tuttavia, delle problema‐
tiche rispetto alle generali difficoltà economiche che possono verificarsi. Gli operatori del settore della ristorazione che investono nel biologico, in‐
fatti, sono chiamati a sopportare costi e attività di gestione superiori rispetto a coloro i quali pro‐
pongono prodotti convenzionali. Il fattore del‐
l’economicità rappresenta una grave criticità per l’inserimento dei prodotti bio nella ristorazione. La soluzione potrebbe trovarsi, a parere di chi scrive, attraverso: la rivisitazione e la riorganiz‐
zazione dei servizi, la scelta di prodotti di cui si ha una maggiore disponibilità, la programma‐
zione di menù adeguati, nonché il potenziamento delle produzioni locali. Tutto ciò al fine di dimi‐
nuire i costi e realizzare un vantaggio economico, permettendo, così, di investire in maniera concre‐
ta e più diffusa nel biologico e nella filiera corta Si segnala che la Legge 488/1999 per assicurare la promozione della produzione agricola biologi‐
ca all’articolo 59, n. 4 impone agli Enti e alle Isti‐
tuzioni scolastiche e ospedaliere di introdurre nelle loro mense l’utilizzo di prodotti biologici, di quelli tipici e tradizionali, nonché di quelli a de‐
nominazione protetta. Particolare cura è rivolta alle mense scolastiche, i cui capitolati di appalto dovrebbero avere come scopo primario il perse‐
guimento di un equilibrio tra le risorse finanzia‐
rie e gli standard qualitativi. Purtroppo, però, i capitolati non sempre risultano di facile lettura, difettano di chiarezza e comprensibilità, sono ca‐
ratterizzati dalla superficialità nell’analisi della fattibilità e della sostenibilità. Ciò si evidenzia, soprattutto riguardo le modalità di reperimento e di offerta delle materie prime. Tuttavia la prati‐
cabilità del biologico è possibile, vi sono, infatti, esempi eccellenti. Le mense scolastiche del Comune di Roma ser‐
vono circa 150.000 pasti al giorno, i cui menù sono realizzati in gran parte con prodotti bio (circa il 70%). Il contratto di appalto per la ristorazione scolastica del Comune di Roma risulta essere il più consistente per il reperimento e per l’ approvvi‐
gionamento del biologico sull’intero territorio na‐
La produzione e la commercializzazione dei prodotti biologici
zionale. Di conseguenza si è verificata la crescita della richiesta di tali prodotti, portando a orientare e a incentivare il mercato verso la conversione dei prodotti convenzionali. Di non minore importanza la circostanza che l’introduzione del biologico in così grande quantità nelle mense scolastiche del Comune di Roma ha aumentato il costo medio del pasto solo del 1,5%. Il ricorso a tali prodotti ha permesso, altresì la promozione di programmi e di percorsi di educazione alimentare rivolti sia agli studenti e sia agli addetti ai servizi di ristorazione presenti nelle strutture scolastiche. Sulla scorta dell’esempio fornito dal Comune di Roma, molti altri comuni sono divenuti i principali acquirenti di prodotti biologici per le mense scolastiche, evi‐
denziando il fatto che l’uso di prodotti bio in grandi quantità è in grado di movimentare il mer‐
cato e di ampliare alcune realtà locali, incidendo poco sul prezzo finale del pasto. Oltre alle iniziative promosse dagli Enti pub‐
blici al fine dell’introduzione di prodotti biologici nei servizi di ristorazione collettiva, la distribu‐
zione di tali prodotti viene effettuata anche nel‐
l’ambito della ristorazione commerciale, seppure in maniera più marginale. I ristoranti che pro‐
pongono la cucina biologica hanno registrato, se‐
condo dati della Coldiretti, un incremento del 24% nel biennio 2008/2010. Dall’analisi dei dati sopra descritti emerge la tendenza all’aumento della richiesta di prodotti biologici che dovrebbe, quindi, incentivare ad in‐
vestire sui stessi. Si manifesta, dunque, un nuovo modello di consumo basato sull’agricoltura bio‐
logica, la quale, esaltando la qualità, la sicurezza, la sostenibilità ambientale, contribuisce a rappre‐
sentare dei valori aggiuntivi di cui i consumatori ancora non hanno piena consapevolezza. Il con‐
sumatore, infatti, dovrebbe essere maggiormente informato sul metodo di produzione biologico, sull’origine dei prodotti, in ragione di ciò ben po‐
trebbe comprendere che le imprese agricole che praticano tale metodo risultano onerate di ulte‐
riori costi per rispettare le normative di settore, da qui le problematiche legate al fattore‐ prezzo. Appare chiaro che il nuovo modello di consumo debba essere necessariamente accompagnato an‐
che da sistemi di distribuzione innovativi e di‐
35 LA RIVISTA DI SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE, NUMERO IV, OTTOBRE-DICEMBRE 2011, ANNO 40
namici. La risposta più efficace senza dubbio pro‐
viene dal canale di distribuzione della filiera cor‐
ta che, essendo caratterizzato dalla diminuzione dei numerosi passaggi commerciali, permette di ottenere un buon abbattimento del prezzo e un coinvolgimento maggiore dei piccoli produttori agricoli e dei consumatori. Bibliografia
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