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Osservatorio Fillea Grandi Imprese e Lavoro Newsletter Costruzioni e Grandi Imprese Note di approfondimento ed informazione sull’industria delle costruzioni 13 – 20 marzo 2015 a cura di Alessandra Graziani1 e Giuliana Giovannelli2, Centro Stu di Fillea Cgil I commenti della settimana Economia Migliora il clima di ottimismo sulla ripresa in atto. In lieve ripresa la produzione nelle costruzioni a gennaio. Legislazione Dissesto idrogeologico. Firmato decreto del Ministero Infrastrutture per la ripartizione di 50 milioni alle Regioni. Sblocca Italia. Pubblicato il Decreto che stanzia 100 milioni di euro per nuove opere infrastrutturali nei piccoli comuni Grandi imprese Un 2014 in crescita per Salini Impregilo, un 2015 che continua a collezionare commesse (estere). Nel cemento, offerta di Buzzi Unicem per rilevare Sacci. Le notizie della settimana Congiuntura: Fondi ue: Legno edilizia: infrastrutture: grandi opere: la spesa al Sud frenata dai lavori pubblici (Il Mattino, 13.03.15) si conferma campione della bioedilizia (Affari&Finanza, 16.03.15) investimenti a -30% (Edilizia e Territorio, 16.03.15) 4 arresti e 47 indagati per gestioni illecite (Milano Finanza, 17.03.15) Grandi imprese delle costruzioni: Salini Impregilo: Edimo: Sacci: Cementir: Holcim Lafarge: Coop Costruzioni: Salini Impregilo: Buzzi Unicem: Italcementi: costruisce in Etiopia la diga che supera Assuan (La Stampa, 13.03.15) fallimento, operai da mesi senza stipendio (Il Centro, 16.03.15) rischiamo il collasso del territorio (Il Resto del Carlino, 16.03.15) corsa contro il tempo per il rinnovo Cigs (Taranto Oggi, 16.03.15) in bilico l’accordo (Milano Finanza, 17.03.15) 200 esuberi (Il Sole 24 Ore, 17.03.15) assume in Italia, dividendo atteso al 20% utili (Il Sole 24 Ore, 18.03.15) offerta per Sacci (Corriere Adriatico, 19.03.15) il cemento bidinamico innovazione per il Padiglione Italia (Avvenire, 20.03.15) Rapporti e studi: Cerved: Prometeia: Istat: meno imprese nella rete dei protesti (Il Sole 24 Ore, 16.03.15) nuovi mercati in edilizia; prospettive a medio termine (sito infobuild, 16.03.15) produzione nelle costruzioni, gennaio 2015 (Comunicato Istat, 18.03.15) Eventi: Made Expo 2015, Milano Fiera Rho Pero, 18-21 marzo 2015 Congiuntura Fondi Ue (13.03.15): Un paradosso, tanto evidente quanto irrimediabile almeno per ora. Se la spesa dei fondi europei ha marciato a rilento nel Sud, dove peraltro l'accelerazione (come nel caso della Campania) è stata evidente negli ultimi mesi, non è solo colpa delle Regioni e degli enti locali in generale. Fermi restando inadempienze politicoamministrative, errori procedurali e lentezze burocratiche di ogni tipo - che la stessa Ue ha più volte riconosciuto e sottolineato - c'è un dato che pesa più di quanto finora è stato considerato. È il ricorso massiccio ai lavori pubblici nell'utilizzo dei fondi strutturali di Bruxelles. Per recuperare il gap rispetto alle aree più sviluppate del Paese, le Regioni hanno puntato su opere infrastrutturali di importi considerevoli: con la conseguenza che i tempi di realizzazione (e dunque di spesa dei soldi europei) si sono inevitabilmente allungati visto che in media occorrono non meno di 8 anni in Italia per portare a termine un'opera al di sotto dei 50 milioni di euro e 10 anni per quelle superiori ai 100 milioni di euro, con un aumento di circa 3 anni della media al Sud per entrambe le categorie. E il paradosso? Eccolo spiegato: non avendo potuto utilizzare i finanziamenti nazionali per lavori pubblici e infrastrutture di prim'ordine (basti pensare ai progetti dell'Anas o a quelli delle Ferrovie dello Stato), Regioni e Comuni hanno dovuto «forzatamente» attingere ai 1 2 politiche [email protected] [email protected] fondi Ue che, al contrario, avrebbero potuto essere destinati a progetti meno impegnativi e, dunque, essere spesi in tempio molto più celeri. A smentire l'ennesimo luogo comune circa presunte responsabilità «tutte meridionali» nei ritardi della spesa Ue (limitatamente ai fondi della programmazione 2007-2013) è uno studio dell'economista Gianfranco Viesti per conto della Fondazione Res. Dalle comparazioni tra regioni e tipologie di progetti, emerge intanto che non c'è una grossa differenza nell'avanzamento della spesa per lavori pubblici tra centro nord e Mezzogiorno. Nel senso che l'ingranaggio che sovrintende alle opere pubbliche è più o meno analogo in tutte le aree del Paese. Ma è, come detto, la tipologia a fare la differenza: «Rispetto al totale, al centro nord sono molto più importanti l'acquisto o la realizzazione di servizi (44,5% contro il 24,6% del Sud) e la concessione di incentivi a imprese e di contributi ad altri soggetti; nel Mezzogiorno al contrario, metà degli interventi riguarda lavori pubblici contro il 20% del Centro nord. Con questa disaggregazione - si legge nello studio - emergono significative differenze anche tra le regioni del Sud: il peso dei lavori pubblici è particolarmente alto in Campania e in Sicilia mentre in Puglia e soprattutto in Calabria è molto alto il peso degli incentivi alle imprese». Sono i dati Open Coesione, il portale che segue l'andamento della spesa pubblica in Italia, a determinare questo quadro. Da essi emerge che nelle regioni in cui si registrano i principali ritardi nella spesa per lavori pubblici sono quelle in cui si manifesta anche un ritardo negli impegni. E che, a complicare la situazione, è intervenuto anche il ritardo con il quale i programmi convergenza (quelli che appartengono alle regioni meridionali) sono partiti rispetto a quelli delle regioni competitività (anche se, come detto, un certo recupero si è poi verificato). Il tutto in un contesto caratterizzato dalla riduzione del contributo pubblico, confermata in maniera evidente dal taglio fino a un minimo del 25% dei fondi di co-finanziamento nazionale per Sicilia, Calabria e Campania. Una sforbiciata, va ricordato, alla quale finora non è corrisposto nulla: del fondo parallelo promesso dal governo perché la spesa delle risorse non prendesse strade diverse da quella originaria (ovvero, le tre Regioni) non c'è ancora traccia. Torniamo ai tempi di realizzazione dei lavori pubblici. Dallo studio di Viesti si ricava che già le opere «di importo superiore ai 5 milioni di euro abbiano durate difficilmente compatibili con i cicli settimanali di spesa dei fondi comunitari, avendo tempi medi di completamento di 7,7 anni. Ma l'ultimazione dei lavori - fa notare l'economista - non significa completamento della spesa. Dai dati Open- Coesione e Bankitalia emerge infatti che alla chiusura dei cantieri resta ancora da spendere in madia il 28% del costo totale delle opere: e ciò sia per ritardi di ulteriori forniture e collaudi sia per i tempi di pagamento finali e per la gestione delle economie fino ad allora maturate. «Questa quota ancora da spendere - fa notare Viesti – è maggiore nel Mezzogiorno». (…) (Nando Santonastaso) Legno edilizia (16.03.15): L’industria immobiliare riparte dal mattone sostenibile. E al posto del vecchio laterizio ci sono blocchi di paglia e legno, canapa e vetro riciclato. Il tutto dipinto da pitture ecologiche. La casa ecologica a impatto zero non è più solo un sogno per ambientalisti. Ma un mercato in ascesa che sta stimolando tutta la filiera dei produttori di nuovi materiali per la bioedilizia. Secondo il Transparency Market Research report, il mercato globale del "green building" vale oggi più di 105 miliardi di dollari, un'industria della sostenibilità che viaggia a tassi di crescita annuale del 19% e che nel giro di 5 anni potrebbe generare un fatturato superiore a 200 miliardi. Cellulosa, lane di vetro e fibre vegetali sono alla base di molteplici applicazioni: dall'isolamento termico (circa il 21% del mercato), alle finiture di interni, ai tetti e alle vernici. Il risultato è un risparmio netto per i proprietari delle case di oltre il 20% in bolletta e insieme un taglio netto alle emissioni di Co2, visto e considerato che, solo nel nostro paese, i consumi energetici degli edifici incidono per il 40 per cento nella spesa energetica. Stando ad un'indagine promossa da Enea, ICom e Fiaip sull'andamento del mercato immobiliare osservato dal punto di vista dell'efficienza energetica, le compravendite di immobili di pregio in classi superiori (A + e A) sono in aumento del 10%, rispetto al 6% del 2013. Calano del 6% le transazione degli appartamenti ristrutturati, un segnale che sull'usato le certificazione non hanno lo stesso riscontro dí fiducia del nuovo. Tra i materiali che stanno godendo di maggior fortuna in questi anni spicca su tutti il legno. Sostenibilità ambientale, risparmio energetico e rapidità nei tempi di costruzione: questi gli asset assicurati dal più antico dei materiale dí costruzíone. In tutto il mondo ci sono i progetti ambiziosi, come il grattacielo che conta di scalare il cielo fino a 84 metri d'altezza firmato da Rudiger Lainer e che sorgerà nella zona Seestadt Aspern di Vienna. La Rothoblass di Bolzano promette di costruire un edificio sicuro in legno di 20 piani, 10 più del limite conosciuto a livello mondiale (il grattacielo australiano Forte Building a Melbourne). Ma al di là dei grandi cantieri, in Italia, si prevede un incremento delle costruzioni in legno del 15% per il 2015, superando di gran lunga lo 0,5% del 2008 ed il 6% del 2014. Lo quota di mercato degli immobili residenziali in legno in Italia oggi è del 2,8%, quella degli edifici dell'8,5%. E il Triveneto è un po' il regno di questo fenomeno: dove i permessi a costruire per unità abitative in legno in queste tre regioni sono state nel 2013 il 19% del totale e addirittura il 34% per gli edifici in legno. In totale il numero di abitazioni in legno è passato dalle 2.424 del 2008 alle 2.473 dello scorso anno, mentre le proiezioni al 2018 arrivano a 2.621 unità. Nei materiali biocompositi spiccano i "mattoni naturali" di canapa-calce (a Pisa è stata costruita la prima casa passiva in questo materiale) in grado di garantire un ottimo isolamento termico ed acustico; i mattoni in vetro riciclato da vecchi televisori (il progetto Glassplus promosso da Remedia) e mattoni realizzati a partire dalle plastiche. Grazie al riciclo, la sostenibilità può essere centrata utilizzando ogni tipo di materiale, basti pensare al grattacielo di vetro e acciaio della Bank of America, costruito con cemento fatto con le scorie derivanti dalle acciaierie, vetri isolanti da pavimento a soffitto, ricoperti da materiali innovativi che bloccano il 55% del calore della radiazione solare. Bezed, un quartiere della periferia di Londra, è il primo insediamento a zero emissioni di co2, 87 case e 17 appartamenti, realizzati con materiali di recupero: il 60% dei mattoni è fabbricato sul posto, il legno proviene da foreste sostenibili, il ferro da una stazione ferroviaria demolita, e sotto il manto stradale ci sono vecchie bottiglie frantumate che garantiscono il drenaggio dell' acqua piovana. Sul fronte delle vernici la ricerca ha fatto passi da gigante. Le pitture tradizionali sono spesso molto inquinanti contenendo composti organici volatili, le cui principali fonti di emissione sono appunto colle, adesivi, solventi. L'ultima innovazione è "autopulente" e arriva da un materiale, messo a punto da ricercatori dell'Imperial College di Londra: si tratta di una speciale vernice realizzata con nanoparticelle rivestite di biossido di titanio, che conferisce la capacità a un gran numero di oggetti la capacità di essere repellenti allo sporco. Le pitture naturali in commercio sono moltissime e altrettanti sono player italiani del mercato, come Solas (appena premiata al Bioenergy per l'impegno nella chimica verde), Durga e Auro Italia. In listino ci sono vernici di tutti i tipi: da quelle all'acqua e respiranti, fino a quelle ricavate da materie prime naturali come olio di lino e di girasole, il grasso di cocco e scorze di agrumi. Il comparto è tra i più promettenti perché ha applicazioni che vanno oltre l'edificio e la casa, raggiungendo i settori dell'automotive e dell'industria manifatturiera. L'anno scorso, la domanda di vernici green, stando al report di Markets and Markets, ha prodotto un giro d'affari di circa 64 miliardi di dollari. (Christian Benna) infrastrutture (16.03.15): La frenata degli investimenti sulla rete autostradale esistente (raccordi, terze corsie, manutenzione straordinaria) è proseguita anche nel 2014. Dai due miliardi di spesa effettiva nel triennio 2010-2012, il valore è sceso a 1.631 milioni nel 2013 e poi ancora a 1.470 mln nell'anno appena concluso. Il ministero delle Infrastrutture non ha voluto darci i dati dettagliati delle singole società, ma dalle bozze di bilancio 2014 dei due principali gruppi si vede che buona parte del calo si deve alla rete Aspi e controllate (78 milioni in meno nel 2014, in due anni crollo da 1.2(H0 a 774 milioni) e al Gruppo Gavio (40 milioni in meno nel 2014, in due anni da 283 a 223 milioni). La frenata di Autostrade. in particolare. si deve all'approssimarsi della fine dei lavori sulla variante di valico (apertura annunciata per la fine di quest'anno) e per la terza corsia A14. mentre è sempre bloccato il maxi-progetto della Gronda e restano per ora nel cassetto, dopo la riduzione del traffico nel periodo 2011-2013, i dodici progetti di terze e quarte corsie per un totale di cinque miliardi di euro. Nel Gruppo Aspi è però rientrata al 99% di azioni la Sat (autostrada Tirrenica) e l'uscita dei costruttori sembra favorire una nuova ipotesi progettuale "low cost" e dunque l'avvio dei lavori sulle tratte principali nel 2016 (sempreché. però, l'Italia riesca a convincere Bruxelles che la messa in gara di tutti i lavori è sufficiente a garantire la concorrenza). In ballo ci dovrebbero essere 1,5-1,8 miliardi di euro di investimenti. (…) (Alessandro Arona) grandi opere (17.03.15): Grandi opere ancora nel mirino in Italia, con nuove indagini per gestioni illecite che hanno portato ieri all'arresto di quattro persone, mentre altre 47 sarebbero indagate. I carabinieri hanno emesso un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Ercole Incalza, ex capo della Struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture (in pensione dal dicembre scorso), degli imprenditori Stefano Perotti e Francesco Cavallo e di Sandro Pacella, collaboratore di Incalza. Tra i reati contestati ci sono corruzione, induzione indebita e turbata libertà degli incanti. Secondo l'accusa c'era «un articolato sistema corruttivo che coinvolgeva dirigenti pubblici, società aggiudicatarie degli appalti e imprese esecutrici dei lavori». Sono state eseguite oltre 100 perquisizioni, che hanno interessato, tra gli altri, uffici della struttura di missione presso il ministero delle Infrastrutture, della Rfi, dell'Anas International Enterprises, delle Ferrovie del Sud-Est, del Consorzio Autostrada Civitavecchia-Orte-Mestre, dell'Autostrada regionale Cispadana e dell'Autorità portuale Nord Sardegna. Nel mirino degli inquirenti, gli appalti delle più importanti tratte dell'Alta velocità del Nord e Centro Italia e di numerose altre grandi opere, con importi gonfiati fino al 40%: le indagini sono partite nel 2013 per accertare presunti illeciti nella gestione degli appalti per la realizzazione del Nodo Tav di Firenze e del sotto-attraversamento della città. Gli investigatori avrebbero documentato gli «stretti rapporti» esistenti tra Incalza e l'ingegner Perotti, ritenuto «figura centrale dell'indagine», a ratore capo di Firenze Giuseppe Creazzo, secondo cui «Perotti affidava consulenze ben retribuite a Incalza». Nell'ordinanza di custodia, il Gip di Firenze disegna una rete fittissima di favori, consulenze e compensi con «protagonisti principali» l'ingegner Perotti, capace di concentrare su di sé un gran numero di direzioni lavori, e Incalza, «in grado di condizionare il settore degli appalti pubblici da moltissimi anni». Ercolino, come lo chiama confidenzialmente al telefono un ex alto dirigente delle Ferrovie («fa il bello e il cattivo tempo cui sono stati affidati incarichi di direzione lavori per la realizzazione di diverse grandi opere. Lo stesso Perotti avrebbe «influito illecitamente» anche sull'aggiudicazione dei lavori del Palazzo Italia Expo 2015 e sulla realizzazione del nuovo terminal del porto di Olbia. Si indaga su «un valore di 25 miliardi di appalti», ha spiegato in una conferenza stampa il procuormai là dentro... è il dominus totale») era così influente all'interno del dicastero delle Infrastrutture, argomenta il Gip, da aggiornare il ministro Lupi, in procinto di farsi intervistare, sullo stato dei lavori e dei finanziamenti delle grandi opere, da buttare giù il programma di governo del Ncd e da ottenere la nomina del senatore Nencini a sottosegretario. Grandi imprese delle costruzioni Salini Impregilo (13.03.15): Un accordo politico appena firmato fra Etiopia, Sudan e Egitto permette all'italiana Salini Impregilo di costruire una super-diga del valore di 3,37 miliardi di euro sul Nilo Azzurro. Il contratto era già stato firmato e i lavori incominciati da un po' di tempo, ma il progetto in territorio etiopico era inviso al Sudan e all'Egitto, tanto che gli egiziani avevano addirittura minacciato di bombardare la diga. Il fatto è che i Paesi collocati a valle dello sbarramento sul Nilo temevano di restare senz'acqua (l'Etiopia userà il bacino anche per l'irrigazione e non solo per l'energia idroelettrica). Giorni fa la diplomazia ha risolto tutto: i tre Stati africani si sono messi d'accordo per gestire la mega-struttura in un modo da tutelare gli interessi di ognuno. Adesso nulla osta al lavoro di Salini Impregilo. La stessa Salini che in Etiopia sta costruendo pure un'altra grande diga, del valore di 1,47 miliardi di euro, e questo porta a quasi 5 miliardi il totale delle commesse per il gruppo italiano nei due progetti. La super-diga sul Nilo Azzurro è stata battezzata Grand Ethiopian Renaissance e sarà la più grande dell'Africa: lunga 1800 metri, alta nel punto massimo 170 metri e con un bacino di 1800 chilometri quadrati. Avrà una potenza installata di 6 mila Mega Watt di elettricità (paragonabile a 4 grosse centrali nucleari) e produrrà 15 mila GigaWatt/ora all'anno (il 50% in più della famosa diga di Assuan in Egitto). Potrà fornirà energia a tutto il continente, anche a Paesi lontani come il Marocco e il Sud Africa. Ma il progetto aveva sollevato preoccupazioni in Egitto, Paese che si affida al fiume Nilo per l'agricoltura e l'acqua potabile. Era stato l'allora presidente Mubarak a minacciare addirittura di usare i cacciabombardieri per impedire alla super-diga di diventare operativa, poi non si è arrivati a tanto, ma solo adesso c'è la certezza che i problemi siano risolti. La Renaissance si compone di una diga principale in calcestruzzo con due centrali elettriche sulle sponde destra e sinistra del Nilo Azzurro per un totale di 16 turbine. L'altra diga che sta costruendo Salini Impregilo non ha dato la stura a polemiche fra Stati: sta sorgendo a circa 300 chilometri a Sud Ovest di Addis Abeba, avrà 10 turbine con una potenza di 1870 MegaWatt e una produzione di 6500 GWh all'anno. In questi lavori le imprese italiane hanno pochi rivali nel mondo. Edimo (16.03.15): Dietro il fallimento della Edimo spa ci sono anche le storie di tanti lavoratori che non prendono lo stipendio da mesi. Un paradosso nel paradosso, se si pensa che il gruppo Edimo opera nella ricostruzione, in quello che viene definito il più grande cantiere d'Europa. La vicenda degli stipendi arretrati, che in alcuni casi arrivano fino a 15mila euro, viene rilanciata con forza dalla Fillea-Cgil. «È incredibile pensare che la Taddei spa, con decine di cantieri aperti, possa pensare di fare richiesta all'Inps della cassa integrazione per crisi temporanea di mercato. Ancora più grave», sottolinea Cristina Santella, della segreteria Fillea-Cgil, «è che i propri dipendenti, che operano in quei cantieri della ricostruzione, non hanno gli stipendi pagati (per alcuni l'arretrato risale addirittura al 2013). Parliamo non di casi isolati, ma di impiegati e operai con un arretrato che, per alcuni, ammonterebbe a circa 15mila euro. La Fillea-Cgil ha denunciato, anche con azioni legali, il mancato pagamento delle retribuzioni, comunicando agli uffici preposti l'accaduto. Si stava cercando di trovare soluzioni, ma poi è arrivato il fallimento della Edimo spa, che controlla per il 98% la Taddei spa e nulla si è ottenuto». Il patron del gruppo Carlo Taddei ha presentato al tribunale due ricorsi di concordato, per la Taddei spa e la Em969, chiedendo inoltre l'attivazione della cassa integrazione ordinaria per la Taddei spa e della cassa in deroga per la Em969. Per la Edimo spa si prospetta invece il fitto di ramo d'azienda. Ma come si arriva a non pagare i lavoratori? Il sindacato ha ricostruito il sistema: «I soldi della ricostruzione», spiega Santella, «sono stanziati per ogni singolo cantiere e le somme sono destinate a tutta la filiera del cantiere: fornitori, subappaltatori e lavoratori. Per avere quei soldi la ditta presenta il Sal, lo stato di avanzamento lavori. Non pagare le retribuzioni non è un caso isolato. Infatti tutto questo accade nel cantiere più grande d'Europa, dove le imprese non si sentono obbligate a pagare gli stipendi, perché possono autocertificare di averlo fatto, senza dimostrare effettivamente l'avvenuto pagamento. Inoltre il Durc, il documento che accerta la regolarità dell'impresa, non prevede il pagamento del salario dei lavoratori, ma solo il versamento dei contributi». Ed è qui, per il sindacato degli edili, che parla di «peccato originale», che subentrano i problemi. «L'emendamento Sal 2013 prevede 1' autocertificazione da parte dell'impresa di tutti i pagamenti, includendo l'elemento più importante della filiera della ricostruzione: lo stipendio dei lavoratori». (…) (Romana Scopano) Sacci (16.03.15): «CI SONO famiglie con il mutuo da pagare e i figli da mandare a scuola che si ritroveranno da un giorno all'altro in mezzo alla strada. E' un dramma da evitare», Sono le parole dì Sauro Bravi, Rsu della Fillea-Cgil nella Sacci di Castelraimondo. Gli 83 dipendenti del cementificio venerdì hanno ricevuto la notizia del licenziamento collettivo per cessazione di attività. Un duro colpo per tutto l'entroterra, e dopo la protesta messa in scena durante la tappa di sabato della Tirreno-Adriatico, mercoledì è previsto uno sciopero nello stabilimento. L'obiettivo è quello di impedire che l'azienda porti fino in fondo la decisione ufficializzata venerdì. Ci sono 75 giorni di tempo per trovare una soluzione l'azienda. «L'azienda però - spiega Bravi - non sembra disposta a tornare indietro. (…) Cementir (16.03.15): Sulla vertenza riguardante la Cementir, la RSA Slai Cobas Cementir, ha chiesto al Prefetto la convocazione di una riunione per il prossimo 19 marzo. "Perché i lavoratori, a tutt'oggi ancora in stato di agitazione, aspettano che si conoscano tutto ciò che è necessario al loro futuro e al futuro di questa azienda". La Cementir Holding (gruppo Caltagirone) ha chiuso l'esercizio 2014 con risultati in netta crescita, superando gli obiettivi di margine operativo lordo e sull'indebitamento. Grazie al mercato estero, perché in Italia le cose continuano a non andare bene. A Taranto infatti, la Prefettura attende segnali dall'azienda che continua a restare silente, pur essendo stata sollecitata nel rendere noti i suoi propositi futuri, che sicuramente non saranno cambiati rispetto alle ultime notizie. La Cementir dal 1 gennaio 2014 non produce più cemento ma soltanto il clinker nel sito tarantino, dopo aver accantonato nell'aprile del 2013 un progetto di rilancio di oltre 150 milioni di euro chiamato "Nuova Taranto", destinato al’ ampliamento degli impianti produttivi esistenti ed il recupero di efficienza e competitività dello stabilimento produttivo di Taranto". A tal proposito, la RSA Cementir di Taranto dello Slai Cobas, "visto il silenzio di azienda, sindacati e istituzioni, sul nostro presente e sul nostro futuro" ha avviato da diversi giorni lo stato di agitazione di tutti i lavoratori, promuovendo un presidio in Prefettura lo scorso 5 marzo, "che richieda un tavolo urgente a Taranto sulla Cementir e un documento da inviare a Roma". Le cose non vanno di certo meglio nell'altro stabilimento piemontese di Arquata Scrivia. Dopo lo sciopero e la convocazione in Prefettura dei sindacati, l'azienda avrebbe infatti messo in cassa integrazione a zero ore i due addetti al laboratorio analisi. "L'azienda ha giustificato la decisione adducendo motivi di riorganizzazione. E' stato chiuso il laboratorio analisi. A noi sembra un atto di ritorsione (uno dei due dipendenti è un rappresentante sindacale) e, in ogni caso, si tratta di un mancato rispetto degli accordi del 2013. Si parlava, è vero di riorganizzazione di alcuni reparti, ma non della chiusura del laboratorio", spiega Massimo Cogliandro, segretario provinciale Fillea Cgil. La decisione, quindi, è alquanto sospetta. "E' necessario che Cementir chiarisca cosa intende fare in questo territorio", ha ribadito Aldo Gregori, segretario confederale Uil. Proprio la scorsa settimana, dopo un lungo periodo di silenzio, la Cementir aveva annunciato alle amministrazioni locali e ai sindacati l'intenzione di aprire la mobilità per 25 persone. (Gianmario Leone) Holcim Lafarge (17.03.15): Brusca frenata per quello che doveva essere il matrimonio dell'anno. Il consiglio di amministrazione del gruppo cementiero svizzero Holcim ha rigettato i termini della prevista fusione da 42 miliardi con la concorrente francese Lafarge. Il cda ha fatto sapere che l'accordo, firmato dai due gruppi lo scorso 7 aprile «non può essere applicato nei suoi termini attuali» e ha proposto di negoziare «in buona fede i termini finanziari e le questioni di governance». Holcim, secondo alcune indiscrezioni, punterebbe in particolare a ottenere per i propri soci una quota maggiore della nuova realtà cementiera tramite la proposta di un nuovo rapporto di cambio non più di uno a uno ma di 0,875 azioni proprie per ogni titolo del gruppo post-fusione. Secondo quanto riportano i quotidiani francesi, era da circa una settimana che Holcim covava questa mossa: diversi azionisti della società avevano fatto notare che i risultati del quarto trimestre 2014 erano stati superiori alle attese e che quindi sarebbe stata necessaria una revisione del rapporto di scambio dei titoli dei due gruppi. Della stessa opinione anche la banca svizzera Vontobel, secondo cui la decisione del consiglio di amministrazione di Holcim non sorprende, ma giunge prima del previsto. Vontobel spiega che «l'opposizione alla transazione è cresciuta nelle ultime settimane ed è apparso chiaro che gli azionisti di Holcim non avrebbero deciso a favore della fusione». Ma alla base della decisione potrebbe esserci anche la volontà di un cambiamento nell'equilibrio di potere. L'accordo di fusione di aprile prevedeva la nomina da parte di Holcim del presidente del nuovo gruppo, mentre a Lafarge spettava il compito di nominare l'amministratore delegato, già identificato nella figura di Bruno Lafont, attuale eco di Lafarge. E probabile che la società elvetica voglia rivedere la struttura manageriale concordata, con la nomina di un amministratore delegato esterno invece di Lafont. Lafarge ha replicato sottolineando che il suo consiglio di amministrazione «rimane impegnato» sulla fusione ed è intenzionato «a valutare la possibilità di rivedere la parità tra le parti». In ogni caso, secondo l'accordo di fusione, la società che deciderà di sfilarsi dall'accordo incorrerebbe in un'indennità di 350 milioni. Sarà decisiva, quindi, per decidere le sorti dell'accordo, l'assemblea di Holcim prevista per il 13 aprile. La fusione fra i due colossi nasce dalla necessità di aumentare i margini di guadagno in un settore, quello cementifero, nel quale la recessione mondiale ha portato a un continuo abbassamento della domanda di materiali per le costruzioni e ha aumentato, invece, la competizione delle società dei Paesi emergenti. Holcim e Lafarge si attendono dal merger sinergie di costi per oltre 1,4 miliardi di euro. La notizia non è stata accolta bene dal mercato e Lafarge ha aperto in flessione del 4% la seduta a Parigi, chiudendola a - 5,97% (61,1 euro per azione). Holcim, invece, ha chiuso a Zurigo in calo dell'1,33% a 74,45 franchi. (MARIA ELENA ZANINI) Coop Costruzioni (17.03.15): Un pacchetto di 4o ore di sciopero, le prime otto ieri, con un picchetto davanti a un cantiere nel centro di Bologna. Poi l'accordo con le istituzioni e i sindacati per verificare il ricorso alla cassa integrazione in deroga. Per Coop Costruzioni, impresa storica del capoluogo emiliano - è stata costituita quasi 8o anni fa - e per i suoi addetti è cominciata la fase più difficile dall'inizio della crisi che ha bruciato nel settore, tra città e provincia, 13mila posti di lavoro e che ha portato la coop a decidere la drastica riduzione del personale. I vertici della cooperativa hanno annunciato duecento esuberi su un totale di 463 addetti circa, dei quali 332 soci lavoratori, dopo aver inutilmente tentato di arginare con il ricorso ai contratti dí solidarietà le conseguenze della paralisi del mercato delle costruzioni. Arrivando a paventare la chiusura, inevitabile senza una ristrutturazione. Con gli ammortizzatori il costo del lavoro è stato portato a 21 milioni. Un risparmio ancora insufficiente a fronte di un valore della produzione che continua a essere eroso dalla crisi di mercato e che dai quasi 230 milioni del 2008 è sceso a poco più di 180. Numeri discussi ieri al tavolo provinciale della città metropolitana per cercare di individuare una strada praticabile. La cooperativa ha circa 6o milioni di crediti, buona parte dei quali nei confronti della pubblica amministrazione. Ma entrano in cassa con il contagocce mentre le banche sarebbero disposte ad aprire nuove linee di finanziamento solo in presenza di un piano industriale che passa attraverso una forte riorganizzazione anche sul piano dei livelli occupazionali. La situazione della cooperativa ha mobilitato la Regione, gli amministratori della città, a partire dal sindaco Virginio Merola, e Legacoop. I sindacati hanno chiesto, senza ottenerlo, il rinnovo dei contratti di solidarietà, che scadono il 6 maggio. E il confronto si è spostato sugli ammortizzatori sociali in deroga. Ora, infatti, il tavolo istituzionale, al quale la cooperativa era rappresentata ieri dal vice presidente Nicola Ruggeri, dovrà riaggiornarsí il 24 marzo per fare il punto su tutte le possibili alternative al rinnovo dei contratti di solidarietà, con un ulteriore abbattimento del costo del personale per avvicinarsi ai 2 milioni che permetterebbero il risanamento: l'unica alternativa possibile, grazie anche alla mediazione istituzionale, per dare alla coop una boccata d'ossigeno e permetterle di negoziare con gli istituti di credito una ristrutturazione del debito. Salvando, contemporaneamente attività produttiva e occupazione. Un'intesa che dovrà passare anche al vaglio dell'assemblea dei soci, prevista venerdì. (Natascia Ronchetti) Salini Impregilo (18.03.15): Salini Impregilo nel 2014 ha assunto 3.40o persone nel mondo, di cui 7oo in Italia Intanto il gruppo, che domani pubblicherà il bilancio 2014, rassicura sulla cedola «Sì, distribuiremo un dividendo e, come promesso, la proposta è in linea con il 20% di payout (quota degli utili distribuita, Ndr) previsto, tutto secondo il piano». E quanto ha riferito Massimo Ferrai, generai manager finance e cfo del gruppo Salini Impregilo, all'agenzia Radiocor-FI Sole 24 Ore, a margine dell'iniziativa «Tomorrow's builders». Per quanto riguarda l'attesa cessione della controllata Todini Costruzioni, Ferrari ha sottolineato che «sono molte le manifestazioni di interesse, sicuramente più di una, sia italiane che estere. Probabilmente Todini sarà divisa fra asset italiani e asset esteri». Ferrarli ha poi aggiunto che la controllata «si è stabilizzata, è sostanzialmente in pareggio» e sui tempi di cessione occorrerà attendere le lunghe procedure dell'eventuale due diligence e occorrerà vedere anche i valori. «Giovedi renderemo nota la guidance sul 2015, non ci sono sorprese, i risultati dello scorso anno sono stati molto positivi La ristrutturazione della società è completata, ora vogliano solo crescere, anche per linee esterne, cominciando dai mercati strategici», ossia America, Nord-Europa e Sudest Asia, ha chiosato Ferrari. Salini Impregilo ha chiuso il 2014 con un utile netto di 103 mln, +12%. I ricavi sono stati di 4,194 mld, +10,7%. L'ebitda è stato di 435,9 mln, +20,5%, l'ebit di 258,4 mln, +22,6%. Buzzi Unicem (19.03.15): Buzzi Unicem ieri ha presentato un'offerta di acquisto per il gruppo Sacci. "L'offerta prevede l'acquisto del 99,5 per cento di Sacci ed il contestuale risanamento di tutta l'esposizione debitoria conseguente al precedente accordo di ristrutturazione - spiega una nota - In caso di accettazione dell'offerta, l'esecuzione del contratto è sospensivamente condizionata sia all'approvazione dell'operazione da parte dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sia all'accordo con le banche ed i creditori aderenti al predetto accordo di ristrutturazione dei debiti", si legge nel testo. Il costo dell'operazione ammonta a 120 milioni di euro, nel comunicato si parla di "eventuale successiva cessione di stabilimenti non più strumentali all'attività industriale". Ieri mattina si è svolto lo sciopero dei dipendenti del cementificio dopo l'annuncio della mobilità per tutti e 83 gli addetti. (…) (Monia Orazi) Italcementi (20.03.15): La sfida dell'innovazione del progetto di Padiglione Italia é stata la protagonista nella prima giornata di Made Expo, il salone del design, architettura ed edilizia alla fiera di Milano-Rho. I progettisti dell'edificio hanno inaugurato il ciclo di incontri che si tiene a margine di «Building the Expo», la mostra dedicata a oltre 30 progetti dei padiglioni dell'esposizione universale. Padiglione Italia «è stato scelto oltre un anno fa da Made Expo – spiega l'architetto Michele Mole dello studio Nemesi&Partners - perché fosse immagine di questo evento dedicato alla progettazione dei padiglioni». A raccontare Padiglione Italia anche Italcementi, che ha realizzato uno speciale cemento biodinamico, frutto di ricerca e innovazione. «Si tratta – afferma Enrico Scalchi, responsabile sviluppo prodotti di Italcementi – di un'esperienza che replica quanto fatto per Expo 2010 a Shanghai, dove realizzammo il cemento trasparente che ha caratterizzato il padiglione italiano a quella Esposizione». «Con lo stesso spirito, ovvero spinti dalla volontà di contribuire al successo del nostro Paese - aggiunge -, abbiamo messo a punto il cemento biodinamico, un prodotto dal contenuto tecnologico ancora più innovativo, donando per Palazzo Italia oltre 12mila ore di ricerca, il lavoro di 15 ricercatori e oltre 2mila tonnellate di materiale per la realizzazione dei 750 pannelli che costituiscono il rivestimento del palazzo». Rapporti e studi Cerved (16.03.15): Si abbassala febbre dei mancati pagamenti. Nel 2014 il numero delle aziende cui è stato protestato un assegno o una cambiale ha fatto segnare un calo a due cifre (-17,3%) rispetto all'anno precedente. Si riducono, in maniera impercettibile, anche i giorni necessari per il saldo delle fatture. Lo scorso anno servivano in media 77,5 giorni contro i 79 del 2013 e gli 81 del 2012. E quanto rivela l'Osservatorio sui protesti e i pagamenti delle imprese di Cerved analizzando gli archivi dei protesti e Payline, il database della società che raccoglie il trend dei pagamenti di oltre 2,5 milioni di aziende. Nel corso del 2014 lo stock delle società che hanno ricevuto almeno un protesto è diminuito del 17,3% a quasi 35mila unità dalle 42mila del 2013. E un lento avvicinarsi ai valori del 2007 e la conferma del trend iniziato un paio di anni fa. «Ci aspettiamo un 2015 a due velocità, con l'uscita dal mercato delle realtà più fragili mentre assisteremo al rafforzamento delle aziende più solide - spiega Gianandrea De Bernardis, ad di Cerved -. Dopo il Qe si dovrebbe vedere un maggiore flusso di liquidità verso le Pmi con un allentamento delle scadenze in fattura a beneficio delle imprese più piccole». Tra i comparti chiave del manifatturiero tricolore l'industria nel periodo dal 2007 al 2014 segna un calo dei protesti del 7,8%. In netto miglioramento anche il sistema moda, la flessione è di oltre il 30% e gli altri settori (imprese agricole, utilities e società non classificate). Le costruzioni, il comparto che ha sofferto di più durante la lunga crisi, nell'ultimo triennio riescono a ridurre i protesti pur restando al di sopra dei livelli precrisi. Situazione analoga anche nei servizi, largo consumo, sistema casa, mezzi di trasporto e chimica. Tutti nel 2014 beneficiano di un miglioramento ma qui il numero dei protesti resta sopra i livelli del 2007. Per quanto riguarda l'incidenza dei protesti è l'edilizia il settore in cui sono più diffusi. Nel 2014 si è toccato il 2,4% contro 1'1,6% degli "altri settori" e l'1,3% di industria e servizi. Nelle costruzioni e i servizi si è inoltre registrato un miglioramento dei tempi di pagamento, con una limatura delle scadenze concordate mentre i ritardi restano in media intorno alle tre settimane. (…) Prometeia (16.03.15): Le economie emergenti di tutto il mondo sono in grande attesa di un'espansione del comparto edile, a medio termine. La geografia del mondo dell’edilizia si sta globalmente modificando con la rincorsa delle economie emergenti, a fronte del ridimensionamento dei mercati europei e dell’esaurirsi della “golden age” statunitense. Risulta considerevole il peso dei cosiddetti “nuovi” mercati sugli investimenti mondiali nel settore, aumentato di oltre 20 punti percentuali tra il 2005 e il 2014, arrivando nell’ultimo anno a rappresentare circa il 45% (29% la quota ascrivibile alla sola Asia emergente). Le prospettive di questi mercati, a medio periodo, rimangono orientate all’ottimismo, con attese di una crescita ancora marcata degli investimenti (quasi il 5% medio annuo nel quinquennio 2015-2019), pur scontando una certa moderazione rispetto ai ritmi espansivi molto elevati dello scorso decennio. Altro elemento distintivo dello scenario appare la (relativamente) maggiore eterogeneità tra paesi e aree geografiche, che impone di non guardare ai nuovi mercati come a un “unicum” omogeneo. Il ranking tra i paesi emergenti che risulta dall’analisi vede confermato, seppure con elementi di distinzione, il ruolo cruciale dell’Asia emergente nello scenario mondiale dell’edilizia. La regione dovrebbe sperimentare una crescita complessiva degli investimenti intorno al 5.5% annuo nel quinquennio in esame e si posiziona con quattro economie (Cina, India, Indonesia e Malesia) nella graduatoria dei dieci mercati a più alto potenziale. La Cina, in particolare, si confermerà come il primo mercato residenziale a livello mondiale – fino a raggiungere una quota prossima al 25% nel 2019 – ma dovrebbe gradualmente andare verso ritmi di espansione più moderati nel medio termine. L’altro colosso asiatico, l’India, risulta premiato dal posizionamento relativo all’edilizia commerciale, sia in termini di dimensione del mercato che per le aspettative di un’espansione robusta, sostenuta dalla domanda di spazi commerciali. Molto favorevoli anche le prospettive degli investimenti residenziali, previsti in progressiva accelerazione fino a raggiungere nel medio termine tassi di sviluppo superiori a quelli cinesi. Un impulso al settore è atteso dalle politiche governative, alla luce degli annunci di un piano di edilizia pubblica e di incentivi agli investimenti esteri nel real estate. Tra gli altri paesi asiatici, mercati dell’edilizia potenzialmente in forte espansione sono Indonesia e Malesia, dove le spinte derivanti dall’evoluzione demografica e dal processo di urbanizzazione, oltre che dalla dinamica dei redditi, inducono a prevedere investimenti in crescita a un ritmo superiore al 6% annuo nel 2015-2019. Anche l’area del Golfo è attesa confermarsi come uno dei mercati più dinamici a livello mondiale, nonostante lo scenario previsto sui mercati petroliferi. Il crollo recente delle quotazioni del greggio non dovrebbe incidere sui progetti di investimento avviati nell’edilizia residenziale e commerciale (specialmente in Arabia Saudita) grazie alle ingenti riserve accumulate negli scorsi anni. Una maggiore incertezza circonda invece le previsioni per il Nord Africa, condizionate dall’evoluzione geopolitica; in quest’area le opportunità più interessanti sembrano riguardare l’Egitto, dove la relativa stabilizzazione del quadro istituzionale potrà favorire la ripresa degli afflussi di investimenti nel real estate e l’avvio di importanti programmi pubblici nell’edilizia residenziale. Per l’America Latina il quadro prospettico indica un profilo espansivo (intorno al 3.5% medio annuo) più moderato rispetto alla media dei nuovi mercati, scontando, soprattutto nel 20152016, una modesta performance dell’edilizia in Brasile. L’orientamento restrittivo della politica monetaria, il surriscaldamento dei prezzi nei grandi centri urbani e l’incertezza politica, che ha influito sull’attuazione dei programmi di edilizia pubblica, sono stati all’origine della frenata degli investimenti residenziali nel 2014 e continueranno a condizionare, almeno nel breve periodo, le possibilità di recupero del mercato brasiliano. Nella regione i mercati più dinamici sono individuabili in Messico, Colombia e Perù. Dopo la correzione sperimentata nel 2013, l’edilizia messicana ha ritrovato un sentiero di crescita che potrebbe accentuarsi soprattutto in un orizzonte di medio termine; per quest’ultimo paese, come anche per gli altri due mercati, svolgono un ruolo rilevante le politiche pubbliche volte alla riduzione del deficit abitativo. Con l’eccezione della Turchia, i paesi dell’Europa Centro-orientale non sono posizionati tra i primi dieci nel ranking dei mercati più interessanti. In questa regione si possono, tuttavia, cogliere situazioni fra loro eterogenee. Le economie dell’Europa Centrale potranno beneficiare di un miglioramento prospettico dell’attività edilizia grazie alle condizioni più favorevoli del credito e, come nel caso della Polonia, agli stimoli dei programmi di edilizia sociale. Al contrario, per il mercato russo è atteso a partire da quest’anno un marcato deterioramento, dopo il boom edilizio del 2014 alimentato dalla corsa all’investimento immobiliare come bene-rifugio. Istat (18.03.15): Nel mese di gennaio 2015 l’indice destagionalizzato della produzione nelle costruzioni è aumentato dell’1,0% rispetto a dicembre 2014, confermando la tendenza al recupero registrata a dicembre. Nella media del trimestre novembre 2014-gennaio 2015 l’indice è diminuito dell’1,6% rispetto ai tre mesi precedenti. L’indice corretto per gli effetti di calendario a gennaio 2015 è diminuito in termini tendenziali del 2,4% (i giorni lavorativi sono stati 20 contro i 21 di gennaio 2014).