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Il baratro è sempre a doppio senso
Sprofondare non è mai l’unica direzione
Meditazione sul Vangelo
della XXXI domenica del T.O. anno C
a cura di p. Gaetano PICCOLO
La disperazione è una malattia
nello spirito, nell’io, e così può essere triplice:
disperatamente non essere consapevole di avere un io;
disperatamente non voler essere se stesso;
disperatamente voler essere se stesso.
S. Kierkegaard, La malattia mortale
Uno dei nostri sogni più ricorrenti è quello di sprofondare, soprattutto quando viviamo
momenti di ansia. Cerchiamo di risalire, ma inutilmente, e ci sembra di scivolare sempre di
più, senza alcuna possibilità di riconquistare l’uscita.
Siamo prigionieri delle nostre paure più profonde, a cui spesso non riusciamo neppure
a dare un nome. Siamo prigionieri dell’oscurità, come il Gollum de Il Signore degli anelli di
Tolkien, che, venuto in possesso dell’anello magico di Sauron, l’anello che rende invisibili,
finisce con l’esserne posseduto. Viene scacciato dalla gente del suo villaggio (a causa dei
furti che commetteva usando l’anello magico) e si rifugia sempre di più sotto terra, non
sopportando più la luce del sole e della luna. Per Gollum l’anello diventa il suo tesoro e la
sua unica ragione di vita. Sarà infatti per afferrare l’anello che si getterà nel baratro
infuocato.
Non sempre quei luoghi in cui sprofondiamo sono soltanto sogni o racconti di
fantasia. A tutti capita infatti di attraversare momenti della vita in cui andiamo ad abitare a
Gerico, la città sprofondata sotto il livello del mare, che nel Vangelo diventa appunto
l’immagine degli abissi in cui l’uomo si è perso, i luoghi dai quali ci sembra di non poter più
risalire, là dove abbiamo perso ogni speranza, ma proprio là dove Cristo scende per
venirci a tirare fuori dai nostri inferi.
Sono i luoghi in cui, come Gollum, ci siamo ritirati, rifugiati, là dove forse siamo
scappati perché ci siamo sentiti esclusi, rifiutati, non amati. E, come Gollum, ci
abituiamo alle tenebre e non riusciamo più a vedere.
Prima ancora di entrare a Gerico, prima ancora di incontrare Zaccheo, Gesù incontra un
cieco: tutti abbiamo il desiderio di tornare a vedere. Vedere, infatti, è sempre
accorgersi che c’è qualcun un altro accanto a noi. Il bisogno di tornare a vedere dice
sempre il nostro desiderio di uscire dall’isolamento. Come questo cieco che Gesù incontra
alle porte di Gerico, così anche Zaccheo vuole vedere Gesù, anche Zaccheo vuole uscire
dal suo isolamento.
A volte ci sembra di essere talmente sprofondati nei nostri abissi di paure che non
crediamo più nella possibilità di risalire. Nel capitolo precedente, Luca ci aveva
sorpresi mostrando che anche per il pubblicano c’è una via per uscire dal proprio peccato
e vivere riconciliato. Ma Zaccheo non è solo un pubblicano, un pubblico peccatore, uno
che vive in una permanente condizione di impurità che gli impedisce di prendere parte al
culto, è addirittura capo dei pubblicani. È come se il peccato fosse moltiplicato. Ci sarà
una possibilità di vita anche per lui? O è irrimediabilmente perso? Questa è la domanda
che Luca ci sta mettendo davanti: pensi che per te ci sia una possibilità di vita o pensi di
che per te non ci sia più speranza?
Per quanto possiamo essere sprofondati, rimane sempre dentro di noi il desiderio di
cambiare. Se il desiderio è autentico, si trasforma allora in audacia. Zaccheo decide di
uscire dal suo isolamento, sebbene non sappia ancora come fare. Per il momento
vorrebbe solo restare spettatore: guardare senza essere visto. Ma nonostante il suo
ruolo sociale, ci sono ambiti nei quali i privilegi non contano. Vorrebbe vedere Gesù, ma è
troppo basso per guardare oltre la folla. Gli altri diventano un ostacolo. Forse Luca vuole
alludere anche alla bassezza morale di Zaccheo che diventa ostacolo per vedere Gesù.
Ma Zaccheo non si arrende: il suo desiderio lo porta persino ad accettare di rendersi
ridicolo. Sale su un albero come fanno i bambini! In effetti se vogliamo dare risposta ai
nostri desideri più profondi non possiamo non dare spazio alla nostra dimensione più
autentica.
Zaccheo voleva solo guardare un po’, rimanendo nascosto, senza compromettersi.
Ma non c’è solo il desiderio di Zaccheo, c’è anche quello di Gesù! Prima ancora di
Zaccheo, è Gesù che vuole vedere Zaccheo. Gesù alza lo sguardo: Zaccheo non è più in
basso, ma è già stato posto in alto. Da quello sguardo, Zaccheo si aspetta probabilmente
un rimprovero. Finalmente la gente che lui ha sfruttato e umiliato avrà la propria vendetta.
Zaccheo si aspetta di essere smascherato davanti a tutti. A volte il pensiero di come Dio
possa guardarmi è terribile. Cosa mi aspetterei dallo sguardo di Gesù se vedesse la mia
vita in questo momento?
Ma Zaccheo, come ognuno di noi, trova in quello sguardo la misericordia. Gesù
ridona a Zaccheo quella possibilità di stare con gli altri che gli era stata negata. E Gesù è il
primo a fermarsi nella vita di Zaccheo: entra nella sua casa. La misericordia è gratuita e
imprevedibile. A Zaccheo non è chiesto nulla. Eppure Zaccheo finalmente vede, ma
soprattutto è visto. Questo era il suo desiderio più grande: non solo tornare a vedere, ma
anche e soprattutto essere visto, essere visto non come pubblicano, ma come uomo.
Solo nel momento in cui Zaccheo torna a vedere, può decidere la strada da
percorrere. Non è obbligato. Zaccheo vede l’altro che gli sta davanti, vede Gesù, e vuole
imitarlo. È la domanda di ogni vita, di ogni vocazione: nella situazione concreta che sto
vivendo, quale può essere la strada più adatta per seguire il Signore?
Proprio a dimostrazione che non si tratta di un obbligo, Luca attribuisce a Zaccheo un
impegno a cui non solo non era tenuto, ma un impegno che mette insieme due legislazioni
diverse: restituire la metà dei beni era quanto previsto dalla legge rabbinica per la
penitenza; restituire quattro volte tanto era quanto previsto dalla legge romana per il furto.
Zaccheo dunque è certamente l’uomo del desiderio, ma è anche l’uomo che sa
trasformare il desiderio in passi concreti. E in effetti è solo quel desiderio che può
vincere le nostre paure e farci riguadagnare la vetta di quel burrone nel quale a volte ci
sentiamo precipitati.
Leggersi dentro
–
Come reagisco quando mi sento precipitato nelle mie paure o in situazioni che mi
sembrano irreparabili?
–
Se Gesù oggi vedesse la mia vita, cosa mi aspetterei di trovare nel suo sguardo?