l`amore di cristo ci sospinge

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l`amore di cristo ci sospinge
L’AMORE DI CRISTO CI SOSPINGE
Lettera del Consiglio Episcopale Permanente
alle comunità cristiane
per un rinnovato impegno missionario
Il Convegno Nazionale missionario del settembre 1998 a Bellaria, intitolato Il
Fuoco della missione, è stato uno stimolo pastorale significativo per la vita delle
comunità cristiane in Italia. Già al termine di quel Convegno le conclusioni presero
forma di una Lettera alle comunità cristiane, lasciando emergere alcuni punti che
sembravano meritevoli di attenzione per un rinnovato cammino pastorale, reso
vigoroso e vigile dalla passione missionaria.
D’altra parte negli scorsi anni, l’attuale Commissione Episcopale per la
cooperazione missionaria tra le Chiese (e già la precedente) aveva lungamente
discusso l’ipotesi di redigere un direttorio relativo all’impegno missionario delle
Chiese che sono in Italia. Anche questo iter era arrivato a concludere in favore di un
testo breve, semplice ed agile, che prendesse, come forma più appropriata, quella di
una semplice Lettera.
L’esito pressoché identico delle due circostanze ha portato al testo che
presentiamo e che il Consiglio episcopale Permanente ha fatto suo nella riunione del
15-18 marzo 1999.
La finalità di questa lettera consiste soprattutto nel ribadire il senso della
vocazione cristiana di una comunità, chiamata a vivere la missio ad gentes. Di qui
l’urgenza di illuminare la centralità dell’orizzonte missionario per vivere in maniera
robusta e significativa la vocazione cristiana dei singoli e delle comunità.
In appendice, a cura dell’Ufficio Nazionale per la cooperazione missionaria tra
le Chiese, la Lettera riporta l’indicazione delle strutture nazionali, regionali e
diocesane destinate all’animazione e alla cooperazione missionaria e il recupero
ordinato dei documenti missionari della C.E.I. e del Magistero della Chiesa Cattolica.
PRESENTAZIONE
Presento alle nostre comunità cristiane una lettera semplice e sobria, ma
spiritualmente intensa e pastoralmente concreta. Vorrei che queste pagine diventassero
meditazione personale e strumento di confronto pastorale. Il tema trattato è grande e
l'obiettivo indicato è urgente. Si tratta della missione, cioè di quel meraviglioso compito
che Gesù ha affidato ai suoi primi discepoli e che oggi propone a noi. Come
dimenticare, ci dice il Papa nella Redemptoris missio, che alla fine del secondo
millennio la missione è ancora ai suoi inizi?
In questi ultimi anni noi parliamo spesso di missione. Basti pensare
all'esperienza che molte diocesi italiane stanno compiendo con le missioni al popolo,
non casualmente qualificate talvolta come popolo in missione. Si pensi anche ai sinodi
diocesani, che testimoniano, attraverso il dibattito e soprattutto i testi sinodali
conclusivi, quanto l'orizzonte missionario stia emergendo come riferimento illuminante
e stimolante per un valido cammino di nuova evangelizzazione. Anche ai sacerdoti sono
state offerte, in questi ultimi anni, varie occasioni per rileggere il senso missionario del
loro ministero e per rinnovare il lavoro pastorale. Penso, in particolare, al Convegno
nazionale di spiritualità missionaria, svoltosi a Roma nel febbraio 1997, che ha visto
una larga partecipazione di sacerdoti provenienti da tutta Italia.
La lettera del Consiglio Episcopale Permanente vuol mettere in evidenza un
punto teologico e pastorale di enorme rilevanza: la consapevolezza che la missio ad
gentes è responsabilità di noi tutti e che il nostro lavoro educativo e pastorale deve
essere rispondente alla nostra vocazione missionaria e adeguato alle condizioni socioculturali dentro le quali ci troviamo ad evangelizzare. In questo senso la lettera è
affidata in modo particolare ai Vescovi perché, nei modi da loro ritenuti più opportuni,
ne favoriscano la conoscenza e la valorizzazione all'interno delle diocesi.
Mentre ringrazio di cuore tutti coloro che nella missione “ad gentes” si stanno
spendendo generosamente per la causa del regno di Dio, prego il Signore perché
continuino a moltiplicarsi tra di noi coloro che, chiamati da Dio a mettere a disposizione
tutta la propria esistenza, dicano con coraggio: «Eccomi, manda me!» (Is 6,8).
Roma, 4 aprile 1999
Domenica di Pasqua
Risurrezione del Signore
Camillo Card. Ruini
Presidente della
Conferenza Episcopale Italiana
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Sorelle e fratelli nel Signore!
E’ con grande gioia che vi inviamo questa lettera sull’impegno missionario delle
nostre comunità. Come potete immaginare, ci sta molto a cuore la responsabilità per
l’annuncio del Vangelo fino ai confini della terra e vorremmo alimentare, dentro di voi,
lo stesso ardore.
In questi anni la vitalità missionaria delle nostre Chiese ha sempre trovato un
notevole contributo da parte di vescovi, sacerdoti e diaconi, religiosi e religiose, laici e
laiche. La Conferenza Episcopale Italiana ha sostenuto e promosso ad ogni livello la
maturazione della corresponsabilità missionaria universale. Ne sono prova i ripetuti
interventi magisteriali e anche le stesse strutture messe a servizio dell’impegno
missionario. Molte realtà ecclesiali sono state così condotte a guardare alla “missio ad
gentes” come a una dimensione essenziale della vita della Chiesa.
Siamo consapevoli, però, che questa mentalità deve ancor più crescere tra noi e
perciò, anche con questa lettera, vorremmo coltivare in voi una grande sensibilità
missionaria dando risonanza, in modo particolare, al Convegno Missionario Nazionale
che si è svolto, dal 10 al 13 settembre 1998, a Bellaria. In maniera breve e semplice
intendiamo metterne in evidenza alcuni aspetti di fondo ed alcune scelte pratiche, che
potrebbero arricchire lo specifico impegno missionario della nostra vita quotidiana
personale e comunitaria.
A quel convegno infatti, aperto soprattutto ai laici, vennero invitati - insieme con
i missionari, le missionarie e i numerosi collaboratori e collaboratrici del mondo
missionario - anche molti operatori pastorali e alcuni rappresentanti di associazioni,
movimenti e gruppi ecclesiali. Si è così voluto sottolineare che la missionarietà
interessa tutti gli ambiti della pastorale e della vita cristiana. Chi riuscì a parteciparvi,
poté vivere tre giorni di preghiera, studio e dibattito sul tema: “Il fuoco della missione”.
Senza dubbio questo appuntamento è stato, anche numericamente, uno dei più
rilevanti della Chiesa italiana, dopo la grande assise ecclesiale di Palermo. Il
collegamento tra questi due convegni è evidente, soprattutto nei contenuti. Quello di
Palermo affrontò le urgenti questioni dell’inculturazione della fede e della
evangelizzazione della cultura nel contesto sociale italiano e indicò il progetto culturale
e il discernimento comunitario come metodi privilegiati della nuova evangelizzazione:
veri e propri cantieri di lavoro missionario. A distanza di tre anni, Bellaria ha inteso
riproporre la stessa questione partendo da uno scenario più vasto rispetto ai confini e ai
problemi nazionali. In quest’ultimo convegno la Chiesa italiana ha riflettuto su come
accogliere ed annunciare il Vangelo tenendo come punto di riferimento il mondo nella
sua globalità, lasciandosi interpellare dai problemi e dalle sfide più urgenti che lo
riguardano e confrontandosi con l’esperienza evangelizzatrice che le giovani Chiese
stanno realizzando nei diversi continenti.
Nel convegno del settembre scorso si è guardato anche al grande Giubileo ormai
imminente, nella convinzione che accendere il fuoco della missione sia una condizione
necessaria perché il Giubileo stesso possa essere un evento di salvezza non solo per i
cristiani ma per il mondo intero: «una lieta notizia per i poveri» e «un anno di grazia del
Signore» (Lc 4,18-19).
Di quel convegno vorremmo ora riprendere il tema, indicato dal titolo,
domandandoci come si accende ed alimenta il fuoco della missione. A partire dalla
metodologia adottata, che invitava ad aprire “il libro delle missioni”, vorremmo
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mostrare, sia pure molto sinteticamente, quanto la dimensione missionaria sia essenziale
alle nostre comunità. Una maggiore apertura universale, infatti, non solo qualifica la
loro identità, ma contribuisce a quella conversione pastorale che le aiuta ad affrontare
efficacemente il compito della evangelizzazione nel contesto sociale e culturale odierno.
I . ACCENDERE IL FUOCO DELLA MISSIONE
Sono venuto a portare il fuoco sulla terra (Lc 12, 49)
1. - Questo miracolo avviene anzitutto quando, per l’ispirazione dello Spirito
Santo, noi diciamo: «Gesù è Signore» (1 Cor 12,3). La coscienza missionaria nasce e si
forma nell’incontro con Cristo. Ne deriva che ogni debolezza cristologica indebolisce la
radice stessa della missione. Forse sta proprio qui la ragione di certe nostre esitazioni.
Accanto a una forte ricerca teologica, per altro già in atto, lo slancio missionario
richiede una forte spiritualità di cui, forse, siamo ancora carenti.
Senza dubbio la vivacità missionaria delle prime comunità cristiane - di cui parla
il libro degli Atti degli Apostoli - nasceva dall’esperienza di un personale incontro con
Cristo. L’urgenza della missione nasce dall’interno, e la stessa convinzione che Cristo è
atteso da ogni uomo è colta a partire dalla propria esperienza di incontro con lui. È
questa la risposta al “perché” della missione. La riflessione teologica chiarisce e rende
rigorosa questa spinta interiore, ma non basterebbe in nessun modo da sola a suscitarla.
Indugiare troppo sul “perché” della missione può essere un segno della debolezza della
nostra fede.
Non si abbia paura di questa forte accentuazione della centralità di Cristo. Essa
non mortifica il dialogo con le altre religioni, né impedisce di riconoscere verità che in
esse sono presenti. Al contrario, più l’incontro con Cristo è profondo, chiaro,
irrinunciabile, più il cristiano sa vedere i segni della sua attesa nel mondo, le tracce
della sua presenza e della sua azione, i punti dell’incontro.
Il fuoco della missione si accende quando lo Spirito Santo trasforma i nostri
cuori. È lo Spirito il protagonista della missione. Egli la suscita e la guida. Il fuoco della
missione si accende quando lo Spirito ci trascina fuori da Gerusalemme, fino ai confini
del mondo (cf. At 1,8). Lo Spirito opera due miracoli assolutamente necessari per la
missione: trasforma il discepolo in missionario (l’azione dello Spirito è sempre dal
chiuso all’aperto, dal particolare all’universale) e attualizza l’evento storico di Gesù
(accaduto in un tempo e in un luogo), rendendolo disponibile per ogni tempo e ogni
luogo.
Se l’incontro con il Signore Gesù Cristo è decisivo perché la missionarietà
attecchisca nel cuore di ciascuno di noi e nelle nostre comunità, questo è perché in lui si
manifestano l’amore e la misericordia come tratto essenziale del volto di Dio, vero e
autentico Padre. È l’essere rivelatore del Padre che fa di Gesù il luogo più luminoso in
cui scorgere la figura evangelica della missione. Egli ha rivelato il Padre facendo
missione, mostrando cioè - con la sua incondizionata accoglienza, libera da qualsiasi
volontà di discriminazione - che di quell’unico Padre tutti gli uomini sono chiamati a
riconoscersi figli.
È di questo amore universale che ogni comunità cristiana deve farsi testimone.
Gesù si è circondato di discepoli - la sua vera famiglia! -, ai quali ha dato tempo e cure,
ma la sua preoccupazione non ha mai cessato di essere sempre per tutti. Egli ha pensato
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al gruppo dei discepoli in funzione della missione. I vangeli documentano che Gesù
portava con sé i discepoli nella sua missione itinerante. Insieme con lui i discepoli erano
costantemente davanti alla folla.
Nel vangelo di Marco si legge che «ne costituì Dodici che stessero con lui e
anche per mandarli a predicare» (3,14-15). Lo stare e l’essere inviati sono fra loro
saldamente congiunti, in un rapporto che si potrebbe dire circolare. È stando con Gesù
che si comprende l’urgenza e la natura dell’andare: perché andare, dove andare, per
quale annuncio. Ma è andando che si sta veramente in compagnia di Gesù: egli infatti è
sempre in movimento, itinerante, senza fissa dimora: «Il Figlio dell’uomo non ha dove
posare il capo» (Mt 8,20).
2. - Ecco allora qualche suggerimento pratico per favorire l’accendersi del fuoco
della missione.
a) Le nostre comunità cristiane, fra le tante urgenze, dovranno imparare a
riconoscere che la più urgente è ancora e sempre la missione. Per maturare questa
coscienza faranno bene a raccogliere l’invito, emerso a Bellaria, di prendere in mano il
documento conciliare sull’attività missionaria Ad gentes, l’esortazione apostolica
Evangelii nuntiandi e la più recente enciclica missionaria di Giovanni Paolo II, la
Redemptoris missio. Sono tutti testi di formazione pastorale per le nostre Chiese e quasi
un “catechismo missionario”. Particolarmente ispiratori di prospettive missionarie
possono risultare i capitoli secondo e terzo della Redemptoris missio, dedicati
rispettivamente al regno di Dio, all’orizzonte ampio della missione e allo Spirito Santo,
protagonista della missione, la cui azione precede e supera l’operato diretto della
Chiesa.
b) A noi vescovi, e ai sacerdoti, vogliamo ricordare che per sua natura il nostro
ministero, dovunque ci troviamo a svolgerlo, è per tutto il mondo. Tutti dunque
dobbiamo stare in ascolto dello Spirito Santo, così da cogliere ogni sua sollecitazione
per dare un’impronta missionaria alle comunità a noi affidate e per essere disponibili a
coltivare i germi di vocazione che conducono i nostri fedeli, e anche i sacerdoti
diocesani, a varcare i confini del nostro paese per predicare il Vangelo in ogni luogo.
c) Agli istituti missionari italiani - segno, strumento e memoria della missione
della Chiesa - è chiesto anche oggi di saper assolutamente rimanere se stessi, fedeli
all’azione missionaria “ad gentes” e “ad vitam”. È questa la perenne forza attrattiva e
di immagine che nessuno potrà togliere alla missione e ai suoi operatori. L’universalità
della missione aiuterà noi tutti a mantenere sul mondo lo sguardo giusto. Gli istituti
missionari, ben lungi dall’aver esaurito il proprio compito, devono piuttosto avere ancor
più ampia incidenza nella vita della Chiesa intera. Per quanto riguarda l’Italia è
auspicabile che essi estendano la loro collaborazione e la loro animazione ad alcune
esperienze di prima evangelizzazione, in quelle aree geografiche che maggiormente
potrebbero usufruire del carisma ad gentes, ridefinendo - per quanto possibile - la loro
collocazione territoriale nelle varie regioni italiane, a vantaggio di quelle zone che oggi
ne risultano maggiormente sprovviste.
d) Gli istituti religiosi aventi missioni e gli stessi movimenti ecclesiali - i quali si
sono aperti alla problematica missionaria attraverso la singolare via della loro
internazionalizzazione -, comunicando la passione missionaria nel rapporto ineludibile
con la Chiesa locale, aiuteranno non poco le comunità cristiane a coniugare l’esperienza
dello stare insieme con quella dell’essere inviate. Le accentuazioni spirituali e
apostoliche che caratterizzano il loro metodo e le loro esperienze mostrano infatti fin
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troppo chiaramente che al cristiano non serve una vocazione in più per essere
missionario: basta la vocazione che ha!
e) Infine è doveroso coltivare un maggior riconoscimento del ruolo dei laici.
Essi sono portatori di competenze che possono provvidenzialmente “provocare” il
modello missionario messo in atto dal clero, dai religiosi e dalle religiose. Essi possono
anche aiutare il ripensamento delle forme con cui si esprime il lavoro missionario,
favorendo una partecipazione diversificata, capace di coinvolgere i singoli e le famiglie,
anche attraverso piccole comunità ecclesiali.
II. APRIRE IL LIBRO DELLE MISSIONI
Andate e ammaestrate tutte le nazioni (Mt 28,19)
3. - La metodologia adottata nello svolgimento del convegno di Bellaria ha
privilegiato moltissimo l’ascolto vicendevole e la meditazione delle esperienze
missionarie che si stanno vivendo a tutte le latitudini. In questo senso è stato un invito a
riaprire il “libro delle missioni”, con la consapevolezza che, anche in questo modo, può
essere alimentato in noi l’ardore apostolico e può fecondamente rinnovarsi il nostro
cammino nella missione e dalla missione. Scoprire infatti quanto ovunque nel mondo,
per amore del Vangelo e a servizio dell’uomo, molti fratelli e molte sorelle stanno
vivendo, permette alle nostre Chiese di ricevere una grande ricchezza: quella di
risvegliare la propria passione missionaria che provoca sempre segni vivi, forti e
tangibili di rinnovamento pastorale.
Come hanno ampiamente dimostrato anche i recenti Sinodi continentali, il
confronto a 360 gradi con le varie realtà che danno volto all’unica Chiesa cattolica,
ripropone alle nostre Chiese di antica evangelizzazione un richiamo potente per tornare
all’essenza della vita cristiana: Parola, Eucaristia, testimonianza. Dalle giovani Chiese
della missione, quasi come da un “laboratorio ecclesiale”, può dunque trarre utile
ispirazione la necessità sempre più universalmente avvertita ed invocata di
intraprendere nuove strade pastorali.
D’altra parte il consistente numero di sacerdoti “fidei donum”, di religiosi,
religiose e laici - ancor oggi più di 15.000 persone che concorrono a mantenere
significativamente ricca la tradizione missionaria italiana e sono spesso impegnate su
difficili frontiere sociali ed ecclesiali fino al martirio - assicura che la Chiesa italiana è
una Chiesa “madre”, che genera e alleva figli di Dio. Riuscire a valorizzare
maggiormente la presenza dei missionari, anche quando rientrano in Italia per un
qualche tempo o per rimanervi definitivamente, sarà sicuramente un’esperienza preziosa
per riflettere su ciò che siamo chiamati a fare, qui e nel mondo intero.
4. - Ecco alcune scelte, indicate a Bellaria, che potrebbero favorire l’apertura del
libro delle missioni.
a) Anzitutto è emerso l’invito a valorizzare alcuni strumenti che le comunità
possono facilmente avere tra mano, dalle riviste missionarie agli incontri con i
missionari, che sono stati invitati a comunicare ancor di più di quanto già fanno e a
rielaborare sempre meglio le loro esperienze in modo da renderle significative per tutti.
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È stato anche suggerito di creare, nelle forme più semplici possibili, apposite “strutture
di ascolto” delle altre Chiese.
b) È stato ricordato che alcune iniziative promettenti sono in atto. Ci sono, ad
esempio, istituti di scienze religiose che già introducono nei loro corsi un gruppo di
lezioni per studiare le esperienze delle altre Chiese e le motivazioni che ne stanno alla
base. Il corso di missiologia sta ricevendo, qua e là, una certa attenzione nei seminari
teologici e, sempre nei nostri seminari, è da giudicare molto apprezzabile che lungo
l’anno vengano previste giornate di incontro con testimonianze missionarie capaci di
interpellare la coscienza dei candidati al sacerdozio e di garantire loro il giusto
orizzonte nel quale leggere il ministero futuro. V’è da aggiungere che vi sono poi
diocesi che dedicano annualmente alla riflessione missionaria almeno una delle riunioni
mensili del clero. Altre realizzano “visite allargate” ai missionari, coinvolgendo
sacerdoti e laici, nonché seminaristi e spesso anche un numero notevole di giovani, allo
scopo di confrontare ideali ed esperienze pastorali.
c) Positivi riflessi avrà certamente sull’animazione missionaria e sul
rinnovamento in senso missionario delle nostre comunità, ripensare a livello di Chiesa
locale il mandato missionario. Alle attenzioni di sempre, dovremo senz’altro
aggiungere in maniera organica quella sul ritorno/rientro. È questa un’attenzione fino ad
oggi quasi sempre disattesa, sorgente di equivoci e disagi sia per i missionari rientrati
che per le comunità che li riaccolgono. Il ritorno/rientro invece dovrebbe caratterizzare
fin dalla proposta vocazionale l’esperienza missionaria, qualificandone in seguito
l’appartenenza ecclesiale e l’accompagnamento in missione.
d) Tocca, in modo particolare, agli Uffici e ai Centri Missionari Diocesani, in
collaborazione con tutte le forze missionarie e a fianco di altri uffici e organismi
pastorali più direttamente connessi (catechesi, vocazioni, giovani, migrazioni, caritas…
), aiutare le nostre comunità a “tenere aperto il libro delle missioni”. È dunque
necessario rafforzare i Centri Missionari Diocesani, costituendoli ove ancora non
esistessero. Una scelta obbligatoria soprattutto se si vuole collocare la pastorale
missionaria nel contesto più proprio di una pastorale ecclesiale d’insieme.
e) In vista di quest’ultimo risultato potranno essere ripensate, con opportuni
itinerari che accompagnino tutto l’anno pastorale, diverse iniziative già esistenti, a
cominciare dalla Giornata Missionaria Mondiale e da altri eventi, perché non restino
relegati a circostanze straordinarie, e purtroppo, secondo la prassi più comune,
prevalentemente orientate alla raccolta di fondi piuttosto che alla sensibilizzazione e
diffusione di una cultura missionaria.
f) Le stesse Pontificie Opere Missionarie, che intendiamo riproporre perché
siano sostenute e promosse in ogni diocesi, realizzeranno più pienamente la loro identità
di comunione e solidarietà universale collocate nel contesto di una nuova coscienza
missionaria della Chiesa particolare (cf. Cooperatio missionalis, 4 e 13).
g) Sarà infine opportuno rileggere l’impegno missionario a partire anche dalle
istanze della giustizia e della pace. È questo un avamposto o una “frontiera” in cui
esercitare la dimensione profetica. Non potrà certo essere per questo che il missionario
si sentirà a disagio o marginalizzato, mentre si renderà espressione della coscienza
critica della Chiesa e nella società, sospinto unicamente dall’“Incarnationis mysterium”
(Bolla di indizione del Grande Giubileo dell’anno 2000) e dal bisogno di manifestare
«la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini» (Tt 3,4).
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III. DISPORCI AD UNA CONVERSIONE PASTORALE
Rispondere ... della speranza che è in voi (1 Pt 3, 15)
5. - Resta da aggiungere che il fuoco della missione è capace di trasformare
profondamente la nostra pastorale, in tutte le sue forme e nelle sue stesse strutture, e di
incidere su tutto il nostro lavoro formativo.
Di conversione pastorale aveva già parlato il Convegno ecclesiale di Palermo.
Questi anni hanno insegnato che non dobbiamo sottovalutarne né la portata né la
difficoltà né il tempo che essa richiederà. Si tratta infatti di rimescolare le carte delle
nostre abitudini e consuetudini pastorali. La “missio ad gentes” può infatti essere intesa
non soltanto come il punto più alto e conclusivo del nostro impegno pastorale, ma anche
come il suo paradigma più stimolante e illuminante. Guidati da questa convinzione
saremo condotti a rivedere tutti i capitoli della pastorale e a rinnovarli.
Si è soliti distinguere fra cura pastorale e missione, una distinzione che può
essere utile, ma che non è priva di qualche pericolo. Non c’è vera cura pastorale che non
formi alla missione e alla mondialità. E non c’è comunità che possa rinchiudersi in se
stessa, unicamente preoccupata delle proprie necessità, pur se importanti e numerose.
Anche se piccola e povera, antica o nuova, ogni comunità deve farsi segno dell’amore
di Dio per tutti. L’universalità è veramente essenziale per un’autentica testimonianza
evangelica. Tutto questo richiede una trasformazione mentale, un modo diverso di
pensare e gestire le cose, un superamento delle abitudini pastorali più consolidate.
6. - A proposito di questo rinnovamento, possono essere considerate alcune
decisive attenzioni.
a) Anzitutto il fuoco della missione dovrà animare l’intera formazione cristiana,
in tutte le sue tappe e in tutte le sue manifestazioni. Non può restare un capitolo che si
aggiunge a parte. Perché non c’è verità di Dio, non c’è aspetto del Vangelo che non
abbia in sé, implicitamente o esplicitamente, una nativa direzione universale.
L’itinerario della formazione cristiana deve essere missionario fin dall’inizio, non
soltanto nelle sue ultime tappe, quasi a conclusione.
b) A noi vescovi, e ai sacerdoti, in particolare è chiesta una rinnovata
consapevolezza missionaria per non rimanere ancorati semplicemente a modelli
pastorali improntati alla conservazione dell’esistente e per aprirci invece sempre più alla
responsabilità di sostenere la vita di fede della nostra gente oggi e in futuro. In ordine a
questo obiettivo è essenziale che le nostre comunità, mentre vanno chiamate a vivere
intensamente la comunione con l’intera comunità diocesana, siano educate ad aprirsi e
ad appassionarsi al cammino della Chiesa universale, disponibili alle esigenze indicate
dalle molteplici forme di cooperazione.
c) Certamente l’educazione capillare alla universalità richiede un impegno
costante e attento. Non però un obbligo in più, bensì un “respiro nuovo” negli impegni
ordinari e comuni: l’assemblea domenicale, la celebrazione dei sacramenti,
l’educazione quotidiana in famiglia, la catechesi e la carità. In modo specialissimo, la
celebrazione dell’Eucaristia nel giorno del Signore può veramente diventare il luogo per
eccellenza della conversione missionaria, senza nulla aggiungere alla celebrazione
stessa. Tutto nell’Eucaristia parla di universalità. Basta viverla e farla vivere
correttamente.
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7. - Occorrerà poi tenere sempre presente che la conversione pastorale,
sollecitata dalla “missio ad gentes”, è resa urgente, per noi in Italia, da alcune situazioni
- per esempio quella di minoranza e di pluralismo religioso - in cui le nostre Chiese
vengono oggi a trovarsi.
a) Evangelizzare queste situazioni significa anzitutto due cose: trovare la forza
di mantenere viva e chiara la consapevolezza della nostra identità cristiana e ricordare
sempre che la potenza di Dio si manifesta nella debolezza della croce: «Ti basta la mia
grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (2 Cor 12,9).
b) Occorre aggiungere che oggi - come già al tempo delle comunità delle origini
cristiane - la prima via della evangelizzazione è il contatto personale: una via povera,
che non abbisogna di troppi strumenti, e tuttavia efficacissima. Una via povera, ma non
facile, perché esige di ritrovare la gioia di sentirsi chiamati a rendere conto della
speranza che è in noi (cf. 1 Pt 3,15) in una quotidiana e capillare testimonianza,
attraverso relazioni fedeli al Vangelo, significative a livello personale, familiare e
comunitario.
c) Siamo così chiamati anche a compiere gesti di vita nuova. Tra questi il
convegno di Bellaria ha richiamato l’urgenza del cambiamento del nostro stile di vita,
rapportato alla realtà dei popoli poveri; la scelta dei mezzi poveri per tutto ciò che
riguarda la missione della Chiesa, resistendo agli idoli della nostra società; l’impegno
per un’effettiva giustizia, a livello locale e internazionale; la vicinanza a chi soffre delle
molteplici forme di emarginazione; la solidarietà con i deboli e le vittime e la difesa dei
loro diritti; la testimonianza di scelte evangeliche nei conflitti.
Gesti come quelli ora ricordati sono già vissuti da molti cristiani del nostro
paese, ma ancora lontani dall’essere comuni nelle nostre comunità. È in queste
espressioni che si manifesta oggi, in modo certamente non trascurabile, la fede nel
Signore Gesù e la sequela di lui. In rapporto a tutto questo è da favorire, a livello
diocesano, la messa in atto di esperienze che sostengano nuovi stili di vita, alternativi e
critici nei confronti di quelli dominanti nella nostra società.
In questi anni il coinvolgimento in alcune iniziative eloquenti circa il modo di
pensare la vita umana e la convivenza, ha fatto del mondo missionario un luogo di
discussione e rielaborazione spesso capace di interpellare parti significative dello stesso
mondo laico. Anche l’iniziativa ecclesiale in vista della riduzione del debito
internazionale dei paesi poveri, legata alla celebrazione del prossimo Giubileo e
promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana, potrà essere una ulteriore verifica di
questa capacità di sollecitare la società.
d) Da non sottovalutare sono anche certe iniziative innovative di missionarietà
presenti diffusamente sul territorio, soprattutto in favore dei più poveri. Esperienze di
missionarietà di strada e di attenzione alle povertà emergenti: gli immigrati, le donne
coinvolte nella tratta delle prostitute, i ragazzi ridotti in schiavitù nel lavoro nero, le
difficili condizioni umane delle periferie urbane. L’universalità di Gesù infatti parte
sempre dal basso, cioè dagli ultimi.
e) Ancora: il confronto con le missioni può concretamente aiutarci a considerare
prioritaria nei nostri progetti missionari l’attenzione ai più lontani. Come si fa opera di
giustizia se si dà priorità alle esigenze dei più poveri, così è per l’annuncio: sono quelli
che non l’hanno mai sentito che vanno raggiunti per primi. Hanno il diritto di poter
conoscere Cristo! È in vista di loro che siamo stati chiamati a essere cristiani. Tutta la
comunità cristiana, la sua vita interna e la stessa azione missionaria nel proprio
territorio, è finalizzata ad annunciare “la benedizione di Dio” a tutti i popoli. La
Scrittura dice che in Abramo saranno benedette tutte le genti (cf. Gen 12,3). Chiediamo
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ai missionari “ad gentes” di continuare ad essere pungolo efficace nelle nostre
comunità cristiane in vista di una risposta sempre più adeguata alla nostra vocazione.
f) La benedizione di Dio per tutti i popoli ci deve sospingere ad affrontare anche
un capitolo sostanzialmente inedito del compito missionario: quello di un’attenzione
evangelizzatrice nei confronti di coloro che sono condotti fra noi dalle migrazioni in
atto soprattutto in questi ultimi anni e che ci hanno portato, in certo modo, l’“ad
gentes” in casa. In favore di tutti questi fratelli è giusto vivere il “Vangelo della carità”;
ci dobbiamo sentire non meno chiamati a offrire loro, nei modi e nei tempi più
opportuni, anche la “carità del Vangelo”.
g) Quanto appena accennato suggerisce di aggiungere che le missioni ci
chiedono allenamento al dialogo con le culture diverse, nella certezza che Dio non
soltanto accompagna e sostiene la sua Chiesa, ma la anticipa. Si tratta, nella vita di ogni
giorno, di diventare una Chiesa che si mette nei panni degli altri e che non teme (e anzi
ricerca) l’incontro con i non credenti, dentro i quali abbiamo fiducia possa sempre
risvegliarsi il credente, a partire dai comuni problemi e impegni per l’uomo.
Novità significative si registrano in questo campo della interculturalità, a partire
dall’impegno per l’emergenza (oltre agli immigrati pensiamo qui anche alla condizione
di studenti e lavoratori esteri e ai profughi), ma in una logica di intervento a più ampio
respiro. Senza dimenticare il coinvolgimento in questi processi di diversi attori
istituzionali, quali le amministrazioni pubbliche e la scuola.
h) L’esperienza missionaria delle Chiese sparse nel mondo può aprire la nostra
Chiesa a una nuova lettura della vita cristiana: quella che dà il primato ai martiri,
riconoscendo in loro la vera misura del cristiano. Essi ci offrono infatti un’indicazione
di straordinario spessore; in particolare la volontà di seguire il Signore fino a dare, come
lui, la vita per i fratelli: nella difesa dei diritti dei più poveri, nell’affermazione della
dignità di ogni persona anche se debole, nella condivisione e solidarietà con chi è
vittima della ingiusta violenza, nella professione della fede che non è stata ridotta al
silenzio dalle minacce. I martiri invitano la nostra Chiesa a contare non sulla forza e sul
prestigio umani, ma sulla forza che Dio assicura a chi si affida a lui ed è fedele al suo
Vangelo.
IV. ESSERE GRATI A DIO E LASCIARCI ACCOMPAGNARE DA MARIA
Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme ... con Maria (At 1, 14).
8. - Terminiamo questa nostra lettera ringraziando il Signore per il dono dei
molti missionari che, partiti dalle nostre comunità, spendono la loro vita in ogni parte
del mondo per la causa di Gesù. Sono uomini e donne, laici, sacerdoti, diaconi e
religiosi che hanno saputo accendere nei loro cuori il fuoco della missione. La loro
passione missionaria semplice e coraggiosa - tanto forte da non ritrarsi neppure al
rischio della vita, come oggi tanti esempi ci mostrano - è per noi motivo di gioia
profonda e di grande fierezza.
Pregando intensamente perché sorgano nuove e numerose vocazioni missionarie,
accompagniamo quanti sono già sul campo di lavoro missionario, desiderosi di
conoscere e condividere sempre di più le loro fatiche, pronti ad accoglierli con
gratitudine al loro ritorno.
10
La Madre del Signore - che ha affiancato il gruppo dei discepoli nell’attesa dello
Spirito che li avrebbe trasformati in coraggiosi missionari - continui a vegliare sulle
nostre comunità perché sappiano, oggi come allora, aprirsi alla venuta dello Spirito che
accende il fuoco della missione.
Roma, 4 aprile 1999
Domenica di Pasqua
Risurrezione del Signore
Il Consiglio Episcopale Permanente
11
APPENDICE
I. - STRUTTURE A SERVIZIO DELLA MISSIONE
La Chiesa in Italia, ha proposto in questi anni alcuni strumenti, nuovi o
rinnovati, per la crescita del suo impegno missionario.
Il loro scopo è duplice:
− assicurare il coordinamento dei vari organismi e servizi missionari, affinché la
missione si compia nella comunione ecclesiale;
− articolare la rete missionaria locale e nazionale, perché esprima la più efficace
capacità di animazione e cooperazione.
1. - A livello di ogni Parrocchia
Commissione Missionaria Parrocchiale (C.M.P.)
Promossa dal Consiglio Pastorale Parrocchiale o, dove già esiste, accolta
adeguatamente in esso, è formata da quanti in parrocchia si impegnano per la missione
universale. È stimolo permanente perché la comunità viva la tensione missionaria come
dimensione essenziale della vita del cristiano e della Chiesa. In collaborazione con tutte
le forze pastorali, la C.M.P. lavora in sintonia con gli orientamenti e le scelte del Centro
Missionario Diocesano ed opera attraverso lo stile di vita, l’azione e l’impegno di
formazione.
In particolare è attenta all’impegno ecumenico e al dialogo interreligioso; fa sua
la scelta dei poveri e dei mezzi poveri; favorisce uno stile di vita alternativo al
prevalente modello consumistico; sostiene gesti profetici di annuncio e denuncia;
promuove la vocazione missionaria, come espressione più alta del dono di sé; richiama
le diverse esigenze di evangelizzazione presenti sul territorio.
Nelle situazioni in cui è difficile istituire una Commissione parrocchiale, si
cerchi di farlo a livello interparrocchiale o zonale; quando questo non sia possibile, si
abbia cura di avere almeno qualche animatore che promuova l’apertura della comunità
parrocchiale alla missione universale.
2. - A livello di ogni Diocesi
a) Centro Missionario Diocesano (C.M.D.)
È “luogo e strumento” della coscienza e dell’impegno missionario della Chiesa
locale diocesana. Come strumento è ordinato a far sì che la comunità diocesana viva il
12
suo essere Chiesa-missione e lo traduca nell’impegno specifico dell’annuncio del
Vangelo a tutte le genti e nella cooperazione con le Chiese sparse nel mondo. Come
luogo è chiamato a sperimentare anzitutto in se stesso questa realtà e poi a
testimoniarla. Per questo nel C.M.D. convergono tutte le forze missionarie operanti in
diocesi.
È diretto normalmente dallo stesso direttore dell’Ufficio missionario, che può
anche confluire totalmente in esso.
Diversi i suoi compiti: fa conoscere le iniziative missionarie già in atto;
promuove l’invio di personale e mezzi nelle altre Chiese; ricerca vie nuove di presenza
missionaria; sollecita contatti permanenti di informazione e di aiuto vicendevole;
informa su situazioni, problemi ed esperienze delle altre Chiese; assicura le relazioni tra
la comunità locale e i suoi missionari; sensibilizza i responsabili della pastorale al
problema degli immigrati, dei profughi e degli esuli.
Quanto agli organismi in esso rappresentati accoglie e valorizza il carisma
proprio di ognuno e ne favorisce la collaborazione, armonizzandone le iniziative con
quelle diocesane, regionali e nazionali.
È indicazione della Conferenza Episcopale Italiana che il C.M.D. sia costituito
in ogni diocesi. Le diocesi piccole possono dotarsi di un Centro Missionario
Interdiocesano.
b) Ufficio Diocesano per la Pastorale Missionaria
È un ufficio di Curia, di pari dignità con gli uffici degli altri settori pastorali: si
coordina, perciò, con essi nella elaborazione e attuazione del piano pastorale della
diocesi.
È responsabile della cooperazione missionaria gestita direttamente dalla diocesi:
sacerdoti “fidei donum”, servizi missionari diocesani, laici inviati dalla diocesi, ecc.
Realizza l’animazione missionaria della diocesi coordinando, tramite il Centro
Missionario Diocesano, tutte le forze missionarie operanti in essa. Per questo motivo
include anche la direzione diocesana della Pontificie Opere Missionarie e ne promuove
e sostiene tutto l’articolato servizio.
Dove è già costituito e operativo il Centro Missionario Diocesano, l’Ufficio può
espletare tutti i propri compiti attraverso di esso, soprattutto là dove la pastorale
diocesana è già articolata attraverso Centri pastorali.
3. - A livello regionale
Commissione Regionale per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese
Ogni Conferenza Episcopale Regionale ha una propria Commissione per la
Cooperazione Missionaria tra le Chiese, composta dai rappresentanti delle diocesi e
degli istituti e organismi missionari operanti in regione. Fa capo a un vescovo delegato
dalla rispettiva Conferenza Regionale, che nomina anche il sacerdote incaricato col
compito di segretario, il quale fa parte del Consiglio Missionario Nazionale.
La commissione ha lo scopo di coordinare e favorendo le attività missionarie e
di cooperazione nella regione, accogliendo e promuovendo temi e iniziative nazionali.
13
Ulteriori determinazioni spettano alla Conferenza Episcopale della regione,
perché tenga conto della situazione locale.
4. - A livello nazionale
a) Commissione Episcopale per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese
Studia i problemi connessi col compito missionario della Conferenza
Episcopale, formula soluzioni idonee e le propone alla Conferenza stessa.
La sua attività si esercita nei settori dell’animazione missionaria, dell’impegno
dell’evangelizzazione “ad gentes”, della cooperazione con tutte le altre Chiese.
Nell’ambito di questi settori emergono alcune questioni particolari: la
designazione dei sacerdoti diocesani che si dedicano all’evangelizzazione dei popoli;
l’organizzazione ordinata degli aiuti per le missioni e il contributo finanziario che ogni
diocesi è tenuta a fornire; l’aiuto da dare agli istituti missionari e agli organismi che
preparano e assistono il personale destinato alle missioni; la promozione delle vocazioni
missionarie; l’assistenza materiale e spirituale da prestare agli immigrati provenienti dal
Terzo Mondo; l’opportuna distribuzione del clero; la promozione dei laici nella
missione e nella cooperazione tra i popoli.
b) Ufficio Nazionale per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese
È lo strumento operativo della Conferenza Episcopale Italiana per l'animazione e
la cooperazione missionaria. Dipende dalla Segreteria Generale della C.E.I. ed opera
secondo lo Statuto approvato dal Consiglio Episcopale Permanente.
Sono suoi compiti: studiare e far conoscere i documenti della Santa Sede e della
C.E.I. sull'animazione e cooperazione missionaria; far conoscere ai fedeli e alle
comunità i problemi e le esperienze delle giovani Chiese; suscitare e coordinare la
collaborazione tra gli organismi missionari o collegati alle missioni; tener vivo lo spirito
missionario in tutti gli operatori pastorali; sensibilizzare le diocesi affinché assumano e
sostengano impegni diretti di cooperazione con le Chiese sparse nel mondo;
preoccuparsi della preparazione, assistenza, aggiornamento e reinserimento del
personale in servizio apostolico; collaborare con gli organismi ecclesiali e civili che si
occupano dei problemi degli stranieri; seguire l’evoluzione della realtà missionaria
italiana, i suoi problemi, le sue istanze, e farsene portavoce nell’ambito della Segreteria
Generale della C.E.I.
L’Ufficio, inoltre, è collegato con il Comitato per gli interventi caritativi a
favore del Terzo Mondo. Il suo direttore è anche direttore nazionale delle Pontificie
Opere Missionarie e presidente della Fondazione C.U.M. e del Consiglio Missionario
Nazionale.
c) Consiglio Missionario Nazionale
Il Consiglio Missionario Nazionale è l’organo consultivo dell’Ufficio Nazionale
per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese. È composto dai rappresentanti ufficiali di
14
tutte le forze missionarie o interessate alle missioni operanti in Italia, designati dai
rispettivi organismi, e dai segretari delle Commissioni regionali.
Questi i compiti principali: studiare problematiche teologico-pastorali legate
all’evangelizzazione; far conoscere, valorizzare, attuare e sviluppare gli orientamenti
missionari del Magistero; studiare e proporre orientamenti circa i criteri, le forme e le
scelte della cooperazione tra le Chiese; favorire l’incontro e la conoscenza delle varie
realtà missionarie presenti o operanti in Italia; delineare la programmazione e
individuare le possibili iniziative di interesse comune da assumere; impegnarsi nel
servizio di animazione perché tutte le realtà missionarie possano esprimere il senso
autentico della missione nella Chiesa.
Per il suo migliore funzionamento, o in presenza di particolari urgenze, il
Consiglio Missionario Nazionale si articola in Commissioni di studio, con il compito di
preparare le sessioni e attuare le deliberazioni assunte. Può anche avvalersi dell’opera di
collaboratori esterni.
d) Fondazione Centro Unitario per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese
(C.U.M.)
Costituita dalla Conferenza Episcopale Italiana, con sede in Verona, la
Fondazione ha lo scopo di promuovere, organizzare e sostenere, anche in forma
residenziale: la formazione spirituale, morale e culturale di coloro che sono inviati in
missione; la formazione di una coscienza missionaria degli operatori diocesani;
l'accoglienza degli operatori pastorali e sociali stranieri in Italia; l'attività editoriale di
sostegno e di informazione.
e) Pontificie Opere Missionarie
Sorte in forma carismatica, perché il popolo di Dio potesse prendere parte alla
diffusione della fede nei paesi non cristiani in tempi in cui tale compito era riservato a
un gruppo ristretto di persone, sono oggi una istituzione universale della Chiesa.
La Pontificia Opera per la Propagazione della Fede, la Pontificia Opera di S.
Pietro Apostolo per il Clero indigeno, la Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria e la
Pontificia Unione Missionaria, ciascuna secondo finalità e modalità proprie, per
promuovere la coscienza missionaria nella comunità cristiana, sono collocate nel
contesto missionario della Chiesa particolare ed esprimono la dimensione di comunione
e solidarietà universale.
In vista di questo obiettivo propongono molteplici iniziative di sensibilizzazione
e formazione in accordo con l’Ufficio Nazionale per la Cooperazione Missionaria tra le
Chiese. In particolare si ricorda la Giornata Missionaria Mondiale, destinata a sostenere
il fondo di solidarietà fra tutte le Chiese.
15
II. - PRINCIPALI DOCUMENTI SULLA MISSIONE
1. Magistero pontificio
1.
Maximum illud (30 novembre 1919). Lettera apostolica di Benedetto XV,
influenzata dal Beato Conforti, sulla propagazione della fede cattolica in tutto il
mondo. Scopo della missione: la gloria di Dio e la salvezza dell’anima.
2.
Rerum Ecclesiae (28 febbraio 1926). Lettera enciclica di Pio XI sull’incremento
delle missioni (raccomanda il clero indigeno). Scopo della missione è dilatare il
regno di Cristo. L’evangelizzazione di tutti i popoli è «continua sollecitudine» del
Papa.
3.
Evangelii praecones (2 giugno 1951). Lettera enciclica di Pio XII per il rinnovato
impulso alla missione, nel 25° della Rerum Ecclesiae (rispetto della cultura). Scopo
della missione: procurare nuovi seguaci di Cristo e “plantatio ecclesiae”.
4.
Fidei donum (21 aprile 1957). Lettera enciclica di Pio XII, sulla condizione delle
missioni cattoliche in Africa. Si richiama il concorso di tutta la Chiesa nell’opera
missionaria e l’aiuto scambievole tra le Chiese con l’invio di sacerdoti.
5.
Princeps pastorum (28 novembre 1959). Lettera enciclica di Giovanni XXIII, nel
240° della Maximum illud. Scopo della missione: dalle missioni alle Chiese locali.
Importanza dei laici ed educazione del clero locale.
6.
Nostra aetate (28 ottobre 1965). Dichiarazione del Concilio Vaticano II sulle
relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane.
7.
Ad gentes - (7 dicembre 1965). Decreto del Concilio Vaticano II sull’attività
missionaria della Chiesa. Scopo della missione è la dilatazione nel tempo e nello
spazio della missione di Cristo (n. 3):
∗ la Chiesa «sacramento universale di salvezza» (n. 1);
∗ «la Chiesa è inviata in mezzo agli uomini ... (per costituire) ... una sola famiglia e un
solo popolo di Dio» (n. 1);
∗ «la Chiesa è per sua natura missionaria» (n. 2);
∗ la missione universale della Chiesa trae origine dalla Trinità (nn. 2-4);
∗ soggetto della missione: tutto il popolo di Dio, che è inviato (nn. 36 ss);
∗ Chiesa e mondo, Chiesa e culture, cooperazione e dialogo (nn. 10 ss).
8.
Ecclesiae sanctae (6 agosto 1966). Lettera apostolica “motu proprio” di Paolo VI.
Norme per l’applicazione di alcuni decreti del Concilio Vaticano II, specie dell’Ad
gentes:
∗
∗
∗
∗
9.
teologia della missione nei seminari (n. 5);
la promozione di tutte le vocazioni missionarie (n. 6);
conferenze episcopali per le missioni (n. 9);
gli istituti missionari «per accendere nei fedeli lo zelo per la missione» (n. 11).
Quo aptius (24 febbraio 1969). Istruzione della Congregazione per
l’Evangelizzazione dei Popoli sulla cooperazione missionaria dei vescovi attraverso
le Pontificie Opere missionarie e la solidarietà delle diocesi per le missioni.
10. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975). Esortazione apostolica di Paolo VI,
sull’evangelizzazione nel mondo contemporaneo.
11. Postquam apostoli (25 marzo 1980). Nota direttiva della Congregazione per il
Clero, sulla collaborazione fra le Chiese particolari. La Nota contiene affermazioni
16
importanti:
∗ tutta la Chiesa è chiamata ad evangelizzare (n. 3);
∗ ogni Vescovo, con Pietro, deve sentire la responsabilità per la salvezza del mondo intero
(n. 4);
∗ i presbiteri, «in nome e nella persona di Cristo», rendono visibile la Chiesa universale:
l’ordinazione non li prepara ad una missione limitata e ristretta, bensì ad una vastissima
ed universale missione di salvezza fino agli estremi confini della terra (n. 5);
∗ ridistribuzione del clero secondo giustizia e necessità, in ogni parte del mondo (n. 9).
12. Slavorum Apostoli (2 giugno 1985). Lettera enciclica di Giovanni Paolo II,
sull’opera evangelizzatrice dei Santi Cirillo e Metodio. Scopo della missione:
rincarnare l’evangelo nella cultura dei popoli.
13. Redemptoris missio (7 dicembre 1990). Lettera enciclica di Giovanni Paolo II,
sulla permanente validità del mandato missionario. Vera “summa” missionaria.
14. Dialogo ed annuncio (19 maggio 1991). Istruzione del Pontificio Consiglio per il
Dialogo Interreligioso e della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.
Note e norme sull’annuncio del Vangelo e il dialogo interreligioso.
15. Ecclesia in Africa (14 settembre 1995). Esortazione apostolica post-sinodale di
Giovanni Paolo II sulla Chiesa in Africa e la sua missione evangelizzatrice.
16. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994). Lettera enciclica di Giovanni
Paolo II, per il Giubileo del 2000, sulla missione della Chiesa all’interno
dell’universale famiglia umana.
17. Cooperatio missionalis (1 ottobre 1998). Istruzione della Congregazione per
l’Evangelizzazione dei Popoli. Aggiornamento della precedente Istruzione Quo
aptius (24 febbraio 1969) sulla cooperazione missionaria.
18. Ecclesia in America (22 gennaio 1999). Esortazione apostolica post-sinodale di
Giovanni Paolo II sull’incontro con Gesù Cristo vivo, via per la conversione e la
solidarietà in America.
2. Magistero episcopale italiano
1.
Evangelizzazione del mondo contemporaneo (28 febbraio 1974). Documento
dell’episcopato italiano in preparazione della IV Assemblea generale ordinaria del
sinodo dei vescovi.
2.
La cooperazione missionaria della Chiesa che è in Italia (21 gennaio 1975).
Documento della Commissione episcopale per la cooperazione tra le Chiese (1).
3.
Il coordinamento delle attività di cooperazione missionaria (30 marzo 1978).
Documento della Commissione Episcopale per la cooperazione tra le Chiese, sulla
struttura generale dell’organizzazione della cooperazione missionaria nella Chiesa
locale.
4.
L’impegno missionario della Chiesa italiana (25 marzo 1982). Documento
pastorale della Commissione Episcopale per la cooperazione tra le Chiese.
Pubblicato a 25 anni dall’enciclica Fidei donum, è il primo “Direttorio” per
1
Dopo il 1990 questa Commissione venne rinominata Commissione Episcopale per la cooperazione
missionaria tra le Chiese.
17
l’impegno missionario della Chiesa italiana. Propone alla Chiesa italiana di uscire
da se stessa e di mettersi in cammino per la costruzione del regno di Dio in tutto il
mondo. Propone i Centri Missionari Diocesani come luogo e strumento per
sostenere l’impegno missionario (n. 43).
5.
L’impegno missionario dei sacerdoti diocesani italiani (21 aprile 1982). Nota
pastorale della Commissione Episcopale per la cooperazione tra le Chiese, sul
servizio missionario dei sacerdoti diocesani italiani in Africa e America Latina nel
XXV anniversario dell’enciclica Fidei donum.
6.
Sacerdoti in missione nelle Chiese sorelle (2 giugno 1984). Nota pastorale della
Commissione Episcopale per la cooperazione tra le Chiese sulla valutazione del
servizio missionario promosso dalla Fidei donum.
7.
Comunione e comunità missionaria (22 giugno 1986). Documento pastorale della
Conferenza Episcopale Italiana. Il Convegno Ecclesiale di Loreto (1985) aveva
parlato di “nuova missionarietà” e, l’anno dopo, questo documento iscrive le scelte
pastorali della Chiesa italiana nell’orizzonte della missione universale.
8.
Catechisti per una Chiesa missionaria (29 giugno 1986). Messaggio del Presidente
della Conferenza Episcopale Italiana al primo Convegno nazionale dei catechisti
italiani.
9.
Gli istituti missionari nel dinamismo della Chiesa italiana (10 febbraio 1987). Nota
pastorale della Commissione Episcopale per la cooperazione tra le Chiese. La Nota
riafferma la validità degli istituti missionari - e delle congregazioni religiose aventi
missioni - e, nello stesso tempo, invita a rievidenziare il fatto che sono espressione
e sostegno dell’impegno per la missione universale della Chiesa locale.
10. Il laici nella missione “ad gentes” e nella cooperazione tra i popoli (25 gennaio
1990). Nota pastorale della Commissione Episcopale per la cooperazione tra le
Chiese. È il riconoscimento dell’accresciuta presenza dei laici all’interno della
cooperazione missionaria.
11. Evangelizzazione e testimonianza della carità - (8 dicembre 1990). Documento
della Conferenza Episcopale Italiana. Orientamenti pastorali per gli anni ’90. La
C.E.I., nel tracciare le linee orientative per la pastorale del decennio, insiste sulla
responsabilità che hanno le nostre Chiese in ordine alla prima evangelizzazione di
altri contesti e alla cooperazione missionaria con le altre Chiese sorelle del Sud del
mondo e dell’Est europeo.
12. Con il dono della carità dentro la storia. La Chiesa in Italia dopo il Convegno di
Palermo (26 maggio 1996). Nota pastorale della Conferenza Episcopale Italiana. La
nuova evangelizzazione sul territorio riceverà slancio e ispirazione da una sincera
ed effettiva apertura alla missione universale.
3. - Seminari e Convegni
1.
Vademecum - Gli aiuti della Chiesa italiana ai paesi in via di sviluppo. Frutto di un
18
seminario di studio (22-24 febbraio 1990) dell’Ufficio Nazionale per la
cooperazione missionaria tra le Chiese e di altri organismi ecclesiali. È un tentativo
per individuare orientamenti comuni in merito alla cooperazione internazionale
delle comunità cattoliche, sul piano degli aiuti economici.
2.
Prospettive dell’impegno missionario della Chiesa italiana. Atti del primo
Convegno Missionario Nazionale (Verona, 12-15 settembre 1990). L’impegno
missionario, comune responsabilità di tutti. Il Centro Missionario Diocesano luogo
di coordinamento della realtà missionaria.
3.
A 13 anni dal documento “Postquam Apostoli”. Atti del Seminario di studio
(Roma, 21-24 giugno 1993). Come le Chiese particolari in Italia si sono rinnovate
per vivere la cooperazione interecclesiale e missionaria, in modo speciale attraverso
una migliore distribuzione del clero e per trovare nuovo slancio.
4.
La dimensione missionaria nel piano pastorale della Chiesa particolare. Atti del
Convegno (Collevalenza, 19-22 aprile 1994). La missione al cuore della pastorale
di ogni comunità.
5.
Preti per la missione - La dimensione missionaria nella spiritualità del presbitero
diocesano. Atti del Convegno (Roma, 3-6 febbraio 1997). Risvegliare la spiritualità
missionaria dei presbiteri diocesani perché ricordino che il loro ministero è per
tutto il mondo e conducano le loro comunità a vivere la dimensione universale della
fede.
6.
Il fuoco della missione - Per un rinnovato slancio missionario delle comunità
cristiane. Atti del secondo Convegno Missionario Nazionale (Bellaria, 10-13
settembre 1998). Accogliere e annunciare il Vangelo tenendo come punto di
riferimento il mondo nella sua globalità: interpellati dai problemi e dalle sfide più
urgenti e confrontati con l’esperienza evangelizzatrice delle giovani Chiese.
19
III - STATUTO DEL CENTRO MISSIONARIO DIOCESANO
E CONVENZIONE PER I SACERDOTI “FIDEI DONUM”
1. - Statuto per i Centri Missionari Diocesani
(Schema-tipo approvato dal Consiglio di Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana
il 5 dicembre 1969)
Costituzione
1. Secondo le norme contenute nel decreto Ad gentes sull’attività missionaria
della Chiesa (n. 38) e nel “motu proprio” Ecclesiae sanctae (III, 4), viene costituito
nelle diocesi il Centro missionario diocesano.
Membri
2. Il Centro missionario può accogliere tutti gli organismi qualificati missionari,
anche collegati o interessati in qualche modo alle missioni.
Finalità
3. Il Centro si propone di coordinare e promuovere la reciproca collaborazione
degli organismi membri, per l’incremento delle iniziative missionarie o collegate con le
missioni.
Compiti
4. E’ particolare compito del Centro promuovere e diffondere la conoscenza dei
problemi inerenti all’evangelizzazione ed allo sviluppo sociale dei popoli, sia all’interno
degli organismi membri, sia all’esterno, fra tutto il popolo di Dio.
5. Il Centro ha pure funzione di ricerca e di stimolo per un sempre maggiore
adeguamento dei mezzi, metodi e attività degli organismi membri ai problemi
dell’evangelizzazione e dello sviluppo sociale dei popoli, conforme ai segni dei tempi.
6. Il Centro, nell’ambito delle proprie finalità, promuove pure la collaborazione
alle iniziative locali in favore delle missioni.
7. Gli organismi membri del Centro riconoscono nell’impegno missionario la
priorità della formazione di una coscienza missionaria e di un servizio universale delle
missioni. Perciò si impegnano a collaborare con le PP.OO.MM., soprattutto nella
Giornata mondiale delle missioni, e inoltre con quelle istituzioni ecclesiastiche,
religiose e laicali, aventi tra i loro scopi il lavoro missionario, con impegno a vita anche
temporaneo.
Metodo
8. Il Centro svolge i propri compiti nel rispetto della fisionomia ed autonomia strutturale, economica ed operativa - proprie ad ognuno degli organismi membri:
ciascuno di questi conserva la piena responsabilità di se stesso, con l’impegno però di
20
contribuire ad attuare la pastorale missionaria d’insieme nella diocesi.
Direttore del Centro
9. Il direttore del Centro, nella sua qualità di coordinatore, viene nominato dal
vescovo, che è il primo responsabile della vita missionaria della diocesi. Normalmente,
il direttore del Centro assume anche la responsabilità della direzione diocesana delle
PP.OO.MM., regolate dai loro propri Statuti.
10. Il direttore del Centro, nelle sue specifiche funzioni, è opportunamente
coadiuvato da almeno un laico corresponsabile, designato dagli stessi membri del
Centro, a norma del Regolamento di cui all’art. 11.
Funzionamento
11. Ogni Centro missionario si darà un proprio Regolamento, in conformità a
queste norme generali; secondo la sua entità, dipendente dalle proporzioni della diocesi,
provvederà pure a costituire un proprio consiglio e una consulta.
2. - Convenzione per il servizio pastorale in missione dei presbiteri diocesani
(Schema-tipo approvato dal Consiglio Episcopale Permanente nella sessione del 16-18
marzo 1998)
S.E. Mons. ___________________________________________________________________
vescovo della diocesi di _________________________________________________________
e S.E. Mons. __________________________________________________________________
vescovo della diocesi di _________________________________________________________
nello Stato di _________________________________________________________________
uniti nel vincolo della comunione ecclesiale, in conformità ai principi e ai criteri del Magistero
della Chiesa, a norma del can. 271 con la presente Convenzione stabiliscono un rapporto di
cooperazione e di scambio tra le rispettive Chiese, secondo quanto di seguito concordato per il
servizio pastorale missionario del
PRESBITERO __________________________________________________________________
nato il ________________________ a _____________________________________________
ordinato il ________________________ incardinato nella diocesi di ____________________
Art. 1
Servizio
1. Il Vescovo di __________________ , accogliendo la richiesta del Vescovo di
___________________, in data _________ (all. 1), e la domanda del presbitero
____________________ in data ________ (all: 2), lo invia alla Chiesa sorella sopra
menzionata (all. 3).
2. Il presbitero ha provveduto alla formazione specifica adeguata alla sua condizione di
“Inviato” (cf. Ad Gentes n. 26;CEI, Impegno missionario dei sacerdoti diocesani italiani,
VI) o presso il Centro Unitario Missionario di Verona (CUM), o in altro modo come da
documentazione allegata alla presente Convenzione (all. 4).
3. Il presbitero ha ricevuto dal Vescovo il mandato missionario in data: __________________
21
4.
Il Vescovo che riceve, secondo quanto contenuto nella specifica richiesta fatta al Vescovo
che manda, affida al presbitero inviato il seguente servizio:
__________________________________________________________________________
(si specifichi il servizio)
Art. 2
Modalità del servizio
1. Il presbitero inviato s’impegna a svolgere il ministero affidatogli in comunione col Vescovo
che lo accoglie e con il suo presbiterio, con gli altri missionari presenti nel territorio e con la
comunità particolare di cui si pone al servizio. Egli si collega ed opera in sintonia con il
piano pastorale di quella diocesi e mantiene i legami con la Chiesa di origine alla quale offre
i frutti della sua peculiare esperienza (cf. Postquam Apostoli (PA), n. 29).
2. All’inizio dell’esperienza ministeriale e per i primi anni, il Vescovo che accoglie favorirà
l’inserimento del presbitero in una équipe di sacerdoti, preferibilmente italiani (cf.
Presbiterorum Ordinis, nn. 10 e 19).
3. Il presbitero, in spirito di obbedienza e collaborazione con il Vescovo che lo accoglie, si
rende disponibile anche per eventuali altri ministeri diversi da quanto indicato all'art. 1, § 4.
A tal fine il Vescovo che accoglie consulterà previamente il Vescovo che manda ed agirà in
accordo con quest’ultimo.
Art. 3
Durata del servizio
1. Il presbitero inviato presta il suo servizio per tre anni, a decorrere dalla data posta in calce
alla presente Convenzione.
2. Con l’accordo delle parti il mandato può essere rinnovato allo scadere di ogni triennio fino
allo spirare, di norma, del dodicesimo anno della data d’inizio del primo mandato.
3. Quando, per qualsiasi causa e in qualsiasi momento prima della scadenza, il presbitero
inviato dovesse lasciare l’incarico in oggetto, il Vescovo che manda, per quanto possibile,
garantisce la continuità del servizio, di cui agli artt. 1, § 4 e 2, § 3, mediante l’invio di
presbiteri idonei, o risolvendo in anticipo la Convenzione ai sensi dell’art. 9 § 1.
Art. 4
Sostentamento del presbitero inviato
1. Al presbitero inviato è assicurata come congruo sostentamento (cf. can. 281, § 1) la
remunerazione prevista dalla C.E.I. per i presbiteri diocesani che operano all’estero nel
quadro della cooperazione tra le Chiese. L’onere è ripartito fra le diocesi e la C.E.I. secondo
i criteri di cui al comma seguente.
2. a) - Il Vescovo che accoglie assegna una remunerazione pari a quella dei presbiteri della sua
diocesi impegnati nel medesimo ministero, di cui sopra all’art. 1, § 4, per un valore
complessivo di Lit. _________________ annue;
b) - La C.E.I. contribuisce con una somma predeterminata, che trasmette semestralmente alla
diocesi di origine del presbitero;
c) - Il Vescovo che manda si impegna a corrispondere al presbitero inviato la quota versata
dalla C.E.I., integrata con la somma necessaria per raggiungere il totale della remunerazione
spettantegli a norma del presente articolo, primo comma.
3. Il Vescovo che manda, d’intesa col presbitero interessato, provvede alle spese per il viaggio
di andata e di ritorno per l’inizio e il termine del servizio. Inoltre, in presenza di necessità
particolari, sempre d’intesa col presbitero interessato, provvede anche alle spese che restano
22
prive di specifiche coperture finanziarie.
4. Il presbitero, che dispone di mezzi economici superiori a quelli dei sacerdoti locali, deve
improntare il suo stile di vita e le sue attività apostoliche alla semplicità e alla discrezione,
evitando di creare sperequazioni o singolarità nella diocesi di accoglienza (cf. CEI, Impegno
missionario dei sacerdoti diocesani italiani, III) e mettendo i beni di cui gode a disposizione
della Chiesa in cui opera.
Art. 5
Trattamento previdenziale e assicurazioni sociali
1. Il Vescovo che invia cura gli adempimenti nei confronti dell’INPS in ordine all’iscrizione al
Fondo Clero, alle domande di prosecuzione volontaria dei versamenti e della pensione,
nonché alle certificazioni di rito (all. 5).
2. L’Ufficio Nazionale per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese, d’intesa con l’Istituto
Centrale per il Sostentamento del Clero, verificata la situazione contributiva di ogni
presbitero, provvede al versamento diretto all’INPS dei contributi volontari in nome e a
favore dei sacerdoti Fidei donum.
3. Per l’assicurazione in caso di malattia nei luoghi di servizio, il presbitero gode del
trattamento previsto nella Polizza sanitaria stipulata dall’Istituto Centrale per il
Sostentamento del Clero con la Società Cattolica di Assicurazione per le spese sostenute in
ordine ad eventuali ricoveri per interventi chirurgici, ricoveri per cure mediche, prestazioni
extra ospedaliere ambulatoriali.
Qualora l’assicurato si trovi all’estero l’Ufficio Nazionale per la Cooperazione Missionaria
tra le Chiese è delegato per la presentazione della denuncia e della relativa documentazione
nonché per la definizione di quanto si riferisce all’evento.
4. Per quanto non previsto dalla Polizza sanitaria, di cui al paragrafo precedente, si procede
come segue:
a) - il Vescovo che accoglie provvede a proprie spese agli oneri contributivi derivanti
dall’assicurazione del presbitero presso enti assistenziali locali pubblici o con altre forme
assicurative private;
b) - il Vescovo che manda, in caso di necessità ed a richiesta del Vescovo che accoglie,
interviene ad integrazione, con le stesse modalità di cui all’art. 4 § 2 della presente
Convenzione.
Art. 6
Vacanze e periodi di formazione
1. Il presbitero inviato ha diritto ad usufruire ogni anno di un periodo di ferie allo scopo di
favorire il necessario riposo fisico (cf. can. 283, § 2). La durata di tale periodo è determinata
secondo il diritto particolare del luogo ove presta servizio.
2. Ha, pure, diritto a un periodo di vacanza in Italia della durata di tre mesi, ogni tre anni, per il
necessario mantenimento dei rapporti personali ed ecclesiali con la Chiesa di origine.
3. Deve disporre, altresì, di tempi adeguati per i ritiri spirituali (cf. can. 276, § 2, n. 4°) e per la
formazione teologica e pastorale (cf. can. 279), valorizzando le occasioni offerte dalla Chiesa
locale in cui opera e le iniziative promosse dagli organismi della C.E.I.
Art. 7
Accompagnamento
1. Il Vescovo che manda segue con speciale sollecitudine il presbitero inviato (PA, 28), lo
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visita personalmente o mediante un suo rappresentante e lo tiene informato sulla vita della
propria Chiesa e del Paese.
2. Il Vescovo che accoglie rimane, a sua volta, garante della vita spirituale e materiale del
presbitero medesimo durante i periodi di permanenza nella diocesi.
3. La diocesi, il presbiterio e la comunità di origine si impegnano a sostenere il presbitero
spiritualmente e materialmente con opportune iniziative, a curare rapporti costanti con lui, a
educare i fedeli a pregare e a porre gesti di solidarietà con il presbitero e con quanti, in modo
particolare attraverso il Centro Missionario Diocesano, sono impegnati nell’attività
missionaria (cf. CEI, Impegno missionario dei sacerdoti diocesani italiani, VI).
Art. 8
Rientro nella diocesi di origine
1. Il presbitero inviato rientrerà nella diocesi di origine alla scadenza della presente
Convenzione, salvo rinnovo.
2. Il Vescovo che manda, considerata la peculiarità del servizio pastorale prestato dal presbitero
presso altra Chiesa, valuterà il suo rientro in diocesi come occasione di arricchimento
ecclesiale e spirituale (cf. Impegno missionario dei sacerdoti diocesani italiani, VI) e ne
valorizzerà adeguatamente la specifica esperienza ministeriale.
3. Per evitare disagi e difficoltà dopo anni di assenza, il Vescovo che manda offrirà al
presbitero che rientra un sufficiente tempo di riambientamento (PA, 30), lo reinserirà
convenientemente nella pastorale diocesana, gli riconoscerà i diritti che gli competono (cf.
can. 271, § 2).
4. Il presbitero si reinserirà nella propria Chiesa di origine con entusiasmo e discrezione; sarà
attento a cogliere e capirne le novità; ricercherà i modi più idonei per offrire la ricchezza
dell’esperienza da lui vissuta (PA, 30); accetterà con semplicità e disponibilità gli impegni
ministeriali che gli verranno proposti.
Art. 9
Ritorno anticipato per giusta causa
1. Il Vescovo che manda, d’intesa con il Vescovo che riceve, può, «per giusta causa»,
richiamare nella diocesi di origine il presbitero inviato (cf. can. 271, § 3), risolvendo in
anticipo la presente Convenzione.
2. Configurano una giusta causa situazioni quali: le cattive condizioni psico-fisiche del
presbitero; una condotta non coerente con la vita ed il ministero presbiterale; la non
congruità con il ministero pastorale di eventuali attività volontarie o retribuite da lui svolte;
gravi difficoltà nell’esercizio del ministero, che ne pregiudichino l’efficacia; e altre simili.
3. Al verificarsi di tali evenienze si avrà speciale riguardo per il bene del presbitero stesso e
delle due Chiese interessate.
Art. 10
Rinnovo della convenzione
1. La presente Convenzione viene redatta in quattro copie, destinate rispettivamente alla Curia
della Chiesa di origine, alla Curia della Chiesa di destinazione, al presbitero interessato e
all’Ufficio Nazionale per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese.
2. Essa ha la durata di tre anni a decorrere dalla data fissata in calce.
3. Sei mesi prima della scadenza, il Vescovo che manda, il Vescovo che accoglie e il presbitero
interessato possono concordare l’eventuale rinnovo della Convenzione, confermando o
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modificando il contenuto della stessa.
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La presente Convenzione decorre dal ______________________________________________
E’ stata rinnovata una prima volta il _______________________________________________
E’ stata rinnovata una seconda volta il _____________________________________________
E’ stata rinnovata una terza volta il ________________________________________________
Osservazioni particolari: ________________________________________________________
Luogo ____________
Data ___________
(timbro)
Il Vescovo che invia _____________
Luogo ____________
Data ___________
(timbro)
Il Vescovo che accoglie _______________
Luogo ____________
Data ___________
(timbro)
Il presbitero ___________________________
Allegati:
12345-
Richiesta del Vescovo che accoglie.
Domanda del presbitero per l’invio.
Dichiarazione del Vescovo che invia sulla nuova residenza del presbitero inviato.
Documentazione di partecipazione al Corso di formazione.
Domanda del presbitero per la prosecuzione volontaria INPS.
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