Il profilo psicologico del bambino

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Il profilo psicologico del bambino
Il profilo psicologico del bambino
Giuliana GARBUGLIA
La fanciullezza è il secondo periodo della vita umana compreso tra il sesto e il
dodicesimo anno circa. E’ il periodo che fa da ponte tra l’infanzia e l’adolescenza. E’
una stagione di transizione, in cui gli istinti più vitali, tra questi la pulsione sessuale,
paiono sopirsi, lasciando la loro energia ad aspetti culturalmente strutturati come la
scuola e lo sport.
Profilo psicologico del bambino di 6 - 8 anni
Il 49 % dei bambini dai 6 ai 10 anni giocano a calcio con continuità (ISTAT 2002).
Questo dato comporta una grande responsabilità degli operatori sportivi che lavorano nel
calcio, poiché circa la metà dei bambini italiani si iscrive a una delle loro scuole -calcio.
Come ragionano:
- E' assente il processo di anticipazione motoria: cioè non riescono a prevedere ciò che
l'avversario sta per fare. A questa età i bambini corrono tutti dietro la palla scordandosi i
ruoli che erano stati attribuiti in precedenza.
- E' assente la comprensione delle cause dei successi e degli insuccessi.
Ruolo degli adulti:
- Rinforzare l'impegno;
- Sostenere e apprezzare il piacere di stare con gli altri e di giocare.
Cosa fare per favorire un sano sviluppo psicomotorio
Il modello di attività da proporre dovrebbe essere concepito privilegiando il gioco, il
confronto e le attività di esplorazione.
Profilo psicologico del bambino di 8 - 10 anni
Come ragionano
- Stanno superando la fase egocentrica;
- Cominciano ad acquisire una predisposizione alla collaborazione;
- Le azioni motorie vengono inserite in un contesto di gioco collettivo.
Le regole
Ora i bambini comprendono le motivazioni e l’utilità delle regole stabilite. Essi pensano
che bisogna ubbidire perché “l’allenatore sa cosa è utile per noi ed è più esperto”.
Motivazioni che caratterizzano questa fascia d’età
- Trarre piacere dall’azione sportiva;
- Muoversi pensando ( imparare a servirsi dei propri pensieri mentre si gioca);
- Assumersi dei rischi calcolati durante il gioco ( effettuare un dribbling, tirare in porta..)
- Saper vivere in gruppo.
Cosa fare
1. Creare situazioni in cui autonomamente i bambini risolvono problemi di gioco;
2. Favorire la creatività, valorizzando l’iniziativa dei bambini;
3. Favorire lo sviluppo della capacità di assumersi le proprie responsabilità;
4. Mantenere un equilibrio tra rischio individuale e gioco collettivo;
5. Favorire il senso di appartenenza al gruppo, attraverso il rispetto delle regole di
gruppo, la collaborazione e la capacità di anteporre gli obiettivi della squadra a quelli
personali.
Profilo psicologico del bambino di 10 - 12 anni
Cosa è importante per diventare un calciatore?
Da un'indagine condotta dal Settore Giovanile Scolastico della FIGC i giovani esordienti
intervistati ritengono che per diventare un calciatore di buon livello sono molto
importanti le seguente condizioni: avere fiducia in se stessi ( 85%), allenarsi molto
(78,7%), fare sacrifici (70%), sapersi divertire giocando ( 56,7%), avere accanto persone
che credono in te (52,4%) e avere un buon allenatore (50,6%).
Quindi, si evidenzia che già a 11 anni questi ragazzi credono nell'impegno personale
come elemento principale per avere successo nel calcio. E' interessante notare che per
questi ragazzi è molto importante il divertimento (81,8%), mentre sono poco importanti
il vincere molte partite (66,9%) e il ricoprire un ruolo specifico in campo ( 47,96%).
L'avere un bravo allenatore è rilevante per il 53% di loro.
Altri aspetti che dovrebbero essere soddisfatti riguardano l'essere inseriti in un buon
gruppo squadra ( 47,5%) e l'essere seguiti dai genitori (34,7%).
Le motivazioni degli esordienti
Si possono evidenziare ben nove fattori motivazionali.
1. Acquisizione di status (diventare famosi e popolari tramite il calcio).
2. Rinforzi estrinseci. E' composto da tre ragioni:
- ruolo svolto dai genitori;
- ruolo svolto dai migliori amici nel sostenerli nell'attività calcistica,
- desiderio di viaggiare.
3. Ottenimento e mantenimento della forma fisica.
4. Abilità, cioè il bisogno di acquisire e migliorare le abilità sportive e di far parte di una
squadra.
5. Aspetti della competizione. E' composto dalle seguenti ragioni:
- gareggiare,
- rapporto con l'allenatore,
- spendere energia,
- essere in forma
- piacere tratto dall'azione.
6. Amicizia: riguarda il desiderio di stare con gli amici e di farsene di nuovi a cui si
aggiunge un terzo motivo relativo al fare qualcosa in cui si è bravi. Pertanto a questa età
lo stabilire relazioni di amicizia è positivamente correlato con la percezione di sentirsi
competenti nel calcio.
7. Divertimento. E' composto dalla tre seguenti:
- divertirsi;
- spirito di squadra
- piacere tratto dalle sfide.
8. Esercitarsi in gruppo: è composto da due ragioni che riguardano:
- il desiderio di fare esercizio
- il lavoro di squadra.
9. Spendere energia: è composto da tre ragioni
- scaricare il nervosismo
- desiderio di entusiasmarsi
- piacere di stare fuori casa.
In sintesi si rileva che i giovani di questa età, praticano calcio per un insieme abbastanza
ampio di ragioni. Rispetto ai ragazzi delle categorie successive, il raggiungere obiettivi
sportivi di squadra sembra non essere ancora una componente fondamentale del loro
modo di vivere il calcio, perché prevalgono fattori motivazionali legati all'abilità
sportiva, al divertimento e all'esercitarsi in gruppo. Dopo i 13 anni l'unione della squadra
diventa un fattore motivazionale specifico, che viene riconosciuto dai ragazzi come uno
degli elementi essenziali che li mantiene coinvolti nella pratica del calcio.
Caratteristiche specifiche della categoria esordienti
Questa fascia d'età, soprattutto nel secondo anno d'attività, rappresenta l'inizio di un
travaglio che investe la sfera psico-fisica del giovane, attraverso mutamenti che avranno
ripercussioni significative sulla qualità delle prestazioni.
Il tecnico dovrà relazionarsi spesso con bambini motoriamente in difficoltà, dovrà
predisporre delle fasi di recupero tecnico e avere cura di attendere coloro che non
avendo avuto un precoce sviluppo mostrano nei confronti dei più maturi difficoltà a
relazionarsi agonisticamente.
Non può essere il risultato agonistico la variabile che condiziona il nostro
comportamento didattico e la gestione della squadra, perché se così fosse daremmo
spazio maggiormente a quei bambini che, avendo un'età biologica e una maturità fisica
anticipata ci garantiscono buoni rendimenti agonistici. Facendo così trascureremmo quei
ragazzi che seppur dotati di buone predisposizioni calcistiche incontrano difficoltà ad
esprimerle in gara, in relazione a difficoltà di ordine prevalentemente fisico.
- L'integrazione all'interno del gruppo migliora; i rapporti interpersonali si trasferiscono
anche al di fuori dell'ambiente societario.
- Migliora la precisione delle abilità tecniche e la capacità di attenzione, quindi si
possono proporre attività più analitiche.
- C'è la volontà di migliorarsi.
- L'apprendimento tecnico può richiedere delle correzioni, il ruolo dell'istruttore assume
talvolta caratteristiche direttive. Non dobbiamo dimenticare comunque che l'aspetto
ludico deve sempre prevalere.
- Aumenta il tempo dedicato all'allenamento.
- Vengono acquisiti comportamenti tecnici adeguati alle situazioni di gioco.
Il profilo psicologico dell’adolescente
Non bisogna inoltre dimenticare che l'adolescente vive " tra passato e futuro ", tra ciò
che egli è stato e ciò che vorrà e dovrà diventare. Ciò significa che un corretto approccio
alla problematica richieda che si tenga particolarmente conto degli obiettivi tipicamente
adolescenziali.
Essi sono:
o la percezione e la costruzione di un identità personale (in parole più semplici una
risposta soddisfacente alla domanda "Chi sono?");
o la progressiva definizione di una "filosofia di vita" ( relativa a problemi oltre che
filosofici, anche politici e religiosi);
o il conseguimento dell'autonomia sia psicologica che sociale;
o il raggiungimento di uno stabile, per quanto non rigido, adattamento sul piano dei
rapporti sociali (ad es. per quanto riguarda la scelta della professione e del correlativo
status sociale).
Anche se l'analisi costringe ad esaminare i vari aspetti o problemi separatamente, è
molto importante avere presente che essi sono intimamente collegati fra loro.
Aspetti psicologici dello sviluppo fisico
Nel caso lo sviluppo fisico sia particolarmente accelerato, esso può comportare:
- una diminuzione delle capacità coordinative
- perdita di autostima
- difficoltà di attenzione e di concentrazione
- talvolta anche comportamenti aggressivi.
L'avvertire la perdita di certe abilità può comportare un certo disorientamento. A questo
proposito è possibile che il preadolescente viva il proprio corpo come estraneo a sé e si
preoccupa eccessivamente per il modo con cui sostenere il confronto con i compagni o le
compagne.
- In alcuni casi lo sviluppo fisico comporta, almeno esteriormente, un profondo
cambiamento. L'adolescente può preoccuparsi perché non sa quale sarà il punto finale, il
punto di arrivo di questo sviluppo. Diventando a questa età il confronto con altri
adolescenti particolarmente intenso, l'adolescente che non si rivela sufficientemente
abile o che rivela la presenza di lievi difetti fisici, reali o presunti, può sentirsi
particolarmente frustrato.
Lo sviluppo intellettuale
A partire dagli 11 - 12 anni l'adolescente acquisisce un certo tipo di pensiero, detto
pensiero formale o ipotetico deduttivo. Questo pensiero consiste, essenzialmente nella
capacità di condurre ragionamenti logicamente corretti senza la necessità di partire da un
dato di esperienza. Tale capacità porta l'adolescente saper usare nozioni come quella di
infinito, di luogo geometrico, di caso e di probabilità; implica la possibilità di impostare
correttamente un esperimento scientifico ecc.
La capacità di condurre un ragionamento logicamente corretto può essere vissuta come
una conquista talmente importante da spingere a trascurare l'utilità della verifica sul
piano dell'esperienza. Si parla, a questo proposito, di "egocentrismo intellettuale."
Il fatto che l'adolescente disponga ora di un nuovo tipo di pensiero può portarlo alla
riflessione introspettiva e a porsi, a volte anche in maniera esasperante, domande come:
"chi sono?", "quali sono i miei difetti e i miei pregi?" Ciò che importa sottolineare è
l'intensità emotiva con cui egli si pone queste domande e le profonde risonanze, di
entusiasmo o di abbattimento, che derivano in lui man mano che crede di aver trovato
una risposta. L'allenatore di giovani calciatori deve tenere particolarmente conto di tutto
ciò. Da una parte, infatti, non deve stupirsi di fronte ad episodi di "egocentrismo
intellettuale", dall'altra è importante che responsabilizzi il ragazzo e lo renda
protagonista dell'apprendimento.
Lo sviluppo affettivo e sociale
L'adolescenza è particolarmente caratterizzata da due tipi di marginalità psicologica
volontaria e marginalità sociale.
1. Marginalità psicologica volontaria: l'adolescente sente di non appartenere né al gruppo
degli adulti né a quello dei bambini. In modo particolare all'interno della famiglia
l'adolescente si trova in una situazione di marginalità nel senso che egli vuol essere
contemporaneamente "dentro e fuori". Da una parte egli non ha ancora acquisito una
sufficiente autonomia e sente perciò l'esigenza di rientrare nella famiglia ogni volta che
ne ha bisogno.
2. Marginalità sociale: essa è causata dal fatto che il raggiungimento di una certa
maturità intellettuale ed emotiva non è che di rado accompagnato dal fatto di rientrare
pienamente nel gruppo degli adulti e di rimanervi in condizioni di piena libertà. Egli è, in
definitiva, ancora in una posizione marginale, né bambino né adulto. Tutto ciò può
provocare un indebolimento nel senso della propria identità. Come può l'adolescente
reagire a tale insicurezza e al senso di perdita della propria identità? Soprattutto
inserendosi in gruppo di coetanei in cui non si senta isolato, che gli permetta di
confrontarsi, di confidarsi, scontrarsi con dei pari, di imparare a discutere in gruppo
considerando contemporaneamente molti punti di vista, ecc.
3. L'adolescente particolarmente impegnato in un'attività sportiva può soffrire una terza
forma di marginalità : ai margini del gruppo dei pari. E' importante averne piena
consapevolezza per sostenere in questi casi il giovane sportivo nel modo più adeguato.
E' ad esempio importante non osteggiare il suo bisogno di avere una vita ricca ed intensa
al di fuori dell'attività sportiva. E' inoltre importante che il gruppo sportivo sia
caratterizzato da rapporti di amicizia fra i suoi componenti.
Lo sport viene praticato dagli adolescenti come mezzo di costruzione dell'identità
personale, come strumento di conoscenza, di rafforzamento, di verifica delle
caratteristiche dell'Io. Se nel corso della pratica sportiva non intervengono delle
modificazioni nelle motivazioni, è inevitabile che, una volta superata la fase
adolescenziale, con l'emergere di nuovi bisogni, la pratica sportiva non soddisfi più.
L'Autore: Giuliana GARBUGLIA -
psicologa dello sport presso la FIGC della regione Marche