BAK Nr.13 i V - Bundesamt für Kultur
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BAK Nr.13 i V - Bundesamt für Kultur
13 U GIORNALE 13/2004 BUNDESAMT FÜR KULTUR OFFICE FÉDÉRAL DE LA CULTURE UFFICIO FEDERALE DELLA CULTURA UFFIZI FEDERAL DA CULTURA F C La memoria del passato Sommario 2 Editoriale Memoria schedata – archivi e politica della memoria 4 L’Archivio federale dei monumenti storici (AFMS) offre rifugio a oltre due milioni di documenti 6 Le collezioni dell’AFMS, scrigno e vaso di Pandora 8 L’eredità di Albert Naef 10 Archeologia – Ritrovamenti nell’AFMS riguardanti le tombe di Stabio 12 Vita di un lascito – I piani del Kursaal di Interlaken 14 Problemi di conservazione della collezione di fotografie 16 Intervista con il prof. Georg Mörsch, Politecnico federale di Zurigo 1 Giornale UFC 13 / 2004 Editoriale Memoria schedata – archivi e politica della memoria Gli esordi dell’Archivio federale dei Ivo Zemp Memoria dell’umanità monumenti storici (AFMS) risalgono Responsabile basi e consulenza, Al patrimonio culturale immobile si agall’ultimo ventennio dell’Ottocento. Sezione patrimonio culturale e giunge un sistema di beni culturali mobili, Già allora l’AFMS era il principale monumenti storici conservati in biblioteche, musei, raccolte archivio di riferimento e un valido e archivi. I materiali d’archivio danno agli strumento di lavoro soprattutto per «Nel paesaggio vengono continuamente edifici una connotazione, contestualizla Commissione federale dei monu- lasciate tracce. L’obiettivo è però che il zandoli e rivelandone la storia. Werner menti storici. Un tempo il suo corpus paesaggio stesso lasci un ricordo indele- Oechslin scrive che il libro e la biblioteca era costituito dalle documentazioni bile del passato1.» rappresentano «un capitolo fondamentadi restauri e scavi effettuati con aiule della costituzione del sapere umano… ti federali. Considerato che i Cantoni Lotta all’amnesia di grande importanza per la storia della non disponevano di propri servizi ad- La Svizzera è disseminata di monumen- cultura». Lo stesso vale anche per gli ardetti ai monumenti e all’archeologia, ti culturali: singoli edifici, insediamenti e chivi4. e questo fin verso la fine degli anni città. Queste testimonianze del passato Nel 1992 l’UNESCO ha pertanto lanciato il Cinquanta, i compiti e la valenza del- subiscono trasformazioni: la società le programma «The Memory of the World»5 l’AFMS risultarono fondamentali per abita, le demolisce e le sostituisce con («la memoria dell’umanità») quale ultela Svizzera. altre costruzioni. Le loro tracce, però, ri- riore tassello del «patrimonio mondiale mangono. Esse costituiscono punti di rife- culturale e naturale»6. Il programma ha L’evoluzione delle strutture e delle at- rimento sul territorio della Confederazione quali obiettivi la preservazione a lungo tività della tutela dei monumenti ebbe e sono pietre miliari della storia nazionale. termine e la diffusione a livello mondiale ripercussioni anche sull’ubicazione e Monumenti in lotta contro l’amnesia2, i del patrimonio documentario tramandasull’accorpamento dell’archivio, che beni culturali lasciati alla posterità si pre- to in musei, archivi, biblioteche, luoghi venne integrato nella Sezione patri- sentano in varie forme, provengono da commemorativi e istituzioni culturali. La monio culturale e monumenti storici epoche diverse e si trovano sia in superfi- Germania ha già inserito sei opere nella dell’UFC. I compiti e le mansioni della cie che nel sottosuolo. Di questa ricchezza lista (tra cui anche documenti audiovisivi), Sezione, ma anche dell’AFMS, si fon- fanno parte sia maestose cattedrali che come ad esempio la produzione letteraria dano oggi sulla legge federale sulla secolari case contadine, ruderi di castelli di Goethe, la Nona sinfonia di Beethoven protezione della natura e del paesag- e siti archeologici. Nel loro insieme, essi gio, revisionata nel 1996. rappresentano gli artefatti edificati della storia di un popolo. Nonostante la difficile situazione in cui versano le finanze e le risorse Che i singoli monumenti siano protetti, umane della Confederazione, si trat- conservati e curati non è un caso fortuta di garantire l’esistenza di questo nato, bensì il frutto del lavoro continuo e archivio straordinario grazie a una istituzionalizzato delle organizzazioni attipolitica collezionistica e conservati- ve nel campo della tutela dei monumenti va coerente. Gli sforzi devono con- storici, dell’archeologia e della protezione centrarsi sul nucleo della collezione, del patrimonio culturale. Siano esse statasulla sua archiviazione adeguata e li o private, si occupano tutte della fisiosulla sua valorizzazione al passo con i nomia dei luoghi e delle costruzioni. Da tempi. Un’attenzione particolare deve oltre un secolo, in Svizzera innumerevoli essere rivolta inoltre alla ripartizione persone fanno sì che, se non proprio tutto, dei compiti tra la Confederazione e gli almeno una gran parte del patrimonio cularchivi cantonali. turale venga tramandata alla generazione successiva. Questo lascito dei nostri avi dà Johann Mürner un’identità a quel paesaggio culturale3 che Capo della Sezione patrimonio culturale è la Svizzera, conferendogli la sua spiccata e monumenti storici dell’UFC particolarità e le sue caratteristiche. Per poter comprendere un monumento in tutte le sue dimensioni, sono necessarie fonti scritte e orali. 2 o il film muto «Metropolis» di Fritz Lang, girato nel 1925/26. Al «Memory of the World Programme» dell’UNESCO hanno finora aderito 45 paesi, che hanno iscritto nella lista 91 documenti del patrimonio mondiale. A tutt’oggi la Svizzera non ha proposto aggiunte al registro. Stato e archivi Il patrimonio documentario è amministrato negli archivi. Nell’ambito dello Stato di diritto, essi rivestono un ruolo importante, poiché testimoniano le azioni umane e permettono alla società di comprenderle. Come spiega Aleida Assmann nel suo trattato «Erinnerungsräume», la parola «archivio» deriva dal greco «arché», che significa «inizio», «origine» e «dominio», ma anche «autorità pubblica» e «ufficio»7. L’archivio raccoglie, conserva e tramanda collezioni. Esso è per così dire la memoria collettiva dello Stato. politica svizzera della memoria9. Le sue collezioni documentano con fonti scritte e visive la storia, le attività e le dottrine della tutela dei monumenti in Svizzera, fornendo un quadro dettagliato della conservazione dei beni culturali, dei luoghi, delle persone e dei fatti. Il punto di forza dell’AFMS è la sua competenza fondamentale sul piano documentario nei settori della protezione dei monumenti storici, dell’archeologia e della protezione degli insediamenti. Credo morale I materiali d’archivio hanno di per sé valore neutro, finché non vengono messi in luce dalla storiografia. A seconda dell’interpretazione diventano fonti d’informazione valorizzanti o screditanti e servono alla ricezione e alla costruzione della storia. Questi materiali sono frammenti di una realtà passata, di un hic et nunc di tempi andati. Essi registrano sì la storia, raccontando però la propria versione. Una storia della storia, che si ripete, ma si svela solo in parte alla società: un fondo codificato. Con i loro materiali, gli archivi svizzeri documentano la storia del nostro Paese. Nella loro funzione di sistema d’informazione complementare rappresentano un L’archivio testimonia di posizioni e straproprio «paesaggio culturale» svizzero. Il tegie, ma anche di persone dalla ferrea «tappeto storico», tessuto dalle fonti ar- volontà che per motivi etici hanno avuto chitettoniche e d’archivio, assume ulteriori a cuore la conservazione dei beni culturali sfaccettature se si considerano anche le del nostro Paese, che si sono adoperate regioni linguistiche, la «oral history»8, le per salvaguardare l’eredità culturale e hantradizioni, le feste e le usanze. Gli archivi no combattuto contro l’amnesia. La consono serbatoi di conoscenze: essi scheda- servazione del patrimonio culturale non è no i ricordi e fanno da ponte tra il presente un optional e neppure il prodotto di un e il passato. «turismo culturale» fondato su interessi economici, bensì un dovere morale. L’imL’Archivio federale dei monumenti storici pegno in favore dell’eredità culturale e la (AFMS) ha un ruolo di primo piano nella lotta all’oblio per mezzo del ricordo sono il credo degli archivi. Essi sono gli avvocati difensori della «memoria», un «memento mori» a difesa del ricordo collettivo, che spesso e volentieri viene dimenticato nelle attività quotidiane. Gli archivi svizzeri sono un vero e proprio arsenale da cui si può attingere in qualsiasi momento. Rheinau, casa Wellenberg, edificata nel 1551. Fotografia del 1911. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 Rheinau, casa Wellenberg. Dettagli e sezione trasversale 1:50. Acquerelli di Wilhelm Lasius, 1897. 3 Robert de Jong, Die Landschaft als Gedächtnis, Erinnerung, Metapher und…?, in: Denkmal-Ensemble-Kulturlandschaft am Beispiel Wachau, Vienna/Horn 1999. Dal gr. amnesia: carenza di memoria. In generale, una forma di disturbo della memoria che interessa la sfera temporale e/o il contenuto dei ricordi. «Paesaggio culturale» è qui inteso in senso generale e non secondo la terminologia dell’UNESCO, che distingue tra «paesaggio chiaramente definito», «paesaggio evolutivo» e «paesaggio culturale associativo». Werner Oechslin, Die Bibliothek und ihre Bücher – des Menschen Nahrung, in: Bibliotheken bauen – Tradition und Vision, Basilea/Boston/Berlino 2001. Indirizzo Internet: www.unesco.org/webworld/mdm Convenzione del 1972 per la protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale. La lista del patrimonio mondiale stilata dall’UNESCO riunisce importanti siti culturali e paesaggi naturali unici al mondo. Indirizzo Internet: whc.unesco.org Aleida Assmann, Erinnerungsräume – Formen und Wandlungen des kulturellen Gedächtnisses, Monaco 1999, p. 343. L’«oral history» sono i ricordi tramandati oralmente e la storia narrata a voce dagli uomini. Su incarico del Dipartimento federale dell’interno, l’UFC sta elaborando le basi per una politica svizzera della memoria volta a salvaguardare la memoria nazionale. La responsabilità del progetto è affidata alla Biblioteca nazionale svizzera. Gian-Willi Vonesch Collaboratore scientifico, Sezione patrimonio culturale e monumenti storici L’Archivio federale dei monumenti storici (AFMS) è accorpato alla Sezione patrimonio culturale e monumenti storici e come tale fa parte dell’UFC. Istituzione che vanta una grande tradizione, ha alle spalle una storia ultracentenaria al servizio della tutela dei monumenti e degli insediamenti del nostro Paese. E tuttavia negli ultimi anni l’attività di questo archivio significativo, contenitore di piani, fotografie e documentazioni è rimasta piuttosto nell’ombra. Nel frattempo i suoi responsabili si sono apprestati a riposizionare, sotto vari punti di vista, il «loro» archivio. Esordi databili attorno al 1880 a Zurigo Gli esordi dell’AFMS, denominato fino al 1967 «Archivio dei monumenti storici», risalgono agli anni attorno al 1880. Il primo inventario d’archivio, datato 1898, contiene 808 voci, che alla fine del 1940 erano già diventate 46 900, nel 1960 75 500 e nel 1966 addirittura 100 000. Oggi all’AFMS sono conservati oltre due milioni di documenti, tra piani, fotografie, negativi, rapporti di restauro e di scavo nonché documenti sulla storia dell’architettura, dei monumenti storici e della tutela degli insediamenti e dei paesaggi. Fino al 1966 l’archivio fu gestito dal Museo nazionale svizzero (MNS). Successivamente fu scorporato, per ragioni strutturali ma anche pratiche, dall’MNS e affidato alla segreteria della Commissione federale dei monumenti storici (CFMS). La sua sede fu trasferita in Gasometerstrasse 9 a Zurigo, dove risiedeva già la CFMS. Il trasferimento a Berna Johannes Vonderach, l’ex consigliere fedeNel maggio 1975 l’allora Ufficio degli rale Ludwig von Moos, presidente della affari culturali divenne autonomo. Fu Commissione federale per la natura e il separato dalla segreteria generale del Di- paesaggio (CFNP), i consiglieri agli Stati partimento federale dell’interno (DFI) e la professor Olivier Reverdin, presidente del sua direzione affidata a Max Altorfer. In Consiglio di ricerca del Fondo nazionale quelle circostanze l’allora consigliere fede- svizzero e Franco Masoni, presidente della rale Hans Hürlimann decise di trasferire la Società di storia dell’arte in Svizzera, l’ex segreteria della CFMS da Zurigo a Berna consigliere nazionale Walter Bringolf, pree di integrarla nell’Ufficio degli affari cul- sidente dell’Istituto svizzero di studi d’arte, turali. Essendo troppo piccola la sua sede e Urs Dietschi, ex presidente della CFNP, in Thunstrasse 20 per riuscire ad ospitare Urs Widmer, sindaco di Winterthur, Roseanche l’archivio nel frattempo cresciuto, Claire Schüle, presidente dell’Patrimanio l’AFMS fu trasferito nel nuovo edificio del svizzero, Heinrich Ursprung, presidente del Dipartimento federale di giustizia e polizia, Politecnico di Zurigo e altri ancora. Bundesrain 20. Nella sua allocuzione di benvenuto, il La riapertura ufficiale dell’AFMS consigliere Hürlimann rilevò la notevole a Berna valenza della tutela dei monumenti storici, La cerimonia di riapertura dell’AFMS mise in un’epoca caratterizzata dal dinamismo in risalto l’importanza attribuitagli nel dell’attività edilizia e dall’importanza di 1976 per i suoi compiti e le sue funzioni. mettere a disposizione delle autorità e Celebrata il 10 novembre 1976, riunì oltre dell’amministrazione federali, ma anche 300 specialisti e persone interessate con- degli operatori culturali, un istituto effivenute da tutta la Svizzera. L’allora capo ciente per tutte le questioni legate agli del DFI, il consigliere federale Hans Hürli- affari culturali.1 mann, presenziò personalmente la cerimo- Dopo di lui prese la parola Max Altorfer, nia accompagnato da rappresentanti poli- direttore del neoistituito Ufficio degli affari tici, culturali ed ecclesiastici. Tra gli ospiti culturali, che illustrò il posizionamento delpoté dare il benvenuto a personalità di l’archivio mettendone in risalto l’eminente spicco come il vescovo di Coira, monsignor importanza e l’inserimento armonico nel Anfiteatro di Vindonissa a Windisch. Pianta 1:250. Disegno a china di C. Fels. 4 Giornale UFC 13 / 2004 Giornale UFC 13 / 2004 L’Archivio federale dei monumenti storici (AFMS) offre rifugio a oltre due milioni di documenti Scavi romani a Martigny. Rapporto di scavo illustrato di J. Morand, 1898. paesaggio dei centri di documentazione esistenti in Svizzera, ma anche l’arricchimento che rappresentava insieme alla collezione fotografica dell’MNS, all’archivio dell’Istituto svizzero di studi d’arte e a una serie di centri di documentazione specializzati.2 nella nuova sede sembravano mettere a serio rischio l’esistenza dell’archivio: nei sotterranei adibiti a locali di copiatura vi erano state infiltrazioni d’acqua, l’umidità relativa nei locali dell’archivio, anch’essi ubicati nei sotterranei, era salita a valori inquietanti e, contrariamente alle promesse, l’edificio non era ancora stato dotato di un impianto di sorveglianza Cerberus, fatto inammissibile considerato il valore dei beni archivistici che vi erano conservati. Alla fine si pronunciò Alfred A. Schmid, presidente della CFMS, che mise in risalto la valenza della documentazione per i monumenti storici, senza disconoscere l’importanza degli archivi cantonali, qua- A metà degli anni Novanta iniziò una le unico servizio centrale nel campo della vera e propria odissea per l’archivio. Nel documentazione storico-architettonica e 1996 le sue collezioni vennero dislocate storico-artistica avente la funzione di vero in Hallwylstrasse 15. Dal 1° gennaio 1998 e proprio archivio nazionale.3 l’AFMS rimase chiuso fino al momento del suo ennesimo trasferimento, avvenuto lo L’odissea dell’archivio stesso anno, in Holzikofenweg 8. Dalla Nonostante l’archivio fosse stato ripetuta- fine di ottobre 2000 fino al maggio 2001 mente encomiato da più parti per la singo- l’AFMS venne nuovamente chiuso per larità delle sue collezioni, dalla fine degli consentire i preparativi in vista del suo anni Ottanta e fino all’inizio del nuovo nuovo ritorno in Hallwylstrasse 15. A metà Millennio i suoi documenti furono esposti del 2001 l’AFMS venne riaperto in quea costanti mutamenti e di conseguenza sta sede, dove si spera possa restare per a grandi pericoli. Le sue immense colle- gli anni a venire per concentrarsi sui suoi zioni vennero trasferite più volte, anche compiti fondamentali – la catalogazione, ad intervalli brevi. In una lettera inviata la conservazione e la divulgazione – e dove dall’allora direttore dell’UFC al direttore può rendere accessibili i suoi documenti, dell’UFCL viene messo il dito sulla piaga: le unici nel loro genere, alle numerose percircostanze avevano richiesto il tempestivo sone interessate. trasferimento dell’AFMS dalla sua sede in Bundesrain 20 allo stabile di Schläflistrasse 204, in quanto il DFGP aveva bisogno di spazio. Ma i presupposti riscontrati Conclusioni Occorre restituire all’AFMS la posizione e la valenza che possedeva nel 1976, concedere ai preziosi documenti d’archivio una sede duratura e fargli beneficio delle cure perennemente omesse: in effetti il rifugio di oltre due milioni di documenti deve poter contare su ben altro che su curve climatiche stabili! AFMS, atti della Sezione patrimonio culturale e monumenti storici, Berna, 10.11.1976. 2 idem 3 idem 4 idem. Lettera di Alfred Defago, direttore dell’UFC, a Niki Piazzoli, direttore dell’Ufficio federale delle costruzioni, del 18 maggio 1988. 1 5 Doris Amacher Responsabile dell’AFMS, Sezione patrimonio culturale e monumenti storici Un cassetto dei grandi armadi metallici grigi si apre silenziosamente. Lo sguardo si sofferma su una catasta di piani di formato e materiale diversi. Sfogliandoli ci si trova improvvisamente immersi nell’epoca dei pionieri della tutela dei monumenti storici in Svizzera. Accanto al timbro della «Gesellschaft für Erhaltung historischer Kunstdenkmäler» ed ai numeri d’inventario si possono leggere le firme autografe di Robert Durrer (1867–1934), Joseph Zemp (1869–1942), Albert Naef (1862–1936) o Eugen Probst (1873–1970). I loro schizzi, acquerelli e disegni a china testimoniano sotto più aspetti il carattere dell’attività di conservazione dei monumenti dalla fine dell’Ottocento in poi. Sono un’istantanea dello stato dei monumenti architettonici, danno informazioni su progetti e studi cromatici e lasciano intravedere le doti artistiche degli autori e il loro entusiasmo per i monumenti. Le preziose raffigurazioni, spesso dai colori vivaci, permettono un nuovo approccio alla storia della tutela dei monumenti in Svizzera, documentata nell’AFMS, nonché alle sue teorie e posizioni. corso di queste attività, si provvide alla loro conservazione affidandoli all’Archiv für historische Kunstaltertümer. In seguito vi si aggiunsero lasciti, donazioni e acquisizioni.2 Nell’AFMS sono attualmente raccolti più di due milioni di documenti, conservati su due piani dell’ex torre della Biblioteca nazionale svizzera e in un locale appositamente climatizzato per i negativi. L’archivio comprende 110 000 piani, 700 000 negativi, 600 000 riproduzioni fotografiche, 350 metri lineari di raccolte di testi e 150 metri lineari di letteratura specializzata. Da un inventario provvisorio risultano circa cento raccolte e lasciti archiviati dall’AFMS assieme ai documenti relativi alle attività di tutela dei monumenti. Struttura dell’archivio e accessibilità dei materiali Documenti provenienti dall’attività di conservazione dei monumenti storici a livello federale Dopo essere stati consegnati all’AFMS, i documenti sono provvisti di un numero d’inventario e riportati nel registro dei nuovi arrivi. Prima dell’archiviazione in appositi contenitori, per tutte le foto, i piani ed i rapporti vengono preparate schede che, ordinate topograficamente, servono da strumento di ricerca. Le riproduzioni Uno sguardo alle collezioni Un archivio viene di regola fondato perché in un dato momento si comincia a riflettere sul come conservare i documenti accumulatisi nel corso di una determinata attività. La fondazione dell’AFMS ne è un esempio: nel 1880 fu fondata la Società svizzera per la conservazione dei monumenti storici. Dal 1887, il suo comitato direttivo si dedicò al restauro di monumenti architettonici e di scavi archeologici in diversi siti. Nel 1917 questo compito fu affidato1 alla Commissione federale dei monumenti storici. Avendo riconosciuto il valore dei documenti accumulatisi nel Giornale UFC 13 / 2004 Giornale UFC 13 / 2004 Le collezioni dell’AFMS, scrigno e vaso di Pandora fotografiche sono inoltre ordinate alfabeticamente per Comune, il che permette di reperire facilmente le immagini. Le fotografie sono pertanto sia materiale d’archivio che strumento di ricerca. I piani ed i rapporti sono invece archiviati in ordine numerico. Lo stesso vale per i negativi. Raccolte e lasciti Le raccolte ed i lasciti non sono riportati nei registri dei nuovi arrivi, cosicché spesso non v’è alcuna indicazione scritta riguardo alla loro provenienza o al contenuto. Le foto sono integrate nell’archivio fotografico, mentre i piani, gli atti ed i negativi sono lasciati nelle raccolte originali. Il loro reperimento è possibile grazie ai nomi dei Comuni e ad eventuali strutture interne già esistenti al momento della consegna all’archivio. Atti, taccuini e registri dei verbali Gli atti dell’epoca della fondazione della società, della commissione e dell’AFMS sono raccolti in fascicoli, archiviati in classificatori o accatastati e non sono stati provvisti di segnatura. Lo stesso vale per numerosi taccuini e registri dei verbali. Un’archiviazione ordinata dei documenti testimonianti le proprie attività non ha avuto luogo o è ormai impensabile in se- guito ai numerosi cambiamenti di sede e di personale dell’archivio. In particolare gli atti della commissione sono per lo più mischiati con altri documenti dei lasciti degli ex esperti e consulenti. I materiali d’archivio resi accessibili finora sono soprattutto foto, piani e rapporti. I documenti sulla storia, i retroscena e le attività dell’archivio sono invece stati trattati con minor cura. Dall’inizio degli anni Ottanta, per via del notevole afflusso di documenti, non è più stato possibile occuparsi delle raccolte già esistenti o catalogare e integrare nell’archivio i rapporti, le foto e i piani ricevuti. Sia nell’archivio dei negativi che nella raccolta dei piani e dei rapporti di restauro si sono formati depositi provvisori. L’AFMS oggi: compiti e servizi Nel 2003 sono state eseguite perizie in materia di conservazione e nel 2004 è stato elaborato un piano strategico. Quale primo provvedimento, i negativi, le fotografie, gli atti ed i piani verranno messi in nuovi imballaggi che non contengono sostanze dannose e proteggono il prezioso contenuto dagli agenti esterni.3 L’origine o il contesto di molti documenti depositati nell’AFMS è sconosciuta a causa dei numerosi cambiamenti di sede o della mancanza di dati sulle attività dell’archivio. Per questo motivo si sta allestendo un inventario dettagliato e svolgendo impegnative ricerche sulla provenienza dei materiali d’archivio e soprattutto sui relativi diritti di proprietà e d’autore. Solo al termine di queste ricerche sarà possibile pubblicare su Internet le raccolte e i singoli documenti. Disentis, veduta panoramica dell’Oberalp. Fotografia del 1912. 6 Nel suo importante ruolo di garante della memoria della cultura architettonica del nostro Paese, l’Archivio federale dei monumenti storici, assieme agli archivi degli uffici cantonali e comunali, è un punto fermo nel panorama degli archivi svizzeri e della politica nazionale della memoria. 1 2 3 Per quanto riguarda la storia dell’AFMS vedi: Das Eidgenössische Archiv für Denkmalpflege, in: Unsere Kunstdenk mäler 1/1977, S. 8–20; Albert Knoepfli: Schweizerische Denkmalpflege – Geschichte und Doktrinen, Zurigo 1972. Per esempio l’Archivio della casa borghese (atti, piani e foto realizzati nel periodo 1900–1930 per la serie di pubblicazioni La casa borghese in Svizzera ); le fotografie in bianco e nero (fine del XIX – metà del XX secolo) di Photoglob, casa editrice specializzata in cartoline illustrate; la raccolta fotografica dell’Ufficio svizzero del turismo (1940–1990); il lascito dell’esperto di organi Ernst Schiess; gli atti degli ex-membri ed esperti della CFMS Walter Drack e Pierre Margot, ecc. Tutti i materiali utilizzati finora non erano adatti per l’archiviazione. Attualmente è in corso il trasferimento delle riprese aeree del fotografo zurighese Hugo Kopp, realizzate negli anni Cinquanta. Una volta tolte dalle buste in cui erano conservate, contenenti sostanze acide, esse vengono, inserite in involucri trasparenti e archiviate in appositi contenitori. 1 Morcote, campanile della chiesa di S. Maria del Sasso. Fotografia del 1930. 2 Oberdorf, santuario di S. Maria Assunta. Stucchi dopo il restauro. Fotografia del 1958. 3 Malvaglia, Chiesa di S. Martino. L’AFMS è accessibile su appuntamento durante le ore d’ufficio. Ufficio federale della cultura Sezione patrimonio culturale e monumenti storici Archivio federale dei monumenti storici Hallwylstrasse 15, CH-3003 Berna T +41 31 322 87 24 (D. Amacher) T + 41 31 323 80 16 (K. Gurtner) F +41 31 322 87 39 www.bak.admin.ch/patrimonio 7 chi dispone di una profonda conoscenza degli edifici in questione. Nota conclusiva Naef è stato un pioniere nel suo campo grazie allo sviluppo di metodi scientifici per il restauro dei monumenti. È una grande fortuna che le sue annotazioni siano conservate nell’Archivio federale dei monumenti storici e possano così essere consultate, su richiesta, per ulteriori ricerche. Kathrin Gurtner Collaboratrice scientifica dell’AFMS, Sezione patrimonio culturale e monumenti storici Uno scritto affascinante, dalla grafia rapida, spesso microscopica o poco leggibile a inchiostro nero, con aggiunte, osservazioni in rosso o sottolineate a matita rossa e verde. Si tratta delle annotazioni di Albert Naef, conservatore di monumenti, architetto, storico dell’arte e archeologo, che in cinque voluminosi tomi ha documentato con acribia le attività della Società svizzera per la conservazione dei monumenti storici e in seguito dell’omonima Commissione federale. Uno scienziato universale nel campo della conservazione dei monumenti Albert Naef (nato nel 1862 e morto nel 1936 a Losanna) concluse gli studi al Collège Gaillard di Losanna e in seguito al Politecnico di Stoccarda. Tra il 1888 e il 1889, dopo aver seguito corsi all’École des Beaux-Arts di Parigi, il versatile Naef espose i suoi acquerelli in vari «salons». Nel 1890 fu nominato professore di storia dell’arte all’École des Beaux-Arts di Le Havre e membro della commissione delle antichità del dipartimento SeineInférieure. Albert Naef cominciò presto ad interessarsi della sorte del castello di Chillon. Nel 1894 pubblicò una «guide à Chillon». Un anno dopo divenne membro della commissione tecnica e dal 1897, anno in cui il Consiglio di Stato vodese lo nominò architetto del castello di Chillon, diresse le ricerche ed i lavori di restauro dell’edificio. Il lavoro di Naef lascia trasparire il suo credo di «restauratore conservativo» di monumenti: i suoi principi guida erano la salvaguardia e la conservazione delle parti dell’edificio originali e il rifiuto di restauri azzardati. Naef ideò un metodo di conservazione nel quale il vecchio e il nuovo sono chiaramente contrassegnati: le copie, gli oggetti restaurati e i complementi recano una determinata lettera e l’indicazione dell’anno, mente le parti aggiunte, riconoscibili dai profani grazie ad una sottile striscia di pezzi di mattone sparsi, sono separate da quelle originali.1 Albert Naef rivestì per primo le cariche di archeologo e conservatore di monumenti del Cantone di Vaud (1899–1936), dove dal 1898 una legge prescriveva la protezione di monumenti e oggetti d’arte. Nel periodo 1905–1915, in qualità di presidente della Società svizzera per la conservazione dei monumenti storici, il cui comitato direttivo fungeva anche da commissione di esperti del Dipartimento federale dell’interno, contribuì a influenzare in modo decisivo la tutela dei monumenti in Svizzera. Fra «tuoni e fulmini», come scrive Knoepfli2, lasciò nel 1917 la Società, dopo lunghi anni di dispute, per assumere la presidenza della neonata Commissione federale dei monumenti storici. In essa si occupò in modo energico fino al 1935 di pratiche relative ai restauri, compilò perizie, eseguì ispezioni, allestì inventari e documentazioni fotografiche e stilò resoconti precisi delle proprie attività. Accanto all’attività di presidente della CFMS, Naef fu professore di storia dell’arte e archeologia alle Università di Neuchâtel e Ginevra. Nel 1903 e nel 1909 gli furono conferite per i suoi meriti le lauree honoris causa delle Università di Zurigo e Ginevra. Dal 1914 lavorò quale conservatore al museo d’archeologia e di storia di Losanna. La memoria della tutela dei monumenti in Svizzera tra il 1909 e il 1935 Le annotazioni di Naef nel primo volume del catalogo dei monumenti storici e dei siti archeologici sussidiati dalla Confederazione («Katalog der vom Bunde subventionierten historischen Baudenkmäler und Ausgrabungen») cominciano nel 1909.3 Dal 1915 in poi, Naef cominciò a inserire aggiunte, riferimenti bibliografici e indicazioni relative all’ubicazione di diversi atti. Queste annotazioni successive, perlopiù inserite diagonalmente, marcate in rosso o in verde, conferiscono ai cinque volu- Scrittura dai libri di Naef. Volume 1, 1909–1924, Foglio 18. 8 1 Valeyres-sous-Rances, pianta della chiesa 1:50. Acquerello di O. Schmid, 1908. 2 3 mi l’aspetto di un enorme quaderno di appunti personali. Si ha l’impressione di essere direttamente coinvolti nelle pratiche descritte e di poter gettare uno sguardo sui rapporti di Naef durante la loro stesura. Il primo volume è rigidamente strutturato in tabelle. Le colonne, distribuite su due pagine, contengono indicazioni sul luogo, il Cantone, il monumento e la sua classificazione. Seguono rubriche relative alle questioni finanziarie (finanziatori, preventivo, partecipazione della Confederazione, ecc.) e le perizie del comitato direttivo della Società svizzera per la conservazione dei monumenti storici. Alla fine sono indicate le condizioni particolari per la concessione dei sussidi e riportate le osservazioni sulle ispezioni dei lavori eseguiti. Gli altri quattro volumi (1924, 1929, 1932 e 1935) hanno una struttura più libera. I monumenti non sono più descritti in tabelle, bensì sotto forma di testo corrente. I rapporti sulle ispezioni degli edifici sussidiati, stesi alcuni anni dopo la fine dei lavori, assumono un importanza ancora più grande. Col passare degli anni, la grafia diventa meno chiara e accurata, cosicché verso la fine del quarto e quinto volume è richiesto un certo spirito di ricercatore anche solo per riuscire, muniti di lente, a decifrare le informazioni. Nunmero 128, foglio 79 L’esempio concreto di una pratica relativa alla concessione di sussidi può meglio illustrare il metodo di lavoro di Naef e della sua commissione di esperti. Numero 128, foglio 79: la chiesa di Valeyres-sous-Rances nel Cantone di Vaud. Nel marzo del 1909 il Comune di Valeyres presentò alle autorità federali una richiesta di sussidi per il restauro della Chiesa di St. Jacques. Venne accordata la metà dell’importo richiesto. La concessione dell’aiuto finanziario fu motivata nella breve «perizia del comitato direttivo» della Società per la conservazione dei monumenti storici. Ritenendo il restauro assolutamente necessario a causa della notevole importanza archeologica della chiesa, il comitato raccomandò di contribuire al finanziamento dei lavori. La chiesa del Quattrocento, con pianta a croce latina piuttosto irregolare, fu costruita sui resti di un antico edificio. Gli scavi avviati da Naef portarono alla luce le fondamenta di un abside semicircolare ed anche parte dei muri della precedente chiesa romanica. All’interno erano rimaste volte a crociera del XV secolo e furono trovati numerosi dipinti della stessa epoca. Si riuscì inoltre a sgomberare l’entrata principale della chiesa. Nel 1909 non era ancora chiaro se il portone sarebbe stato riaperto. La sobria descrizione della chiesa è seguita dalle condizioni poste al Comune: dopo il restauro, Valeyres-sous-Rances doveva tra l’altro impegnarsi a mantenere in buono stato l’edificio e a non apportarvi cambiamenti senza l’accordo delle autorità federali. Dopo la sottoscrizione delle condizioni nel 1909, la chiesa venne restaurata tra il 1910 ed il 1912. Dai rapporti sulle ispezioni condotte nel 1915, 1926 e 1935 risulta che Naef era molto soddisfatto dello stato dell’edificio e non v’era alcuna nota di disappunto. Quello della chiesa di Valeyres-sous-Rances è uno tra centinaia di esempi di costruzioni descritte in modo breve e conciso. Naef fornisce molte informazioni dettagliate, che possono essere valutate correttamente e inserite in un contesto globale solo da Il metodo di Naef non era del tutto nuovo, poiché già nel 1857 Adalbert Stifter consigliava nel suo romanzo «Nachsommer» di contrassegnare le parti dell’edificio non originali con placchette d’argento recanti informazioni. Albert Knoepfli: Schweizerische Denkmalpflege. Geschichte und Doktrinen, Zurigo 1972, p. 39. Il catalogo si basa su un catalogo in fogli sciolti redatto fino al 1905 da una certa «signorina» Gobat. St. Ursanne, statua della Madonna, portale sud della chiesa della Collegiata. Colorazione ricostruita, Albert Naef 1896. 9 Giornale UFC 13 / 2004 Giornale UFC 13 / 2004 L’eredità di Albert Naef Mariadele Zanetti Studentessa di archeologia, Università di Losanna Stabio, località situata in una zona collinare nella parte più meridionale delle terre dell’attuale Canton Ticino vicino al confine italo-svizzero, costituisce un sito archeologico di grande interesse e importanza. Alcune delle testimonianze fino ad ora raccolte come, ad esempio, le stele con iscrizione in carattere nord-etrusco, attestano la presenza di un insediamento abitato già in epoca preromana. Stabio rappresenta l’unico esempio nel Sottoceneri di continuità abitativa dall’epoca del Ferro fino all’Alto Medioevo1. L’interesse per questo sito nacque molto presto, già dalla prima metà dell’Ottocento2, quando furono rinvenuti i primi ritrovamenti. La Campagna di scavi di Christoph Simonett Uno dei momenti fondamentali della ricerca archeologica effettuata nella zona è legato al programma federale dell’«Archaeologischer Arbeitsdienst der Schweiz. Ein Werk des freiwilligen Arbeitsdienstes», operativo negli anni Trenta. L’obiettivo di quest’ultimo era di facilitare l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro e, nel contempo, accrescere attraverso la ricerca del passato le conoscenze riguardanti le origini del Paese. In questo contesto, nel 1937 un progetto sorse anche in Ticino e più precisamente a Stabio e nel Comune adiacente di Ligornetto. In quell’anno nella regione presero avvio degli scavi condotti, contemporaneamente in più sondaggi, dall’archeologo Christoph Simonett. Grazie a questi lavori, emersero a Stabio strutture fino a quel momento sconosciute: due tombe dell’età del Ferro, mura di una villa romana, una necropoli della stessa epoca e una, leggermente più tarda, paleocristiana. Le necropoli di Stabio, insieme ad altre indagate dal medesimo ricercatore nel Locarnese nell’anno precedente, furono oggetto di studio e pubblicate nel 19413. Questa pubblicazione, dal titolo «Tessiner Gräberfelder», ancora oggi costituisce uno strumento di lavoro indispensabile per chiunque desideri avvicinarsi all’ambito funerario nel territorio dell’attuale Canton Ticino e nelle zone italiane limitrofe. Recupero delle fonti e ricerca in corso La necropoli romana di Stabio, in località San Pietro-Vignetto, costituisce l’oggetto della mia tesi di laurea. Il sepolcreto, risalente al II–IV/V secolo d.C.4, conta 49 sepolture, 36 inumazioni e 13 incinerazioni. Lo scopo della ricerca è di analizzare le strutture tombali e il relativo corredo funerario, composto da oggetti, deposti volontariamente al momento dell’estremo saluto, che servivano al defunto per la sua vita ultraterrena. Il recupero della documentazione originale fu da principio uno degli elementi principali del mio studio. Visionare gli scritti riuniti dal Simonett costituiva una fase fondamentale ed emozionante del lavo- Giornale UFC 13 / 2004 Giornale UFC 13 / 2004 Archeologia – Ritrovamenti nell’AFMS riguardanti le tombe di Stabio ro. Dopo alcune indagini, ritrovai presso l’Archivio federale dei monumenti storici (AFMS) a Berna le foto realizzate durante la campagna di scavi, del materiale in parte già pubblicato da Simonett nella sua opera del 1941 nonché tre quadernetti manoscritti inediti. La documentazione ritrovata all’AFMS rappresenta un passo importante nella ricerca archeologica e non solo per la necropoli romana. La documentazione originale Uno dei tre quaderni ritrovati si presenta sotto forma di diario di scavo. Giorno per giorno l’archeologo annotò il lavoro svolto nei vari settori, i ritrovamenti operati e le informazioni d’ordine più generale, come ad esempio il numero degli uomini impiegati nelle varie sezioni e le condizioni meteorologiche. Il secondo quaderno, registra tutti i reperti trovati durante gli scavi. Ogni oggetto è riportato con un numero d’inventario, attribuitogli al momento del ritrovamento, e una breve descrizione. Questo elenco, come vedremo più tardi, rappresenta una fonte inestimabile d’informazioni. L’ultimo quadernetto illustra, invece, gli schizzi eseguiti da Simonett sul luogo. In questi disegni, molto schematici, furono riportate le dimensioni e le altitudini delle differenti strutture. Nell’insieme, questo materiale apporta in maniera significativa nuove informazioni a quelle finora disponibili. La documentazione fotografica consente quattro tipi d’osservazioni. La prima interessa l’analisi tipologica delle strutture Stabio, scavi in località Vignetto. Volontario con corredo funerario recuperato, tomba 43. Fotografia del 1937 Stabio, scavi in località Vignetto. Tomba 37 con tre ripostigli per corredo funerario. Fotografia del 1937 10 tombali della necropoli. Le diverse peculiarità delle sepolture, ci forniscono tutta una serie di conoscenze sulle usanze funerarie come pure sulle zone d’influenza di un determinato sito. Ad esempio, a StabioVignetto è significativa la presenza di una forma molto rara nell’area ticinese, ma ben attestata nella vicina regione comasca, la tomba ad anfora5. La seconda osservazione, legata alla precedente, consiste nella verifica delle rappresentazioni grafiche delle sepolture pubblicate nell’opera di Simonett. Questo passaggio della ricerca rivela il grado d’attendibilità dell’opera, poiché, in seguito al confronto con il materiale archeologico, delle piccole imprecisioni sono state notate nei disegni degli oggetti. La terza riflessione concerne il luogo di deposizione del corredo funerario. Analizzando la collocazione degli oggetti, in alcuni casi all’esterno della struttura sepolcrale, a volte in spazi appositamente concepiti (ill.1), è possibile pervenire a una visione organica dell’insieme del sepolcreto. La quarta ed ultima osservazione, interessa la sfera umana. Sfogliando le fotografie (ill.2) possiamo incrociare gli sguardi degli uomini che contribuirono personalmente a questi ritrovamenti e, quasi certamente, di Simonett stesso. Questa dimensione umana si riscontra anche nel primo documento scritto, nel quale giornalmente l’archeologo si annotava l’entità del lavoro effettuato e le osservazioni sui «Tessiner» e sui «Freiwilligen». Questo diario apporta però anche un’indicazione di ordine più tecnico riguardante i diversi settori aperti, su alcuni dei quali si avevano solo notizie vaghe, e la relativa durata dei lavori in una determinata zona. Il secondo testo, ovvero l’elenco dei materiali (ill.3), solleva una questione importante e chiarisce una serie di problemi, precedentemente irrisolvibili. All’esame della lista dei materiali emerge con sorpresa il fatto che l’archeologo scelse di pubblicare solo una parte, seppur molto cospicua, degli oggetti rinvenuti durante gli scavi. Una domanda sorge subito spontanea: con quale criterio operò questa scelta? Le ripercussioni di questa scoperta esulano dal contesto del mio lavoro di ricerca e proiettano una nuova luce sull’insieme del lavoro di Simonett. Un esempio di questa selezione riguarda il caso di alcuni frammenti vitrei. Nel deposito dell’Ufficio Beni Culturali del Canton Ticino, laddove sono oggi conservati tutti i reperti archeologici, sono emersi, qualche mese fa, alcuni frammenti in vetro conservati in sacchetti di carta recanti l’indicazione «Vignetto» e l’anno, 1937. Questi reperti non appaiono nella pubblicazione di Simonett, mentre risultano nella documentazione manoscritta ritrovata a Berna. Questi materiali non cambiano la questione della presenza minima del vetro nella regione all’epoca romana, ma, grazie all’elenco, ritrovano un loro contesto. Con l’ausilio di questa preziosa lista, tutta una serie di reperti, privi fino ad oggi di una collocazione geografica, hanno ritrovato un proprio contesto e una propria ubicazione. Materiale attualmente conservato nei depositi ticinesi, ma finora non chiaramente attribuito, ha così potuto essere associato a quattro settori scavati nel 1937 da Simonett. In conclusione, la documentazione ritrovata all’AFMS è stata finora, e sarà anche in futuro, un prezioso strumento di lavoro per tutti gli specialisti del ramo che desidereranno riprendere l’indagine degli scavi eseguiti sotto la guida di Christoph Simonett. Stabio, S. Abbondio, tomba 11. Fotografia del 1937 1 2 3 4 5 Per informazioni aggiuntive: R. Cardani Vergani, H. Amrein, V. Boissonnas: L’ultimo guerriero longobardo ritrovato a Stabio TI, in: Archäologie in der Schweiz, 26, 3/2003, pp. 2–17. Nel 1833 e 1838 furono scoperti una croce d’oro e uno scudo, entrambi d’epoca longobarda. Christoph Simonett: Tessiner Gräberfelder. Ausgrabungen des Archäologischen Arbeitsdienstes in Solduno, Locarno-Muralto, Minusio und Stabio, 1936 und 1937, Basel 1941. Vedi S. Biaggio-Simona: Stabio, in: Ceramica romana in Svizzera, Antiqua 31, p. 226. Per ulteriori informazioni sul tema: F. Butti Ronchetti: Necropoli romane del Canton Ticino. Osservazioni su alcuni aspetti e caratteristiche, in: Archeologia della Regio Insubrica. Dalla preistoria all’Alto Medioevo, Atti del Convegno di Chiasso 5–6 ottobre 1996, Como 1997, pp. 267–282. 11 Martin Fröhlich Professore di storia dell’architettura e tutela dei monumenti storici, Scuola universitaria d’architettura, di genio civile e del legno, Burgdorf La scoperta Affinché imparassi qualcosa1, il 22 ottobre 1980, all’epoca segretario della Commissione federale dei monumenti storici (CFMS), venni nominato esperto federale per il Kursaal di Interlaken, per poi seguire in questa veste assieme all’addetto bernese ai monumenti dott. h.c. Hermann von Fischer per alcuni anni i lavori di restauro dell’affascinante edificio. Il 3 luglio 1981 ricevetti un biglietto da parte del signor von Fischer che m’informava che erano stati trovati in un punto non meglio precisato del Kursaal tutti i piani dell’edificio. La prima volta che vidi la «pila di carte vecchie» fu su un tavolo che si reggeva a mala pena in piedi in un locale un tempo adibito a lavanderia nello scantinato dell’edificio. E non era tutto. I fogli più belli erano stati infatti incorniciati e appesi nella sala da tè del Kursaal all’Höheweg. Come responsabile scientifico dell’Archivio federale dei monumenti storici (AFMS), non potevo fare a meno di rovistare fra le carte. C’erano anche bozzetti per l’esposizione nazionale del 1914 a Berna col timbro «Paul Bouvier / Architecte / Neuchâtel» – dunque non «solo» di piani del Kursaal si trattava. Insomma, una montagna di carte intrigante. Il salvataggio I lavori di restauro del Kursaal stavano per iniziare e non si era ancora trovato un locale dove porre al riparo le carte. Nella mia funzione di esperto federale «disposi» allora su due piedi di far portare «tutto» a Berna «da Moser»2, compresi i fogli esposti nella sala da tè! I fogli furono così tolti dalle cornici, sostituiti senza tanti complimenti con fotografie a colori e portati assieme al resto a Berna. La sistemazione A Ernst Moser restavano ancora un paio di cassetti vuoti e una miriade di manifesti di grande formato destinati a promuovere nel 1975 l’anno europeo della conserva- Giornale UFC 13 / 2004 Giornale UFC 13 / 2004 Vita di un lascito – I piani del Kursaal di Interlaken zione dei monumenti storici e della tutela del patrimonio culturale (AEPA). Una volta piegati, potevano servire da cartelle per il materiale rinvenuto nel Kursaal. Selezionammo e imballammo i piani, dopodiché annotammo brevemente il contenuto sulle cartelle e riponemmo tutto nei cassetti. Contrassegnammo anche i cassetti, affinché al termine dei lavori di restauro i piani potessero essere ordinati, inventariati e catalogati correttamente. L’idea era di creare, a mo’ di rapporto sui lavori di restauro, una guida artistica al Kursaal. La caduta nel dimenticatoio e i rinvii Gli avvenimenti presero però un’altra piega. Dopo i lavori di restauro, la Kurhausgesellschaft, proprietaria del Kursaal di Interlaken, non aveva i mezzi per finanziare anche la pubblicazione di una guida; Ernst Moser, dal canto suo, fu costretto a trasferire per ben tre volte «la sua bottega», mentre io passai nel 1990 all’Ufficio federale delle costruzioni federali (UCF) in qualità di addetto alle costruzioni della Confederazione. Ernst Moser non cessò di traslocare fino a quando, giunto nella sede della Biblioteca nazionale svizzera, andò in pensione. Interlaken? Non c’era qualcosa in ballo? Verso la fine degli anni Novanta il direttore del Kursaal di Interlaken Rolf Zingg diede a me, quale ex esperto federale, e al benemerito studioso di storia locale e docente di Interlaken Rudolf Gallati l’incarico di ricostruire la storia del Kursaal. Purtroppo però non trovai il tempo per occuparmi della parte dedicata alla costruzione del Kursaal. Infatti, oltre ai compiti che comportava la mia funzione di addetto alle costruzioni, insegnavo alla scuola universitaria professionale, un programma occupazionale per disoccupati da dirigere all’UCF, guide da scrivere, convegni cui prendere parte, cosicché al signor Zingg, ogniqualvolta mi chiamava, ero costretto a dare sempre la stessa risposta: «Sarebbe un piacere, ma ora non posso, facciamo l’anno prossimo…!» E intanto il tempo passava e aumentava anche il lavoro da compiere per la «Storia della Kurhausgesellschaft di Interlaken», fino a quando andò in pensione il signor Gallati e se ne occupò lui. Inventario e restauro Nell’estate del 2003 non c’erano più scuse che tenessero. Promisi solennemente di fornire il testo della storia architettonica del Kursaal per Pasqua del 2004 – e rispettai il termine. Per realizzarlo mi occorrevano però non solo gli estratti dei libri dei verbali della Kurhausgesellschaft, gentilmente e meritoriamente forniti dal signor Gallati, ma dovevo anche conoscere il contenuto dei piani. Ebbe così inizio nell’autunno del 2003 – con un ritardo di vent’anni – lo studio e l’inventariazione dei piani e dei disegni lasciati «a suo tempo» nei cassetti. Il materiale si trovava ancora nelle stesse cartelle e negli stessi cassetti; solo l’ambiente era cambiato, risultandomi estraneo all’inizio – ma solo all’inizio. Grazie alla capacità di motivazione della nuo- 12 va responsabile dell’AFMS – pari a quella di Ernst Moser, come se l’avesse ereditata da lui – è già stata rilevata, contrassegnata e inventariata con una numerazione provvisoria una buona metà dei piani e disegni, mentre le carte più rovinate sono in corso di restauro in vista della pubblicazione. Oltre a lasciare nei cassetti i piani e i disegni, a suo tempo si era anche rimandato l’esame di questioni giuridiche come a chi appartenessero i piani, chi avesse il diritto di utilizzarli e chi l’obbligo di mantenerli in buono stato. Questioni che – grazie al lavoro di ricerca – vengono ora risolte di comune accordo dall’AFMS e dal direttore del Kursaal. Restano ancora da studiare e inventariare i disegni che non forniscono informazioni che hanno direttamente a che fare con la storia della costruzione del Kursaal di Interlaken, i bozzetti degli ornamenti nel Kursaal e di dettagli architettonici, i lavori compiuti da Bouvier come allievo dell’Ecole des Beaux-Arts di Parigi e altro ancora. Ci vorranno altri vent’anni?» Non credo proprio. L’uscita del catalogo dei piani è infatti prevista per il 2005, in allegato alla storia della costruzione del Kursaal. Per allora il catalogo dovrebbe essere pronto, no? A che pro tutto questo lavoro? Il fatto che i piani mi permettano di ricostruire la storia architettonica del Kursaal, che nel corso del tempo è stato più volte ampliato e ristrutturato (non sempre in meglio), è «solo» uno dei motivi d’interesse per me. Anche il sollievo di potere finalmente compiere un mio dovere è ormai passato in secondo piano dopo tutti questi anni. No, c’è dell’altro che mi spinge a proseguire questo lavoro. Gotthelf ha scritto una volta che più tempo dedicava a un lavoro più «s’impastava le mani». È quello che mi sta succedendo con l’architetto neocastellano Paul Bouvier (1857–1940) e il suo lascito. Il mondo della ricerca ne ha riconosciuto finora praticamente solo il talento come acquerellista3. Un’attività che, da sola, non gli poteva certo dare da vivere, e un riconoscimento che non gli rende giustizia. È infatti stato anche tra gli ideatori del «villaggio svizzero» per l’esposizione nazionale del 1896 a Ginevra e per l’esposizione mondiale del 1900 a Parigi, dove ha curato l’allestimento del padiglione svizzero. Costruzioni, queste, che hanno influenzato la sua unica opera importante conservata in Svizzera: il Kursaal di Interlaken. L’edificio reca tuttora i segni dell’adesione di Bouvier, architetto formatosi secondo le regole dell’accademia, alla riforma architettonica che ebbe inizio in Svizzera nel 1892 con la costruzione del Museo nazionale svizzero di Zurigo, raggiunse un primo apice nel 1896 con il «villaggio svizzero» e il Palais des Beaux-Arts dello stesso Bouvier a Ginevra e portò nel 1915 alla nomina di Karl Moser quale professore d’architettura al Politecnico federale di Zurigo. Ma questa è tutta un’altra storia – prima pensiamo al volume sulla costruzione del Kursaal di Interlaken, che uscirà l’anno prossimo! Interlaken…! 1 2 3 Martin Fröhlich, 1978–1990 segretario della Commissione federale dei monumenti storici (CFMS) . Ernst Moser è stato direttore dell’AFMS dal 1980 al 1997. All’epoca in Svizzera tra coloro che conoscevano l’archivio è così che ci si esprimeva quando ci si riferiva all’archivio: «Moser non ha niente?» oppure «Hai provato a chiedere a Ernst?» – un bell’attestato di capacità, no? Vedi tra l’altro Patrice Allanfranchini, Paul Bouvier: Un maître de l‘aquarelle suisse. Hauterive NE, senza indicazione dell’anno di pubblicazione (attorno al 1995). 1 Interlaken, Kursaal. Progetto per l’ampliamento del casinò, lato giardino. Disegno a china colorato di Paul Bouvier, 1898. 2–3 Interlaken, Kursaal. Piani degli interni. Disegni a china colorati di Paul Bouvier. 13 Nadine Reding Conservatrice / restauratrice Fondo La collezione di fotografie dell’AFMS si compone di circa 1,5 milioni di negativi, diapositive, stampe e altri materiali fotografici. Il periodo compreso tra il 1880 e il 1960 rappresenta il fulcro della collezione, a cui dal 1989 si sono aggiunti altri singoli fondi. Nell’archivio dei positivi dell’AFMS vengono conservate globalmente circa 600 000 stampe e cartoline. Le più antiche sono stampe all’albumina1, vi sono anche alcune stampe al collodio2 e un’enorme quantità di stampe alla gelatina. L’archivio dei negativi comprende circa 700 000 negativi e diapositive. Essi sono stati prodotti con le tecniche fotografiche in uso dal 1851 fino ad oggi. Nella maggior parte dei casi si tratta di lastre di vetro, ma si conservano anche pellicole in nitrato e in acetato nonché pellicole in poliestere. Sia i formati di un tempo che quelli attuali variano dai negativi poliestere 35 mm per fotografie di formato piccolo alle lastre di vetro di 30 x 40 cm. hanno provocato in seguito una serie di reazioni influenzando il processo d’invecchiamento. Sono stati riscontrati i seguenti danni: la maggior parte dei negativi presenta riflessi argentei5 a diversi stadi, altri cambiamenti di colori dell’emulsione o dell’immagine argentica. Altri ancora sono parzialmente o completamente sbiaditi. Nel caso di alcuni negativi di vetro si riscontra la rottura del vetro, una diminuzione dello spessore, il distacco dell’emulsione fotografica o la «malattia del vetro»6. Per quanto riguarda i negativi in acetato, la maggior parte ha raggiunto diversi stadi di degradazione, che variano da una superficie ondulata al distacco dello strato (illustrazione 3); una percentuale esigua dei negativi in acetato è già completamente degradata. La collezione Photoglob-Wehrli risulta fortemente compromessa. I negativi in poliestere sono conservati principalmente come singole immagini in custodie di plastica o tagliati in strisce e infilati in custodie di pergamena a loro volta collocate in raccoglitori. Ad occhio nudo è praticamente impossibile distinguere le solo una soluzione provvisoria, all’archivio dei negativi dell’AFMS è stato attribuito uno spazio al settimo piano del magazzino sotterraneo est già edificato. In vista dell’imminente trasloco l’archivio è stato visionato ed è stato stilato un inventario sommario. In seguito si è potuto procedere a prendere le prime misure riguardanti la conservazione. pellicole in nitrato da quelle in acetato. Uno dei negativi in nitrato, ad esempio, ha sprigionato acido nitrico facendo arrugginire il cassetto in metallo; questo genere d’identificazione al nitrato deve rimanere unica. Malgrado i danni impressionanti fortunatamente si è potuto constatare che dal 2001 nei locali degli archivi regna un clima stabile. Ciò che contribuisce alla conservazione degli oggetti fotografici storici. Trasloco imminente Visto che i lavori per la prevista costruzione del nuovo magazzino sotterraneo ovest della Biblioteca nazionale svizzera avranno luogo nell’immediata vicinanza dell’attuale deposito dei negativi, vi è il rischio di mettere altamente a repentaglio il patrimonio dell’archivio. I negativi sarebbero esposti alle vibrazioni, alle infiltrazioni di polvere e acqua e agli eventuali danni subiti dalla parete esterna e dalle finestre. Per questo motivo l’archivio dei negativi deve essere trattato prioritariamente e trasferito ancora prima dell’inizio dei lavori. Per non avere Misure di conservazione I diversi materiali costituiscono una sfida per la conservazione e il restauro del fondo. Per evitare ulteriori danni al patrimonio dell’archivio, tutti i negativi devono essere trasferiti con urgenza in custodie di «qualità d’archivio». La procedura che si vuole seguire consiste in primo luogo nel pulire i negativi con un pennello fine per permettere loro di asciugare e per allontanare eventuali particelle sporche. In seguito vengono riposti singolarmente in una cartella di carta chimicamente neutra con un’alta percentuale di cellulosa alfa resistente all’invecchiamento e con una superficie liscia. I negativi imballati vengono collocati in scatole che proteggono e stabilizzano ulteriormente il fragile patrimonio d’archivio. Le lastre di vetro rotte vengono conservate in buste prodotte proprio per facilitare la conservazione. I negativi di vetro che presentano cambiamenti di colore, il distacco di uno strato o riflessi argentei, vengono registrati in un elenco per poter poi eseguire in modo mirato misure di restauro. Con la stessa cura si devono trasferire, conservare e restaurare anche i negativi in acetato. Poiché nel caso di questi ultimi è soprattutto il sostegno che si degrada, si può trasferire lo strato contenente l’immagine – in questo caso gelatina – su un supporto in poliestere e salvare il contenuto dell’immagine. I negativi su poliestere vengono inseriti in buste in polipropilene e posti in cassettiere. Tutti i materiali a base di nitrato devono essere duplicati e depositati in posti diversi in quanto sono facilmente infiammabili, ciò che in passato ha provocato numerosi incendi nelle sale cinematografiche. Prospettive La raccolta di fotografie dell’AFMS è unica in Svizzera. La sua perdita sarebbe grave e imperdonabile. Dal punto di vista del contenuto queste fotografie di beni culturali svizzeri hanno un valore inestimabile per la generazione attuale e quelle che verranno. In termini di tecnica fotografica, l’archivio è significativo anche oltrefrontiera. Per questo motivo si devono assolutamente trovare fondi e modalità per trasferire in imballaggi di «qualità d’archivio» tutti i 700 000 negativi nonché le stampe e le cartoline. Altrimenti in un prossimo futuro si dovranno fare i conti con perdite consistenti se non addirittura globali. Con il trasferimento dei 5 000 negativi della collezione Nägeli si è compiuto un primo passo verso la conservazione dell’archivio fotografico. Curiosità Durante la visione del fondo sono state scoperte delle autocromie in buono stato (illustrazione 1). Le lastre autochrome costituiscono una particolarità nella storia della fotografia. Messe in commercio verso il 1907, sono una testimonianza del primo procedimento fotografico a colori prodotto industrialmente. Autocromia, una tra le prime diapositive a colori. Rarità per il contenuto e lo stato di conservazione dei colori. 1 Analisi delle condizioni Finora non è stata praticamente adottata alcuna misura per la conservazione del fondo. Le collezioni sono state accettate e spesso archiviate come sono state fornite. La maggior parte degli oggetti è quindi immagazzinata in materiale da imballaggio dannoso3, che facilita una rapida alterazione o addirittura la distruzione dell’informazione fotografica. Molte lastre di vetro sono ammucchiate senza custodie e quasi tutte le fotografie sono fissate su cartoni A4 e infilate in custodie di plastica. Le cartoline sono conservate senza essere montate su un ulteriore sostegno – spesso unite con graffette arrugginite. 2 3 4 5 6 Lo strato fotosensibile è costituito da albume d’uovo Lo strato di materia legante è composto di collodio (= nitrocellulosa) Carta acida, materia plastica, ecc. Prodotti chimici non completamente rimossi nella messa a bagno Superficie che riflette parzialmente o completamente in modo argenteo Il vetro sembra opaco o si sono formati piccoli punti a forma di gocce 1 Distacco parziale dello strato fotosensibile su un negativo di vetro. Alcune migliaia di negativi – in particolare lastre di vetro – sono stati precedentemente riposti in custodie nuove, che però contenevano sostanze acide. Questi acidi e i residui di prodotti chimici sui negativi4 2 Negativi in acetato. Formazione di pieghe dell’emulsione che non si riduce insieme al supporto. 14 15 Giornale UFC 13 / 2004 Giornale UFC 13 / 2004 Problemi di conservazione della collezione di fotografie Giornale UFC 13 / 2004 Intervista Intervista di Doris Amacher con il prof. Georg Mörsch, Politecnico federale di Zurigo Georg Mörsch si è dedicato anima e corpo alla conservazione dei monumenti storici. Dopo 25 anni di intensa attività nel campo dell’insegnamento e della ricerca, nel 2005 passerà in consegna al suo successore la cattedra dell’Istituto per la conservazione dei monumenti del Politecnico di Zurigo. La sua eredità, la sensibilità per le testimonianze storiche, è impressa nelle menti e nei cuori dei suoi studenti e si manifesta in vari modi nel loro rapporto con i monumenti architettonici svizzeri. Signor Mörsch, qual è il Suo rapporto personale con gli archivi? Durante i miei studi di storia dell’arte e la preparazione del lavoro di dottorato frequentavo assiduamente gli archivi: erano un’importante base di lavoro e ciò che più apprezzavo era la possibilità di esaminare e studiare documenti ancora intatti. In seguito, la mia attività pratica nel campo della conservazione dei monumenti storici non mi ha più concesso il tempo per dedicarmi in modo altrettanto approfondito allo studio delle fonti. Lei conosce l’AFMS grazie alla Sua attività d’insegnamento, ma anche in qualità di membro della Commissione federale dei monumenti storici (CFMS). Che importanza attribuisce all’archivio nell’ottica della conservazione dei monumenti in Svizzera? Quali sono i suoi compiti? Assieme agli uffici decentralizzati, l’AFMS ha la responsabilità di raccogliere testimonianze sul passato dei monumenti storici svizzeri e sull’evoluzione della cultura della conservazione dei monumenti, cresciuta nel tempo come gli anelli di un albero. Ci si può servire dell’archivio per ripercorrere l’applicazione dei principi della conservazione dei monumenti e cogliere così il rapporto con l’odierno modo di agire nei loro confronti. I materiali d’archivio alimentano attivamente i dibattiti, ad esempio quello sulla reversibilità, fornendo informazioni sugli stati precedenti e le relative scelte di restauro. I documenti, provenienti da epoche diverse, assumono infine la funzione di «radiografie», che rivelano gli strati di un monumento senza dover ricorrere a procedimenti dannosi. Alla stregua di referti medici, i rapporti sulle varie fasi di restauro possono mostrare il decorso della «malattia» dei monumenti. Gli interventi su questi ultimi, come quelli sugli esseri umani, non sono eternamente efficaci. È necessario valutare regolarmente il trattamento, consultare l’anamnesi e decidere gli ulteriori provvedimenti basandosi su tutte le conoscenze a disposizione. L’AFMS ha il compito di far sì che i metodi d’intervento sui monumenti architettonici elaborati e tramandati sull’arco di decenni e documentati nell’archivio continuino ad essere coltivati e trasmessi alle generazioni future. Ha desideri per il futuro nei confronti dell’AFMS? Il mio auspicio, che va inteso come un invito al mio successore, è che l’AFMS ottenga un forum, al Politecnico federale e altrove, dove potersi presentare in modo adeguato. Penso in particolare ad una mostra o a corsi tenuti periodicamente. In ogni caso va aumentata la disponibilità a presentare i materiali d’archivio al pubblico e a vaste cerchie di specialisti. L’obiettivo è che l’istituzione sia utilizzata assiduamente, anche se ciò dovesse richiedere un ampliamento dell’infrastruttura. Si potrebbe forse persino estendere i servizi, offrendo ricerche specifiche su singoli monumenti. In generale è auspicabile una maggiore collaborazione interdisciplinare, come appena avvenuto in modo esemplare nel caso del restauro della Cattedrale di Coira. Grazie a collaborazioni di questo tipo è possibile ottenere i risultati migliori nel restauro conservativo del monumento architettonico e nella sua lettura quale testimonianza del passato. 16 Rueun, Chiesa di S. Andriu. Particolare dell’affresco. Quali sono le Sue visioni? L’integrazione dell’archivio nelle strutture esistenti è una necessità indiscutibile e deve essere realizzata. Il sapere multidimensionale che confluisce nell’AFMS va tramandato. Questo deve essere garantito a prescindere dall’attualità politica e percepito come un atto di responsabilità nei confronti delle generazioni future. Colophon Pubblicato da: Ufficio federale della cultura Hallwylstrasse 15, CH-3003 Berna Tel. 031 322 92 34 Fax 031 322 92 73 www.bak.admin.ch Contributi: Doris Amacher, Martin Fröhlich, Kathrin Gurtner, Johann Mürner, Nadine Reding, Gian-Willi Vonesch, Mariadele Zanetti, Ivo Zemp Redazione specialistica: Doris Amacher, Ivo Zemp Redazione: Anne Weibel (responsabile), Verena Latscha, Jean-Paul Clerc, Nicolas Couchepin Traduzioni: Gilberto D’Angelo, Lorenzo Lafranchi, Monica Nolli, Antonella Vassena Veste grafica: Atelier Bundi, Boll Foto di copertina: dettaglio di un piano di Paul Bouvier per la sala del Kursaal di Interlaken. Disegno a china, 1909. Credito fotografico: Archivio federale dei monumenti storici Stampa: Stämpfli SA, Berna © Ufficio federale della cultura ISSN 1660-3184