Bogoroditze Dieva

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Bogoroditze Dieva
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BOGORODITZE DIEVO, RADUISIA
dal Vespro di Sergej Rachmaninov
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Blagå slovién ploth
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Il Bogoroditze, è sostanzialmente la
prima parte dell’Ave Maria.
Il brano corale, composto dal compositore, pianista e direttore d’orchestra Sergej
Rachmaninov, è il sesto di quindici brani che
compongono
l’opera
Vespro
scritta
nell’inverno del 1915. Dieci brani sono basati
su canti tradizionali, mentre cinque, tra cui il
Bogoroditze, sono interpretazioni personali di
Rachmaninov di motivi caratteristici della musica liturgica russa.
Rachmaninov stesso descrive il cuore
della sua opera con poche frasi:
Nelle mie composizione non ho compiuto alcuno sforzo per essere originale, romantico, “nazionale” o altro. Io scrivo la musica che sento dentro di me, nel modo più naturale possibile. Sono un compositore russo,
e il mio paese d’origine ha influenzato il mio
temperamento e il mio modo di pensare. La
Madre di Dio Vergine,
rallegrati,
piena di Grazia Maria,
il Signore è con Te:
benedetta
tu fra le donne e
benedetto il frutto del
ventre Tuo
perché hai generato la Salvezza
di queste anime nostre
mia musica è il prodotto del mio temperamento, ed è quindi musica russa; ma non ho mai
tentato consapevolmente di scrivere musica
russa, né qualsiasi altro genere. Sono stato
fortemente influenzato da Ciaicovskij e da
Rimskij-Korsakov; ma non ho mai, per quel
che io ne sappia, imitato nessuno. Quello che
tento di fare quando scrivo la mia musica, è
farle esprimere nel modo più semplice e diretto quello che sento nel cuore mentre sto
componendo. Se nel cuore vi è amore, amarezza, tristezza o anche senso religioso, questi umori diventano parte della mia musica,
ed essa in tal modo diventa bella, triste, amara, oppure religiosa.
Sergei Rachmaninov, 1941
Bogoroditze Dievo, Raduisia
Sergej Rachmaninov (1873-1943)
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© Marco Voli - 12 marzo 2001
http://digilander.iol.it/marcovoli
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Sergej
Rachmaninov
Nell’Appartenenza, la pace
Don Luigi Giussani
Quando ascolto la musica di Rachmaninov così grande
nella sua immensa drammaticità - come una liturgia
che celebra il Destino -, mi sorprendo a pensare: Rachmaninov esprime quello che sono io, e quello che è
l'amico che mi siede accanto, e quello che è l’amica
che mi sta di fronte. I concerti del maestro russo, infatti, non sono estranei all’esperienza di una vitalità e di
una umanità vissute con spontaneità: quelle note, forti e
drammatiche, rappresentano il cuore del mangiare e del
bere, del ridere e del piangete, e della stanchezza che
prende fino a farci dormire. Esse dicono La grandezza
della nostra presenza nel cosmo. E poi danno pace: a
ogni movimento la resistenza impavida della positività
delle cose inesorabilmente vince ogni tremore che invade mente e cuore e minaccia di distruggere la parola,
la mente, il cuore, tutto annullando nella “notte del
mondo”.
La notte del mondo c’è quando nessuno pensa, quando
in nessuno brilla la luce che illumina dal profondo del
cuore fin l’ultimo orizzonte degli occhi. La profondità
del cuore, pur intangibile, indicibile, inattingibile da
noi, è l’ultimo orizzonte
degli occhi, il contenuto
di un’esperienza che si
può fare, che siamo chiamati a fare, nella quale si
riverberi la resurrezione
finale. Ogni giorno siamo
chiamati a sperimentare
questo urto sottile e discreto di resurrezione, così che nelle tenebre del
mondo di notte noi vegliamo, mentre tutta la
gente non pensa, e perciò
è tenebra (“tenebra sopra
l’abisso”, diceva T. S. Eliot, parlando di un mondo in
cui l'uomo, come coscienza, manca, o come coscienza
è spaccato, rotto, bloccato dalla sua incapacità). In
mezzo a questa tenebra noi abbiamo uno spunto di luce, una volontà di conoscere, un impeto di bene gratuito, una passione per il bene dell’uomo, una passione
per il destino di tutti, e quindi per il nostro personale
destino.
La vita
1873
1882
1885
1891
1892
1897
1900
1902
1904
1909
1917
1921
1926
1943
Sergej Rachmaninov nasce il 1° Aprile, a
Oneg, nel distretto di Novgorod. Il nonno
e il padre sono pianisti amatoriali che ne
comprendono presto il talento musicale.
Si iscrive al conservatorio di S. Pietroburgo.
Trasferitosi a Mosca studia pianoforte,
composizione. Qui incontra Tchaikovsky
di cui conquista la stima.
Si laurea con lode pianista.
Riceve la Grande Medaglia D’Oro per la
composizione del suo esame di laurea in
composizione.
Dopo varie composizioni per piano compone la Sinfonia n°1; poveramente diretta
da Glazunov, ha una prima disastrosa che
gli provoca una depressione gravissima.
Curato con l’ipnotismo compone di getto il
Secondo Concerto per Piano che riscuote
grande successo.
Si sposa con la cugina Natalia Satin
Dirige il Bolshoj fino al 1906.
Primo tour in America come pianista per
cui compone il Concerto n°3.
In dicembre approfitta di un tour in Scandinavia per fuggire dalla Russia sconvolta
dalla Rivoluzione. Non tornerà più iniziando una nuova carriera.
Si stabilisce a New York che sarà la base
della sua attività nei seguenti 20 anni.
Interrompe il suo silenzio creativo e compone il Concerto n°4 per Piano.
Pochi giorni dopo la il suo ultimo concerto
muore di Cancro a Beverly Hills in California, senza mai essere ritornato in patria.