Sintomatologie secondarie o associate alla dislessia P

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Sintomatologie secondarie o associate alla dislessia P
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Fiesole, 2 dicembre 2004
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Sintomatologie secondarie e associate alla dislessia
Significato di sintomatologia secondaria o associata alla dislessia
Quando la sintomatologia è persistente: il disagio
Quando la sintomatologia richiede un intervento specialistico
Quando le difficoltà di letto-scrittura si costituiscono fattore di stress
per l’emergere di un disagio?
Altre variabili
Il disagio: problema del soggetto e/o ambiente?
Le dinamiche che producono e aumentano il disagio
La sintomatologia ADHD
Che fare con l’ADHD?
La sintomatologia internalizzante (depressiva e d’ansia) ed esternalizzante
Sensibilizzazione dei genitori
Una cultura delle difficoltà
Accorgimenti
Per la bassa autostima
Per la ridotta motivazione
Questionario sulle preferenze nella letto-scrittura
Il computer: un buon alleato
Per la poca autoregolazione
Per la ridotta prosocialità
Allegati
Questionario sui fattori di rischio per un apprendimento ottimale
Abilità sociali ed uso del tempo
Questionario sulla lettura del bambino
Alcuni studi in inglese sui sintomi secondari ed associati alla dislessia
Depressive symptomatology and reading disorder
Social and emotional adaptive behaviors in children with learning
disabilities at different ages: A pilot study
Reading problems and depressed mood
(Fuori File)
Altri articoli
Psychiatric Comorbidity in Children and Adolescents with Reading Disability.
Learning Disorders With a Special Emphasis on Reading Disorders: A Review of
The Past 10 Years.
Strumenti valutativi per la scuola
TRF (Achenbach)
Conners RS
Scala per la valutazione del disadattamento e del disagio a scuola
SDQ (Goodman)
Foglio sull’impatto disfunzionale
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Frustrazione
Delusione
(Mortificazione da parte di chi non conosce)
Umiliazione
Preoccupazione
Stato di tensione
Sintomi somatici d’ansia
Demotivazione
Evitamento dello studio
Opposizione con
le insegnanti
Tensioni con chi lo
affianca nei compiti
Avvilimento
Scoraggiamento
Sfiducia in se stesso
Stile cognitivo di tipo depressivo
Deconcentrazione
Agitazione
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Distraibilità
Auto-intrattenimento in classe
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Le richieste scolastiche, da un punto di vista emozionale, prestazionale, comportamentale
e relazionale, costituiscono sempre una sfida ed uno stimolo alla messa in atto ed
allo sviluppo della capacità adattative del bambino, soprattutto all’ingresso della scuola
elementare.
Sono
in
altre
parole
fattori
di
stress,
che
portano
quasi
sempre,
per
fortuna diremmo, a momenti critici, di sofferenza psicologica, nel percorso formativo di
ogni studente. Di fronte a questi momenti il bambino è chiamato a cercare, trovare,
maturare le capacità di affrontare lo stress (coping), tollerando il dolore mentale, il
limite,
la
agenzie
frustrazione,
deputate
alla
ecc.
Tuttavia
è
compito
salute
mentale
e
ad
della
famiglia,
un’organizzazione
di
della
scuola,
qualità
del
delle
sistema
scolastico facilitare lo sviluppo di abilità di coping nel bambino e offrire il maggior
numero di strumenti perché quei “problemi temporanei” non si trasformino in “disagio
scolastico”.
Si
intende
per
“disagio
scolastico”
ogni
forma
di
problema
(di
apprendimento, di adattamento, nelle relazioni, nel vivere emozioni fondamentalmente
positive) che si esprime a scuola in modo acuto o per un periodo “lungo” in
modo
persistente,
quasi
a
dire
che
lo
studente
non
riesce
da
solo
(con
le
opportunità offertegli) a far fronte (coping) ai fattori di stress che incontra.
Per definizione il “disagio” di cui ci occupiamo è un fattore di rischio per
uno
sviluppo
qualitativo
bambino
nel
tempo
(coinvolgimento
con
dislessia
sia
di
in
senso
altre
aree
potrebbe
quantitativo
funzionali)
sviluppare
un
(degenerazione)
del
vero
e
disagio
proprio
sia
stesso,
rifiuto
in
ad
senso
es.
della
un
scuola,
oppure potrebbe sviluppare una sintomatologia depressiva.
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disagio
nell’ottica
primaria
e
scolastico
quindi
del
secondaria
che
può
essere “sommerso”,
miglioramento
ad
oggi
si
dell’offerta
ritiene
disagio scolastico ed intervenire per sorreggerne la risoluzione.
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Succede quando viene richiesto un compito:
1. più/troppo faticoso rispetto agli altri, ossia che richiede un eccessivo sforzo mentale,
2. più/troppo complesso rispetto alle abilità del bambino,
3. pieno di ambiguità/incertezze/confusioni cognitive,
4. che richiede un tempo più/eccessivamente lungo per la risoluzione parziale o totale del
compito,
5. che richiede un dispendio attentivo tale da compromettere la qualità della prestazione,
6. che sottopone il bambino a un giudizio negativo (delusione, biasimo, punizione) dei
compagni o dell’insegnante,
7. che impedisce al bambino di vivere il successo conseguente allo sforzo e consolidante il
senso di competenza e l’autostima,
8. che sottolinea l’”anormalità” delle capacità del bambino, ossia il fatto che non riesca
mentre riesce a quasi tutti,
9. che non rende giustizia dello sforzo compiuto,
10. che elicita la sensazione di essere trattati ingiustamente, di vivere un ambiente
minaccioso, anziché alleato e costruttivo,
11. che forza il bambino ad autointrattenersi in attività altre (distrazione, alienazione),
12. che mette in una situazione di bassa gratificazione, che a sua volta spinge il bambino a
trovare altre modalità, scadenti, di stima sociale, per es. ridacchiare col compagno, o
fare il pagliaccio.
Si produce così nel bambino, rispettivamente:
1. 4.
stress, tensione, mal di testa, predisposizione al disimpegno mentale,
2. 9.
una sensazione di ansia, incontrollabilità e impotenza,
3.
una sensazione di disagio mentale,
5. 9.
un senso di frustrazione, di demoralizzazione,
6.
una bassa autostima ed una tensione con gli adulti (insegnanti e/o genitori che si
occupano dei compiti),
7.
un atteggiamento rinunciatario ed evitante lo sforzo mentale,
8. 9.
una bassa autostima, con progressivo ritiro dell’investimento motivazionale sullo
studio,
10.
tensione con il mondo della scuola e/o degli adulti,
11.
facile distraibilità, disattenzione,
12.
bassa autogolazione e carente adesione alle regole.
Tutto ciò abbassa la soglia critica in chi è predisposto a sintomatologie
a) depressivo/ansiosa, b) oppositivo/provocatoria, e/o c) disattenta/iperattiva.
a) Tristezza, demotivazione, disinteresse, poca autostima, pensiero catastrofico, stanchezza,
irrequietezza, irritabilità, sfiducia nelle proprie capacità, lamentele somatiche,
intolleranza per compiti differenziati.
b) Irritabilità, scoppi di rabbia, disobbedienza, comportamenti di sfida e di mancanza di
rispetto, bugie, turpiloquio.
c) Incapacità di mantenere l’attenzione, di organizzarre le proprie attività, di rimanere
composti a sedere, di rispettare i turni, di non essere precipitoso.
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Altre variabili
Alle difficoltà, scorrettezza, lentezza nella lettura e/o nella scrittura
si associano frequentemente altre difficoltà caratteristiche
Difficoltà nell’accesso lessicale
Altre difficoltà linguistiche (per es. organizzazione della frase complessa)
Difficoltà nelle tabelline e nell’automatizzazione di semplici somme o sottrazioni
Difficoltà nel padroneggiare i termini logico-matematici (ognuno, prodotto, valore totale, ecc.)
Difficoltà nel padroneggiare i concetti temporali
Difficoltà nel riconoscere velocemente la destra dalla sinistra
Difficoltà di memoria a breve termine e di lavoro
Difficoltà di tipo metacognitivo (uso adeguato di strategie, pianificazione, monitoraggio,
revisione)
Impulsività
Difficoltà in alcune abilità sociali (es. nella conversazione o nel riconoscimento delle
emozioni/intenzioni altrui)
Mal di testa frequente
Discrepanza con altre prestazioni
Bisogna poi considerare che il bagaglio cognitivo è preservato nella sua globalità e molto spesso
ci sono ambiti in cui il bambino riesce meglio della media, così da suscitare questo tipo di
pensiero: “il bambino è intelligente e molto sveglio quando vuole; quindi se non riesce in alcuni
compiti è perché non si è applicato e impegnato a sufficienza”.
Variabilità delle prestazioni
Poiché le prestazioni sono influenzate dal livello di stress ed affaticamento del bambino più di
quanto accada normalmente, succede che in un certo momento il bambino abbia dei risultati
assai diversi che in altri momenti (a prescindere dalla “buona volontà”).
Qualsiasi compito in cui è richiesta l’abilità di lettura (ad es. di una consegna, di un brano da
comprendere, o di un testo di un problema), l’abilità di scrittura (dettato, COPIATURA dalla
lavagna o di un brano sul banco, prendere appunti, risoluzione di un problema, di una scheda o
di un esercizio scritti), o QUALSIASI DELLE SOPRA ELENCATE ABILITA’ rischia di
scatenare gli effetti secondari che abbiamo descritto, nei termini di DISAGIO (emozionale,
comportamentale, o relazionale).
DISLESSIA/DISORTOGRAFIA LIEVE E MODERATA: SUBDOLA NEMICA ALLE
MEDIE E PIU’ ANCORA ALLE SUPERIORI
Se la lettura è particolarmente lenta e/o l’ortografia particolarmente faticosa e scorretta, il fatto
che a questi bambini si facciano RICHIESTE MOLTO SUPERIORI rispetto ai loro compagni,
può passare inosservato.
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Il disagio: problema del soggetto e/o ambiente?
Si ricordi che un bambino può avere una di queste sintomatologie a causa di più fattori e,
soprattutto, che in ogni caso questi fattori hanno peso diverso:
-ci sono bambini particolarmente predisposti ad una di queste sintomatologie e per i quali basta
un contesto appena più frustrante e umiliante che subito emerge tale sintomatologia,
-ci sono bambini con bagaglio neurobiologico e psicologico meno predisposto ad una di queste
sintomatologie, che anche di fronte a un ambiente particolarmente stressante non esprime
sintomatologie particolari (oppure non lo esprime “fino a che non scoppia” nell’adolescenza!),
ecc.
L’ambiente di un dislessico può essere stressante a prescindere dalla dislessia: trasferimento di
casa, conflitti familiari, problemi socio-economici, ospedalizzazioni, lutti, abuso, ecc.
Il fattore AMBIENTE è costituito sia dal mondo della scuola (insegnanti e coetanei) sia da
quello extrascolastico (genitori, fratelli, opportunità riabilitative, opportunità di un sostegno
adeguato nei compiti a casa, opportunità sportive):
• I coetanei vanno sensibilizzati, va spiegato loro come si sente un dislessico e come
aiutarlo a farlo sentire meglio;
• I genitori devono stare attenti a mantenere un equilibrio fra alte aspettative (studiare,
migliorare, impegnarsi sono cose molto importanti) e valorizzazione della persona a
prescindere dai risultati scolastici (gli errori, i limiti, i fallimenti fanno parte della vita,
che così diventa una sfida: ti stai allenando per il futuro! Non dare troppo peso alle tue
difficoltà. Dai, pensiamo ad altro, facciamo questo… insieme. Dedichiamoci a
quest’altro. E’ bello lo sport. Vai agli scouts.). “Parliamone, che è successo, come posso
aiutarti?”. Mostrare interesse e comprensione, cercare di affiancare al bambino qualcuno
nello studio che sappia affrontare adeguatamente le sue difficoltà, dialogare e collaborare
continuamente con gli insegnanti ed il clinico di riferimento.
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Le dinamiche che producono e aumentano il disagio
Sottoporre a molti fallimenti: il fallimento di per sé, in un contesto in cui i bambini dovrebbero
fondamentalmente riuscire e trovare gratificazione, è umiliante, frustrante e demotivante.
Giudizio negativo (non sufficiente, appena sufficiente, “hai sbagliato”).
Commento critico dell’insegnante (“non fare il pigro, ti devi impegnare di più, non va bene per
niente, eh!”, “qui hai fatto bene, MA…”).
Sanzione in termini di più compiti (“rifai la scheda nell’intervallo, o a casa”) o di esercizi inutili
(“copia cinquanta volte la parola…”).
Mettere il bambino nella condizione di essere sottoposto ad un giudizio negativo da parte dei
compagni (ad es. lettura ad alta voce).
Disinteresse per le sue difficoltà e frustrazioni.
Indisponibilità all’aiuto o alla chiarificazione richiesti dal bambino.
Mancanza di accorgimenti dispensativi e compensativi da parte dell’insegnante.
Mancanza di un’attenta analisi dell’errore (per es. in compiti scritti) che abbia come
conseguenza indicazioni precise al bambino relative a percorsi di lavoro di recupero su tali errori
Mancanza di opportunità per il bambino di dimostrare i suoi ambiti di successo
Mancanza di modellamento da parte dell’insegnante di come va gestita la difficoltà specifica
(con accettazione, comprensione, rispetto, progettualità, sfida, strategie dispensative e
compensative; con una matura visione del valore/amabilità della persona che prescinde dalle
difficoltà specifiche, dai fallimenti in qualche campo e da trattamenti personalizzati relativi alle
difficoltà).
Utilizzo in classe di modalità didattiche che favoriscano la competizione, il paragone, il giudizio
sociale relativo alle prestazioni scolastiche paragonate agli altri.
Utilizzo di “intelligenza” e “bravura” per complimentarsi o incoraggiare, oppure di “compito
semplice”, che ha come conseguenza implicita l’impiego da parte del bambino che fallisce di
termini quali “non intelligente” e “non bravo”, “incapace di affrontare compiti semplici”.
Atteggiamento generale dell’insegnante che valuta il bambino in termini di successo o meno
nella sua materia (per es., affabile e sorridente coi più bravi).
FATTORE CRONICITA’
Tanto più le difficoltà del bambino (primarie, secondarie, associate) sono mal gestite nel tempo,
tanto più si andrà cronicizzando il disagio ed il disadattamento, e tanto più sarà arduo un
percorso di nuova ottimizzazione del rapporto fra il bambino e la lettura, gli insegnanti, lo studio
e la scuola.
E’ possibile, come citato precedentemente, che il ragazzo arrivi così demoralizzato o arrabbiato
alla fine della scuola media o delle superiori, da precludersi un successivo percorso scolastico
che in realtà sarebbe stato adeguato alle sue capacità.
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