BAK Nr.13 i V - Bundesamt für Kultur

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BAK Nr.13 i V - Bundesamt für Kultur
13 U
GIORNALE 13/2004
BUNDESAMT FÜR KULTUR
OFFICE FÉDÉRAL DE LA CULTURE
UFFICIO FEDERALE DELLA CULTURA
UFFIZI FEDERAL DA CULTURA
F C
La memoria del
passato
Sommario
2
Editoriale
Memoria schedata – archivi e
politica della memoria
4
L’Archivio federale dei monumenti
storici (AFMS) offre rifugio a oltre due
milioni di documenti
6
Le collezioni dell’AFMS, scrigno
e vaso di Pandora
8
L’eredità di Albert Naef
10
Archeologia – Ritrovamenti nell’AFMS
riguardanti le tombe di Stabio
12
Vita di un lascito – I piani del
Kursaal di Interlaken
14
Problemi di conservazione della
collezione di fotografie
16
Intervista con il prof. Georg Mörsch,
Politecnico federale di Zurigo
1
Giornale UFC 13 / 2004
Editoriale
Memoria schedata –
archivi e politica della memoria
Gli esordi dell’Archivio federale dei Ivo Zemp
Memoria dell’umanità
monumenti storici (AFMS) risalgono Responsabile basi e consulenza,
Al patrimonio culturale immobile si agall’ultimo ventennio dell’Ottocento. Sezione patrimonio culturale e
giunge un sistema di beni culturali mobili,
Già allora l’AFMS era il principale monumenti storici
conservati in biblioteche, musei, raccolte
archivio di riferimento e un valido
e archivi. I materiali d’archivio danno agli
strumento di lavoro soprattutto per «Nel paesaggio vengono continuamente edifici una connotazione, contestualizla Commissione federale dei monu- lasciate tracce. L’obiettivo è però che il zandoli e rivelandone la storia. Werner
menti storici. Un tempo il suo corpus paesaggio stesso lasci un ricordo indele- Oechslin scrive che il libro e la biblioteca
era costituito dalle documentazioni bile del passato1.»
rappresentano «un capitolo fondamentadi restauri e scavi effettuati con aiule della costituzione del sapere umano…
ti federali. Considerato che i Cantoni Lotta all’amnesia
di grande importanza per la storia della
non disponevano di propri servizi ad- La Svizzera è disseminata di monumen- cultura». Lo stesso vale anche per gli ardetti ai monumenti e all’archeologia, ti culturali: singoli edifici, insediamenti e chivi4.
e questo fin verso la fine degli anni città. Queste testimonianze del passato Nel 1992 l’UNESCO ha pertanto lanciato il
Cinquanta, i compiti e la valenza del- subiscono trasformazioni: la società le programma «The Memory of the World»5
l’AFMS risultarono fondamentali per abita, le demolisce e le sostituisce con («la memoria dell’umanità») quale ultela Svizzera.
altre costruzioni. Le loro tracce, però, ri- riore tassello del «patrimonio mondiale
mangono. Esse costituiscono punti di rife- culturale e naturale»6. Il programma ha
L’evoluzione delle strutture e delle at- rimento sul territorio della Confederazione quali obiettivi la preservazione a lungo
tività della tutela dei monumenti ebbe e sono pietre miliari della storia nazionale. termine e la diffusione a livello mondiale
ripercussioni anche sull’ubicazione e Monumenti in lotta contro l’amnesia2, i del patrimonio documentario tramandasull’accorpamento dell’archivio, che beni culturali lasciati alla posterità si pre- to in musei, archivi, biblioteche, luoghi
venne integrato nella Sezione patri- sentano in varie forme, provengono da commemorativi e istituzioni culturali. La
monio culturale e monumenti storici epoche diverse e si trovano sia in superfi- Germania ha già inserito sei opere nella
dell’UFC. I compiti e le mansioni della cie che nel sottosuolo. Di questa ricchezza lista (tra cui anche documenti audiovisivi),
Sezione, ma anche dell’AFMS, si fon- fanno parte sia maestose cattedrali che come ad esempio la produzione letteraria
dano oggi sulla legge federale sulla secolari case contadine, ruderi di castelli di Goethe, la Nona sinfonia di Beethoven
protezione della natura e del paesag- e siti archeologici. Nel loro insieme, essi
gio, revisionata nel 1996.
rappresentano gli artefatti edificati della
storia di un popolo.
Nonostante la difficile situazione in
cui versano le finanze e le risorse Che i singoli monumenti siano protetti,
umane della Confederazione, si trat- conservati e curati non è un caso fortuta di garantire l’esistenza di questo nato, bensì il frutto del lavoro continuo e
archivio straordinario grazie a una istituzionalizzato delle organizzazioni attipolitica collezionistica e conservati- ve nel campo della tutela dei monumenti
va coerente. Gli sforzi devono con- storici, dell’archeologia e della protezione
centrarsi sul nucleo della collezione, del patrimonio culturale. Siano esse statasulla sua archiviazione adeguata e li o private, si occupano tutte della fisiosulla sua valorizzazione al passo con i nomia dei luoghi e delle costruzioni. Da
tempi. Un’attenzione particolare deve oltre un secolo, in Svizzera innumerevoli
essere rivolta inoltre alla ripartizione persone fanno sì che, se non proprio tutto,
dei compiti tra la Confederazione e gli almeno una gran parte del patrimonio cularchivi cantonali.
turale venga tramandata alla generazione
successiva. Questo lascito dei nostri avi dà
Johann Mürner
un’identità a quel paesaggio culturale3 che
Capo della Sezione patrimonio culturale
è la Svizzera, conferendogli la sua spiccata
e monumenti storici dell’UFC
particolarità e le sue caratteristiche. Per
poter comprendere un monumento in
tutte le sue dimensioni, sono necessarie
fonti scritte e orali.
2
o il film muto «Metropolis» di Fritz Lang,
girato nel 1925/26. Al «Memory of the
World Programme» dell’UNESCO hanno
finora aderito 45 paesi, che hanno iscritto
nella lista 91 documenti del patrimonio
mondiale. A tutt’oggi la Svizzera non ha
proposto aggiunte al registro.
Stato e archivi
Il patrimonio documentario è amministrato negli archivi. Nell’ambito dello Stato di
diritto, essi rivestono un ruolo importante, poiché testimoniano le azioni umane
e permettono alla società di comprenderle. Come spiega Aleida Assmann nel suo
trattato «Erinnerungsräume», la parola
«archivio» deriva dal greco «arché», che
significa «inizio», «origine» e «dominio»,
ma anche «autorità pubblica» e «ufficio»7.
L’archivio raccoglie, conserva e tramanda
collezioni. Esso è per così dire la memoria
collettiva dello Stato.
politica svizzera della memoria9. Le sue
collezioni documentano con fonti scritte e
visive la storia, le attività e le dottrine della
tutela dei monumenti in Svizzera, fornendo
un quadro dettagliato della conservazione
dei beni culturali, dei luoghi, delle persone
e dei fatti. Il punto di forza dell’AFMS è la
sua competenza fondamentale sul piano
documentario nei settori della protezione
dei monumenti storici, dell’archeologia e
della protezione degli insediamenti.
Credo morale
I materiali d’archivio hanno di per sé valore neutro, finché non vengono messi in
luce dalla storiografia. A seconda dell’interpretazione diventano fonti d’informazione valorizzanti o screditanti e servono
alla ricezione e alla costruzione della storia.
Questi materiali sono frammenti di una
realtà passata, di un hic et nunc di tempi
andati. Essi registrano sì la storia, raccontando però la propria versione. Una storia
della storia, che si ripete, ma si svela solo
in parte alla società: un fondo codificato.
Con i loro materiali, gli archivi svizzeri
documentano la storia del nostro Paese.
Nella loro funzione di sistema d’informazione complementare rappresentano un L’archivio testimonia di posizioni e straproprio «paesaggio culturale» svizzero. Il tegie, ma anche di persone dalla ferrea
«tappeto storico», tessuto dalle fonti ar- volontà che per motivi etici hanno avuto
chitettoniche e d’archivio, assume ulteriori a cuore la conservazione dei beni culturali
sfaccettature se si considerano anche le del nostro Paese, che si sono adoperate
regioni linguistiche, la «oral history»8, le per salvaguardare l’eredità culturale e hantradizioni, le feste e le usanze. Gli archivi no combattuto contro l’amnesia. La consono serbatoi di conoscenze: essi scheda- servazione del patrimonio culturale non è
no i ricordi e fanno da ponte tra il presente un optional e neppure il prodotto di un
e il passato.
«turismo culturale» fondato su interessi
economici, bensì un dovere morale. L’imL’Archivio federale dei monumenti storici pegno in favore dell’eredità culturale e la
(AFMS) ha un ruolo di primo piano nella lotta all’oblio per mezzo del ricordo sono
il credo degli archivi. Essi sono gli avvocati
difensori della «memoria», un «memento
mori» a difesa del ricordo collettivo, che
spesso e volentieri viene dimenticato nelle
attività quotidiane. Gli archivi svizzeri sono
un vero e proprio arsenale da cui si può
attingere in qualsiasi momento.
Rheinau, casa Wellenberg, edificata nel 1551.
Fotografia del 1911.
1
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9
Rheinau, casa Wellenberg.
Dettagli e sezione trasversale 1:50. Acquerelli
di Wilhelm Lasius, 1897.
3
Robert de Jong, Die Landschaft als
Gedächtnis, Erinnerung, Metapher und…?,
in: Denkmal-Ensemble-Kulturlandschaft am
Beispiel Wachau, Vienna/Horn 1999.
Dal gr. amnesia: carenza di memoria. In
generale, una forma di disturbo della
memoria che interessa la sfera temporale
e/o il contenuto dei ricordi.
«Paesaggio culturale» è qui inteso in senso
generale e non secondo la terminologia
dell’UNESCO, che distingue tra «paesaggio
chiaramente definito», «paesaggio evolutivo» e «paesaggio culturale associativo».
Werner Oechslin, Die Bibliothek und ihre
Bücher – des Menschen Nahrung, in:
Bibliotheken bauen – Tradition und Vision,
Basilea/Boston/Berlino 2001.
Indirizzo Internet:
www.unesco.org/webworld/mdm
Convenzione del 1972 per la protezione del
patrimonio mondiale culturale e naturale.
La lista del patrimonio mondiale stilata
dall’UNESCO riunisce importanti siti culturali
e paesaggi naturali unici al mondo. Indirizzo
Internet: whc.unesco.org
Aleida Assmann, Erinnerungsräume
– Formen und Wandlungen des kulturellen
Gedächtnisses, Monaco 1999, p. 343.
L’«oral history» sono i ricordi tramandati
oralmente e la storia narrata a voce dagli
uomini.
Su incarico del Dipartimento federale
dell’interno, l’UFC sta elaborando le basi
per una politica svizzera della memoria
volta a salvaguardare la memoria nazionale.
La responsabilità del progetto è affidata
alla Biblioteca nazionale svizzera.
Gian-Willi Vonesch
Collaboratore scientifico,
Sezione patrimonio culturale e
monumenti storici
L’Archivio federale dei monumenti
storici (AFMS) è accorpato alla Sezione patrimonio culturale e monumenti
storici e come tale fa parte dell’UFC.
Istituzione che vanta una grande tradizione, ha alle spalle una storia ultracentenaria al servizio della tutela
dei monumenti e degli insediamenti
del nostro Paese. E tuttavia negli ultimi anni l’attività di questo archivio
significativo, contenitore di piani, fotografie e documentazioni è rimasta
piuttosto nell’ombra. Nel frattempo i
suoi responsabili si sono apprestati a
riposizionare, sotto vari punti di vista,
il «loro» archivio.
Esordi databili attorno al 1880
a Zurigo
Gli esordi dell’AFMS, denominato fino al
1967 «Archivio dei monumenti storici», risalgono agli anni attorno al 1880. Il primo
inventario d’archivio, datato 1898, contiene 808 voci, che alla fine del 1940 erano
già diventate 46 900, nel 1960 75 500 e
nel 1966 addirittura 100 000. Oggi all’AFMS sono conservati oltre due milioni
di documenti, tra piani, fotografie, negativi, rapporti di restauro e di scavo nonché
documenti sulla storia dell’architettura,
dei monumenti storici e della tutela degli
insediamenti e dei paesaggi.
Fino al 1966 l’archivio fu gestito dal Museo
nazionale svizzero (MNS). Successivamente fu scorporato, per ragioni strutturali ma
anche pratiche, dall’MNS e affidato alla
segreteria della Commissione federale dei
monumenti storici (CFMS). La sua sede fu
trasferita in Gasometerstrasse 9 a Zurigo,
dove risiedeva già la CFMS.
Il trasferimento a Berna
Johannes Vonderach, l’ex consigliere fedeNel maggio 1975 l’allora Ufficio degli rale Ludwig von Moos, presidente della
affari culturali divenne autonomo. Fu Commissione federale per la natura e il
separato dalla segreteria generale del Di- paesaggio (CFNP), i consiglieri agli Stati
partimento federale dell’interno (DFI) e la professor Olivier Reverdin, presidente del
sua direzione affidata a Max Altorfer. In Consiglio di ricerca del Fondo nazionale
quelle circostanze l’allora consigliere fede- svizzero e Franco Masoni, presidente della
rale Hans Hürlimann decise di trasferire la Società di storia dell’arte in Svizzera, l’ex
segreteria della CFMS da Zurigo a Berna consigliere nazionale Walter Bringolf, pree di integrarla nell’Ufficio degli affari cul- sidente dell’Istituto svizzero di studi d’arte,
turali. Essendo troppo piccola la sua sede e Urs Dietschi, ex presidente della CFNP,
in Thunstrasse 20 per riuscire ad ospitare Urs Widmer, sindaco di Winterthur, Roseanche l’archivio nel frattempo cresciuto, Claire Schüle, presidente dell’Patrimanio
l’AFMS fu trasferito nel nuovo edificio del svizzero, Heinrich Ursprung, presidente del
Dipartimento federale di giustizia e polizia, Politecnico di Zurigo e altri ancora.
Bundesrain 20.
Nella sua allocuzione di benvenuto, il
La riapertura ufficiale dell’AFMS
consigliere Hürlimann rilevò la notevole
a Berna
valenza della tutela dei monumenti storici,
La cerimonia di riapertura dell’AFMS mise in un’epoca caratterizzata dal dinamismo
in risalto l’importanza attribuitagli nel dell’attività edilizia e dall’importanza di
1976 per i suoi compiti e le sue funzioni. mettere a disposizione delle autorità e
Celebrata il 10 novembre 1976, riunì oltre dell’amministrazione federali, ma anche
300 specialisti e persone interessate con- degli operatori culturali, un istituto effivenute da tutta la Svizzera. L’allora capo ciente per tutte le questioni legate agli
del DFI, il consigliere federale Hans Hürli- affari culturali.1
mann, presenziò personalmente la cerimo- Dopo di lui prese la parola Max Altorfer,
nia accompagnato da rappresentanti poli- direttore del neoistituito Ufficio degli affari
tici, culturali ed ecclesiastici. Tra gli ospiti culturali, che illustrò il posizionamento delpoté dare il benvenuto a personalità di l’archivio mettendone in risalto l’eminente
spicco come il vescovo di Coira, monsignor importanza e l’inserimento armonico nel
Anfiteatro di Vindonissa a Windisch. Pianta
1:250. Disegno a china di C. Fels.
4
Giornale UFC 13 / 2004
Giornale UFC 13 / 2004
L’Archivio federale dei monumenti
storici (AFMS) offre rifugio a oltre due
milioni di documenti
Scavi romani a Martigny. Rapporto di scavo illustrato di J. Morand, 1898.
paesaggio dei centri di documentazione
esistenti in Svizzera, ma anche l’arricchimento che rappresentava insieme alla
collezione fotografica dell’MNS, all’archivio dell’Istituto svizzero di studi d’arte e
a una serie di centri di documentazione
specializzati.2
nella nuova sede sembravano mettere a
serio rischio l’esistenza dell’archivio: nei
sotterranei adibiti a locali di copiatura vi
erano state infiltrazioni d’acqua, l’umidità
relativa nei locali dell’archivio, anch’essi
ubicati nei sotterranei, era salita a valori inquietanti e, contrariamente alle promesse,
l’edificio non era ancora stato dotato di un
impianto di sorveglianza Cerberus, fatto
inammissibile considerato il valore dei beni
archivistici che vi erano conservati.
Alla fine si pronunciò Alfred A. Schmid,
presidente della CFMS, che mise in risalto la valenza della documentazione per
i monumenti storici, senza disconoscere
l’importanza degli archivi cantonali, qua- A metà degli anni Novanta iniziò una
le unico servizio centrale nel campo della vera e propria odissea per l’archivio. Nel
documentazione storico-architettonica e 1996 le sue collezioni vennero dislocate
storico-artistica avente la funzione di vero in Hallwylstrasse 15. Dal 1° gennaio 1998
e proprio archivio nazionale.3
l’AFMS rimase chiuso fino al momento del
suo ennesimo trasferimento, avvenuto lo
L’odissea dell’archivio
stesso anno, in Holzikofenweg 8. Dalla
Nonostante l’archivio fosse stato ripetuta- fine di ottobre 2000 fino al maggio 2001
mente encomiato da più parti per la singo- l’AFMS venne nuovamente chiuso per
larità delle sue collezioni, dalla fine degli consentire i preparativi in vista del suo
anni Ottanta e fino all’inizio del nuovo nuovo ritorno in Hallwylstrasse 15. A metà
Millennio i suoi documenti furono esposti del 2001 l’AFMS venne riaperto in quea costanti mutamenti e di conseguenza sta sede, dove si spera possa restare per
a grandi pericoli. Le sue immense colle- gli anni a venire per concentrarsi sui suoi
zioni vennero trasferite più volte, anche compiti fondamentali – la catalogazione,
ad intervalli brevi. In una lettera inviata la conservazione e la divulgazione – e dove
dall’allora direttore dell’UFC al direttore può rendere accessibili i suoi documenti,
dell’UFCL viene messo il dito sulla piaga: le unici nel loro genere, alle numerose percircostanze avevano richiesto il tempestivo sone interessate.
trasferimento dell’AFMS dalla sua sede in
Bundesrain 20 allo stabile di Schläflistrasse 204, in quanto il DFGP aveva bisogno
di spazio. Ma i presupposti riscontrati
Conclusioni
Occorre restituire all’AFMS la posizione e
la valenza che possedeva nel 1976, concedere ai preziosi documenti d’archivio
una sede duratura e fargli beneficio delle
cure perennemente omesse: in effetti il
rifugio di oltre due milioni di documenti
deve poter contare su ben altro che su
curve climatiche stabili!
AFMS, atti della Sezione patrimonio culturale e monumenti storici, Berna, 10.11.1976.
2
idem
3
idem
4
idem. Lettera di Alfred Defago, direttore
dell’UFC, a Niki Piazzoli, direttore
dell’Ufficio federale delle costruzioni, del
18 maggio 1988.
1
5
Doris Amacher
Responsabile dell’AFMS, Sezione
patrimonio culturale e monumenti storici
Un cassetto dei grandi armadi metallici
grigi si apre silenziosamente. Lo sguardo
si sofferma su una catasta di piani di formato e materiale diversi. Sfogliandoli ci si
trova improvvisamente immersi nell’epoca dei pionieri della tutela dei monumenti
storici in Svizzera. Accanto al timbro della
«Gesellschaft für Erhaltung historischer
Kunstdenkmäler» ed ai numeri d’inventario si possono leggere le firme autografe di
Robert Durrer (1867–1934), Joseph Zemp
(1869–1942), Albert Naef (1862–1936) o
Eugen Probst (1873–1970). I loro schizzi,
acquerelli e disegni a china testimoniano
sotto più aspetti il carattere dell’attività di
conservazione dei monumenti dalla fine
dell’Ottocento in poi. Sono un’istantanea
dello stato dei monumenti architettonici,
danno informazioni su progetti e studi
cromatici e lasciano intravedere le doti
artistiche degli autori e il loro entusiasmo
per i monumenti. Le preziose raffigurazioni, spesso dai colori vivaci, permettono
un nuovo approccio alla storia della tutela
dei monumenti in Svizzera, documentata
nell’AFMS, nonché alle sue teorie e posizioni.
corso di queste attività, si provvide alla
loro conservazione affidandoli all’Archiv
für historische Kunstaltertümer. In seguito vi si aggiunsero lasciti, donazioni e acquisizioni.2 Nell’AFMS sono attualmente
raccolti più di due milioni di documenti,
conservati su due piani dell’ex torre della
Biblioteca nazionale svizzera e in un locale
appositamente climatizzato per i negativi. L’archivio comprende 110 000 piani,
700 000 negativi, 600 000 riproduzioni
fotografiche, 350 metri lineari di raccolte
di testi e 150 metri lineari di letteratura
specializzata. Da un inventario provvisorio
risultano circa cento raccolte e lasciti archiviati dall’AFMS assieme ai documenti relativi alle attività di tutela dei monumenti.
Struttura dell’archivio e accessibilità
dei materiali
Documenti provenienti dall’attività di
conservazione dei monumenti storici a
livello federale
Dopo essere stati consegnati all’AFMS, i
documenti sono provvisti di un numero
d’inventario e riportati nel registro dei
nuovi arrivi. Prima dell’archiviazione in appositi contenitori, per tutte le foto, i piani
ed i rapporti vengono preparate schede
che, ordinate topograficamente, servono
da strumento di ricerca. Le riproduzioni
Uno sguardo alle collezioni
Un archivio viene di regola fondato perché in un dato momento si comincia a
riflettere sul come conservare i documenti
accumulatisi nel corso di una determinata
attività. La fondazione dell’AFMS ne è un
esempio: nel 1880 fu fondata la Società
svizzera per la conservazione dei monumenti storici. Dal 1887, il suo comitato
direttivo si dedicò al restauro di monumenti architettonici e di scavi archeologici in
diversi siti. Nel 1917 questo compito fu
affidato1 alla Commissione federale dei
monumenti storici. Avendo riconosciuto
il valore dei documenti accumulatisi nel
Giornale UFC 13 / 2004
Giornale UFC 13 / 2004
Le collezioni dell’AFMS,
scrigno e vaso di Pandora
fotografiche sono inoltre ordinate alfabeticamente per Comune, il che permette
di reperire facilmente le immagini. Le fotografie sono pertanto sia materiale d’archivio che strumento di ricerca. I piani ed
i rapporti sono invece archiviati in ordine
numerico. Lo stesso vale per i negativi.
Raccolte e lasciti
Le raccolte ed i lasciti non sono riportati
nei registri dei nuovi arrivi, cosicché spesso
non v’è alcuna indicazione scritta riguardo
alla loro provenienza o al contenuto. Le
foto sono integrate nell’archivio fotografico, mentre i piani, gli atti ed i negativi
sono lasciati nelle raccolte originali. Il loro
reperimento è possibile grazie ai nomi dei
Comuni e ad eventuali strutture interne
già esistenti al momento della consegna
all’archivio.
Atti, taccuini e registri dei verbali
Gli atti dell’epoca della fondazione della
società, della commissione e dell’AFMS
sono raccolti in fascicoli, archiviati in classificatori o accatastati e non sono stati
provvisti di segnatura. Lo stesso vale per
numerosi taccuini e registri dei verbali.
Un’archiviazione ordinata dei documenti testimonianti le proprie attività non ha
avuto luogo o è ormai impensabile in se-
guito ai numerosi cambiamenti di sede e
di personale dell’archivio. In particolare gli
atti della commissione sono per lo più mischiati con altri documenti dei lasciti degli
ex esperti e consulenti.
I materiali d’archivio resi accessibili finora
sono soprattutto foto, piani e rapporti. I
documenti sulla storia, i retroscena e le
attività dell’archivio sono invece stati trattati con minor cura. Dall’inizio degli anni
Ottanta, per via del notevole afflusso di
documenti, non è più stato possibile occuparsi delle raccolte già esistenti o catalogare e integrare nell’archivio i rapporti,
le foto e i piani ricevuti. Sia nell’archivio
dei negativi che nella raccolta dei piani
e dei rapporti di restauro si sono formati
depositi provvisori.
L’AFMS oggi: compiti e servizi
Nel 2003 sono state eseguite perizie in
materia di conservazione e nel 2004 è stato elaborato un piano strategico. Quale
primo provvedimento, i negativi, le fotografie, gli atti ed i piani verranno messi
in nuovi imballaggi che non contengono
sostanze dannose e proteggono il prezioso
contenuto dagli agenti esterni.3
L’origine o il contesto di molti documenti
depositati nell’AFMS è sconosciuta a causa
dei numerosi cambiamenti di sede o della
mancanza di dati sulle attività dell’archivio. Per questo motivo si sta allestendo
un inventario dettagliato e svolgendo
impegnative ricerche sulla provenienza
dei materiali d’archivio e soprattutto sui
relativi diritti di proprietà e d’autore. Solo
al termine di queste ricerche sarà possibile
pubblicare su Internet le raccolte e i singoli
documenti.
Disentis, veduta panoramica dell’Oberalp.
Fotografia del 1912.
6
Nel suo importante ruolo di garante della
memoria della cultura architettonica del
nostro Paese, l’Archivio federale dei monumenti storici, assieme agli archivi degli
uffici cantonali e comunali, è un punto
fermo nel panorama degli archivi svizzeri e
della politica nazionale della memoria.
1
2
3
Per quanto riguarda la storia dell’AFMS
vedi: Das Eidgenössische Archiv für
Denkmalpflege, in: Unsere Kunstdenk
mäler 1/1977, S. 8–20; Albert Knoepfli:
Schweizerische Denkmalpflege – Geschichte
und Doktrinen, Zurigo 1972.
Per esempio l’Archivio della casa borghese (atti, piani e foto realizzati nel periodo
1900–1930 per la serie di pubblicazioni La
casa borghese in Svizzera ); le fotografie
in bianco e nero (fine del XIX – metà del
XX secolo) di Photoglob, casa editrice
specializzata in cartoline illustrate; la raccolta fotografica dell’Ufficio svizzero del turismo (1940–1990); il lascito dell’esperto di
organi Ernst Schiess; gli atti degli ex-membri
ed esperti della CFMS Walter Drack e Pierre
Margot, ecc.
Tutti i materiali utilizzati finora non erano
adatti per l’archiviazione. Attualmente è in
corso il trasferimento delle riprese aeree del
fotografo zurighese Hugo Kopp, realizzate
negli anni Cinquanta. Una volta tolte dalle
buste in cui erano conservate, contenenti
sostanze acide, esse vengono, inserite in
involucri trasparenti e archiviate in appositi
contenitori.
1 Morcote, campanile della chiesa di
S. Maria del Sasso. Fotografia del 1930.
2 Oberdorf, santuario di S. Maria Assunta.
Stucchi dopo il restauro. Fotografia del 1958.
3 Malvaglia, Chiesa di S. Martino.
L’AFMS è accessibile su appuntamento
durante le ore d’ufficio.
Ufficio federale della cultura
Sezione patrimonio culturale e
monumenti storici
Archivio federale dei monumenti storici
Hallwylstrasse 15, CH-3003 Berna
T +41 31 322 87 24 (D. Amacher)
T + 41 31 323 80 16 (K. Gurtner)
F +41 31 322 87 39
www.bak.admin.ch/patrimonio
7
chi dispone di una profonda conoscenza
degli edifici in questione.
Nota conclusiva
Naef è stato un pioniere nel suo campo
grazie allo sviluppo di metodi scientifici per
il restauro dei monumenti. È una grande
fortuna che le sue annotazioni siano conservate nell’Archivio federale dei monumenti storici e possano così essere consultate, su richiesta, per ulteriori ricerche.
Kathrin Gurtner
Collaboratrice scientifica dell’AFMS,
Sezione patrimonio culturale
e monumenti storici
Uno scritto affascinante, dalla grafia
rapida, spesso microscopica o poco
leggibile a inchiostro nero, con aggiunte, osservazioni in rosso o sottolineate
a matita rossa e verde. Si tratta delle
annotazioni di Albert Naef, conservatore di monumenti, architetto, storico
dell’arte e archeologo, che in cinque
voluminosi tomi ha documentato con
acribia le attività della Società svizzera
per la conservazione dei monumenti
storici e in seguito dell’omonima Commissione federale.
Uno scienziato universale nel campo
della conservazione dei monumenti
Albert Naef (nato nel 1862 e morto nel
1936 a Losanna) concluse gli studi al Collège Gaillard di Losanna e in seguito al
Politecnico di Stoccarda. Tra il 1888 e il
1889, dopo aver seguito corsi all’École
des Beaux-Arts di Parigi, il versatile Naef
espose i suoi acquerelli in vari «salons».
Nel 1890 fu nominato professore di storia dell’arte all’École des Beaux-Arts di
Le Havre e membro della commissione
delle antichità del dipartimento SeineInférieure.
Albert Naef cominciò presto ad interessarsi della sorte del castello di Chillon. Nel
1894 pubblicò una «guide à Chillon». Un
anno dopo divenne membro della commissione tecnica e dal 1897, anno in cui
il Consiglio di Stato vodese lo nominò
architetto del castello di Chillon, diresse
le ricerche ed i lavori di restauro dell’edificio. Il lavoro di Naef lascia trasparire il
suo credo di «restauratore conservativo»
di monumenti: i suoi principi guida erano
la salvaguardia e la conservazione delle
parti dell’edificio originali e il rifiuto di
restauri azzardati.
Naef ideò un metodo di conservazione
nel quale il vecchio e il nuovo sono chiaramente contrassegnati: le copie, gli oggetti restaurati e i complementi recano
una determinata lettera e l’indicazione
dell’anno, mente le parti aggiunte, riconoscibili dai profani grazie ad una sottile
striscia di pezzi di mattone sparsi, sono
separate da quelle originali.1
Albert Naef rivestì per primo le cariche di
archeologo e conservatore di monumenti
del Cantone di Vaud (1899–1936), dove
dal 1898 una legge prescriveva la protezione di monumenti e oggetti d’arte. Nel periodo 1905–1915, in qualità di presidente
della Società svizzera per la conservazione dei monumenti storici, il cui comitato
direttivo fungeva anche da commissione
di esperti del Dipartimento federale dell’interno, contribuì a influenzare in modo
decisivo la tutela dei monumenti in Svizzera. Fra «tuoni e fulmini», come scrive
Knoepfli2, lasciò nel 1917 la Società, dopo
lunghi anni di dispute, per assumere la
presidenza della neonata Commissione
federale dei monumenti storici. In essa si
occupò in modo energico fino al 1935 di
pratiche relative ai restauri, compilò perizie, eseguì ispezioni, allestì inventari e documentazioni fotografiche e stilò resoconti
precisi delle proprie attività.
Accanto all’attività di presidente della
CFMS, Naef fu professore di storia dell’arte
e archeologia alle Università di Neuchâtel
e Ginevra. Nel 1903 e nel 1909 gli furono
conferite per i suoi meriti le lauree honoris
causa delle Università di Zurigo e Ginevra.
Dal 1914 lavorò quale conservatore al museo d’archeologia e di storia di Losanna.
La memoria della tutela dei monumenti in Svizzera tra il 1909 e il 1935
Le annotazioni di Naef nel primo volume
del catalogo dei monumenti storici e dei
siti archeologici sussidiati dalla Confederazione («Katalog der vom Bunde subventionierten historischen Baudenkmäler und
Ausgrabungen») cominciano nel 1909.3
Dal 1915 in poi, Naef cominciò a inserire
aggiunte, riferimenti bibliografici e indicazioni relative all’ubicazione di diversi atti.
Queste annotazioni successive, perlopiù
inserite diagonalmente, marcate in rosso
o in verde, conferiscono ai cinque volu-
Scrittura dai libri di Naef. Volume 1,
1909–1924, Foglio 18.
8
1
Valeyres-sous-Rances, pianta della chiesa 1:50. Acquerello di O. Schmid, 1908.
2
3
mi l’aspetto di un enorme quaderno di
appunti personali. Si ha l’impressione di
essere direttamente coinvolti nelle pratiche
descritte e di poter gettare uno sguardo
sui rapporti di Naef durante la loro stesura.
Il primo volume è rigidamente strutturato
in tabelle. Le colonne, distribuite su due
pagine, contengono indicazioni sul luogo,
il Cantone, il monumento e la sua classificazione. Seguono rubriche relative alle
questioni finanziarie (finanziatori, preventivo, partecipazione della Confederazione,
ecc.) e le perizie del comitato direttivo della Società svizzera per la conservazione dei
monumenti storici. Alla fine sono indicate
le condizioni particolari per la concessione
dei sussidi e riportate le osservazioni sulle
ispezioni dei lavori eseguiti.
Gli altri quattro volumi (1924, 1929, 1932
e 1935) hanno una struttura più libera. I
monumenti non sono più descritti in tabelle, bensì sotto forma di testo corrente.
I rapporti sulle ispezioni degli edifici sussidiati, stesi alcuni anni dopo la fine dei
lavori, assumono un importanza ancora
più grande.
Col passare degli anni, la grafia diventa
meno chiara e accurata, cosicché verso la
fine del quarto e quinto volume è richiesto
un certo spirito di ricercatore anche solo
per riuscire, muniti di lente, a decifrare le
informazioni.
Nunmero 128, foglio 79
L’esempio concreto di una pratica relativa
alla concessione di sussidi può meglio illustrare il metodo di lavoro di Naef e della
sua commissione di esperti. Numero 128,
foglio 79: la chiesa di Valeyres-sous-Rances nel Cantone di Vaud.
Nel marzo del 1909 il Comune di Valeyres
presentò alle autorità federali una richiesta
di sussidi per il restauro della Chiesa di St.
Jacques. Venne accordata la metà dell’importo richiesto. La concessione dell’aiuto
finanziario fu motivata nella breve «perizia
del comitato direttivo» della Società per la
conservazione dei monumenti storici.
Ritenendo il restauro assolutamente necessario a causa della notevole importanza
archeologica della chiesa, il comitato raccomandò di contribuire al finanziamento
dei lavori.
La chiesa del Quattrocento, con pianta
a croce latina piuttosto irregolare, fu costruita sui resti di un antico edificio. Gli
scavi avviati da Naef portarono alla luce
le fondamenta di un abside semicircolare
ed anche parte dei muri della precedente
chiesa romanica.
All’interno erano rimaste volte a crociera
del XV secolo e furono trovati numerosi
dipinti della stessa epoca. Si riuscì inoltre a
sgomberare l’entrata principale della chiesa. Nel 1909 non era ancora chiaro se il
portone sarebbe stato riaperto.
La sobria descrizione della chiesa è seguita
dalle condizioni poste al Comune: dopo il
restauro, Valeyres-sous-Rances doveva tra
l’altro impegnarsi a mantenere in buono
stato l’edificio e a non apportarvi cambiamenti senza l’accordo delle autorità federali. Dopo la sottoscrizione delle condizioni
nel 1909, la chiesa venne restaurata tra il
1910 ed il 1912. Dai rapporti sulle ispezioni condotte nel 1915, 1926 e 1935 risulta che Naef era molto soddisfatto dello
stato dell’edificio e non v’era alcuna nota
di disappunto.
Quello della chiesa di Valeyres-sous-Rances
è uno tra centinaia di esempi di costruzioni
descritte in modo breve e conciso. Naef
fornisce molte informazioni dettagliate,
che possono essere valutate correttamente e inserite in un contesto globale solo da
Il metodo di Naef non era del tutto nuovo,
poiché già nel 1857 Adalbert Stifter consigliava nel suo romanzo «Nachsommer»
di contrassegnare le parti dell’edificio non
originali con placchette d’argento recanti
informazioni.
Albert Knoepfli: Schweizerische Denkmalpflege. Geschichte und Doktrinen, Zurigo
1972, p. 39.
Il catalogo si basa su un catalogo in fogli
sciolti redatto fino al 1905 da una certa
«signorina» Gobat.
St. Ursanne, statua della Madonna, portale
sud della chiesa della Collegiata. Colorazione
ricostruita, Albert Naef 1896.
9
Giornale UFC 13 / 2004
Giornale UFC 13 / 2004
L’eredità di Albert Naef
Mariadele Zanetti
Studentessa di archeologia,
Università di Losanna
Stabio, località situata in una zona collinare nella parte più meridionale delle
terre dell’attuale Canton Ticino vicino
al confine italo-svizzero, costituisce un
sito archeologico di grande interesse
e importanza.
Alcune delle testimonianze fino ad ora
raccolte come, ad esempio, le stele con
iscrizione in carattere nord-etrusco, attestano la presenza di un insediamento abitato già in epoca preromana.
Stabio rappresenta l’unico esempio
nel Sottoceneri di continuità abitativa dall’epoca del Ferro fino all’Alto
Medioevo1.
L’interesse per questo sito nacque
molto presto, già dalla prima metà
dell’Ottocento2, quando furono rinvenuti i primi ritrovamenti.
La Campagna di scavi di
Christoph Simonett
Uno dei momenti fondamentali della ricerca archeologica effettuata nella
zona è legato al programma federale
dell’«Archaeologischer Arbeitsdienst der
Schweiz. Ein Werk des freiwilligen Arbeitsdienstes», operativo negli anni Trenta.
L’obiettivo di quest’ultimo era di facilitare
l’inserimento dei giovani nel mondo del
lavoro e, nel contempo, accrescere attraverso la ricerca del passato le conoscenze
riguardanti le origini del Paese. In questo
contesto, nel 1937 un progetto sorse anche in Ticino e più precisamente a Stabio
e nel Comune adiacente di Ligornetto. In
quell’anno nella regione presero avvio degli scavi condotti, contemporaneamente in
più sondaggi, dall’archeologo Christoph
Simonett. Grazie a questi lavori, emersero
a Stabio strutture fino a quel momento
sconosciute: due tombe dell’età del Ferro,
mura di una villa romana, una necropoli
della stessa epoca e una, leggermente più
tarda, paleocristiana.
Le necropoli di Stabio, insieme ad altre
indagate dal medesimo ricercatore nel
Locarnese nell’anno precedente, furono
oggetto di studio e pubblicate nel 19413.
Questa pubblicazione, dal titolo «Tessiner
Gräberfelder», ancora oggi costituisce uno
strumento di lavoro indispensabile per
chiunque desideri avvicinarsi all’ambito
funerario nel territorio dell’attuale Canton
Ticino e nelle zone italiane limitrofe.
Recupero delle fonti e ricerca
in corso
La necropoli romana di Stabio, in località
San Pietro-Vignetto, costituisce l’oggetto
della mia tesi di laurea. Il sepolcreto, risalente al II–IV/V secolo d.C.4, conta 49
sepolture, 36 inumazioni e 13 incinerazioni. Lo scopo della ricerca è di analizzare
le strutture tombali e il relativo corredo
funerario, composto da oggetti, deposti
volontariamente al momento dell’estremo
saluto, che servivano al defunto per la sua
vita ultraterrena.
Il recupero della documentazione originale
fu da principio uno degli elementi principali del mio studio. Visionare gli scritti
riuniti dal Simonett costituiva una fase
fondamentale ed emozionante del lavo-
Giornale UFC 13 / 2004
Giornale UFC 13 / 2004
Archeologia – Ritrovamenti
nell’AFMS riguardanti le tombe
di Stabio
ro. Dopo alcune indagini, ritrovai presso
l’Archivio federale dei monumenti storici
(AFMS) a Berna le foto realizzate durante la campagna di scavi, del materiale in
parte già pubblicato da Simonett nella sua
opera del 1941 nonché tre quadernetti
manoscritti inediti.
La documentazione ritrovata all’AFMS rappresenta un passo importante nella ricerca
archeologica e non solo per la necropoli
romana.
La documentazione originale
Uno dei tre quaderni ritrovati si presenta
sotto forma di diario di scavo. Giorno per
giorno l’archeologo annotò il lavoro svolto nei vari settori, i ritrovamenti operati
e le informazioni d’ordine più generale,
come ad esempio il numero degli uomini
impiegati nelle varie sezioni e le condizioni
meteorologiche.
Il secondo quaderno, registra tutti i reperti
trovati durante gli scavi. Ogni oggetto è
riportato con un numero d’inventario, attribuitogli al momento del ritrovamento,
e una breve descrizione. Questo elenco,
come vedremo più tardi, rappresenta una
fonte inestimabile d’informazioni.
L’ultimo quadernetto illustra, invece, gli
schizzi eseguiti da Simonett sul luogo. In
questi disegni, molto schematici, furono
riportate le dimensioni e le altitudini delle
differenti strutture.
Nell’insieme, questo materiale apporta in
maniera significativa nuove informazioni
a quelle finora disponibili.
La documentazione fotografica consente
quattro tipi d’osservazioni. La prima interessa l’analisi tipologica delle strutture
Stabio, scavi in località Vignetto. Volontario
con corredo funerario recuperato, tomba 43.
Fotografia del 1937
Stabio, scavi in località Vignetto. Tomba
37 con tre ripostigli per corredo funerario.
Fotografia del 1937
10
tombali della necropoli. Le diverse peculiarità delle sepolture, ci forniscono tutta una
serie di conoscenze sulle usanze funerarie
come pure sulle zone d’influenza di un
determinato sito. Ad esempio, a StabioVignetto è significativa la presenza di una
forma molto rara nell’area ticinese, ma ben
attestata nella vicina regione comasca, la
tomba ad anfora5. La seconda osservazione, legata alla precedente, consiste nella
verifica delle rappresentazioni grafiche delle sepolture pubblicate nell’opera di Simonett. Questo passaggio della ricerca rivela
il grado d’attendibilità dell’opera, poiché,
in seguito al confronto con il materiale archeologico, delle piccole imprecisioni sono
state notate nei disegni degli oggetti. La
terza riflessione concerne il luogo di deposizione del corredo funerario. Analizzando la collocazione degli oggetti, in alcuni
casi all’esterno della struttura sepolcrale,
a volte in spazi appositamente concepiti
(ill.1), è possibile pervenire a una visione
organica dell’insieme del sepolcreto. La
quarta ed ultima osservazione, interessa
la sfera umana. Sfogliando le fotografie
(ill.2) possiamo incrociare gli sguardi degli
uomini che contribuirono personalmente
a questi ritrovamenti e, quasi certamente,
di Simonett stesso.
Questa dimensione umana si riscontra anche nel primo documento scritto, nel quale giornalmente l’archeologo si annotava
l’entità del lavoro effettuato e le osservazioni sui «Tessiner» e sui «Freiwilligen».
Questo diario apporta però anche un’indicazione di ordine più tecnico riguardante
i diversi settori aperti, su alcuni dei quali
si avevano solo notizie vaghe, e la relativa durata dei lavori in una determinata
zona.
Il secondo testo, ovvero l’elenco dei materiali (ill.3), solleva una questione importante e chiarisce una serie di problemi, precedentemente irrisolvibili. All’esame della
lista dei materiali emerge con sorpresa il
fatto che l’archeologo scelse di pubblicare solo una parte, seppur molto cospicua,
degli oggetti rinvenuti durante gli scavi.
Una domanda sorge subito spontanea:
con quale criterio operò questa scelta? Le
ripercussioni di questa scoperta esulano
dal contesto del mio lavoro di ricerca e
proiettano una nuova luce sull’insieme del
lavoro di Simonett. Un esempio di questa
selezione riguarda il caso di alcuni frammenti vitrei. Nel deposito dell’Ufficio Beni
Culturali del Canton Ticino, laddove sono
oggi conservati tutti i reperti archeologici, sono emersi, qualche mese fa, alcuni
frammenti in vetro conservati in sacchetti
di carta recanti l’indicazione «Vignetto» e
l’anno, 1937. Questi reperti non appaiono
nella pubblicazione di Simonett, mentre
risultano nella documentazione manoscritta ritrovata a Berna. Questi materiali
non cambiano la questione della presenza
minima del vetro nella regione all’epoca
romana, ma, grazie all’elenco, ritrovano
un loro contesto. Con l’ausilio di questa
preziosa lista, tutta una serie di reperti, privi fino ad oggi di una collocazione geografica, hanno ritrovato un proprio contesto e
una propria ubicazione. Materiale attualmente conservato nei depositi ticinesi, ma
finora non chiaramente attribuito, ha così
potuto essere associato a quattro settori
scavati nel 1937 da Simonett.
In conclusione, la documentazione ritrovata all’AFMS è stata finora, e sarà anche in futuro, un prezioso strumento di
lavoro per tutti gli specialisti del ramo che
desidereranno riprendere l’indagine degli
scavi eseguiti sotto la guida di Christoph
Simonett.
Stabio, S. Abbondio, tomba 11.
Fotografia del 1937
1
2
3
4
5
Per informazioni aggiuntive: R. Cardani
Vergani, H. Amrein, V. Boissonnas: L’ultimo
guerriero longobardo ritrovato a Stabio TI,
in: Archäologie in der Schweiz, 26, 3/2003,
pp. 2–17.
Nel 1833 e 1838 furono scoperti una
croce d’oro e uno scudo, entrambi d’epoca
longobarda.
Christoph Simonett: Tessiner Gräberfelder.
Ausgrabungen des Archäologischen Arbeitsdienstes in Solduno, Locarno-Muralto,
Minusio und Stabio, 1936 und 1937,
Basel 1941.
Vedi S. Biaggio-Simona: Stabio, in: Ceramica
romana in Svizzera, Antiqua 31, p. 226.
Per ulteriori informazioni sul tema: F. Butti
Ronchetti: Necropoli romane del Canton
Ticino. Osservazioni su alcuni aspetti e
caratteristiche, in: Archeologia della Regio
Insubrica. Dalla preistoria all’Alto Medioevo,
Atti del Convegno di Chiasso 5–6 ottobre
1996, Como 1997, pp. 267–282.
11
Martin Fröhlich
Professore di storia dell’architettura e
tutela dei monumenti storici, Scuola universitaria d’architettura, di genio civile
e del legno, Burgdorf
La scoperta
Affinché imparassi qualcosa1, il 22 ottobre 1980, all’epoca segretario della Commissione federale dei monumenti storici
(CFMS), venni nominato esperto federale
per il Kursaal di Interlaken, per poi seguire
in questa veste assieme all’addetto bernese ai monumenti dott. h.c. Hermann von
Fischer per alcuni anni i lavori di restauro
dell’affascinante edificio. Il 3 luglio 1981
ricevetti un biglietto da parte del signor
von Fischer che m’informava che erano
stati trovati in un punto non meglio precisato del Kursaal tutti i piani dell’edificio.
La prima volta che vidi la «pila di carte
vecchie» fu su un tavolo che si reggeva a
mala pena in piedi in un locale un tempo
adibito a lavanderia nello scantinato dell’edificio. E non era tutto. I fogli più belli
erano stati infatti incorniciati e appesi nella
sala da tè del Kursaal all’Höheweg. Come
responsabile scientifico dell’Archivio federale dei monumenti storici (AFMS), non
potevo fare a meno di rovistare fra le carte.
C’erano anche bozzetti per l’esposizione
nazionale del 1914 a Berna col timbro
«Paul Bouvier / Architecte / Neuchâtel»
– dunque non «solo» di piani del Kursaal
si trattava. Insomma, una montagna di
carte intrigante.
Il salvataggio
I lavori di restauro del Kursaal stavano per
iniziare e non si era ancora trovato un locale dove porre al riparo le carte. Nella
mia funzione di esperto federale «disposi»
allora su due piedi di far portare «tutto» a
Berna «da Moser»2, compresi i fogli esposti nella sala da tè! I fogli furono così tolti
dalle cornici, sostituiti senza tanti complimenti con fotografie a colori e portati
assieme al resto a Berna.
La sistemazione
A Ernst Moser restavano ancora un paio
di cassetti vuoti e una miriade di manifesti
di grande formato destinati a promuovere
nel 1975 l’anno europeo della conserva-
Giornale UFC 13 / 2004
Giornale UFC 13 / 2004
Vita di un lascito – I piani
del Kursaal di Interlaken
zione dei monumenti storici e della tutela
del patrimonio culturale (AEPA). Una volta
piegati, potevano servire da cartelle per il
materiale rinvenuto nel Kursaal. Selezionammo e imballammo i piani, dopodiché
annotammo brevemente il contenuto sulle
cartelle e riponemmo tutto nei cassetti.
Contrassegnammo anche i cassetti, affinché al termine dei lavori di restauro i
piani potessero essere ordinati, inventariati
e catalogati correttamente. L’idea era di
creare, a mo’ di rapporto sui lavori di restauro, una guida artistica al Kursaal.
La caduta nel dimenticatoio e i rinvii
Gli avvenimenti presero però un’altra
piega. Dopo i lavori di restauro, la Kurhausgesellschaft, proprietaria del Kursaal
di Interlaken, non aveva i mezzi per finanziare anche la pubblicazione di una guida;
Ernst Moser, dal canto suo, fu costretto a
trasferire per ben tre volte «la sua bottega», mentre io passai nel 1990 all’Ufficio
federale delle costruzioni federali (UCF)
in qualità di addetto alle costruzioni della
Confederazione. Ernst Moser non cessò
di traslocare fino a quando, giunto nella
sede della Biblioteca nazionale svizzera,
andò in pensione. Interlaken? Non c’era
qualcosa in ballo?
Verso la fine degli anni Novanta il direttore del Kursaal di Interlaken Rolf Zingg
diede a me, quale ex esperto federale, e
al benemerito studioso di storia locale e
docente di Interlaken Rudolf Gallati l’incarico di ricostruire la storia del Kursaal.
Purtroppo però non trovai il tempo per
occuparmi della parte dedicata alla costruzione del Kursaal. Infatti, oltre ai compiti
che comportava la mia funzione di addetto alle costruzioni, insegnavo alla scuola
universitaria professionale, un programma
occupazionale per disoccupati da dirigere
all’UCF, guide da scrivere, convegni cui
prendere parte, cosicché al signor Zingg,
ogniqualvolta mi chiamava, ero costretto
a dare sempre la stessa risposta: «Sarebbe
un piacere, ma ora non posso, facciamo
l’anno prossimo…!» E intanto il tempo
passava e aumentava anche il lavoro da
compiere per la «Storia della Kurhausgesellschaft di Interlaken», fino a quando
andò in pensione il signor Gallati e se ne
occupò lui.
Inventario e restauro
Nell’estate del 2003 non c’erano più scuse che tenessero. Promisi solennemente
di fornire il testo della storia architettonica del Kursaal per Pasqua del 2004 – e
rispettai il termine. Per realizzarlo mi occorrevano però non solo gli estratti dei
libri dei verbali della Kurhausgesellschaft,
gentilmente e meritoriamente forniti dal
signor Gallati, ma dovevo anche conoscere il contenuto dei piani. Ebbe così inizio
nell’autunno del 2003 – con un ritardo di
vent’anni – lo studio e l’inventariazione dei
piani e dei disegni lasciati «a suo tempo»
nei cassetti. Il materiale si trovava ancora
nelle stesse cartelle e negli stessi cassetti;
solo l’ambiente era cambiato, risultandomi
estraneo all’inizio – ma solo all’inizio. Grazie alla capacità di motivazione della nuo-
12
va responsabile dell’AFMS – pari a quella
di Ernst Moser, come se l’avesse ereditata
da lui – è già stata rilevata, contrassegnata
e inventariata con una numerazione provvisoria una buona metà dei piani e disegni,
mentre le carte più rovinate sono in corso
di restauro in vista della pubblicazione.
Oltre a lasciare nei cassetti i piani e i disegni, a suo tempo si era anche rimandato
l’esame di questioni giuridiche come a chi
appartenessero i piani, chi avesse il diritto
di utilizzarli e chi l’obbligo di mantenerli
in buono stato. Questioni che – grazie al
lavoro di ricerca – vengono ora risolte di
comune accordo dall’AFMS e dal direttore
del Kursaal. Restano ancora da studiare
e inventariare i disegni che non forniscono informazioni che hanno direttamente
a che fare con la storia della costruzione
del Kursaal di Interlaken, i bozzetti degli
ornamenti nel Kursaal e di dettagli architettonici, i lavori compiuti da Bouvier come
allievo dell’Ecole des Beaux-Arts di Parigi e
altro ancora. Ci vorranno altri vent’anni?»
Non credo proprio. L’uscita del catalogo
dei piani è infatti prevista per il 2005, in
allegato alla storia della costruzione del
Kursaal. Per allora il catalogo dovrebbe
essere pronto, no?
A che pro tutto questo lavoro?
Il fatto che i piani mi permettano di ricostruire la storia architettonica del Kursaal,
che nel corso del tempo è stato più volte
ampliato e ristrutturato (non sempre in
meglio), è «solo» uno dei motivi d’interesse per me. Anche il sollievo di potere finalmente compiere un mio dovere è ormai
passato in secondo piano dopo tutti questi
anni. No, c’è dell’altro che mi spinge a proseguire questo lavoro. Gotthelf ha scritto
una volta che più tempo dedicava a un
lavoro più «s’impastava le mani». È quello che mi sta succedendo con l’architetto
neocastellano Paul Bouvier (1857–1940)
e il suo lascito. Il mondo della ricerca ne
ha riconosciuto finora praticamente solo
il talento come acquerellista3. Un’attività
che, da sola, non gli poteva certo dare
da vivere, e un riconoscimento che non
gli rende giustizia. È infatti stato anche
tra gli ideatori del «villaggio svizzero» per
l’esposizione nazionale del 1896 a Ginevra
e per l’esposizione mondiale del 1900 a
Parigi, dove ha curato l’allestimento del
padiglione svizzero. Costruzioni, queste,
che hanno influenzato la sua unica opera
importante conservata in Svizzera: il Kursaal di Interlaken. L’edificio reca tuttora i
segni dell’adesione di Bouvier, architetto
formatosi secondo le regole dell’accademia, alla riforma architettonica che ebbe
inizio in Svizzera nel 1892 con la costruzione del Museo nazionale svizzero di Zurigo, raggiunse un primo apice nel 1896
con il «villaggio svizzero» e il Palais des
Beaux-Arts dello stesso Bouvier a Ginevra e portò nel 1915 alla nomina di Karl
Moser quale professore d’architettura al
Politecnico federale di Zurigo. Ma questa
è tutta un’altra storia – prima pensiamo
al volume sulla costruzione del Kursaal di
Interlaken, che uscirà l’anno prossimo!
Interlaken…!
1
2
3
Martin Fröhlich, 1978–1990 segretario
della Commissione federale dei monumenti
storici (CFMS) .
Ernst Moser è stato direttore dell’AFMS dal
1980 al 1997. All’epoca in Svizzera tra coloro che conoscevano l’archivio è così che ci
si esprimeva quando ci si riferiva all’archivio:
«Moser non ha niente?» oppure «Hai provato a chiedere a Ernst?» – un bell’attestato di
capacità, no?
Vedi tra l’altro Patrice Allanfranchini, Paul
Bouvier: Un maître de l‘aquarelle suisse.
Hauterive NE, senza indicazione dell’anno
di pubblicazione (attorno al 1995).
1 Interlaken, Kursaal. Progetto per l’ampliamento del casinò, lato giardino. Disegno a
china colorato di Paul Bouvier, 1898.
2–3 Interlaken, Kursaal. Piani degli interni.
Disegni a china colorati di Paul Bouvier.
13
Nadine Reding
Conservatrice / restauratrice
Fondo
La collezione di fotografie dell’AFMS si
compone di circa 1,5 milioni di negativi,
diapositive, stampe e altri materiali fotografici. Il periodo compreso tra il 1880 e il
1960 rappresenta il fulcro della collezione,
a cui dal 1989 si sono aggiunti altri singoli
fondi.
Nell’archivio dei positivi dell’AFMS vengono conservate globalmente circa 600 000
stampe e cartoline. Le più antiche sono
stampe all’albumina1, vi sono anche alcune stampe al collodio2 e un’enorme
quantità di stampe alla gelatina.
L’archivio dei negativi comprende circa
700 000 negativi e diapositive. Essi sono
stati prodotti con le tecniche fotografiche
in uso dal 1851 fino ad oggi. Nella maggior parte dei casi si tratta di lastre di vetro,
ma si conservano anche pellicole in nitrato
e in acetato nonché pellicole in poliestere.
Sia i formati di un tempo che quelli attuali
variano dai negativi poliestere 35 mm per
fotografie di formato piccolo alle lastre di
vetro di 30 x 40 cm.
hanno provocato in seguito una serie di
reazioni influenzando il processo d’invecchiamento. Sono stati riscontrati i seguenti danni: la maggior parte dei negativi
presenta riflessi argentei5 a diversi stadi,
altri cambiamenti di colori dell’emulsione
o dell’immagine argentica. Altri ancora sono parzialmente o completamente
sbiaditi. Nel caso di alcuni negativi di vetro si riscontra la rottura del vetro, una
diminuzione dello spessore, il distacco
dell’emulsione fotografica o la «malattia
del vetro»6.
Per quanto riguarda i negativi in acetato,
la maggior parte ha raggiunto diversi stadi
di degradazione, che variano da una superficie ondulata al distacco dello strato (illustrazione 3); una percentuale esigua dei
negativi in acetato è già completamente
degradata. La collezione Photoglob-Wehrli
risulta fortemente compromessa. I negativi in poliestere sono conservati principalmente come singole immagini in custodie
di plastica o tagliati in strisce e infilati in
custodie di pergamena a loro volta collocate in raccoglitori. Ad occhio nudo è
praticamente impossibile distinguere le
solo una soluzione provvisoria, all’archivio
dei negativi dell’AFMS è stato attribuito
uno spazio al settimo piano del magazzino sotterraneo est già edificato. In vista
dell’imminente trasloco l’archivio è stato
visionato ed è stato stilato un inventario
sommario. In seguito si è potuto procedere a prendere le prime misure riguardanti
la conservazione.
pellicole in nitrato da quelle in acetato.
Uno dei negativi in nitrato, ad esempio, ha
sprigionato acido nitrico facendo arrugginire il cassetto in metallo; questo genere
d’identificazione al nitrato deve rimanere
unica.
Malgrado i danni impressionanti fortunatamente si è potuto constatare che dal
2001 nei locali degli archivi regna un clima
stabile. Ciò che contribuisce alla conservazione degli oggetti fotografici storici.
Trasloco imminente
Visto che i lavori per la prevista costruzione
del nuovo magazzino sotterraneo ovest
della Biblioteca nazionale svizzera avranno
luogo nell’immediata vicinanza dell’attuale
deposito dei negativi, vi è il rischio di mettere altamente a repentaglio il patrimonio
dell’archivio. I negativi sarebbero esposti
alle vibrazioni, alle infiltrazioni di polvere
e acqua e agli eventuali danni subiti dalla
parete esterna e dalle finestre. Per questo
motivo l’archivio dei negativi deve essere
trattato prioritariamente e trasferito ancora prima dell’inizio dei lavori. Per non avere
Misure di conservazione
I diversi materiali costituiscono una sfida
per la conservazione e il restauro del fondo. Per evitare ulteriori danni al patrimonio dell’archivio, tutti i negativi devono
essere trasferiti con urgenza in custodie
di «qualità d’archivio». La procedura che
si vuole seguire consiste in primo luogo
nel pulire i negativi con un pennello fine
per permettere loro di asciugare e per allontanare eventuali particelle sporche. In
seguito vengono riposti singolarmente in
una cartella di carta chimicamente neutra
con un’alta percentuale di cellulosa alfa resistente all’invecchiamento e con una superficie liscia. I negativi imballati vengono
collocati in scatole che proteggono e stabilizzano ulteriormente il fragile patrimonio
d’archivio. Le lastre di vetro rotte vengono conservate in buste prodotte proprio
per facilitare la conservazione. I negativi
di vetro che presentano cambiamenti di
colore, il distacco di uno strato o riflessi
argentei, vengono registrati in un elenco
per poter poi eseguire in modo mirato
misure di restauro. Con la stessa cura si
devono trasferire, conservare e restaurare
anche i negativi in acetato. Poiché nel caso
di questi ultimi è soprattutto il sostegno
che si degrada, si può trasferire lo strato
contenente l’immagine – in questo caso
gelatina – su un supporto in poliestere e
salvare il contenuto dell’immagine. I negativi su poliestere vengono inseriti in buste
in polipropilene e posti in cassettiere. Tutti
i materiali a base di nitrato devono essere duplicati e depositati in posti diversi in
quanto sono facilmente infiammabili, ciò
che in passato ha provocato numerosi incendi nelle sale cinematografiche.
Prospettive
La raccolta di fotografie dell’AFMS è unica
in Svizzera. La sua perdita sarebbe grave e
imperdonabile. Dal punto di vista del contenuto queste fotografie di beni culturali
svizzeri hanno un valore inestimabile per la
generazione attuale e quelle che verranno.
In termini di tecnica fotografica, l’archivio è significativo anche oltrefrontiera. Per
questo motivo si devono assolutamente
trovare fondi e modalità per trasferire in
imballaggi di «qualità d’archivio» tutti i
700 000 negativi nonché le stampe e le
cartoline. Altrimenti in un prossimo futuro
si dovranno fare i conti con perdite consistenti se non addirittura globali. Con il
trasferimento dei 5 000 negativi della
collezione Nägeli si è compiuto un primo
passo verso la conservazione dell’archivio
fotografico.
Curiosità
Durante la visione del fondo sono state
scoperte delle autocromie in buono stato (illustrazione 1). Le lastre autochrome
costituiscono una particolarità nella storia della fotografia. Messe in commercio
verso il 1907, sono una testimonianza del
primo procedimento fotografico a colori
prodotto industrialmente.
Autocromia, una tra le prime diapositive
a colori. Rarità per il contenuto e lo stato di
conservazione dei colori.
1
Analisi delle condizioni
Finora non è stata praticamente adottata
alcuna misura per la conservazione del
fondo. Le collezioni sono state accettate e spesso archiviate come sono state
fornite. La maggior parte degli oggetti è
quindi immagazzinata in materiale da imballaggio dannoso3, che facilita una rapida alterazione o addirittura la distruzione
dell’informazione fotografica. Molte lastre
di vetro sono ammucchiate senza custodie
e quasi tutte le fotografie sono fissate su
cartoni A4 e infilate in custodie di plastica.
Le cartoline sono conservate senza essere
montate su un ulteriore sostegno – spesso
unite con graffette arrugginite.
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Lo strato fotosensibile è costituito da
albume d’uovo
Lo strato di materia legante è composto di
collodio (= nitrocellulosa)
Carta acida, materia plastica, ecc.
Prodotti chimici non completamente rimossi
nella messa a bagno
Superficie che riflette parzialmente o
completamente in modo argenteo
Il vetro sembra opaco o si sono formati
piccoli punti a forma di gocce
1 Distacco parziale dello strato fotosensibile
su un negativo di vetro.
Alcune migliaia di negativi – in particolare lastre di vetro – sono stati precedentemente riposti in custodie nuove, che però
contenevano sostanze acide. Questi acidi
e i residui di prodotti chimici sui negativi4
2 Negativi in acetato. Formazione di pieghe
dell’emulsione che non si riduce insieme al
supporto.
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Giornale UFC 13 / 2004
Giornale UFC 13 / 2004
Problemi di conservazione della
collezione di fotografie
Giornale UFC 13 / 2004
Intervista
Intervista di Doris Amacher con
il prof. Georg Mörsch, Politecnico
federale di Zurigo
Georg Mörsch si è dedicato anima e
corpo alla conservazione dei monumenti storici. Dopo 25 anni di intensa
attività nel campo dell’insegnamento
e della ricerca, nel 2005 passerà in
consegna al suo successore la cattedra
dell’Istituto per la conservazione dei
monumenti del Politecnico di Zurigo.
La sua eredità, la sensibilità per le testimonianze storiche, è impressa nelle
menti e nei cuori dei suoi studenti e
si manifesta in vari modi nel loro rapporto con i monumenti architettonici
svizzeri.
Signor Mörsch, qual è il Suo rapporto
personale con gli archivi?
Durante i miei studi di storia dell’arte e la
preparazione del lavoro di dottorato frequentavo assiduamente gli archivi: erano
un’importante base di lavoro e ciò che più
apprezzavo era la possibilità di esaminare e studiare documenti ancora intatti. In
seguito, la mia attività pratica nel campo
della conservazione dei monumenti storici
non mi ha più concesso il tempo per dedicarmi in modo altrettanto approfondito
allo studio delle fonti.
Lei conosce l’AFMS grazie alla Sua
attività d’insegnamento, ma anche in
qualità di membro della Commissione
federale dei monumenti storici (CFMS).
Che importanza attribuisce all’archivio
nell’ottica della conservazione dei monumenti in Svizzera? Quali sono i suoi
compiti?
Assieme agli uffici decentralizzati, l’AFMS
ha la responsabilità di raccogliere testimonianze sul passato dei monumenti storici
svizzeri e sull’evoluzione della cultura della
conservazione dei monumenti, cresciuta
nel tempo come gli anelli di un albero. Ci
si può servire dell’archivio per ripercorrere
l’applicazione dei principi della conservazione dei monumenti e cogliere così il rapporto con l’odierno modo di agire nei loro
confronti. I materiali d’archivio alimentano
attivamente i dibattiti, ad esempio quello
sulla reversibilità, fornendo informazioni
sugli stati precedenti e le relative scelte
di restauro. I documenti, provenienti da
epoche diverse, assumono infine la funzione di «radiografie», che rivelano gli strati
di un monumento senza dover ricorrere
a procedimenti dannosi. Alla stregua di
referti medici, i rapporti sulle varie fasi di
restauro possono mostrare il decorso della
«malattia» dei monumenti. Gli interventi
su questi ultimi, come quelli sugli esseri
umani, non sono eternamente efficaci. È
necessario valutare regolarmente il trattamento, consultare l’anamnesi e decidere
gli ulteriori provvedimenti basandosi su
tutte le conoscenze a disposizione. L’AFMS
ha il compito di far sì che i metodi d’intervento sui monumenti architettonici elaborati e tramandati sull’arco di decenni e
documentati nell’archivio continuino ad
essere coltivati e trasmessi alle generazioni future.
Ha desideri per il futuro nei confronti
dell’AFMS?
Il mio auspicio, che va inteso come un
invito al mio successore, è che l’AFMS ottenga un forum, al Politecnico federale e
altrove, dove potersi presentare in modo
adeguato. Penso in particolare ad una
mostra o a corsi tenuti periodicamente.
In ogni caso va aumentata la disponibilità a presentare i materiali d’archivio al
pubblico e a vaste cerchie di specialisti.
L’obiettivo è che l’istituzione sia utilizzata
assiduamente, anche se ciò dovesse richiedere un ampliamento dell’infrastruttura. Si
potrebbe forse persino estendere i servizi, offrendo ricerche specifiche su singoli
monumenti. In generale è auspicabile una
maggiore collaborazione interdisciplinare,
come appena avvenuto in modo esemplare nel caso del restauro della Cattedrale di
Coira. Grazie a collaborazioni di questo
tipo è possibile ottenere i risultati migliori
nel restauro conservativo del monumento architettonico e nella sua lettura quale
testimonianza del passato.
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Rueun, Chiesa di S. Andriu. Particolare
dell’affresco.
Quali sono le Sue visioni?
L’integrazione dell’archivio nelle strutture esistenti è una necessità indiscutibile e
deve essere realizzata. Il sapere multidimensionale che confluisce nell’AFMS va
tramandato. Questo deve essere garantito
a prescindere dall’attualità politica e percepito come un atto di responsabilità nei
confronti delle generazioni future.
Colophon
Pubblicato da: Ufficio federale della cultura
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Fax 031 322 92 73
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Contributi: Doris Amacher, Martin Fröhlich, Kathrin Gurtner,
Johann Mürner, Nadine Reding, Gian-Willi Vonesch,
Mariadele Zanetti, Ivo Zemp
Redazione specialistica: Doris Amacher, Ivo Zemp
Redazione: Anne Weibel (responsabile), Verena Latscha,
Jean-Paul Clerc, Nicolas Couchepin
Traduzioni: Gilberto D’Angelo, Lorenzo Lafranchi, Monica
Nolli, Antonella Vassena
Veste grafica: Atelier Bundi, Boll
Foto di copertina: dettaglio di un piano di Paul Bouvier per la
sala del Kursaal di Interlaken. Disegno a china, 1909.
Credito fotografico: Archivio federale dei monumenti storici
Stampa: Stämpfli SA, Berna
© Ufficio federale della cultura
ISSN 1660-3184