La trappola e il topo - Direzione Scientifica

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La trappola e il topo - Direzione Scientifica
La trappola e il topo:
la brevettabilità della materia vivente
Mariachiara Tallacchini
Facoltà di Giurisprudenza, Università Cattolica – Sede di Piacenza
Facoltà di Biotecnologie, Università degli Studi di Milano
Paradigma dell’informazione e brevetti biotech
In un saggio ormai famoso, James Boyle 1 ha osservato che le neocolonizzazioni compiute da
scienza, mercato e diritto sulle cosiddette “risorse” biologiche e genetiche (i materiali
biologici umani e non-umani, e gli organismi non-umani nella loro interezza) hanno messo in
atto una progressiva smaterializzazione della materia, vale na dire ne hanno asserito la
completa rappresentabilità nei termini dell’informazione (biologica e genetica) in essa
contenuta. Sia essa espressione di caratteri biologici o genetici, o anche di un’opera
dell’ingegno su tali materiali, l’informazione domina sul mezzo che la veicola e vive di vita
propria: scientificamente, economicamente, giuridicamente.
In questo nuovo “paradigma dell’informazione” –che coinvolge talora anche la materia
inorganica - “la tendenza è a separare concettualmente ed economicamente il messaggio
informazionale dal mezzo di supporto (cellule, dischetti, etc.) e a svalutare progressivamente
(letteralmente, a diminuire il costo marginale) il mezzo di supporto rispetto al messaggio
trasmesso” 2.
Secondo Boyle, proprio l’affermarsi di questo paradigma sarebbe ciò che ha reso concepibile,
a partire dagli anni ottanta, la brevettabilità prima dei microrganismi, e poi degli organismi
geneticamente modificati. L’informazione come unico valore dei materiali biologici, infatti, si
salda alla concezione proprietaria dell’informazione attraverso i diritti di proprietà
intellettuale. “La visione dell’ ‘autore dell’opera’ ci rende ciechi nei confronti dell’importanza
dei beni comuni (commons) –l’importanza dei materiali grezzi a partire dai quali viene
prodotta l’informazione”3.
L’estensione della protezione brevettuale -nata per gli artefatti meccanici e successivamente
applicata alle invenzioni chimiche- agli organismi –prima semplici e poi complessi 4-, è
avvenuta attraverso operazioni ermeneutiche che al tempo stesso hanno “forzato” i concetti
giuridici coinvolti e hanno blindato e schermato i presupposti scientifici, sociali e politici che
ne rappresentavano il retroterra esplicativo. Tali operazioni, tuttavia, sono state
J. BOYLE, Shamans, Software and Spleens: Law and the Construction of the Information Society, Harvard University
Press, Cambridge Ma. 1996.
2 Ibidem, p.7: “(t)he tendency is toward the economic and conceptual separation of the informational message
from the medium -cells, diskettes, telephone directories, or whatever- and of the progressive devaluation
(literally, the diminishing marginal cost) of the medium as compared with the message”.
3 Ibidem, p.XIV: “The author vision blinds us to the importance of the commons -to the importance of the raw
material from which information products are constructed”.
4 L. M. GUENIN, Patents, Ethics, Human Life Forms, in T.J. MURRAY, M.J. MEHLMAN (eds.), Encyclopedia of
Ethical, Legal, and Policy Issues in Biotechnology, John Wiley & Sons, Boston Ma. 2000, pp.866-880.
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accompagnate dall’ideologia del carattere “moralmente neutrale” 5 dei brevetti.
L’impianto originario dei diritti di brevetto è ormai piuttosto lontano dalle condizioni in cui
essi vengono attualmente esercitati. La tutela dell’opera dell’ingegno come diritto della
personalità è radicata, ancora secondo James Boyle, nella figura dell’ “autore-inventore
romantico” 6, che è stata ormai soppressa dagli apparati di investimento tecnologico e di
ricerca che le invenzioni biotecnologiche presuppongono: né il carattere individuale, né
l’interesse morale scisso da quello commerciale sopravvivono ormai nell’organizzazione
industriale dei brevetti.
Il diritto è stato di fatto utilizzato –dietro l’evocazione retorica della “certezza giuridica”- per
legittimare la tecnoscienza 7. Questa scelta di “tecnofilia giuridica” -il diritto come propulsore
delle biotecnologie- rischia di prevalere sull’effettivo accertamento dei requisiti di novità,
inventività e applicabilità industriale. E’, per esempio, il caso dei criteri di “isolamento” e
“purificazione” dei materiali biologici –mutuati dalla brevettabilità dei composti chimici- che
sono stati utilizzati quali referenti della soglia di artificializzazione della materia organica tale
da giustificare la realizzazione di un artefatto –e la concessione del brevetto-, anche quando si
tratti di processi ormai di routine 8.
Inoltre, limitandosi ad avallare l’evoluzione tecnologie, gli ordinamenti giuridici subiscono i
tempi, le direzioni e le modalità di controllo dell’impresa tecnologica, invece di porsi come
momento di riflessione critica e di istituzione di garanzie nei confronti di questa. Il diritto dei
brevetti ha “normalizzato” le biotecnologie –ne ha cioè disinnescato il potenziale di radicale
diversità-, avallando la tesi secondo cui esse non costituirebbero davvero una novità, se non
in accordo con il significato di “novità” che già appartiene alla semantica brevettuale. Le
biotecnologie sarebbero brevettabili proprio in quanto il loro carattere “innovativo e
inaspettato” è proprio uno degli elementi che qualifica l’invenzione e che ne giustifica la
protezione giuridica 9.
Una delle critiche più forti alla brevettabilità in campo biotecnologico riguarda le pretese di
esclusività proprietaria rispetto alla materia vivente e l’ampiezza della protezione brevettuale
biotecnologica (connessa all’autoriproducibilità degli organismi viventi). Questi poteri
proprietari sulle risorse biologiche stanno incidendo sui rapporti internazionali tra paesi
emergenti e paesi industrializzati, riproponendo situazioni di colonialismo commerciale.
Inoltre, essi rischiano di deprimere invece che promuovere la ricerca e l’innovazione –come
Come espressamente si affermava in A4-0222/97, Report on the proposal for a European Parliament and
Council Directive on the legal protection of biotechnological inventions (COM(95)0661-C40063/9695/0350(COD)), 25.6.1997, Explanatory Statement, p.30: “Patents are a morally neutral means of promoting
technology”.
6 BOYLE, Shamans, Software and Spleens: Law and the Construction of the Information Society, cit.
7 Come ha osservato L.M. GUENIN, Norms for Patents Concerning Human and Other Forms of Life,
“Theoretical Medicine” 1996, 17, pp.279-314: “It would be virtually unprecedented to grant a patent and later
preclude use of the invention. The result could be disruption in the biotechnology industry and waste of the
resources spent in expectation of a patent” (p.282).
8 L. M. GUENIN, Patents, Ethics, Human Life Forms, cit., p.871: “Is purification then the inventor’s trump over
nature? The process of making cDNA is not thought to occur naturally in humans (though many viruses that
infect humans make DNA from RNA). But once a gene is known, the laboratory process of making cDNA can be
routine”.
9 Questa è l’argomentazione addotta dalla Corte Suprema degli Stati Uniti in Chakrabarty, at 116: “The language
of patent law is broad and general and is to be given wide scope because inventions are, necessarily,
unanticipated and unforeseeable”.
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pure mettono in pericolo l’equo accesso a talune terapie mediche e farmacologiche 10-, poiché
è sempre meno evidente che la privatizzazione dell’innovazione tecnologica e la spinta
all’innovazione tecnologica rappresentino ancora istanze sinergiche, se non addirittura
compatibili 11.
L’incerta brevettabilità biotecnologica
L’effetto più immediato della problematicità giuridica dei brevetti biotecnologici può
ravvisarsi nell’oscillante andamento delle politiche brevettuali. Pur nel quadro definitorio dei
TRIP’s Agreement del 1995, che individuano (all’art.27) in novelty, inventive step e industrial
application i requisiti di brevettabilità, le singole leggi nominano criteri non sempre
sovrapponibili. La legge giapponese12 parla di invenzioni industrialmente utili, lo US Code
richiede novità, utilità e non-ovvietà 13, la legge canadese novità e utilità 14. Inoltre, non esiste
una qualificazione uniforme dei materiali genetici, considerati come composti chimici,
materiali biologici, composizioni di materia 15, e diverso è anche il grado di artificializzazione
biologica richiesto per l’invenzione biotecnologica.
La Direttiva europea 98/44/EC
sulle invenzioni biotecnologiche16 non definisce analogamente alla Convenzione sul Brevetto Europeo (C.B.E.)17- il termine invenzione, ma
indica in novità, inventività e applicabilità industriale (novelty, inventive step, industrial
application) i requisiti delle invenzioni biotecnologiche, la cui brevettabilità è ammissibile
anche se esse riguardino un prodotto consistente in, o contenente, un materiale biologico o un
R. GOLD, T.A. CAULFIELD and P.N. RAY, Gene patents and the standard of care, Canadian Medical
Association Journal 2002, 3, 167.
11 J. J. DOLL, The Patenting of DNA, “Science” 1998, vol.280, n. 5364, p.689; M.A. HELLER, R.S. EISENBERG,
Can Patents Deter Innovation? The Anticommons in Biomedical Research, “Science” 1998, vol.280, n. 5364,
p.698; P. ROY MOONEY, The Impetus for and Potential of Alternative Mechanisms for the Protection of
Biotechnological Innovations, Canadian Biotechnology Advisory Committee, March 2001.
12 Japan Law No. 121 of April 13, 1959 as amended by Law No. 220 of December 22, 1999 (entry into force:
January 5, 2001), art.2, Definitions: “(1) ‘Invention’ in this Law means the highly advanced creation of technical
ideas by which a law of nature is utilized”; art.29, Patentability of inventions: “(1) Any person who has made an
invention which is industrially applicable may obtain a patent therefore (…)”.
13 Title 35 US Code, § 101. Inventions patentable: “Whoever invents or discovers any new and useful process,
machine, manufacture, or composition of matter, or any new and useful improvement thereof, may obtain a
patent therefor, subject to the conditions and requirements of this title”.
14 Canada Patent Act ( R.S. 1985, c. P-4 ): "(…) invention means any new and useful art, process, machine,
manufacture or composition of matter, or any new and useful improvement in any art, process, machine,
manufacture or composition of matter (…)”.
15 Cfr. Trilateral Project on Biotechnology, http://www.jpo.go.jp/saikine/tws/gen.htm: “The USPTO treats
nucleic acid molecules as chemical compounds (compositions of matter). (…). According to EPO practice, a
claim to a nucleic acid molecule is a product claim to biological material (compound). (…) The JPO treats a
nucleic acid molecule as a compound”.
16 Directive 98/44/EC of the European Parliament and of the Council of 6 July 1998 on the legal protection of
biotechnological inventions, OJL 213, 30/7/1998, p.13-21.
17 La Convenzione di Monaco (5.10.1973) sul Brevetto Europeo (CBE) afferma la brevettabilità dei ritrovati
nuovi, che implichino attività inventiva e siano suscettibili di applicazione industriale (Art.52,1°c.), fatta
eccezione per “le scoperte, le teorie scientifiche e i metodi matematici” (Art.52,2°c.). Non possono costituire
oggetto di brevetto nemmeno “le razze animali ed i procedimenti essenzialmente biologici per l'ottenimento
delle stesse”, ma la disposizione «non si applica ai procedimenti microbiologici e ai prodotti ottenuti mediante
questi procedimenti» (Art.53 b). Nel 1995, in seguito agli accordi del TRIPs Agreement annessi all’istituzione del
World Trade Organization (WTO), la durata dei diritti di brevetto è stata prolungata a 20 anni.
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processo in cui sia prodotto, processato o utilizzato un materiale biologico (art.3) 18.
Diversamente dalla normativa europea, la disciplina statunitense sui brevetti considera come
fenomeni non distinguibili scoperta e invenzione. Tuttavia, l’estensione della brevettabilità ai
materiali biologici, alle sequenze genetiche e agli organismi complessi ha comportato anche
nel diritto americano una serie di aggiustamenti normativi, che sono stati realizzati attraverso
l’attività giurisprudenziale e le precisazioni sul requisito di non-ovvietà dell’invenzione nel
dominio delle biotecnologie 19.
La natura socio-politica e non esclusivamente “tecnica” del diritto dei brevetti in campo
biotecnologico è rivelata dalle stesse “politiche brevettuali” adottate dagli uffici brevetti e dai
giudici sulle due sponde dell’Atlantico. Sia negli Stati Uniti sia in Europa l’andamento
complessivo delle posizioni in tema di invenzioni biotecnologiche ha assistito a ripetute
oscillazioni. Gli Stati Uniti hanno attraversato in tal senso fasi diverse 20. In un primo tempo –
la fine degli anni settanta- lo US Patent & Trade Office (USPTO) si è mostrato riluttante a
riconoscere la brevettabilità biotecnologica. In questo periodo sono soprattutto le corti a dare
legittimità alle biotecnologie: decidendo positivamente, nel caso Chakrabarty (v. infra) -se pure
con una sentenza votata con cinque voti favorevoli e quattro contrari-, circa la brevettabilità
dei microrganismi geneticamente modificati, la Corte Suprema degli Stati Uniti legittima le
nuove invenzioni della tecnoscienza e apre il periodo di ascesa dei brevetti biotecnologici.
L’USPTO si adegua alla posizione adottata dalla Corte, inaugurando una fase di “anything
goes approach”, un’euforia filoscientista favorevole alla facile brevettabilità. Tale
atteggiamento è incoraggiato anche dal Bayh-Dole Act del 1980 21, che spinge i ricercatori del
settore pubblico a brevettare le proprie invenzioni.
Ma questa accelerazione della brevettabilità è divenuta, a partire dagli anni novanta, oggetto
di ripensamenti e di precisazioni giurisprudenziali, che hanno ridotto e definito con severità
l’ambito di brevettabilità. Con rinnovata posizione critica, le corti hanno cercato di conferire
maggiore certezza al diritto dei brevetti, i cui confini risultavano sempre più vaghi.
Ancora più oscillante è stato l’atteggiamento dello European Patent Office (EPO), che, a
giudizio di alcuni commentatori 22, ha praticato, fino all’approvazione della Direttiva
Directive 98/44/EC, Art.3.1: “For the purposes of this Directive, inventions which are new, which involve an
inventive step and which are susceptible of industrial application shall be patentable even if they concern a
product consisting of or containing biological material or a process by means of which biological material is
produced, processed or used”. 3.2: “Biological material which is isolated from its natural environment or
produced by means of a technical process may be the subject of an invention even if it previously occurred in
nature”.
19 Title 35 US Code, § 103: “Conditions for patentability; non-obvious subject matter: (3) For purposes of
paragraph (1), the term ''biotechnological process'' means - (A) a process of genetically altering or otherwise
inducing a single- or multi-celled organism to: (i) express an exogenous nucleotide sequence, (ii) inhibit,
eliminate, augment, or alter expression of an endogenous nucleotide sequence, or (iii) express a specific
physiological characteristic not naturally associated with said organism; (B) cell fusion procedures yielding a cell
line that expresses a specific protein, such as a monoclonal antibody; and (C) a method of using a product
produced by a process defined by subparagraph (A) or (B), or a combination of subparagraphs (A) and (B)”.
20 Cfr. G. SHAW, Does the Gene Patenting Stampede Threaten Science?, “Association of the American Medical
Colleges”, 6, 4, February 2000, http://www.aamc.org/newsroom/reporter/feb2000/gene.htm
21 Bayh-Dole Act 1980, Public Law 96-517 and subsequent amendment Public Law 98-620, implemented at 37 CFR
Part 401.
22 B. BAGGOT, Patenting transgenics in the European Union, “Nature Biotechnology” 1998, March, vol.16,
pp.299-300; U. SCHATZ, Patentability of Genetic Engineering Inventions in European Patent Office Practice,
“International Review of Industrial Property and Copyright Law” 1998, 29, 1, pp.2-16.
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98/44/EC, una “yes/no jurisprudence”, un’alternanza quasi casuale di posizioni
contradditorie. Ma la stessa Direttiva lascia sopravvivere molti dubbi, in particolare sulle
sequenze genetiche.
Dalla trappola al topo: brevetti meccanici e brevetti biologici
Le vicende e i modi con cui si è giunti ad estendere la tutela brevettuale agli organismi viventi
consentono di capire le perplessità di fondo e i problemi ancora aperti. La costruzione
scientifico-giuridica del brevetto biotecnologico ha privilegiato una particolare strada
interpretativa dei fenomeni naturali e del loro significato giuridico, ma ha proposto –talora in
modo surrettizio- tale scelta come epistemologicamente cogente. In realtà, dubbi e incertezze
sono continuamente emersi nella storia dei brevetti biotecnologici, rivelando non solo che la
via intrapresa costituisce una delle giustificazioni possibili, ma anche che i criteri per
affermare o negare la brevettabilità degli organismi sono molteplici.
A dispetto della sua pretesa natura tecnica e neutrale, il processo di definizione dei criteri di
brevettabilità biotecnologica è costellato di riferimenti extragiuridici. Poiché la disciplina dei
brevetti si è forgiata sulle invenzioni meccaniche, l’espediente metaforico utilizzato per
giustificare la brevettabilità della materia organica è stato il modello meccanicistico della
realtà risalente alla scienza newtoniana23. La metafora meccanicistica del mondo ha
rappresentato la lettura scientifica che consentiva l’applicazione della qualificazione giuridica
desiderata. La sostanziale equivalenza tra materia inorganica e organica –riconducibili, nella
prospettiva del programma riduzionistico, alle medesime sostanze di base-, suggerendo che
gli organismi sono macchine, bio-artefatti, ha potuto giustificare l’uguale brevettabilità di
artefatti ed entità biologiche. Inoltre, la riduzione della materia al suo contenuto
informazionale ha consentito di includere tra gli artefatti anche la ‘lettura tecnologica’ del
codice genetico.
Analogamente al “progetto” che sta dietro la macchina e le dà forma, è la progettualità
consistente
nella
estrazione,
o
nella
modificazione,
dell’informazione
biologicamente/geneticamente rilevante ciò che costituisce l’opera d’ingegno rispetto ai
materiali biologici/genetici. Ogni differenza tra l’inorganico e l’organico è diversamente
cancellata, anche quando si tratti della capacità degli organismi complessi –come
l’Oncomouse- di riprodursi.
Chakrabarty: la brevettabilità dei microrganismi geneticamente modificati
I passaggi che portano dal modello meccanico al modello biologico di brevetto sono
storicamente e linguisticamente documentabili nella costruzione scientifico-giuridica dei
criteri di brevettabilità biotecnologica ad opera di alcune Corti statunitensi alla fine degli
anni settanta.
Nel 1977, nel caso In re Bergy, la U.S. Court of Customs and Patent Appeals (CCPA) 24
dichiarava irrilevante, ai fini giuridici, la natura organica o inorganica della materia oggetto
del brevetto, sulla base del generale assunto riduzionista secondo cui le sostanze organiche
sono riducibili alle sostanze inorganiche.
Curiosamente, nelle parole dei giudici i metodi della scienza sembrano fondersi naturalmente
H. BLUMENBERG, La leggibilità del mondo, Il Mulino, Bologna 1984 (Frankfurt 1981).
U.S. Court of Customs and Patent Appeals (CCPA), In re Bergy 563 F.2d 1031 (1977), “We see no sound reason
to refuse patent protection to the microorganisms themselves (…).
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con i metodi del diritto. Per il metodo scientifico –così osservava la Corte- non c’è vera
differenza tra materia inorganica e organica, e la distinzione non è rilevante nemmeno dal
punto di vista giuridico. Ma c’è di più. Scienza e diritto condividono anche, in quanto sistemi
sociali, i medesimi valori: infatti, concludeva la Corte, “corrisponde all’interesse pubblico che
i microrganismi vengano ricompresi nel termine ‘artefatto’ e ‘composizione di materia’ ” 25.
Nella medesima decisione, la Corte precisava inoltre che, benché i microrganismi siano
naturalmente presenti nell’ambiente, tuttavia essi non esistono in natura come colture
biologicamente pure. Un “microrganismo isolato e biologicamente purificato” è perciò
brevettabile –a differenza di un microrganismo impuro- perché esso è il prodotto di
un’attività umana e non preesiste ad essa 26.
Vengono così esplicitati i criteri cd. di isolamento e purificazione –fatti propri anche dalla
Direttiva 98/44/EC 27-, elaborati a partire dalla brevettabilità dei composti chimici e applicati.
Isolamento e purificazione divengono, a partire da questo momento, i criteri scientificonormativi rispetto ai quali opera la presunzione legale di artificializzazione, le procedure
tecniche idonee a trasformare i materiali biologici e genetici umani in artefatti brevettabili.
Anche la sentenza con cui la Corte di Giustizia delle CE ha respinto l’impugnativa olandese
della Direttiva 98/44/EC, cercando di chiarire i limiti di brevettabilità del vivente, precisa che
un elemento naturale è brevettabile quando si combina a un elemento tecnico (che lo isola e
lo purifica) 28.
I criteri del riduzionismo metodologico (l’equivalenza tra materia vivente e non-vivente) e
dell’isolamento-e-purificazione vengono saldati per validare l’analogia tra artefatti meccanici
ed biologici. Scienza e diritto preparavano così il terreno alla sentenza Diamond v. Chakrabarty,
del 1980, in cui, dissolta ogni specificità della materia biologica, il vero tratto distintivo della
Ibidem: “We think it is in the public interest to include microorganisms within the terms ‘manufacture’ and
‘composition of matter’ in § 101. In short, we think the fact that microorganisms, as distinguished from chemical
compounds, are alive is a distinction without legal significance (…)”.
26 Ibidem: “Appellants responded with a request to reconsider this rejection supported by affidavits of three
Upjohn microbiologists, Dr. Joseph E. Grady, Dr. Thomas L. Miller, and "the well-known microbial taxonomist
Alma Dietz," pointing out that the microorganism did not exist as a biologically pure culture in nature and
asserting that such a culture is a "manufacture" (…)”.
27 Directive 98/44/EC, cit., Art.3.2: «Biological material which is isolated from its natural environment or
produced by means of a technical process may be the subject of an invention even if it previously occurred in
nature». Directive 98/44, cit., Preamble (20): «Whereas, therefore, it should be made clear that an invention
based on an element isolated from the human body or otherwise produced by means of a technical process,
which is susceptible of industrial application, is not excluded from patentability, even where the structure of
that element is identical to that of a natural element, given that the rights conferred by the patent do not extend
to the human body and its elements in their natural environment»; (21) «Whereas such an element isolated from
the human body or otherwise produced is not excluded from patentability since it is, for example, the result of
technical processes used to identify, purify and classify it and to reproduce it outside the human body,
techniques which human beings alone are capable of putting into practice and which nature is incapable of
accomplishing by itself».
28 Judgment of the Court of 9 October 2001, in Case C-377/98 Kingdom of the Netherlands, applicant, supported
by Italian Republic, and by Kingdom of Norway, v. European Parliament and Council of the European Union:
Application for annulment of Directive 98/44/EC of the European Parliament and of the Council of 6 July 1998
on the legal protection of biotechnological inventions: “Only inventions which combine a natural element with a
technical process enabling it to be isolated or produced for an industrial application can be the subject of an
application for a patent”.
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brevettabilità è il confine tra “lavoro della natura” e “opera umana” 29: ciò che consente ai
giudici di affermare che “anything under the sun that is made by man is eligible for
patenting” 30.
Poiché i microrganismi modificati non esistono spontaneamente in natura –almeno come
entità isolate e purificate (concetti introdotti dalla decisione In re Bergy 31) - il microrganismo
creato dal Dr. Chakrabarty poteva essere considerato legittimamente un artefatto biologico.
La posizione di Chakrabarty prestava il fianco a una critica, poiché i giudici non potevano
davvero escludere che una modificazione genetica possa accadere spontaneamente in natura.
Ma un ulteriore argomento a rinforzo della posizione della Corte Suprema veniva fornito a
distanza di qualche anno dall’Office of Technology Assessment (OTA), in un rapporto sulla
brevettabilità della vita. La precisazione che l’insigne commissione americana sentì il dovere
di avanzare –e divenuta poi prassi consolidata delle corti- consisteva nel suggerire
un’inversione dell’onere della prova a favore dell’inventore. Non chi richiede il brevetto –
osservava l’OTA- deve fornire la prova dell’improbabile presenza in natura di un particolare
organismo geneticamente modificato; piuttosto, la Corte che intenda respingere la domanda
di brevetto avrà l’onere di dimostrare che è altamente probabile (e non solo possibile) che tale
organismo esista in condizioni naturali 32.
OncomouseTM : la controversa brevettabilità degli organismi complessi
Il brevetto concesso nel 1988 alla Harvard Medical School per la realizzazione dell’Oncomouse
-un topo modificato per risultare maggiormente esposto alla probabilità di sviluppare un
carcinoma mammario- rappresenta il primo brevetto su un organismo complesso.
Diversamente dal microrganismo del Dr. Chakrabarty, l’Oncomouse non ha avuto, almeno
negli Stati Uniti, una storia giudiziaria. Apparentemente, gli Stati Uniti, dopo aver esitato
rispetto alla colonizzazione brevettuale della materia vivente, non hanno ritenuto necessario
distinguere tra organismi unicellulari e organismi complessi, come se i medesimi criteri
fossero applicabili a entrambe le situazioni e la società fosse ormai disposta ad accettare le
nuove entità transgeniche 33.
Il “naturale” accostamento che l’Office of Technology Assessment proponeva, l’anno
successivo al brevetto dell’Oncomouse, per mostrare la somiglianza anche “visiva” tra la
In Diamond v. Chakrabarty, 447 U.S. 303 (1980), la Corte Suprema degli Stati Uniti ha precisato: “Einstein could
not patent his celebrated law that E=mc2 ; nor could Newton have patented the law of gravity. Such discoveries
are manifestation of nature, free to all men and reserved exclusively to none. (…) respondent’s micro-organism
plainly qualifies as patentable subject matter. His claim is not to a hitherto unknown natural phenomenon, but
to a nonnaturally occurring manufacture or composition of matter -a product of human ingenuity [...]. His
discovery is not nature’s handicraft, but his own”.
30 Ibidem.
31 In re Bergy, cit.: “Appellants responded with a request to reconsider this rejection supported by affidavits of
three Upjohn microbiologists, Dr. Joseph E. Grady, Dr. Thomas L. Miller, and "the well-known microbial
taxonomist Alma Dietz," pointing out that the microorganism did not exist as a biologically pure culture in
nature and asserting that such a culture is a "manufacture" (…)”.
32 Cfr. OFFICE OF TECHNOLOGY ASSESSMENT (OTA), New Developments in Biotechnology: Ownership of
Human Tissues and Cells – Special Report, OTA-BA-337, U.S. Government Printing Office, Washington D.C.,
March 1987, p.50: “If a patent examiner decides to reject patentability for an invention on grounds that it is a
product of nature, he must show that the claimed product, such as a biologically pure culture, is likely to exist in
nature as a result of natural processes and not merely that it possibly exists in nature”.
33 In tal senso S. JASANOFF, La scienza davanti ai giudici, Giuffrè, Milano 2001 (Cambridge Ma 1995).
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rappresentazione grafica che accompagnava la richiesta di brevetto della trappola per topi
(1900) e quella allegata al brevetto del topo modificato geneticamente (1988), è un elemento
interessante nella ricostruzione delle valenze metaforiche, retorico-persuasive e culturali del
discorso sui brevetti.
Entrambi i disegni presentano i tratti deterministici propri delle entità meccaniche, benché le
inserzioni di materiale genetico non posseggano il carattere netto e puntuale che l’immagine
suggerisce, e benché esse producano effetti non isolabili a un segmento del genoma, ma
potenzialmente estesi ad altri caratteri del fenotipo.
Fig. 1 – Le richieste di brevetto per la trappola per topi (1900) e per l’Oncomouse (1988) (OTA, New Developments
in Biotechnology: Patenting Life – Special Report, OTA-BA-370, U.S. Government Printing Office, Washington D.C.,
April 1989).
In realtà, come è stato osservato, il fatto che i parametri per brevettare gli organismi
complessi non siano mai stati esplicitamente definiti e che il PTO si sia limitato a ritenere
soddisfatti i criteri di novelty, utility e nonobviousness, ha lasciato sopravvivere molte
incertezze (emerse successivamente nel diritto brevettuale americano). Queste, se non si sono
manifestate negli Stati Uniti34, sono però all’origine delle controversie che hanno
accompagnato in Europa e in Canada la brevettabilità dell’Oncomouse.
Per quanto riguarda l’Europa, il topo di Harvard ha avuto vita controversa e l’EPO ha
riaperto più volte il fascicolo ad esso relativo. Dopo aver inizialmente respinto la richiesta di
brevetto in relazione all’art.53(b), che nega la brevettabilità delle “varietà animali”, l’EPO
concesse il brevetto nel 1992, sostenendo che l’art.53(b) menziona ed esclude la brevettabilità
C.F. WALTER, Beyond the Harvard Mouse: Current Patent Practice and the Necessity of Clear Guidelines in
Biotechnology Patent Law, http://www.law.indiana.edu/ilj/v73/no3/walter.html
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delle varietà animali, ma non quella degli animali in generale. Il brevetto fu immediatamente
impugnato da un’associazione inglese per l’abolizione della vivisezione, ma la disputa
continuò anche sull’interpretazione della nozione di “varietà” applicata alle piante: infatti,
dopo aver concesso il brevetto sull’Oncomouse, l’EPO aveva successivamente rifiutato
protezione brevettuale ad una pianta modificata geneticamente (Plant Genetic Systems, PGS),
sempre in applicazione dell’art.53(b) 35.
Nel concedere il brevetto -il primo su un organismo complesso- l’EPO osservò la particolarità
del caso, riconoscendone la liceità (ex art.53(a)) -nonostante le sofferenze indotte nell’animaleper l’importanza che il topo transgenico avrebbe rivestito nella ricerca oncologica. Ragioni di
opportunità si saldano a questioni tecniche, ma con oscillazioni che hanno esposto a severe
critiche l’EPO, rivelandone l’incerta posizione.
Particolarmente interessanti sono invece le vicende canadesi dell’Oncomouse. Dopo il rifiuto
dell’ufficio brevetti a concedere il brevetto per un organismo complesso, il caso è arrivato
davanti ai giudici. Chiamate a esprimersi sulla brevettabilità degli organismi complessi, la
Trial Division nel 1998 36 e la Federal Court of Appeal nel 2000 37 hanno rispettivamente
negato e affermato la brevettabilità dell’Oncomouse. Il Commissioner of Patents ha impugnato
la sentenza della Federal Court of Appeal di fronte alla Corte Suprema del Canada, che il 5
dicembre 2002 38 si è infine pronunciata contro la brevettabilità degli organismi complessi 39,
accogliendo la tesi del ricorrente, secondo il quale solo un apposito intervento legislativo
potrà introdurre in Canada questa ipotesi di brevetto, non ricompresa nell’attuale legge sui
brevetti. Mentre la tecnologia di modificazione genetica dell’Oncomouse rappresenta un
processo brevettabile, non è invece brevettabile per la legge canadese il prodotto che ne
risulta, vale a dire l’Oncomouse medesimo.
Dopo essersi confrontata sia con gli argomenti di Chakrabarty sia con le previsioni della
Direttiva 44/98, la Corte Suprema ha elaborato una propria linea di ragionamento che ha
negato la possibilità di far discendere la brevettabilità degli organismi complessi dalla
brevettabilità meccanica e chimica.
La Corte ha di conseguenza indicato nella competenza legislativa, preceduta e ispirata dalla
consultazione dei cittadini, il luogo appropriato per una decisione sostanzialmente politica 40.
Gli argomenti avanzati dai giudici della massima Corte sono differenti da quelli sostenuti sia
dalla US Supreme Court in Chakrabarty sia dall’EPO e rivelano la non-cogenza giuridica delle
giustificazioni prodotte dalle istituzioni americane ed europee. In particolare, la Corte
B. BAGGOT, Patenting transgenics in the European Union, cit.
President and Fellows of Harvard College v. Canada (Commissioner of Patents) (T.D.), [1998] 3 F.C. 510, Ottawa,
November 17, 1997 and April 21, 1998, http://www.canlii.org/ca/cas/fc/1998/1998fc22348.html
37 President and Fellows of Harvard College v. Canada (Commissioner of Patents) (C.A.), [2000] 4 F.C. 528, Ottawa,
December 9, 1999 and August 3, 2000, http://www.canlii.org/ca/cas/fc/2000/2000fc27094.html.
38 Commissioner of Patents v. President and Fellows of Harvard College, [2002] SCCC76. File n. 28155,
http://www.lexum.umontreal.ca/csc-scc/en/rec/html/harvard.en.html
39 Cfr. ONTARIO REPORT TO THE PROVINCES AND TERRITORIES, Genetics, Testing & Gene Patenting:
Charting New Territory in Healthcare, January 2002, http://www.gov.on.ca/health/english/pub/ministry/
geneticsrep02/report_e.pdf ; CANADIAN BIOTECHNOLOGY ADVISORY COMMITTEE, Patenting of Higher
Life Forms and Related Issues. Report to the Government of Canada, Ottawa, June 2002, http://www.cbaccccb.ca/documents/en/E980_IC_IntelProp.pdf.
40 Commissioner of Patents v. President and Fellows of Harvard College, cit.: “This Court does not possess the
institutional competence to deal with issues of this complexity, which presumably will require Prliament to
engage in public debate, a balancing of competing social interests, and intricate legislative drafting”.
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36
10
Suprema non ha ritenuto decisivi la riducibilità o meno della materia organica a quella
inorganica, e il carattere artificiale degli organismi transgenici.
I punti specificamente sollevati dai giudici canadesi sono i seguenti:
(1) Il grado di controllo dell’inventore sulla creazione dell’invenzione - Il controllo
dell’invenzione è la premessa per la riproducibilità di essa. Ma la possibilità di controllare un
organismo complesso è molto ridotta, perché il prodotto finale è sconosciuto e inconoscibile
nella sua complessità.
(2) La distinzione tra intervento umano e leggi di natura nella creazione dell’Oncomouse –
L’intervento umano si mescola e si serve delle leggi di natura, ma esiste una distinzione pur
in questa sovrapposizione: gli scienziati hanno modificato il genoma del topo inserendo un
oncogene, ma non hanno “inventato” il topo.
(3) La rilevanza del test di riproducibilità –L’Oncomouse non è interamente riproducibile: la
collocazione definitiva dell’oncogene e le sue interazioni con altri geni non sono né del tutto
note né sotto controllo. Gli animali appartenenti a un medesimo modello transgenico non
sono uguali (per questo la stabilizzazione dei modelli transgenici avviene attraverso la
clonazione). Nel campo dei brevetti, invece, l’inventore dovrebbe essere in grado di
riprodurre esattamente la propria invenzione.
(4) L’adeguatezza della distinzione tra forme di vita superiori e inferiori – Si deve tracciare
una distinzione tra microrganismi e organismi complessi, tra forme di vita inferiori e
superiori.
La Corte si è particolarmente soffermata su due punti, considerati decisivi nel demandare la
questione al Parlamento. Il primo punto riguarda l’impossibilità di intendere gli organismi
complessi come “composti di materia”. Gli organismi complessi non sono adeguatamente
descritti come un insieme composito di sostanze analoghe a un composto chimico o a un
organismo semplice. La complessità strutturale rappresenta una realtà che esige un livello
esplicativo diverso e non esauribile da un’analogia rozzamente riduzionistica.
“Se un uovo fertilizzato nel quale sia iniettato un oncogene può essere descritto come una
miscela di varie componenti, il topo nel suo complesso non consiste di ingredienti o sostanze
che sono state combinate o mischiate da una persona” 41.
La necessità di tracciare un confine tra organismi semplici e complessi è rivelata dalle
conseguenze inaccettabili che l’opzione opposta comporta.
E ciò conduce al secondo punto considerato decisivo dalla Corte. Se non si accetta la
distinzione tra organismi semplici e complessi, analogamente non si potrà tracciare alcuna
linea di separazione tra organismi complessi umani e non-umani (per tacere dei problemi
posti dalla commistione tra tessuti e sequenze genetiche umane e non-umane, come accade
per gli xenotrapianti). Esiste un consenso pressoché umanime nel non ritenere brevettabili gli
esseri umani, ma questa esclusione non sarebbe argomentabile da parte di chi ritiene
irrilevanti le differenze tra organismi semplici e complessi. “Non esiste un fondamento
difendibile, all’interno della definizione stessa di invenzione, per affermare che uno
scimpanzè è un ‘composto di materia’ mentre un essere umano non lo è”42.
Ibidem,at (B)1 : “While a fertilized egg injected with an oncogene may be a mixture of various ingredients, the
body of a mouse does not consist of ingredients or substances that have been combined or mixed together by a
person”.
42 Ibidem, at 178: “Should this Court determine that higher life forms are within the scope of s.2, this must
necessarily include human beings. There is no defensible basis within the definition of invention itself to
conclude that a chimpanzee is a ‘composition of matter’ while a human being is not”.
41
11
Anche a un primo sguardo è chiaro che, mentre il quadro concettuale e i singoli argomenti
costruiti dai giudici americani erano funzionali a una precostituita risposta affermativa alla
domanda sulla brevettabilità –ed erano anzi forgiati proprio sui criteri esistenti-, l’approccio
dei giudici canadesi non muove da una precomprensione già favorevole al brevetto, ma al
contrario valuta la sensatezza e pertinenza dei criteri esistenti in relazione alle nuove entità
geneticamente modificate. Ciò che la Corte Suprema rileva con chiarezza è il nocumento
prodotto da operazioni interpretative che perdano la consapevolezza dei propri confini di
senso. L’estremizzazione dei criteri di brevettabilità finisce per dare legittimità giuridica a
una visione scientifica –quella deterministico-meccanicistica- che né epistemologicamente né
politicamente giova alla riflessione e all’inquadramento complessivi che processi e prodotti
della tecnoscienza richiedono. Questa nuova visione di insieme non può che passare
attraverso una complessa e pluralistica elaborazione della società allargata.
La brevettabilità dei materiali biologici umani: l’nformazione isolata/purificata e
l’appropriazione intellettuale del corpo
Quali alterazioni, manipolazioni, trasformazioni del corpo sono tali da fare dei materiali
umani dei costrutti bioartificiali (bioartificial constructs), prodotti bioingegnerizzati
(bioengineered products), invenzioni biologiche (biological inventions) brevettabili 43?
Anche qui, fatta eccezione per la categoria europea delle “invenzioni non brevettabili” 44, che
escludono dalla brevettabilità taluni processi e prodotti per ragioni di contrarietà all’ordine
pubblico e alla morale, i due criteri che definiscono le soglie di brevettabilità sono
l’isolamento e la purificazione.
All’art.5.1, infatti, la Direttiva, dopo aver affermato la non brevettabilità della semplice
scoperta di un elemento corporeo, ivi inclusa la sequenza totale o parziale di un gene, precisa
che un elemento isolato dal corpo o comunque prodotto per mezzo di un processo tecnico,
incluse le sequenze genetiche parziali o totali, possono costituire invenzioni brevettabili,
anche se la struttura dell’elemento è identica a quella di un elemento naturale 45.
Applicati al corpo umano, isolamento e purificazione alludono, il primo alla separazione del
materiale umano dal corpo (eco della disciplina delle parti staccate dal corpo) e alla sua
individuazione come materiale singolo, il secondo alla separazione e identificazione di una
precisa funzione (il dato informazionale) per quel singolo materiale.
Ma la validità dei due criteri è discussa, come pure sono controversi gli standards di
artificializzazione per le invenzioni biologico-genetiche umane. Il problema riguarda il
rapporto tra criteri naturalistici e criteri giuridici nella qualificazione di ciò che è un
‘artefatto’. Alcune volte, infatti, il concetto di brevettabilità è stato usato come scorciatoia per
L. DONATI, M. TALLACCHINI, Ingegneria tessutale: bioetica e prodotti bioartificiali, “Medicina e morale”
1997, 2, XLVII, pp.267-285; L. DONATI, A. FARNETI, M. TALLACCHINI (a cura di), Aspetti medico-legali e
normativi dell’ingegneria dei tessuti, Giuffrè, Milano 1998.
44 Directive 98/44/EC, cit., Art. 6.1: “Inventions shall be considered unpatentable where their commercial
exploitation would be contrary to ordre public or morality; however, exploitation shall not be deemed to be so
contrary merely because it is prohibited by law or regulation”.
45 Directive 98/44/EC of the European Parliament and of the Council of 6 July 1998 on the legal protection of
biotechnological inventions, OJL 213, 30/7/1998, p.13-21, Art.5.1: «The human body, at the various stages of its
formation and development, and the simple discovery of one of its elements including the sequence or partial
sequence of a gene cannot constitute patentable inventions»; 5.2: «An element isolated from the human body or
otherwise produced by means of a technical process including the sequence or partial sequence of a gene may
constitute a patentable invention, even if the structure of that element is identical to that of a natural element»
43
12
presumere l’artificialità del nuovo prodotto, o per avallare la commerciabilità di un materiale
umano assumendone, più che accertandone, l’avvenuta artificializzazione.
Ma soprattutto, ciò che emerge è che il valore della corporeità consiste nel suo contenuto
informazionale, le cui potenzialità economiche vengono allocate a chi dimostri di possedere i
mezzi di “controllo tecnologico” sull’informazione medesima –intendendo tale controllo
come la possibilità di trasformare l’informazione in prodotto di mercato.
Moore: privacy o proprietà ?
La pietra miliare nel processo di brevettabilità dei materiali biologici umani è costituita dalla
famosa decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti sul caso Moore v. Regents of the
University of California 46, relativa agli aspetti personali e patrimoniali degli atti dispositivi del
corpo. John Moore citò in giudizio per conversion (interferenza nell’esercizio del diritto di
proprietà) i medici e la società farmaceutica che avevano brevettato una linea cellulare
elaborata a partire da sostanze (linfochine) prelevate dalla sua milza. Mentre, in un primo
tempo, la Corte d’Appello della California accordò al ricorrente un diritto di partecipare agli
utili connessi al brevetto, la Corte Suprema della California riconobbe a Moore solo il diritto
al consenso informato (esteso anche al consenso a che altri sfruttassero economicamente i suoi
materiali biologici), ma non la diretta partecipazione agli utili derivanti dalla linea cellulare.
Vengono così contrapposte, nel ragionamento della suprema Corte, i due concetti di privacy e
di proprietà. Non è necessario forzare il “cerchio” della privacy e della dignità personale nelle
forme squadrate della proprietà, argomentavano i giudici di Moore. Ma il tentativo compiuto
dalla Corte di validare la tesi della sostanziale eterogeneità ed estraneità delle due diverse
istanze giuridiche poteva però essere argomentato solo con gli effetti negativi che si sarebbero
prodotti impedendo all’industria di accedere alle “indispensabili materie prime” (necessary
raw materials) utili alla ricerca farmacologica47.
La motivazione della Corte lascia uno strano vuoto a proposito della proprietà dei tessuti: da
un lato si dice che Moore non ha la proprietà dei materiali perché essi sono oggetto solo di atti
non patrimoniali di autonomia 48, dall’altro si precisa che nemmeno i titolari del brevetto
hanno la proprietà dei tessuti, ma solo i diritti relativi alla loro opera di ingegno.
I materiali nella loro oggettività risultano impalpabili, de-materializzati, ridotti unicamente
alla loro funzione: biologico-fisiologica nel corpo, informazionale dopo l’isolamento da esso.
Poiché i materiali biologici sarebbero inutilizzabili per il soggetto da cui sono prelevati, essi
vengono considerati come res derelictae, liberamente acquisibili come res nullius 49 da parte di
Moore v. Regents of University of California, Cal. App. 2 Dist. (1988), e 51 Cal. 3d (1990).
Moore v. Regents of University of California, 51 Cal. 3d (1990) at 140, 144-145: “Yet one earnestly wish to protect
privacy and dignity without accepting (...) that the interference with those interests amounts to a conversion of
personal property. Nor is it necessary to force the round pegs of ‘privacy’ and ‘dignity’ into the square hole of
‘property’ in order to protect the patients, since the fiduciary-duty and informed-consent theory protect these
interests directly by requiring full disclosure. (...) The extension of conversion law into this area will hinder
research by restrincting access to the necessary raw materials”.
48 Cfr. anche Directive 98/44/EC, cit., Preamble (26): «Whereas if an invention is based on biological material of
human origin or if it uses such material, where a patent application is filed, the person from whose body the
material is taken must have had an opportunity of expressing free and informed consent thereto, in accordance
with national law».
49 OTA, New Developments in Biotechnology: Ownership of Human Tissues and Cells, cit., p.82: “Res Nullius Another defense that a researcher might assert is res nullius, which means things that are not owned. The res
nullius category included islands newly risen from the sea and wild animals. Under common law, for instance, a
46
47
13
coloro che possiedano un dimostrabile interesse ad essi.
L’esistenza di tale interesse, consistente nella capacità di utilizzare e trasformare
l’informazione contenuta nei materiali biologici e di immetterla sul mercato, viene
considerato in re per gli operatori scientifico-economici, come coloro che di fatto detengono
tale potere.
Un recente documento del National Bioethics Advisory Committee sui materiali biologici
umani prosegue in questa linea interpretativa, precisando che i materiali biologici umani
“are available not to anyone, but in general are restricted to those who have legitimate research
interests in their use and presumably possess the capability to perform sophisticated scientific studies
that can reveal biological information about the samples or even health-related information about the
persons from whom they came” 50.
Di fatto, il criterio dell’isolamento e della purificazione dei materiali biologici è indicativo di
quella “capacità tecnologica” di trarre funzioni e informazioni utili dagli HBMs, che viene
associata all’esistenza di un interesse sui materiali, e che giustifica il controllo dei medesimi.
Anche se non esiste un vero diritto di proprietà sui raw materials -perché come si è precisato in
Moore, l’informazione contenuta nei materiali è fattualmente e legalmente distinta dalla
mera materia cellulare 51- un potere di controllo sui materiali viene di fatto allocato: un diritto
di disposizione viene infatti riconosciuto a chi possieda gli strumenti produttivi per sfruttare
economicamente i materiali e le informazioni.
L’eredità giuridica “quasi-globalizzata” del dopo Moore consiste nell’aver accettato come
legittima la separazione delle due questioni della privacy e della proprietà (o più
correttamente del controllo) nella regolazione dei materiali biologici umani; e nel considerare
tale separazione come l’unica mediazione possibile tra individui e collettività civile da un
lato, e scienza e industria dall’altro. Agli individui va il diritto alla privacy, alla società la
legittima attesa di progresso nella ricerca, all’industria della scienza l’incentivo economico per
la realizzazione di tale progresso.
BRCA 1 e BRCA2: il brevetto di sequenze wild type
Il caso dei due brevetti BRCA1 e BRCA2, concessi nel 1991 negli USA e successivamente in
Europa -al centro di scontri e dure prese di posizioni per i problemi teorico-pratici ad esso
connessi-, è un altro esempio di come il paradigma dell’informazione domini l’ambito dei
distinction was drawn between domestic and wild animals. Domestic animals could be acquired and held as
property just like inanimate articles, but wild animals could only be the subject of a qualified property right. It
could be argued the patient and his tissues stand in a relationship similar to that between a landowner and wild
animals on his land. (…) Not having exercised dominion or control over the tissues, the patient’s rights therein
would be like those of a landowner who had made no attempt to capture wild animals passing over his land.
The argument seems strongest in the case of tumors because these are not normal, healthy parts of the body. A
defendant/researcher could contend that it was he, not the patient, who isolated and cultured the abnormal
bodily constituents and thereby reduced them to ‘possession’ “.
50 NATIONAL BIOETHICS ADVISORY COMMITTEE (nbac), Research Involving Human Biological Materials:
Ethical Issues and Policy Guidance, Report and Recommendations, Rockville, Maryland, August 1999,
http://www.georgetown.edu/research/ nrcbl/nbac/hbm.pdf Rockville, Maryland, August 1999,
http://www.georgetown.edu/research/ nrcbl/nbac/hbm.pdf, p.59.
51 Moore v. Regents of University of California, 51 Cal. 3d (1990), at 492-493: “This is because the patented cell line is
both factually and legally distinct from the cells taken from Moore’s body”.
14
brevetti biotecnologici e della tendenza ad allocare diritti economici laddove l’informazione
sia trasformata in prodotto.
Nel 1990 veniva scoperto il gene BRCA1, un gene oncosoppressore connesso al cancro alla
mammella su base genetica, e nel 1991 gli scienziati hanno mostrato che esso comporta un
aumentato rischio di cancro all’ovaio. Nel medesimo anno veniva scoperto un secondo gene,
il BRCA2, che pure è collegato all’aumentato rischio di sviluppare il cancro alla mammella e
all’ovaio, ma di cui sono portatori anche gli individui maschi.
Sia il BRCA1 sia il BRCA2 sono coperti da brevetti statunitensi ed europei, detenuti dalla
Myriad Corporation. Ciò che appare problematico in BRCA1 e 2 è il fatto che il brevetto copre
anche le sequenze genetiche normali (wild type), nel loro stato naturale, non alterate e prive di
mutazioni.
L’interesse per questo tipo di brevetto concerne la possibilità di testare le mutazioni genetiche
confrontandole con le sequenze normali: in questa specifica necessità sarebbe da ravvisare il
carattere della utility (e della industrial application) 52. La Myriad ha infatti realizzato un kit
diagnostico, un test immesso nel mercato per la valutazione di possibili mutazioni genetiche.
La situazione genera però talune perplessità, perché tale precedente si presta a giustificare la
futura brevettabilità di ogni sequenza wild type, come potenziale sequenza standard da
introdurre in un kit diagnostico per testare possibili mutazioni.
Esiste inoltre un rilevante problema pratico, consistente nei vincoli economici che gli
scienziati si trovano a dover affrontare quando le sequenze genetiche oggetto di ricerche
siano coperte da brevetto –e il loro utilizzo comporti il pagamento di diritti ai titolari del
brevetto.
In risposta al caso Myriad, il governo canadese ha reso noto che nessun diritto sarà pagato
alla compagnia di Salt Lake City e che gli ospedali canadesi continueranno ad effettuare test
diagnostici utilizzando le sequenze brevettate 53. Anche il Nuffield Council ha preso
posizione in proposito (rivolta apertamente agli uffici brevetti europeo, statunitense e
giapponese), osservando che il criterio di inventività esige migliore definizione e criteri di
applicazione più ristretti, e che i brevetti su strumenti di diagnosi e di ricerca devono
diventare l’eccezione piuttosto che la regola 54.
R.S. CRESPI, Patents on Genes: Can the Issue Be Clarified?, “Bio-Science Law Review” 21 February 2001,
http://pharmalicensing.com/features.
53 THE HONOURABLE TONY CLEMENT, Minister of Health and Long-Term Care, Speech Transcript: Myriad
Gene Patent Issue, September 19, 2001, http://www.gov.on.ca/MOH/english/
news/speech/sp_091901_tc.html : “ (…) We are therefore forced to ask ourselves the much larger question: Is
the entire fruit of human genome project research and the mapping of the human gene going to come down to a
series of monopolies setting exclusive prices for tests which most of Canada -indeed most of the world,
especially the poorer countries - cannot afford? That is why I have written to Dr. G. Critchfield, Myriad's
president, stating our policy concerning genetic testing at the seven Ontario Centres. It is our government's
position that predictive breast and ovarian cancer testing should be available to women who require them. I
explained to Dr. Critchfield that it's also our government's position that payment to hospitals for the provision
of these services does not constitute infringement of any valid claim of Myriad's patent”.
54 NUFFIELD COUNCIL ON BIOETHICS, The ethics of patenting DNA. A discussion paper, London, July 2002,
http://www.nuffieldbioethics.org/filelibrary/pdf/theethicsofpatentingdna.pdf: “Diagnostic tests - We
recommend that the criteria already in place within existing patent systems for the granting of patents,
particularly the criterion of inventiveness, be stringently applied to applications for product patents which
assert, inter alia, rights over DNA sequences for use in diagnosis. We recommend that the European Patent
Office (EPO), the United States Patent and Trademark Office (USPTO) and the Japan Patent Office (JPO) together
examine ways in which this may be achieved. If this recommendation is implemented, we expect that the
52
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Trappole per topi
Il diritto dei brevetti è uno degli ambiti in cui le categorie giuridiche sono maggiormente
imbevute di premesse scientifiche, sociali ed economiche che non rispecchiano più le esigenze
della situazione internazionale odierna, ma perpetuano un modello almeno in parte desueto
dei rapporti economici, della giustizia internazionale, della democrazia. La possibilità di
stabilire una connessione nuova e dinamica tra scienza e società passa attraverso
l’esplicitazione trasparente sia delle premesse scientistiche di cui sono imbevuti alcuni settori
del diritto, sia delle norme implicite nel funzionamento della tecnoscienza.
Un doppio equivoco domina ancora le premesse della regolazione giuridica della scienza, in
particolare nel settore dei brevetti. Tali equivoci consistono nel ritenere che il diritto che
regola la scienza sia il veicolo tecnico neutrale di conoscenze tecnoscientifiche, e che le scelte
della tecnoscienza siano dominate da leggi deterministiche e necessarie.
Attraverso i casi presentati –che segnano le tappe più rappresentative del percorso
brevettuale in campo biotecnologico- si può vedere che il paradigma dell’informazione sta
diventando una potente “trappola per topi”, reali e metaforici; un modello esplicativo che
ormai impedisce, invece di facilitare, una riflessione innovativa rispetto all’appropriazione e
all’utilizzo di risorse comuni.
granting of product patents which assert rights over DNA sequences for use in diagnosis will become the rare
exception, rather than the norm” (p.XI).